Scarica Riassunto "Donne, razza e classe" Angela Davis e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Antropologia solo su Docsity! Davis: Angela Yvonne Davis è un’accademica e filosofa femminista, attivista per i diritti civili e sociali. Nata in Alabama, a Birmingham, nel 1944, e cresciuta sotto la segregazione razziale di Jim Crow, Angela Davis vive in prima persona le pesanti condizioni di oppressione subite dagli afrodiscendenti nel sud degli Stati Uniti. A causa delle sue idee femministe, marxiste e antirazziste riceve quotidianamente minacce di morte, e compare nelle liste dell’FBI, in quanto sospettata di essere complice dell’omicidio di un giudice. Viene arrestata e rimane in carcere per 16 mesi. E proprio durante la sua detenzione inizierà gli studi su uno dei temi centrali per lo sviluppo della sua teoria: le condizioni di vita delle donne nere degli Stati Uniti che potessero sfatare il mito del matriarcato nero. Nel febbraio del 1972 viene scarcerata su cauzione e nel giugno dello stesso anno viene assolta da ogni accusa. A questo punto Angela Davis inizia a lottare ancora più tenacemente sia per i diritti degli afroamericani che per i diritti delle donne. Inoltre, il diritto di voto non era ancora universalmente accessibile. Molte persone afroamericane non potevano quindi partecipare attivamente alle scelte politiche del Paese. Nel suo volume Donne, razza e classe Angela Davis ripercorre storicamente l’oppressione di genere, di razza e sociale, adottando una prospettiva femminista e marxista. Donne, razza e classe: Donne, razza e classe è considerato uno dei testi pioneristici del femminismo odierno. È con questo fondamentale lavoro, infatti, che Angela Davis ha aperto un nuovo metodo di ricerca che appare più attuale che mai: l’approccio che interconnette i rapporti di genere, razza e classe. Il libro racconta episodi tragici della storia degli Stati Uniti, frutto di miti ancora in voga come quello dello “stupratore nero” e della superiorità della “razza bianca”, ma anche eccezionali e coraggiosi momenti di resistenza. Raccontando le storie di alcune delle figure chiave della lotta per i diritti delle donne, delle nere e dei neri, e della working class statunitense, ricostruisce i rapporti tra il movimento suffragista e quello abolizionista, gli episodi di sorellanza tra bianche e nere ma anche le contraddizioni tra un movimento prevalentemente bianco e di classe media e le lotte e i bisogni delle donne nere e delle lavoratrici. Tensioni e contraddizioni che si ripresentano di nuovo tra il movimento femminista degli anni Sessanta e Settanta e le afroamericane. Prefazione Non si trattava soltanto di colmare un vuoto intellettuale, dovuto alla rarità di studi dedicati alle condizioni di vita delle donne nere negli Stati Uniti. Si trattava soprattutto di sfatare un mito, quello del matriarcato nero, dalle gravi conseguenze politiche all'interno del movimento antirazzista e in particolare all'interno delle varie correnti che si riconoscevano nella celebre formula black power. secondo il mito del matriarcato nero lo schiavismo non solo avrebbe distrutto i rapporti familiari tradizionali tra gli afroamericani ridotti in schiavitù, ma avrebbe avvantaggiato le donne nere in termini comparativi, conferendo loro un maggiore potere e autorità rispetto agli uomini. Questo rapporto differenziale dello schiavismo rispetto agli uomini e donne nere avrebbe anche spiegato l'assenza di ribellioni delle donne nere rispetto all'oppressione, e sarebbe stato all'origine della persistente crisi della mascolinità e dei rapporti familiari afroamericani nei decenni successivi all'emancipazione, e addirittura una delle cause dell'alto tasso di povertà e disoccupazione tra gli uomini afroamericani. Fortemente influenzato dal nazionalismo nero di Malcolm X, il black power della seconda metà degli anni Sessanta ne ereditò anche presupposti e pratiche misogini. Soprattutto ai suoi esordi il black power ebbe la tendenza a vedere la liberazione degli uomini neri dall'assoggettamento psicologico e dall'alienazione causati dal razzismo istituzionale anche come un processo di riconquista di una mascolinità castrata dalla combinazione di oppressione razziale e sovversione dei rap porti di genere all'interno della famiglia Davis si proponeva dunque un duplice obiettivo. Da un lato si trattava di sfatare il mito del matriarcato nero in base al quale le donne nere avrebbero beneficiato di un potere relativo rispetto agli uomini durante lo schiavismo, mostrando come le condizioni proprie della schiavitù non solo rendessero impossibile l'esercizio di un qualsivoglia potere o autorità da parte delle donne, ma comportasse ro anche forme specifiche di oppressione e sfruttamento delle donne-incluso lo stupro sistematico- da parte degli schiavisti bianchi Dall'altro lato Davis intendeva anche mettere in luce il ruolo dimenticato delle donne nere nelle ribellioni contro lo schiavismo e nel movimento abolizionista, sfatando il mito corollario a quello del matriarcato nero in base al quale le donne sarebbero state più acquiescenti degli uomini e meno propense alla resistenza e alla lotta. I primi capitoli del volume sviluppano la critica del mito del matriarcato nero, i capitoli successivi si propongono un compito ancora più ambizioso, volto a una critica dei limiti fondamentali del movimento femminista americano. Attraverso la ricostruzione sia della collaborazione tra il movimento su fragista e il movimento abolizionista, sia delle successive tensioni tra un movimento femminista prevalentemente bianco e la lotta delle donne nere per la liberazione da oppressione razziale e sessista. Ricostruendo la sto ria dell'ideologia eugenetica statunitense nei primi decenni del ventesimo secolo e le successive pratiche di sterilizzazione forzata di donne portoricane e nere, Davis sfata il mito dell'indifferenza delle donne afroamericane rispetto alla mobilitazione femminista attorno al diritto all'aborto e alla contraccezione. Il problema infatti, secondo Davis, non risiedeva affatto nell'interiorizzazione di ideologie sessiste da parte delle donne afroamericane o nella loro subordinazione agli uomini all'interno del movimento nero di liberazione, ma piuttosto nella mancata presa in considerazione da parte del movimento femminista della storia complessa e tragica delle politiche governative riguardanti i diritti riproduttivi delle donne di colore, vittime di politiche eugenetiche. La lezione principale di Angela Davis è quella di abbandonare l’idea di un soggetto “donna” omogeneo, nella convinzione che qualsiasi tentativo di liberazione, per essere realmente universalista, deve considerare la storia e la stratificazione delle esperienze e dei bisogni dei diversi soggetti in gioco.