Scarica Bullismo: Caratteristiche, Cause e Prevenzione - Prof. Barba e più Sbobinature in PDF di Sociologia Della Famiglia solo su Docsity! Sociologia della famiglia – BULLISMO- Cap.1 INTRODUZIONE È chiaro che il bullismo, o ciò che di esso si è soliti ricomprendere, esiste da quando l scuola stessa esiste. Comportamenti, dinamiche di gruppo disfunzionali hanno cambiato la loro definizione nel tempo e trovano conferma in epoche molto precedenti a quella che ne ha fatto un problema sociale. Ciò che è sicuramente cambiato nel tempo è il peso che viene dato al sistema scolastico, alla famiglia, alla società in generale nella prevenzione e la lotta a tale fenomeno e soppratutto la consapevolezza circa gli effetti devastanti delle sue conseguenze. Questa maggiore consapevolezza prende avvio dalle ricerche di Dan Olweus a partire dagli anni 70 in Scandinavia. Per la rilevazione di queste diverse dimensioni, Olweus si è servito di un questionario elaboato da lui stesso che ha somministrato a studenti delle scuole elementari e medie, ed è stato rilevato che il 15% degli alunni era stato coinvolto con regolarità in episodi di bullismo, come artefice e come vittima. Nel 1990 Whitney e Smith, portando avanti una ricerca fatta il larga scala da Sheffield, scoprono altri importanti dettagli sul bullismo: il bullo è quasi sempre della stessa classe della vittima, i bulli sono maggiormente di sesso maschile, solitamente il bullo agisce da solo, i maschi sono moolto più presenti nella categoria delle vittime rispetto alle femmine, la maggior parte degli episodi di bulismo avviene in palestra e poi in classe nei corridoi, la forma di bullismo più presente è quella verbale seguita poi da quella fisica. Il primo interesse dei ricercatori italiani sul bullismo risale agli anni 80, quando viene tradotto il primo libro di Olweus. Tuttavia solo negli anni 90 si svilupparono le prime ricerche. DEFINIZIONI E CARATTERISTICHE Il termine bullismmo deriva dalla traduzionne letterale inglese bullying e viene usato per connotare azioni agressive o i comportamenti di manipolazione sociale tipici dei gruppi di pari , perpetrati in modo intenzionale e sistematico da una o più persone nei confronti di altre. In italiano non esiste questo termine x questo ne è stato creato uno nuovo. Nel Nord EU la parola utilizzata per definire bullismo è “moobbing” e si riferisce ad un gruppo di persone implicato in azioni moleste (picchiare, criticare, molesare un altro). È possibile includere nel mobbing e nel bullismo, sia le situazioni iin cui il singolo individuo molesta un altro, sia quando a molestare è un gruppo. Nelle prime definizioni di bullismo l'enfasi viene posta in particolare sulle modalità fisiche e verbali, solo succesivamente si è riconosciuta l'importanza delle modalità di manipolazione diretta e indiretta. Il bullismo a determinate caratteristiche: 1. INTENNIONALITA': il bullo deve commettere atti fisici, verbali, psicologici intenzionalmente, con il desiderio di arrecare danno e disagio alla vittima. I bulli utilizzano comportamenti agressivi per ottenere ciò che voglliono, assumendo poi per giustificarsi atteggiamenti d'indifferenza e scarsa sensibilità; 2. PERSISTENZA: è necessario che ci sia ripetitività nell'interazione fra bullo e vittima; 3. ASIMMETRIA DI POTERE: ovvero un disequilibrio di forza tra bullo e vittima che spesso non è in grado di difendersi. Spesso la vittima invece di reagire, tende ad accettare la propria sorte negando il problema, cercando di annullare la propria sofferenza; 4. COMPORTAMENTO DI ATTACCO: può essere perptrato con modalità fisiche o verbali di tipo diretto o con modalità di tipo psicologico e indiretto. Secondo l'autrice E.Menesini gli episodi di bullismo avvengono frequentemente alla presenza di altri compagni, spettatori o complici, chhe possono assumere un ruolo di rinforzo del comportamento dell bullo o semplicemente sostenere e leggittimare il suo operato. I PROTAGONISTI DEL BULLISMO I BULLI Le caratteristiche peculiari del bullo sono l'aggressività, la mancanza di empatia, l'insensibilità, il che lo rende incampace d'intraprendere relazioni positive. Provano piacere e soddisazione nel sottomettere la vittima, presentando dunque una qualche forma di inadeguatezza nella percezione e gestione delle principali emozioni ed affetti. È possibile distinguere 3 categorie di bulli: 1. il bullo aggressivo: tende ad assumere una posizione di leader negativo del gruppo e proietta la sua aggressività su chiunque, noncurante delle conseguenze del suo comportamento; 2. il bullo ansioso: personalità caratterizzata da insicurezza ì, bassa autostima, ansia e instabilità emotiva;non è molto popolare. Per questo bullo basta un semplice richiamo dell'adulto per far nascere in lui il senso di colpa, 3. il bullo passivo: detto anche “seguace” in quanto appoggia il leader ma non prende iniziative. Agisce essenzialmente per ottenere o status d appartenenza al grupo evitando di diventare vittima. LE VITTIME sono solitamente + ansiose e insicure, spesso caute, calme e sensibili. Se attaccate da altri studenti, in genere, reagiscono piangendo e chiudendosi inn se stesse. Le vittime soffrono anche di scarsa autostima. Di regola non hanno un buon amico in classe. Sono ragazzi che hanno un atteggiamento negativo verso la violenzae l'uso di mezzi violenti. Se sono maschi, probabilmente sono fisicamente + deboli della media. Solitamente le vittime di bullismo ganno avuto nella prima infanzia rapporti familiari + stretti, in particolare con la madre. Questo rapporto stretto è percepito dagli insegnanti come espressione di iperprotezione. Quindi queste vittime si trovano in una famiglia invischiata, dove i confini individuali dei soggetti sono molto flessibili e questo ostacola il normale processo di strutturazione di una propria identità e personalità fondamentale nelle relazioni con gli altri. Esiste poi un altra categoria di vittime, ovvero quelle provocatrici, caratterizzate da una combinazione di 2 modelli reattivi: quello ansioso e quello aggressivo. Si comportano in modod tale da causare irritazione e tensione, sono i cosiddetti soggetti “iperattivi”. Queste vittime si differenziano dalle prime perchè sono – soggette a depressione nell'età adulta. mediazione scolastica hanno inanzitutto un intento educativo, perchè si fonda sull'educazione al conflitto, sulla gesione razionale delle controversie. I progetti di mediazione scolastica hanno lo scopo di: 1. favorire il riconoscimento degli stati emotivi; 2. consentire una gestione degli stessi attraverso attività relazionalmente funzionali; 3. permettere una gestione dei conflitti costruttiva; 4. promuovere l'autosima dei soggetti e le capacità relazionali La mediazione nasce nei primi anni 60 negli USA, mentre in Italia si sta sviluppando negli ultimi tempi. La mediazione può essere considerata come “una forma di costruzione e di gestione della vita sociale per mezzo dell'introduzione di un soggetto terzo, neutro e indipendente, il cui potere deriva dall'autorità conferitagli dalle parti in un conflitto che lo scelgono e lo riconoscono apertamente”. Questo modo di concepire la mediazione s'incentra sul pensiero ternario e sull'etica della comunicazione, andando oltre il pensiero binario( ovvero del dualismo giusto/sbagliato, vero/falso). Questa nuova forma permette di umanizzare il conflitto. Soprattutto in campo penale la medizione viene utilizzata coome forma di giustizia riparstiva e conciliativa. LA PRASSI OPERATIVA Nei casi di mediazione indiretta, il mediatore consente a studenti ed insegnanti di familiarizzare con il conflitto, di fermare il conflitto, gestendolo positivamente. Nel caso di mediazione diretta il problema del mediatore è quello di preparare con accuratezza il processo mediativo. Esso si distingue in 6 fasi: analisi della situazione, rilevazione dei bisogni, ipotesi, verifica, valutazione e riformulazione delle ipotesi. Concretamente, il mediatore incontra dapprima separatamente il bullo e la vittima per poter acoltare ognuno degli attori coinvolti e offrire spiegazioni sul programma di mediazione. Una volta ottenuto il loro consenso, il mediatore stabilisce ed effettua un incontro faccia a faccia tra le parti. Conclusa la mediazione, si ascoltano le vittime e viene valutato il loro grado di soddisfazione/insoddisfazione quale indicatore di successo dell'intervento eseguito. Le figure pprofessioali che si assumono tale forma d'intervento sono gli assistenti sociali in collaborazione con gli psicologi. Le motivazione che spingono allla mediazione, sono per la vittima, il bisogno i superare il trauma ; per il bullo è importante poter sperimentare l'attenione della vittima e il bisogni di rompere e far cadere gli stereotipi. Al termine della mediazione, bullo e vittima sperimentano un maggior senso di equità e un increment0o dell'autostima per il ruolo attivo e determinante svolto. LE FINALITA' La mediazione ha diversi obiettivi: l'obiettivo centrale è quello di una produrre un senso di responsabilità, inteso come capacità di assumersi le conseguenze delle proprie azioni. Per il bullo c'è la possibilità di acquisire competenze nel cogliere e accogliere il punto di vista dell'altro, la cosiddetta “preoccupazione empatica” per le conseguenze sugli altri della propria condotta. Altro obiettivo è quello di rendere molto più efficace l'interazione bullo-vittima, secondo una logica riparativa e non retribuita (risarcimento economico e materiale). I vantaggi per la vittima sono: la possibilità di poter esprimere i propri vissuti, elaborare la propria esperienza aggiungendo anche le ragioni dell'altro, stimolare risposte chiare in modo da contenere emozioni troppo negative. Per il bullo i vantaggi sono: comprendere le conseguenze delle sue azioni, poter esprimere i reali motivi delle sue gesta. In questo modo si ha una gestione partecipativa dei conflitti. Il principio della responsabilità si collega alla cosiddetta “dimensione ecologica” che vuole che i conflitti siano preferibilmente risolti nel luogo in cui si sono manifestati, in questo caso nell'istituzione scolastica. È fondamentale che il bullo possa continuare i processi socializzativi nell'istituto scolastico. Oltre a questo obiettivo la mediazione scol. Deve tutelare la vittimae + in generale l'integrità della scuola e della società. I CONTESTI DA COINVOLGERE: SCUOLA E FAMIGLIA Oltre la scuola, una altro contesto ch deve essere necessariamente coinvolto è quello familiare, in particolar modo i genitori dei bulli, i quali solitamente assumono atteggiamenti permissivi riguardo le condotte violente dei figli e in questo modo incoraggiano inevitabilmente il bullo. Sembra che la cultura familiare del bullo sia impostata su uno scarso controllo delle modalità con le quali i figli gestiscono le relazioni con i pari. Affinchè la mediazione sia efficace bisogna svolgee colloqui con i genitori dei bulli che spesso non sono disposti ad accettare la possibilità che il proprio figlio sia un bullo. Ci sono diversi motivi alla base di questo rifiuto: il bullo può aver dato una versione diversa ai genitori che di conseguenza credono + al figlio che ai docenti, un secondo motivo può essere un rifiuto nel rivedere il proprio sistema educativo. In questo modo il bullo si sentirà protetto e quindi continuerà con le sue azioni violente. LO SVILUPPO DELLA PROSOCIALITA' Il concetto di prosocialità è caratterizzato da un insieme di azioni finalizzate funzionalmente all'altro o agli altri. I ragazzi con problemi cronici di rendimento scolastico sviluppano la convinzione di non essere in grado di regolare il proprio comportamento, ciò li porta ad essere considerati meno popolari (minore prosocialità) e di conseguenza attivano dinamiche violente. Solitamente questi bambini/ragazzi sono accompagnati da una brutta reputazione e scarsa accettazione sociale. La funzione protettiva del comportamento prosociale invece può compensare le abilità cognitive, in quanto esso significa letteralmente “condotta socialmente intelligente”, e fa parte delle strategie relazionali in grado di favorire il percorso evolutivo. Il bullo deve impegnarsi nella messa in atto di comportamenti prosociali nei confronti della vittima, facendo attenzione alla motivazione di questi comportamenti: se il motivo è strumentale si darà vita ad altre dinamiche disfunzionali. Sulla base di ricerche accurate, la tendenza al comportamento prosociale sembrerebbe una qualità innata: la sofferenza emotiva altrui sembra sucitare interesse e ,delle volte, tentativi di consolazione da parte dei bambini. Tuttavia x svilupparsi è necessari che questa qualità venga “educata”. LE CARATTERISTICHE DEL MEDIATORE ADULTO Il mediatore adulto dovrebbe essere autorevole, in grado di stabilire regole chieìare e condivise ed essere dotato di disponibilità al dialogo. Un altro aspetto riguarda il modelloofferto dal mediatore, che oltre a disapprovare comportamenti agressivi deve saper valorizzare azioni orientate ad offrire aiuto, ponendole come modello da imitare. Le competenze relazionali del mediatore: ascolto, flessibilità, valorizzazione dei ragazzi, determinazione nel proseguimento dei propri obiettivi e degli obiettividegli altri. Il mediatore non dovrebbe imporre programmi conciliativi in modo rigido, ma dovrebbe comprendere i bisogni psicologici che motivano le azioni, in particolare quelli di autonomia, competenza e relazione. Gli adolescenti avvertono una motivazione + forte a mettere in atto un comportamento prosociale se sono autonomi nel prendere decisioni. Quindi il mediatore dovrà offrirgli opportunità di scelta e incoraggiarlo nel prendere iniziativa. IL MEDIATORE “COETANEO” La peer mediation viene definita come un sistema grazie al quale persone di età, status ed esperienza simile possono passarsi reciprocamente informazioni ed imparare l'una dall'altra. Il minore che verrà etichettato come mediatore tra bullo e vittima, dovrà possedere ottime competenze sociali ed essere in grado di rappresentare un modello positivo proposto dai pari. Tuttavia questa è un attività che risulta efficace solo nei casi di conflitti minori, nei casi di grave bullismo un ragazzo dello stesso contesto del bullo difficilmente può farsi valere. Per il bullo, essere in relazione con un coetaneo che manifesta un buon senso di competenza, di sicurezza in se stesso e nelle proprie capacità di offrire aiuto all'altro, può indurre a una forte identificazione. Saper di poter chiedere aiuto a qualcuno contribuisce alla riduzione di sentimenti d'ansia e solitudine cap.3 BULLISMO COME PREPOTENZA GIOVANILE IL BULLISMO COME DISAGIO EVOLUTIVO Il bullismo è stato ampiamente studiato in psicologia ed è ormai diventato un fenomeno sociale, affermandosi come un disagio diffuso. Il disagio evolutivo viene definito come la manifestazione delle difficoltà di assolvere ai compiti evolutivi che vengono loro richiesti dal contesto sociale x il conseguimento dell'identità personale e x l'acquisizione delle abilità necessarie alla gestione delle relazioni quotidiane. Questo disagio caratteristico dell'età evolutiva, provoca nell'individuo sofferenza e malessere interiore, difficoltà relazionali etc...e rischia di trsformarsi in disagio sociale. Il disagio evolutivo s'incentra su 2 questioni fondamentali: la prima è relativa alla necessità di dover rispondere in maniera adeguata ai compiti dello sviluppo del sogetto in età evolutiva e la seconda è centrata sul riuscire a portare a termine questi compiti all'interno di una società complessa. ( la famiglia destrutturata e destrutturante → libro) PROFILI PSICOLOGICI DEGLI AUTORI DI BULLISMO Ci sono3 tipologie di bullismo differenti (Ada Fonzi): 1. persecutorio: dove agisce un gruppo a discapito di una vittima designata casualmente, 2. di inclusione: caratterizzato da prove iniziatiche o rituali x l'ammissione di membri all'interno del gruppo, 3. di esclusione: la vittima è perseguitata e vessata in quanto considerata estranea alla cultura del gruppo di appartenenza. I soggetti che attuano bullismo, spesso compiono atti antisociali e fuori dall ambiente scolastico. Una fattore di rischio può essere la famiglia monogenitoriale, perchè si è riscontrato che i bulli provengono da famiglie con un solo genitore, solitamente la madre. Altre correlazioni riguardano lo stato riconducibile all'istinto di morte e distruzione, ma è una sorta di volontà a dominare la realtà, l'aggressività assume il concetto di superamento del complesso d'inferiorità. Quindi dietro all'aggressività infantile c'è sempre la lesione dell'orgoglio personale. L'aggressività in realtà è di per sé un impulso positivo: riveste una funzione importante sopratutto nell'età evolutiva perchè spinge l'individuo alla ricerca dell'autonomia. Diventa distruttiva quando questo impulso viene violentemente impedito e frustrato nell'età evolutiva. Abbiamo poi la corrente etologica:anche in quest'ambito i comportamenti aggressivi sono considerati nella loro funzione adattiva ai fini della sopravvivenza. Secondo questa teoria vi sarebbero alcuni stimoli ambientali e sociali specifici che innescano dei comportamenti aggressivi che hanno un inizio ed una fine e si manifestano secondo dei rituali caratteristici per ogni specie (Lorentz 1980). esisterebbe quindi un codice di azioni che rientra nel repertorio dei comportamenti territoriali di avvicinamento, esplorazione, predazione e difesa. Poi c'è il comportamentismo: questo approccio studia la mente dal punto di vista della condotta osservabile, usando il metodo sperimentale. Gli studiosi comportamentisti hanno dato importanza nell'innesco dei comportamenti aggressivi, al ruolo svolto dalle frustrazioni, ovvero al conseguimento degli obiettivi. L'inibizione dell'atto aggressivo dipende dall'intensità di “punizione anticipata”. Più l'dea della punizione è forte tanto minore sarà la probabilità che vi sia un atto aggressivo, pur in presenza di una frustrazione. Tuttavia per quanto l'uomo reprima la sue reazioni aggressive alla frustrazione, esse rimangono latenti fino a manifestarsi talvolta in modo incontrollato. Arnold Buss sostiene che ciò che spinge alle condotte aggressive sono la frutrazione e gli stimoli nocivi, come attacchi e provocazioni. Però, ciò che rinforzerebbe l'aggressione, oltre all'intento di provocare sofferenza e disagio alla vittima, è sopratutto il conseguimento di vantaggi, tali da portare il soggetto lontano da una condizione negativa e di procurargli determinate soddisfazioni. Teorie della social condition: questa corrente studia la mente dal punto di vista dei processi cognitivi e delle determinanti sociali. Secondo Bandura l'idea di base è che gli individui non nascono con un codice di comportamenti violenti, ma li acquisiscono con l'esperienza, mediante l'osservazione di modelli aggressivi o l'esperienza diretta dell'aggressione, il cosiddetto “ apprendimento per imitazione”. ( NEUROSCIENZE E BULLISMO → LIBRO) RECENTI PANORAMI TEORICI E RISVOLTI APPLICATIVI: L'APPROCCIO SISTEMICO RELAZIONALE → Questo approccio s'interessa della psicologia della famiglia. Tale prospettiva permette di cogliere la famiglia nella sua complessità come sistema relazionale in continuo contatto con con l'ambiente esterno e come spazio primarioin cui l'individuo si costruisce. Dal modello educativo forte del passato si è passati ad un modello di regole sempre più permissive. In Italia recenti ricerche hanno potuto ossevare come le vittime di bullismo hanno una famiglia con una madre severa e un padre che non sa assolvere pienamente al suo ruolo, i gen. Delle vittime spesso sono protettive e non fanno emergere la reale perdonalità dei figli. I gen. Dei bulli invece percepiscono sfiducia nei loro genitori, dove vediamo un ruolo + rigido del padre e un ruolo + protettivo della madre. Lo sbilanciamento degli equilibri è un fattore su cui intervenire. L'approccio sistemico-relzionale nei suoi interventi guarda alle famiglie nella loro organizzazione globale, con la convinzione che una famiglia può affrontare un cambiamento. Tuttavia quando questi cambiamenti non si presentano o sono troppo bruschi la famiglia può entrare in una sorta di disfunzionamento che mantiene la patologia del singolo. E questo il caso che bisogna promuovere il cambiamento perturbando il sistema verso un funzionamento più adattivo. STRATEGIE D'INTERVENTO PSICOTERAPEUTICO Si tratta di un intervento a 3 fasi: 1. Prima fase: strutturare il cambiamento. Lo psicoterapeuta incontrerà l'intera famiglia e aiutera a porre dei confiniche possano creare equilibrio fra i sottoinsiemi. Il supporto del terapeuta dovrà consistere in una ridistribuzione del potere all'interno della famiglia. 2. Seconda fase: cambiare la storia. Inanzitutto bisogna togliere al figlio “bullo” l'etichetta di “figlio problematico”, etichetta attribuita dai genitori. In questa fase sarà utile smascherare quei giochi familiari che assegnano al figlio quel ruolo. Allo stesso modo il terapeuta può aiutare i genitori a rintracciare le volte in cui si sono sentiti bravi genitori. 3. Terza fase: rafforzare il cambiamento. A questopunto si presume che la famiglia abbia messo in moto importanti cambiamenti x ristrutturare l'assetto familiare. Al terapeuta non resta che fare il punto della situazione, ripercorrendo tutte le risorse che la famiglia ha messo in moto. Cap.4 IL CYBERBULLISMO, QUANDO IL BULLO E' ONLINE IL CYBERBULLISMO: ALCUNE DEFINIZIONI E CARATTERISTICHE Quando il bullismo incontra la rete o le nuove tecnologie si trasforma in cyberbullismo. La manifestazione di condotte aggressive online assume particolari connotati che differenziano sostanzialmente il bullismo in rete da quello tradizionale. Nel 2006 Smith e collaboratori proposero una definizione di cyberbullismo a partire dal bullismo tradizionale “un atto aggressivo e intenzionale perpetuato da un individuo o da un gruppo, attraverso l'uso delle nuove tecnologie in modo continuato neltempo, contro una vittima che non può facilmente difendersi. Gli studiosi hanno individuato 7 forme di bullismo elettronico: 1. text message bullying: invio di sms provocatori e diffamatori; 2. picture/video clip bullying: invio di foto e video offensivi; 3. phone call bullying: chiamate sgradevoli e oltraggiose; 4. e-mail bullying: invio di mail offensive; 5. chat room bullying: intimidazioni e offese perpetuate attraverso chat- room; 6. bullying through istant messaging: insulti e offese tramite sistemi di comunicazione istantanea ( Ws, Skype ect..); 7. bullying through websites: rivelazione di informazioni personali o divulgazione di immagini o video compromettenti. Molte ricerche hanno sottolineato come l'impatto emotivo sulla vittima vari in relazione proprio alla tecnologia usata per compiere l'aggressione. Molti studenti riferisconoche gli episodi di cyberbullismo che comprendono l'invio di messaggi testuali e di e-mail hanno un minore impatto emotivo rispetto alle chiamate. Possiamo parlare di cyberbullismo solo se l'atto è: intenzionale, ripetuto, dannoso e messo in pratica attraverso dispositivi elettronici. BULLISMO E CYBERBULLISMO A CONFRONTO I tratti specifici del cyberbullismo sono (secondo Willard): 1. feedback non tangibile: il cyberbullo non vede in modo diretto le reazioni della vittima e ciò riduce fortemente l'empatia e il riconoscimento del danno provocato. Una sorta di disimpegno morale. 2. Percezione di invisibilità: convinto del proprio anonimato il cyberbullo non si sente minacciato da eventuali conseguenze negative o disapprovazione sociale per le sue azioni. 3. Percezione che online non ci siano norme sociali da rispettare 4. sperimentazione online di personalità multiple 5. contesto virtuale percepito come un luogo di simulazione e giochi di ruolo 6. diversi equilibri di potere: i ruoli di potere fra vittima e cyberbullo cambiano e non sono così definiti. Attraverso la rete le vittime possono sentirsi + forti e pronte a sfidare il bullo. 7. Assenza di limiti spaziali e temporali. TIPOLOGIE DI CYBERBULLISMO → libro pg 111 Altre forme di bullismo sono: il cyberbashing inizia nella vita reale con aggressioni fisiche e verbali, dove altri filmano la scena e la diffondono. Abbiamo poi il sexting che riguarda l'invio, la condivisione di testi, video, immagini sessualmente esplicite o comunque riguardanti la sfera della sessualità. Gli studiosi inoltre tendo a definire 2 tipi di cyberbullismo: quello diretto e indiretto. Il primo utilizza strumenti di messaggistica istantanea, che hanno effetto immediato sulla vittima, il secondo utilizza spazi pubblici della rete dove anche altri utenti possono leggere e/o partecipare. Strumenti usati dal cyberbullo → pg 113. IL CYBERBULLO E LA CYBERVITTIMA → libro pg 114 LA DIGITAL LITERACY E LA SOCIAL MEDIA EDUCATION PER COMBATTERE IL CYBERBULLISMO RAGAZZI ONLINE: ESPERTI DIGITALI ->LIBRO LE NUOVE SFIDE DELLA MEDIA EDUCATION: LA DIGITAL LITERACY E SOCIAL MEDIA EDUCATION L'attivazione di percorsi di media education ha lo scopo di promuovere fra i ragazzi un uso consapevole e responsabile delle