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Riassunto esame Diritto dell'unione europea - Testo esame: Villani, Sintesi del corso di Diritto dell'Unione Europea

Riassunti del corso di diritto dell'unione europea. Manuale consigliato per l'esame: Villani ultima edizione aggiornato al trattato di lisbona

Tipologia: Sintesi del corso

2010/2011

Caricato il 21/03/2011

michy86
michy86 🇮🇹

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Scarica Riassunto esame Diritto dell'unione europea - Testo esame: Villani e più Sintesi del corso in PDF di Diritto dell'Unione Europea solo su Docsity! Diritto dell’Unione europea Il processo di integrazione tra gli Stati europei si è avviato con la firma a Parigi nel 1952 del Trattato istitutivo della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA), da 6 Stati: Belgio, Francia, Lussemburgo, Germania, Italia e Paesi Bassi. Poi nel 1957 Trattati istitutivi della Comunità economica europea (CEE) e della Comunità europea per l’energia atomica (EURATOM) • Obiettivo di queste 3 comunità era la creazione di un mercato comune e l’adozione di politiche comuni (politica agricola, commerciale, dei trasporti e nei settori di competenza della CECA e dell’Euratom) • L’unitarietà del disegno ha incentivato la progressiva unificazione dell’apparato istituzionale, attuata nel 1965 con il Trattato sulla fusione degli esecutivi • Alla prospettiva economico-commerciale del mercato comune si aggiunge progressivamente una prospettiva e caratterizzazione politica del processo di integrazione europea. Uno sviluppo significativo del processo di integrazione europea avviene con la firma del Trattato sull’Unione europea nel 1992 a Maastricht x: • L’opera di ampliamento delle competenze delle Comunità a materie quali l’istruzione e la formazione professionale, le reti transeuropee, l’industria, la sanità, la cultura, la cooperazione allo sviluppo, la tutela dei consumatori e il rafforzamento delle competenze già esistenti; • L’opera di perfezionamento dei meccanismi di funzionamento; • Profonda mutazione dell’assetto creato nel 1957: il processo di integrazione europea si identifica, a partire da Maastricht, con il nuovo edificio dell’Unione europea che si regge su 3 pilastri : I pilastro: comunitario, composto dalle Comunità europee II pilastro: costituito dalla cooperazione in materia di politica estera e sicurezza comune (PESC) III pilastro: costituito dalla cooperazione in materia di Giustizia e affari interni (GAI) • Inserimento della nozione di cittadinanza dell’Unione, quale status comune a tutti i cittadini degli Stati membri; • Unione economica e monetaria x il passaggio ad una moneta unica. Il disegno istituzionale delineato col Trattato di Maastricht viene perfezionato col Trattato di Amsterdam nel 1997: nel TUE vengono consacrati come valori fondanti dell’Unione i principi di libertà, democrazia, e di rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali; una cui violazione grave e persistente da parte di uno Stato membro può essere motivo di sanzioni gravi da parte del Consiglio + semplificazione dei Trattati attraverso l’abrogazione delle disposizioni obsolete. L’incremento massiccio del numero degli Stati membri pone la necessità di adattare i meccanismi di funzionamento dell’Unione -> un protocollo allagato allo stesso Trattato di Amsterdam annunciava la convocazione di una conferenza dei rappresentanti dei governi degli Stati membri allo scopo di procedere ad un riesame globale delle disposizioni dei Trattati concernenti la composizione ed il funzionamento delle istituzioni -> il riesame fu effettuato nel Trattato di Nizza, i cui risultati furono xò limitati tanto da porre le basi x un’ulteriore conferenza intergovernativa di revisione • A conclusione dei lavori della conferenza intergovernativa il 29 ottobre 2004 viene firmato a Roma il Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, destinato a rimpiazzare integralmente i Trattati esistenti ( il disegno formale x realizzare un carattere costituzionale della costruzione europea, è quello di dare vita ad una nuova Unione europea, che riassuma in sé in un’unica entità giuridica tutti e 3 i pilastri, e lo strumento giuridico è quello di un unico Trattato) – tuttavia l’entrata in vigore del Trattato costituzionale viene bloccata da 2 referendum negativi: quello della Francia e dei Paesi Bassi. • Il progetto del Trattato costituzionale viene abbandonato, ma i suoi contenuti diventano la base di partenza di una nuova Conferenza intergovernativa che conduce alla redazione di un nuovo Trattato di revisione a Lisbona nel 2007 ≈> anche il processo di ratifica di qst nuovo Trattato avrà un percorso travagliato a causa di un referendum negativo da parte della Repubblica d’Irlanda, tuttavia il proceso di ratifica non si arresta e si approvano una serie di garanzie giuridiche intese a rispondere alle preoccupazioni del popolo irlandese, creando le premesse x una loro riconsultazione del Trattato, alle 1 quali seguì il 2 ott 2009 un esito positivo del referendum, consentendo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona il 1 dicembre 2009 x 27 Stati. 2 umanitario, tutela e miglioramento della salute umana, industria, cultura, turismo, istruzione, formazione professionale, gioventù e sport, protezione civile, cooperazione amministrativa • Art.2 TUE par. 4. L'Unione ha competenza, conformemente alle disposizioni del Trattato sull'Unione europea, per definire e attuare una politica estera e di sicurezza comune, compresa la definizione progressiva di una politica di difesa comune. • Panorama generico delle competenze conferite all’Unione, tuttavia gli artt. citati elencano i settori in cui l’Unione esercita la sua competenza, ma non le competenze che essa effettivamente esercita in quei settori!!! x determinare l’effettiva portata e le modalità di esercizio delle competenze dell’Unione è cmq necessario rifarsi alle disposizioni dei Trattati specificamente dedicate a ciascun settore! • La difficoltà di individuare talvolta i confini precisi delle competenze regolate dai Trattati rende meno rigido questo principio + la stessa giurisprudenza della Corte di Giustizia ha attenuato la rigidità del principio privilegiando interpretazioni delle norme rilevanti capaci di ampliare la portata di quelle competenze + al di là di un’interpretazione estensiva del dato testuale, la Corte di Giustizia ha affermato il principio di carattere genereale secondo cui, qnd una disposizione degli stessi Trattati affida alle istituzioni un compito preciso, si deve ammettere , se non si vuole privare di qls efficacia detta disposizione, che essa attribuisca loro x ciò stesso, necessariamente i poteri indespensabili x svolgere qsta missione. • Il principio di attribuzione delle competenze alle sole disciplinate nei Trattati ha trovato fin dalle origini una significativa attenuazione nelgli stessi Trattati grazie alla c.d. clausola di flessibilità, la quale consente, a determinate condizioni un’azione dell’Unione anche al di fuori di un’attribuzione specifica di competenza -> art.352 TFUE (ex art. 308 del TCE) 1.Se un'azione dell'Unione appare necessaria, nel quadro delle politiche definite dai Trattati, per realizzare uno degli obiettivi di cui ai Trattati senza che questi ultimi abbiano previsto i poteri di azione richiesti a tal fine, il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione e previa approvazione del Parlamento europeo, adotta le disposizioni appropriate. Allorché adotta le disposizioni in questione secondo una procedura legislativa speciale, il Consiglio delibera altresì all'unanimità su proposta della Commissione e previa approvazione del Parlamento europeo. La clausola di flessibilità nasce con la finalità di ovviare alla rigidità del principio di attribuzione, il quale potrebbe impedire alle istituzioni di prendere misure indispensabili a fronte degli sviluppi del processo d’integrazione europea, ma x le quali i redattori dei Trattati non abbiano previsto disposizioni che conferiscano a quelle istituzioni gli spegifici poteri x farlo. La clausola di flessibilità copre quindi l’ipotesi in cui quei poteri non siano desumibili da una disposizione dei Trattati neanche sulla base di un’interpretazione estensiva della stessa. ≈> proprio x’ permette alle istituzioni di agire aolte i confini posti dal principio di attribuzione, il ricorso alla clausola di flessibilità è soggetto a condizioni procedurali rigorose: delibera all’unanimità del Consiglio, da prendere su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo (il quale attraverso l’approvazione previa, può porre il veto sulla decisione del Consiglio) ≈> limiti al ricorso alla clausola di flessibilità: 1. Sndo la clausola parte integrante di un ordinamento istituzionale basato sul principio delle competenze di attribuzione, non può costituire il fondamento x ampliare la sfera dei poteri dell’Unione al di là dell’ambito generale risultante dal complesso delle disposizioni del detto Trattato, in particolare di quelle che definiscono i compiti e le azioni dell’Unione; 2. Né può sre in ogni caso utilizzata quale base x l’adozione di disposizioni che condurrebbero sostanzialmente, con riguardo alle loro conseguenze, a una modifica del Trattato che sfugga alla procedura prevista nel Trattato medesimo; 3. Dall’ambito di applicazione della clausola resta escluso,x espressa previsione dell’asrt.352, il settore della politica estera e di sicurezza comune : par 4. Il 5 presente art. non può servire di base per il conseguimento di obiettivi riguardanti la politica estera e di sicurezza comune e qualsiasi atto adottato a norma del presente art. rispetta i limiti previsti nell'art. 40, secondo comma, del Trattato sull'Unione europea.1; 4. Non alterazione delle prerogative delle istituzioni e del rispetto dell’equilibrio istituzionale. Art. 2 TFUE 1.Quando i Trattati attribuiscono all'Unione una competenza esclusiva in un determinato settore, solo l'Unione può legiferare e adottare atti giuridicamente vincolanti. Gli Stati membri possono farlo autonomamente solo se [specificamente] autorizzati dall'Unione (-> un’autorizzazione di qst genere può rendersi necessaria spt laddove le istituzioni non abbiano ancora esercitato la loro competenza esclusiva, x evitare che la corrispondente impossibilità degli Stati di agire determini un vuoto normativo- in qst caso gli Stati agiranno in veste di gestori dell’interesse comune) oppure per dare attuazione agli atti dell'Unione. al di fuori dell’ipotesi di un’attribuzione in via esclusiva, l’esistenza di una competenza delle istituzioni non fa invece venir meno le corrispondenti competenze degli Stati membri. Ovviamente nel momento in cui le istituzioni abbiano fatto uso della loro, gli Stati membri saranno tenuti a rispettare ed applicare gli atti che ne saranno derivati. Ma, in linea di principio, gli Stati, non x qst risulteranno spogliati della loro competenza: essi saranno cmq liberi di agire o di legiferarein quella determinata materia, a condizione che la loro condotta o le misure da loro prese non siano contrarie agli obblighi imposti dall’Unione! Ciò è certamente vero qnd il permanere in capo agli Stati di una competenza simmetrica a quella dell’Unione europea si verifica snz che le due sfere di competenza siano destinate in linea di principio ad interferire tra loro sul piano formale; in tal caso l’azione dell’Unione si prospetta parallela a quella degli Stati, dovendo le due azioni integrarsi sulla base di un obbligo di coordinamento finalizzato a garantire la coerenza reciproca delle politiche nazionali e della politica dell’Unione; e fatto salvo qst’obbligo, l’esercizio da parte delle istituzioni della propria competenza non determina il sopravvenire di un corrispondente limite formale alla libertà degli Stati di agire in quella data materia. 2. Quando i Trattati attribuiscono all'Unione una competenza concorrente con quella degli Stati membri in un determinato settore, l'Unione e gli Stati membri possono legiferare e adottare atti giuridicamente vincolanti in tale settore. Gli Stati membri esercitano la loro competenza nella misura in cui l'Unione non ha esercitato la propria. Gli Stati membri esercitano nuovamente la loro competenza nella misura in cui l'Unione ha deciso di cessare di esercitare la propria. la competenza statale incontra un limite di contenuto consistente nel fatto che laddove l’Unione abbia agito, un’azione statale diventa ammissibile solo in qnt on pregiudichi l’uniforme applicazione delle norme dell’Unione e il pieno effetto dei provvedimenti adottati in applicazione delle stesse; talvolta gli stessi Trattati prevedono espressamente x determinati settori che l’armonizzazione delle legislazioni nazionali debba limitarsi ad una regolamentazione minima di un determinato settore: in tal caso, gli Stati membri non potranno non rispettare quellos tandard minimo, ma saranno liberi di mantenere o di prendere misure di protezione + rigorose di quelle adottate dall’Unione! ≈> tuttavia la libertà di cui godranno gli Stati nell’esercizio della loro competenza dipenderà dalla portata della regolamentazione che le istituzioni decideranno di dare, a livello di Unione europea, ad una data materia, e ovviamente x quelle materie in cui quella regolamentazione sarà totale, la concorrente competenza degli Stati membri, pur teoricamente esistente, diventerà nei fatti difficilmente esercitabile! 3. Gli Stati membri coordinano le loro politiche economiche e occupazionali secondo le modalità previste dal presente Trattato, la definizione delle quali è di competenza dell'Unione. 4. L'Unione ha competenza, conformemente alle disposizioni del Trattato sull'Unione europea, per definire e attuare una politica estera e di sicurezza comune, compresa la definizione progressiva di una politica di difesa comune. 6 1 Art.40 TUE L'attuazione della politica estera e di sicurezza comune lascia impregiudicata l'applicazione delle procedure e la rispettiva portata delle attribuzioni delle istituzioni previste dai Trattati per l'esercizio delle competenze dell'Unione di cui agli articoli da 3 a 6 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. L'attuazione delle politiche previste in tali articoli lascia parimenti impregiudicata l'applicazione delle procedure e la rispettiva portata delle attribuzioni delle istituzioni previste dai Trattati per l'esercizio delle competenze dell'Unione a titolo del presente capo. 5. In taluni settori e alle condizioni previste dai Trattati, l'Unione ha competenza per svolgere azioni intese a sostenere, coordinare o completare l'azione degli Stati membri, senza tuttavia sostituirsi alla loro competenza in tali settori. Gli atti giuridicamente vincolanti dell'Unione adottati in base a disposizioni dei Trattati relative a tali settori non possono comportare un'armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri. 6. La portata e le modalità d'esercizio delle competenze dell'Unione sono determinate dalle disposizioni dei Trattati relative a ciascun settore. Principio di sussidiarietà : applicazione limitata ai settori di competenza concorrente Art. 5 TUE (ex art. 5 del TCE) 1. La delimitazione delle competenze dell'Unione si fonda sul principio di attribuzione. L'esercizio delle competenze dell'Unione si fonda sui principi di sussidiarietà e proporzionalità. 2. In virtù del principio di attribuzione, l'Unione agisce esclusivamente nei limiti delle competenze che le sono attribuite dagli Stati membri nei Trattati per realizzare gli obiettivi da questi stabiliti. Qualsiasi competenza non attribuita all'Unione nei Trattati appartiene agli Stati membri. 3. In virtù del principio di sussidiarietà, nei settori che non sono di sua competenza esclusiva l'Unione interviene soltanto se e in quanto gli obiettivi dell'azione prevista non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri, né a livello centrale né a livello regionale e locale, ma possono, a motivo della portata o degli effetti dell'azione in questione, essere conseguiti meglio a livello di Unione. Le istituzioni dell'Unione applicano il principio di sussidiarietà conformemente al protocollo sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità. I parlamenti nazionali vigilano sul rispetto del principio di sussidiarietà secondo la procedura prevista in detto protocollo. 4. In virtù del principio di proporzionalità, il contenuto e la forma dell'azione dell'Unione si limitano a quanto necessario per il conseguimento degli obiettivi dei Trattati. Le istituzioni dell'Unione applicano il principio di proporzionalità conformemente al protocollo sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità. -> non si tratta di un criterio di ripartizione dell’esercizio di una competenza ma di una modalità di tale esercizio che condiziona la scelta del tipo di atto attraverso il quale una certa competenza può essere esercitata! -> PROTOCOLLO (n.2)SULL'APPLICAZIONE DEI PRINCIPI DI SUSSIDIARIETÀ E DI PROPORZIONALITÀ Art. 1 Ciascuna istituzione vigila in modo continuo sul rispetto dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità definiti nell'art. 5 del Trattato sull'Unione europea. Art. 2 Prima di proporre un atto legislativo, la Commissione effettua ampie consultazioni. Tali consultazioni devono tener conto, se del caso, della dimensione regionale e locale delle azioni previste. Nei casi di straordinaria urgenza, la Commissione non procede a dette consultazioni. Essa motiva la decisione nella proposta. Art. 3 Ai fini del presente protocollo, per «progetto di atto legislativo» si intende la proposta della Commissione, l'iniziativa di un gruppo di Stati membri, l'iniziativa del Parlamento europeo, la richiesta della Corte di Giustizia, la raccomandazione della Banca centrale europea e la richiesta della Banca europea per gli investimenti, intese all'adozione di un atto legislativo. Art. 4 La Commissione trasmette i progetti di atti legislativi e i progetti modificati ai parlamenti nazionali nello stesso momento in cui li trasmette al legislatore dell'Unione. Il Parlamento europeo trasmette i suoi progetti di atti legislativi e i progetti modificati ai parlamenti nazionali. Il Consiglio trasmette i progetti di atti legislativi presentati da un gruppo di Stati membri, dalla Corte di Giustizia, dalla Banca centrale europea o dalla Banca europea per gli investimenti, e i progetti modificati, ai parlamenti nazionali.Non appena adottate, le risoluzioni legislative del Parlamento europeo e le posizioni del Consiglio sono da loro trasmesse ai parlamenti nazionali. Art. 5 I progetti di atti legislativi sono motivati con riguardo ai principi di sussidiarietà e di proporzionalità. Ogni progetto di atto legislativo dovrebbe essere accompagnato da una scheda contenente elementi circostanziati che consentano di valutare il rispetto dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità. Tale scheda dovrebbe fornire elementi che consentano di valutarne l'impatto finanziario e le conseguenze, quando si tratta di una direttiva, sulla regolamentazione che sarà attuata dagli Stati membri, ivi compresa, se del caso, la legislazione regionale. Le ragioni che hanno portato a concludere che un obiettivo dell'Unione può essere conseguito meglio a livello di quest'ultima sono confortate da indicatori qualitativi e, ove possibile, quantitativi. I progetti di atti legislativi tengono conto della necessità che gli oneri, siano essi finanziari o amministrativi, che ricadono sull'Unione, sui governi nazionali, 7 da un membro della Commissione. Se la situazione lo richiede, il presidente convoca una riUnione straordinaria del Consiglio europeo. 4. Il Consiglio europeo si pronuncia per consenso, salvo nei casi in cui i Trattati dispongano diversamente. 5. Il Consiglio europeo elegge il presidente a maggioranza qualificata per un mandato di due anni e mezzo, rinnovabile una volta. In caso di impedimento o colpa grave, il Consiglio europeo può porre fine al mandato secondo la medesima procedura. 6. Il presidente del Consiglio europeo: a) presiede e anima i lavori del Consiglio europeo; b) assicura la preparazione e la continuità dei lavori del Consiglio europeo, in cooperazione con il presidente della Commissione e in base ai lavori del Consiglio «Affari generali»; c) si adopera per facilitare la coesione e il consenso in seno al Consiglio europeo; d) presenta al Parlamento europeo una relazione dopo ciascuna delle riunioni del Consiglio europeo. Il presidente del Consiglio europeo assicura, al suo livello e in tale veste, la rappresentanza esterna dell'Unione per le materie relative alla politica estera e di sicurezza comune, fatte salve le attribuzioni dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Il presidente del Consiglio europeo non può esercitare un mandato nazionale. — il Consiglio: art.16 TUE 1. Il Consiglio esercita, congiuntamente al Parlamento europeo, la funzione legislativa e la funzione di bilancio. Esercita funzioni di definizione delle politiche e di coordinamento alle condizioni stabilite nei Trattati. 2. Il Consiglio è composto da un rappresentante di ciascuno Stato membro a livello ministeriale, abilitato a impegnare il governo dello Stato membro che rappresenta e ad esercitare il diritto di voto. 3. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata, salvo nei casi in cui i Trattati dispongano diversamente. 4. A decorrere dal 1 o novembre 2014, per maggioranza qualificata si intende almeno il 55% dei membri del Consiglio, con un minimo di quindici, rappresentanti Stati membri che totalizzino almeno il 65% della popolazione dell'Unione. La minoranza di blocco deve comprendere almeno quattro membri del Consiglio; in caso contrario la maggioranza qualificata si considera raggiunta. Le altre modalità che disciplinano il voto a maggioranza qualificata sono stabilite all'art. 238, paragrafo 2 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. 5. Le disposizioni transitorie relative alla definizione della maggioranza qualificata applicabili fino al 31 ottobre 2014 e quelle applicabili tra il 1 o novembre 2014 e il 31 marzo 2017 sono stabilite dal protocollo sulle disposizioni transitorie. 6. Il Consiglio si riunisce in varie formazioni, -> composizioni fisicamente diverse della stessa istituzione il cui elenco è adottato conformemente all'art. 236 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Il Consiglio «Affari generali» assicura la coerenza dei lavori delle varie formazioni del Consiglio. Esso prepara le riunioni del Consiglio europeo e ne assicura il seguito in collegamento con il presidente del Consiglio europeo e la Commissione. Il Consiglio «Affari esteri» elabora l'azione esterna dell'Unione secondo le linee strategiche definite dal Consiglio europeo e assicura la coerenza dell'azione dell'Unione. 7. Un comitato dei rappresentanti permanenti dei governi degli Stati membri è responsabile della preparazione dei lavori del Consiglio. 8. Il Consiglio si riunisce in seduta pubblica quando delibera e vota su un progetto di atto legislativo. A tal fine, ciascuna sessione del Consiglio è suddivisa in due parti dedicate, rispettivamente, alle deliberazioni su atti legislativi dell'Unione e alle attività non legislative. 9. La presidenza delle formazioni del Consiglio, ad eccezione della formazione «Affari esteri», è esercitata dai rappresentanti degli Stati membri nel Consiglio secondo un sistema di rotazione paritaria, alle condizioni stabilite conformemente all'art. 236 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. -> articolazione verticale del Consiglio x facilitare lo svolgimento dei lavori: alla base ci sono gruppi di lavoro composti da funzionari degli Stati membri e specializzati x materia ai quali è affidato l’esame tecnico dei singoli dossier; la preparazione delle deliberazioni del Consiglio viene poi ulteriormente perfezionata in seno al comitato dei rappresentanti permamenti degli Stati membri a Bruxelles, il COREPER, cui compete una valutazione anche politica; dopodichè spetta al Consiglio a livello di ministri, in una delle sue diverse formazioni, prendere la deliberazione finale. — la Commissione europea: art.17 TUE 1. La Commissione promuove l'interesse generale dell'Unione e adotta le iniziative appropriate a tal fine. Vigila sull'applicazione dei Trattati e delle misure adottate dalle istituzioni in virtù dei 10 Trattati. Vigila sull'applicazione del diritto dell'Unione sotto il controllo della Corte di Giustizia dell'Unione europea. Dà esecuzione al bilancio e gestisce i programmi. Esercita funzioni di coordinamento, di esecuzione e di gestione, alle condizioni stabilite dai Trattati. Assicura la rappresentanza esterna dell'Unione, fatta eccezione per la politica estera e di sicurezza comune e per gli altri casi previsti dai Trattati. Avvia il processo di programmazione annuale e pluriennale dell'Unione per giungere ad accordi interistituzionali. 2. Un atto legislativo dell'Unione può essere adottato solo su proposta della Commissione, salvo che i Trattati non dispongano diversamente. Gli altri atti sono adottati su proposta della Commissione se i Trattati lo prevedono. 3. Il mandato della Commissione è di cinque anni. I membri della Commissione sono scelti in base alla loro competenza generale e al loro impegno europeo e tra personalità che offrono tutte le garanzie di indipendenza. La Commissione esercita le sue responsabilità in piena indipendenza. Fatto salvo l'articolo 18, paragrafo 2, i membri della Commissione non sollecitano né accettano istruzioni da alcun governo, istituzione, organo o organismo. Essi si astengono da ogni atto incompatibile con le loro funzioni o con l'esecuzione dei loro compiti. 4. La Commissione nominata tra la data di entrata in vigore del Trattato di Lisbona e il 31 ottobre 2014 è composta da un cittadino di ciascuno Stato membro, compreso il presidente e l'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, che è uno dei vicepresidenti. 5. A decorrere dal 1 o novembre 2014, la Commissione è composta da un numero di membri, compreso il presidente e l'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, corrispondente ai due terzi del numero degli Stati membri, a meno che il Consiglio europeo, deliberando all'unanimità, non decida di modificare tale numero. I membri della Commissione sono scelti tra i cittadini degli Stati membri in base ad un sistema di rotazione assolutamente paritaria tra gli Stati membri che consenta di riflettere la molteplicità demografica e geografica degli Stati membri. Tale sistema è stabilito all'unanimità dal Consiglio europeo conformemente all'articolo 244 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. 6. Il presidente della Commissione: a) definisce gli orientamenti nel cui quadro la Commissione esercita i suoi compiti; b) decide l'organizzazione interna della Commissione per assicurare la coerenza, l'efficacia e la collegialità della sua azione; c) nomina i vicepresidenti, fatta eccezione per l'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, tra i membri della Commissione. Un membro della Commissione rassegna le dimissioni se il presidente glielo chiede. L'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza rassegna le dimissioni conformemente alla procedura di cui all'articolo 18, paragrafo 1, se il presidente glielo chiede. 7.Tenuto conto delle elezioni del Parlamento europeo e dopo aver effettuato le consultazioni appropriate, il Consiglio europeo, deliberando a maggioranza qualificata, propone al Parlamento europeo un candidato alla carica di presidente della Commissione. Tale candidato è eletto dal Parlamento europeo a maggioranza dei membri che lo compongono. Se il candidato non ottiene la maggioranza, il Consiglio europeo, deliberando a maggioranza qualificata, propone entro un mese un nuovo candidato, che è eletto dal Parlamento europeo secondo la stessa procedura. Il Consiglio, di comune accordo con il presidente eletto, adotta l'elenco delle altre personalità che propone di nominare membri della Commissione. Dette personalità sono selezionate in base alle proposte presentate dagli Stati membri, conformemente ai criteri di cui al paragrafo 3, secondo comma e al paragrafo 5, secondo comma. Il presidente, l'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e gli altri membri della Commissione sono soggetti, collettivamente, ad un voto di approvazione del Parlamento europeo. In seguito a tale approvazione la Commissione è nominata dal Consiglio europeo, che delibera a maggioranza qualificata. 8. La Commissione è responsabile collettivamente dinanzi al Parlamento europeo. Il Parlamento europeo può votare una mozione di censura della Commissione secondo le modalità di cui all'articolo 234 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Se tale mozione è adottata, i membri della Commissione si dimettono collettivamente dalle loro funzioni e l'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza si dimette dalle funzioni che esercita in seno alla Commissione. — la Corte di Giustizia dell'Unione europea: art.19 TUE 1. La Corte di Giustizia dell'Unione europea comprende la Corte di Giustizia, il Tribunale e i tribunali specializzati. Assicura il rispetto del diritto nell'interpretazione e nell'applicazione dei Trattati. 11 Gli Stati membri stabiliscono i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell'Unione. 2. La Corte di Giustizia è composta da un giudice per Stato membro. È assistita da avvocati generali. Il Tribunale è composto da almeno un giudice per Stato membro. I giudici e gli avvocati generali della Corte di Giustizia e i giudici del Tribunale sono scelti tra personalità che offrano tutte le garanzie di indipendenza e che soddisfino le condizioni richieste agli articoli 253 e 254 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Sono nominati di comune accordo dai governi degli Stati membri per sei anni. I giudici e gli avvocati generali uscenti possono essere nuovamente nominati. 3. La Corte di Giustizia dell'Unione europea si pronuncia conformemente ai Trattati: a) sui ricorsi presentati da uno Stato membro, da un'istituzione o da una persona fisica o giuridica; b) in via pregiudiziale, su richiesta delle giurisdizioni nazionali, sull'interpretazione del diritto dell'Unione o sulla validità degli atti adottati dalle istituzioni; c) negli altri casi previsti dai Trattati. — la Banca centrale europea: art.282 TFUE 1. La Banca centrale europea e le banche centrali nazionali costituiscono il Sistema europeo di banche centrali (SEBC). La Banca centrale europea e le banche centrali nazionali degli Stati membri la cui moneta è l'euro, che costituiscono l'Eurosistema, conducono la politica monetaria dell'Unione. 2. Il SEBC è diretto dagli organi decisionali della Banca centrale europea. L'obiettivo principale del SEBC è il mantenimento della stabilità dei prezzi. Fatto salvo tale obiettivo, esso sostiene le politiche economiche generali nell'Unione per contribuire alla realizzazione degli obiettivi di quest'ultima. 3. La Banca centrale europea ha personalità giuridica. Ha il diritto esclusivo di autorizzare l'emissione dell'euro. È indipendente nell'esercizio dei suoi poteri e nella gestione delle sue finanze. Le istituzioni, organi e organismi dell'Unione e i governi degli Stati membri rispettano tale indipendenza. 4. La Banca centrale europea adotta le misure necessarie all'assolvimento dei suoi compiti in conformità degli articoli da 127 a 133, dell'art. 138 e delle condizioni stabilite dallo statuto del SEBC e della BCE. In conformità di questi stessi articoli, gli Stati membri la cui moneta non è l'euro e le rispettive banche centrali conservano le loro competenze nel settore monetario. 5. Nei settori che rientrano nelle sue attribuzioni, la Banca centrale europea è consultata su ogni progetto di atto dell'Unione e su ogni progetto di atto normativo a livello nazionale, e può formulare pareri. Art.283 TFUE (ex art. 112 del TCE) 1. Il consiglio direttivo della Banca centrale europea comprende i membri del comitato esecutivo della Banca centrale europea nonché i governatori delle banche centrali nazionali degli Stati membri la cui moneta è l'euro. 2. Il comitato esecutivo comprende il presidente, il vicepresidente e quattro altri membri. Il presidente, il vicepresidente e gli altri membri del comitato esecutivo sono nominati, tra persone di riconosciuta levatura ed esperienza professionale nel settore monetario o bancario, dal Consiglio europeo che delibera a maggioranza qualificata, su raccomandazione del Consiglio e previa consultazione del Parlamento europeo e del consiglio direttivo della Banca centrale europea. Il loro mandato ha una durata di otto anni e non è rinnovabile. Soltanto cittadini degli Stati membri possono essere membri del comitato esecutivo. Art.284 TFUE (ex art. 113 del TCE) 1. Il presidente del Consiglio e un membro della Commissione possono partecipare, senza diritto di voto, alle riunioni del consiglio direttivo della Banca centrale europea. Il presidente del Consiglio può sottoporre una mozione alla delibera del consiglio direttivo della Banca centrale europea. 2. Il presidente della Banca centrale europea è invitato a partecipare alle riunioni del Consiglio quando quest'ultimo discute su argomenti relativi agli obiettivi e ai compiti del SEBC. 3. La Banca centrale europea trasmette al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione nonché al Consiglio europeo, una relazione annuale sull'attività del SEBC e sulla politica monetaria dell'anno precedente e dell'anno in corso. Il presidente della Banca centrale europea presenta tale relazione al Consiglio e al Parlamento europeo, che può procedere su questa base ad un dibattito generale. Il presidente della Banca centrale europea e gli altri membri del comitato esecutivo possono, a richiesta del Parlamento europeo o di propria iniziativa, essere ascoltati dalle commissioni competenti del Parlamento europeo. + protocollo n. 4 12 Commissione, adotta una decisione che determina la composizione del Comitato. Il Consiglio fissa le indennità dei membri del Comitato. Art. 302 (ex art. 259 del TCE) 1. I membri del Comitato sono nominati per cinque anni. Il Consiglio adotta l'elenco dei membri redatto conformemente alle proposte presentate da ciascuno Stato membro. Il mandato dei membri del Comitato è rinnovabile. 2. Il Consiglio delibera previa consultazione della Commissione. Esso può chiedere il parere delle organizzazioni europee rappresentative dei diversi settori economici e sociali e della società civile interessati dall'attività dell'Unione. Art. 303 (ex art. 260 del TCE) Il Comitato designa tra i suoi membri il presidente e l'ufficio di presidenza per una durata di due anni e mezzo. Esso stabilisce il proprio regolamento interno. Il Comitato è convocato dal presidente su richiesta del Parlamento europeo, del Consiglio o della Commissione. Esso può altresì riunirsi di propria iniziativa. Art. 304 (ex art. 262 del TCE) Il Parlamento europeo, il Consiglio o la Commissione consultano il Comitato nei casi previsti dai Trattati. Tali istituzioni possono consultarlo in tutti i casi in cui lo ritengano opportuno. Il Comitato, qualora lo ritenga opportuno, può formulare un parere di propria iniziativa. Qualora lo reputino necessario, il Parlamento europeo, il Consiglio o la Commissione fissano al Comitato, per la presentazione del suo parere, un termine che non può essere inferiore ad un mese a decorrere dalla data della comunicazione inviata a tal fine al presidente. Allo spirare del termine fissato, si può non tener conto dell'assenza di parere. Il parere del Comitato è trasmesso al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione, unitamente a un resoconto delle deliberazioni. + il Comitato delle Regioni: art.305 TFUE(ex art. 263, secondo, terzo e quarto comma, del TCE) Il numero dei membri del Comitato delle regioni non può essere superiore a trecentocinquanta. Il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione, adotta una decisione che determina la composizione del Comitato. I membri del Comitato nonché un numero uguale di supplenti sono nominati per cinque anni . Il loro mandato è rinnovabile. Il Consiglio adotta l'elenco dei membri e dei supplenti redatto conformemente alle proposte presentate da ciascuno Stato membro. Alla scadenza del mandato di cui all'art. 300, paragrafo 3 in virtù del quale sono Stati proposti, il mandato dei membri del Comitato termina automaticamente e essi sono sostituiti per la restante durata di detto mandato secondo la medesima procedura. I membri del Comitato non possono essere nel contempo membri del Parlamento europeo. Art. 306 (ex art. 264 del TCE) Il Comitato delle regioni designa tra i suoi membri il presidente e l'ufficio di presidenza per la durata di due anni e mezzo. Esso stabilisce il proprio regolamento interno. Il Comitato è convocato dal presidente su richiesta del Parlamento europeo, del Consiglio o della Commissione. Esso può altresì riunirsi di propria iniziativa. Art. 307 (ex art. 265 del TCE) Il Parlamento europeo, il Consiglio o la Commissione consultano il Comitato delle regioni nei casi previsti dai Trattati e in tutti gli altri casi in cui una di tali istituzioni lo ritenga opportuno, in particolare nei casi concernenti la cooperazione transfrontaliera. Qualora lo reputino necessario, il Parlamento europeo, il Consiglio o la Commissione fissano al Comitato, per la presentazione del suo parere, un termine che non può essere inferiore a un mese a decorrere dalla data della comunicazione inviata a tal fine al presidente. Allo spirare del termine fissato, si può non tener conto dell'assenza di parere. Quando il Comitato economico e sociale è consultato in applicazione dell'art. 304, il Parlamento europeo, il Consiglio o la Commissione informano il Comitato delle regioni di tale domanda di parere. Il Comitato delle regioni, qualora ritenga che sono in causa interessi regionali specifici, può formulare un parere in materia. Il Comitato delle regioni, qualora lo ritenga utile, può formulare un parere di propria iniziativa. Il parere del Comitato è trasmesso al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione, unitamente a un resoconto delle deliberazioni. + L’Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza: art.18 TUE 1. Il Consiglio europeo, deliberando a maggioranza qualificata con l'accordo del presidente della Commissione, nomina l'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Il Consiglio europeo può porre fine al suo mandato mediante la medesima procedura. 2. L'alto rappresentante guida la politica estera e di sicurezza comune dell'Unione. Contribuisce con le sue proposte all'elaborazione di detta politica e la attua in qualità di mandatario del 15 Consiglio. Egli agisce allo stesso modo per quanto riguarda la politica di sicurezza e di difesa comune. 3. L'alto rappresentante presiede il Consiglio «Affari esteri». 4. L'alto rappresentante è uno dei vicepresidenti della Commissione. Vigila sulla coerenza dell'azione esterna dell'Unione. In seno alla Commissione, è incaricato delle responsabilità che incombono a tale istituzione nel settore delle relazioni esterne e del coordinamento degli altri aspetti dell'azione esterna dell'Unione. Nell'esercizio di queste responsabilità in seno alla Commissione e limitatamente alle stesse, l'alto rappresentante è soggetto alle procedure che regolano il funzionamento della Commissione, per quanto compatibile con i paragrafi 2 e 3. +le agenzie europee: il sistema istituzionale dell’Unione si è andato ulteriormente arricchendo nel corso degli anni con la creazione x mezzo di atti di diritto derivato di organismi specializzati dotati di personalità giuridica e di una certa autonomia organizzativa e finanziaria, incaricati di fornire assistenza alle istituzioni sotto forma di pareri e raccomandazioni, ovvero di esercitare compiti ispettivi, o ancora di adottare decisioni individuali nei confronti dei soggetti dell’ordinamento. Nella struttura gestionale delle agenzie sono formalmente rappresentati tanto gli Stati mebri che la Commissione europea, rappresentando xtnt un decentramento della funzione amministrtiva ad organi tecnici, ormai considerati nella prospettiva europea come meri strumenti di attuazione della politica comune. ≈> non vanno confuse con le agenzie esecutive, create sulla base del regolamento (CE) n.58/2003 del Consiglio, poiché sono organismi comunitari investiti di una missione di servizio pubblico, incaricate di compiti legati alla gestione di programmi finanziari operanti, sotto la responsabilità della Commissione, nelle diverse politiche dell’Unione. Sono istituite direttamente dalla Commissione che ne definisce struttura e durata e l’organizzazione interna; la loro sede è obbligatoriamente presso una delle sedi della Commissione. CAPITOLO IV Le fonti Sistema delle fonti complesso ed articolato, non si riduce solo al diritto primario e al diritto derivato. Al vertice delle fonti ci sono i Trattati istitutivi, che per la loro origine sono atti di diritto internazionale, ma considerando il punto di vista dell’ordinamento cui hanno dato vita assumono natura diversa: il TUE e il TFUE costituiscono in effetti l’atto fondante dell’Unione, e allo stesso tempo l’atto che disciplina le competenze comunitarie e le sue procedure di funzionamento + i principi e le regole materiale di base che prevedono l’intervento delle istituzioni nei diversi settori di loro competenza. Le norme contenute nei Trattati sono dunque norme sovraordinate, rispetto a tutte le altre- La collocazione dei Trattati al vertice del sistema delle fonti ha creato la tendenza a vedere nei Trattati istitutivi un fenomeno costituzionale, confermato dalla stessa Corte di Giustizia “ questo Trattato è (TCE) benché sia Stato concluso in forma d’accordo internazionale, costituisce la carta costituzionale di una comunità di diritto. La pseudo natura istituzionale ha il merito di cogliere e sottolineare le peculiarità che caratterizzano tali Trattati rispetto ai normali accordi internazionale: • In primo luogo per il modo in cui le norme dei Trattati vanno interpretate; 16 • In secondo luogo ( ti amo ) che a differenza di ciò che normalmente avviene nel diritto internazionale, gli Stati membri non sono liberi circa il procedimento da seguire per emendare i Trattati;* • Inoltre come già escluso dalla Corte di Giustizia non è possibile riconoscere effetti nell’ordinamento comunitario a prassi pur unanimemente e costantemente seguite dagli Stati membri in deroga a norme del TCE- Sent 1988 ≈> tuttavia ai Trattati istitutivi manca la stessa struttura di una carta istituzionale, poiché non contengono solo i principi strutturali e materiale dell’ordinamento cui danno fondamento, ma piuttosto ne disciplinano sin dai MINIMI dettagli i settori di competenza e le relative regole di funzionamento. È però vero che la loro costruzione in due testi separati prefigura per la prima volta nel TUE l’esistenza di un Trattato base del processo di integrazione europea( e quindi di un nucleo di norme del diritto primario superiori alle altre), dato che il TFUE ha fin dall’intitolazione una funzione servente, ed è per di più è caratterizzato,Significativamente!!!, da una rigidità attenuata rispetto al TUE – tuttavia sul piano normativo i due Trattati hanno lo stesso valore giuridico, e costituiscono perciò un complesso normativo unico. * I Trattati disciplinano il procedimento attraverso il cui si può realizzare una modifica delle loro norme: procedura ordinaria di modifica + 2 procedure di revisione semplificate Articolo 48 TUE 1. I Trattati possono essere modificati conformemente a una procedura di revisione ordinaria. Possono inoltre essere modificati conformemente a procedure di revisione semplificate. Procedura di revisione ordinaria 2. Il governo di qualsiasi Stato membro, il Parlamento europeo o la Commissione possono sottoporre al Consiglio progetti intesi a modificare i Trattati. Tali progetti possono, tra l'altro, essere intesi ad accrescere o a ridurre le competenze attribuite all'Unione nei Trattati. Tali progetti sono trasmessi dal Consiglio al Consiglio europeo e notificati ai parlamenti nazionali. 3. Qualora il Consiglio europeo, previa consultazione del Parlamento europeo e della Commissione, adotti a maggioranza semplice una decisione favorevole all'esame delle modifiche proposte, il presidente del Consiglio europeo convoca una convenzione composta da rappresentanti dei parlamenti nazionali, dei capi di Stato o di governo degli Stati membri, del Parlamento europeo e della Commissione. In caso di modifiche istituzionali nel settore monetario, è consultata anche la Banca centrale europea. La convenzione esamina i progetti di modifica e adotta per consenso una raccomandazione a una conferenza dei rappresentanti dei governi degli Stati membri quale prevista al paragrafo 4. Il Consiglio europeo può decidere a maggioranza semplice, previa approvazione del Parlamento europeo, di non convocare una convenzione qualora l'entità delle modifiche non lo giustifichi. In questo caso, il Consiglio europeo definisce il mandato per una conferenza dei rappresentanti dei governi degli Stati membri. 4. Una conferenza dei 17 Ogni Stato europeo che rispetti i valori di cui all'articolo 2 e si impegni a promuoverli può domandare di diventare membro dell'Unione. Il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali sono informati di tale domanda. Lo Stato richiedente trasmette la sua domanda al Consiglio, che si pronuncia all'unanimità, previa consultazione della Commissione e previa approvazione del Parlamento europeo, che si pronuncia a maggioranza dei membri che lo compongono. Si tiene conto dei criteri di ammissibilità convenuti dal Consiglio europeo. Le condizioni per l'ammissione e gli adattamenti dei Trattati su cui è fondata l'Unione, da essa determinati, formano l'oggetto di un accordo tra gli Stati membri e lo Stato richiedente. Tale accordo è sottoposto a ratifica da tutti gli Stati contraenti conformemente alle loro rispettive norme costituzionali. - la diretta riconducibilità ad una volontà formale espressa dagli Stati quali soggetti sovrani fa si che vadano riportate alla nozione di Trattati- e quindi alla categoria del diritto primarioooo- anche quelle integrazioni degli stessi che sono avvenute sulla base di procedure semplificate, che sfociano cmq in una manifestazione di volontà degli Stati in quanto tali( l’istituzione del sistema delle risorse proprio comunitarie e l’introduzione dell’elezione a suffragio diretto del parlamento europeo- ambedue realizzate sulla base di una procedura espressamente prevista da norme del TCE 2 e consistente nella definizione da parte del Consiglio delle necessarie disposizioni per mezzo di una decisione, della quale era poi raccomandata l’adozione da parte di tutti gli Stati membri, secondo le rispettive procedure costituzionali. Effetti delle norme di diritto primario sui soggetti dell’ordinamento: la collocazione dei Trattati e delle altre norme di diritto primario al vertice dell’ordinamento dell’Unione comporta che essi abbiano come destinatari tutti i soggetti di questo. La Corte di Giustizia ha infatti affermato fin dal 1963 che in un ordinamento che riconosce come soggetti non soltanto gli Stati membri, ma anche i loro cittadini è del tutto concepibile che dal Trattato derivino diritti soggettivi x i singoli e ciò non soltanto nei casi in cui il Trattato espressamente li menziona, ma anche come contropartita di precisi obblighi imposti dal Trattato ai singoli, agli Stati membri o alle istituzioni comunitarie- (ciò non significa che tutte le norme dei Trattati siano suscettibili di produrre effetti direttamente in capo a persone fisiche e giuridiche, dato che l’origine internazionalistica di tali norme implica che le stesse siano x lo + strutturate avendo a modello destinatari di natura statuale; la possibilità di ricavarne diritti direttamente in capo ai privati dipenderà dalla rispondenza della norma a determinate caratteristiche:chiarezza, precisione,completezza e carattere incondizionato della norma invocata,che esplichino in concreto situazioni giuridiche soggettive invocabili davanti ad un giudice nazionale) così come le norme dei Trattati possono attribuire diritti, possono essere anche x i privati fonte diretta nei confronti di altri privati. • Nell’esame delle fonti una considerazione particolare meritano i principi generali del diritto: della loro esistenza è fatta esplica menzione nel TUE, art.6 par.3 “ i diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea x la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali” a sua volta nel TFUE si trova un riferimento ai principi generali comuni ai diritti degli Stati membri. --- tuttavia la categoria è prima di tutto frutto dell’elaborazione della Corte di Giustizia, la quale ha consolidato nel tmp l’esistenza di una serie di principi propri 20 2 Rispettivamente artt. 269 e 190, paragrafo 4 TCE, ai sensi del primo” il consiglio deliberando all’unanimità su proposta della commissione e previa consultazione del Parlamento europeo stabilisce le disposizioni relative di cui raccomanda l’adozione da parte degli stati membri in conformità delle loro rispettive norme costituzionali”; ai sensi del secondo, il Consiglio vi ha provveduto su iniziativa del Parlamento, al cui parere conforme era inoltre subordinata la decisione del Consiglio dell’ordinamento creato dai Trattati, in taluni casi mutuandoli da altri sistemi giuridici, in altri ricavandoli da norme degli stessi Trattati considerate quali espressioni di un principio generale valevole anche al di fuori del loro specifico campo di applicazione, in altri ancora ricostruendoli come principi di x sé inerenti al sistema giuridico dell’Unione intesa come una comunità di diritto--- il ricorso a principi generali (quali quelli della leale collaborazione tra le istituzioni e con gli Stati membri, di rispetto dell’equilibrio istituzionale, di certezza del diritto, del legittimo affidamento o di rispetto dei diritti quesiti) si è rivelato necessario di fronte al carattere inevitabilmente generale o parziale di molte parti e regole di funzionamento del sistema giuridico dell’Unione-> tali principi sn xciò serviti a consentire una + compiuta ricostruzione di un dettato normativo altrimenti generico o incompleto, a rafforzare una certa interpretazione di disposizioni del diritto dell’Unione che si prestavano a + di un significato, a costruire ulteriori parametri di legittimità del comportamento delle istituzioni o degli Stati membri -> qst’ultima funzione si è espressa spt con riferimento al principio di tutela dei diritti fondamentali della persona umana, rispetto al quale i Trattati nulla dicevano fino alla introduzione nel TUE dell’art.6. È stata xò la Corte di Giustizia che si è autonomamente incaricata prima di allora, di affermare l’esistenza nel sistema giuridico dell’Unione di un obbligo di rispetto dei diritti fondamentali da parte delle istituzioni, provvedendo essa stessa a ricostruirne concretamente il contenuto. L’idea centrale di qst giurisprudenza è stata appunto che i diritti fondamentali costituiscono parte integrante dei principi generali del diritto, di cui la Corte di Giustizia garantisce l’osservanza, nel garantire la tutela di tali diritti essa è tenuta ad ispirarsi alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e non potrebbe quindi ammettere provvedimenti incompatibili con i diritti fondamentali riconosciuti e garantiti dalle Costituzioni di tali Stati; i Trattati internazionali in materia di tutela dei diritti dell’uomo , cui gli Stati membri hanno cooperato o aderito, possono dal pari fornire elementi di cui occorre tenere conto nell’ambito del diritto comunitario. • L’esplicito richiamo ai diritti fondamentali quali garantiti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, firmata a Roma nel 1950 e quali risultano dalla tradizioni costituzionali comuni, sopravvenuto nell’art.6 TUE grazie al Trattato di Amsterdam, ha confermato la natura formale di parametro di legittimità di tali diritti nel sistema dell’Unione. • Questo rispetto si impone non solo da parte degli atti di diritto derivato ma rappresenta anche un criterio ermeneutico al quale conformare l’interpretazione delle norme degli stessi Trattati. • Per quanto concerne l’individuazione concreta dei diritti fondamentali oggetto dell’obbligo di rispetto, la Corte ha, già prima che lo facesse l’art 6 TUE, individuato le tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e spt la convenzione europea dei diritti dell’uomo e gli altri strumenti internazionali di cui siano parte tutti gli Stati membri. Dopo aver sviluppato il principio del rispetto dei diritto fondamentali attraverso la giurisprudenza della Corte di Giustizia ed aver consacrato lo stesso nell’art 6 TUE sostanziandolo con un riferimento esplicito a quelli garantiti dalla Convenzione europea e dalle tradizioni costituzionali comuni, l’Unione si è dotata di uno strumento autonomo di rilevazione di quei diritti adottando nel 2000 una Carta dei diritto Fondamentali dell’Unione Europea • La Carta però era uno strumento formalmente privo di valore vincolante, al cui interno si ritrovano infatti tutti i diritti sanciti dalla convenzione europea dei Diritti dell’uomo, oltre che la sostanza dei diritti proclamati dalla Carta sociale europea del 1961 e poi riveduta 21 nel 1996, e tutti quei diritti intorno ai quali è costruito nei Trattati lo status di cittadino dell’Unione. • Con il Tratt. Di Lisbona la Carta dei diritti Fondamentali, in una versione leggermente modificata rispetto a quella del 2000, ha acquisito efficacia vincolante!!! Art.6 TUE (ex articolo 6 del TUE) 1. L'Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei Trattati. Le disposizioni della Carta non estendono in alcun modo le competenze dell'Unione definite nei Trattati. I diritti, le libertà e i principi della Carta sono interpretati in conformità delle disposizioni generali del titolo VII della Carta che disciplinano la sua interpretazione e applicazione e tenendo in debito conto le spiegazioni cui si fa riferimento nella Carta, che indicano le fonti di tali disposizioni. 2. L'Unione aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali . Tale adesione non modifica le competenze dell'Unione definite nei Trattati. 3. I diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell'Unione in quanto principi generali. Gli accordi internazionali con Stati terzi e le altre norme internazionali: un’ulteriore fonte di norme x l’ordinamento dell’Unione va indicata nel diritto internazionale, ed in particolare negli accordi internazionali che possono sre conclusi dall’Unione con Stati terzi o organizzazioni internazionali sulla base delle procedure stabilite dall’art.218 TFUE (ex articolo 300 del TCE) 1. Fatte salve le disposizioni particolari dell'articolo 207, gli accordi tra l'Unione e i paesi terzi o le organizzazioni internazionali sono negoziati e conclusi secondo la procedura seguente: 2. Il Consiglio autorizza l'avvio dei negoziati, definisce le direttive di negoziato, autorizza la firma e conclude gli accordi. 3. La Commissione, o l'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza quando l'accordo previsto riguarda esclusivamente o principalmente la politica estera e di sicurezza comune, presenta raccomandazioni al Consiglio, il quale adotta una decisione che autorizza l'avvio dei negoziati e designa, in funzione della materia dell'accordo previsto, il negoziatore o il capo della squadra di negoziato dell'Unione. 4. Il Consiglio può impartire direttive al negoziatore e designare un comitato speciale che deve essere consultato nella conduzione dei negoziati. 5. Il Consiglio, su proposta del negoziatore, adotta una decisione che autorizza la firma dell'accordo e, se del caso, la sua applicazione provvisoria prima dell'entrata in vigore. 6. Il Consiglio, su proposta del negoziatore, adotta una decisione relativa alla conclusione dell'accordo. Tranne quando l'accordo riguarda esclusivamente la politica estera e di sicurezza comune, il Consiglio adotta la decisione di conclusione dell'accordo: a) previa approvazione del Parlamento europeo nei casi seguenti: i) accordi di associazione; ii) accordo sull'adesione dell'Unione alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali; iii) accordi che creano un quadro istituzionale specifico organizzando procedure di cooperazione; iv) accordi che hanno ripercussioni finanziarie considerevoli per l'Unione; v) accordi che riguardano settori ai quali si applica la procedura legislativa ordinaria oppure la procedura legislativa speciale qualora sia necessaria l'approvazione del Parlamento europeo. In caso d'urgenza, il Parlamento europeo e il Consiglio possono concordare un termine per l'approvazione; b) previa 22 integralmente le norme nazionali & dal momento in cui l’Unione emana regolamenti in quel settore gli Stati membri sono tenuti ad astenersi da qualsiasi provvedimento che deroghi a tali regolamenti o ne pregiudichi l’efficacia. Tuttavia non sempre il regolamento è caratterizzato da una completezza di contenuto normativo, nulla esclude infatti che affinché la disciplina da esso dettata possa concretamente operare la stessa debba essere oggetto di integrazione mediante atti ulteriori- ciò può essere esplicitamente previsto dallo stesso regolemnto oppure implicitamente come si evince dall’obbligo di prendere ogni misura di carattere generale o particolare atta ad assicurare l’esecuzione degli obblighi conseguenti agli atti delle istituzioni dell’Unione ex art 4 par 3 TUE tuttavia un intervento normativo degli Stati membri si giustifica esclusivamente nella misura necessaria all’esecuzione dei regolamenti senza che le misure prese a livello nazionale possano sostituirsi alle norme di questi. Le direttive: questo atto vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto rigurada il risultato da raggiungere, salvo restando la competenza degli organi nazionali in merito alle forme e ai mezzi; cioè per poter svolgere i suoi effetti all’interno dello Stato , la direttiva abbisogna dell’intervento delle autorità nazionali alle quali spetta il compito di tradurre in norme interne le sue disposizioni. ≈> tuttavia in molti casi la riserva di competenza a favore degli Stati può risultare molto ridotta sul piano sostanziale, non è raro infatti che le direttive presentino un contenuto tanto dettagliato da far apparire molto esigui i margini di discrezionalità degli Stati nella traduzione delle stesse in disposizioni di diritto nazionale( ti lovvo) l’attuazione delle direttive nell’ ordinamento interno è quindi oggetto di un preciso obbligo che gli Stati membri sono tenuti ad adempiere mediante l’emanazione entro il termine che ciascuna direttiva imperativamente stabilisce di un atto di recepimento della stessa. Benché l’articolo 288 lasci una notevole discrezionalità agli Stati quanto alla scelta delle modalità formali atte a soddisfare quest’obbligo, la Corte di Giustizia ha precisato che l’attuazione di una direttiva nell’ordinamento nazionale non solo deve avvenire con le forme e i mezzi più idonei a garantire l’efficacia reale delle disposizioni della direttiva, ma deve anche corrispondere pienamente alle esigenze di chiarezza e di certezza delle situazioni giuridiche volute da tale atto. La chiarezza e la precisione richieste x soddisfare questa esigenza di certezza giuridica devono peraltro essere caratteristiche intrinseche della normativa nazionale in questione, e nn possono sre surrogate dal fatto che esiste una giurisprudenza nazionale consolidata che interpreti le disposizioni di diritto interno in un senso conforme alle esigenze della direttiva dell’Unione. Il fatto che la direttiva richieda cmq una mediazione del diritto interno x operare nell’ordinamento degli Stati membri, nn esclude che, anche indipendentemente da quella mediazione, norme di una direttiva possano esplicare effetti in tale ordinamento, in particolare aprendo ai privati la possibilità di far valere dinanzi ai giudici nazionali obblighi che le norme europee pongano a carico dello Stato. X cui in tutti i casi in cui una direttiva è correttamente attuata, essa produce effetti nei confronti dei singoli attraverso le disposizioni di esecuzione adottate dallo Stato membro interessato; solo qnd quell’attuazione non vi sia stata o sia avvenuta in modo incompleto, il singolo deve poter avvalersi in giudizio dei diritti che la direttiva gli vuole riconosciuti, fondandoli direttamente sulle disposizioni di questa. In caso contrario lo Stato membro finirebbe col giovarsi del proprio inadempimento all’obbligo di trasposizione della direttiva x non far fronte agli obblighi che qsta gli pone verso il singolo. è quindi solo alla scadenza del termine dato agli Stati membri x l’attuazione della direttiva che qsta potrà esplicare effetti diretti nell’ordinamento nazionale!!! X’ solo a partire da allora potrà misurarsi l’esistenza e la 25 misura precisa dell’adempimento a quell’obbligo; prima di allora l’unico obbligo gravante sugli Stati è quello di astenersi dall’adottare disposizioni che possano gravemente compromettere la realizzazione dell’obiettivo che la direttiva prescrive. L’obbligo gravante sugli Stati membri di conseguire il risultato voluto da una direttiva non si esaurisce con la trasposizione formale di questa nell’ordinamento nazionale da parte degli organi normativi, ma si impone anche agli altri organi dello Stato, i quali sono xciò tenuti a garantire, nell’ambito di loro competenza, l’applicazione effettiva della direttiva. Qst obbligo vale in particolare x gli organi giurisdizionali, i quali, a prescindere dal fatto che si tratti di norme precedenti p successive alla direttiva, devono nella misura del possibile interpretare il diritto interno, a partire dalla scadenza del termine di attuazione, alla luce del testo e della finalità della direttiva al fine di raggiungere i risultati perseguiti da qsta, privilegiando l’interpretazione delle disposizioni nazionali maggiormente conforme a tale finalità!!! Le decisioni: atto normativo obbligatorio in tutti i suoi elementi. Fino al Trattato di Lisbona l’obbligatorietà era limitata ai destinatari da essa designati, ora inv l’art.288 prevede che la decisione se designa i destinatari è obbligatoria solo x questi, rendendola suscettibile di avere a seconda dei casi portata individuale o generale o anche indefinita. La decisione nasce, nel sistema originario dei Trattati, come un atto a portata spiccatamente individuale, x’ chiamato ad assolvere all’interno di quel sistema l’attività amministrativa dell’Unione,e cmq ne è rimasta la vocazione principale. Si tratta di un atto a portata individuale come la direttiva, ma a differenza di qsta, che si rivolge ai soli Stati membri, essa non ha destinatari predeterminati e può indirizzarsi a tutte le categorie di soggetti del diritto dell’Unione & a differenza della direttiva la decisione appare cmq dotata dell’efficacia necessaria a raggiungere i suoi destinatari x’ direttamente applicabile al pari dei regolamenti! Ferma restando la loro vocazione quale strumento di un’azione amministrativa sono state sovente utilizzate in chiave + propriamente normativa; talvolta ciò è avvenuto con l’adozione di decisioni indirizzate a tutti gli Stati membri, con cui si specificava la disciplina di dettaglio di procedure previste in un regolamento o in una direttiva, + frequentemente xò si è cominciato a far uso di decisioni costruite direttamente come atti generali, tutte quelle volte che si trattava di assumere disposizioni non destinate ad esplicare efficacia negli ordinamenti degli Stati membri, x’ rivolte essenzialmente alle stesse istituzioni dell’Unione . Gli altri atti dell’Unione: • Atti tipici privi di efficacia obbligatoria, le raccomandazioni (x lo + utilizzate dal Consiglio o dalla Commissione x indirizzare agli Stati membri o ad altri soggetti norme di comportamento di carattere non vincolante) e i pareri(strumenti attraverso cui una istituzione fa conoscere una propria valutazione sua una determinata questione o su un determinato atto) – tuttavia non sempre son del tutto non vincolanti; • Il Consiglio e la Commissione fanno sovente ricorso x far conoscere il loro punto di vista su di una determinata questione ad atti atipici, non menzionati dai Trattati, è inf frequente l’adozione di conclusioni o risoluzioni, nelle quali l’istituzione preannuncia le possibili linee di sviluppo di una successiva attività normativa dell’Unione, ovvero fissa la sua posizione rispetto ad una questione particolarmente delicata o controversa di interpretazione del diritto dell’Unione • Ricorso da parte della Commissione a comunicazioni, orientamenti o linee direttrici, tutti atti usati x esplicitare le modalità di esercizio di una propria competenza. 26 27 si arriva a tale adozione sono differenti da quelle che contraddistinguono la procedura legislativa ordinaria. ≈> xò al di là delle diverse modalità con cui si realizza non in tutti i casi in cui si ha partecipazione del Parlamento e del Consiglio al di fuori della procedura legislativa ordinaria, la relativa procedura costituisce una procedura legislativa speciale: l’art.289, par.2 TFUE precisa inf che l’adozione di un atto dell’Unione si caratterizza come una procedura legislativa speciale solo qnd lo stesso art. dei Trattati che prevede la competenza a farlo specifica che l’adozione dell’atto avviene conformemente ad una procedura legislativa speciale. il rpincipio secondo cui quella scelta è operata direttamente a livello dei Trattati trova cmq un’eccezione nella clausola di flessibilità ex art. 352 TFUE lasciando la scelta alle stesse istituzione ed in particolare alla Commissione in sede di proposta secondo le caratteristiche intrinseche dell’atto da adottare. • La procedura di consultazione: una volta che la Commissione abbia presentato una proposta,spetta al Consiglio adottare l’atto dopo xò avere chiesto il parere del Parlamento europeo su quella proposta. Il parere5 che il Parlamento è chiamato a formulare ed indirizzare al Consiglio è obbligatorio ma non vincolante -> il Consiglio può discostarsene nell’adottare l’atto, ma è obbligato a richiederlo, a pena di invalidità dell’atto stesso x violazione delle forme sostanziali. Il Consiglio è inoltre obbligato a una nuova consultazione del Parlamento ogni volta che l’atto infine adottato sia diverso quanto alla sua sostanza da quello sul quale il Parlamento sia stato già consultato. La mancata riconsultazione è motivo di annullamento dell’atto. In conclusione x’ l’atto adottato entri in vigore è necessaria l’approvazione degli Stati membri secondo le rispettive procedure costituzionali. • La procedura di approvazione: procedura di adozione che prevede il necessario parere positivo del Parlamento, attribuendogli quindi un diritto di veto sull’atto definito dal Consiglio; la propspettiva di un parere negativo comporterà un’adeguata considerazione del Consiglio sulla propria posizione, al quale tuttavia spetta la decisione finale. -> differisce dalla procedura legislativa ordinaria x’ questa consente al Parlamento europeo di contribuire direttamente e formalmente alla definizione del contenuto dell’atto,mentre l’approvazione o meno del Parlamento interviene su di un atto già definito, costituito dalla decisione che intende prendere il Consiglio. • Procedure decisionali nel quadro della politica estera e di sicurezza comune: potere decisionale riservato al solo Consiglio, che decide all’unanimità. Il TUE xò attribuisce un potere decisionale x taluni atti al Consiglio europeo, nel definire principi e orientamenti generali della politica estera e di sicurezza comune. Il potere di proposta spetta agli Stati membri e all’Alto rappresentante dell’Unione x gli affari esteri e la politica di sicurezza (che è anche il Presidente del Consiglio affari esteri), il quale gioca un reale ruolo propulsore. • Procedure basate sulla delega di competenze normative e di esecuzione: una parte importante dell’attività normativa è tradizionalmente assicurata x mezzo dell’esercizio diretto di poteri decisionali da parte della Commissione, frutto di un’attribuzione di competenza da parte del legislatore. Prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona qst competenza si inquadrava nel + generale potere di esecuzione della Commissione, secondo cui il legislatore comunitario poteva conferire alla 30 5 Il parere rappresenta uno strumento che consente al Parlamento l’effettiva partecipazione al processo legislativo dell’Unione. Commissione, negli atti che esso adotta, le competenze di esecuzione delle norme che esso stabilisce. X qst motivo è divenuta prassi normale che il legislatore comunitario lasci alla Commissione il compito di adottare la normativa di dettaglio di una disciplina da esso dettata solo in via generale nell’atto di base. • Procedura di delega legislativa: l’art.290 TFUE permette al legislatore dell’Unione (Consiglio e/o Parlamento europeo), al momento di adottare un atto legislativo di delegare con quello stesso atto alla Commissione il potere di adottare a sua volta degli atti non legislativi di portata generale che completino o modifichino “elementi non essenziali” (notevole margine di apprezzamento al riguardo poiché l’art. non precisa cosa si intenda x elementi non essenziali) di quell’atto legislativo. L’atto della Commissione sarà un atto delegato, assumendo anche ufficialmente qst qualificazione che andrà ad aggettivare lo strumento normativo concretamente usato (regolamento delegato o direttiva delegata). L’art. 290 prevede dei meccanismi di controllo del legislatore sull’esercizio della delega: l’atto legislativo può stabilire cioè che il Parlamento europeo o il Consiglio possano decidere di revocare la delega o che l’atto delegato possa entrare in vigore solo se entro un certo termine, fissato nell’atto di base, nessuna delle 2 istituzioni ha sollevato un’obiezione. ■ Procedura di adozione di atti di esecuzione:l’attribuzione della competenza a prendere a livello dell’Unione misure uniformi di esecuzione di atti giuridicamente vincolanti, adottati o meno dalle istituzioni sulla base di una procedura legislativa è disciplinato dall’art.291 TFUE. La competenza di esecuzione spetta in genere alla Commissione, salvo x il settore della PESC,x’ riservata al Consiglio; l’attribuzione di esecuzione è fatta dallo stesso atto della cui esecuzione si tratta, al quale spetta anche definire le modalità che la Commissione deve seguire nell’esercitare tale competenza. Nel 1999 è stata adottata una decisione del Consiglio (nota come decisione “comitologia”)che nel prevedere che l’emanazione di misure esecutive da parte della Commissione possa sre subordinata alla consultazione di un comitato composto da rappresentanti degli Stati membri, ha anche delineato i diversi tipi e procedure di comitato applicabili dall’atto di base: a. Procedura di comitato consultivo- riconosce un ruolo ai soli stati membri e comporta l’obbligo della Commissione di tenere in massima considerazione il parere espresso dal comitato sul progetto di misure di esecuzione; b. Procedura di comitato di gestione- il comitato deve esprimere il suo parere a maggioranza qualificata entro un termine fissato. Dopo di che la Commissione può adottare le misure in progetto, ma se non conformi al parere del comitato, la Commissione deve comunicarle al Consiglio, il quale può deliberando a maggioranza qualificata adottare misure diverse da quelle decise dalla Commissione, altrimenti entrerann definitivamnete in applicazione queste ultime; c. Procedura del comitato di regolamentazione- corrispondente nella prima fase a quella di gestione, la Commissione può xò adottare le misure di esecuzione in progetto solo quando conformi al parere del comitato, in caso contrario la Commissione deve sottoporre al Consiglio una proposta formale di misure da emanare entro 3 mesi a 31 maggioranza qualificata o all’unanimità se ci si discosta dalla proposta. • Nel 2006 è stata introdotta la nuova procedura di regolamentazione con controllo che riconosce al Pasrlamento europeo un sostanziale diritto di veto sulle misure che la Commissione si propone di adottare nell’esercizio della delega conferitale, lasciano al Consiglio il potere di modificarle. • Procedure x la conclusione di accordi internazionali con Stati terzi: forti analogie tra le procedure che portano all’adozione di atti di diritto derivato e quelle dirette alla conclusione di accordi con stati terzi. Procedura disciplinata da una disposizione di portata generale art.218 TFUE: la procedura si avvia su iniziativa della Commissione o dell’Alto rappresentante x la PESC, essi possono presentare una raccomandazione al Consiglio affinchè questo autorizzi con apposita decisione l’avvio del negoziato con lo stato terzo, con tale decisione il Consiglio designa il negoziatore dell’Unione, il quale dovrà condurre i negoziati sulla base delle direttive impartitegli dal Consiglio nella decisione di autorizzazione. Il Consiglio può designare (obbligatoriamente x gli accordi commerciali) anche un comitato speciale, composto da rappresentanti degli stati membri, da consultare nel corso dei negoziati-> qst ulteriore compressione dell’autonomia del negoziatore si spiega dal momento che il consiglio non può modificare il progetto di accordo negoziato con uno stato terzo, può solo accettarlo o respingerlo, chiedendo al negoziatore di riaprire il negoziato con lo stato terzo. La fase negoziale si chiude con la parafatura del progetto di accordo da parte del negoziatore e la presentazione di una sua proposta al consiglio x l’adozione della decisione di autorizzazione alla firma dell’accordo. Con la decisione di procedere, il consiglio autorizza la presidenza a notificare allo stato terzo che le necessarie procedure x l’entrate in vigore dell’accordo sono state completate, impegnando così l’Unione sul piano internazionale. -> l’art.218 stabilisce che il P.E. debba esprimersi sugli accordi che il consiglio intende concludere, prima della decisione di conclusione,in alcuni casi specifici anzi la conclusione è subordinata all’approvazione del P.E., tuttavia non ha carattere vincolante. Il coinvolgimento del P.E. è invece escluso x espressa previsione dell’art.218,6 co.2 nel caso degli accordi riguardanti esclusivamente la PESC. • Una parziale variante di alcuni aspetti della procedura di conclusione degli accordi internazionali dell’Unione può esserci nella circostanzaa che un determinato accordo debba essere concluso contemporaneamente anche dagli stati membri (c.d. accordo misto) : la negoziazione dell’accordo è assicurata da una delegazione unica in cui il negoziatore dell’Unione è affiancato dallo Stato cui spetta la presidenza del Consiglio. La sua conclusione da parte dell’Unione e degli stati membri potrà poi avvenire solo una volta che questi ultimi abbiano tutti provveduto a completare le rispettive procedure costituzionali necessarie x la ratifica dell’accordo. 32 sistema statuale ma cessa di avere una funzione di parametro indiretto di legittimità costituzionale!!! • -> la Corte costituzionale ha pertanto affermato l’obbligo del giudice e degli altri organi statali di non applicare la legge interna contrastante con norme direttive europee dotate di effetti diretti! • Nel 2001 i vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea sono stati finalmente integrati nel dettato costituzionale modificando l’art.117 la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Rapporto tra diritto dell’Unione e… le norme costituzionali -> la Corte costituzionale ebbe modo di precisare che in base all’art. 11 Cost., sono state consentite limitazioni di sovranità unicamente x il conseguimento delle finalità ivi indicate, e deve quindi escludersi che siffatte limitazioni, concretamente puntualizzate nel Trattato di Roma, possano cmq comportare x gli organi della CEE un inammissibile potere di violare i principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale, o i diritti inalienabili della persona umana e avvertì che qualore si fosse presentata effettivamente l’aberrante situazione di una norma europea confliggente con i principi materiali della Costituzione, essa – la Corte di Giustizia- avrebbe esercitato puntualmente il proprio sindacato sulla legittimità costituzionale di quella norma. Rapporto tra diritto dell’Unione e… norme nazionali negli altri Stati membri -> con l’adesione al processo di integrazione tutti gli Stati membri sono stati posti dinanzi all’esigenza di individuare un esplicito fondamento normativo x le limitazioni della sovranità statale! La soluzione elaborata dagli Stati membri x la definizione dei rapporti tra i due ordinamenti, seppur non uniforme dal punto di vista degli strumenti, si è rivelata sostanzialmente univoca negli esiti, molti Stati hanno inf deciso di inserire all’interno delle proprie costituzioni una clausola di cessione di sovranità o di attribuzione dell’esercizio di competenze a favore dell’Unione europea. L’attuazione del diritto dell’Unione europea negli ordinamenti nazionali -> il fatto che in linea di principio le norme dell’ordinamento giuridico dell’Unione europea siano in grado di raggiungere direttamente gli individui, non significa che sia di x sé escluso rispetto ad esse ogni intervento normativo dello Stato ai fini della loro attuazione. L’attuazione del diritto dell’Unione europea da parte degli Stati membri avviene secondo modalità la cui scelta spetta agli Stati stessi in base al principio dell’autonomia istituzionale. L’autorità competente x la trasposizione è dunque individuata sulla base delle regole costituzionali proprie di ciascuno Stato, che delineano il riparto di competenze tra potere legislativo e potere esecutivo. In linea generale, tale trasposizioni può avvenire secondo il procedimento legislativo ordinario, con approvazione parlamentare di un disegno di legge di iniziativa governativa, oppure con provvedimento del governo, che può a sua volta agire o in esercizio di poteri propri o su delega del Parlamento all’adozione dell’atto di trasposizione. -> la soluzione governativa, in particolare attraverso il meccanismo della delega, è un’opzione molto diffusa tra gli Stati membri- si tratta di una scelta chiaramente ispirata all’idea che le direttive dell’Unione europea abbiano un contenuto principalmente tecnico, + agevolmente trasponibile dalle strutture amministrative del governo, nonché dall’esigenza di una maggiore celerità del procedimento di recepimento. Parte seconda La tutela dei diritti CAPITOLO I I. La tutela giudiziaria nell’ambito dell’Unione. 35 (Il complesso quadro normativo ed istituzionale si presta a determinare in capo ai destinatari dell’azione dell’Unione, ed in particolare in capo ai soggetti privati, una pluralità di situazioni giuridiche che ricevono un’apposita ed adeguata tutela. X rispondere a siffatta esigenza il sistema dell’Unione appare particolarmente attrezzato x l’apparato giudiziario e gli strumenti destinati a garantire il rispetto della legalità all’interno del sistema: dalle azioni che tendono ad accertare l’osservanza degli obblighi imposti agli Stati membri a quelle che mirano a salvaguardare le prerogative degli organi dell’Unione e il rispetto degli equilibri interistituzionali… ) Gli strumenti di tutela non si esauriscono nelle vie giudiziarie, ce ne sono anche di azionabili in altro modo-> tutela non giudiziaria: (strumenti di tutela non particolarmente incisiva) ■ Petizioni al P.E. – è offerta la possibilità ai cittadini dell’Unione di rivolgere petizioni al Parlamento europeo e attraverso questa via di provocare l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta,art.226 TFUE secondo cui la Commissione d’inchiesta può esaminare le denunce di infrazione o di cattiva amministrazione nell’applicazione del diritto dell’Unione da parte delle istituzioni o degli Stati membri; ■ Mediatore europeo- art.228 TFUE organo competente ad esaminare denunce di infrazione o di cattiva amministrazione nell’applicazione del diritto dell’Unione solo da parte delle istituzioni dell’Unione, riducendo la possibilità di iniziative nei confronti di abusi da parte degli stati membri ad interventi indiretti e mediati. Il Mediatore riceve le denunce provenienti da qlnque soggetto abbia sede in uno stato membro e riguardanti casi di cattiva amministrazione di qls organo comunitario ad eccezione di quelli giurisdizionali. Tuttavia la tutela assicurata dal mediatore è attenuata rispetto a quella giudiziaria: inf ove accerti un caso di cattiva amministrazione e salvo che non riesca a trovare una conciliazione amichevole tra il ricorrente e l’istituzione, il Mediatore può solo chiedere all’istituzione di dare un parere sulla denuncia entro 3 mesie successivamente può inviare al P.E. e all’istituzione interessata una relazione corredata di raccomandazioni,x entrambe xò non vincolanti! ≈> olt3 a non disporre di poteri vincolanti, il Mediatore incontra difficoltà anche in merito all’ambito di applicazione oggettivo del suo potere di indagine; ■ Reclamo alla Commissione – possibilità x i privati di indirizzare un reclamo alla Commissione europea x denunciare le violazioni del diritto dell’Unione commesse da autorità nazionali, al fine di indurre l’istituzione ad attivare l’apposita procedura di infrazione che può sfociare in un’azione davanti alla Corte di Giustizia x’ accerti l’eventuale inadempienza. Tutela giudiziaria: strumenti che fanno leva sull’apparato giudiziario dell’Unione, autonomo e in grado di assicurare l’esercizio della funzione giurisdizionale nell’ambito dello specifico ordinamento nei confronti tanto delle istituzioni comunitarie e degli stati membri quanto dei singoli cittadini! Corte di Giustizia organo giurisdizionale comunitario di grande successo ed interesse, spt x la novità della sua originalità x ruolo e peculiarità all’interno dell’Unione rispetto a tutti gli altri tribunali internazionali; x la prima volta inf in un ente internazionale è stato assicurato l’esercizio della funzione giurisdizionale da parte di un organo ad hoc che afferma la propria competenza obbligatoria sulle questioni rilevanti x la vita dell’ente medesimo e che presenta tutte le carattristiche di struttura e di funzionamento di un vero e proprio organo giurisdizionale. I Trattati prevedono che la 36 Corte di Giustizia assicura il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione delle norme dell’ordinamento…assegnando alla Corte un compito la cui funzione è giurisdizionale, finalizzata per tanto al mantenimento ed all’attuazione dell’ordinamento giuridico + al controllo del rispetto da parte degli Stati membri e delle istituzioni degli obblighi ad essi incombenti+ tutela giurisdizionale della situazioni giuridiche degli individui. La funzione giurisdizionale è tendenzialmente monopolio esclusivo della Corte: all’interno delle stesse organizzazioni nessun’altra istituzione partecipa di quella funzione, sia sul piano esterno all’Unione. Sul piano internazionale il monopolio della Corte è garantito attraverso l’imposizione agli Stati membri dell’obbligo di non risolvere al di fuori del sistema le controversie eventualmente insorte tra loro circa l’interpretazione e l’applicazione dei Trattati. Ruolo della Corte: la Corte ha svolto un ruolo fondamentale x lo sviluppo dell’integrazione europea ed è stata determinante nel connotare le caratteristiche del sistema giuridico dell’Unione, facendo del diritto un fattore costitutivo e strutturale dell’ordinamento dell’Unione: ha contribuito alla ricostruzione del sistema giuridico dell’Unione come un ordinamento giuridico omogeneoe tendenzialmente compiuto, rilevandone i principi qualificanti, definendone le nozioni, valorizzandoli attraverso l’interpretazione dei Trattati. Il diritto dell’Unione ha prodotto sui sistemi giuridici degli stati membri un impatto straordinario. Questo processo c.d. di europeizzazione dei diritti nazionali non si sviluppa xò solo attraverso la rilevata incidenza diretta della normativa dell’Unione, ma anche e spt attraverso la creazione e diffusione spontanea di principi, metodi e prassi legali che si realizza nel contesto dell’Unione in conseguenza del naturale processo di ricezione, armonizzazione e talvolta perfino uniformizzazione delle regole giuridiche. Questo processo è indotto dsllo sviluppo stesso della costruzione europea, in qnt obbliga al confronto e alla convivenza e alla ricerca della massima compatibilità reciproca tutti i sistemi in causa; ed è stimolato dagli apporti della dottrina e dalla prassi degli operatori giuridici, tale processo si traduce nell’affermazione di regole e principi comuni. -> la giurisprudenza della Corte ha profondamente connotato il sistema, conformandolo in coerenza con le finalità perseguite con le comunità prima e con l’unione poi, con l’intento di valorizzare il processo d’integrazione. 37 Di recente i regolamenti di procedura sono stati modificati x introdurre una procedura accelerata x le cause + urgenti. Le sentenze della Corte lette in pubblica udienza hanno forza obbligatoria dal giorno della pronuncia e possono costituire titolo esecutivo. Quando rese dalla Corte, quale organo giurisdizionale di ultima istanza, le sentenze non sono soggette ad impugnazione se non con mezzi straordinari. Alla Corte può sre richiesto di interpretarne il senso e la portata in caso di difficoltà. Le sentenze del Tribunale possono sre impugnate nel termine di 2 mesi a decorrere dalla data della notifica e solo x motivi di diritto. Competenze della Corte di Giustizia dell’Unione europea: ♦ funzione consultiva ♦ funzione giurisdizionale • di tipo non contenzioso: ■ competenza pregiudiziale • di tipo contenzioso: ■ giudizi sui comportamenti degli Stati membri ■ il controllo sui comportamenti delle istituzioni dell’Unione ♦ sulle controversie relative alla funzione pubblica europea ♦ in materia contrattuale ♦ potere di pronunciare le dimissioni di ufficio di membri degli organi dell’Unione ♦ 40 CAPITOLO III I giudizi sui comportamenti degli Stati membri (ricorso x inadempimento o procedura d’infrazione) Giudizio della Corte sulla violazione degli obblighi degli Stati membri derivanti dai Trattati e dagli atti voncolanti delle istituzioni. Tale procedura è promossa dalla Commissione (art.258 TFUE) o da uno Stato membro (art.259 TFUE). La competenza di controllo sui comportamenti degli stati membri assume un rilievo particolare in qnt riguarda l’osservanza dei Trattati da parte degli stati che sono i principali garanti della loro effettiva funzionalità, x cui è fondamentale l’importanza che assume la loro adesione ad una posizione di assoluto rispetto dei Trattati. Oggetto delle procedure è l’accertamento della sussistenza di un inadempimento da parte degli Stati membri degli obblighi loro derivanti dal diritto dell’unione -> tali obblighi sono quelli enunciati dai Trattati istitutivi, dagli atti vincolanti adottati dalle istituzioni, dagli accordi internazionali da queste stipulati e vi rientra anche il rispetto dei diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione di Roma sulla salvaguardia di quei diritti quali principi generali dell’ordinamento dell’Unione. La responsabilità x inadempimento incombe allo Stato nella sua unità e nella sua complessità. L’inadempimento può concretizzarsi tanto in un’azione quanto in un’omissione; la responsabilità incombente sullo stato ha carattere assoluto ed oggettivo: ad essa lo Stato può sottrarsi solo in caso di difficoltà insormontabili provocate da vcause di forza maggiore e x il periodo strettamente necessario ad un’amministrazione diligente x porvi rimedio. Perché si possa escludere l’infrazione occorre che il rispetto degli obblighi ad essi incombenti sia assicurato dagli Stati non tanto su un piano meramente formale, qnt in termini di effettività. L’inadempimento può sre contestato anche se è solo parziale, purchè sia attuale: deve cioè sussistere nel momento in cui è contestato, a nulla rilevando che in un momento successivo lo Stato vi abbia posto fine. A. La procedura promossa dalla Commissione: le azioni promosse dalla Commissione europea contro gli stati membri x inadempimento degli obblighi derivanti dal diritto dell’Unione, possono sre promosse anche dagli stati membri, ma i casi in cui l’iniziativa è assunta dagli stessi Stati membri, x’ qsti piuttosto che affrontare direttamente una controversia con un altro stato membro, preferiscono sollecitare in vario modo la Commissione ad avviare essa la procedura d’infrazione. Fase precontenziosa: interamente nelle mani della Commissione, sndo questa sola a poter contestare l’inadempimento prima direttamente allo stato membro e poi ricorrendo alla Corte in caso di persistenza dell’infrazione. Questa fase riflette il compito istituzionale della Commissione di vigilare sull’osservanza degli obblighi assunti dagli Stati membri. Non sempre il sospetto o la certezza di una violazione del Trattato mettono in moto la procedura di contestazione, giacchè tra la rilevazione o la denuncia dell’inadempimento e l’avvio di tale procedura non sussiste un necessario rapporto di conseguenzialità: la contestazione formale allo stato è subordinata ad un giudizio discrezionale della Commissione, cui viene lasciato un ampio margine di libertà sul se e qnd avviare la procedura, così cm sui tempi e sulle condizioni della sua prosecuzione!!! Ove cmq decida di contestare l’illecito, la Commissione avvia la fase preconteziosa che si articola a sua volta in 2 fasi: • quella della c.d. lettera di messa in mora (o diffida) : con la quale la Commisisone comunica formalmente allo stato interessato l’apertura della procedura e lo mette in condizione di presentare le proprie osservazioni entro un termine fissato dalla stessa Commissione. In realtà xò già prima dell’invio della diffida, quest’ultima chiede spiegazioni allo stato sull’inadempimento che essa, di ufficio o su denuncia di terzi, ritiene sussistere. Sole se insoddisfatta di tali spiegazioni, l’esecutivo invia la lettera di messa in mora, che segna appunto la formalizzazione della procedura. L’invio della lettera è essenziale x’ rappresenta l’ultimo tentativo di componimento della controversia in sede extragiudiziale, tendente ad impedire che si portino alle ultime conseguenze questioni che possono avere caratere di estrema delicatezza sotto l’aspetto politico, ma spt x’ qsta fase tende a garantire il rispetto del diritto di difesa dello stato interessato e a definire con chiarezza i termini della questione che potrà poi sre aventualmente deferita alla Corte (in effetti è proprio nel corso di qst fase che si precisano le varie posizioni, attraverso la formulazione della contestazione da 41 parte dell’esecutivo e le osservazioni presentate dallo stato a propria difesa). La lettera deve contenere l’esplicito riferimento alla violazione contestata e gli elementi necessari alla preparazione della difesa dello stato, insieme con l’avvertimento che in mancanza di una risposta adeguata entro un termine fissato, la commissione proseguirà la procedura fino al ricorso alla Corte. • e quella eventuale del parere motivato : lo stato membro non è tenuto a reagire alla lettera di messa in mora, ove xò non risponda o risponda con argomenti che non convincono la Commissione, qsta può emettere un parere motivato, con il quale ribadisce e precisa la propria posizione e sollecita lo stato a porre fine entro un certo tempo (2 mesi) al comportamento contestato. Il parere motivaro non ha carattere vincolante x il suo destinatario, ma si limita a suggerire la cessazione del comportamento contestato, inoltre deve sre motivato e adempie una specifica funzione quale passaggio formale essenziale della procedura. Il ricorso che la Commissione eventualmente presenterà alla Corte non è rivolto contro la mancata osservanza del parere, ma contro la violazione del Trattato. Fase giudiziaria: se, dopo la decorrenza dle termine fissato, lo stato membro non si conforma al parere motivato, la commissione può adire la Corte (il ricorso xò non viene proposto x l’inosservanza del parere, qsta inf costituisce solo il presupposto necessario del ricorso, mentre l’oggetto resta cmq la violazione del diritto dell’Unione). La decisione sul se e qnd introdurre il ricorso rientra nella discrezionalità della Commissione, che è libera di procedere subito al ricorso giudiziario, di attendere ancora o di non procedervi affatto. Nella prassi avvien di frequente che la Commissione si conceda un ampio margine di tempo prima di procedere al ricorso, spesso a causa dell’insistenza degli stati membri che annunciano come imminenti le misure loro richieste. Trattandosi di una valutazione discrezionale, sfugge al controllo della Corte il sindacato sull’opportunità della scelta. Il ricorso potrà sre accolto se la Commissione provi la sussistenza dell’inadempimento contestato, incombe infatti sulla Commissione l’onere di fornire alla Corte gli elementi necessari x l’accertamento della violazione, snz potersi fondare su alcuna presunzione; allo stato incomberà, viceversa, confutare le pretese della Commissione o provare eventuali circostanze giustificative del comportamento che gli viene contestato. La pronuncia della Corte ed i suoi effetti: ove accerti l’inadempimento, la Corte pronuncia una sentenza che è una sentenza meramente dichiarativa, in qnt esaurisce la sua funzione nell’accertare l’esistenza dell’inadempimento. Tuttavia lo stato è tenuto a prendere i provvedimenti necessari x l’esecuzione della sentenza, il cui obbligo discende xò non dalla sentenza ma da una disposizione del Trattato. Spetterà quindi allo stato decidere le misure e le modalità dell’adempimento, qst x’ la Corte non ha il potere di ingerirsi direttamente nella legislazione e l’amministrazione degli stati membri e quindi non può annullare od abrogare leggi interne di uno stato membro od atti amministrativi dei suoi organi, ma tutto qst nulla toglie all’obbligo dello stato di conformarsi pienamente alla sentenza. Destinatario dell’obbligo di osservare la sentenza è lo Stato nella sua unità e non i singoli organi che in concreto abbiano esplicato l’attività ritenuta illecita della Corte. La libertà degli stati membri nella scelta dei mezzi non attenua la rigidità dell’obbligo incombente ai medesimi di assicurare con effetto immediato la piena osservanza della sentenza, nel caso che ciò non avvenisse, la commissione potrebbe presentare un nuovo ricorso alla Corte x l’inadempimento di tale obbligo. Nella ipotesi di persistenza dell’inadempimento la Commissione ha il potere di ricorrere nuovamente alla Corte contro lo stato doppiamente inadempiente x chiederle di imporre a suo carico una somma forfettaria o una penalità di cui la stessa commissione suggerisce l’importo. Alla Commissione incombe l’obbligo di mettere lo stato in condizione di presentare le proprie osservazioni e la proposta fatta delle misure pecuniare al giudice dell’Unione non solo vincolanti ma costituiscono semplicemente una base di riferimento. I criteri adottati dalla commissione x calcolare la misura pecuniaria sono 3: gravità dell’infrazione, durata, necessità di imprimere alla sanzione un effetto dissuasivo onde prevenire le recidive. B. La procedura promossa da uno stato membro: i Trattati si sono preoccupati di predisporre un modo di soluzione giudiziario o cmq interno al sistema stesso, 42 La legittimazione attiva: il controllo di legittimità sugli atti delle istituzioni comunitarie non è esercitato d’ufficio dalla Corte, ma deve sre attivato con la presentazione di un ricorso . a tal fine sono legittimati ad agire quali riccorrenti privilegiati le istituzioni dell’Unione, gli Stati membri e i soggetti privati ai quali è consentito sollecitare l’intervento della Corte. Termini x il ricorso: il ricorso deve sre presentato entro 2 mesi dalla pubblicazione dell’atto sulla Gazzetta Ufficiale dell’UE o dalla notifica dello stesso al proprio destinatario, a tale termine vanno aggiunti i c.d. termini di distanza (un certo numero di gg variante secondo la distanza dello Stato dalla sede della Corte – x l’Italia 10 gg). La proposizione del ricorso non sospende l’esecuzione dell’atto impugnato x’ fino all’annullamento ad opera della Corte e salvo l’eventuale revoca da parte delle istituzioni che li hanno emanati, quegli atti esplicano una piena efficacia. La sentenza di annullamento e i suoi effetti: in caso di accoglimento del ricorso, la Corte dichiara nullo e non avvenuto l’atto impugnato, tuttavia ove lo reputi necessariopuò precisare gli effetti dell’atto annullato che devono sre considerati definitivi. La Corte non ha alcun potere di condanna nei confronti dell’istituzione convenuta, non può imporle alcun comportamento specifico, non può modificare o sostituire l’atto impugnato: essa può solo pronunciare l’annullamento di tale atto, che elimina l’atto dal mondo del diritto con effetti erga omnes e sin dal momento in cui è stato emanato. La Corte dichiara nullo e non avvenuto l’atto impugnato: l’annullamento dell’atto procede proprio dalla sentenza sella Corte, la quale ha quindi natura di sentenza di accertamento costitutivo, in qnt modifica la situazionr di diritto preesistente. Sul piano processuale l’annullamento dell’atto preclude a chiunque la presentazione di un nuovo ricorso ,x’ l’efficacia della sentenza si dispiega anche al di là delle parti in causa. Effetti sostanziali della pronuncia della Corte: l’atto viene considerato come non avvenuto-> pertnt deve sre ricostruita la situazione preesistente all’emanazione dell’atto, eliminando gli effetti da esso già prodotti e che sopravvivono al momento del suo annullamento -> ciò implica quindi una serie di attività cui deve provvedere l’istituzione convenuta. Xò il ripristino della precedente situazione non si presenta sempre possibile e opportuno, inf sebbene i testi parlino di atto non avvenuto, in realtà fino alla sentenza quest’ultimo ha prodotto normalmente i suoi effetti, alcuni dei quali possono srsi del tutto già esauriti, sicchè risulta impossibile ristabilire interamente la situazione preesistente all’emanazione dell’atto. va d’altra parte tenuto presente che il provvedimento annullato può aver prodotto una serie di effetti diretti o indiretti, la cui eliminazione, seppur possibile, potrebbe risultare ingiusta e contraria al principio della certezza del diritto e del rispetto dei diritti acquisiti. Viene xtnt dato alla Corte il potere di tenere in vita una parte degli effetti prodotti dall’atto ed anzi di creare essa stessa tali effetti: questi effetti non procedono dal regolamento annullato, che in qnt illegittimo non può produrre alcun valido effetto, ma derivano proprio dalla pronuncia giurisdizionale -> si tratta di una sentenza dispositiva della Corte. L’istituzione da cui emana l’atto annullato deve prendere i provvedimenti necessari ad assicurare la piena osservanza della sentenza, deve inf porre in sre un complesso di attività tali da assicurare il ripristino della situazione esistente prima dell’emanazione dell’atto annullato, con l’emanazione dei nuovi provvedimenti o con la revoca di altri con effetto ex nunc o addirittura con effetto retroattivo. Inoltre l’obbligo di ripristinare la situazione precedente al comportamento censuratodalla Corte non esclude l’eventualità di un risarcimento dei danni da esso provocati. L’accertamento incidentale della illegittimità di un atto: il sistema delle garanzie giurisdizionali contro gli atti illegittimi dell’Unione non si esaurisce con l’impugnativa diretta di tali atti, ma è completato dalla ulteriore possibilità di un controllo sulla validità degli stessi, ol3 che in via pregiudiziale, in via incidentale! Un controllo che, sia pure a condizioni e con risultati + limitati, consente di mettere in causa la legittimità degli atti a portata generale anche dopo il termine previsto x la loro impugnabilità. Il Trattato prevede inf la possibilità che una parte, ma nn è escluso che la Corte possa procedere d’ufficio, eccepisca l’illegitimità di un atto dell’Unione in 45 occasione di un giudizio nel corso del quale tale atto venga in rilievo, al fine di provocarne, se non l’annullamento, dato il carattere incidentale dell’accertamento, almeno la disapplicazione nel procedimento in corso. Condizioni a cui è subordinata l’eccezione: • non può sre utilizzata x aggirare il sistema dei ricorsi di annullamento: sicchè non potrà sre sollevata da un soggetto che avesse avuto titolo x chiederne direttamente l’annullamento alla Corte; • la controversia oggetto del giudizio deve mettere in causa direttamente l’atto, in qnt qst presenta una rilevanza decisiva e diretta x la soluzione della questione principale; • gli atti di cui si può eccepire in via incidentale l’illegittimità sono quelli di tipo regolamentare e tutti gli atti che producessero effetti analoghi ai regolamenti. Nessun limite inv è posto qnt ai soggetti che possono sollevare l’eccezione, sempre che siano parti nella causa. Gli effetti dell’accertamento incidentale dell’illegittimità di un atto consistono nella mera inapplicabilità dello stesso nel giudizio in corso e quindi incidono sull’efficacia dell’atto solo ai fini di quel giudizio e solo x gli aspetti dell’atto che vengono in rilievo. -> diversamente dall’annullamento, la disapplicazione dell’atto non ha efficacia ex tunc e erga omnes ma produce il suo effetto tra le parti in causa e benchè riconosciuto illegittimo conserva inalterata una immutata efficacia x le successive applicazioni. Sebbene l’istituzione che ha emanato l’atto non abbia l’obbligo di revocarlo, non potrà neanche ignorare la sentenza della Corte e x ragioni di correttezze e x evitare il susseguirsi di una serie di eccezioni di illegittimità. I ricorsi in carenza: controllo giurisdizionale sui comportamenti omissivi degli organi dell’Unione. I ricorsi in carenza rappresentano il completamento dei ricorsi di annullamento poiché una violazione del diritto dell’Unione può avvenire non solo x un comportamento commissivo ma anche x un comportamento omissivo. -> il Trattato consente xtnt alle altre istituzioni,agli stati membri e alle persone fisiche e giuridiche di adire la Corte, dopo aver messo in mora l’istituzione, x far constatare l’illegittimita inazione dell’istituzione! Le istituzioni dell’Unione alle quali può sre contestata l’omissione sono espressamente indicate dai Trattati e sono in effetti tutte quelle che in virtù delle loro specifiche competenze, possono, attraverso i loro comportamenti positivi o negativi incidere sugli interessi tutelati dal diritto dell’Unione. Il ricorso può sre proposto solo ove tali istituzioni si astengano dal pronunciarsi in violazione dei Trattati. Ciò autorizza a ritenere anzitutto che di illegittima inazione possa parlarsi solo qnd l’istituzione abbia l’obbligo di provvedere, non qnd abbiano il mero potere di farlo & diversamente da ant previsto x i ricorsi di annullamento, il ricorso è consentito in tutte le ipotesi in cui sia prevista l’emanazione di un atto, snz alcuna distinzione tra i diversi tipi di misure in relazione all’efficacia. Aspetti procedurali: il ricorso in carenza è subordinato al corretto espletamento di una procedura precontenziosa imposta dalla natura stessa dei comportamenti che vengono in rilievo in qst caso. I Trattati esigono la previa messa in mora dell’istituzione contro la cui inazione si intende ricorrere, sia x darle la possibilità di impedire il ricorso giurisdizionale adottando l’atto, sia x permettere che sia fissato il momento di decorrenza dei termini di ricorso. La messa in mora/diffida può sre utilmente presentata solo dai soggetti cui è possibile successivamente adire la Corte; deve sre formulata chiaramente cm una diffida che tende ad avviare la procedura di contestazione dell’inazione; e deve indicare con precisione il provvedimento la cui emanazione si invoca, dato che il ricorso può avere x oggetto unicamente il rifiuto di adottare l’atto che l’istituzione è stata diffidata ad emanare. Il mancato rispetto di tali condizioni costituisce un motivo di irricevibilità del ricorso!!! Dal giorno successivo a quello in cui l’istituzione adita ha avuto conoscenza della messa in mora, decorre un termine di 2 mesi entro il quale la stessa istituzione può adottare il provvedimento richiesto ed impedire così il ricorso giurisdizionale. Se, decorso il termine, 46 l’istituzione non abbia preso posizione, l’interessato ha ancora 2 mesi x presentare un ricorso x carenza alla Corte. La sentenza della Corte che accoglie il ricorso ha natura di sentenza meramente dichiarativa dell’illegittimità del comportamento omissivo -> l’istituzione la cui astensione sia stata dichiarata illegittima deve prendere i provvedimenti necessari ad assicurare la piena osservanza della sentenza. L’azione di danni:apposita azione x il risarcimento dei danni causati da un comportamento illecito dell’UE -> in materia di responsabilità extracontrattuale l’Unione deve risarcire , conformemente ai principi generali comuni ai diritti degli stati membri, i danni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni. Tali azioni sono autonome rispetto alle azioni di annullamento e carenza, in qnt sono dirette, non a far constatare l’illegittimo comportamento di un’istituzione, ma il risarcimento dei danni da esso provocati. L’azione di danni è stata concepita dal Trattato come un rimedio dotato di una propria funzione che lo distingue dalle altre azioni esperibili, e sottoposto a condizioni di esercizio che tengono conto del suo oggetto specifico. Nella prassi, le due azioni – accertamento del comportamento illegittimo e risarcimento- vengono quasi sempre proposte congiuntamente, ma in ragione della reciproca autonomia, l’irricevibilità dell’una non esclude la ricevibilità dell’altra. Quando il danno derivi dagli atti nazionali di esercizio di un provvedimento dall’Unione, l’interessato può promuovere l’azione di risarcimento davanti al giudice nazionale; il giudice allora potrà sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale sulla validità di quella misura. L’esperibilità dell’azione di risarcimento innanzi alla Corte è subordinata all’esaurimento dei rimedi giudirisdizionali interni ; a condizione che tali rimedi garantiscano in maniera efficace la tutela dei singoli interessati, ove così non fosse, l’azione di danni innanzi alla Corte sarà ricevibile. Soggetti legittimati a proporre il ricorso: persone fisiche e giuridiche+ stati membri; le stesse istituzione comunitarie, invece, non possono promuovere l’azione, dato il rapporto di immedesimazione tra queste e l’Unione. Condizioni cui è subordinata la responsabilità extracontrattuale dell’Ue: • ex Trattato “i principi generali comuni ai diritti degli stati membri” • ex prassi-> la Corte ha direttamente elaborato i criteri, ispirandosi ai diritti nazionali; x tnt si ha responsabilità aquilana dall’Unione ove si accerti la contestale presenza di 3 presupposti : 1. L’illeceità del comportamento contestato alle istituzioni, 2. L’esistenza di un danno, 3. Un nesso di causalità tra il danno e il comportamento. Ove la responsabilità dell’Unione sia accertata, il risarcimento riguarderà sia il danno emergente che il lucro cessante+ diritto al risarcimento del danno morale nel contenzioso sul pubblico impiego. CAPITOLO V La competenza pregiudiziale Competenza giurisdizionale della Corte a carattere non contenzioso, in virtù della quale la Corte può pronunciarsi in via pregiudiziale su questioni di interpretazione di disposizioni del diritto dell’Unione/ di validità degli atti delle istituzioni, a seguito degli appositi rinvii che le giurisdizioni degli stati membri sono obbligate/ autorizzate ad operare, ove la soluzione di simili questioni sia necessaria x risolvere la conroversia innanzi al esse pendenti. La competenza pregiudiziale è attivata in seguito al rinvio del giudice nazionale innanzi al quale la controversia pende. 47 CAPITOLO VI Altre competenze Competenza sulle controversie relative alla funzione pubblica europea: istituito un tribunale specializzato ad hoc x qst funzione x il controllo sulla legittimità degli atti delle autorità investite del potere di nomina, o x la responsabilità delle istituzioni x i danni provocati ai loro dipendenti. Specificità della competenza x l’ambito ratione personarum della giurisdizione della Corte che investe la categoria dei soggetti legati all’Unione da un rapporto di lavoro e x l’oggetto di tale giurisdizione che attiene ai rapporti che si collocano all’interno della struttura organizzativa dell’Unione. La legittimazione attiva spetta a tutti i dipendenti dell’Unione ed anche ai soggetti che aspirano a quello status quindi hanno partecipato ad un concorso o presentato la relativa domanda. Legittimazione passiva altrettnt ampia x’ comprende tutte le istituzioni dell’UE + tutti gli organi ausiliari , la BEI e la BCE. Il ricorso giurisdizionale è di competenza del TFPE, che può sre introdotto solo se l’interessato abbia previamente presentato un reclamo all’autorità di nomina ed esperito la conseguente procedura amministrativa, disponendo poi di 3 mesi x impugnare la decisione di rigetto del reclamo. Il sistema di tutela finisce con l’articolarsi su un’ampia gamma di rimedi, dato che l’interessato dispone del ricorso amministrativo e delle relative garanzie, del ricorso giurisdizionale che dopo l’istituzione del Tribunale ad hoc può svilupparsi a 3 gradi di giudizio. Competenza in materia contrattuale: ha ad oggetto le controversie in materia contrattuale che possono insorgere in relazione all’attività negoziale dell’Unione. Ai sensi del Trattato, la Corte e in primo grado il TPI, è competente a giudicare in virtù di una clausola compromissoria contenuta in un contratto di diritto pubblico o di diritto privato stipulato dall’Unione o x conto di questa. Ulteriore possibilità x sottrarre ai giudici nazionali le controversie su questioni collegate all’attività privatistica dell’Unione. Il Trattato tuttavi aha previsto una competenza facoltativa della Corte, subordinata alla scelta delle parti. La pronuncia della Corte, essendo una vera e propria sentenza ha effetti obbligatori ed esecutivi. Il giudizio secondo la Corte si svolge secondo lo schema usuale; con la particolarità dell’atto che lo attiva: la clausola compromissoria e le possibili contestazioni sulla validità sostanziale e formale della stessa, nonché della natura delle controversie che ne sono oggetto in qnt attinenti all’attività di diritto interno dell’Unione. Il potere di pronunciare le dimissioni di ufficio di membri degli organi dell’Unione: x’ non rispondenti ai requisiti richiesti x l’esercizio delle loro funzioni o x’ siano venuti meno agli obblighi derivanti dalla loro carica. L’iniziativa può sre assunta dalle stesse istituzioni di appartenenza x i membri della Corte e della Corte dei Conti; dal Consiglio o dalla Commissione x i membri della Commissione, dal P.E. x il Mediatore e dal Consiglio direttivo o dal Comitato esecutivo x i membri della BCE. La decisione è presa dalla Corte riunita in seduta plenaria. Se il caso riguarda un membro della Corte, oltre ai giudici partecipano anche gli AG. La funzione consultiva: attribuita in casi molto limitati, ad esempio nella procedura di conclusione degli accordi internazionali dell’Unione, nel corso della quale può sre richiesto alla Corte un parere sulla compatibilità dell’accordo con il Trattato. Il parere se negativo vincolerà le istituzioni a modificarlo, poiché l’accordo potrà entrare in vigore solo se le modifiche vengano apportate. 50 CAPITOLO VII II. La tutela giudiziaria in ambito nazionale L’azione della Corte x garantire la tutela giurisdizionale effettiva dei privati: Corte °°( il principio di tutela giurisdizionale costituisce un principio generale di diritto dell’Unione che deriva dalle tradizioni costituzionali comuni agli stati membri, sancito dagli artt.6 e 13 della Convenzionr europea x la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali ) Ovviamente xò la Corte è ben consapevole che la tutela giudiziaria delle situazioni giuridiche soggettive garantite dal diritto dell’Unione dev’sre anzitutto assicurata con gli strumenti predisposti dagli e negli stati membri. Inf ha preteso che lo stto membro non solo assicuri la corretta applicazione delle norme dell’Unione, ma appresti anche e renda concretamente operante un sistema di rimedi giurisdizionali e di procedimenti intesi a garantire in modo pieno ed effettivo la tutela delle situazioni giuridiche. Naturalmente la Corte non si spinge fino a dettare essa stessa le condizioni alle quali gli stati membri devono assicurare tale tutela, inf in mancanza di una specifica disciplina comunitaria, è l’ordinamento giuridico interno di ciascuno stato membro che designa il giudice competente e stabilisce le modalità procedurali delle azioni giudiziali intese a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza delle norme comunitarie aventi efficacia diretta -> c.d. principio dell’autonomia procedurale Xtnt la Corte si è preoccupata di chiarire i propri orientamenti chiarendo che cmq qnd si tratta di diritti fondati su norme dell’Unione, gli ordinamenti nazionali non possono disporre liberamente in ordine alla portata e alle modalità di detta tutel, ma hanno l’obbligo di assicurare alla stessa condizioni che non siano meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna -> c.d. principio di equivalenza, e che non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario -> c.d. principio di effettività La Corte si è riservata un droit de regard al fine di controllare se le condizioni procedurali e sostanziali previste x la protezione siano conformi a parametri di adeguateza ed effettività che la stessa Corte desume dal corpus del diritto dell’Unione o dai principi generali-> autentico standard europeo di tutela giudiziaria!!! 51 Parte Terza La partecipazione dell’Italia al processo d’integrazione europea CAPITOLO I Profili generali CAPITOLO II Organizzazione e procedure per la partecipazione italiana alle politiche dell’Unione europea Meccanismi istituiti in Italia x l’elaborazione e l’attuazione delle politiche dell’Unione europea- materia a lungo regolata in modo confuso ed occasionale, aggravando le difficoltà incontrate dal nostro sistema x far fronte alle esigenze della partecipazione al processo d’integrazione europea. 52