Scarica riassunto "Filosofia della Cura" di Luigina Mortari e più Appunti in PDF di Filosofia morale solo su Docsity! 1 FILOSOFIA DELLA CURA – LUIGINA MORTARI RAGIONI ONTOLOGICHE DELLA CURA PRIMARIETÀ DELLA CURA CIÒ CHE È DA PENSARE Ciò che ci è onticamente più prossimo può rimanere sconosciuto nel suo significato ontologico. FENOMENO della CURA ® fondamentale evidenza, per la vita è essenziale e irrinunciabile, senza cura la vita non può fiorire. NODDINGS (1929) ® “ogni persona vorrebbe essere oggetto di cura” e “il mondo sarebbe luogo migliore se tutti noi ci curassimo di più gli uni degli altri”. - FEDRO cura=tratto essenziale dei mortali e delle divinità. - REPUBBLICA libro VII i filosofi a governo della città devono avere cura e custodire i cittadini. HEIDEGGER (1889-1976) ® ciò che illumina nella sua essenza quell’ente che è l’essere umano, è la CURA = “struttura d’essere dell’esserci”. “Ognuno è quello che fa e di cui si cura” ® se ci prendiamo cura di cere cose, sarà l’esperienza di quelle cose e del modo di stare in relazione ad essere a strutturare la nostra esperienza. HANNAH ARENDT (1906-1975) ® distingue le varie forme di attività umane: LAVORO = quel fare che è un agire continuo per soddisfare i bisogni primari - CURA = il lavoro del vivere e dell’esistere. È un lavoro che non lascia respiro, riempie ogni attimo del tempo. Bisogno della cura perché lo stato di FRAGILITÀ e VULNERABILITÀ ci rende fortemente dipendenti dagli altri. Fare pratica di cura è mettersi in contatto con il cuore della vita. Necessità di tratteggiare un’ANALITICA della CURA ® disegnare una fenomenologia delle qualità essenziali della condizione umana per poi portare all’evidenza che la cura sta in una relazione di necessità con tali qualità. PROBLEMA EIDETICO ® necessario sapere di cosa si parla, e ciò richiede sapere cosa si intende per cura che però è l’obiettivo dell’analitica della cura ® si applica la strategia di SOCRATE del DIALOGO MAIEUTICO – definizione provvisoria della cura, lasciando poi allo sviluppo dell’indagine teoretica il compito di individuare una concettualizzazione perspicua e rigorosa. DEF. GENERALE CURA ® aver cura è prendersi a cuore, avere premura, dedicarsi a qualcosa. Domande da porci a questo punto: qual è la struttura essenziale della condizione umana? E in quale relazione può stare la cura con questa essenza? ESSERCI MANCANTI D’ESSERE Noi ci portiamo appresso una frattura rispetto all’ordine del mondo ® siamo chiamati a cercare quell’ordine di senso che ci tenga in una buona relazione con la realtà. Noi siamo ESSERI MANCANTI – in continuo stato di bisogno. Nostra ESSENZA ONTOLOGICA ® ESSERE nella POSSIBILITÀ – abbiamo una disposizione all’essere. L’ente che noi siamo non possiede il suo essere, ma lo riceve in dono da altrove. ENIGMATICITÀ della NOSTRA ORIGINE e della NOSTRA FINE. Nostra DEBOLEZZA ® possedere il proprio essere, ma si avere bisogno del tempo per poter arrivare ad essere. Dal momento in cui veniamo nella vita cominciamo a perdere la vita, poiché vivendo consumiamo la materia della vita che è il tempo. La MORTE incombe sull’esserci proprio perché l’esserci è un divenire con una durata limitata e senza sovranità sul progetto del suo esistere. Dall’incombente possibilità del venire meno dell’esserci scaturisce l’ANGOSCIA – angoscia dello svanire imprevedibile e inevitabile nel nulla. PROBLEMA ® il cuore riesce a sopportare tutto, non si rompe, non viene meno, così tu senti tutto il dolore, niente ti è risparmiato. (pagina 17, secondo capoverso). PARADOSSO ESISTENZA ® sentire il proprio essere fragile, tenuto nel tempo di momento in momento, senza disporre di alcuna sovranità sul proprio divenire, e insieme trovarsi vincolati alla responsabilità di rispondere alla chiamata di fare forma al proprio essere. 2 Si nasce mancanti d’essere e inchiodati al compito di devenire il proprio essere – nessuno di noi appagato dal mero esistere. EDITH STEIN (1891-1942) ® “certezza del proprio essere” MA non è una certezza rassicurante, poiché diviene da subito certezza della fatica del proprio divenire e dell’impossibilità di sottrarsi a essa. LA DIREZIONALITÀ DELLA CURA LA CURA CHE CONSERVA LA FORZA VITALE Continuo dover procurarci cose che costituisce una necessità inaggirabile ® CURA della VITA = innanzitutto procurare cose che alimentano e conservano il nostro ciclo vitale. Cura come MERIMNA ® cura come il preoccuparsi di procurare ciò che consente di conservare la vita. Questo termine ricorre frequentemente nei Vangeli ® preoccupazione di far fronte al compito di vivere, di salvaguardare la possibilità di continuare ad esserci. Il nostro mancare di sovranità sulla vita genera inquietudini e paure. VITA BEATA = “sine angore curae” – senza l’angoscia della cura. Speranza di trovare la GIUSTA MISURA della CURA – tema della giusta misura di ARISTOTELE. LA CURA CHE FA FIORIRE L’ESSERE Compito uomo ® trovare la migliore forma del proprio esserci. HEIDEGGER ® cura si realizza come prendersi cura delle possibilità. Doppio senso di intendere la cura: 1. PROCURARE – emerge maggiormente negli studi della cura, come procurare quanto necessario al vivere – definito da DIEMUT ELISABET BUBECK “il lavoro necessario per conservarci e riprodurci”. 2. DEDIZIONE ESSERE UMANO non è un punto fermo nel divenire dell’essere ® NUCLEO d’ESSERE in CONTINUO DIVENIRE. È un essere in cerca della sua forma. MARIA ZAMBRANO (1904-1991)® il proprium della condizione umana è quello di SUBIRE la PROPRIA TRASCENDENZA – il proprio esserci è sempre ciò che è da essere, chiamato a divenire tutto ciò che non si è ma che si potrebbe essere. ANIMA che cerca il suo LOGOS è sempre in cerca della sua forma migliore. Quando l’anima si tiene in ascolto della sua sete di trascendenza ed esiste nella ricerca della sorgente cui attingere quel sapere che aiuta a trovare la giusta forma del vivere – allora è la più sapiente e la migliore. La cura è azione ontologica necessaria perché la vita umana è incerta e incompleta. STEIN ® “l’essere dell’io è un qualcosa che vive da un attimo all’altro attimo. Non può fermarsi, perché scorre inarrestabilmente. Così esso non giunge mai a possedersi veramente”. HEIDEGGER ® “cura significa tra l’altro tendere a qualcosa”. Il nostro esserci tende verso qualcosa che ancora non è. Avere CURA della VITA è dunque anche assumersi l’impegno di rendere attuale il possibile in modo da realizzare una vita che faccia fiorire il meglio dell’uomo e come tale sia degna di essere vissuta. Aver CURA dell’ESISTENZA è fare della vita un’unità viva. In vista dell’attualizzazione del proprio poter essere possibile – trova la sua più radicale enunciazione in PLATONE – dove troviamo SOCRATE impegnato a teorizzare la primarietà della cura di sé intesa come cura dell’anima. (pagina 25). CURA dell’ANIMA ® EPIMELEIA – indica quell’aver cura che coltiva l’essere per farlo fiorire. Risponde al desiderio di trascendenza (in questo contesto secondo il significato dato da ZAMBRANO – come l’andare oltre ciò che è dato), al bisogno di orizzonti di senso in cui attualizzare il proprio essere in quanto poter essere. VITA COME PROGETTO ® stare nel mondo secondo un progetto è un esistenziale, cioè un modo di esistere. La SOFFERENZA può rendere l’anima tanto affaticata da non vedere spiragli, la CURA è come LUCE che si distende nell’anima lasciando vedere uno spiraglio di altro. NON la LUCE FREDDA della CONOSCENZA (logos matematicos) MA la LUCE CALDA della RAGIONE SEMINALE (logos spermatikos) degli stoici. AVER CURA DELLE FERITE DELL’ESSERCI 5 Ci troviamo gettati nel mondo e a differenza degli altri esseri viventi, noi siamo abbandonati al compito di inventarci la forma del proprio esserci. BENE PIÙ GRANDE = LIBERTÀ. Per tutto il tempo della vista siamo costretti a misurarci con eventi e decisioni che non dipendono da noi – qualità condizionata della vita umana. ESSERE PUNTIFORME ® lo trovo e lo vivo nell’istante presente, schiacciato fra un passato di istanti che non sono più e un futuro che non è ancora. RILKE ® “l’esistenza è come sottoposta ad un vento perenne dove anche le costruzioni più solide finiscono per non resistere all’urto del reale”. Niente di quanto acquisito ha la minima garanzia di permanenza. ESSERE TEMPORALE ® è qualcosa che si trasforma immediatamente in non essere, una volta che nel presente in cui veniamo a trovarci prende forma una posizione d’essere, quella precedente non c’è più e presto anche questa scivolerà nel passato. Quindi la qualità ontologica dell’essere umano è un continuo oscillare tra l’essere e il nulla. NASSBAUM ® è alla ragione che ci affidiamo per ridurre il tasso di fragilità. PSUCHE ® in greco si dice così l’anima ma anche la farfalla che è metafora di quanto è delicata e fragile. L’esperienza, anche breve, del bene che ti può venire da un gesto di cura rimane nell’anima a nutrire di quella fiducia del possibile che sola aiuta a trovare l’energia necessaria a sostenere il lavoro di esistere. DEBOLEZZA ONTOLOGICA FRAGILITÀ e VULNERABILITÀ danno DEBOLEZZA ONTOLOGICA – conseguente al fatto che siamo esseri condizionati, poiché non solo ogni cosa con cui entriamo in contatto, MA anche ogni cosa che noi stessi costruiamo il lavoro, l’opera, l’azione diventano inevitabilmente qualcosa che condiziona la nostra esistenza. LIBERTÀ rimane un SOGNO. Nostra sostanza immateriale fatta di pensieri e di emozioni. I pensieri buoni e le emozioni buone nutrono la mente, MA ci sono pensieri ed emozioni che lavorano al negativo, procurando sofferenza alla carne dell’anima. INQUIETUDINE ® funzione essenziale di mettere in tensione l’esserci, lo rende aperto alla chiamata dell’ulteriore. Sentimento chiave dell’esistenza. HEIDEGGER ® individua nell’ANGOSCIA il sentimento che prende l’anima al pensiero della morte, parla di angoscia di fronte all’essere. Si fa esperienza dell’angoscia quando si prende coscienza di trovarsi in una realtà che è e diviene indifferentemente dai nostri progetti, quasi sorda alle nostre tensioni. Non ci è dato di esserci senza sentirci ® SENTIRE muove e orienta il proprio divenire, è necessario averne cura. DOLORE ONTOLOGICO ® il meditare radicalmente la nostra debolezza generata dall’inquietudine che ci accade di sentire indipendentemente da un atto del pensare e l’angoscia invade l’anima all’improvviso. SAPERE ® imparare a vedere le cose per quello che sono, sentire la qualità del reale. Consapevolezza della propria debolezza ontologica è come un macigno da sopportare. Da lì il pensiero cerca di fuggire in tutti i modi. Sostenere il lavoro del vivere e dedicare l’energia vitale a coltivare l’arte di esistere chiede di sapere resistere al dolore ontologico. Un RESISTERE che viene dal saper accettare fino in fondo la drammatica qualità della propria immanenza nutrendo insieme il desiderio di trascendenza. SAPER ACCETTARE nel senso del tenersi alla qualità del reale perché attenersi a quello che si è costituisce la condizione necessaria per individuare quella fessura di possibilità a coltivare il proprio desiderio, desiderio di bene, di eudaimonia. ORIZZONTE PARADIGMATICO ATTIVITÀ di PENSIERO ® trova la sua realtà nella FORMULAZIONE di CONCETTI. Pensare è il lavoro essenziale dell’esserci. Riferimento costante per l’elaborazione della TEORIA DESCRITTIVA della CURA ® ANALISI dei DATI raccolti nel tempo. Se la cura è primaria attività umana allora si deve analizzare qualcosa che è esempio di bene per tutti. Molta filosofia preferisce parlare di ragioni anziché di esperienza, ma così facendo perde spessore, perde quella realtà che sola dà misura al pensare. Pensare fedele alla realtà, capace di stare là dove ne va del senso delle cose, è spesso proprio quello più semplice. 6 L’ESSENZA DI UNA BUONA CURA Cercare una filosofia rigorosamente fondata della cura. QUESTIONI DI METODO CERCARE L’ESSENZA GENERALE Per agire bene è necessario avere conoscenza di ciò di cui ci si occupa – come disse SOCRATE. A quel punto si deve dire il resto con la mente rivolta a questa definizione. ESSENZA ® struttura intimamente di una cosa, costituita da quella serie di qualità essenziali che necessariamente la identificano, in quanto senza di essere non potrebbe esserci. Allora cogliere l’ESSENZA della CURA = definire le proprietà essenziali che la costituiscono, la sua essenza è ciò che permane dovunque la cura si realizza. HUSSERL ® “essenza è un’invariante, la forma universale necessaria senza la quale qualcosa come questa cosa sarebbe impensabile”. L’ESSENZA DEL CONCRETO Noi cerchiamo l’ESSENZA GENERALE-FORMALE della cura. Basarsi sul dato – fare un’ANALISI FENOMENOLOGICA del CONCRETO. ESSENZA del CONCRETO ® contingente e situata, costituita da quelle unità concretamente essenziali che qualificano uno specifico evento di esperienza. Evidenzia anche quelle proprietà che dipendono dal modo specifico del suo accadere, non fanno parte dell’essenza generale MA corrono a definire la sua ESSENZA SINGOLARE – che è concrezione particolare dell’ESSENZA GENERALE. Essenza del concreto si distingue dall’ESSENZA EIDETICA ® essenza in generale di una serie di fenomeni. FILOSOFIA FENOMENOLOGICA ® come scienza eidetica è interessata all’essenza generale intesa come l’insieme delle qualità universali e necessarie, FILOSOFIA dell’ESPERIENZA interessata al mondo quotidiano, dove la cura accade in una molteplicità di fenomeni differenti, ha necessità di concettualizzare un’idea di essenza capace di dire anche le qualità cangianti e mutevoli dell’esperienza. Per comprendere la qualità del reale ® necessario occuparsi dei singoli atti di cura. Tra il piano di ricerca dell’essenza generale della cura e il piano di indagine che ha per oggetto l’atto di cura realizzato da una specifica persona sono individuabili quelle che possono definire RAGIONI FENOMENICHE della CURA. Posta che esiste un’ESSENZA UNIVERSALE, un’ESSENZA REGIONALE e un’ESSENZA SINGOLARE, allora una ricerca realmente interessata alla verità dell’esperienza dovrebbe occuparsi dell’EIDOS GENERALE della CURA, delle varie idee della cura e dell’essenza dei singoli concreti atti di cura. EIDOS = qualità essenziali generali. SEMI DI METODO Alla FENOMENOLOGIA non interessano le QUALITÀ CONTINGENTI ® caratterizzano un fenomeno nella sua singolarità, non sono generali e quindi non sono valide ai fini della costruzione di un sapere fondativo. FILOSOFIA dell’ESPERIENZA ® comprendere le qualità dei fenomeni che si incontrano nella vita ordinaria, sono importanti anche le QUALITÀ CONTINGENTI. Quando si parla di DIFFERENZA tra ESSENZA GENERALE ed ESSENZA del CONCRETO ® distinzione tra: - PENSIERO TEORETICO (con oggetto l’essenza generale), l’analisi teoretica individuare le qualità essenziali della cura indipendentemente dalle singole situazioni in cui può accadere; - PENSIERO EMPIRICO (con oggetto l’essenza del concreto), la ricerca empirica dedica attenzione alle situazioni in cui le persone mettono in atto azioni di cura. HUSSERL ® ipotizza che le essenze siano oggetto di un atto intuitivo – visione platonica delle idee. FENOMENOLOGIA EIDETICA HUSSERLIANA ® obiettivo d’indagine la ricerca dell’essenza di un fenomeno da cogliere nella sua purezza. Obiettivo però non raggiungibile. SCIENZA EIDETICA ® il modo del suo pensiero si muove lontano dall’esperienza perché attinge a un piano “più generale” e 7 l’atto cognitivo che attinge al generale è specificatamente l’INTUZIONE d’ESSENZA. Conferisce così al sapere eidetico il carattere di scienza. Non vi è una cesura netta fra la SCIENZA EIDETICA e la SCIENZA EMPIRICA perché non c’è la conoscenza impura del dato d’esperienza e l’intuizione pura dell’essenza. HEIDEGGER ® “l’essenza la possiamo ricavare solo mediante una considerazione comparativa di molte unità”. ESSERE REALISTICI ® data una realtà, la conoscenza consiste nel cogliere le sue qualità. Non esiste un pensare sganciato dall’esperienza, esistono però differenti tipo di pensiero: quello più esperienziale e quello via via più astratto. Filosofia della cura che intende costituirsi come sapere fondato non può che coltivare i due differenti piani dell’indagine: - Mirare a definire l’essenza generale tenendo lo sguardo sempre radicato nel concreto ed esaminare la molteplice fenomicità concreta misurando continuamente i prodotti degli attivi cognitivi che analizzano l’esperienza con l’idea di essenza generale che si va configurando nella mente. - Muoversi dialogico ricorsivo fra i differenti piani della vita della mente è il tratto specifico di un’interpretazione del metodo fenomenologico che coniuga il principio d’obbedienza alla realtà nel suo concreto accadere con l’esigenza di una teoria dal valore quanto più possibile generale. ARENDT ® la mente umana capace di cogliere l’essenza delle cose che ci circondano, precisamente di tutto ciò che noi non siamo, mentre non sarebbe in grado di comprendere l’essenza della natura umana, perché solo un altro ente che non condivide la nostra condizione può comprendere ciò che intimamente ci costituisce. L’ESSENZA GENERALE-FORMALE DELLA CURA PERIMETRO EPISTEMOLOGICO L’individuazione dell’ESSENZA è condizione per parlare con precisione delle cose con le quali si è in rapporto nel quotidiano. HEIDEGGER ® definire un fenomeno nella sua struttura essenziale è azione necessariamente preliminare alla descrizione del fenomeno nei modi del suo accadere nel particolare. Essenziale definire l’ESSENZA GENERALE. MAYEROFF (1925) ® “cura come azione che aiuta l’altro a crescere e ad attualizzare sé stesso” – pensa ad una cura a partire dalla presupposizione che sia una relazione che si snoda in un tempo lungo, come quello proprio della pratica educativa. Definizione generale della cura dall’analisi eidetica ® individuare le caratteristiche che valgono per ogni azione di cura e che quindi un fenomeno deve possedere interamente per essere definito come cura. Diventando la filosofia una filosofia dell’esperienza. Quindi la CURA riguarda l’ESPERIENZA UMANA – indicare se è intima o relazionale; noetica, affettiva o pratica. LA QUALITÀ ESSENZIALE CURA come PRATICA ® è qualcosa che si fa nel mondo in relazione con altri. JOAN TRONTO (1952) ® CURA come IMPEGNO – implica una forma di azione e la considera sia una PRATICA sia un DISPOSIZIONE. VIRGINIA HELD (1929) ® riconosce che la CURA è una PRATICA. MA dice che allo stesso tempo è un VALORE. MICHEAL SLOTE (1941) ® CURA è un ATTEGGIAMENTO MOTIVAZIONALE. LAWREN BLUM (1943) ® CURA è una VIRTÙ. NODDINGS ® distingue: - NATURAL CARING azione che emerge spontaneamente quando si percepisce nell’altro il bisogno di ricevere atti di cura. - ETHICAL CARING ha i tratti dell’agire mosso dal senso del dovere. LO SPAZIO DELL’ACCADERE? L’aver cura generalmente avviene in una RELAZIONE fra chi ha cura e chi riceve la cura. 10 Cosa e come fare perché all’altro arrivi del bene? ® serve meditare su cosa significhi procurare ciò che fa bene. Assumendo una dimensione etica la cura si rivela in tutta la sua problematicità. CURA = VALORE PRIMARIO per la vita. Sta quindi in relazione con la questione del sapere in che cosa consiste il bene. PLATONE ® l’IDEA di BENE costituisce quel chiaro che serve per sfuggire a ciò che fa più male ® la CECITÀ SPIRITUALE. Problema che sorge con SOCRATE ® alla mente umana non è accessibile un’idea del bene chiara. SE fosse in nostro potere acquisire tale idea, potremmo diventare esperti nella misura prima di ogni cosa, allora ogni azione si muoverebbe nella giusta direzione. Quindi VITA UMANA è MANCANTE ® manca del sapere primo di cui avrebbe bisogno. URSULA WOLF (1951) ® attribuisce a KANT l’abbandono da parte della filosofia della domanda di cosa sia il bene, a partire dalla domanda su cosa sia la vita buona non c’è la possibilità di trovare una risposta fondata, KANT stabilisce che la domanda etica accessibile al ragionamento umano debba essere più ristretta e la configura come domanda sulla retta convivenza. Sul suo seguito la filosofia moderna contemporanea tende a concentrarsi sulla questiona della giustizia piuttosto che a prendere in esame l’idea di una buona qualità della vita. Nel dibattito contemporaneo si oppone all’ETICA della GIUSTIZIA, l’ETICA della CURA – definita qualcosa di debole che non può orientare la vita pubblica – rimettono di nuovo tra parentesi come KANT la questione troppo difficile del bene. La FILOSOFIA della CURA può dare nuova sostanza alla filosofia morale, una sostanza viva e creatrice di nuovi modi dell’esserci. TENERSI NELLA DOMANDA QUASIMODO (1901-1968) ® “condizione umana sconfitta da domande aperte”. SOCRATE ® “le opinioni senza vera scienza sono tutte brutte” – piuttosto che confezionare affermazioni non attendibili è meglio tacere e perseverare nella ricerca accettando lo scarto fra il proprio desiderio e quanto possiamo raggiungere. La ragione umana conosce forma di pigrizia che le fanno preferire quelle forme di chiarezza che trova già disponibili rispetto alla fatica dell’andarle a cercare. Necessario un PROVVISORIO PUNTO FERMO nella ricerca del bene per raggiungere poi il vero bene. TEORIA PLATONICA della PAIDEIA ® la formazione si realizza autenticamente proprio quando si occupa di coltivare una precisa postura della mente, che consiste nello stare impegnata a interrogare le questioni essenziali dalla cui disamina dipende il fare chiaro sui problemi del vivere. Il PENSARE è consustanziale alla pratica dell’aver cura ® perché una buona pratica di cura sta in relazione con la ricerca del bene e se il bene è la questione prima da pensare che continuamente chiede di essere interrogata. In greco diverse parole indicano il pensare: - PENSARE LOGICO - logizomai - PENSARE che ha CURA – meletao e frontizio DOVE NE VA DEL BENE PROBLEMA ® il bene si eleva al di sopra dell’essere, per questo non può essere conosciuto. MA inevitabile analizzare la cosa se si sa che è essenziale quando si parla della cura. ARISTOTELE ® il bene nella vita umana si realizza quando si vive bene e si agisce bene, per lui VIVERE BENE e FARE il BENE sono la stessa cosa, inoltre se si assume che AGIRE BENE significa AGIRE SECONDO VIRTÙ allora agire alla luce della passione per il bene = agire con virtù. Se si assume il presupposto aristotelico allora l’AVER CURA = cercare ciò che è bene per la vita, è nella sua essenza un agire secondo virtù. MURDOCH (1931) ® METAFORA del SOLE riprendendo PLATONE – capire cosa è il bene è come guardare il sole, ma noi non possiamo guardare il sole direttamente, ci è consentito solo stare alla sua luce. Senza la PASSIONE la vita non si trasformerebbe, non troverebbe la forza per andare in cerca di altre forme dell’essere. Non si sopportebbe nemmeno la fatica e la sofferenza che implica il coltivare l’integrità del nostro essere. È l’energia necessaria per iniziare i processi di trasformazione – PROBLEMA – darle il giusto orientamento. Solo una vita rischiarata dalla passione per il bene è degna di essere vissuta. 11 Se più persone si impegnassero nella cura nutrendo la passione per il bene si potrebbe avere un mondo certamente migliore. A MARGINE Concetto di BENE è smisurato per la mente umana – intimorisce in quanto costringe il pensiero ad un azzardo. Vale il concetto di ARISTOTELE, in questo contesto, di stare ai LEGOMENA – alle cose che si dicono, quindi alle parole che dicono il senso dell’esperienza della cura da parte di chi si trova nella posizione privilegiata di fare pratica di cura. IL NOCCIOLO ETICO DELLA CURA AL CUORE DELLA CURA Essere alla ricerca di ciò che fa bene significa dare un orientamento etico all’esistenza. Necessario cercare l’essenza del cuore etico della pratica di cura. Per fare ciò necessario il PRINCIPIO di EVIDENZA e il PRINCIPIO di TRASCENDENZA (impone di lasciarsi guidare dai fili di evidenza per andare a cogliere anche ciò che la mente non vede immediatamente). Concrezione della struttura formale della cura: - MODI di ESSERCI ® sono le immediate evidenze fenomeniche dell’agire con cura. - POSTURA dell’ESSERCI ® sono al di qua dell’azione e costituiscono l’humus generativo che prepara l’azione di cura, possono essere definite come evidenze fenomeniche trascendenti, che risultano rilucere nei modi di essere. Diverse posture dell’esserci in cui si condensa l’essenza etica della cura: sentirsi responsabile, condividere con l’altro l’essenziale, avere una considerazione reverenziale per l’altro, avere coraggio. SENTIRSI RESPONSABILE PER L’ALTRO L’agire con cura per l’altro è mosso dal senso di responsabilità per l’altro. L’ESSENZA DELLA RESPONSABILITÀ RESPONSABILITÀ ® dal latino respondere (rispondere ad una chiamata), significa rispondere attivamente al bisogno dell’altro, con premura e sollecitudine. La responsabilità di chi ha cura si manifesta secondo gradualità diverse a seconda della condizione di bisognosità in cui si trova l’altro. - RESPONSABILITÀ DIRETTA dell’altro – livello di autonomia dell’altro è scarso. - RESPONSABILITÀ INDIRETTA – chi ha cura interpreta il proprio agire come un mettere l’altro nelle condizioni di potersi assumere la responsabilità di sé. Rispondere alla chiamata della responsabilità = ESSERE PER ALTRI. LÉVINAS ® “infinita responsabilità dell’io davanti agli altri”. Però il problema è che l’infinito non appartiene all’essenza della condizione umana. BUONA CURA ® cura giusta che risponde al bisogno dell’altro secondo la misura necessaria. Quindi concepire l’essere responsabile a partire dall’idea di infinito crea uno sconvolgimento dell’ordine ordinario delle cose. MA per LÉVINAS non tutto ciò che non ha misura è rischioso per l’essere umano. IRIS MURDOCH (1919-1999) ® AGENTE MORALE ATTIVO = cessare di essere allo scopo di occuparsi dell’esistenza di qualcosa d’altro: un oggetto naturale, una persona in stato di necessità. La richiesta di cessare di essere non è praticabile. Si può imparare invece a vedere il proprio EGOISMO per tenerlo sotto controllo. SE l’imperfezione è inevitabile, altrettanto inevitabile è trovarsi continuamente a dover tenere l’attenzione sull’altro per comprendere cosa in realtà accade e cosa si ha da fare. In questo senso la conoscenza attenta all’altro nella sua unicità può essere considerata una forma di amore. “La realtà viene rivelata all’occhio paziente dell’amore”. ALLA RADICE DEL SENSO DI RESPONSABILITÀ Cogliere la qualità dell’esserci dell’altro. L’ESSERE è CON-ESSERCI ® è sufficiente a sé stesso, non basta a sé stesso, c’è bisogno di altri e l’altro ha bisogno di me. 12 ELENA PULCINI (1950-2021) ® “potenza della debolezza” – nella DEBOLEZZA dell’ALTRO c’è un appello inconfutabile alla responsabilità. Il SENSO di RESPONSABILITÀ necessita di una precisa posizione del pensiero. Avvertire la debolezza ontologica dell’altro avrebbe il potere di fare avvertire vincolante l’assunzione di responsabilità per l’altro. DISPOSIZIONE alla RESPONSABILITÀ ® quando si coglie nell’altro una CONDIZIONE di BISOGNOSITÀ. Necessario non pensare alla responsabilità solo in relazione ad una situazione di difficoltà dell’altro – è anche un far rifiorire le possibilità dell’essere. A generare la disposizione ad assumersi la responsabilità di esserci per l’altro è un orientamento preciso della vita della mente: la PASSIONE per il BENE. SENTIRSI TOCCATI dall’ALTRO ® il sapere non è sufficiente a mettere in movimento l’essere, ci deve essere un SAPERE SENSIBILE che sente la qualità del vissuto dell’altro. Può prendere la forma dell’EMPATIA (quando la bisognosità dell’altro è al positivo) o della COMPASSIONE (quando il bisogno dell’altro segnala una situazione di difficoltà che rivela il suo trovarsi a subire una forma di ingiustizia). PULCINI ® “la vulnerabilità dell’altro stimola il sentimento emotivo, mobilita il nostro lato emotivo, fornisce un fondamento affettivo e una motivazione all’agire responsabile”. La RAGIONE MORALE è SENSIBILE. Attenzione al ruolo dei sentimenti – in JONAS ® AMORE importante sentimento morale, fondamentale per l’etica familiare e politica perché accomunati dall’amore per l’oggetto, amore per gli intimi e amore per la comunità. PULCINI ® “amore elemento costitutivo della cura dell’altro, una spinta motivazionale verso l’imperativo etico, verso il dovere della responsabilità”. MURDOCH ® la filosofia morale può prendere consistenza solo se assume come centrale il concetto di amore. Nella modernità con AMORE indichiamo le RELAZIONI PRIVILEGIATE. MA se prendiamo la traduzione del greco antico: - EROS indica una passione da considerare relativa solo a una specie particolare di relazioni connotate da una particolare intimità. - AGAPE amore inteso come protezione, cura, benevolenza piuttosto che passione. In latino l’equivalente è DILIGO. Da tenere però fuori dal discorso che mira a definire l’essenza generale della cura. Per JONAS l’amore, comunque, è un elemento opzionale, la fonte della responsabilità rimane dall’evidenza della debolezza ontologica dell’altro. In primo piano il ruolo essenziale dei PENSIERI. MA problema sta nel trovare la giusta relazione tra pensare e sentire. SENTIRE non è qualcosa che si aggiunge al PENSARE MA è una sua parte strutturante. COMPASSIONE ® emerge se alla base c’è un’idea di GIUSTIZIA. Alla base della responsabilità c’è un sentire con il cuore. La vita del pensare è tutt’uno con il fluire della vita affettiva. INDIGNAZIONE ® conseguente al valutare la situazione dell’altro come ingiusta e implica il tenere in alta considerazione il suo benessere. Decisivo è saper vedere nell’altro il valore che lo rende sacro, inviolabile. OBBEDIRE ALLA REALTÀ TROVARSI OBBLIGATI LÉVINAS ® obbliga a ripensare un certo modo forse troppo intellettualistico e logicizzante di concettualizzare la responsabilità. Secondo lui la responsabilità salta ogni passaggio di mediazione della ragione in quanto quando l’altro entra nel mio spazio mi obbliga ad essere responsabile – imperativo che viene prima del pensare. Questa impostazione implicherebbe una passività più passiva di ogni passività. La responsabilità per gli altri concepita come un debito contratto prima di ogni libertà, prima di ogni coscienza. NODDINGS ® parla di obbligazione alla responsabilità, indica un sentire nell’intimo un “tu devi” che è una risposta al bisogno di cura concreta che si sente nell’altro. 15 UNA STRAORDINARIA ORDINARIETÀ Dedicare TEMPO significa donare ciò che nella vita è essenziale ® il tempo appunto, perché la materia della vita è il tempo. DONARE ® inteso come dedicare all’altro pensieri ed emozioni è l’essenza della cura. ESSERE EFFICIENTI ® richiesto dall’imperativo dichiarato e tacito, cioè non perdere tempo. LOST CARE ® un fare che smarrisce la pratica dell’aver cura – tenere il tempo per sé non è un guadagno MA un consumo entropico che non restituisce alcun guadagno di senso. ARISTOTELE ® due differenti tipologie di BENI: - STRUMENTALI funzionali a qualcosa di altro - BENI in SÉ si scelgono per sé stessi quindi hanno valore in sé L’AGIRE DONATIVO della cura trova il suo senso in un PIACERE ETICO ® il piacere che viene dal sapere di fare ciò che è essenziale fare. È un vissuto della coscienza che sembra essenziale esperire perché si possa trovare la forza vitale per fare l’essenziale del necessario. Chi agisce in modo donativo ragiona secondo una grammatica etica che disordina il modo ordinario di pensare, proprio perché nel donare non sente di fare qualcosa di eccezionale, ma semplicemente ciò che è necessario. KANT ® pensava all’IMPERATIVO in etica – l’assenza dei pensieri che generano l’agire etico. MA è diverso dal senso di IMPERATIVITÀ dell’etica della cura – per chi ha cura l’imperativo viene dall’altro che incontriamo, dal bisogno che sentiamo nel suo sguardo e nelle sue parole di quel buono che è per la vita di ciascuno qualcosa di irrinunciabile. LA NECESSITÀ VITALE DEL DONO Ci sono momenti e situazioni della vita in cui l’atto donativo della cura è assolutamente necessario. Ricevere il dono di atti di cura fa sentire di avere valore ed è sentendo il proprio valore che si trova la forza di esserci con senso. Quando invece questo dono di attenzione è mancante, il senso di privazione di qualcosa di essenziale si patisce nel profondo dell’anima. Il buono può arrivare in ogni momento – non ha bisogno di molto, sta nel poco. AVVICINARE L’ALTRO CON REVERENZA RESPONSABILITÀ e GENEROSITÀ strutturano una buona cura se sono intimamente connesse alla capacità di avere rispetto per l’altro – quel rispetto che è REVERENZA. AVERE RISPETTO ® consentire all’altro di esserci a partire da sé e secondo il suo modo di essere. LÉVINAS ® “la collettività nella quale dico ‘tu’ o ‘noi’ non è un plurale di ‘io’” – necessità di salvare le differenze, di saper vedere l’altro nel suo profilo originale per poi lasciare spazio alla sua alterità. INUMANITÀ ® accade ogni volta che all’altro viene negata la possibilità di esserci secondo il suo proprio desiderio. L’ESSENZA DEL RISPETTO RISPETTO ® si esprime nei GESTI e nelle PAROLE – si manifesta nell’avvicinare l’altro con delicatezza e nel sapere essere ospitali della soggettività dell’altro. È OSPITALITÀ ® lasciare che l’essere dell’altro mi parli e che sporga sui modi del mio pensare. VIOLENZA CONCRETA ® toglie spazio vitale all’latro o che ferisce il suo corpo. VIOLENZA INTANGIBILE ® quando con il mio linguaggio impedisco all’altro la sporgenza del suo essere sul mio pensiero che pretende di contenerlo dentro le mie teorie o dentro i miei schemi interpretativi. AVERE RISPETTO per il CORPO dell’ALTRO ® esercitare la cura con una vicinanza partecipe ma allo stesso tempo discreta. Il modo d’esserci dell’incontro fra corpi con accoglienza e rispetto è simboleggiata dalla CAREZZA ® attestazione di una prossimità piena di premuta, che sa testimoniare un’attenzione sensibile all’altro senza nulla cercare e nulla pretendere. Il difficile da parte di chi ha cura è tenere la relazione nella giusta misura fra il rispondere attivamente alla bisognosità dell’altro e l’agire senza diminuire la sua posizione di soggetto, la sua sfera di autonomia, la sua possibilità di fare da sé. 16 RELAZIONALITÀ GENERATIVA ® quando chi-ha-cura è capace di un’apertura all’altro libera da modi di appropriazione dei suoi spazi esperienziali e da quelle forme di intrusività che arrivano a spodestare l’altro di quella responsabilità di sé che gli/le appartiene intimamente. RELAZIONE di RISPETTO ha bisogno anche della capacità da parte di chi-ha-cura di sottrarsi all’eventuale tendenza ad annullare la propria identità nell’altro attraverso una disponibilità smisurata, che in quanto tale non è giusta. Buona azione di cura capace di fecondare l’essere dell’altro ha necessità in primis del rispetto per sé. EQUILIBRIO si concretizza nel sapere stabilire la giusta distanza o la giusta vicinanza. RISPETTO è operazione del PENSARE ® operazione che consiste nel non assimilare la singolarità dell’altro dentro concettualizzazioni generali in cui la sua unicità diventa invisibile. Siamo esseri plurali (condividiamo le qualità essenziali della condizione umana) MA poi ciascuno interpreta in modo originale l’essere nel mondo. AVERE RISPETTO ® accogliere ognuno nella sua unicità, lasciare che venga alla presenza nelle sue proprie possibilità di essere. Se non ci cerca di incontrare l’altro nella sua singolarità non si può avere cura autentica proprio perché l’alterità dell’altro viene a mancare. RELAZIONE di CURA = l’uno con l’altro. Per LÉVINAS l’etica è come una relazione “faccia a faccia”. È sempre difficile stare in relazione con l’altro salvaguardando la sua differenza. Più si tende ad affidarsi al sapere generale senza dedicare tempo ed energia a cercare di cogliere l’essenza individuale dell’altro e su questa conoscenza personalizzata modulare il proprio agire, più si rischia una forma di violenza sottrattiva, cioè un togliere all’altro quello che è suo proprio. Prima forma di rispetto si realizza in quel PENSARE al SINGOLARE. Per interpretare la declinazione del rispetto come accoglienza dell’altro nella sua singolarità si dovrebbe riuscire a pensare l’altro a partire dall’idea di infinito – cioè concepire l’altro e tenerlo trascendente, salvaguardarlo dall’essere afferrato dentro i propri dispositivi epistemici. pensare l’altro a partire dall’idea di infinito significa prendere atto del limite di ogni conoscenza e quindi dell’obbligo a pensare sempre daccapo, evitando di intrappolare il processo di comprensione dell’altro nelle maglie omogeneizzanti delle teorie già date. LA RADICE DEL RISPETTO Alla radice della CAPACITÀ di AVERE RISPETTO c’è l’idea dell’altro come ente intrinsecamente di valore con il sentire l’imperativo della “inviolabilità dell’altro” che obbliga al massimo rispetto. L’altro come avente valore. Sentire il valore dell’altro situa la relazione dentro la dimensione del SACRO ® non è solo nella dimensione trascendente MA è nella vita. La CURA è partecipazione del sacro che c’è nell’altro. Dove c’è il sacro c’è il MISTERO. Nel disegnare l’essenza etica della cura è risultato che le POSTURE d’ESSERE che le qualificano sono definite anche VIRTÙ – per ARISTOTELE: VIRTÙ ETICHE e VIRTÙ DIANOETICHE. I CONCETTI con cui pensiamo la realtà e le PRATICALITÀ COGNITIVE con cui elaboriamo la conoscenza hanno forti implicazioni etiche e dal momento che la cura è etica nella sua essenza richiede un pensare eticamente informato. AVERE CORAGGIO ELENA PULCINI ® “soggetto postmoderno come un individuo mosso da un impulso illimitato all’autorealizzazione, entropicamente chiuso nel circuito autoreferenziale dei propri desideri che esclude ogni alterità, indifferente alla sfera pubblica e al bene comune e incapace di progettualità”. CHARLES TAYLOR (1931) ® INDIVIDUALISMO porta a una progettualità esistenziale tutta concentrata sul sé rispetto a cui gli altri restano mere comparse. “Individualismo modo di pensare la vita centrato sul sé, che appiattisce e riduce le nostre vite, impoverendole di significato e rendendole meno attente agli altri”. Ci sono casi in cui l’azione di CURA assume una VALENZA POLITICA ® si esprime come denuncia delle situazioni di incuria che provocano inutile sofferenza nel malato. Atti di cura che richiedono CORAGGIO. PARESSIA ® dire come stanno veramente le cose trovandosi a parlare in una posizione si svantaggio rispetto al proprio interlocutore, rischiando quindi la propria posizione. È una PRESA di PAROLA PUBBLICA mossa dall’esigenza di DENUNCIARE ciò che non va e riporta lo sguardo dell’altro sulla verità delle cose a partire da una situazione di asimmetria di potere, comportando un rischio per il parlante. 17 Atto di cura perché mosso dall’intenzione di innescare un processo di trasformazione delle cose. CORAGGIO perché si sente che non c’è altra opzione compatibile con il bisogno di cura dell’altro. ARISTOTELE ® distingue due tipi di VIRTÙ nella sua teoria etica: - Virtù che ciascuno mette in atto verso sé stesso, quando esercita la cura di sé. - Virtù messe in atto nei confronti degli altri. Le virtù più importanti. Le virtù che si realizzano nello spazio relazionale sono quelle in sé complete, anche se massimamente difficili da realizzare perché lo spazio relazionale è imprevedibile e incontrollabile. IL FARSI CONCRETO DELL’ESSENZA DELLA CURA Poiché l’esserci di ciascuno si rivela sempre nelle sue maniere di essere, la pratica di cura può essere compresa dalla sua essenza se s’individuano i modi di esserci che la disvelano. Compiuta da un’INDAGINE FENOMENOLOGICA capire quali sono i modi di essere o INDICATORI COMPORTAMENTALI della CURA (maniere d’essere che rendono evidente all’altro l’intenzione di chi-ha-cura di provocare beneficio) che attestano responsabilità, rispetto, condivisione generosa con l’altro e coraggio. Ordinano i modi di essere della cura: - RICETTIVITÀ fare posto dentro la propria mente all’essere dell’altro - RESPONSIVITÀ mettere in atto azioni concrete a favore dell’altro. PRESTARE ATTENZIONE TENERE LO SGUARDO SUL REALE ATTENZIONE ® “ricettività portata all’estremo” (ZAMBRANO) – disporre la mente a ricevere il massimo di realtà possibile. Gesto cognitivo primario. Per HEIDEGGER “l’attenzione è dare ascolto e osservanza agli altri”. L’attenzione è un GESTO ETICO – tenere nello sguardo l’altro è la prima forma di cura. La mancanza di attenzione è un’esperienza minacciosa per l’identità personale perché senza di essa sembra di non esistere. L’attenzione come gesto di cura è un’intensa concentrazione sull’altro. Per IRIS MURDOCH “l’attenzione è come uno sguardo giusto e amorevole diretto a una specifica realtà individuale” – caratteristica propria di un agente morale. Prestare attenzione è quindi in sé una postura morale della mente e del cuore. L’etica è qualcosa che ci riguarda in ogni momento. L’attenzione sensibile all’altro è un gesto etico imprescindibile e in quanto tale è il pane quotidiano della cura. L’attenzione accompagna ogni momento dell’aver cura. Per aver cura dell’altro è necessario saper vedere l’altro e il realismo (capacità di percepire la realtà), richiede l’esercizio di attenzione (intesa come distrazione da sé e concentrazione sul reale). NODDINGS ® parla di DISPLACEMENT – indicare come l’attenzione dell’aver cura sia uno spostare l’interesse da sé all’altro. L’attenzione che ha cura ha la sua matrice generativa non solo nel riconoscimento del valore dell’altro, ma anche nel sapere e nell’accettare che la necessità prima è la necessità di bene. CON FEDELTÀ ALLE COSE ZAMBRANO ® “l’attenzione è una tensione, uno sforzo” – per accadere come piena concentrazione sull’altro richiede la messa in parentesi dell’io. MURDOCH ® “come purificare l’attenzione e renderla più realistica?” – non può esserci attenzione come modo di esserci della cura se non c’è anche la disciplina della riflessione critica su di sé. Nostra incapacità di sopportare troppa realtà allora in certi momenti di cerca rifugio nell’immaginazione, per raffigurarsi una realtà che produce consolazione. La fatica dell’attenzione emerge soprattutto quando la realtà su cui teniamo lo sguardo è una situazione di sofferenza. Tenere lo sguardo attento sul dolore richiede resistenza al cuore e lealtà alla mente. La mente però ha bisogno anche di guardare altrove, ha bisogno di tenere lo sguardo su ciò che costituisce il principio d’ordine dell’essere, cioè sull’idea di bene. È solo nel dialogo continuo fra piano dell’immanenza e piano della trascendenza che l’attenzione trova il suo ordine. ATTENZIONE coltivata nel suo PIENO solo se sa stare sia nel mondo delle cose che accadono nel concreto sia nel mondo delle idee. ASCOLTARE 20 La comprensione di quello che sentiamo è essenziale per situarci come soggetti relazionali utilizzando al meglio le risorse dell’essere La riflessione quasi contemporanea al vissuto è la sola possibilità di salvare la relazione di cura dalle distorsioni che possono accadere. SENTIRE CON PREMURA È evidente che la qualità emozionale di una relazione svolga una funziona essenziale. Quando non si fa esperienza primigenia del sentirsi accolti, si sperimenta un senso di insicurezza che rende l’anima contratta e nello stare contratta fatica a mettere radici – così si viene colti dall’angoscia e non si da forma compiuta al proprio essere. WINNICOTT (1896-1971) ® tesi dell’importanza di una buona relazione con la madre come condizione necessaria per un sano sviluppo psichico – sentire la felicità della madre nel prendersi cura di noi aiuta ad aprirsi positivamente alla vita. Ruolo delle ESPERIENZE PRIMARIE: - Nascita biologica - Nascita al mondo esterno quando si inizia ad andare a scuola. Generativa è la figura del docente che da fiducia e che sa sintonizzarsi sull’altro. Il docente competente sa trovare il giusto equilibrio fra l’adeguarsi all’immanente qualità dell’esserci dell’altro e il nutrire una tensione a trascendere il già dato per l’ulteriore. La severità e la fermezza diventano modi di cura quando sono nutriti da delicatezza e fiducia nell’altro. FIDUCIA ® ci fa aprire all’altro e da adulti ci fornisce l’energia necessaria a legarci in un atto d’amore. Chi-ha-cura riesce a comunicare fiducia solo se sa accettare l’altro nel suo proprio esserci. Il sentirsi conciliati con l’esserci fa esperire quella forma di distensione che sola consente all’anima di trovare l’energia vitale necessaria al movimento del vivere. ACCETTARE ® realisticamente sapere che si deve partire da quello che si è. Accettare la realtà per come è significa cercare fili differenti con cui tessere il tempo partendo però da dove l’esserci è. ESSERCI IN UNA DISTANTE PROSSIMITÀ NODDINGS ® una delle qualità essenziali di una buona pratica è l’impegno a predisporre le condizioni affinché l’altro non arrivi a danneggiare sé stesso - CURA che svolge una funzione di PREVENZIONE. Per chi adotta una posizione ispirata al LIBERALISMO nessuno ha diritto di intervenire sulle decisioni che una persona prende su di sé – anche quando rischia di danneggiare sé stessa. Due differenti posizioni – PROBLEMA ® capire in quali situazioni e in quale misura chi-ha-cura può e deve intervenire circa le decisioni che l’altro prende per sé. Certe azioni normalmente definite di cura possono essere dannose ® FORME PATOLOGICHE di CURA. Trovare la giusta misura con l’altro – lasciar essere l’altro non come abbandono, ma stando IN PROSSIMITÀ ® fare in modo che l’altro ti senta raggiungibile e disponibile. La cura richiede una PRESENZA DISCRETA. DANIEL SIEGEL (1957) ® ALLINEAMENTO EMOZIONALE che consente una forma non-verbale di comunicazione con l’altro. VICINANZA DISCRETA ® fornisce tutto il sostegno possibile all’altro senza ridurre lo spazio nel suo libero movimento. HEIDEGGER ® c’è anche una forma di cura che si declina nella forma dell’intromettersi al posto dell’altro, sostituendosi in quell’aver cura-di-sé che all’altro appartiene come proprio. Questo agire sottraendo all’altro la responsabilità della cura provoca di fatto una espropriazione ontologica. Nella CURA EDUCATICA rischio di espropriazione ontologica dell’altro. Nella CURA della SALUTE il medico o l’infermiere si trovano nella condizione di doversi sostituire all’altro quando questi non è in grado fisicamente e/o psichicamente di aver cura di sé. Però c’è l’EDUCAZIONE del PAZIENTE ® per facilitare lo sviluppo di una padronanza su di sé per acquisire la capacità di aver cura del proprio esserci. CON DELICATEZZA E CON FERMEZZA EVA KITTAY (1946) ® definisce il lavoro di cura come DEPENDENCY WORK e quelli che si assumono il compito di fare lavoro di cura come DEPENDENCY WORKERS. 21 Chi-chiede-cura è vulnerabile quindi trattare con l’altro richiede tatto e DELICATEZZA (che è espressione di tenerezza). Avvicinare l’altro senza mai dominarlo. Noi siamo ESSERI SPIRITUALI perché siamo capaci di parola – “le parole sono lo spirito” (MURDOCH) attraverso le parole la nostra sostanza spirituale prende forma. TENEREZZA per LÉVINANS ® “la tenerezza si manifesta al limite dell’essere e del non essere, come un dolce calore in cui l’essere di disperde per irraggiamento”. La profondità della dimensione della tenerezza impedisce di confonderla con la gentilezza. DIEMUT BUBECK ® si può parlare di cura solo quando l’altro manifesta bisogni che non può soddisfare da sé, in caso contrario quello che ci viene richiesto non è cura ma servizio. Sottostare a un eccesso di richieste da parte di chi riceve cura comporta un’EROSIONE di energie. AGIRE con FERMEZZA ® saper dire di no quando è necessario alle richieste dell’altro. KITTAY ® RISPETTO per SÉ – chi ha cura per agire bene è tenuto a coltivare le virtù verso di sé e tra queste vi è il rispetto di sé. LA FATICA DELLA CURA IL DIFFICILE DELLA CURA RICONOSCIMENTO ® c’è quando l’altro mostra di accettare positivamente il nostro agire, con le parole o con i gesti. Il difficile dell’agire con responsabilità è che la vigilanza dovrebbe essere continua anche perché il gesto e la parola apparentemente più insignificanti possono generare processi di un certo rilievo per la qualità dell’esserci dell’altro e della relazione di cura nel suo insieme. HANNAH ARENDT (1906-1975) ® è importante sapere che nel caso non si raggiunga l’esito atteso, si può essere perdonati. Il limite del suo pensiero è quello di avere come riferimento un soggetto autonomo, pienamente consapevole e libero di muoversi. La realtà però non corrisponde a questa immagine, le relazioni non accadono sempre fra soggetti capaci di paritaria negoziazione, le relazioni di cura sono asimmetriche. Il potere di cura è inscindibile da una condizione di aumentata vulnerabilità conseguente alla non sovranità che si deve sopportare rispetto alle azioni. LA RAGIONE NECESSARIA DELLA CURA Mantenersi nella responsabilità della cura è difficile ® perché non si controlla l’azione, non si può sempre essere perdonati, può accadere di non trovare riconoscimento. Se la preoccupazione di ogni essere umano è quella di ridurre le condizioni che incrementano il tasso di vulnerabilità del vivere e le relazioni di cura provocano un aumento della vulnerabilità, cosa spinge a questo rischio? PASSIONE per il BENE. Però cercare il bene è spesso un azzardo visto che non abbiamo l’idea chiara di cosa sia. MA essere azzardati è inevitabile perché è consustanziale all’essere. TZVETAN TODOROV (1939-2014) ® TENTAZIONE del BENE – la fa coincidere con la certezza di possedere il concetto di bene e con la presunzione di saperlo attuare, con la conseguenza di volerlo imporre con la forza agli altri. RICERCA SENSATA ® con attenzione al desiderio del bene che l’altro senso. Tenere viva e proteggere la tensione a fare quello che consente alla vita di ognuno di trovare la sua forma migliore. Stare alla ricerca del bene = si sta dalla parte del bene proprio se si cerca di mettere a fuoco tutto il difficile che esso comporta. L’unica cosa che mi comanda è la qualità della situazione esperienziale dell’altro, la necessità ontologica di bene che avverte nel suo sguardo. MURDOCH ® “l’etica quotidiana della cura è fatta di sforzi di attenzione rivolti agli individui e obbedienza alla realtà come esercizio di amore”. PENSARE REALISTICO ed EMPIRICO ® pensare che non è sistematico ma neppure occasionalistico, qualità di attenzione alla realtà. La realtà è fatta di incontri unici e singolari. La CURA è cura di un’altra persona precisa. Il BENE è quello di cui l’altra persona ha bisogno per stare bene in quel preciso momento. La VITA ha necessità di attenzione e di deduzione in quel preciso istante per quel preciso sguardo. Noi viviamo nel tempo e l’anima si nutre di istanti di bene.