Scarica Riassunto "Filosofia della cura" di Luigina Mortari e più Sintesi del corso in PDF di Pedagogia solo su Docsity! Luigina Mortari PowerPoint di Irina Taiani VR440236 1. Ragioni ontologiche della cura La cura è necessaria perché la vita fiorisca, è un tratto ontologico essenziale dell’esserci. È importante anche la qualità della cura L’uomo fin dalla nascita si trova nella condizione di prendersi cura di sé stesso, degli altri e degli oggetti DEFINIZIONE SEMPLICE DI CURA: “Avere cura è prendersi a cuore, preoccuparsi, avere premura, dedicarsi a qualcosa” Una buona cura è ciò che ci mantiene immersi nel buono Il modo in cui ci prendiamo cura di cose e persone e il modo in cui noi otteniamo cura dagli altri modella il nostro essere. PRIMARIETÀ DELLA CURA L’essere umano non è un punto fermo nel divenire; è in continuo divenire. Bisogna prendersi a cuore il tempo della vita e aprirsi alle possibilità in modo da diventare tutto ciò che non siamo, ma che potremmo essere. Il LAVORO DI CURA può essere inteso in due modi: L’essere umano è chiamato ad avere cura di sé per cercare la forma migliore del proprio poter essere Compito dell’ educatore è quello di sollecitare l’altro all’aver cura di sé L’ educazione è una pratica di cura con cui chi ha cura promuove nell’altro la capacità di aver cura di sé Procurarsi cose per nutrire e conservare la vita Ricercare le condizioni esperienziali che consentono l’azione di trascendenza La CURA è : • Tensione a realizzare il possibili nelle sue forme migliori • Risposta al bisogno di trascendenza • Azione ontologica necessaria Aver cura di sé vuol dire aver cura della propria anima in modo che possa arrivare alla sua forma migliore Altro tipo di cura necessaria è la TERAPIA: la cura chiamata a lenire la sofferenza È nella sofferenza che l’essere umano avverte il suo trovarsi costretto ad essere Quando si sta bene la mente prende le distanze da ogni immagine negativa. Il dolore può essere sia del corpo che dell’anima. Entrambi possono essere continui, momentanei o intermittenti. Quando il corpo è in salute l’anima sta bene e quindi la cura di sé risulta semplice Quando il corpo si ammala si vive il dover creare il proprio divenire nel pieno della sua pesantezza. Il soggetto si sento impotente perché gli altri hanno il potere di decidere per lui. COMPLETA MANCANZA DI SOVRANITÀ SUL NOSTRO ESSERCI Quando si sta male si vorrebbe una maggiore sovranità DUALISMO TRA ANIMA E CORPO Noi siamo anima e corpo insieme. Quando il dolore colpisce il corpo penetra nell’anima Anima e corpo sono inscindibili CURA è un termine polisemantico Stein supera questo concetto pensando all’esserci come unità di un corpo che vive un respiro spirituale e di un’anima incarnata Non concepisce corpo e anima come due entità distinte, ma il corpo come materia spirituale e l’anima come sostanza corporea Quando ci si prende cura di sé o degli altri, ci si prende cura d’essere nella sia pienezza. Cura come lavoro del vivere per preservare quello che siamo Cura come arte dell’esistere per far fiorire l’essere Cura come terapia per guarire le ferite dell’esserci Ci sono due modi per cercare l’eccellenza: Noi ci muoviamo verso l’altro perché sentiamo la mancanza di qualcosa. Quando ci si trova in situazione di povertà, mancanza, perdita si parla di perdita di una parte di sé. Si arriva così a provare dolore che può essere di due tipi: Cercarla nelle relazioni con gli altri Cercarla nella produzione di cose capaci di sopravvivere all’usura del tempo Cerca l’eccellenza entro i limiti propri della condizione umana Rivela l’aspirazione a durare oltre il tempo, oltre la vita stessa, come ad essere immortale 1. Dolore per qualcosa di male che ci ha colpito 2. Dolore perché è venuto a mancare il bene Anche senza dipendere dagli altri saremmo comunque essere mancanti di qualcosa e a rischio di NON-essere Noi siamo esseri fragili perché veniamo al mondo indipendentemente dalla nostra volontà e una volta nel mondo siamo vittime del fluire del tempo che non è sotto la nostro potere La cosa difficile per noi a differenza delle piante, per esempio, è che noi siamo abbandonati ad inventarci la forma del nostro esserci Gli esseri umani sono condizionati perché: VIVERE È AZZARDARE e azzardando non abbiamo alcun riparo Siamo gettati nel mondo senza alcuna sovranità. Per questo siamo fragili 1. Dipendono da decisioni prese da altri 2. Ogni elemento con cui entrano in contatto diviene condizione della loro esperienza Si entra in contatto con l’essere nel presente e ci si gioca tutto nella breve durata di attimi che si susseguono. Questo perché l’essere è: Vulnerabilità e fragilità procurano debolezza ontologica Noi siamo le parole, ma queste non sono sempre positive e, anche se immateriali, possono provocare dolore • TEMPORALE: si trasforma immediatamente in non-essere • LIMITATO AL PRESENTE: passato e futuro non ci appartengono • CONTINUO: ci siamo di attimo in attimo • CON UNA DURATA 2. L’essenza di una buona cura Si parla di cura per disegnare un discorso che orienti l’agire verso il bene: per agire bene è necessario avere conoscenza di ciò di cui ci si occupa Con il termine essenza si indica la struttura intimamente propria di una cosa, la quale è costituita da una serie di qualità essenziali che la identificano. Cogliere l’essenza della cura significa definire le proprietà essenziali che la costituiscono L’essenza della cura è definita essenza generale- formale: intelaiatura che si riempie di elementi concreti in relazione alle singole determinazioni che danno forma all’accadere reale delle cose QUESTIONI DI METODO Conoscere la cosa significa conoscerne la sua essenza È quel nucleo di proprietà senza le quali quella realtà non sarebbe più la stessa Ho esperienza della cura così come la ricevo o la metto in atto, non della cura nella sua essenza generale Regioni fenomeniche della cura: comprende tutti quegli atti concreti di cura che condividono un insieme di qualità. Per comprendere la concreta realtà della cura c’è bisogno di un’analisi che colga le specificità di queste regioni L’esperienza umana si caratterizza per un continuo variare e per questo non può essere colta nella sua essenza Non si può pensare all’essenza della cura come un’idea pura, in quanto l’essenza è il frutto di un pensare che lentamente costruisce l’idea a partire da un continuo riferimento all’esperienza L’essenza la possiamo ricavare solamente mediante una considerazione comparativa di molte unità Per cogliere l’essenza della cura dobbiamo prendere in esame molte e differenti esperienze di cura Possono essere considerate fenomeni di cura solo se la mente possiede già un’idea della cura che sia sufficientemente astratta e slegata dal particolare La fenomenologia eidetica hussleriana pone come obbiettivo d’indagine la ricerca dell’essenza di un fenomeno da cogliere nella sua purezza Hussler afferma che il suo pensiero si muove lontano dall’esperienza perché attinge ad un piano generale e l’atto intuitivo che attinge al generale è l’intuizione Ma una separazione netta tra eidetica ed esperienza è impossibile perché non esiste una conoscenza pura (senza esperienza) FILOSOFIA DELLA CURA: mira a definire l’essenza generale tenendo lo sguardo radicato nel concreto ed esamina la molteplice fenomenicità concreta L’intuizione è sorgente legittima di conoscenza e conferisce al sapere eidetico il carattere di scienza L’avere cura ha generalmente luogo in una relazione tra persone di cui una riceve cura e l’altra la dona Siccome le relazioni possono essere sia formalizzate (ovvero non vissute direttamente) che concrete (ovvero vissute direttamente) c’è la questione se siano entrambe considerabili come cura C’è chi sostiene che la cura sia possibile solo faccia a faccia (in relazioni concrete) C’è chi afferma che in entrambe le relazioni c’è la cura, ma è una cura qualitativamente diversa e divide la cura in due gruppi 1. Caring for (è la cura diretta) 2. Caring about (è la cura a distanza) C’è chi afferma che entrambe le relazioni possiedono la stessa qualità di cura Noddings pone il caring for come condizione per essere in grado di caring about Essendo la vita immersa nel tempo, la cura ha una consistenza temporale A mettere in moto un’azione di cura è l’interesse per l’altro inteso come inter-essere, cioè un guardare all’altro mozzo dal sentirsi in connessione con l’altro A muovere l’interesse è il cogliere la sua situazione di necessità La preoccupazione si esprime in disponibilità a rispondere alle richieste espresse e nel prendersi a cuore la situazione altrui. Il prendersi a cuore la situazione altrui si manifesta in diversi gradi di intensità che vanno dalla sollecitudine e premura alla devozione Avere preoccupazione per la sua condizione Ognuno di noi ha SEMPRE bisogno dell’altro La situazione dell’altro si situa al centro dei nostri pensieri La devozione indica un atteggiamento di profonda dedizione nei confronti dell’altro e trova la sua ragione generativa nel pensare l’altro come ente di valore. È un atteggiamento di attenzione intensiva che fa essere ricettivamente concentrati sull’altro e presenti in modo da rispondere con prontezza ai suoi appelli. Una relazione di cura implica una tensione che ci fa inclinare verso l’altro Maggiore è la tensione alla cura e maggiore sarà l’inclinazione C’è però un’inclinazione pericolosa che mette a rischio sia me che l’altro. Questa avviene quando siamo così tesi all’altro da non essere più capaci di tornare su di noi C’è una linea sottile tra cura e paternalismo Bisogna capire come e quando rispetto ad una situazione di bisogno dell’altro si realizza un’autentica azione di cura Esiste una cura che mentre aiuta nel momento di mancanza promuove anche una trasformazione dell’essere che permette di diventare sempre più autonomi Il desiderio di bene che ho per una persona mi fa tendere verso quella persona Ne esiste anche una che non permette questa trasformazione e provoca una continua perdita di sovranità da parte dell’oggetto che riceve cura La cura si attualizza attraverso parole e gesti. Ciò che è difficile è capire quali parole e quali gesti procureranno bene all’altro. Per capirle bisognerebbe avere un’idea di bene che NON possiamo avere perché l’idea di bene non può essere trovata dalla mente umana Meditare su cosa sia il bene risponde alle necessità di una vita piena di significato e al bisogno di trovare criteri di orientamento pratico Il bisogno per la vita di sapere in che cosa consiste il bene è talmente forte che non si può evitare questa domanda. MA bisogna trovare un modo per pensare alla domanda senza esagerare Assumere la domanda sul bene come oggetto continuo del pensare significa entrare nell’esistenza e fare del tempo della vita un tempo vivo È una ricerca infinita Se una buona pratica di cura sta in relazione con la ricerca del bene e se il bene è la questione primaria da pensare ALLORA il pensare è connotato dalla pratica dell’aver cura La vita umana è mancante. Siccome la cura è un modo di esserci questa pratica dovrà sempre muoversi su un terreno incerto LA DENSITÀ ETICA DEL LAVORO DI CURA Il bene è ciò che si eleva al di sopra dell’essere ed è proprio in quanto tale che non può essere conosciuto Aristotele afferma che il bene nella vita umana si realizza quando si vive e agisce bene e ciò avviene quando si agisce secondo virtù Socrate afferma che niente come l’amore può far crescere le convinzioni che è necessario rimangano salde per tutta la vita dell’uomo che vuole vivere degnamente. Sostituendo all’amore il bene possiamo dire che nessun’altra cosa come la passione per il bene è capace di far crescere quelle cose di valore che sono i modi di essere ispirati alle virtù L’analisi fenomenologica della cura di conseguenza è lacunosa La filosofia della cura è di conseguenza debole perché deve misurarsi con l’ombra dell’idea di bene Come identificare le virtù che consentono di agire bene? La passione per qualcosa è l’energia necessaria per iniziare processi di trasformazione. Il problema è dare alla passione un buon orientamento L’essere presi dalla passione per il bene, per l’altro e per sé, è la condizione dell’anima necessaria per tenersi lontani dal compiere azioni che producono malessere nell’altro o in sé 3.Il nocciolo etico della cura Quello che orienta l’agire con cura è la ricerca di ciò che fa bene FENOMENOLOGIA: per capire un fenomeno bisogna cogliere i modi in cui appare. Bisogna applicare il principio di evidenza che considera ciò che è manifesto come atto valido FILOSOFIA FENOMENOLOGICA DELLA CURA: mira ad individuare i modi d’esserci propri dell’aver cura. Bisogna applicare un secondo principio che è il principio della trascendenza che impone di lasciarsi guidare dall’evidenza per cogliere ciò che la mente non vede immediatamente AL CUORE DELLA CURA La cura è una pratica e in quanto tale va indagata È un agire ed essendo concreto per definirla è necessario individuare i modi di essere in cui si attualizza Applicando questo secondo principio possiamo trovare il nucleo vivo della cura che si struttura in posture dell’essere CURA EDUCATIVA non significa sostituirsi all’altro. Piuttosto significa agire nel modo di essere per gli altri che costituisce l’agire etico Levinas parla di un’infinita responsabilità dell’io davanti agli altri. La BUONA CURA è una cura giusta che risponde al bisogno dell’altro secondo la misura necessaria. Sarebbe tradire l’azione educativa stessa La parola infinito in questo caso non va bene perché noi siamo essere finiti Dobbiamo parlare di responsabilità sostenibile Sarebbe sufficiente che ognuno di noi rispondesse nelle sue possibilità alla chiamata della responsabilità perché la vita prenda nuove forme e colori Non bisogna chiedere troppo a sé stessi perché sarebbe faticoso e rischioso. NON bisogna concepire l’idea di responsabilità partendo dal concetto di infinito perché per l’uomo tutto ciò che non ha misura è rischioso Si può parlare di infinito solo se ci si riferisce al pensiero Non c’è cura per l’altro se non c’è cura per sé stessi La relazione di cura necessita di una presenza e questo è un rischio, ma non possiamo evitarlo Il passaggio necessario per una postura etica è imparare a vedere il proprio egoismo e tenerlo sotto controllo La radice generativa dell’egire etico si esprime nella responsabilità per gli altri. Essa si ritraccia nella fragilità e vulnerabilità degli altri, nell’avvertire la debolezza ontologica altrui L’essere è co-esserci quindi è insufficiente a sé stesso, ha sempre bisogno degli altri Bisogna trovare un equilibrio e resistere ad ogni eccesso di presenza perché è sintomo del desiderio di esercitare potere sul reale Passaggio necessario per una postura etica Il nostro modo di pensare agli altri è dunque importante nel momento in cui guardiamo l’altro C’è uno scambio di cura continuo perché il bisogno l’uno dell’altro è ciò che rende la vita possibile. La cura per gli altri è una necessità dell’esserci È importante il pensiero perché solamente con la consapevolezza della nostra fragilità e vulnerabilità avvertiamo la tensione ad agire per l’altro Una concreta responsività per l’altro si ha quanto cogliamo nell’altro una condizione di bisogno Sapere la qualità della situazione dell’altro non basta a decidere di essere responsabile per l’altro. Ciò che è decisivo è il sentirsi toccato dall’altro Sentire la qualità del vissuto dell’altro può prendere la forma dell’empatia o della compassione L’altro non è bisognoso solo quando si trova in una situazione di difficoltà, ma anche quando vuole attuare le proprie possibilità. In questo caso il suo bisogno è quello di ricevere supporto per far fiorire le sue possibilità La cura è ciò di cui l’esserci necessita per poter rischiare, è un impegno a facilitare l’attualizzarsi delle possibilità altrui Il sapere in sé non è sufficiente, ci deve essere un sapere sensibile che sente la qualità del vissuto dell’altro Levinas afferma che la responsabilità salta ogni passaggio di mediazione della ragione perché quando l’altro entra nel mio spazio vitale mi obbliga a essere responsabile per lui per il solo fatto di esserci Noi ci troviamo obbligati ad assumerci delle responsabilità senza che ci sia una presa di posizione consapevole Levinas afferma che la responsabilità per gli altri è concepita come un “debito contratto prima di ogni libertà, prima di ogni coscienza” Anche Noddings parla di obbligazione alla responsabilità intendendo indicare con questo termine il sentire nell’intimo un “tu devi” che però non è una risposta ad un imperativo universale, ma al bisogno di cura concreto che si sente nell’altro OBBEDIRE ALLA REALTÀ Quest’obbligo non è la conseguenza di una deliberazione razionalmente condotta, ma di un imperativo che viene prima del pensare Il primo movimento di responsabilità è un atto di obbedienza alla realtà che accade prima di qualsiasi ragionamento Le persone capaci di importanti gesti di cura quando sono invitate a spiegare il loro agire forniscono risposte talmente semplici da far supporre che tutto accade secondo un ordine che rimane misterioso La ragione sensibile è capace di un pensiero che vede e sente la realtà Se c’è attenzione alla realtà e questa attenzione è orientata dalla passione per il bene allora non si può che obbedire ad essa C’è un pensiero, ma è SEMPLICE ed ESSENZIALE È un pensiero che si tiene all’essenza delle cose. Per questo non ha bisogno di nessuna retorica Sentire e sapere l’essenziale obbliga ad esserci per l’altro, a rispondere alla chiamata Quando si obbedisce si dà l’assenso e questo è un atto della ragione. L’assenso implica un atto cognitivo consapevole Agisco per l’altro quando so sentire la qualità del vissuto dell’altro Avere cura vuol dire anche dare tempo perché il tempo è vita Nel dedicare tempo ed energia alla cura per gli altri si verifica un guadagno d’essere in conseguenza della consapevolezza che quanto si fa procura beneficio all’altro L’aver cura dell’altro si concretizza nel produrre una forma di beneficio Nel lavoro di cura c’è un intrinseco elemento di gratuità AGIRE CON GENEROSITÀ Dare tempo è generosità Il lavoro di cura risulta essenziale non solo per chi riceve cura, ma anche per chi ha cura Il beneficio è dare qualcosa all’altro senza cercare un tornaconto personale Il dono di prendersi cura dell’altro non dà nulla in cambio. Nell’agire gratuito della cura non c’è perdita di qualcosa ma guadagno nel pensare di aver fatto ciò che è necessario fare Chi ha cura si trova in una situazione di potere rispetto a chi ha bisogno di cura. Assumere su di sé la responsabilità di aver cura per l’altro vuole dire sentirsi in grado di agire in senso donativo senza aver bisogno di alcuna restituzione Avere rispetto è la condizione necessaria per prevenire il rischio sempre più incombente di inumanità che accade ogni volta che all’altro viene negata la possibilità di esserci secondo il suo proprio desiderio AVVICINARE L’ALTRO CON REVERENZA Responsabilità e generosità strutturano una buona cura se sono intimamente connesse Si esprime rispetto nei gesti e nelle parole avvicinandosi all’altro con delicatezza e accogliendo la sua soggettività Il rispetto è un’operazione del pensare. Avere rispetto significa accogliere ciascuno nella sua unicità . Se non si cerca di incontrare l’altro nella sua singolarità non si può avere una cura autentica perché viene a mancare l’alterità dell’altro Alla radice della capacità di avere rispetto c’è l’idea dell’altro come ente intrinsecamente di valore e in quanto tale inviolabile Il rispetto è ospitalità: • È avere considerazione per i pensieri dell’altro, per il suo vissuto • È non giudicare prima di aver dato spazio al suo essere Prima di qualsiasi azione bisogna ascoltare l’altro e capire il suo modo di stare nella realtà C’è sempre il rischio di assimilare l’altro nelle nostre visioni e desideri Pensare all’altro come essere unico e sacro obbliga a controllare la tendenza ad usare la conoscenza come potere Pulcini descrive il soggetto post moderno come un “individuo mosso da un impulso illimitato all’autorealizzazione , entropicamente chiuso nel circuito autoreferenziale del propri desideri che esclude ogni alterità, indifferente alla sfera pubblica e al bene comune e incapace di progettualità” L’individualismo è un modo di interpretare la vita “centrato al sé, che appiattisce e riduce le nostre vite, impoverendole di significato e rendendole meno attente agli altri” AVERE CORAGGIO L’individualismo che permea la visione della modernità ci ha abituati a credere di vivere da soli A dominare oggi sarebbe una soggettività senza spessore e senza pensiero dipendente dai movimenti economici e culturali contingenti Uno sguardo alla fenomenicità relazionale ci rivela una diffusa incapacità di sentire il legame emotivo con l’altro e di conseguenza di coltivare quell’etica della relazione che è la condizione per costruire mondi condivisi e partecipanti L’attenzione è una postura della mente che richiede un’educazione specificatamente intesa a coltivare questa disposizione cognitiva L’attenzione sensibile all’altro si attiva come conseguenza della considerazione che si ha per l’altro L’attenzione che ha cura ha la sua matrice nel riconoscimento del valore dell’altro, ma anche nel sapere e nell’accettare che la necessità prima è la necessità di bene Zambrano afferma che il prestare attenzione è una cosa faticosa perché l’attenzione è “una tensione, uno sforzo” L’attenzione si concretizza nella disposizione a cogliere la realtà nei suoi dettagli L’attenzione è decisa dal grado di valore che si assegna all’altro In questo senso l’attenzione è una postura etica L’azione richiesta alla mente è una ritirata del soggetto Se quando portiamo l’attenzione sull’altro proiettiamo su di lui le nostre teorie e le nostre aspettative, allora fra noi e l’altro verrà a frapporsi una nebbia che non permetterà di vedere la realtà nei suoi veri contorni Si può ipotizzare che la capacità di attenzione s’impara esercitandosi a depotenziare la tendenza a mettere sé stessi al centro delle cose Quando ci si trova davanti alla sofferenza il prestare attenzione diventa molto più difficile Siccome non siamo abituati a mantenere lo sguardo sul negativo è opportuno coltivare una disciplina dell’attenzione che sappia tenersi ancorata al principio epistemologico di cercare la verità Per dare un giusto orientamento all’attenzione non basta tenere la mente sulla realtà, si deve anche tenere lo sguardo su ciò che costituisce l’idea di bene È solo nel dialogo tra piano dell’immanenza e piano della trascendenza che l’attenzione trova il suo ordine Proprio per questa nostra incapacità di sopportare troppa realtà a volte ci rifugiamo nell’immaginarioTenere lo sguardo attento sul dolore richiede resistenza al cuore e lealtà alla mente Il prestare attenzione non si attualizza solo con lo sguardo, ma anche con la parola Senza ascolto non c’è comprensione Il nostro esserci, in quanto relazionale, è originariamente orientato all’ascoltarsi l’un l’altro L’ascolto diventa azione di cura quando sa restituire all’altro la considerazione per quanto sta dicendo ASCOLTARE: deriva dal greco “άκούω” e oltre a significare ‘odo’ e ‘percepisco’, significa anche ‘imparo’ e ‘obbedisco’ PRESTATRE ATTENZIONE Ascoltare gli altri è materia d’essere essenziale Il saper prestare ascolto è un’azione strutturante di una relazione di cura • Ascoltando l’altro s’impara dalla sua esperienza • Obbedire inteso come il tener conto di quanto l’altro dice, non limitarsi ad accogliere il senso, ma assumere ciò che il senso indica Prendersi cura del senso dell’altro La comprensione costituisce un fenomeno esistenziale fondamentale È il rivolgersi all’altro con l’intenzione di comprenderlo che rende possibile la relazione La comprensione che concorre ad attualizzare una buona azione di cura può avere 2 livelli diversi: Murdoch afferma che una buona conoscenza dell’altro presume ‘una dettagliata e fedele percezione di ciò che nella realtà si mostra’ Una conoscenza incapace di fedeltà al profilo originale dell’altro pregiudica una comprensione adeguata COMPRENDERE Qualità essenziale dell’agire con cura è l’intenzione di comprendere l’altro 1. Come atto teoretico che interpreta la situazione dell’altro per aiutare a comprendere sé stesso 2. Come aiuto per l’altro a progettarsi nelle sue possibilità più proprie Il comprendere richiede conoscenza della condizione dell’altro Una buona conoscenza si fonda su un’onesta visione delle cose che richiede obbedienza alla realtà La convinzione di comprensione dell’altro ci porta in un’illusoria comfort zone Bisogna uscire dalla convinzione di comprensione perché il processo di comprensione non si conclude mai Non c’è comprensione se non c’è la capacità di sentire il sentire dell’altro Secondo Levinas la sensibilità è esposizione all’altro Essere sensibili al vissuto dell’altro significa sentire nella carne il suo stato d’essere, ed è questo che rende possibile una vera comprensione Stein crede che per agire con cura è indispensabile la capacità di sentire l’altro e cogliere la sua esperienza vissuta Essere empaticamente presenti comporta entrare in uno stato di risonanza emotiva con l’altro Essere capaci di empatia vuole dire pure poter avvicinare l’altro anche quando questo è nelle situazioni più difficili SENTIRE CON L’ALTRO Sentire è avere sensibilità per l’altro Stare esposti indica una condizione di vulnerabilità e passività Bisogna essere capaci di empatia La capacità di risonanza affettiva a volte può rompere la solitudine congelata e congelante del dolore dell’altro Quando il modo della compassione si ripete spesso si produce nell’intimo una fatica emotiva che rischia di essere insostenibile Considerare la vita affettiva un ingombro significa rimanere prigionieri del mito di una mente purificata da ogni sentire Un giusto modo di stare in una relazione di cura presume una competenza affettiva intesa come capacità di sviluppare quella competenza riflessiva necessaria per comprendere il proprio funzionamento affettivo e tenerlo sotto controllo Proprio per i rischi connessi alle situazioni di coinvolgimento emotivo, ci sono molti dubbi nei confronti di una teoria che valorizza la vicinanza emozionale nelle relazioni di cura Agire in modo affettivamente neutro non è possibile perché impoverirebbe la relazione Il fatto che la qualità emozionale svolga una funzione essenziale è evidente fin dalla nascita Winnicott sostiene l’importanza di una buona relazione con la madre come condizione necessaria per un sano sviluppo psichico La fiducia è un elemento di fondamentale importanza senza la quale non si riuscirebbe nemmeno a esistere Se quando si viene alla luce si fa esperienza di una positiva accoglienza del proprio esserci, si fa esperienza del piacere dell’esserci Se non si fa esperienza di una positiva accoglienza, si sperimenta un senso di insicurezza che rende l’anima contratta e fatica a mettere radici Chi ha cura riesce a comunicare fiducia solo se sa accettare l’altro nel suo esserci ACCETTARE: sapere che si deve partire da quello che si è. Il saper accettare la realtà per com’è si impara nelle relazioni di cura Noddings ritiene che una delle qualità essenziali di una buona cura è l’impegno a predisporre le condizioni affinché l’altro non arrivi a danneggiare sé stesso In contrapposizione a Noddings c’è un pensiero ispirato al liberalismo: nessuno ha il diritto di intervenire sulle decisione che una persona prende per sé stesso Agire per proteggere l’altro non è sempre facile perché alcuni danni sono invisibili e di conseguenza diventa difficile capire come intervenire a protezione dell’altro La cura richiede una presenza discreta ESSERCI IN UNA DISTANTE PROSSIMITÀ Cura come prevenzione Queste due diverse posizioni segnalano l’esistenza di un problema: si tratta di capire, in quali situazioni e in quale misura, chi ha cura può e deve intervenire circa le decisioni prese dall’altro Trovare la giusta misura della cura è il difficile dell’agire educativo. Bisogna riuscire a promuovere il pieno sviluppo dell’altro senza intromettersi nel suo spazio vitale Mantenersi nella responsabilità della cura è difficile perché: DOMANDA: Cosa motiva a dedicarsi ad un modo d’esserci che richiede un forte investimento di energie? 1. Non si controlla l’azione 3. Può accadere di non ricevere riconoscimento 2. Non si può sempre essere perdonati Eppure la realtà vive di azioni di cura La passione per il bene Affermare come valore la passione per il bene costringe a confrontarsi con quella che Todorov definisce ‘tentazione di bene’ , ovvero la certezza di possedere il concetto di bene e la presunzione di saperlo attuare A guidare il lavoro di cura è la passione per il bene, ma di quest’ultimo non possiamo avere un’idea chiara e precisa Il problema consiste nel tenere viva la consapevolezza della fragilità della ragione umana che rende impossibile raggiungere l’idea di bene nella sua interezza La differenza tra il pensare sistematico che costruisce scenari teorici e la pratica della cura è che nel pensare che accompagna il lavoro di cura, il confronto con le domande generali non è mai finalizzato a costruire teorie La cura è cura di un’altra persona precisa Il bene è quello di cui l’altro ha bisogno per stare bene in quell’esatto momento Viviamo nel tempo e l’anima si nutre di istanti di bene Porta a voler imporre il proprio pensiero con la forza sugli altri Ricercare il bene significa mettere a fuoco le molte difficoltà legate ad esso ed alla sua ricerca PowerPoint creato da Irina Taiani (VR440296) per l’esame di “Filosofia dell’educazione” Docente del corso: Luigina Mortari