Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Riassunto DIDATTICA DELLA GEOGRAFIA -De Vecchis G., Pasquinelli d’Allegra D., Pesaresi C., Sintesi del corso di Geografia

Questo riassunto contiene in maniera dettagliata tutti gli argomenti più importanti trattati all'interno del libro, inoltre, ho evidenziato in grassetto tutte le parole chiave, le date e i nomi degli autori da ricordare e ho scritto le pagine del libro da consultare per chi volesse approfondire determinati argomenti guardando alcuni esempi. Infine, sono spesso presenti dei piccoli vocabolari che possono essere utili per ricordare alcuni concetti fondamentali.

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 06/04/2021

Alessandra_Gallo99
Alessandra_Gallo99 🇮🇹

4.5

(67)

1 documento

1 / 61

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Riassunto DIDATTICA DELLA GEOGRAFIA -De Vecchis G., Pasquinelli d’Allegra D., Pesaresi C. e più Sintesi del corso in PDF di Geografia solo su Docsity! DIDATTICA DELLA GEOGRAFIA CAPITOLO 1 Storia della geografia I saperi geografici si sono sviluppati nel corso dei millenni attraverso un lungo e complesso cammino. È difficile individuare i saperi geografici precedenti alla cosiddetta “geografia scientifica” del Settecento e dell’Ottocento, poiché, prima di allora, questi saperi includevano conoscenza tra loro molto diversificate e disseminate tra cui informazioni derivanti dai racconti di viaggio e dai resoconti di esplorazioni. Inoltre, l’esigenza di descrivere e di conoscere il mondo ha coinvolto oltre alla scienza e agli studi filosofici, tante altre manifestazioni dell’essere umano come il mito, la poesia e il racconto, la religione e la pratica del sacro. In particolare, il mito, veniva utilizzato non solo come mezzo per spiegare il mondo e i suoi fenomeni ma anche per trasmettere il patrimonio di idee, tradizioni che costituisce la cultura di un popolo senza scrittura. Nelle civiltà in possesso di una scrittura invece, come ad esempio la Grecia, il mito affronta anche temi riguardanti la concezione del mondo e della vita. È proprio in Grecia che si può far risalire, per quanto riguarda il mondo occidentale, la nascita dei saperi geografici; i “filosofi presocratici”, non a caso identificati da Strabone come “geografi”, furono infatti i primi in Occidente a mettere a punto i modelli con cui tentare di misurarsi e rapportarsi con il nostro pianeta. Dicearco di Messina (350-290 a.C. – IV secolo) personalità di notevole spessore scientifico, nella sua opera “Descrizione del mondo”, purtroppo andata perduta, tentò di rappresentare la Terra; il sapere geografico antico coincideva in gran parte con quello cartografico, ne è una prova il significato etimologico greco del termine “Geografia”, ovvero, “disegno della Terra”. Erastotene erede del patrimonio di conoscenze di Dicearco e direttore della celebre biblioteca di Alessandria, dà largo impulso alle indagini geografiche, scrivendo un’opera articolata in tre libri, il primo dei quali relativo alla storia della geografia: da Omero, considerato il grande educatore dell’antichità, ai suoi tempi. La geografia astronomica e quella fisica costituiscono il contenuto del secondo libro mentre il terzo riguarda la descrizione del mondo allora conosciuto. Nell’opera sono presenti interessi matematici e cartografici (le dimensioni della Terra) ma anche descrittivi che hanno portato poi alla diffusione di itinerari, per terra e per mare, e alla stessa nomenclatura delle regioni della Terra. Un altro personaggio importante nell’ambito della geografia fu Strabone il quale nella sua opera articolata in 17 libri, tenta di congiungere la tradizione scientifico matematica con la geografia umana. Questa opera però, ottenne un giusto apprezzamento solamente nel XIX secolo da parte di Friederich Ratzel, uno dei padri della geografia moderna. Nel Medioevo il termine “geografia” tende a scomparire anche se opere come Cosmographia o De universo affrontano dei temi riconducibili a questi saperi, inoltre, la profonda spiritualità di questo periodo storico comporta una scarsa attenzione al mondo sensibile e causa, di conseguenza, una lacerazione tra scienza ed esperienza, con esiti negativi anche per le conoscenze geografiche che private dell’essenziale collegamento con la realtà, vanno a sconfinare nel magico e nel fantastico. Nel XII secolo ritorna sulla scena culturale il pensiero di Aristotele attraverso le traduzioni delle sue opere, cominciano a diffondersi numerose traduzioni in latino di opere filosofiche, mediche e scientifiche e nascono le prime università. Nel XIV secolo con l’Umanesimo si registrano molti cambiamenti, in particolare la fioritura delle monarchie europee, l’invenzione della stampa e della polvere da sparo e soprattutto le grandi scoperte geografiche che inducono nel XV secolo gli studiosi del Rinascimento ad affrontare nuovi problemi e a cercare soluzioni per le esplorazioni da intraprendere. Nel Rinascimento, l’opera geografica e cartografica di Tolomeo (II secolo d.C.) ritorna in auge, acquistando una notevole notorietà grazie anche al suo utilizzo nella navigazione; in questo periodo, infatti, la cartografia viene ancora associata alla geografia. Grazie alle conquiste della tecnica, comincia ad affiorare il desiderio di dominare il mondo: quello visibile e percepito dai sensi viene considerato fallace, mentre, la matematica e i calcoli presentano verità chiare ed evidenti. In questo contesto assume un ruolo centrale il metodo sperimentale di Galileo Galilei. Tra i tanti studiosi della rivoluzione scientifica del Seicento si ricordano anche Francis Bacon (famoso in Italia con il nome di Francesco Bacone) e Renè Descartes (Cartesio). Nel periodo illuminista del Settecento, il pensiero di Jean Jacques Rousseau e di Immanuel Kant esercita una grande influenza sulla geografia. Il primo (famoso anche per aver scritto il romanzo pedagogico “Emilio”) evidenzia il valore educativo dell’ambiente: una natura che non è più un sistema di leggi matematiche ma che guida le sue creature secondo la sua legge. Per Kant, che fu geografo prima di diventare filosofo, la geografia rende cittadini del mondo e ci mette in relazione con le nazioni più lontane; fu il primo a parlare di globalizzazione in termini di un cosmopolitismo al quale l’umanità tenderebbe per il semplice fatto di abitare un pianeta di forma sferica che avvicina gli uomini tra loro. Agli inizi dell’Ottocento si assiste a un vigoroso progresso negli studi geografici, specialmente in Germania dove operano rinomati studiosi come Johann Herder, Alexander von Humboldt e Karl Ritter; questi ultimi considerati i precursori della geografia contemporanea. Grande ordinatore della scienza geografica è Friedrich Ratzel che giunge ad una concezione unitaria della geografia; egli si forma nel positivismo ambientalista rifacendosi alla concezione meccanicistica in base alla quale l'universo è una macchina che risponde a precise leggi Le potenzialità della didattica della geografia si esplicitano nel mettere in relazione il sapere e i metodi della geografia (sostanzialmente equivalenti nei vari livelli scolastici e universitari) con i processi di apprendimento-insegnamento (molto diversi nei differenti gradi e indirizzi). Dunque, occorre tradurre in una chiave didattica corretta i saperi geografici e il loro modello epistemologico, organizzandoli secondo l’età degli studenti e quindi con ordini di complessità differenziati. La didattica della geografia si trova in stretta relazione con molteplici ambiti di ricerca quali la didattica generale e la pedagogia, la psicologia, la storia della scuola e della legislazione scolastica. La didattica della geografia deve indagare in più direzioni: a. Sul rapporto tra il sapere elaborato dai geografi e quello da trasmettere attraverso l’insegnamento b. Sull’evoluzione della ricerca geografica, per individuare come questa possa tradursi efficacemente nella quotidiana pratica dell’insegnamento scolastico, in funzione dello sviluppo delle strutture cognitive degli studenti. c. Sui rapporti tra gli studenti e la geografia, come scienza che aiuta a comprendere meglio i problemi del mondo d. Sui sussidi e sugli strumenti che sono in grado di agevolare l’apprendimento della geografia La geografia si è trasformata da disciplina prevalentemente descrittiva ed enciclopedica, le cui finalità essenziali riguardavano la conoscenza delle varie regioni del pianeta, in una disciplina impostata sull’esame di problemi, volta alla ricerca delle spiegazioni dei fenomeni e sempre più protesa verso la comprensione dei rapporti e delle interrelazioni. La geografia studia il rapporto tra uomo e ambiente ed è una disciplina transdisciplinare in quanto utilizza le altre scienze per costruire le proprie conoscenze, ovvero, il sapere geografico. L’ obiettivo preminente della didattica della geografia è quello di tradurre per la scuola i risultati e i progressi conseguiti dalla ricerca. L’insegnamento della geografia, in un modo che sta cambiando profondamente e nel quale i rapporti uomo-natura sono più complessi e gli equilibri sempre più fragili, dovrebbe svolgere una funzione educativa di grande rilevanza dalla scuola primaria fino all’università. Cenni storici L’unificazione del regno d’Italia avviene in piena atmosfera positivista e in questo clima viene emanata nel 1859 la Legge Casati che stabilisce le prime direttive della politica scolastica italiana volte anche ad armonizzare le precedenti politiche scolastiche diversificate negli Stati preunitari. I programmi scolastici predisposti dai positivisti evidenziano il metodo oggettivo, l’osservazione e la lezione attraverso la raccolta e la catalogazione dei materiali. Con la riforma Gentile del 1923 si distingue nettamente la cultura umanistica da quella scientifica e la geografia subisce pesanti conseguenze nella sua stessa natura: o è assorbita nel settore umanistico in posizione marginale oppure è relegata a livello periferico fra le materie scientifiche. È politicamente importante in questo periodo la posizione del pedagogista Giuseppe Lombardo Radice il quale assume la direzione generale della scuola elementare per incarico del ministro Gentile; secondo lo studioso la geografia non ha un particolare oggetto di studio ma è essa stessa o un capitolo di fisica o di scienze biologiche oppure un capitolo di storia dell’uomo. Uno degli esiti più significativi delle politiche dell’istruzione è definito dal programma scolastico, che serve a fornire delle linee unitarie per la struttura e l’organizzazione scolastica del Paese. Fino ad alcuni decenni fa, i programmi ministeriali, prescrittivi e concepiti per una scuola molto centralizzata, si risolvevano in una mera elencazione di contenuti e obiettivi che ogni tanto venivano aggiornati sia per rispondere meglio alle trasformazioni, anche di carattere epistemologico di ciascuna disciplina, sia per rispondere ai mutamenti socio-culturali e politici. I programmi della scuola elementare varati nel 1985 hanno segnato una svolta, superando l’impostazione basata su una enumerazione di argomenti per seguire un itinerario di progettazione dell’attività educativo-didattica. Il definitivo spostamento del baricentro dai processi di insegnamento a quelli di apprendimento ha reso contraddittoria la definizione di programma, agevolando il passaggio alle attuali Indicazioni Nazionali (testo di riferimento per la progettazione del curricolo) rivolte a una scuola che dovrebbe costruire i suoi percorsi di studio grazie alla sua autonomia nel contesto di norme volte a garantire un tessuto culturale e educativo comune a tutto il Paese. Le associazioni geografiche Le varie aree disciplinari scolastiche sono rappresentate da una o più associazioni di docenti che costituiscono un’importante occasione di incontro e di confronto, sia per svolgere insieme ricerca, didattica e attività di formazione, sia per offrire opportunità nella diffusione di esperienze didattiche, abilità e competenze metodologiche. Il 22 aprile 1954 nell’Università di Padova scelta per ospitare i lavori del sedicesimo Congresso Geografico Italiano, Elio Migliorini propose ai congressisti di creare un’associazione di docenti; venne così fondata con voto unanime dei partecipanti l’Associazione Italiana Insegnanti di Geografia (AIIG), della quale divenne presidente lo stesso Migliorini. Nel corso degli anni l’Associazione ha visto progressivamente crescere il suo prestigio anche al di fuori dell’ambito scolastico e nel 2003 viene inclusa nell’elenco definitivo degli enti qualificati per la formazione personale della scuola. In Italia operano però molte altre associazioni geografiche che pur non avendo come finalità la didattica e il mondo della scuola, con questo tessono proficui rapporti e collaborazioni, ad esempio l’Associazione dei geografi italiani (AGeI). Innumerevoli sono anche le associazioni geografiche presenti in quasi tutti i Paesi del mondo come le prestigiose Royal Geographical Society di Londra e l’American Geographical Society. Vi è poi un’associazione mondiale: l’Unione Geografica internazionale (IGU) costituita in Comitati nazionali rappresentanti un centinaio di Stati e opera attualmente attraverso 41 Commissioni tra cui una commissione didattica con lo scopo di promuovere a livello globale l’educazione geografica e ambientale. CAPITOLO 2 Lo spazio se non è osservato attraverso la dimensione cronologica non può assumere uno spessore geografico, in quanto è il tempo a conferirgli profondità e dinamismo. Parafrasando il poeta greco antico Esiodo si potrebbe dire che non può esistere una geografia fuori dallo scorrere dei giorni e dalle opere degli uomini; senza l’attenzione ai cambiamenti e agli esiti prodotti da questi ultimi si avrebbe una geografia dell’invariabilità che trova la sua espressione più banale nel nozionismo enciclopedico individuabile nel ritornello della geografia dei mari, dei fiumi, dei monti delle città e dei prodotti. La dimensione migliore per considerare il mondo è quella del cambiamento e non quella della permanenza, eppure, ancora oggi, la geografia nozionistica e dell’immobilità non è definitivamente scomparsa, la ritroviamo ad esempio nel famosissimo libro “Il Piccolo principe” di Antoine de Saint Euxpéry dove il geografo viene descritto come colui che descrive cose eterne. Una definizione considera la geografia come la scienza che studia “antropizzazione” del pianeta, dunque, esamina il mondo come un insieme di processi che nel corso del tempo hanno trasformato l’ambiente e hanno costruito il Territorio; per questo la geografia è identificabile come disciplina crono-spaziale ovvero studia lo spazio nella sua evoluzione nel tempo. La geografia è una storia del presente, che analizza e “sfida” le situazioni di oggi ma sempre inquadrandole in una visione futura. Nei paesaggi sono presenti i segni di tempi plurimi (molteplici): impronte, memorie individuali e collettive o testimonianze artistiche e culturali, soprattutto dove generazioni si sono succedute nel corso dei secoli e dei millenni. Per questo, come le diverse interpretazioni del rapporto spazio-società, dopo l’unità d’Italia ad esempio, vi era l’esigenza di costruire un organismo politico dotato di una coerenza interna e, l’amore verso la patria, ritenuto come motore unificante, venne sollecitato attraverso lo studio delle discipline scolastiche. Spesso, l’amore per la patria è mutato in forme di acceso nazionalismo, come nel periodo fascista, quando imperialismo e superiorità della “razza italica” diventarono principi fondanti nell’insegnamento della storia ma anche della geografia. Una geografia in cui l’Italia rappresentava il centro e il modello di riferimento, tendente ad esaltare le bellezze dell’Italia, le opere del regime, l’espansione coloniale e in cui non emergevano assolutamente i problemi e le contraddizioni della società italiana. L’educazione è una delle strategie che maggiormente consentono di generare cambiamenti nei valori della società, per cui bisogna riflettere criticamente sui contenuti che trasmette e sulle stesse forme di trasmissione. I docenti svolgendo il ruolo di guida nell’interiorizzazione valoriale, devono cogliere i principi fondamentali delle singole discipline scolastiche, partendo dalla delicatissima selezione dei contenuti, ogni disciplina deve essere riveduta e parzialmente ristrutturata in funzione del momento educativo e dello sviluppo della persona. È importante che la disciplina non si trovi esposta a tentazioni ideologiche o propagandistiche per non perdere le sue peculiarità di disciplina scientifica. La dimensione etica porta l’attenzione del docente di geografia a ricercare TEMATICHE forti quali: la cultura e il rispetto del territorio e del paesaggio, lo sviluppo sostenibile, il miglioramento della qualità della vita, la globalizzazione inquadrata nell’ambito di una reale giustizia spaziale e socio-economica, i diritti umani. La consapevolezza dell’importanza e della ricchezza delle diversità, da ricercare fin dai primi anni quando il bambino riconosce l’altro da sé scoprendolo come persona umana, non soltanto agevola l’abbandono di paradigmi etnocentrici dei saperi e dei valori, ma accresce il bagaglio culturale della persona che riesce a moltiplicare le prospettive da cui può leggere e interpretare il mondo. La didattica interculturale, in questa prospettiva, si rivela essere adeguata a impostare una cultura del confronto aperto, un confronto sempre più necessario in quanto oggi la rivoluzione delle comunicazioni e il divario sempre più forte nella distribuzione delle ricchezze hanno reso molto frequenti i contatti tra le diverse culture rendendo la società multietnica. È imprescindibile, dunque, una seria reimpostazione dei contenuti geografici e disciplinari e dei progetti formativo- didattici, per analizzare i nuovi quadri territoriali, economici, sociali, culturali e i sistemi di reti che riorganizzano il mondo. Geografia e cittadinanza Il territorio è il risultato di processi che nel corso del tempo lasciano segni e testimonianze, costruiscono memorie, singole e collettive, creano legami e reti di relazioni spazio-temporali, su cui si fonda l’appartenenza territoriale: momento costitutivo della cittadinanza. Di qui l’importanza per il futuro cittadino di acuire competenze e capacità per percepire, leggere e interpretare il territorio in un’ottica inter e transcalare, quindi sia nella grandissima scala della pianta del quartiere sia in quella piccolissima del planisfero, tenendo presente che sapersi collocare e orientare nello spazio non è una pura questione geometrica, perché l’orientamento è innanzitutto l’espressione di una capacità culturale di pensarsi come cittadino, membro di una comunità e di uno Stato. Risulta essenziale, nell’osservare fatti e fenomeni che si svolgono e si sviluppano nello spazio, inquadrare gli stessi nelle giuste dimensioni; spesso occorre osservare diverse scale geografiche per mettere a fuoco gradualmente le prospettive e gli orizzonti che tali fatti e fenomeni assumono. Problemi molto complessi, come ad esempio il fenomeno migratorio (geografia umana) o il riscaldamento globale (geografia fisica) richiedono continui passaggi di scala spaziale: dal vicino al lontano e dal lontano al vicino. Occorre un impiego integrato delle varie scale geografiche (transcalarità) senza il quale il fenomeno migratorio sfugge nella sua essenza, ciò riguarda anche il riscaldamento globale che è per definizione un problema planetario, ma che si articola alle varie scale continentali, regionali e locali. In una riflessione sulle dimensioni spaziali emerge il concetto di distanza: essa non si comprende solo attraverso il calcolo matematico, poiché subisce anche l’effetto della memoria, in grado di influire fortemente sulle percezioni che si caricano dei sentimenti di emotività o di distacco. Il mondo si frantuma sotto l’azione delle distanze culturali, con la costruzione di barriere immateriali che allontanano quello che è spazialmente vicino. Sono queste le nuove frontiere che segnano gli spazi, spesso materializzate attraverso la realizzazione di veri e propri muri posti ai confini che costituiscono potenti e terribili strumenti di violenza contro l’umanità. La base identitaria è rappresentata dall’appartenenza alla comunità locale, questa prima appartenenza però, se non bene intesa e vissuta, potrebbe comportare pericoli derivanti dalle possibili chiusure e dalla creazione di ritagli spaziali, praticati in un’ottica di rifiuto nei confronti degli altri. A un livello spaziale superiore si pone l’identità nazionale, ovvero il sentimento di un’appartenenza ad una comunità più vasta; la Costituzione nazionale dovrebbe essere il cemento di questa appartenenza come insieme di regole e istituzioni, collettive e regolative. Comunità più ampie e plurali sono quelle sovranazionali, come ad esempio l’Unione europea, con indicazioni e leggi promulgate nel corso degli anni ma anche con l’ethos civile costruito insieme ai singoli Paesi. Questa dimensione sovranazionale è in grado di aprire gli spazi locali verso orizzonti più vasti, dove al termine si colloca la cittadinanza mondiale, l’uomo visto come cittadino del mondo. Educare all’ambiente Il concetto di ambiente evidenzia un percorso che da molto tempo si è aperto verso nuovi orizzonti al di là dei confini limitati esclusivamente agli aspetti fisici, chimici e biologici. La scuola, accogliendo in buona parte le sollecitazioni provenienti dal mondo scientifico, sta producendo una progettualità costruita proprio sulla trasversalità del concetto di ambiente attribuendo un ruolo significativo anche all’educazione ambientale. Infatti, formare cittadini che sappiano convivere con l’ambiente valutando l’impatto delle loro azioni su di esso e operando le necessarie correzioni di rotta per la conservazione del patrimonio naturale e culturale è uno dei compiti fondamentali della scuola di oggi. I ragazzi dovrebbero prendere coscienza della realtà nella quale vivono per assumere di conseguenza un comportamento corretto e responsabile; in tal senso il contatto immediato con la natura e l’osservazione diretta possono essere di grande aiuto sia per facilitare la conoscenza dell’ambiente, sia per promuovere l’assunzione di valori ambientali. Per tutelare la nostra biosfera sono stati promulgati diversi trattati internazionali, tra cui l’Accordo di Parigi (COP-21) sul clima del 2015 che definisce per la prima volta un piano d’azione globale, volto sia a limitare il riscaldamento globale al di sotto dei 2°C grazie alla riduzione di emissione di gas serra, sia a fornire ai Paesi economicamente poveri un sostegno economico. È importante che la scuola in quanto sede e riferimento di bambini e ragazzi proiettati verso il futuro, sviluppi tra i suoi temi fondanti quelli riguardanti la salvaguardia della biosfera, perché come affermava lo storico Toynbee “Essa è l’unico habitat esistente e, per quanto ci è dato prevedere, anche l’unico cui si potrà accedere in futuro”. L’integrità dell’ecosistema costituisce la risorsa naturale di base per costruire sistemi economici efficienti, per impostare buone strategie di sviluppo e per contribuire al generale benessere. A questa notazione non corrispondono però, coerenti politiche ambientali; nella realtà l’attenzione esclusiva, o quasi, alle prospettive economiche, porta a trascurare altri aspetti essenziali come quelli socio-culturali ed ecologici. La sostenibilità diventa quindi il riferimento centrale per l’educazione a una cittadinanza che sappia unire la conservazione delle risorse del pianeta per le generazioni future alla giustizia sociale e allo sviluppo economico per la generazione attuale. Il concetto di sviluppo sostenibile viene introdotto per la prima volta con il Rapporto di Brundtland, varato nel 1987, secondo cui il miglioramento della qualità di vita umana va mantenuto entro la capacità di carico degli ecosistemi. Questi principi sono ripresi dalla Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente e lo Sviluppo accenno agli altri Paesi quando si fa riferimento alla posizione dell’Italia in Europa e nel mondo. La geografia è vista come uno strumento per imparare a leggere l’ambiente modificato dalla società e a comprendere lo spazio inteso come sistema in continua trasformazione. Inoltre, nelle Indicazioni concernenti la scuola dell’infanzia compaiono i primi elementi di geografia come, ad esempio, la capacità di orientarsi, la scoperta, l’interiorizzazione e il rispetto dei valori ambientali. Per quanto riguarda invece la SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO, nel 1962 si introduce negli ordinamenti italiani la scuola media unica che consente l’accesso a tutti gli indirizzi di scuole superiori. Viene abolita dunque, l’alternativa prima esistente tra scuola media e scuola di avviamento professionale a cui si iscrivevano coloro che non intendevano proseguire l’istruzione delle scuole superiori. In questo modo si è evitato agli alunni di scegliere troppo presto e in modo definitivo il loro cammino scolastico. I Programmi del 1979 hanno rappresentato una svolta davvero importante: il percorso formativo non propone più la consueta rassegna di regioni e di Stati, né il tradizionale metodo descrittivo e nozionistico ma presenta una geografia basata su grandi temi e problemi, motivata sulla ricerca e orientata all’adozione del metodo scientifico. L’ultima parte riporta però in maniera molto sintetica i contenuti divisi per le tre classi e ritorna ai tradizionali schemi di geografia regionale (nel primo anno si studiano le regioni amministrative italiane, nel secondo l’Europa e nel terzo gli altri continenti). Le indicazioni nazionali per i piani di studio personalizzati nella Scuola secondaria di primo grado del 2004 presentano in relazione ai precedenti programmi forme di persistenza (ad esempio un’impostazione regionale di fondo) e di innovazione quali la ripartizione in due momenti successivi: lo studio prevalente dell’Italia nella scuola primaria e nella scuola secondaria di primo grado lo studio dell’Europa e del mondo. La riforma segna così il passaggio da un procedimento ciclico, secondo cui gli stessi contenuti sono ripetuti nei due ordini di scuola con una evoluzione negli approfondimenti, a uno di tipo progressivo! Le profonde innovazioni avvenute nella scuola media unica e obbligatoria avrebbero dovuto portare alla ridefinizione di quella superiore ma così non è avvenuto e la situazione di generale disagio per la mancanza di una seria riforma ha coinvolto più o meno tutte le discipline, penalizzando le loro potenzialità. Ritornando al primo ciclo di istruzione, nel 2007 le Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo di istruzione subiscono delle modifiche, in particolare le discipline vengono aggregate in tre aree (linguistico-artistico- espressiva, storico-geografica e matematico-scientifica-tecnologica) al fine di sviluppare le possibilità di interazione e collaborazione fra i diversi saperi. La geografia viene così associata alla storia poiché entrambe si occupano dello studio delle società umane nello spazio e nel tempo. Si ribadisce l’importanza del linguaggio della geo-graficità che gli alunni devono imparare ad utilizzare e che per la sua immediatezza ed efficacia costituisce un punto di forza della disciplina il cui studio deve essere accompagnato fin dai primi anni dalla presenza costante della carta, che attiva la memoria visiva e agisce così da facilitatore per la memorizzazione e la localizzazione delle nozioni. I nuclei tematici della geografia sono diversificati tra primaria e secondaria:  Per la scuola primaria: orientamento, carte mentali (esse si formano imparando a memorizzare ambienti osservati e percorsi eseguiti), linguaggio della geo-graficità, paesaggio, territorio e regione.  Per la scuola secondaria di primo grado: carte mentali, concetti geografici e conoscenze, ragionamento spaziale, linguaggio della geo-graficità, immaginazione geografica, metodi, tecniche e strumenti propri della geografia. Nelle Indicazioni del 2012 le aggregazioni disciplinari scompaiono del tutto e vengono ridotti e uniformati i nuclei degli obiettivi di apprendimento. Nell’anno scolastico 2010-2011 prende avvio con il ministro Mariastella Gelmini la riorganizzazione del secondo ciclo di istruzione (SCUOLA SECONDARIA DI SECONDO GRADO); tuttavia, complice anche una grande crisi economica, il governo Berlusconi riduce in maniera drastica le risorse finanziarie nel comparto della scuola con un sostanziale ridimensionamento delle ore di insegnamento. Per la geografia, in particolare, le scelte del ministro Gelmini sono fortemente penalizzanti: la geografia scompare dal quadro orario di tutti gli istituiti professionali e di tutti i tecnici, mentre subisce un preoccupante ridimensionamento nei licei, dove già ricopriva un ruolo marginale. La decisione ministeriale risulta tanto più grave in quanto la geografia nella scuola secondaria di secondo grado presenta una forte valenza formativa in continuità con la formazione del primo ciclo di istruzione e una forte valenza professionalizzante. Inoltre, tale mancanza è tanto più sorprendente e irragionevole in quanto nello stesso Profilo educativo e professionale dello studente, si dà notevole rilievo a competenze ascrivibili alla geografia. In base a quanto affermato nella riforma Gelmini, nel primo biennio la geografia si insegna insieme alla storia e si ha la riduzione dei due voti distinti a un solo voto cumulativo, mentre nel successivo triennio la geografia viene completamente esclusa dalle discipline di insegnamento. Nella pratica, e soprattutto nei libri di testo, il binomio storia e geografia si è trasformato in “geostoria”, una denominazione usata per indicare le situazioni nelle quali l’evoluzione storica risulta essenziale per spiegare un processo di trasformazione territoriale. Senza un serio progetto di didattica integrata delle due discipline forte è il rischio di trovarsi di fronte a percorsi didattici semplificati, che aggregano i contenuti senza fare riferimento ai metodi e alle teorie delle diverse discipline. Anche negli istituti tecnici la riforma Gelmini penalizza la geografia, completamente assente in alcuni indirizzi dove aveva tradizioni ben consolidate, come, per esempio, nel Nautico in quanto fondamentale per la formazione del personale marittimo. Sempre nel settore tecnologico incomprensibili sono le assenze della disciplina sia nell’indirizzo Agraria, Agroalimentare e Agroindustria e soprattutto in quello Costruzioni, Ambiente e Territorio che contiene nella sua stessa titolazione le parole chiave attorno alle quali si imposta gran parte della ricerca geografica. Con un decreto-legge del 2013 il ministro Maria Chiara Carrozza, ponendo l’accento sul ruolo formativo dell’educazione geografica, decide di potenziare l’insegnamento della geografia generale ed economica con un’ora aggiuntiva da introdurre nel biennio iniziale degli istituti tecnici e professionali. Se gli esiti della riforma Gelmini sono stati gravemente penalizzanti per la geografia negli istituiti tecnici, per quelli professionali sono stati addirittura tombali, avendo prodotto una totale scomparsa della disciplina, a fronte di una apprezzabile presenza soprattutto nel settore dei servizi, in particolare quelli turistici. Gli istituti professionali vengono riformati nel 2017: nel primo biennio la geografia è associata alla storia, mentre nel triennio risulta completamente assente. Per quanto riguarda invece l’UNIVERSITA’, il sistema universitario italiano subisce una profonda trasformazione nell’anno accademico 2001-2002 che coinvolge innanzitutto i rapporti e gli equilibri tra ricerca e didattica, a tal proposito molti parlano, con un’accezione negativa, di “liceizzazione” dell’università con un indebolimento generale della funzione della ricerca. Tra le innovazioni introdotte troviamo in particolare, le norme riguardanti l’autonomia didattica degli atenei e la nuova tipologia dei titoli di studio concessi che oggi sono rispettivamente: laurea, laurea magistrale, diploma di specializzazione e dottorato di ricerca. Per rispondere al nuovo assetto, che sostituisce i tradizionali corsi annuali con una molteplicità di moduli proposti agli studenti, i docenti hanno notevolmente aumentato il loro impegno didattico. L’aspetto più evidente della trasformazione è la perdita della titolarità dell’insegnamento su discipline fisse; di conseguenza il coordinamento nei diversi corsi di laurea per l’assegnazione dei vari moduli assume una grande importanza. Se la riorganizzazione non avviene in maniera appropriata infatti, si rischia una pericolosa destrutturazione di tutto l’impianto didattico. L’introduzione dei crediti formativi universitari (CFU), ponendo al centro del binomio apprendimento-insegnamento, l’impegno richiesto allo studente, costituisce una vera e propria rivoluzione e sconvolge la precedente impostazione costruita sulla docenti delle scuole secondarie anche attraverso attività di tirocinio didattico. Questi provvedimenti però, hanno tardato per una serie di motivi a trovare un’applicazione pratica, pertanto, il corso in Scienze della formazione primaria viene attivato nell’anno accademico 1998-1999, mentre la scuola di specializzazione per l’insegnamento secondario (SSIS) parte dall’anno accademico successivo, venendo soppressa dieci anni dopo e sostituita dal Tirocinio formativo attivo (TFA); anch’esso ha avuto breve durata, permanendo a oggi soltanto quello relativo al conseguimento della specializzazione per le attività di sostegno di ogni ordine e grado di scuola. Nell’anno accademico 2011-2012, il corso di laurea in Scienze della formazione primaria viene riformato e assume un assetto più complesso. Le nuove norme legislative prolungano di un anno il percorso per l’insegnamento nella scuola dell’infanzia e primaria, con un corso di laurea magistrale quinquennale a ciclo unico e a numero programmato con prova di ingresso; lo scopo è quello di fornire una robusta preparazione pedagogica, necessaria ad affrontare la delicatezza del compito educativo nei confronti dei bambini dai tre agli undici anni, coniugando riflessione teorica, competenza disciplinare e impegno pratico attraverso le attività di laboratorio e di tirocinio. Nell’area 1 quella relativa ai saperi della scuola, il profilo dei laureati dovrà comprendere la conoscenza di matematica, fisica, chimica, biologia, letteratura italiana, linguistica italiana, storia, geografia, attività motorie, arte, musica, letteratura per l’infanzia. Alla geografia, una delle discipline di base nelle Indicazioni per la scuola primaria, è destinato un numero di crediti formativi molto limitato e inadeguato a preparare i futuri docenti, che dovranno condurre gli alunni della scuola dell’infanzia e della scuola primaria ad un appropriato apprendimento del senso dello spazio e delle basi scientifiche della geografia. Alla geografia, infatti, vengono attribuiti solo 9 CFU complessivi (otto per il modulo più uno per il laboratorio) mentre storia e scienze che presentano in genere lo stesso monte-ore della geografia sono assegnati rispettivamente sedici e ventisei crediti. In tal modo il laureato, futuro maestro, concluderà il percorso universitario con una preparazione geografica piuttosto scarsa che si ripercuoterà negativamente sule competenze degli alunni. Si aggiunga ad aggravare la situazione, la possibilità che lo studente immatricolato si convinca del fatto che la geografia sia così poco rappresentata nella generale distribuzione dei CFU perché secondaria nel quadro delle discipline di insegnamento. La Carta Internazionale sull’Educazione Geografica sottolinea come i decisori politici investiti dei problemi dell’educazione e dell’istruzione debbano stabilire quali siano i requisiti minimi per l’insegnamento della geografia e l’alfabetizzazione geografica di chi insegna geografia; nonostante ciò, nell’ambito della comunità accademica non è mai stato aperto un dibattito serio e complessivo su “cosa e come” insegnare la geografia. L’unico percorso nel ciclo degli studi universitari in grado di soddisfare i requisiti per un’adeguata formazione geografica è quello riguardante l’accesso alla classe di concorso “A2 – Geografia” che abilita ad insegnare negli istituti tecnici, tecnici industriali e in quelli professionali. Persiste però un vecchio problema per cui può accadere che cattedre di geografia destinate ad insegnanti abilitati nella specifica classe di concorso, possano essere assegnate a docenti provenienti da altre classi: in particolare quelle di scienze naturali, chimiche e biologiche o di materie letterarie. Questa anomalia deriva dalla cosiddetta atipicità, che consente di assegnare alcuni insegnamenti a professori abilitanti in altre classi di concorso, in base a pochi criteri, tra cui primeggia “la tutela della titolarità dei docenti presenti nell’istituzione scolastica “. Proprio a causa di tale tutela, l’aspetto burocratico- finanziario può prevalere su quello scientifico-didattico, riguardante la formazione degli studenti, che dovrebbero essere invece al centro di tutto l’impianto della scuola. Ulteriore fattore di disagio didattico è costituito dall’ampio raggruppamento di discipline, riscontrabile in particolare nella classe A31 (Discipline letterarie, latino e greco) che abilita al liceo classico, dove lo stesso docente può insegnare italiano, latino, greco, storia e geografia. È questo il caso più evidente di una concentrazione di materie tale da impedire un’efficiente organizzazione didattica, con generali ricadute negative, gravi soprattutto per la geografia, non certamente privilegiata tra le discipline prescelte da un docente proveniente da una laurea in lettere classiche… La soluzione, già prospettata, potrebbe essere costituita dall’abbinamento di storia e geografia a cui fare corrispondere un adeguato numero di CFU. CAPITOLO 6 I mass media sono agenti formativi con enormi capacità di attrazione grazie alla quantità di informazioni che riescono a diffondere e alla loro facile accessibilità, per tale motivo rivestono ormai un ruolo strategico anche nel processo educativo. Se inizialmente la scuola e la famiglia costituivano i principali centri formativi, da quando i mass media si sono affermati hanno perso la loro centralità; per cui è necessario che la scuola interagisca con i mass media in maniera positiva, aiutando gli studenti a leggere e interpretare in maniera critica le innumerevoli informazioni presenti su Internet e a sviluppare un proprio punto di vista. L’insegnante ha inoltre l’importante compito di selezionare le informazioni in funzione degli interessi manifestati dagli allievi e del raggiungimento di obiettivi educativi e didattici programmati nel rispetto dei tempi di apprendimento. Oggi nello sviluppo culturale degli studenti, non deve essere trascurata la forte influenza dei mass media e dei social network che rappresentano spazi di relazione da loro frequentati e vissuti con intensità. Un’integrazione di questi mezzi nei processi di formazione, grazie anche alla condivisione di risorse e di materiali, può consentire un proficuo confronto con il linguaggio giovanile e allo stesso tempo, favorire il coinvolgimento di tutti. Il libro, strumento della logica frontale come tradizionale spazio della didattica, costituiva in passato, il mezzo primario e quasi esclusivo di conoscenza. Oggi con l’ingresso prorompente dell’informatica nel mondo della comunicazione, anche il modo di leggere e di scrivere è cambiato da cui l’esigenza di allargare gli spazi della didattica. Tom W. Brown in un volume promosso dall’UNESCO e pubblicato più di cinquanta anni fa, sottolineava l’importanza di un’aula apposita per l’insegnamento della geografia, avendo da una parte l’insegnante bisogno di abbondante materiale, ma non sempre facilmente trasportabile e avendo d’altra parte gli alunni l’esigenza di spostarsi durante la lezione per esaminare l’atlante o studiare carte a grande scala. Infatti, gli studenti di geografia hanno bisogno di fruire di una serie molteplice di fonti che vanno dai disegni, ai grafici e agli schemi, dalle immagini satellitari alle foto, dai filmati alle carte geografiche. Tutti questi sono efficaci mezzi di comunicazione ma, soprattutto, sono in genere di più facile assimilazione rispetto ad una lunga esposizione verbale. Il problema di un’aula specifica di geografia può essere in gran parte superato grazie alla realizzazione di aule/laboratori multimediali che consentano attività di ricerca/ scoperta da parte degli studenti e che possano essere utilizzate per più discipline. L’aula scolastica non può essere l’unico luogo della pratica didattica, nell’apprendimento della geografia è infatti fondamentale l’osservazione diretta che costituisce il punto di partenza per arrivare all’osservazione indiretta, secondo la regola consolidata per la quale si va dal vicino al lontano e viceversa. Tuttavia, non potendo portare gli alunni nei luoghi da conoscere e studiare, gli spazi lontani devono essere “portati” in classe servendosi, ad esempio, della LIM. La geografia come sappiamo, ha come oggetto specifico di indagine la relazione tra società e ambiente, ancora oggi però persistono una serie di pregiudizi e di stereotipi, come ad esempio lo stereotipo del nozionismo geografico, che alterano il significato e l’immagine della disciplina. Nell’ambito dei saperi geografici di certo l’avverbio spaziale “dove”, riveste un significato importante, che però NON può rimanere limitato ad un vuoto contenitore enciclopedico dei luoghi della superficie terrestre, avendo invece il compito, più complesso, di selezionarli e relazionarli tra di loro in uno schema sintetico e coerente. Di qui l’esigenza di un’azione congiunta e continua nelle sedi scolastiche, a partire dalla scuola dell’infanzia e primaria fino all’università, per il superamento di questo sapere mnemonico. Il problema principale di questa ambiguità di valutazioni deriva dalla stessa difficoltà nel tracciare confini rigidi e chiari con le altre discipline; la geografia è infatti una insegnamento. Nel corso dei secoli il libro di testo ha subito trasformazioni profonde, ma negli ultimi decenni queste sono state molto più rapide e l’evoluzione in corso fa supporre che saranno ancora più intense in un futuro prossimo. Di recente è l’evoluzione tecnologica a guidare i processi di cambiamento con il passaggio dal libro in formato cartaceo a quello in formato digitale (ebook). La fase verso la digitalizzazione si traduce in una serie di scelte editoriali che accompagnano il libro cartaceo nel sistema comunicativo digitale; in tale contesto si inquadra l’audiolibro, che è in particolare adatto a studenti ipovedenti o con disturbi specifici di apprendimento (DSA) ma che può essere destinato anche a studenti stranieri, i quali possono così ascoltare la pronuncia corretta della lingua italiana. La multimedialità, l’interattività e il coinvolgimento sono altrettanti aspetti sui quali gli editori scolastici intendono puntare per lo sviluppo dei loro prodotti: il testo cartaceo o digitale, viene così integrato con codici comunicativi diversificati grazie a contributi audio e video, con gallerie fotografiche, esercizi e link aperti a risorse esterne e materiale didattico. I vari esercizi e le verifiche di apprendimento possono essere corretti direttamente sul testo digitale con una verifica immediata che permette allo studente di interagire individuando subito le parti contenenti maggiori difficoltà. Il collegio dei docenti può adottare libri di testo o strumenti alternativi in coerenza con il piano dell’offerta formativa, con l’ordinamento scolastico e con il limite di spesa stabilito per ciascuna classe di corso. Un’altra raccomandazione riguarda l’adeguamento dei contenuti dei libri di testo, in passato ai programmi e oggi alle indicazioni nazionali. Fra le caratteristiche che deve avere un libro di testo troviamo: proporre contenuti improntati al massimo rigore scientifico, sviluppare contenuti delle singole discipline pertinenti e adeguatamente aggiornati, con attenzione a renderne comprensibili i nessi interni e i collegamenti con le altre discipline, garantire una formazione di dimensione europea, impiegare un linguaggio coerente con l’età degli alunni tenendo conto dei linguaggi specifici delle diverse discipline e predisporre, ove possibile o opportuno, un glossario. Excursus storico Tutti i libri per la scuola subiscono nel tempo cambiamenti profondi, sia nell’impostazione metodologica sia nei contenuti, uno sguardo al passato può aiutarci a comprendere meglio le modalità delle mutazioni e i legami con le politiche scolastiche. Nel mondo greco-romano non esistevano dei testi geografici utilizzati per l’istruzione ma non mancavano però nozioni e concetti più o meno vicini ai saperi geografici, da cui derivava anche il legame con il mito, utilizzato per spiegare i fenomeni e i processi naturali ma anche la forma, la dimensione e la collocazione della Terra nello spazio. Non a caso secondo Eratostene, la storia della geografia inizia con Omero che nei suoi poemi affrontò temi di grande significato come la concezione del mondo. Anche se è il sapere legato alla cartografia a rivestire un ruolo importante nella formazione dei giovani come Aristofane testimonia nella commedia “Le nuvole” in cui offre in chiave ironica un’idea delle molteplici discipline al tempo di Socrate. Il testo più usato sia in Grecia che a Roma, e rimasto per secoli il vero compendio del sapere geografico, è tuttavia la “Periegesi” scritta da Dionisio (o Dionigi) di Alessandria nel II secolo d.C. l’opera offre il quadro della Terra allora conosciuta, descrivendo nell’introduzione la forma della Terra, i continenti, l’oceano e tratteggiando successivamente i mari a partire dalle colonne d’Ercole. Un’altra opera che è importante ricordare in questo ambito è “De Chorographia” scritta da Pomponio Mela nella prima metà del 1° secolo d.C e divisa in tre libri in cui viene tratteggiata la Terra allora conosciuta: Europa, Aia, Africa separate dal Mar Mediterraneo, dal fiume Nilo e Tanai-Don. Essa riesce ad esercitare una notevole influenza nell’educazione geografica del tempo fino al XVI secolo, svolgendo vere e proprie funzioni di libro di testo. Infine ricordiamo lo scrittore romano Vibio Sequestre il quale scrisse un dizionario delle località menzionate dagli scrittori latini (Virgilio, Lucano, Silio Italico, Ovidio) che dedicò al figlio per soddisfare le esigenze educative del suo tempo. Nel Seicento e Settecento spiccano due nomi nel campo dell’educazione: Comenio e Rousseau. Il primo, grande pedagogista e filosofo ceco, è autore di importanti libri di testo tra cui Orbis sensualium pictus, un manuale di disegni, considerato il primo libro illustrato per bambini, che ha l’obiettivo di mostrare il sapere elementare attraverso parole associate alle immagini. In questo modo lo studente impara osservando le figure che hanno la grande capacità di stimolare l’immaginazione, nonché rinforzare il testo, amplificandone i dettagli; ognuna è dotata di un titolo e rinvia ad un glossario plurilingue. Questa piccola enciclopedia merita di essere ricordata soprattutto per la sua importanza didattica e la sua forte carica innovativa, prima di lui infatti, ma anche per molto tempo dopo, vi era un forte squilibrio tra la parte scritta e la parte illustrata, quest’ultima molto meno sviluppata. La geografia secondo Jean Jaques Rousseau autore dell’Emilio o dell’educazione, deve essere studiata unicamente attraverso la natura, una natura che non è un sistema di regole matematiche ma che guida le sue creature secondo la propria legge. Secondo Rousseau il sapere non va trasmesso già definito ma va costruito attivamente dallo studente attraverso l’esperienza diretta, dunque con l’osservazione e con la ricerca personale, grazie anche alla curiosità di conoscere il mondo, che si sviluppa nel passaggio dalla fanciullezza all’adolescenza. Tra la seconda metà del Settecento e i primi decenni del secolo successivo assistiamo a numerosi cambiamenti grazie anche all’azione degli Stati nel settore educativo, fra questi vi è l’introduzione di veri e propri libri di geografia, comunemente redatti in forma dialogata attraverso domande e risposte. Uno dei testi più noti in questo ambito è “La geografia dei fanciulli ovvero metodo breve di geografia accomodato alla capacità de’ giovinetti” dell’abate Dufresnè il quale sottolinea nella sua opera, divisa in lezioni e con un indice delle carte necessarie per lo studio della geografia, la semplicità della disciplina e l’importanza dell’apprendimento mnemonico. Con la fine della Prima guerra mondiale e l’avvento del Fascismo la scuola diventa il mezzo più efficace per la formazione di una vigorosa coscienza nazionale e i testi scolastici sono considerati l’altro strumento indispensabile per suscitare consenso politico. In questo periodo, pertanto, nazionalismo, patriottismo, superiorità della razza italica, guerra, colonialismo… diventano concetti chiave della geografia e non solo della storia. Si passa poi nell’anno scolastico 1930-1931 all’adozione del testo unico di Stato per le scuole popolari ed elementari, mentre un’apposita commissione vigila anche sui manuali della scuola secondaria. Persiste anche in testi pubblicati decenni dopo una concezione nozionistica con ancora qualche riferimento al nazionalismo. Caratteri generali del libro di geografia I testi scolastici di geografia, pur condividendo in gran parte il complesso dei caratteri generali dei libri utilizzati a scuola nelle varie discipline, presentano delle proprie specificità. Il primo problema che tutti i testi di geografia manifestano è il loro rapido invecchiamento: sebbene i dati statistici abbiano generalmente una qualche stabilità, quelli relativi agli aspetti demografici, socio-culturali, economici, politici, sono in continua trasformazione. I libri di geografia, quindi, vanno costantemente aggiornati proprio perché la “realtà geografica” è in continua evoluzione, ma essendo impossibile cambiare i testi ogni anno, l’insegnante deve supplire al problema del rapido invecchiamento presentando situazioni significative legate all’attualità e agganciandosi agli innumerevoli spunti offerti dagli avvenimenti. Altro carattere distintivo è rappresentato dall’ampiezza dell’oggetto di studio di una disciplina dai contenuti diversificati, che i testi devono affrontare con una difficile operazione selettiva delle informazioni. La compilazione di un libro di un buon livello qualitativo implica l’assunzione di una strategia divulgativa, che faccia leva da una parte sulla struttura linguistica chiara ed accessibile e dall’altra su un apparato iconico che costituisca parte integrante, e non solo integrativa, dei testi. Alla scelta del lessico, il più appropriato possibile all’età dei fruitori, si deve accompagnare una struttura delle frasi che agevoli la comprensione dei concetti da trasmettere, va ricercata, quindi, una sintassi non troppo complessa. Nell’elaborazione di un testo scolastico di geografia delle notevoli difficoltà si possono riscontrare proprio delle inesattezze più ripetute è costituita dal termine “mappamondo” che nel vocabolario online della Treccani è correttamente definito come “Rappresentazione cartografica dell’intera superficie terrestre (detta anche planisfero)”; in gran parte dei testi al contrario, il mappamondo è definito con espressioni del tipo: “è una rappresentazione della Terra che non deforma i continenti e gli oceani perché è a forma di sfera”. In pratica, si scambia un tipo di carta geografica con il “globo geografico”, che è la corretta definizione dell’oggetto che si identifica generalmente con il termine “mappamondo”. Ogni anno gli insegnanti hanno l’arduo compito di scegliere dei libri di testo che meglio si adattano al proprio percorso scolastico; tuttavia, alcuni principi in base ai quali scegliere un libro, rimangono validi per qualsiasi testo scolastico, come: la necessità dei requisiti di chiarezza, la scelta di un lessico idoneo, una sintassi a basso indice di subordinazione (soprattutto per il primo ciclo), una attenta selezione delle informazioni per fornire agli studenti soltanto quelle che in base alle loro capacità di apprendimento sono in grado di assimilare ed elaborare con profitto. Tra l’altro non andrebbe dimenticato che un buon manuale dovrebbe essere essenziale e snello e un libro di geografia, in particolare, dovrebbe essere il più possibile aggiornato. Sono state realizzate varie griglie di valutazione dei libri di testo, per quanto riguarda la geografia, si ricordano le caratteristiche e i parametri indicati da Maria Fiori in un articolo pubblicato su Ambiente, Società e Territorio: caratteristiche del testo verbale, impostazione tipografica, carte e grafici, fotografie, ricerche, elaborazioni, letture e impostazione didattica. Inoltre, l’autrice scrive che, per procedere alla scelta, si dovranno attribuire dei pesi alle diverse caratteristiche, che devono essere condivisi da tutti i docenti. CAPITOLO 8 L’educazione bilingue e il CLIL Al giorno d’oggi l’apprendimento delle lingue ha assunto una funzione essenziale, ben avvertita dalle giovani generazioni che mostrano sempre maggiore interesse nell’acquisire quella competenza plurilingue, considerata inoltre essenziale nell’ambito professionale. Non meraviglia pertanto che l’attenzione all’istruzione bilingue sia cresciuta negli ultimi decenni attraverso una serie di progetti e di iniziative, oltre che di scambi culturali. Il 29 novembre 1995 la Commissione delle comunità europee pubblica un libro bianco dedicato all’istruzione e alla formazione in cui viene delineato un piano per la promozione del multilinguismo con l’obiettivo di promuovere tre lingue comunitarie (compresa quella materna) anche per tutelare le lingue europee minacciate dall’uso e dal peso preponderante dell’inglese. Inoltre, il documento, sottolinea l’importanza di agire sin dall’età prescolare e di utilizzare anche i contenuti disciplinari per l’aspetto linguistico. Tra le strategie didattiche ispirate e finalizzate al multilinguismo e all’apprendimento delle lingue, un ruolo importante nel contesto europeo è svolto dalla metodologia CLIL, acronimo di Content and Language Integrated Learning (Apprendimento integrato di lingua e contenuti) coniato nel 1994 da David Marsh e introdotto ufficialmente un paio di anni dopo. Questa metodologia progetta l’apprendimento-insegnamento integrato di contenuti disciplinari in lingua straniera veicolare, l’aspetto linguistico e quello disciplinare sono dunque complementari e finalizzati per realizzare un’azione didattica in grado di convertire i contenuti appresi in competenze, superando i tradizionali limiti disciplinari e una visione nozionistica dell’insegnamento. Tuttavia, l’acquisizione di questa strategia non è breve né semplice a causa di una serie di problemi quali la disponibilità di materiali didattici, la valutazione delle competenze e soprattutto la formazione dei docenti. Il CLIL acquisisce specifici caratteri con le norme attuative della riforma Gelmini del 2010 che sono rivolte in primis, come è naturale, al liceo linguistico, ma che ampliano nell’ultimo anno la metodologia CLIL anche a tutti gli altri percorsi liceali. Il ministero dell’anno scolastico 2011-2012 ha attivato inoltre, il progetto E-CLIL con una duplice finalità:1) incoraggiare una riflessione sulle pratiche didattiche disciplinari 2) guidare l’introduzione della metodologia CLIL nelle scuole secondarie di secondo grado, attraverso una proposta di ricerca-azione, diretta a supportare i docenti nella realizzazione dei moduli CLIL. La metodologia CLIL viene citata anche nella legge del 2015, conosciuta come La Buona Scuola. Il ricercatore ed esperto della metodologia CLIL, Graziano Serragiotto distingue due forme principali: un CLIL spontaneo e uno istituzionalizzato. Nel primo caso si tratta di una situazione spontanea dove il docente di lingua straniera assieme al docente di disciplina organizza dei moduli CLIL secondo diverse modalità; nel secondo caso si tratta di docenti di disciplina che svolgono il loro programma in lingua straniera. A oggi non è prevista una figura professionale specifica per quanto riguarda il CLIL, per cui il docente che insegna una disciplina non linguistica (o DNL) va formato nell’ambito del personale già di ruolo o in quello di nuova assunzione. Questa decisione, che deriva più da valutazioni di ordine finanziario che didattico, costituisce un serio freno alla diffusione e alla valorizzazione del CLIL. Va riconosciuto però, al ministero, l’intento di promuovere l’introduzione dell’insegnamento con metodologia CLIL attraverso una serie di iniziative, tra cui la promozione di reti di scuole e di progetti CLIL (come, ad esempio, il sopracitato progetto E-CLIL) e percorsi di formazione in servizio per i docenti di DNL nelle scuole secondarie di secondo grado. Le competenze che un insegnante deve possedere per poter gestire un CLIL efficace sono così numerose e complesse da richiedere da parte del ministero un impegno veramente forte nell’attività di formazione; non stupisce quindi, che dopo un decennio solo una parte minoritaria delle scuole secondarie italiane riesca a rispettare le norme varate. In ogni caso, la necessità di sostenere la competenza plurilingue e interculturale di tutto il personale della scuola è presente anche nel Piano per la formazione dei docenti del 2016-2019 in cui viene sottolineata l’importanza di iniziare a veicolare contenuti disciplinari in lingua straniera fin dalla scuola primaria. Sia per gli aspetti metodologici sia per quelli ordinamentali italiani tutte le discipline possono essere coinvolte con il CLIL, entrambi gli aspetti però, esercitano un loro peso nella scelta riguardante la disciplina da veicolare attraverso la lingua straniera, in considerazione anche delle caratteristiche degli studenti di una determinata classe e in particolare del loro livello linguistico. In più documenti europei, pubblicati in particolare negli ultimi anni, si può evincere come l’obiettivo del CLIL, volto a raggiungere una capacità adeguata di leggere, ascoltare, scrivere e parlare lingue straniere, debba combinarsi con precise competenze interculturali in delle società sempre più coinvolte nei processi di globalizzazione. In un contesto del genere, i saperi geografici assumono una specifica rilevanza entrando nelle motivazioni stesse della genesi del CLIL. La penalizzazione della geografia negli ordinamenti scolastici, però, si manifesta anche in modo evidente anche riguardo al CLIL, previsto nell’ultimo anno dei licei e degli istituti tecnici, dove però la disciplina non è presente a eccezione dell’indirizzo turistico nei tecnici, che costituisce dunque l’unica occasione possibile per veicolare il programma di geografia in lingua straniera. Non esistono altre possibilità neanche per il liceo linguistico, dove il CLIL trova più ampi spazi solo a partire dal terzo anno mentre il monte ore assegnato alla geografia nella scuola secondaria di secondo grado è tutto raccolto nel primo biennio. A ciò si aggiunge il fatto che, nella geografia, proprio per la vastità degli oggetti di analisi, la pluralità degli ambiti di studio e per l’attenzione a temi di quotidianità, il confine tra la parola d’uso comune e il termine specialistico si presenta debolmente definito, con una sovrapposizione dei due lessici che possono provocare non poche ambiguità. Poiché l’ambiente CLIL prospetta situazioni nuove rispetto all’insegnamento delle varie discipline in lingua italiana, occorrono strategie ad hoc da impiegare per rendere i contenuti intellegibili allo studente; in questa visione di rinforzo didattico, i docenti possono trovare un supporto nell’impiego di codici non verbali. Alcune materie d’insegnamento si prestano bene ad accogliere un approccio didattico di tipo CLIL, proprio perché possiedono nella loro struttura la peculiarità di potenziare la comunicazione attraverso diversi linguaggi, una di queste è la geografia. La geografia è solita abbinare infatti, il linguaggio verbale con altri linguaggi come ad esempio il codice iconografico, che opportunatamente impiegato può agevolare molto la comprensione. Un ruolo primario nelle attività CLIL è esercitato dall’uso di istituzionalizzata. L’accertamento delle conoscenze pregresse è un momento fondamentale di avvio di qualsiasi progetto formativo e unità di apprendimento.  Partecipazione alla costruzione della conoscenza Ciò che fa la differenza sostanziale tra l’acquisizione di conoscenze inerti e la costruzione di conoscenze significative è la partecipazione del soggetto, favorita da una didattica per ricerca e scoperta. La partecipazione avviene inizialmente attraverso una negoziazione docenti-allievi degli obbiettivi da raggiungere e degli itinerari metodologici da percorrere.  Coinvolgimento affettivo-emotivo Il docente che guida e accompagna il processo di apprendimento deve saper suscitare la spinta di un’intelligente curiosità e dell’interesse per ciò che si va a indagare e l’entusiasmo per la ricerca e per la conoscenza facendo leva sulla dimensione emotiva dell’intelligenza. Nell’affrontare lo studio della geografia, occorre che il ragazzo non percepisca come esterno e sé stesso il locus of control, ovvero il luogo nel quale colloca le cause dei suoi successi o insuccessi, attribuendo un risultato non soddisfacente all’incomprensibilità della carta geografica, al docente più o meno empatico o disponibile. Aiutarlo a riconoscere un locus interno a sé vuol dire affrontare insieme a lui le cause di eventuali insuccessi, sostenerlo nell’individualizzazione dei suoi stili di apprendimento e nell’utilizzo delle più efficaci strategie e tecniche per l’acquisizione di competenze in geografia – come in qualsiasi altra disciplina - oltre che guidarlo al dominio dell’emotività. (Esempi di attività per far riaffiorare le emozioni collegate alla geografia pag 172-176) La geografia emozionale si ritrova nell’Atlante delle emozioni della studiosa Giuliana Bruno, che collega nel tempo e nello spazio le emozioni individuali, filtrate dalla sensibilità dei letterati. Una ulteriore sollecitazione davvero importante per l’acquisizione di apprendimenti significativi in geografia è costituita dall’apporto delle percezioni sensoriali. Infatti, fin dai primissimi anni di scuola e poi per l’intero percorso formativo, che dura tutta la vita, il primo approccio alla conoscenza di un ambiente e di un paesaggio avviene mediante l’attivazione di tutti i sistemi percettivo-sensoriali. Riguardo allo sviluppo cognitivo del bambino è nota la classificazione piagetiana di un primo livello sensomotorio in cui, attraverso i primi spostamenti autonomi e l’attivazione delle percezioni sensoriali, prende forma anche la progressiva costruzione dei rapporti spaziali e di un livello rappresentativo. Spetta alla scuola favorire il delicato passaggio dalla memoria sensoriale allo sviluppo del pensiero logico-astratto. Negli anni Ottanta si è affermata anche in Italia la geografia della percezione grazie soprattutto all’impegno di Giacomo Corna Pellegrini che mette in risalto il valore delle percezioni sensoriali per favorire la successiva fase di attribuzione di significato agli elementi fisici e antropici e di comprensione delle loro relative relazioni. (Esempio applicativo di progettazione delle unità di apprendimento UdA pag 178- 180) La formazione geografica per una società delle competenze L’obiettivo prioritario della formazione e di un apprendimento significativo è il possesso di competenze. Il termine competenza deriva dal latino “cum-petere” ovvero “chiedere insieme, convergere verso un medesimo obiettivo” ma anche “gareggiare, misurarsi con qualcuno”. La società delle competenze oggi racchiude nei fatti entrambe le concezioni e apparenti contraddizioni del termine: la competenza intesa come capacità di applicare ai casi della vita reale le conoscenze e le abilità che si possiedono, rischia infatti di sfociare in vera e propria competizione. Il concetto di competenza compare per la prima volta nel 1993 nel documento life skills education in schools in cui l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) parla di competenze di vita, il cui possesso può avere una ricaduta positiva sulla salute. Una definizione sintetica ma molto puntuale di competenza si ritrova nella Raccomandazione del Parlamento europeo e del consiglio dell’Unione europea del 2006 in cui la competenza viene definita come “una combinazione di conoscenze, abilità e attitudini appropriate al contesto” questa definizione viene modificata nel 2018, quando viene adottata una nuova raccomandazione, dove il termine “attitudini” viene sostituito dal termine “atteggiamenti”, ossia, la disposizione e la mentalità per agire o reagire a idee, persone, situazioni. (R. CONOSCENZE: sono l’insieme di fatti, principi, teorie e pratiche relativi a un settore di studio o di lavoro. Esse indicano il risultato dell’assimilazione di informazioni attraverso l’apprendimento. ABILITA’: sapere ed essere capaci di eseguire processi ed applicare le conoscenze esistenti al fine di ottenere risultati). Anche alcune delle 8 competenze chiave indicate nella prima raccomandazione vengono modificate e anche se non compare in esse la parola “geografia” è implicitamente presente. Le competenze chiave europee sono: 1. Competenza alfabetica funzionale: qui l’apporto della geografia lo si può individuare nella alfabetizzazione dei termini basilari del linguaggio geografico scientifico e soprattutto nel linguaggio cartografico. 2. Competenza multilinguistica: anche qui la geografia è presente, infatti, attraverso le diverse lingue e il rispetto delle minoranze linguistiche interne a ogni Stato passa la conoscenza delle tradizioni e delle culture, oltre che degli aspetti geomorfologici ed economici di ogni Paese, a ciò si aggiunge il fatto che il tema delle migrazioni è da sempre un importante tema della geografia. 3. Competenza matematica e competenza in scienze, tecnologia e ingegneria: che per la geografia si traduce nello studio del rapporto uomo-ambiente, nella valutazione degli effetti positivi e negativi delle azioni umane e della globalizzazione e nella progettazione di soluzioni per salvaguardare un ambiente sempre più degradato. 4. Competenza digitale: anche in questo caso la condivisione di intenti con l’educazione geografica traspare con evidenza, come anche l’opportunità offerta all’apprendimento dall’utilizzo delle geotecnologie. 5. Competenza personale, sociale capacità di imparare ad imparare: in geografia questa competenza si declina nel saper osservare la realtà da diversi punti di vista, che tutti insieme e nel confronto restituiscono l’immagine del mondo. Imparare ad imparare in geografia significa imparare a ragionare in termini di spazio e saper esercitare la metacognizione per riflettere sulle modalità con cui si riesce a dominare lo spazio man mano conosciuto. 6. Competenza in materia di cittadinanza: anche qui è evidente la coincidenza con gli obiettivi formativi e i temi della geografia, la competenza viene declinata nella comprensione dei valori comuni dell’Europa in particolare dei cambiamenti sociali e demografici a livello globale e delle relative cause. 7. Competenza imprenditoriale: questa competenza si fonda sulla capacità di lavorare in modalità collaborativa al fine di programmare e gestire progetti che hanno un valore culturale, sociale o finanziario” le persone inoltre, “dovrebbero conoscere i principi etici e le sfide dello sviluppo sostenibile”. Quello dello sviluppo sostenibile è senza dubbio uno dei paradigmi principali collegati alla geografia e alla sua educazione; in ogni caso, è di vitale importanza far comprender che la competenza imprenditoriale assume un valore etico solo quando lo spirito di impresa viene messo al servizio del bene comune. 8. Competenza in materia di consapevolezza ed espressioni culturali: anche in questo caso non è necessario precisare l’apporto della geografia, in quanto uno dei suoi obiettivi è proprio la conoscenza delle realtà altre, non solo dal punto di vista dell’analisi del territorio ma soprattutto in quello dei rapporti di integrazione e inclusione tra etnie e culture differenti. prima fase si sviluppa attraverso l’accertamento delle dissonanze cognitive (il sapere di non sapere), l’individuazione del problema di conoscenza, la formulazione d’ipotesi di soluzione. La successiva fare operativa si realizza nella sperimentazione sul terreno e nella progettazione di soluzioni nell’intorno spaziale e ambientale. I ragazzi passano infine alla fase metacognitiva (la riflessione condivisa sull’operato comune), che li conduce a una successiva fase cognitiva, con la costruzione di nuove conoscenze e l’eventuale individuazione di ulteriori approfondimenti o di nuove piste di ricerca. I docenti invece, da un lato, sono coinvolti nel fare da “registi” e da facilitatori del lavoro degli studenti e dall’altro compiono la loro ricerca azione attraversando quindi, le stesse tre fasi. Nella prima fase cognitiva avviene il richiamo della preparazione psicopedagogica sulle modalità e gli stili di apprendimento degli allievi e disciplinare sul tema oggetto di ricerca. Fa seguito la fase operativa in cui si ha: azione progettuale in situazione, azione di insegnamento e di ricerca- sperimentazione didattica. La successiva fase metacognitiva insiste sulla riflessione comune riguardo ai risultati prodotti dall’azione degli allievi e dall’azione di sperimentazione didattica dei docenti, “mettendo in campo” strategie di valutazione e autovalutazione. La fase della meta cognizione permette inoltre, di individuare le più strategie più idonee per migliorare la propria azione didattica. Il processo di Problem-Based Learning (PBL), “apprendimento basato su un problema”, rientra perfettamente nell’ottica costruttivista, in quanto mobilita le conoscenze e le abilità pregresse e costruisce nuove conoscenze partendo dalla ricerca di soluzioni a un problema. Si tratta di un metodo di apprendimento attivo che esige la presenza di una serie di fattori: la precisa delimitazione di un problema, il recupero del bagaglio di conoscenze sulla cui base prospettare la soluzione, la consapevolezza della necessità di integrare le conoscenze con altre maggiormente rispondenti allo scopo, la capacità di ipotizzare soluzioni e selezionare le più idonee e, infine, illustrare con efficacia le scelte effettuate. Il PBL è particolarmente efficace anche nello studio della geografia, la ricerca geografica, infatti, deve essere sempre collegata a problemi del contesto reale, inerenti alla costruzione e alla salvaguardia del territorio e del paesaggio, esercitando il pensiero critico e sviluppando competenze relative alla cittadinanza attiva, all’educazione allo sviluppo e all’intercultura. Il docente agisce da facilitatore, agevolando la ricerca di soluzioni attraverso domande-stimolo.  L’approccio cooperativo ai processi di apprendimento, o Cooperative Learning (CL), è un approccio pedagogico (sempre metodo didattico), applicabile con successo alla geografia come a qualsiasi altra disciplina, basato sul principio dell’interazione fra pari. L’interazione tra due o più allievi contribuisce a determinare i risultati dell’apprendimento e, soprattutto, influisce sullo sviluppo dei singoli soggetti coinvolti, sia dal punto di vista cognitivo sia sociale. Una delle principali caratteristiche del Cooperative Learning è l’interazione promozionale faccia a faccia: l’aiuto reciproco in ogni fase del compito di apprendimento, che migliora sensibilmente le prestazioni individuali e di gruppo. Da Stati uniti e Canada giunge una articolarità nell’organizzazione del l’apprendimento cooperativo, quello delle tribe (tribù); la differenza consiste nel mantenere stabili per lungo tempo (anche un intero anno scolastico) i gruppi di 3-6 allievi, in modo da rafforzare il senso di appartenenza all’intero del gruppo e facilitare l’inclusione di tutti. Il CL differisce dal tradizionale lavoro di gruppo principalmente per il momento di revisione del lavoro svolto (processing) e della riflessione sull’efficacia delle azioni che ciascun componente ha messo in atto per raggiungere l’obiettivo del gruppo. In sintesi, il Cooperative learning rappresenta rispetto al lavoro di gruppo, un avanzamento molto più strutturato, inoltre, grazie a l’opportunità che offre di riflettere sulle dinamiche e i risultati del gruppo, risponde in modo più adeguato alle esigenze imposte dalla società contemporanea di sviluppare nei giovani uno spirito di collaborazione, da applicare nel mondo del lavoro. Dagli Stati Uniti arriva anche la metodologia della Flipped Classroom, “la classe capovolta”; i principi su cui si basa sono: la centralità degli studenti nel processo di insegnamento-apprendimento e l’applicazione delle tecnologie informatiche. Le principali fasi in cui si sviluppa la didattica capovolta sono le seguenti:  Il docente sulla base di un’attenta osservazione degli allievi e delle loro personali esigenze e alla luce del curricolo, predispone una serie di lezioni in versione telematica sugli argomenti oggetto di studio  A integrazione o in alternativa, il docente ricerca in rete le risorse disponibili per la presentazione dei vari temi e problemi e li inserisce su una delle piattaforme gratuite per la didattica, fornendo agli allievi precise indicazioni su come reperire in rete i materiali selezionati  Ciascun allievo a casa visiona i contenuti multimediali  In aula si svolgono poi, in forma cooperativa e mediante i sussidi tecnologici, tutte quelle attività che nella didattica tradizionale sono affidate ai compiti a casa in forma individuale. Molteplici sono i vantaggi derivanti dall’applicazione di questa metodologia, prima di tutto, il coinvolgimento di ciascun alunno, che diventa protagonista attivo del suo apprendimento sia a casa che a scuola, poi un facile recupero delle lezioni mancate per eventuali assenze e il miglioramento dei rapporti di collaborazione scuola-famiglia. Un altro approccio metodologico che è doveroso citare, è quello conosciuto come “Scuola senza zaino” ispirato alla pedagogia montessoriana. Questo approccio è, almeno teoricamente, il più vicino alla geografia in quanto educazione spaziale: si basa infatti su innovativa organizzazione degli spazi dell’aula e dell’edificio scolastico, volta ad esaltare alcuni concetti, valori: la responsabilità (individuale e collettiva), la scuola come comunità e l’apprendimento come fenomeno sociale ovvero frutto della co-costruzione di conoscenze (sociocostruttivismo). Nell’aula il mutamento avviene sia a livello orizzontale che verticale. Se nella scuola tradizionale lo spazio dell’aula coincide con un unico luogo di lavoro, organizzato in file di banchi che fronteggiano la cattedra del docente, nel nuovo assetto orizzontale si creano aree differenziate in base alle funzioni: i tavoli raggruppati a isola per il lavoro di studio e di ricerca, uno spazio denominato agorà o forum, adibito a momenti di confronti tra pari e con il docente, spazi attrezzati come laboratori e dotati dei necessari sussidi. Per quanto concerne l’assetto verticale invece, le pareti dell’aula vengono rivestite secondo la funzione dei vari spazi orizzontali, di adeguata cartellonistica, scaffalature contenenti libri, strumenti, materiali strutturati. Inoltre, sono funzionalmente arredati anche gli spazi comuni, i cosiddetti “non luoghi” come i corridoi, androni, spazi aperti. Lo zaino viene sostituito da una più leggera cartella nella quale inserire soltanto i materiali strettamente necessari. “Il geografo dai piedi sporchi di fango” è l’espressione riportata da Armand Fremont e da lui attribuita al geografo francese René Musset. Ricorda infatti Fremont che il lavoro del geografo non avviene solo nelle biblioteche, negli archivi o nei laboratori ma anche per le strade, da qui l’espressione sopracitata. Il principale compito del geografo scrive Fremont, è quello di osservare direttamente sul terreno i fenomeni che vi si verificano e i mutevoli aspetti che assume il territorio nella sua continua evoluzione. Dunque, anche per i geografi “in erba” vale a dire gli allievi di tutte le fasce d’età che si cimentano con uno studio della geografia come ricerca attiva, la migliore modalità è sicuramente quella che comporta l’uscita dalla scuola per condurre osservazioni dirette nello spazio vicine e man mano sempre più lontano attraverso i viaggi di istruzione. Nelle Indicazioni Nazionali si è passati da una didattica nell’ambiente a una didattica per l’ambiente e il paesaggio: questo mutamento sostanzia le teorie pedagogiche che pongono al centro i processi di apprendimento finalizzati a un’azione concreta e sollecita il pieno coinvolgimento della geografia per l’educazione all’ambiente e allo sviluppo sostenibile, per la formazione di una confrontare repertori elaborati da fonti diverse e a consultare comunque, per ogni fenomeno preso in esame, documentazioni di vario tipo. Geografia e letteratura Le fonti di carattere linguistico a cui i ricercatori hanno fatto spesso ricorso sono i resoconti di viaggio, i diari di bordo, le guide turistiche e gli articoli di riviste specializzate, tuttavia, il risultato più incisivo è dato dalle opere letterarie di ogni epoca, dai poemi alle raccolte liriche e ai romanzi. Moltissime sono infatti le pagine d’autore che sollecitano la conoscenza o la riscoperta di luoghi di ambientazione, spesso marginali o dimenticati che necessitano di essere valorizzati. A parte il recente fenomeno turistico che si è sviluppato intorno ai luoghi di ambientazione dei libri di autori contemporanei diventati veri e propri best-sellers, è da segnalare anche l’istituzione dei parchi letterari, ossia, aree d’interesse che hanno ispirato pagine d’autore in cui vengono istituiti centri di accoglienza, spazi museali e laboratori di ricerca, pronti a ricevere scuole di ogni ordine e grado oltre alle università. È molto importante non solo nella scuola, ma anche in tutto il percorso di apprendimento permanente, che ad ogni lettura di un’opera letteraria o di un suo brano, si ponga attenzione all’ambientazione, per scoprire gli aspetti geografici di luoghi noti o che possano poi essere direttamente o indirettamente osservati. Rispetto al cinema, inoltre, nella lettura di un testo scritto si ottiene il valore aggiuntivo dell’immaginazione personale. (Pag 228-230 Interpretazione geografica dei brani letterari) Geografia e arte Per sviluppare il primo approccio estetico al paesaggio e poter poi applicare l’approccio geografico attraverso il modello scientifico, rappresentano un grande supporto alla conoscenza indiretta le fonti grafico-pittoriche, scultoree, architettoniche e archeologiche, ovvero l’arte espressa in tutte le sue forme. Questo approccio estetico, filtrato dalla sensibilità e dall’abilità degli artisti, agevola negli studenti la comprensione e la piena consapevolezza del paesaggio come patrimonio composto di “beni”, ossia di elementi naturali e culturali. Per cogliere, ad esempio, l’evoluzione nel tempo di un paesaggio, non è utile solamente la pittura di paesaggio, che nasce nel Seicento, ma anche i dipinti più risalenti in cui compaiono paesaggi sullo sfondo. Si pensi al doppio ritratto dei duchi di Urbino realizzato da Piero della Francesca, in cui viene raffigurato sullo sfondo il paesaggio collinare marchigiano oppure ancora agli affreschi di Ambrogio Lorenzetti sugli effetti del buon governo in città e in campagna e gli effetti del cattivo governo, che offrono l’opportunità di mettere a fuoco una serie di temi anche in collegamento con la storia, l’economia e con le scienze, tra cui: il mutamento dell’assetto economico- produttivo e nel rapporto città-campagna con l’approssimarsi della fine dell’età medievale e dell’economia curtense. (Pag 232-233 Guida alla lettura geografica di un monumento) CAPITOLO 11 La valutazione in geografia Sul complesso e delicato tema della valutazione, negli ultimi decenni si sono intensificati gli studi di numerosi teorici di varia estrazione che hanno offerto il loro contributo per la strutturazione e validazione di modelli sempre più sofisticati di verifica e valutazione dei risultati del processo di apprendimento. Nel passaggio dalle teorie alla prassi scolastica e universitaria sono nati e si stanno manifestando vari impedimenti: da una parte troviamo una mancanza di aggiornamento specifico nella preparazione dei docenti, soprattutto di coloro che in tanti anni di insegnamento erano abituati a quella che si potrebbe definire la valutazione dell’ ipse dixit, ovvero una valutazione non vincolata da alcuna richiesta di motivazione e che prendeva in considerazione solamente il livello di preparazione atteso. D’altra parte, si presenta l’ostacolo, opposto al precedente, rappresentato dal fatto che i docenti, opportunamente aggiornati sulle metodologie di valutazione di carattere oggettivo, possano correre il rischio di applicare un eccessivo tecnicismo nelle procedure di misurazione delle prove, tralasciando l’aspetto formativo della valutazione autentica e di una comunicazione empatica ad allievi e famiglie. L’atto valutativo costituisce una parte del processo di insegnamento/apprendimento e di formazione estremamente importante, è necessario dunque, diffondere una sana e reale cultura della valutazione, solo così ci si potrà trovare di fronte a studenti sereni e collaborativi, in grado di realizzare un sapere valido e duraturo. Il processo di insegnamento/apprendimento comprende alcune principali fasi che possono a volte coesistere, ma che qui si elencano in successione al solo scopo di chiarezza espositiva: a. Fase di osservazione , attraverso la quale si procede all’accertamento della situazione di apprendimento degli allievi, iniziale e in itinere. b. Fase dell’azione didattica di insegnamento/apprendimento: è la fase centrale del processo, quella che applica tutte le metodologie e le strategie più efficaci. c. Fase di verifica dei risultati in relazione agli obiettivi prefissati. d. Fase della valutazione : è la fase dell’interpretazione dei risultati peer ottenere informazioni e conferme da una parte sul processo di sviluppo delle competenze di ciascun allievo e dall’altra sulla validità dell’azione didattica “messa in campo” e sull’eventuale necessità di correzioni di rotta. Una precisa ed articolata definizione della valutazione si ritrova nell’articolo 1 di un decreto del 2017: “La valutazione ha per oggetto il processo formativo e i risultati di apprendimento degli studenti e delle studentesse, ha finalità formativa ed educativa e concorre al miglioramento degli apprendimenti e al successo formativo degli stessi, documenta lo sviluppo dell’identità personale e promuove l’autovalutazione di ciascuno in relazione alle acquisizioni di conoscenze, abilità e competenze. A livello internazionale, la raccomandazione del Consiglio europeo del 22 maggio 2018 relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente fornisce ai decisori e agli addetti ai lavori dei vari Stati il suggerimento di rifarsi, nella valutazione, proprio alla descrizione delle competenze chiave di cittadinanza contenuta nel documento europeo. Tornando nell’ambito specifico della geografia, la Carta Internazionale dell’Educazione Geografica si limita a porre tra le questioni più rilevanti per la ricerca nell’educazione geografica due interrogativi: “Come possiamo verificare la progressione degli apprendimenti in geografia? E come possiamo calibrare e valutare al meglio questi apprendimenti?”. La questione della valutazione è perciò ritenuta di notevole rilievo anche in geografia. Per quanto riguarda l’Italia, le Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione del 2012 vengono in parte in soccorso ai docenti e ì, sintetizzando tutte le ultime teorie, sembrano fornire precise risposte alle loro domande di chiarimento. Occorre distinguere nell’articolato processo di valutazione degli apprendimenti, tre funzioni della valutazione stessa: diagnostica (iniziale), formativa e sommativa. La valutazione diagnostica è la valutazione che si compie per accertare i prerequisiti già in possesso degli allievi all’inizio di ogni anno scolastico e all’ingresso in un nuovo ordine e grado di istruzione. “Diagnostica” perché consente ai docenti di effettuare una “diagnosi” circa la situazione di partenza di ciascun alunno e della classe nel suo complesso, al fine di tarare al meglio e personalizzare il progetto formativo in aderenza al curricolo. Anche per la geografia, come per le altre discipline, si sottopone agli allievi una serie di test di ingresso, basata in particolar modo su prove oggettive strutturate (test a scelta multipla, vero/falso, sì/no, ecc.) Le prove sono fornite in quantità e varietà dai manuali e dalle riviste specializzate. Alla fine, si elabora una griglia di osservazione dei prerequisiti di educazione spaziale e geografica rilevati attraverso le varie prove. Per la valutazione diagnostica, come per tutte le altre fasi, è opportuno utilizzare direttamente i 4 livelli previsti dai documenti ministeriali per la certificazione delle competenze in modo da predisporre materiali omogenei a quanto richiesto su scala nazionale. (Pag 240 tabella di sintesi per la certificazione di competenze geografiche in uscita dalla socio-relazionale. Mentre infatti, le prove oggettive standardizzate verificano l’acquisizione di conoscenze, le rubriche valutano il possesso delle competenze. Le rubriche si caratterizzano per il fatto che offrono a docenti e studenti di condividere i criteri valutativi, per poter essere condivise dagli allievi (e in alcuni casi costruite con la loro collaborazione) devono rispondere a criteri di chiarezza nei contenuti e nel linguaggio. Un modello di rubrica di valutazione autentica comprende: - Presentazione del compito di apprendimento , che contiene in maniera sintetica l’indicazione di quale prestazione e di quali produzioni sono richieste al singolo allievo o al gruppo di allievi - Indicazione delle “dimensioni valutative” , ovvero degli aspetti del compito di apprendimento, che saranno oggetto di valutazione - Indicazione dei criteri di valutazione , che rappresentano le varie caratteristiche prese in considerazione per la valutazione di ciascuna dimensione - Indicazione dei livelli di valutazione , che possono essere raggiunti nella qualità della prestazione (per ciascun livello relativamente ad ogni dimensione, occorre descrivere un profilo di qualità) (Pag 257-258 esempio di rubrica di valutazione in geografia) La valutazione certificativa consiste nell’attestare socialmente, agli occhi delle autorità istituzionali, degli allievi e delle loro famiglie, i risultati di un’azione didattica e di apprendimento considerata conclusa. La certificazione delle competenze al termine della scuola primaria e della secondaria di primo grado è sancita dal decreto ministeriale 742 del 10 ottobre 2017; questo decreto presenta in allegato il modello nazionale di certificazione delle competenze per ciascuno dei due ordini di scuola, che deve essere compilato per ogni allievo dai docenti del consiglio di classe e sottoscritto dal dirigente scolastico. Il modello nazionale, in quanto risalente al 2017 e quindi antecedente alla nuova Raccomandazione europea del 2018, presenta le competenze chiave così come sono state espresse nella Raccomandazione europea del 2006. I docenti di ciascuna disciplina devono portare le proprie valutazioni in livelli e in decimi. I livelli che compaiono nel decreto ministeriale sono 4 e ognuno è dotato di una specifica descrizione: Livello A- Avanzato: L’alunno/a svolge compiti e risolve problemi complessi mostrando padronanza nell’uso delle conoscenze e delle abilità, propone e sostiene le proprie opinioni e assume in modo responsabile decisioni consapevoli. Livello B-Intermedio: L’alunno/a svolge compiti e risolve problemi in situazioni nuove, compie scelte consapevoli, mostrando di saper utilizzare le conoscenze e le abilità acquisite. Livello C-Base: L’alunno/a svolge compiti semplici anche in situazioni nuove, mostrando di saper utilizzare le conoscenze e le abilità acquisite. Livello D-iniziale: L’alunno/a se opportunamente guidato/a svolge compiti semplici in situazioni note. Per l’attribuzione del voto in decimi rispetto ai 4 livelli, può risultare utile, per quanto riguarda la geografia, l’esempio di rubrica valutativa precedentemente citato. Per quanto riguarda la scuola secondaria di secondo grado, con il decreto ministeriale 9/2010 è stato introdotto un modello di certificazione dei saperi e delle competenze che gli studenti devono possedere al termine dell’obbligo di istruzione e coincidente con il termine del biennio. Anche questa certificazione è correlata alle competenze chiave di cittadinanza della raccomandazione europea del 2006 ed è articolata sulla base degli assi culturali: asse dei linguaggi, matematico, scientifico- tecnologico, storico-sociale. La geografia rientra in quest’ultimo asse, che compendia storia e geografia in un voto unico. CAPITOLO 12 Le geotecnologie e le risorse del web per lo studio del territorio Già nelle Indicazioni Nazionali per la scuola dell’infanzia e del primo ciclo viene evidenziato che la geografia è disciplina di “cerniera” per eccellenza poiché consente di mettere in relazione temi economici, giuridici, antropologici, scientifici e ambientali di rilevante importanza. Essa utilizza diversi strumenti quali: carte geografiche, fotografie e immagini da satellite, del globo terrestre, di materiali prodotti dalle nuove tecnologie legate ai Sistemi informativi Geografici (GIS) per meglio comprendere i fenomeni che si verificano nello spazio e nel tempo, a scala locale e globale. Geografia e medicina Nella ricerca i campi di applicazione degli strumenti e delle tecnologie di matrice geo-informatica sono così vasti da poter avanzare un parallelismo tra geografia e medicina. In campo medico le innovazioni tecnologiche e i sistemi di imaging a elevato dettaglio, con il supporto di software ad hoc, aiutano ad effettuare particolari esami e screening di prevenzione, catturando immagini anche tridimensionali, con una velocità e una risoluzione molto alte riuscendo ad esempio a migliorare l’accesso alle linee vascolari periferiche e diagnosticare precocemente il potenziale metastatico del tumore. Analogamente, in ambito geografico, gli strumenti e le geotecnologie consentono di compiere studi a varia scala di indagine attraverso immagini tridimensionali che restituiscono esaustive raffigurazioni di quanto realmente presente in un determinato contesto, aiutando a valutare i cambiamenti avvenuti nel tempo e situazioni di anomalia rispetto alle tendenze e alle dinamiche in atto, e, di conseguenza riconoscere errori nelle scelte effettuate e nelle politiche adottate e sottolineare casi virtuosi da prendere come modello. Per quanto riguarda i laboratori, in ambito medico, permettono: - Di assolvere funzioni didattiche essenziali e di far registrare fondamentali avanzamenti scientifici - Di riconoscere o escludere la predisposizione, l’insorgenza e lo stadio di una patologia - Di avanzare teorie e metodi per far fronte a specifiche esigenze - Di trovare cure e vaccini Nella prospettiva geografica, in un sistema di rete collaborativa, permettono. -Di aprire prospettive didattiche altamente formative e professionalizzanti -Di creare ambienti di ricerca proficuamente produttivi - Di lavorare su dati diversificati, materiali documentari e iconografici -Di suggerire interventi e linee programmatiche, identificare fattori di rischio, elementi da annodare e valorizzare, aspetti che possono tramutarsi in minacce o in opportunità a seconda delle direzioni e attività che verranno intraprese. Gli strumenti e le geotecnologie rappresentano una delle quattro categorie recentemente considerate nell’ambito dei “segreti” del geografo; tra questi, sono stati annoverati: il suo pensiero (inteso come la capacità di far tesoro delle conoscenze e competenze), la sua vasta gamma di strumenti, il suo entusiasmo (che si esplica nel corso delle indagini dirette e indirette) e la sua spiccata interdisciplinarità (che consente di fare da collegamento con altre materie e di fungere da centro). cartogrammi digitali già predisposti. Trattandosi di un visualizzatore di cartogrammi (tipo DeA WING) e non di un applicativo GIS open source (come invece è Gistat bt.Carto) è essenzialmente adatto per le modalità di consultazione, mentre non vi sono grandi margini di personalizzazione (rispetto alla partizione Tables by thems del portale). Un altro portale che offre numerose possibilità di utilizzo è il Geoportale Nazionale (adatto nelle scuole secondarie, soprattutto di secondo grado, e all’università), che si presenta come una sorta di grande atlante geografico online contenente la cartografia disponibile sul territorio italiano dalla quale ricavare molteplici informazioni riguardanti i principali tematismi ambientali e territoriali. Un ruolo centrale può ricoprire a livello didattico e di esemplificazioni applicative, il servizio concernente i visualizzatori, per la consultazione sia in 2D, sia in 3D di diverse tipologie di cartografia e di immagini satellitari e di ortofoto (Una ortofoto o ortofotografia, è una fotografia aerea che è stata geometricamente corretta e georeferenziata in modo tale che la scala di rappresentazione della fotografia sia uniforme, cioè possa essere considerata equivalente ad una carta geografica). Inoltre, attraverso il “Cerca località” è possibile individuare il contesto territoriale su cui si desidera focalizzare l’attenzione e accostare cartografie e altre documentazioni iconografiche. Il Geoportale Nazionale mette quindi a disposizione, con semplice accessibilità, un’ampia serie di prodotti cartografici (carte geografiche a varia scala, carte tematiche, carte speciali, ecc.) e iconografici per opportune consultazioni. CAPITOLO 13 Le geotecnologie per una didattica viva e professionalizzata In un contesto globale dove le tecnologie hanno assunto un ruolo sempre più centrale, anche la didattica non può esimersi da un processo di aggiornamento che vada incontro alle comuni esigenze e aspettative. Si sente parlare spesso di smart city, da progettare secondo strategie che portino a sviluppare “realtà intelligenti”, funzionali, con elevati canoni estetici, dove i vari servizi possano funzionare in maniera efficace ed efficiente, si riducano i fenomeni di impatto ambientale, ci si muova nelle direzioni del risparmio energetico e della mobilità sostenibile per un generale miglioramento della qualità della vita attraverso impalcature che prevedano un uso sistematico e armonizzato di infrastrutture di rete e l’uso capillare di tecnologie per l’innovazione. Tutto ciò fino ad esasperare l’istallazione di ripetitori, sensori, dispositivi per connessioni ultrarapide, varcando un sottile confine tra ciò che è necessario per apportare dei benefici e quanto diventa superfluo. Inoltre, negli ultimi anni ha iniziato ad affermarsi sulla scia giapponese, l’idea di una società 5.0 volta a promuovere e diffondere un sistema in cui le applicazioni digitali e l’intelligenza artificiale possano rappresentare il tramite per innalzare gli standard di vita. Oggi la didattica viene ad assolvere una funzione culturale sempre più forte e decisiva, in quanto acquisisce il compito di far distinguere ciò che effettivamente mira all’utilità collettiva e al rispetto ambientale e ciò che ha come scopo la produzione di profitti a vantaggio di pochi, con il pericolo di generare condizioni di impatto sulla popolazione e l’ambiente. Contemporaneamente, la didattica e in particolare, la didattica della geografia, hanno l’importante compito di trasmettere competenze applicative che arricchiscano il bagaglio formativo dei giovani e che consentano un forte uso delle geotecnologie. Quanto affrontato a livello didattico, deve avere pertanto, risvolti positivi sulla quotidianità, sul proprio modo di essere, sul sapersi porre e sull’essere in grado di affrontare situazioni e problemi di varia natura con adeguati strumenti e senso critico. In quest’ottica, i Sistemi Informativi Geografici (GIS), le story map e il digital storytelling e i visualizzatori di immagini dall’alto (geobrowser), possono rivelarsi degli strumenti molto utili. I visualizzatori di immagini dall’alto, ad esempio, permettono di esplorare i contesti territoriali usufruendo delle possibilità di zoom e cambiamento di prospettiva (fino all’uso della funzionalità street view che consente di addentrarsi nell’area di indagine) a osservare e a spigare geoforme e aspetti che diversamente rimarrebbero poco chiari, a valutare relazioni e conseguenze attraverso il modello engage, explore, explain and evaluate (coinvolgere, esplorare, spiegare e valutare). Per quanto riguarda i GIS, essi hanno avviato e alimentato una vera e propria rivoluzione che ha dato la possibilità di sperimentare nuove e proficue modalità di fare didattica e ricerca. Le story map e il digital story telling geografico, possiedono una incredibile capacità didattica di coinvolgere e di far convergere verso il desiderio di esprimersi e di raccontare, diventando attori protagonisti e registi di un prodotto accattivante che si può realizzare utilizzando modalità e strumenti noti a tutti i giovani, quali i social network, caricamento di immagini e foto con computer, tablet e smartphone. I Sistemi informativi Geografici (GIS) Risalenti alla seconda metà degli anni Sessanta del Novecento, per gli input provenienti dal Canada e dagli Stati uniti, i Sistemi Informativi Geografici, hanno fornito un significativo apporto per svelare le potenzialità inespresse della geografia tanto da essere definiti gli strumenti più rivoluzionari degli ultimi secoli in termini di capacità di innovazione geografica. Si tratta, in pratica, di potenti applicativi geoinformatici che permettono di organizzare e armonizzare in geodatabase un’enorme mole di dati, quantitativi, qualitativi e spaziali, al fine di elaborare cartografia digitale e modellizzazioni e supportare accurate analisi. Attraverso i GIS è possibile realizzare elaborati tridimensionali sugli aspetti fisico-morfologici e antropici, aggiungendo anche la dimensione tempo (e quindi muovendosi nella prospettiva del 4D), così da produrre modelli che restituiscono con alto grado di accuratezza e di efficacia quanto effettivamente presente sul territorio. Sempre maggiori sono poi divenuti negli ultimi anni, gli ambiti di interesse e le possibilità applicative dei GIS e sempre di recente si sono moltiplicate le possibilità di mapping, diffusione e pubblicazione in rete di prodotti di output contribuendo alla nascita del linguaggio della geograficità digitale. Soprattutto nelle scuole secondarie di secondo grado e in modo rigoroso nel percorso universitario, l’uso di software GIS diventa un requisito essenziale per rivoluzionare il modo di generare conoscenza. Grazie alle applicazioni GIS, gli indicatori e i fenomeni studiati possono essere rappresentati e analizzati nel dettaglio partendo dalle elaborazioni di cartografia digitale appositamente realizzate, in un’atmosfera coinvolgente che ruota attorno a quanto si è riusciti a produrre mettendo a frutto abilità geoinformatiche e aspetti teorici e contenutistici. Le stesse modalità di verifica e valutazione possono acquisire nuovi connotati e forme, volgendo verso quelle soluzioni che riescono a fare emergere meglio gli apprendimenti significativi. Le tradizionali valutazioni orali e in forma scritta possono essere arricchite ad esempio dalla richiesta di presentare un certo numero di elaborati GIS e relativi commenti e contestualizzazioni oppure dalla richiesta di consegnare un progetto strutturato in modo armonico e uniforme per tutti. Ovviamente resta centrale la questione della formazione e dell’aggiornamento dei docenti delle scuole di diverso ordine e grado, che dovrebbero inoltre valorizzare con una partecipazione frequente e attiva le opportunità fornite da appositi eventi, promossi in primo luogo dalla stessa ESRI Italia (è l’azienda di riferimento in Italia nelle soluzioni geospaziali, nella geolocalizzazione e nei Sistemi Informativi Geografici. La società è parte integrante della Esri One Company, un sistema di oltre 80 aziende a livello internazionale che opera in network in oltre 200 paesi) ad esempio durante gli appuntamenti annuali della Conferenza e del GIS Day e dell’Associazione italiana Insegnanti di Geografia, tramite le Officine didattiche dell’annuale convegno nazionale o le iniziative proposte a livello regionale e provinciale. Le story map e il digital story telling Le story map sono applicazioni web, ospitate in ambiente cloud, che combinano mappe interattive, contenuti digitali-multimediali (foto, video, link) e documenti testuali; se adeguatamente pensate e strutturate possono essere visualizzate e elementi antropici ad alta risoluzione è Bing Maps di Microsoft che permette di simulare realistiche perlustrazioni dei paesaggi urbani con ravvicinate e scenografiche riprese prospettiche. Nell’ottica di un uso combinato, i geobrowser permettono di compiere coinvolgenti sopralluoghi geografici, con una serie di ulteriori vantaggi riconducibili ad esempio alla possibilità di: - Tracciare percorsi e itinerari inserendo segnaposti, registrare e rivedere tour virtuali, misurare distanze e calcolare perimetri e aree, comparare immagini storiche e attuali per evidenziare le trasformazioni verificatesi nel tempo. - Utilizzare alcune informazioni GIS che i geobrowser mettono a disposizione - Avvalersi di API (Application Programming Interface) aperte, che consentono l’implementazione di certe potenzialità offerte dai geobrowser su altri siti web A ogni livello, dalla scuola primaria all’università, i geobrowser rappresentano strumenti didattici efficaci per supportare le lezioni di geografia e il lavoro a casa, specialmente se utilizzati perseguendo obiettivi preventivamente definiti come integrazione di altri strumenti. Eppure, nonostante l’alto potenziale di questi strumenti sul processo di apprendimento, l’uso dei geobrowser a livello didattico non è adeguatamente valorizzato. Il supporto dei geobrowser può rivelarsi di grande aiuto per fornire esemplificazioni e meglio conoscere problemi, risorse e peculiarità, addentrandosi in specifiche realtà. In classe, si potrebbero ad esempio, scegliere due comuni italiani ed esaminarne nel dettaglio le caratteristiche, problematiche, prospettive mediante un’analisi geografica che tragga ampi benefici dalle geotecnologie. Utilizzando i geobrowser, e in primo luogo, Google Earth e Google Maps, si potrebbe condurre un’esplorazione virtuale dei due comuni, cominciando dal centro capoluogo. Google Earth conduce all’interno del comune e per orientarsi mediante il riconoscimento di iniziali punti di riferimento, si può contestualmente aprire Google Maps che nella modalità “Satellite” fornisce indicazioni di strade e utili toponimi. Dal punto di vista della restituzione ad alta risoluzione degli elementi antropici, una visualizzazione particolare è offerta da Bing Maps di Microsoft con la funzione “Visualizza visione panoramica”. Tornando in Google Maps è possibile simulare un’osservazione sul terreno utilizzando le funzioni “Street View” oppure visualizzare delle immagini e virtual tour nella sezione “Mostra immagini”. È possibile, inoltre, confrontare le immagini di uno stesso luogo in tempi diversi con la funzione “Mostra immagini storiche” di Google Earth. Infine, in grado di catturare attenzione e contemporaneamente offrire un breve ma comunicativo filmato è Google Earth Studio, uno strumento di animazione che permette di visualizzare in movimento immagini satellitari, anche tridimensionali, modificando vari parametri per riprese più o meno ampie che danno risalto ad aspetti differenti.