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Riassunto il Cristiano nel mondo, Appunti di Teologia

Riassunto libro per esame Teologia III De Vecchi- unicatt

Tipologia: Appunti

2019/2020
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Scarica Riassunto il Cristiano nel mondo e più Appunti in PDF di Teologia solo su Docsity! IL CRISTIANO NEL MONDO INTRODUZIONE ALLA TEOLOGIA MORALE INTRODUZIONE "Maestro, che cosa devo fare di buono...?" (Mt 19,16): Nella prima enciclica della storia, la Veritatis Splendor, Giovanni Paolo II proponeva il dialogo di Gesù con il giovane ricco, per riascoltare il messaggio morale cristiano. Il dialogo seguente, fornisce la chiave di lettura e le note essenziali della morale cristiana. A. Maestro, che cosa devo fare di buono per avere la vita eterna? B. Gli rispose: perché mi interroghi su ciò che è buono? Buono è uno solo. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti. Gli chiese: quali? Gesù rispose: non ucciderai, non commetterai adulterio, non ruberai, non testimonierai il falso, onora il padre e la madre e amerai il prossimo come te stesso. Il giovane gli disse: tutte queste cose le ho osservate; che altro mi manca? C. Gli disse Gesù: se vuoi essere perfetto, và, e vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo. E vieni! seguimi! Udita questa parola, il giovane se ne andò, triste; possedeva infatti molte ricchezze. La storia è imperniata su 3 fondamentali concetti: 1) Vita eterna; 2) Comandamenti; 3) Sequela di Gesù. Seguendo questi 3 concetti potremmo apprezzare l'articolazione fondamentale della morale cristiana = essa è dia-logo, ossia disorsi ( logos ) che scorre tra ( dia -) due interlocutori . La morale cristiana è dia-logo interpersonale, relazione vitale di due persone. 1. IL DESIDERIO DELL’UOMO Il dialogo della scena evangelica comincia con la domanda di <<un tale>>: quel tale, rappresenta ogni uomo che s’interroga sul bene e la felicità. Nella domanda “che cosa devo fare di buono” non riguarda solo il fine della felicità, ma anche i mezzi per raggiungerla. Il giovane sa già che per essere felice dovrà obbligatoriamente fare il bene. Nella sua coscienza di uomo vi è la spontanea distinzione tra il bene e il male e la connessa convinzione che si deve <<fare il bene ed evitare il male>> = è una legge universale e immutabile del genere umano. Gesù appare ai suoi occhi non semplicemente un Maestro ma come il <<Maestro buono>>. Gesù si presenta come uno che non si limita a parlare agli altri del bene, ma lo vive in sé: non è dunque semplicemente Maestro, ma testimone, e Maestro, propriamente, perché testimone. 2. LA LEGGE DI DIO La risposta di Gesù gli fornisce le indicazioni essenziali per orientarsi nel cammino verso la felicità. Interrogarsi sul bene da fare significa mettersi sulle tracce di Dio. Se il bene praticato nelle circostanze concrete della vita è in relazione al Bene divino, allora fare il bene evitando il male è attività che non può essere ristretta all’orizzonte finito delle relazioni umane, ma s'allarga sino a comprendere l'orizzonte infinito della relazione con Dio. Gesù invita il giovane a osservare i comandamenti della seconda tavola del decalogo, volti a salvaguardare la vita fisica, familiare e sociale, trovando compendio nel comandamento di amare il prossimo. 3. LA SEQUELA DI GESÙ I comandamenti rappresentano una condizione necessaria ma non sufficiente per essere felici. Cosa manca? La sequela di Gesù: "Vieni! seguimi!", che corrisponde all’imitazione dell'amore di Gesù. La strada della perfezione morale consiste nella compassione del prossimo, scegliendo di preferenza i poveri: vendere le ricchezze. Vendere ciò che si possiede dandolo ai poveri è la condizione per eliminare quei lacci che trattengono l'uomo ai suoi fragili beni. La morale cristiana ai configura come una morale semplicemente umana. Seguire Gesù è immergersi nello sconfinato amore che stringe in Uno la Trinità divina. Da ciò si potrebbe definire la morale cristiana come una <<morale trinitaria>> e, data la sia centratura in Cristo che per mezzo dello Spirito attira al Padre, una <<morale cristocentrica>> = Gesù, diventa lui stesso, legge vivente e personale. La domanda, sulla possibilità concreta di vivere oggi la morale cristiana, è stata risposta da Giovanni Paolo II, sostenendo 1 che il colloquio di Gesù con il giovane ricco, continua in ogni epoca della storia, anche oggi.  La morale cristiana vive del dialogo amoroso con Dio e il prossimo e muove soffocata quando si riduce a sole regole. EPILOGO Nella difficoltà del giovane a cambiare vita si può vedere la difficoltà dei giovani d’oggi a fare scelte di vita radicali. Nella difficoltà a rinunciare ai suoi beni si vede l’atteggiamento degli avari.  Nell’uno e nell’altro caso, Gesù dice ai discepoli che difficilmente un ricco entrerà nel Regno dei Cieli. In ogni uomo c’è il desiderio di felicità eterna e però è difficile conquistarla rinunciando alla felicità terrena, perché i piaceri terreni possono allontanare dal desiderio di una felicità divina. È necessario tenere presente Gesù, per incamminarsi verso Dio. PARTE 1° - FEDE CRISTIANA E AGIRE MORALE - PADRE ARISTIDE FUMAGALLI Capitolo 1, I LEGAMI DELLA LIBERTÀ <<Io sono la vite, voi i tralci>>: in questa allegoria vegetale è racchiuso il succo della morale cristiana, la quale, consiste nel legame che intercorre tra Cristo e gli uomini. 1. ETICA e MORALE - ETICA (ethikà) = deriva dal greco; indica lo studio fondamentale del problema; - MORALE (moralis, morale) = deriva dal latino; indica la riflessione di materia religiosa, si riferisce alle norme concrete del comportamento umano. Questi due termini possono essere utilizzati come sinonimi. Risalendo all’origine dei termini, troviamo nella lingua greca il sostantivo ethos: o Potremmo definire l’etica/morale come <<ciò che caratterizza l’agire umano>>. o L’etica/morale può essere intesa come <<dimora>> propria dell’uomo, quella dimensione che caratterizza il suo modo di comportarsi in senso propriamente umano. La <<morale>> riguarda l’agire libero dell’uomo, valutandolo come buono o cattivo. Su questa base la morale cristiana considera l’agire libero dell’uomo facendo di Cristo la norma vivente che giudica il bene e il male. 2. LA PRESUNTA LIBERTÀ La filosofia moderna ha cercato di dare un valore autonomo all’etica (o morale); il massimo si è raggiunto con il filosofo Immanuel Kant: la sua etica dipende solo dalla ragione dell’uomo. Il filosofo Nietzche ha tolto di mezzo Dio e i filosofi postmoderni accentuano la liberazione da ogni dovere morale. La metafora più adatta per rappresentare l’uomo postmoderno è quella del turista, che vaga a piacimento e non prende dimora da nessuna parte. In questo modo la era libertà individuale sarà sempre qualche cosa di rincorso, ma mai raggiunto; infatti risulta impossibile. La libertà non coincide con il <<non aver niente da fare>>, ma sembra essere il <<poter fare ciò che si vuole>>. Ciò che si vuole non è solo ciò di cui si ha voglia: ciò che si vuole non corrisponde mai a ciò che si ottiene. E comunque, quando si ottiene ciò che si vuole, non si smette mai di volere e si comincia a volere qualcos’altro. Come si può essere sicuri di scegliere ciò che è giusto? De-cidere non è semplicemente scegliere qualcosa ma è tagliar via, privarsi di tutte le altre cose che non si sono scelte. Quindi, l’uomo si trova libero nel gioco della sua vita senza averlo voluto => la libertà è legata all’uomo. 3. LA LIBERTÀ LEGATA La libertà è condizionata da tre fattori:  CORPO = La libertà è ciò che fa di un corpo una persona umana. Benché la libertà umana sia capace di padroneggiare il corpo, lo può fare entro certi limiti. Nei confronti del corpo non si può are ciò che si vuole: compromettere il corpo significa compromettere la propria libertà. Si ha la libertà di spremere al massimo il corpo per ottenere ciò che si vuole, ma questo può portare anche a conseguenze negative. Anche la libertà di soddisfare alcuni piaceri (ad esempio il fumo, l’alcol) condiziona le reazioni del corpo. Il legame della libertà col corpo si esprime nelle emozioni; inoltre la libertà è condizionata anche dalle abitudini. 2 <<infusa>>. La particolare natura della legge nuova esige di intenderla come un dinamismo interiore. La legge nuova possiede una duplice natura: <<principalmente è una legge infusa, e secondariamente è una legge scritta>>. La traccia scritta della legge nuova è rinvenibile nel Nuovo testamento, in specie nei Vangeli, nel Discorso della montagna: l’intero discorso illustra la via graduale ed ascendente sulla quale la libertà umana è attirata dallo Spirito santo sino a raggiungere la piena conformazione a Cristo. La gradualità ascendente della vita cristiana è candita dalle sette beatitudini. Il vertice della morale cristiana, indicato dall’ottava beatitudine, chiede di amare anche il persecutore per causa di Gesù Da qui si giunge alla formulazione di un nuovo comandamento: <<che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi…>>  Il comandamento nuovo dell’amore, assegnando all’amore umano il <<come>> dell’amore di Gesù, giunge sino a comprendere persino i nemici. <<amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano>> La legge naturale = la legge nuova deve essere integrata considerando la legge naturale, quella propria della natura umana. La relazione tra la legge naturale e la legge nuova può essere stabilita rispetto alla loro intima presenza nell’uomo. A questo riguardo si deve riconoscere una: SOMIGLIANZA DISSOMIGLIANZA È DOVUTA AL FATTO CHE ENTRAMBE SONO LEGGI INFUSE. La legge nuova è infusa nell’uomo, non solo come indicazione di ciò che deve essere fatto, ma anche come aiuto a compierlo. La legge naturale, oltre che esigere il bene è la risorsa per compierlo. La legge naturale trova espressione scritta nei comandamenti del Decalogo. Il Decalogo è il testo della legge antica, positivamente rivelata da Dio al popolo di Israele. I comandamenti del Decalogo convergo nell’unico comandamento dell’amore del prossimo. Quale analogia ricorre tra il comandamento di amare il prossimo e il comandamento nuovo dell’amore di Gesù? L’amore dei nemici eleva l’amore umano sino all’altezza dell’amore divino. Confrontato con questo amore, l’amore del prossimo risulta di grado inferiore. La legge morale = presenta quattro caratteristiche:  Interpersonalità: in quanto amore, la legge morale è essenzialmente interpersonale, riguarda cioè la relazione amorosa tra almeno due persone. L’amore per gli altri non costituisce più la sostanza della legge morale, ma l’obbligo che essa impone. L’altro è amato in nome della legge e non per amore.  Obbligatorietà: La legge è intesa come ordine impersonale cui il soggetto deve adeguarsi; nel momento in cui si definisce la legge nel quadro di un legame amoroso, essa perde la sua incompatibilità con la libertà personale. L’amore obbliga facendo appello alla propria responsabilità per l’altro.  Universalità e immutabilità: Esprimono in ogni circostanza spaziale e temporale la validità dell’amore. - l’universalità della legge morale esige di amare in ogni dove; - l’immutabilità indica l’invariabilità del comandamento dell’amore, cui non può mai essere preferito l’odio.  Gradualità: La legge naturale traccia il limite al di sotto del quale l’amore scompare, la legge nuova ne indica il vertice supremo e insuperabile. Ne deriva una concezione della legge morale che può essere definita <<legge della gradualità amorosa>>. La declinazione graduale dell’amore potrebbe essere espressa dicendo che la legge morale è, allo stesso tempo, uguale e non uguale per tutti: - <<la legge morale è uguale per tutti>>: l’amore del prossimo deve essere perfezionato sino alla fine, sino cioè a comprendere anche il nemico. - <<la legge morale non è uguale per tutti>>: a ciascuno è comandato di amare al grado che le esigenze dell’amore di Dio definito e assoluto, gli consento anche l’amore dei nemici. Capitolo 3, I DINAMISMI DELLA LIBERTÀ La legge si rivolge all’uomo libero: senza libertà, la legge, finirebbe per essere un’imposizione violenta. 1. ANALITICA DELL’ATTO L’agire morale è un evento naturale come gli altri, e come tale l’unico metodo adeguato per valutarlo sarebbe quello delle scienze positive. Tommaso distingue gli:  Atti che sono propri dell’uomo (actus humanus) -> vengono nominati come <<azioni>> e sono agiti tramite l’esercizio della libertà. 5  Atti che sono comuni all’uomo e agli altri animali (actus hominis) -> vengono nominati <<passioni>> e sono dovuti ad altri dinamisti, fisici, psichici ecc… Non essendo l’uomo puro spirito angelico o solo corpo animale, ma <<totalità unificata>> di spirito e corpo, le azioni umane sono sempre intreccio di azione e passione. Le azioni sono dunque costituite dalla <<reciprocità di volontario e involontario>>. Quindi l’analisi morale dell’azione umano suppone che essa sia, almeno minimamente libera. Tracciando l’estensione dell’agire libero troviamo che al limite inferiore risiede l’azione impulsiva, mentre quello superiore l’azione differita. L’azione morale è un dinamismo che non può essere staticamente fissato. Ispirandoci al magistrale studio degli atti umani elaborato da Tommaso d’Aquino nella Summa Theologiae, si potrebbero rinvenire sei tempi dell’azione morale: 1) Il tempo del volere, in cui la libertà desidera acquisire un dato bene; 2) Il tempo del progetto, in cui la libertà (in)tende effettivamente alla realizzazione di ciò che prima solo desiderava; 3) Il tempo del discernimento, in cui la libertà confronta le diverse possibilità di realizzazione; 4) Il tempo della scelta, in cui la libertà decide di realizzare ciò che intende; 5) Il tempo dell’efficienza, in cui la libertà persegue la scelta compiuta; 6) Il tempo della gioia, in cui la libertà gode del desiderio realizzato. La sequenza dei diversi tempi dell’agire non risulterà sempre completa e invariabile. La diversa gestione dei tempi dell’azione potrebbe rivelare una <<libertà pigra>> o una <<libertà impulsiva>>, una libertà che non passa mai da un tempo all’altro dell’azione, oppure una libertà che brucia i tempi dell’azione. L’uno e l’altro atteggiamento sono le due facce della stessa medaglia. La libertà pigra è una libertà che, rinunciando all’impegno attivo, più facilmente subisce l’influsso delle passioni, agendo impulsivamente. Quando la libertà sceglie di fare qualcosa, simultaneamente rinuncia ad ogni fattibile cosa. Il risvolto negativo della scelta positiva è il <<taglia via>> le altre possibili scelte. La scelta, infatti, è una de-cisione che comporta una recisione. Le cose si complicano qualora la scelta riguardi l’ambito morale, ovvero azioni qualificabili come buone o cattive. Ma come orientarsi tra gli atti buoni e cattivi? Per valutare la qualità morale degli atti possiamo attingere alle tre cosiddette <<fonti della moralità>>, corrispondenti:  OGGETTO = si intende come <<un comportamento liberamente scelto>>. L’oggetto morale di un atto non coincide con alcun oggetto fisico. L’oggetto morale di un atto specifica la sua collocazione nell’orizzonte del bene e del male, definisce, cioè, la specie morale di un’azione.  CIRCOSTANZE = Tommaso d’Aquino, chiamando <<circostanza una cosa che, pur essendo esterna all’essenza di un altro>> spiega come ciò possa avvenire in tre maniere: l’atto medesimo, le cause, gli effetti. Le circostanze concorrono ad aggravare oppure a ridurre la bontà o la malizia degli atti umani.  FINE = designa lo scopo che l’agente persegue compiendo un’azione. Un’azione buona può essere ordinata a un fine cattivo, come quando uno dà l’elemosina per vanagloria: e al contrario un’azione cattiva può essere ordinata a un fine buono come quando uno ruba per soccorrere i poveri. La valutazione morale di atto esige la considerazione di tutte le sue tre fonti. La dottrina dell’intrinsece malum, implica un legame con l’intenzione. Le azioni umane risultano intenzionate. 2. METAFISICA DELL’ATTO La scelta della libertà umana rispetto al suo bene fondamentale, Dio, prende il nome di opzione fondamentale. Tale opzione, mediante la quale l’uomo decide radicalmente di sé, accogliendo o rifiutando Dio, configurandosi come azione morale profonda. Il darsi dell’opzione fondamentale nei singoli atti conosce diversità di grado: si distingue tra atti profondi, in cui ne va dell’opzione fondamentale, e in atti periferici, in cui rimane invariata. Il passaggio dal sì al no nei confronti di Dio costituisce il peccato, quello dal no al sì la conversione. La consapevolezza e deliberazione delle scelte in cui si attua l’opzione fondamentale introduce il tema della coscienza morale. In epoca moderna e contemporanea, il fenomeno della coscienza della coscienza morale è stato sottoposto a feroce critica, sino a essere eliminato, perché considerato un prodotto derivato e mascherato di condizionamento gravanti sulla libertà dell’uomo. Le decostruzioni più classiche sono state operate dai <<maestri del sospetto>>: Marx, Freud (la coscienza 6 morale coincide con il Super-Io) e Nietzsche. La parola coscienza traduce il greco syneidesis = con-sapere, sapere con altri. A esso corrisponde nella lingua latina, con il termine conscientia. L’etimologia del termine coscienza ci rimanda a una realtà che è in relazione con altro da sé. La coscienza morale non consiste semplicemente nella consapevolezza di essere in relazione con qualcosa o con qualcuno, ma risponde delle relazioni che inevitabilmente intrattiene -> si parla della coscienza morale in termini di coscienza <<responsabile>>, abile cioè nel rispondere a ciò che la interpella. Una considerazione adeguata delle relazioni costitutive della coscienza prevederebbe di passarne in rassegna almeno quattro: - La relazione ambientale con la natura e la cultura; - La relazione intrapersonale con il corpo; - La relazione interpersonale con il prossimo umano; - La relazione religiosa con Dio. Il Concilio Vaticano II definisce la coscienza come il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli si trova da solo con Dio. Nella storia, ora la si è intesa come voce di Dio, ora come voce dell’uomo, nel senso per cui l’uomo, partendo dalla conoscenza dei principi del bene e del male di cui Dio lo ha dotato naturalmente, li applica mediante ragione alle sue singole azioni, giudicandole nella loro bontà o malizia.  La coscienza non è più una voce solo divina o semplicemente umana, ma è un fenomeno relazionale, derivante dalla relazione che la libertà umana intrattiene con lo Spirito divino. 3. STORIA DELL’ATTO L’azione della libertà, che ha il suo cardine nella scelta, è il telaio sul quale si tesse la personalità morale, virtuosa o viziosa, del soggetto agente. Si può definire la virtù come la <<storia buona della libertà>> e il vizio come <<storia cattiva della libertà>>. La virtù appartiene alla libertà ed entra dunque a determinare il bene fatto dalla libertà; al contrario, il vizio appartiene alla libertà ed entra a determinare il male fatto dalla libertà. Virtù Il termine virtù, deriva dal latino virtus, cioè forza, valore. Aristotele insegna che la virtù è acquisibile dall’uomo mediante l’esercizio ripetuto e costante di un’azione buona ed è quindi il prodotto dell’attività dell’uomo. Con Tommaso d’Aquino, la virtù non è prodotta dall’uomo mediante i suoi atti, ma all’uomo donata da Dio per pura grazia. Essa si configura come habitus infusus, = l’uomo <<ha>> la virtù perché Dio gliela <<infonde>>. L’articolazione delle virtù: Paolo e Tommaso, parlano delle virtù teologali di fede, speranza e carità. Queste tre virtù teologali sono associate all’immagine dell’abbraccio: le braccia del Padre che si aprono per attirare ed accogliere il figlio, e poi per stringerlo a sé, il figlio attratto dalle braccia del Padre, è indotto a corrispondere all’abbraccio concedendosi a Lui. Il movimento indotto dalle braccia aperte del Padre, porta il figlio a sbilanciarsi in Lui. Quindi possiamo definire: - La carità come l’attrazione dell’amore di Dio; - La fede con l’affidamento dell’amore di Dio; - La speranza come il movimento nell’amore di Dio.  Agape = carità. Intesa come la più grande delle virtù teologali. Poiché l’infusione della virtù nell’uomo è opera dello Spirito santo, la virtù stessa può essere descritta come la <<forma spirituale della libertà>>. il recupero di una visione dinamica dell’agire morale può oggi avvalersi della categoria di <<legge della gradualità>>, ponendo le condizioni per acquisire il bene. Capitolo 4, LE SCELTE DELLA LIBERTÀ La libertà si trova impegnata nell’alternativa tra due possibili scelte: la scelta del male, definibile peccato, e la scelta del bene, definibile conversione. Il peccato L’unico peccato imperdonabile è quello contro lo Spirito santo. In analogia col rigor mortis che caratterizza la morte biologica, il peccato, in quanto indurimento della libertà, viene definito 7 2. L’IDENTITÀ DELLA BIOETICA La definizione della bioetica si lega alla comprensione di cosa siano natura e tecnica e del loro rapporto. NATURA TECNICA Viene definita in un primo luogo, intendendo le cose naturali e i meccanismi organici che presiedono al funzionamento del cosmo e dell’uomo inserito in esso. In secondo luogo, la natura è l’insieme dei significati storicamente e culturalmente interpretati, accessibili al soggetto. Quindi la natura sarebbe la cultura: tutto l’uomo è ridotto ad interpretazione storica e relativa. Il riflesso in campo etico conduce al proceduralismo: la bioetica deve avere lo scopo di evitare i conflitti attraverso l’accordo. Insieme degli strumenti e delle procedure che hanno come scopo il raggiungimento di un fine. Sarebbe il regno dei mezzi che l’uomo si dà per realizzare i propri scopi. La tecnica è parte dell’essenza dell’uomo, della sua natura. Dall’altra parte lo strumento si offre all’uso dell’uomo in maniera neutra. Il riflesso sul discuso etico è rinvenibile nel paradigma utilitarista: ricerca di maggior benessere possibile e minimizzazione del male. Questo processo deve avere un carattere universale. Esiste però un’altra visione della tecnica: essa tende ad esprimere il proprio carattere sistemico imponendosi nella cultura e nel pensiero dell’uomo contemporaneo. Quindi, è la tecnica a guidare il futuro dell’umanità. NATURA E TECNICA SONO DUE ELEMENTI COMPRENSIBILI AUTONOMAMENTE L’UNO DALL’ALTRO, MA NON SONO NEMMENO SOVRAPPONIBILI. SONO DUE ASPETTI, IN TENSIONE FECONDA, DELLA MEDESIMA DINAMICA: LA VITA: - L’uomo è chiamato ad agire, ad interpretare il suo agire, quella natura che lo precede. La tecnica è una delle modalità dell’interpretazione della natura. - La riflessione morale non si aggiunge alla vita dell’uomo come elemento esterno, ma è l’espressione della sua stessa realizzazione nella forma del bene da farsi della male da evitarsi. La bioetica si colloca nel contesto del sapere propriamente etico, come etica speciale. Dire che la bioetica si comprende come etica significa che essa ne condivide l’identità, la funzione e l’epistemologia. La bioetica si definisce come attività speculativa chiamata a rendere ragione dell’agire morale dell’uomo nei suoi tratti di libertà, consapevolezza e responsabilità e nel suo orientamento al bene. Si tratta di spiegare il movimento morale della persona e di custodirlo nel suo reale orientamento al bene.  La funzione della bioetica si configura quindi come sostegno all’esperienza etica della persona. La bioetica risulta specificata dall’intreccio di natura e tecnica che descrive il vivere dell’uomo nei suoi momenti più significati. La bioetica si definisce come la scienza morale del rapporto tra natura e tecnica. Capitolo 2, UN NUOVO MODO DI GENERARE? Nel 1978 nasce Louise Brown, la prima bambina generata in provetta. Vi sono reazioni diverse: alcuni sono perplessi di fronte alla manipolazione dei gameti da parte di scienziati e medici; altri esultano perché in questo modo si supera il concepimento naturale. 1. LE TECNICHE DI PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA Ci sono due procedimenti diversi di fecondazione assistita:  In vitro (o extracorporea), quando l’incontro del gamete maschile con quello femminile avviene in provetta;  Corporea , quando l’incontro avviene nel corpo della donna, attraverso le vie genitali femminili. Tra le tecniche intracorporee si riconoscono:  L’inseminazione artificiale (IA) = si procede attraverso il prelievo del seme maschile.  GIFT (Gamete IntraFallopian Transfer) = consiste nel prelievo di entrambi i gameti e nel loro reinserimento nelle vie genitali femminili in maniera simultanea. Si è semplificata la donazione di sperma, in quanto gli spermatozoi si possono conservare congelati; si sta perfezionando la congelazione degli ovuli. Ma il coinvolgimento di figure esterne alla coppia genitoriale può però spingere oltre, in forme di maternità surrogata. Si tratta di donne che consentono ad “accogliere” gli embrioni ottenuti dalla fecondazione di una coppia. 2. L’ESPERIENZA DEL GENERE UMANO GENERARE è un atto che coinvolge tutta la persona in ogni sua dimensione e la libertà è chiamata a farsi carica del tutto e 10 non solo di una parte. La generazione umana è un processo complesso che coinvolge tutto l’organismo dell’uomo e della donna. Infatti, ci sono tre fasi che portano a questo evento: 1. Processo di maturazione dei gameti maschili e femminile e la totalità della struttura corporea. 2. La gestazione dal concepimento al parto. 3. Fecondazione, quando le due cellule si compenetrano.  Tutto questo comporta un coinvolgimento psicologico: generare un figlio significa anche generare un padre e una madre, mediante il processo di genitorializzazione. La pulsione che spinge verso la filiazione è un intreccio tra desiderio e bisogno = desiderio di trasmettere i propri geni e conferma della propria identità sessuale. L’atto di generare ha anche forte valenza sociale = l’atto generativo custodisce una responsabilità sociale. Un figlio è generato al servizio del mondo, della comunità perché possa garantirvi un futuro. Inoltre, l’accoglienza di una nuova creatura corrisponde alla ridefinizione dei propri ruoli sociali e dei rapporti. Si trascura la valenza sociale dell’adozione o dell’affido; si vuole un figlio proprio, un figlio di proprietà, per dimostrare di averlo. È da notare che si porta sempre più avanti l’età in cui si hanno figli e soprattutto quella in cui si insiste per avere figli con metodi artificiali. 3. CRITERI DI VALUTAZIONE ETICA Il ricorso alla tecnica in caso di sterilità è mosso dal desiderio di avere un figlio, desiderio legittimo. Ma spesso la procreazione assistita non si limita ad interventi terapeutici, spesso serve ad ottimizzare il figlio (scelte di forme, di tempi ecc.). Inoltre, il bambino dev’essere concepito da una coppia che ha maturato la sua apertura alla nuova vita come dono, quindi non come ricerca ossessiva. Non basta riconoscere la bontà del retto desiderio di un figlio, ma serve una ulteriore valutazione morale: - Rispetto dell’embrione -> il feto è portatore di diritti dal momento in cui avviene l’incontro tra i due gameti. - Tutela all’embrione a partire dal suo annidamento in utero che avviene attorno al 14° giorno della fecondazione. - Tutela differita. Un ulteriore criterio rientra a contribuire ad un giudizio etico attorno alle procedure di procreazione assista: è il rispetto della procreazione umana -> la libertà si orienta nella forma dell’accoglienza. Infine, la coppia che genera un figlio deve tenere conto anche del contesto sociale in cui egli entrerà a fare parte, come apporto volontario della coppia; non deve privilegiare l’affermazione individuale. 4. RIPRESA SINTETICA In definitiva, il disordine e la confusone etica si manifestano quando non c’è il rispetto per l’embrione, quando lo si manipola = rischio che l’embrione sia considerato semplice materiale sperimentale e non un essere umano concepito. L’uomo è stato invitato da Dio a procreare e deve tenere conto di questo dono e di questo incarico fondamentale, che non dev’essere distinto dalla libertà, dal desiderio, dalla responsabilità e, come abbiamo detto, dal rispetto per l’embrione come individuo concepito. Il corpo è reale presenza della dignità della persona e come tale deve essere considerato anche nelle pratiche mediche e di ricerca. Il criterio della dignità della persona si declina, nel rispetto della dignità dell’uomo chiamato alla vita e nel riconoscimento della dignità dell’atto generativo. Capitolo 3, UN NUOVO MODO DI CURARE? Nel 2000 avviene la RIVOLUZIONE GENOMICA = conoscenza teorica e pratica della genetica. 1. ALCUNI DATI ESSENZIALI Il nucleo di ogni cellula del nostro organismo contiene il codice che regola il tutto-individuale caratteristico della nostra specie. Tale patrimonio è contenuto in un acido chiamato DNA (acido desossiribonucleico). Le informazioni sono contenute in geni e ogni gene è capace di regolare la produzione di proteine. Un ulteriore passaggio, avviene con la scoperta della tecnica del DNA ricombinante -> diventa così possibile tagliare sezioni specifiche di DNA, legarlo ad altre catene e duplicarlo. Nasce così la biotecnologia. Nel 1990, ha preso vita il Progetto Genoma Umano; in cui si afferma che la lettura del codice genetico si struttura in due 11 fasi: la mappatura e il sequenziamento del DNA e, la traduzione nelle diverse proteine e la scoperta del loro funzionamento. Il PGU non è solo un protocollo di pura ricerca scientifica, ma è un programma ampio che comprende ricerche etiche, rapporti con la politica e l’economia. 2. UNA RIVOLUZIONE MEDICA? Di fronte agli sviluppi della genetica si è assistito a reazioni forti. Sia in difesa delle diverse applicazioni aperte dal progresso delle conoscenze, sia in opposizione ad esso. Ciò che è visto con entusiasmo o con preoccupazione è la possibilità di penetrare, manipolare, conservare l’identità stessa dell’uomo e del sistema ecologico che lo circonda. Il DNA sembra determinare ciò che siamo e che saremo. Le applicazioni delle conoscenze genetiche nell’ambito medico appaiano cariche di un carattere sperimentale. Nella medicina contemporanea l’approccio terapeutico sembra intrecciarsi sempre di più con l’aspetto della ricerca in corrispondenza alla stretta congiunzione realizzatasi tra “scienza pura” e applicazione tecnica.  Questo comporta che l’obiettivo specifico della medicina, e cioè la cura del malato, si intreccia con gli scopi propri della scienza e della tecnica.  Da più parti oggi si parla di un nuovo modello di medicina, la medicina scientifica o sperimentale. Ma siamo effettivamente di fronte ad una nuova medicina? Il filosofo Karl Jaspers (anni ’50), riconosceva già l’aspetto di ricerca inserito nello sguardo del medico. Quest’ultimo è un ricercatore, in senso ampio: chiamato a riconoscere la singolarità di ogni paziente accrescendo così la conoscenza pratica per sé e i colleghi. Il carattere sperimentale della ricerca si declina in due modi: da un lato con il tratto delle scienze esatto; dall’altro con l’attenzione della cura rivolta al singolo paziente. Bisogna comprendere questo strumento all’interno di una cura reale del rapporto tra medico e paziente. C’è un ulteriore carattere sollecitato dalla genetica: le pratiche di ingegneria genetica sollevano una serie di problematiche di ordine sociale. Scoprire una predisposizione ad una determinata patologia significa scoprire allo stesso tempo qualcosa legato alla famiglia del soggetto. Gli studi e le pratiche di ingegneria hanno costi molti alti e un altro problema è legato alla questione della brevettabilità. L’esperienza della malattia consegna il paziente ad un’invocazione di cura. L’atto medico è risposta sociale a questa invocazione; espressione di una società che attraverso le proprie relazioni riafferma il valore e la bellezza del vivere. Quindi, si tratta di ricomprendere le categorie fondamentale del progresso medico e della cura del paziente nel loro orientamento ad un bene comune per ogni uomo. Risonanza autorevole di questa interpretazione viene dalla Dottrina Sociale della Chiesa, ed in particolare dall’insegnamento di Benedetto XVI, nell’enciclica Caritas in veritate, affermando come <<non sia sufficiente progredire solo da un punto di vista economico e tecnologico. Bisogna che lo sviluppo sia vero e integrale>>. Perché ciò sia possibile è necessaria una nuova interazione tra i vari saperi.  Il progresso genetico, non introduce una nuova medicina, ma è occasione per una pratica ed una riflessione che riscoprano alcuni caratteri propri dell’agire medico. L’orientamento del progresso scientifico deve mirare al bene comune. 3. ALCUNE PROBLEMATICHE SPECIFICHE Sempre più si fa ricorso ai test genetici, presenti in due tipi:  Prenatali = consentono una diagnosi precoce di determinate malformazione uterine. Ci possono essere due rischi: la rischiosità di certi test (rischio di danni all’embrione, fino alla possibilità di aborto) e la forbice tra diagnosi e terapia (diagnosi genetiche negati spesso riguardano predisposizioni alla possibilità di insorgenza tardiva di malattie).  Postnatali , per scoprire la possibilità di malattie presenti o dell’insorgere di malattie in futuro. Terapia genetica: modificare il patrimonio genetico di un soggetto al fine di curare una malattia è un’impresa rischiosa. La possibilità di correzione di un genoma difettosi si distinguono in due linee di ricerca: la terapia somatica (inserire un grande numero di cellule somatiche di un individuo il gene corretto rispetto al tratto di DNA errato) e quella germinale (si cerca di correggere un genoma difettoso nelle cellule della linea sessuale di un individuo adulto per poter trasmettere un “nuovo genoma” ai discendenti). Cellule staminali: cellule del nostro organismo che non si sono ancora specializzate in una funzione determinata e sono quindi disponibili come “materiale di riserva” in grado di rigenerare tessuti. Legata a tale ricerca troviamo le pratiche di clonazione terapeutica = creare una copia identica del progenitore. 12 Ci troviamo di fronte a due evidenti caratteristiche della stagione dell’amore di coppia che stiamo attraversando, epoca in cui sono meno forti di un tempo sia le pressioni del contesto famiglia, sia le motivazioni estrinseche all’amore di coppia: i due decidono l’avvio nella relazione in maniera molto più autonoma. La possibilità del prolungamento del tempo del fidanzamento, getta una luce particolare sulla decisione di giungere al matrimonio. Il problema che le coppie oggi hanno di fronte è che non basta aver deciso insieme a un certo punto di sposarsi: occorre che questo consenso venga continuamente confermato per tutto il tempo in cui il matrimonio dura. Questo significa che l’uomo e la donna, hanno aspettative, che dovrebbero trovare una continua verifica positiva perché possa continuare il legame. Nel momento in cui vengono meno le conferme, si chiede la separazione, avviando l’iter verso il divorzio. Collegato al valore dell’autonomia nella scelta di coniuge, c’è la valutazione del matrimonio come “ contratto privato”, intimo tra i due che si decidono per quel tipo di unione. Senza tenere in gran conto la rilevanza sociale. Entrambi i soggetti coinvolti in questo processo di decisione l’uno per l’atro sono oggi particolarmente attenti al rispetto delle originalità, potenzialità. La vita di coppia può quindi essere intesa come “concorrenziale” alla vita del singolo: quest’ultimo si “concederebbe” al legame affettivo solo per il tempo necessario. Infatti, l’uomo e la donna si uniscono in una ‘relazione pura’, che dura solo per il periodo del soddisfacimento personale, senza prevedere un’unione duratura. Altrimenti, si opta per l’amore convergente, in cui si starebbe insieme solo per quello spazio-tempo in cui “convergono” gli interessi di vario tipo (emotivo, sentimentale, affettivo, economico) dei soggetti coinvolti. Nel contesto della “privatezza” del legame, i coniugi si trovano soli e spesso solitari nel prendere sia le decisioni fondamentali che quelle quotidiane della loro vita personale e di coppia. Oggi i ruoli sono intercambiabili e non ci sono più nette divisioni dei compiti fra uomo e donna, fra moglie e marito. Quindi occorre ridiscutere, contrattare, col desiderio di ottenere ciò che può costare il minor dispendio di energie. Le vicende molteplici dell’amore di coppia inducono le nuove generazioni a preferire modelli di relazione affettiva meno vincolanti, più elastici per garantire meglio l’autonomia del singolo, la sua realizzazione. Si possono così riassumere le principali trasformazione che la famiglia italiana ha vissuto e sta ancora vivendo: a) diminuisce drasticamente la dimensione numerica dei nuclei di convivenza; b) cresce l’età al primo matrimonio; c) aumentano i separati e i divorziati; d) decrescono i nuovi coniugi; e) cala, fino al minimo storico, il tasso di fecondità; f) il panorama delle convivenze si frammenta Capitolo 2, IL SACRAMENTO DELL’AMORE 1. L’EVIDENZA ECCLESIALE: IL MATRIMONIO CELEBRATO La Chiesa si propone ai fedeli con una serie di riti; tra questi c’è anche la celebrazione del matrimonio. Il rito consiste in un momento di riflessione su come la forza dello Spirito Santo penetra l’unione dei due sposi. La coppia, deve lasciarsi plasmare e ascoltare la voce che ne deriva, per accogliere il dono dello Spirito Santo. Secondo Giovanni Paolo II, durante il rito, si devono ricordare gli aspetti del senso morale del matrimonio: la dimensione comunitaria, la presenza dello Spirito. Infine, lascia al celebrante il ruolo di scegliere le letture da fare. Infatti, il nuovo rituale ha arricchito il Lezionario che può essere usato nelle nozze cristiane, ritrovando tre grandi filoni: i passi che annunciano il disegno di Dio sull’amore coniugale; le vicende di coppia che esemplificano le qualità di questo amore; alcuna indicazione di tipo morale sui modi in cui stare dentro la relazione coniugale. 2. LA RIVELAZIONE BIBLICA DEL ‘SACRAMENTO’ All’inizio del vangelo di Matteo, un fariseo chiede a Gesù se è lecito ripudiare la donna. Gesù, facendo riferimento alla legge di Mosè, dice che è possibile ripudiare la donna, solo “per durezza del vostro cuore”. Invece, la pienezza della legge è quella che risponde al desiderio di Dio di creare, fondare, dove il matrimonio deve concorrere a questo desiderio. Nella Genesi 1 sono presenti una serie di “coppie” creata, quasi in preparazione all’apparizione della coppia umana: il cielo e la terra; la luce e le tenebre…  La Bibbia rintraccia un’indicazione di senso: <<tutte le cose sono a due a due, una di fronte all’altra, egli non ha fatto nulla d’incompleto>>.  Il “fare” di Dio quando separa, intende le condizioni affinché ogni cosa abbia la sua “autonomia” che non potrà che 15 essere una “autonomia creaturale”, cioè costitutivamente in relazione a Colui che l’ha posta in essere. La dinamica creativa “a coppie” pare venir meno in occasione della creazione dell’uomo: in Gen 1,27a viene prima annunciata la creazione dell’uomo, e solo alla fine del versetto si introduce la menzione di <<maschio e femmina>>. Nei primi capitoli della Genesi l’uomo viene indicato col termine ‘adam. La sua caratteristica è di essere usato sempre al singolare; dunque il suo significato può essere quello generico di “genere umano”. Quindi ciò che viene asserito dell’”uomo” deve essere inteso come riferimento a entrambi i sessi: ‘adam, la persona umana, è la coppia di maschio e femmina. L’espressione <<Non è bene che l’uomo sia solo>>, indica la solitudine all’interno della nostra cultura. Nel mondo occidentale ciò che non si riesce a sopportare è la percezione di non essere significativi per nessuno.  Traendo il significato dalla Bibbia, si intuisce che non si tratta solo della mancanza di una compagna, di una sposa, bensì della sensazione di smarrimento dell’”uomo” che ha di fronte a sé una “donna”. Questa ricerca del “simile che sta di fronte” nasce da un insopprimibile desiderio, definibile con la parola “eros”: grazie ad esso, l’uomo è portato ad abbandonare la presunzione di essere autosufficiente. L’uomo guarda la donna e la indica usando la tersa persona singolare: è “un’altra persona”, è diversa da lui; però è <<simile>>. Per questo la Bibbia usa qui due termini diversi, specifici: “uomo-marito” e “donna-moglie”, rispettivamente “is” e “issa”. L’amore è rivolto a una persona nella sua interezza, al fine di compiere una comunione completa. Per comprendere la necessità di questa unione, la Genesi parla della donna creata dalla costola dell’uomo, cioè carne della sua carne. La spinta dell’eros verso l’altro, porta alla partecipazione totale alla vita dell’altro. La rivelazione del mistero trinitario costituisce il momento più alto dell’esplicitazione di questo rapporto. Dio è amore in quanto è comunione di persone che si realizzano nella reciprocità del dono. Nelle lettere di San Paolo, scopriamo che egli vede e riconosce nelle coppie che si muovono attorno a lui l’opera di Dio: la promessa del rinnovo di un’alleanza, fatta nella Genesi, si è concretizzata in Cristo. Paolo rintraccia nella coppia un<<sacramentum magnum>> della qualità dell’amore di Cristo = chiede alle coppie di conformarsi a ciò per cui da sempre sono state pensate: per rivelare e attuare nell’oggi la cura sponsale di Cristo per la Chiesa sua Sposa. L’unione tra Cristo e la Chiosa trova, la sua massima espressione nell’evento della Pasqua, in cui lo Sposo si prende cura della propria Sposa col gesto supremo del dare la vita per lei. Come la Chiesa si lascia amare totalmente da Dio, così accade tra i coniugi, che si abbandonano totalmente l’uno all’altro, dando vita al disegno di Dio, basato sull’amore e teso alla procreazione, alla continuità, al futuro. 3. IL SACRAMENTO DELLE ORIGINI Giovanni Paolo II torna sul discorso della catechesi del matrimonio, mettendo in evidenza che questo sacramento è il primo a nascere (Genesi, unione di Adamo con la donna). Già nella Genesi, Dio crea un giardino in cui l’uomo si trovi bene, diffondendo dovunque amore. Quindi annuncia l’amore tra l’uomo e la donna, finalizzato alla procreazione e al popolamento della terra, dimostrando che tutta la storia che seguirà nascerà da questo amore. Tutto ciò che viene da Dio è buono. Anche quando il Suo popolo soffrirà, egli sarà presente come uno sposo che provvede e aiuterà nella liberazione, poi sarà sempre guida, come lo sposo è guida alla sposa nel matrimonio. 4. LA QUALITÀ SACRAMENTALE DELL’AMORE CONIUGALE La coppia che ha accolto la chiamata all’amore deve tenere presente che essa deriva da Dio-Amore e risponderà mettendo a disposizione corpo, anima e spirito. Quindi il matrimonio è una manifestazione culturale, è simbolo reale, ha una dimensione fisica nella storia, nello spazio e nel tempo; manifesta la partecipazione di Dio attraverso la grazia; manifesta l’essenza della Chiesa come sacramento; manifesta l’atto libero in cui questa partecipazione è accettata. Capitolo 3, LE CARATTERISTICHE DELL’AMORE La trattazione tradizionale del sacramento del matrimonio partiva dichiarando quelle che sono le sue “costanti”: beni, fini, proprietà, matrimonio naturale e sacramento cristiano. In particolare, veniva presentato lo schema dei “beni” di sant’Agostino: la prole, la fedeltà, l’indissolubilità connessa al bene del sacramento. 1. IL NOME PROPRIO DELL’AMORE: COME CRISTO AMÒ LA CHIESA. 16 L’amore di Cristo è il criterio per interpretare la qualità dell’amore tra uomo e donna. Per conoscere il tipo d’amore che lega l’uomo e la donna, dobbiamo guardare a Lui.  È un amore pienamente umano, vale a dire sensibile e spirituale. Non è quindi semplice trasporto di sentimenti, ma anche e principalmente è atto della volontà libera. 2. LE CARATTERISTICHE DELL’AMORE DI CRISTO Il matrimonio cristiano è il luogo dove l’amore di Cristo si tramette tra i coniugi, e si possono cogliere quattro tratti essenziali: - Amore totale, cristo ha amato con tutto sé stesso, cioè sino alla insuperabile misura di offrire corpo e sangue; - Amore fedele , Dio non lo ha ritirato nemmeno quando i suoi l’hanno tradito: Giuda; - Amore indissolubile , Cristo h amato i suoi sino alla fine della sua vita terrena e addirittura assicurando la sua presenza oltre la morte. - Amore fecondo , Cristo ha dato la vita perché i suoi fedeli avessero la vita. L’Eucarestia insegna che il dono della vita totale, fedele, indissolubile e feconda inizia non quando si offre, ma quando si riceve. L’amore cristiano può essere vissuto e donato nella misura in cui lo si riceve. Sacramento dell’amore totale: l’amore “entra nell’altro”, nella sua vita, nella sua pelle, a tal punto da formare con la persona amata “una sola carne” (una caro), una solo entità. Dal punto di vista fisico, la “una caro” si può esprimere con l’unione sessuale. L’una caro a cui aspira l’amore può essere descritta verso differenti “gradazioni”: unione dei corpi, unione degli animi (dimensioni “invisibili” delle persone), unione delle persone, unione nel generare la vita, unione nella vocazione, unione nel futuro, unione nell’eternità.  L’espressione “una sola carne” va intesa in senso personale, la sua realizzazione prevede non solo di consegnare all’altro/a qualcosa di sé, ma anche di consegnars-si. Sacramento dell’amore fedele: la fedeltà alla relazione di coppia si fonda sulla fedeltà dell’amore che lega Cristo alla Chiesa. I partener della coppia si possono promettere un amore fedele in quanto si “possiedono nella conoscenza di sé per l’oggi e nella promessa di sé per il futuro. Nel momento in cui l’identità personale non sia costruita dalla vita condivida nel fidanzamento e nel matrimonio, non sarà garantita la fruttuosità di una “fedeltà” formale. Con il termine fedeltà, facciamo riferimento alla ri-scoperta quotidiana dei motivi della relazione; continua risurrezione del volto amato del coniuge; messa a disposizione di energie per creare un figlio. Sacramento dell’amore indissolubile: la totalità del dono reciproco si raggiunge solo nel tempo. La totalità della comunione amore implica tutta la vita si cui si dispone, richiede l’”indissolubilità” della storia personale dei due. Essere una cosa solo significa rimanere con l’altro/a. > Il Diritto Canonico prevede l’unità e l’indissolubilità del matrimonio. Se i due coniugi si muovono nella fede, danno spazio all’amore di Dio perché li incammini verso la salvezza. Per il cristiano, la rottura del vincolo matrimoniale non è solo un fatto giuridico, ma significa truffare l’altro, che aveva promesso insieme e si era fidato di tali promesse; truffare anche un eventuale figlio o figli, a cui si era presentato un avvenire promettente e sereno. L’indissolubilità del matrimonio è: una relazione di appartenenza reciproca che unisce sacramentalmente i due sposi, introducendoli nel vincolo che lega Cristo alla Chiesa. Emerge così, una circolarità tra sacramentalità del matrimonio e indissolubilità: la sacramentalità del matrimonio rappresenta il fondamento dell’indissolubilità del matrimonio, l’indissolubilità matrimoniale il fondamento per il riconoscimento della sua sacramentalità. Sacramento dell’amore fecondo: il sacramento cristiano si propone come il “grembo” entro il quale la fecondità ritrova il suo senso. Donare la vita a una creatura è un gesto di partecipazione a “perdere la vita”: il genitore deve lasciare ogni presunzione di “proteggere” ogni istante della vita del figlio amato. Anche il figlio ha diritto d’essere voluto e accettato nella sua identità, perciò da quel momento il matrimonio che diventa famiglia non si limiterà ai due, ma le scelte devono essere fatte anche per il bene e nell’ottica del futuro del figlio. Nel momento in cui Dio sceglie due genitori per compiere il suo disegno dell’avvenire, li investe della responsabilità di diffondere il Suo amore alla nuova creatura e di garantire la serenità di quell’avvenire, così come Lui stesso ha fatto con le Sue creature. 3. IMBOCCATO IL SENTIERO… Nella celebrazione liturgica del matrimonio sacramentale risultano le quattro tonalità fondamentali dell’amore di Cristo: - La “totalità” dell’amore è espressa dalle parole “io, accolgo te, come mio sposo/a”. 17 finalizzati a una sua coerente interpretazione in senso critico. FNOMENENO SOCIALE (STORIA) RILETTURA ALLA LUCE DELLA FEDE CRISTIANA ETICA SOCIALE (BIBBIA) (DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA) Attestazione rivelatrice di Dio all’uomo compimento della libertà, nelle sue varie dimensioni relazionali  In questo processo la libertà, dimensione costitutiva dell’uomo, è chiamata a riconosce nel momento biblico il punto più alto del suo rivelarsi a sé stessa, e in quanto etico la possibilità di una mediazione alta, in cui la libertà stessa, riconoscendo l’appello al bene come suo compimento possibile, ne può essere sempre di nuovo rilanciata. 4. LA VERTA’ DELL’AGIRE SOCIALE La verità delle relazioni, nella Scrittura, si dà in modo paradigmatico, ossia mediate la narrazione di vicende esemplari. Accostiamo la Scrittura come rivelazione di Dio all’umanità e dell’umanità a sé stessa; in ogni sua pagina, risuona il tratto storico-salvifico caratteristico dell’intera vicenda di cui la Bibbia è testimonianza viva. La verità dei rapporti sociali, di alcuni testi-chiave, la esprimono nei termini di <<giustizia>>. Per mostrare qual è l’agire giusto, la Bibbia indica, un agire che sa essere comunque fedele. Ad esempio, l’agire di Davide nei confronti da Saul in cui egli risparmia la vita al nemico. Saul riconosce: <<Tu sei stato giusto di me…>. Quindi, la giustizia è fedeltà, solidarietà, lealtà, anche in condizioni estreme, come di fronte al nemico o all’avversario. Antico Testamento Nel Pentateuco, la Legge di Israele, il tema della giustizia è soprattutto presente nei testi del Decalogo: si parte dalla concreta vicenda storica, in cui vi sono il povero e il ricco in relazione; la giustizia è anzitutto qualità personale che si manifesta nell’agire, ed è sempre riferita all’altro. Nella giustizia entra l’esperienza salvifica del Dio Giusto-Liberatore = dalla giustizia così concepita l’uomo non è artefice né protagonista, ma da sempre il suo agire è preceduto dall’agire fedele di Dio. La Profezia denuncia firme di ingiustizia che la Legge non sempre mette in luce: - L’ingiustizia generalizzata: tutto Israele è peccatore; la giustizia corrisponde a un orientamento integrale, complessivo del cuore dell’uomo. - L’ingiustizia occultata: nascosta dietro il velo dell’apparente legalità. Dalla casa di Israele il Signore <<si aspettava giustizia ed ecco spargimento di sangue>>. Uno dei luoghi più emblematici dell’ingiustizia è quello dell’economia, mediante la quale si calpesta il povero. Nuovo Testamento Gesù resta intenzionalmente all’interno del quadro politico-sociale del suo tempo. Infatti, i discepoli sono invitati, partendo dalla loro fede, a correggere, migliorare la realtà sociale in cui e di cui anche vivono. I principali atteggiamenti della Chiesa apostolica in riferimento alla società sono: - La lealtà nei riguardi dell’autorità. Per essere autentica, deve essere integrata da altri due atteggiamenti: o La distanza critica dei poteri terreni. o La contrapposizione radicale alle richieste del potere.  Il culmine della rivelazione sull’agire sociale è la <<carità>>, pienezza di ogni giustizia. 5. L’ESIGENZA DI UN FONDAMENTO Gesù è il solo Giusto: in Lui si rivela la giustizia autentica. Nell’intera vicenda biblica, sono riconoscibili tre livelli veritativi, ovvero di vera giustizia nella relazione, che autorizzano e fondano il vivere sociale:  Fenomeno sociale : le relazioni si presentano come legame da riconosce con ogni altri, nel suo valore. Inoltre, siamo chiamati a riconoscere la verità della società, ossia crescere nella consapevolezza del valore dell’essere obiettivamente inseriti, insieme, in una determinata società, cultura, storia.  Prospettiva etico-sociale : le relazioni si presentano come occasione di solidarietà, di condivisione. Le relazioni esigono di essere riconosciute come occasione favorevole per compiere il bene. Riconoscere la verità della società significa, cogliere l’importanza di un agire sociale, in cui si ricerchi il bene dell’atro e di tutti.  Verità ultima della società : la forma più originaria delle relazioni si manifesta come essere-da: dall’altro, e 20 soprattutto dall’Altro. In ogni relazione, si rivela non tanto quanto è da farsi, da parte nostra per l’altro, ma quanto l’altro, gli altri sono già stati per noi. Si pensi all’esperienza dell’<<essere generati da>>, costitutiva per ciascuno di noi: un essere generati non soltanto da due genitori, ma anche da un’intera società che ha già in molti modi reso possibile il nostro vivere. 6. NOTA SULLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA Il presente momento etico-sociale esige poi non soltanto di essere fondato nell’orizzonte biblico-teologico, ma ulteriormente sviluppato attingendo alle fonti della tradizione ecclesiale, ossia quel patrimonio vissuto e tramandato entro cui hanno potuto prendere forma e vita propria valori, principi e riflessioni. Capitolo 2, UN’ECONOMIA A SERVIZIO DELL’UOMO L’ECONOMIA si occupa di un aspetto dell’abitare il mondo da parte dell’uomo, quello legato ai suoi bisogni, nel senso di realtà necessarie. L’uomo, infatti, riconosce come attinenti al suo vivere una serie di bisogni: quelli più immediati ed urgenti, a quelli di carattere più elevato (bisogni culturali, religiosi, affettivi…).  L’economia si occupa di quei bisogni dell’uomo per cui possono essere soddisfatti mediante beni scambiabili = in questo senso, si parla di bisogni e di beni economici. I beni economici, possiedono attitudini in grado di soddisfare alcuni aspetti dei bisogni umani: il loro aspetto di maggiore urgenza. Tale attitudine è detta utilità; un bene è tanto più utile quanto più è in grado di soddisfare bisogni molteplici. I bisogni si presentano come tendenzialmente illimitati. I beni si presentano come tendenzialmente scarsi, limitati.  Tra bisogni e beni, la mediazione è istituita dai valori = ossia la capacità di un determinato bene di soddisfare un determinato bisogno. Le sue due componenti basilari sono: il giudizio sul valore d’uso di un bene e il suo valore di scambio. I tre momenti fondamentali dell’attività economica sono connessi in una relazione di circolarità: - Alla produzione, in quanto momento generativo; - Alla distribuzione, in quanto connessa agli scambi medianti da beni economici.; - Al consumo, in quanto momento di utilizzo del bene prodotto. Nel corso della storia sono riconoscibili alcune grandi tappe di sviluppo dell’attività economica:  L’economia nel mondo antico: ci si basa sul baratto (MERCE – MERCE)  L’economia all’epoca dello sviluppo dei mercati, mediante l’intermediazione monetaria (MERCE-DENARO-MERCE).  L’economia industriale: si basa sul possesso e l’investimento di un capitale di rischio. (DENARO-MERCE-DENARO) Nell’economia di mercato, ciò che contra è che la libertà individuale sia garantita.  L’economia post-industriale: a carattere prevalentemente finanziario (DENARO-DENARO). Nell’Antico testamento affiora un giudizio ambivalente sulle ricchezze: possono essere segno positivo, se sono acquisite e utilizzate in modo giusto; altrimenti, se sono frutto di ingiustizia, il giudizio sul loro possesso è negativo. Nel Nuovo Testamento emerge un giudizio molto più severo: le ricchezze si manifestano come realtà illusorie. La ricchezza finisce per possedere l’uomo, per renderlo schiavo. Il criterio evangelico ultimo per la gestione delle ricchezze è di sottoporle perennemente a due criteri di giudizio fondamentali: - Il giudizio di Dio, nella fede. - I bisogni dell'altro, e di tutti gli altri, nella prospettiva della carità. Il criterio più generale per un giudizio etico in economia consiste nella subordinazione, finalizzazione dell’utile al bene. Lo scopo dell’azienda è quello di fornire beni e servizi, utili ad altri. MORALE ECONOMICA: se ispirata alla giustizia e alla solidarietà, costituisce un fattore di efficienza sociale della stessa economia. Va inoltre, riconosciuta la dimensione personale ed esistenziale del lavoro dell’uomo. Il lavoro è però da cogliersi anche come grande opera ed occasione di solidarietà. 21 La più profonda interpretazione del lavoro concerne la sua dimensione teologica -> anche il lavoro può essere ricondotto alla logica evangelica del “perdersi”, del donarsi, affinché ci si possa ritrovare. Nell’ambito dell’elaborazione della Dottrina Sociale della Chiesa, il grande principio che presiede al possesso e all’utilizzo dei beni di ogni tipo è quello della destinazione universale dei bene della terra = i beni economici sono stati affidati da Dio all’umanità tutta, affinché possano rimanere al servizio di tutti. Implica che <<la proprietà dei beni sia equamente accessibile a tutti, così che tutti diventino, almeno in qualche misura, proprietari>>. Quale sistema economico per l’oggi? La Dottrina Sociale della Chiesa è per una particola modalità di sistema economico, alla quale possono corrispondere in concreto differenti modelli: - Un’economia, in cui Stato, mercato e corpi intermedi abbiamo ciascuno un compito riconosciuto e apprezzato al servizio del bene comune. - Un’economia in cui al mercato sia riconosciuto un ruolo positivo, ma sempre, da orientarsi al bene comune. La dottrina Sociale della Chiesa richiede un mercato del lavoro, dei beni e servizi e dei capitali equo. - Un’economia articolata e basata su una pluralità di interventi e di soggetti. Capitolo 3, UNA POLITICA PER IL BENE DI TUTTI 1. CHE COS’È <<POLITICA>>? La POLITICA è una risorsa, possibilità o anche potenzialità straordinaria posta al servizio del progresso della civiltà. La sua forza risiede nel fatto che essa attinge a un potere proveniente da molti. La politica può essere riferita a tre livelli basilari: 1) POLICY , è l’orizzonte più ampio degli orientamenti ideali, degli aspetti culturali della politica. 2) POLITY , ovvero il livello concernete gli aspetti istituzionali, strutturali, della politica. 3) POLITICS , ossia la politica attiva, svolta dai politici.  Interazione tre questi tre livelli: Il primo orizzonte è fondamentale, il secondo rappresenta la codificazione, il terzo rappresenta il luogo decisionale. 2. LA RICERCA DELLA VERITÀ NELLA VITA POLITICA Nell’Antico Testamento -> in primo piano troviamo la Legge e i suoi mediatori, giudici e re chiamati a esercitare la giustizia presso il popolo. Nel Nuovo Testamento -> gli scritti sottolineano il potere politico e sociale nella sua ambivalenza. L’agire politico è soggetto non soltanto a limitatezza e imperfezione, ma anche al peccato.  È importante, che l’attività politica deve essere perennemente sottoposta alla suprema signoria di Dio. In epoca patristica vige il modello di S. Agostino in cui lo Stato è definito da “quanto il popolo ama”, non da ciò che è bene per tutti. In epoca medievale prevale il modello di S. Tommaso, in cui la politica costituisce la naturale espansione della nativa relazionalità dell’uomo. In epoca moderna, la politica risulta separata dalla fede e dell’etica. Lo stato diviene luogo di elaborazione autonoma di una “politica senza verità”. Quattro sono le figure dello Stato moderno, configurandosi come: - Assoluto , l’esercizio del potere assoluto da parte del sovrano è ritenuto necessario per la coesione dello Stato; - Liberale , si afferma la libertà di coscienza, i diritti inviolabili del cittadino; - Totalitario , si afferma lo Stato etico; - Democratico , principio fondamentale di questa figura dello Stato è la sovranità popolare. Nell’attuale epoca postmoderna prevale il tentativo di perseguire la giustizia per via politica. esiste un duplice principio consente la realizzazione della giustizia: - Un principio di giustizia come eguaglianza, in base al quale tutte le libertà, i diritti, i beni primari debbono essere distribuiti in modo eguale entro una società. - Il secondo principio, della giustizia come differenza, tratta delle differenze ammissibili, in campo sociale, politico ed economico. 3. ETICA E POLITICA NELL’INSEGNAMENTO SOCIALE DELLA CHIESA L’articolazione dell’agire politico comporta una triplice dimensione: entro ogni azione o decisione politica si dà in modo più immediatamente riconoscibile l’aspetto dei beni sociali da essa prodotti, ma inscindibilmente essa veicola un significato etico e, ultimamente, teologico. L’azione politica non può dirsi autonoma, perché implica al suo interno altri due livelli di significato più profondi. Ciò fonda le ulteriori possibilità di trattare di etica politica e dei rapporti tra fede e politica. Il progetto etico-politico derivante dalla Dottrina Sociale della Chiesa prospetta un orientamento per la libertà inclusa in 22