Scarica Riassunto "Letteratura italiana: dalle origini a metà Cinquecento" e più Sbobinature in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! Letteratura italiana LE PRIME TESTIMONIANZE POETICHE Le prime forme di attestazioni poetiche avevano carattere orale (venivano cantate o recitate dai giullari): non esisteva una tradizione testuale autonoma (venivano incorporati in altri testi ai fini della memorizzazione) ed avevano come modello i galloromanzi. L’indovinello veronese (VIII-IX secolo) è stato considerato un testo poetico (primo tentativo di scrivere in volgare o latino meno sorvegliato). Prime tracce certe di volgare sono dei ritmi di carattere religioso- didattico, dai versi irregolari e legati al mondo giullaresco; le zone interessate sono le Marche, l’Umbria e il Lazio. Ritmo su sant’Alessio: su di un patrizio romano convertito alla vita parca del cristianesimo (va a trovare la famiglia come mendicante). Attinge alla Vita latina del santo (cfr. Vie de saint-Alexis). Lasse monorime di ottonari e novenari, con due o tre versi deca-endecasillabi in conclusione Ritmo cassinese: (cfr. Rosa fresca aulentissima), fonte Collatio Alexandri cum Dindmo rege, vede Alessandro Magno e il re indiano Dindimo che discutono delle loro visioni del mondo.si oppone la visione materialistica occidentale a quella ascetica orientale. Molti termini latini e francesi; l’apertura in prima persona è tipica dei testi giullareschi. Vd. testo Forse manca la conclusione Ritmo laurenziano:1188-1207, modelli francesi, lasse monorime di ottonari e novenari, un giullare (forse) ringrazia il vescovo Grimaldesco. Di argomento storico-politico abbiamo: Ritmo bellunese: 1193-1196, vittorie di Belluno e Feltre contro Treviso. Ritmo lucchese: vittoria del comune di Lucca contro i feudatari, 1213 La poesia politico-storico avrà un ruolo marginale nell’Italia del ‘200 rispetto alla poesia d’amore. Quando eu stava: prima lirica in volgare italiano di argomento amoroso, (pubblicata nel 1999 da Stussi), ritrovata Ravenna e databile al 1180-1210; ha tratti sia settentrionali che mediani (forse copiata nella zona umbro-marchigiana, forse di provenienza interamente settentrionale) ed è sicuramente una copia (data più antica di quella di trascrizione). In area padana tra il XII e il XIII vi era diffusione dei testi trobadorici. 5 stanze di 10 decasillabi Testo antologico Troviamo: 1. La rappresentazione della donna come padrona e dell’amante come servo 2. Riferimento al concetto di cortesia 3. Il poeta incatenato ad amore 4. L’arricchimento derivato dalla sofferenza d’amore 5. Il concetto della paura e la figura del maldicente 6. Era un componimento ancora musicato La canzone: origine occitana, numero variabile di stanze dallo stesso numero di versi e dalla stessa disposizione delle rime (con eccezioni); in area occitana era musicata, in Italia, a partire dalla scuola siciliana, sembra di no. I versi sono generalmente l’endecasillabo ed il settenario. La stanza è divisa in due parti: 1. Fronte: due blocchi identici di versi, i piedi 2. Sirma o coda, se indivisa, volte, se divisa in due parti identiche. Nella sirma possono esserci versi irrelati. A volte può essere conclusa da un congedo Endecasillabo: deriva dal dècasyllabe occitano. È composto da 11 sillabe se l’ultima parola è piana 10 sillabe se l’ultima parola è tronca 12 se l’ultima parola è sdrucciola. La forma canonica conta 11 sillabe e, oltre la decima, sono accentate in genere la sesta o la quarta. DALLA SICILIA ALLA TOSCANA. LA TRADIZIONE LIRICANEL VATICANO LATINO 3793 Alla fine del XIII secolo e all’inizio del IV iniziano ad essere redatti dei canzonieri che contengono le attestazioni della poesia italiana dalla poesia siciliana ai copisti toscani che si occupano di tale redazione. Abbiamo: 1. Banco Rari 217: Firenze180 componimenti, prodotto di lusso. Contiene testi della Scuola Siciliana 2. Vaticano Latino 3793: biblioteca apostolica vaticana; contiene testi dei poeti dalla corte di Federico II alla generazione precedente di Dante. 3. Redi 9: Firenze; è dedicato per la maggior parte a Guittone d’Arezzo 4. Il canzoniere Chigiano L VIII 305: biblioteca apostolica vaticana; il canzoniere di Dante e dello stilnovo, realizzato a Firenze tra gli anni 30 e 40 I testi precedenti alla scuola siciliana sono stati tagliati fuori dalla conservazione a cause di scelte stilistiche che hanno determinato la fisionomia della documentazione disponibile. In realtà anche la scoperta della canzone “Quando eu stava” suggerisce dei collegamenti tra la tradizione precedente e quella siciliana. I tre codice della poesia siciliana (Vaticano Latino 3793, Banco Rari 217, Redi 9) sembrano discendere da un unico manoscritto in cui il copista aveva toscanizzato i testi in siciliano illustre “traducendoli” (adattandoli) nel suo volgare. La rima siciliana: nel processo di adattamento dei testi dal siciliano al toscano si sono create delle rime imperfette, accettate dai copisti toscani, tra “e” chiusa e “i” e “o” chiusa e “u” da rime perfette (uniche accettabili nella tradizione trobadorica e siciliana). Abbiamo in siciliano: 1. Il “libro siciliano” da cui Giovanni Maria Barbieri, erudito filologo, ricava testi in siciliano 2. Un frammento di una canzone di Giacomino Pugliese trovata a Zurigo. 3. Sei componimenti nei Memoriali bolognesi (atti pubblici in cui sono presenti anche testi dalla poesia trobadorica a Dante), tra gli anni 80 del duecento e i primi del trecento. 4. 4 poesie siciliane (Bergamo, 2013) del 1250-1270 Un esempio, riportato da più codici, è il testo “S’eo trovasse Pietanza”, di re Enzo, figlio naturale di Federico secondo tenuto per 20 anni prigioniero a Bologna che abbiamo sia in siciliano che nella versione toscanizzata. Testo antologico La veste linguistica siciliana può dunque solo essere vista da lontano. Il manoscritto vaticano 3793: 190 fogli per 26 fascicoli. 1. Due mani di copisti fiorentini tra il XIII e il XIV secolo, una, preponderante, di un mercante di cultura, l’altra di un cancelliere. È il più vasto testimone della poesia delle origini. 2. Due parti: canzoni e sonetti; nella disposizione gerarchica per generi metrici la canzone occupa solitamente il primo posto (poi ballata e sonetto). 3. La disposizione dei testi rispecchia la cronologia reale (l’archetipo probabilmente non era strutturato in questo modo). Poeti della scuola siciliana Poeti siculo-toscani Poeti dell’Italia municipale (Bologna e Firenze) Poeti fiorentini (prima di Dante) Fascicoli 1. Indice 2. Giacomo da Lentini 3. Rinaldo d’Aquino Fiorentino che ha avuto contatti con la scuola guittoniana Dedicatario del Favolello di Brunetto Latini. In lui coesiste senza incoerenza l’invettiva (è il primo a dedicarsi alla poesia comica in modo quantitativamente e sistematicamente rilevante) e la lirica amorosa. Le sue invettive sono rivolte ai difetti fisici o morali di un soggetto e riprendono la tenzone occitana, ma senza l’aspetto performativo: sono monologiche e collocate nel quotidiano fiorentino. Riprende dei modelli consolidati come l’improperium in vetulam Testo antologico Alcune invettive si legano a motivazioni politiche, note al suo pubblico (“A voi, messere Iacopo comare e messer fastidio de la cazza”, invettiva di un guelfo contro un ghibellino), ma a prevalere è il tono giocoso e canzonatorio, non la problematica morale. Cecco Angiolieri: primo a dedicarsi esclusivamente al comico. Nato a Siena nel 1260 Scrive oltre 100 componimenti, di cui solo 4 di tema amoroso Tra i guelfi senesi, forse partecipa alla battaglia di Campaldino del 1289. Forse conosce lì Dante a cui dedica tre sonetti, due burleschi e uno di critica letteraria rispetto al sonetto “Oltre la spera che più larga gira”; è testimone dello Stilnovo ed il suo stile è ripreso da Dante in parti dell’Inferno (Inf., XXX, 115). La ripresa continua dei medesimi temi crea una notevole coerenza tra i testi di Angiolieri (non si possono dire narrativi poiché non c’è una progressione della vicenda). Lamento della povertà e del padre avaro ed egoista L’amore non corrisposto e mortificante per Becchina Vi è una forte componente auto-caricaturale e biografica, che presenta l’Io e le sue sventure (probabilmente non riflette la reale vita del poeta, ma è presentata come tale). Testi antologici Compiacimento del proprio stato miserevole Nelle liriche su Becchina usa il dialogo; abbiamola parodia del rapporto tra amante e amata e non l’espressione soggettiva del sentimento amoroso. Vi è la degradazione, molto probabilmente consapevole, del modello cortese (lessico triviale, proverbi, lingua del parlato) Si può parlare di vera parodia nel caso dell’aretino Cenne dalla Chitarra che rovescia la corona di sonetti su oggetti e situazioni piacevoli di Folgorè da San Gimignano. Testo antologico La parodia è evidente nella puntuale ripresa dei termini (inoltre nella corona di Cenne erano riportati i sonetti parodiati. LA POESIA ALLEGORICO-DIDATTICA IN AREA SETTENTRIONALE E IN TOSCANA: DAL CODICE SAIBANTE AL TESORETTO. Nell’area settentrionale fin dal XII secolo si diffonde la poesia didascalica Codice Saibante: 1. Proverbia quae dicuntur per natura feminarum: poemetto misogino, 1160. 2. Lo Splanamento Girardo Patecchio: parafrasi di proverbi di Salomone e biblico-classici (l’autore, di Cremona forse, avrebbe scritto anche le Noie (cfr. gli “enueg” dei trovatori, opposti ai “plazer”) 3. Il libro di Ugaccione da Lodi, di insegnamenti morali-religiosi e preghiere. Giacomino da Verona: scrive due poemetti sulla descrizione dei mondi ultraterreni (De Ierusalem celesti e De babilonia civitate infernali, 1230-1265): il paradiso è una città celeste contraddistinta da canti e dalla presenza degli angeli, l’inferno una prigione Bonvesin de la Riva (1250 circa-1313/1315): Libro sulle tre scritture 1. La “negra”: l’Inferno 2. La “rossa”: la passione di Cristo 3. La “doradha”: Paradiso De magnalibus urbis Mediolani: in cui si parla della città di Milano Filoni della poesia medievale: Personificazione di vizi e virtù (cfr Psycomachia di Prudenzio) Romanzo in versi d’amore in cui abbiamolo sviluppo personale del protagonista Roman de la Rose: scritto da due autori (Guillaume de Lorris prima parte, Jeam de Meug ampliamento e conclusione, narra le vicende di un protagonista alla ricerca della rosa (metafora della donna amata) tra vizi personificati. Il Tesoretto. Brunetto Latini, figura mondana e ambigua (Dante lo colloca tra i sodomiti, ma si fa chiamare da lui “figlioul”, canto XV). Fiorentino guelfo e notaio Si reca da Alfonso X di Castiglia per chiedere aiuto contro Manfredi di Svevia Dopo Montaperti nel 1260 è esiliato in Francia fino alla sconfitta di Manfredi a Benevento nel 1266 Muore nel 1294 Scrive il Tresor, lingua d’oil, un trattato enciclopedico in poesia, in cui vi era una parte dedicata alla gestione della cosa pubblica, alla politica dunque. Scrive la Rettorica: fu un importante maestro nell’ambiente fiorentino. Tesoretto: Trasposizione del contenuto didattico del Tresor in poesia, coppie in rima baciata di settenari (cfr. i couplets di octosyllabes del Chretien de Tryes e del Roman de la Rosa). È incompiuto (forse doveva essere un prosimetro) Vi sono numerosi spunti autobiografici (il protagonista si reca in Spagna e, dopo i mutamenti a Firenze si perde in una selva diversa in cui incontra la natura personificata: apprende della creazione del mondo da un punto di vista biblico e filosofico. Apprende degli insegnamenti morali nel regno delle Virtù e visita il regno di Amore dove incontra Ovidio (gli consiglia di confessarsi a Dio) Mentre si dirige verso l’Olimpo, dopo aver incontrato Tolomeo, il poemetto si interrompe. Il tema dello smarrimento e del percorso di redenzione rimandano alla Commedia, il fatto che il progetto era forse quello di un prosimetro, alla Vita nuova (Dante però ritiene d’aver superato il maestro). Testo antologico Mare amoroso: endecasillabi sciolti, anonimo, sulle metafore e le similitudini della poesia amorosa Intelligenza: strofe di novenari, viaggio del protagonista assieme ad una donna, personificazione dell’intelligenza. LA POESIA RELIGIOSA DELLE ORIGINI Poesia e cristianesimo sono collegati: La Bibbia è un libro in versi I Salmi sono considerati lirica Cantico dei Cantici Nella liturgia della messa ha importanza il canto Il Cantico delle creature: San Francesco (1181-1226) Rinuncia all’eredità del padre Fonda l’ordine francescano che si basa sull’abbandono delle ricchezze e che viene poi riconosciuto dal papa Compone, dopo le stimmate, tra il 1224 e 1225 il Cantico delle creature, in dialetto umbro; probabilmente doveva essere musicato e cantato (cfr. Speculum perfectionis, biografia di Francesco di un anonimo) in cui si dice che aveva definito lui e i frati “giullari che cantano le lodi di Dio”) Riprende i salmi, in particolare il 148 Il “per”: c’è chi lo ha interpretato come complemento di causa, chi di agente (forse interpretazione migliore, cfr. salmo 148 e libro di Daniele, 3 57). Temi: l’impossibilità per l’uomo di nominare dio La fratellanza di tutte le creature e gli elementi naturali La lode della morte (morte spirituale per coloro che muoiono nel peccato); la sofferenza rende l’uomo degno di beatitudine Tempi di composizione: 1224: vv. 1-22 In occasione dello scontro tra il podestà ed il vescovo di Assisi, vv.23-26 Prossimo alla morte: sezione conclusiva. Il testo è comunque molto unitario I vv. sono 33 (gli anni di Cristo?) Forme umbre: 1. desinenza in “u” 2. desinenza in “ano” 3. “ene” per “è” 4. “messor” per “messer”, “iorno” per “giorno 5. “ka” per “poiché” Forme latine Formule bibliche Testo antologico. Dopo la metà del 200 si afferma la pratica delle laudes in volgare Confraternita dei Disciplinati o Battuti, che praticavano l’autoflagellazione con canti in volgare per Dio e la Madonna I laudari, raccolte manoscritte che contengono laudi (laudario di Cortona) Jacopone da Todi: con lui la lauda prende la forma metrica della ballata; in più il poeta ha una personalità spiccata (il suo nome è” marchio di qualità”). L’iniziatore della lauda tosco-umbra in cui si ritrovano già dei temi di Jacopone (la gioia derivata dall’amore per Cristo) e Dante (il santo come contadino del signore), è Guittone d’Arezzo. Anche Jacopone si era convertito (dopo aver scoperto che la moglie, morta, indossava un cilicio): era entrato negli spirituali, corrente francescana che predicava l’aderenza alla regola della povertà assoluta. La poesia è permeata di religiosità cristiana. Temi: Celebrazione di Dio e dei santi Disprezzo del corpo Distacco dalle passioni Interesse per le vicende poetico- religiose del suo tempo. La ballata: composta di stanze, si differenzia dalla canzone per la presenza della ripresa, un ritornello, la cui/le cui ultime rime riprendono quelle finali della stanza. Que farai, fra’ Iacovone? Era stato condannato al carcere a vita e scomunicato poiché faceva parte dei rigoristi, schierati dalla parte di Pietro da Morrone (Celestino V, che abdica nel 1294) e contro Bonifacio VIII. Era stato catturato nel 1297 a Palestrina Si parla del conflitto tra male e bene, tra coloro che sostengono e coloro che tradiscono la dottrina evangelica O papa Bonifacio, molt’ai iocato al mondo Periodo dello “schiaffo di Anagni” di Filippo IV, 1303 Il plurilinguismo dantesco: nella Commedia si trova una pluralità di stili, di registri e toni che vanno dall’espressionismo delle bolge infernali al linguaggio aureo del Paradiso. Il modello dell’intellettuale che dialoga attraverso il filtro della classicità che vediamo con Petrarca sarà ereditato dalla tradizione successiva. Fiorentinità trascendentale: legame ostinato con le radici, soprattutto dal punto di vista letterario. DANTE ALIGHIERI Dante in tutti i suoi esperimenti letterari. È stato un autore fortemente originale: i testi non si possono ricondurre ad un modello univoco o ad un genere letterario di appartenenza; non a caso le opere di Dante rimarranno degli unicum (non costituiranno dei modelli come il Canzoniere di Petrarca o il Decameron di Boccaccio). In Dante convivono sperimentalismo e autobiografismo: Vita Nova: raccolta delle proprie poesie giovani e commento in prosa (storia della propria poesia intrecciata alla sua biografia). Convivio: un trattato filosofico strutturato come commenti delle proprie rime e spiccatamente autobiografico. De vulgari eloquentiae: ci sono sempre riferimenti alla sua poesia ed esperienza di vita. Sperimentale per l’eclettismo delle nozioni (socio-linguistica e filosofia, letteraura ecc ). Commedia: autobiografismo, sperimentalismo, poesia profetica e passione dell’esule. Per Dante il volgare è la lingua nazionale della cultura: nella Commedia lo userò per rappresentare le molteplici forme dell’universo umano e divino. Dante quando intraprende il viaggio raccontato nella Commedia nel 1300 ha 35 anni, ergo si colloca la sua nascita nel 1265 (cfr. anche Esposizioni di Boccacio), a fine maggio, a Firenze. Non era di nobili origini, perde entrambi i genitori in tenera età, ma riesce a condurre una vita e delle frequentazioni decorose grazie alle rendite familiari. Si identifica con la fazione guelfa (questa notizia la troviamo nella Commedia nell’incontro con Farinata nel X dell’Inferno, e con Cacciaguida nel XV, XVI, XVII del Paradiso). a nove anni incontra Beatrice Portinari nel 1290 circa sposa Gemma Donati da cui avrà 4 figli (Giovanni, Pietro e Jacopo commenteranno la Commedia) non sappiamo molto degli studi giovanili (ebbe come maestro, ma occasionale, Brunetto Latini); apprende le arti del Trivio. Non mi poriano già mai fare ammenda: presenza a Bologna prima del 1287. Partecipa alla battaglia di Campaldino del 1289 (testimonianza di Leonardo Bruni) e all’assedio del castello Pisano di Caprona (cfr. XXI, Inf.) Inizia, con l’innamoramento per Beatrice, la poesia d’amore di Dante. La morte dell’amata nel 1290 lo fa avvicinare alla filosofia (legge il De consolatione Philosophiae di Boezio, il Lelius di Cicerone), con la conseguente nascita del Convivio. Frequenta gli studia filosofici presso i francescani di Santa Croce e dei domenicani presso Santa Maria Novella. A ciascun’alma presa e gentil core: sonetto in cui Dante racconta un sogno da lui fatto e a cui risponde Cavalcanti con Vedeste, al mio parere, onne valore, appellato come il “primo de li miei amici”. (cfr. Guido vorrei che tu e Lapo ed io, amicizia come intima condivisione dei valori in nome di Amore) La poesia di Dante deve molto a Cavalcanti (non solo nelle liriche che descrivono un amore irrazionale e doloroso) (cosa di cui Dante è consapevole: gli dedica la Vita noma e rivendica in suo nome la scelta del volgare). I due però approdano ad una concezione dell’amore e della poesia radicalmente diversi (addirittura si è parlato di rottura dopo la Vita Nuova) (cfr. Donna me prega) Vedi passo antologico Abbiamo poche indicazioni per stabilire che cosa sia successo, in ogni caso si vede l’affetto per Dante da parte di Guido. Cavalcanti è menzionato nel X, Inf, e nel XI, Purg.: vi era una stima profonda da parte di Dante. Non abbiamo prove per parlare di rottura: Dante nella Vita nuova si presenta più come un successore di Cavalcanti che come un rivale (ha attributo Dante un nuovo significato alla poesia d’amore). Forse alla fine della sua vita (muore nel 1300) Cavalcanti era dedicato alla filosofia. I primi esperimenti poetici di Dante si aggirano attorno al 1283, anno di composizione di A ciascun’alma presa e gentil core; di Dante non esiste un canzoniere(l’edizione delle rime a cui si fa riferimento è quella di Michele Barbi del 1921). I risultati più importanti delle poesie tra il 1280 e il 1290 sono quelle espressioni della poetica della lode (Donne ch’avete intelletto d’amore e Tanto gentile e tanto onesta pare): sono poesie di amore disinteressato e in cui emerge lo stile del “dolce stil novo”. Vi sono delle esperienze poetiche sperimentali e diverse da quello del dolce stil novo” che non sono state incluse nella Vita Nova (rime petrose). I primi esperimenti lirici risentono, al livello tematico, stilistico e metaforico, della tradizione cortese (vi sono provenzalismi e sicilianismi). Testo antologico: Tema trobadorico della lontananza e della benevolenza della donna Testo antologico: ballata (cfr. Cavalcanti) Per una ghirlandetta Particolare grazia e leggerezza. Testo antologico: Beatrice come oggetto di una passione cupa e sofferta Ci sono dei sonetti di stampo comico-realista che si scambio con Forese Donati (versatilità stilistica che ritroviamo nel plurilinguismo della Commedia). Fiore e Detto d’Amore: attribuite a Dante da Contini, se ne discute molto la paternità adesso. 1. 232. Sonetti sulla conquista dell’amata da parte dell’amante (cfr. Roman de la Rose); è del 1283-1284 perché si fa riferimento alla morte del filosofo averroista Sigieri di Brabante. 2. 480 settenari in rima baciata, poemetto allegorico (cfr. Roman de la Rose). L’autore dice di chiamarsi Durante (da lì l’ipotesi di Contini). La Vita nuova/Vita nova: si fa riferimento al rinnovamento interiore di Dante sotto Amore. 31 poesie (senza divisione per genere metrico) di cui: 23 sonetti 2 sonetti rinterzati 5 canzoni 1 ballata La prosa contestualizza, commenta, unisce tra loro e articola in parti (tecnica medievale) i testi lirici. 1-16: conclusione con la crisi del “gabbo” 17-27: poesia della lode 28-42: morte di Beatrice e nova materia (è Barbi ad aver suddiviso l’opera in 42 paragrafi) Fonti: il De consolatione (prosimetro), le confessiones di Agostino (aspetto autobiografico), le vidas e le razos dei canzonieri provenzali, il Lelius de amicitia di Cicerone e le sacre scritture. La Vita nova è un’opera senza precedenti. Cronologia: A diciotto anni, 1283 scrive: A ciascun’alma persa e gentil core Nel 1290, anno della morte di Beatrice, scrive Era venuta nella mente mia Successivi al 1291 i componimenti sulla donna pietosa e Oltre la spera che larga gira. Periodo dunque di composizione: tra 1292 e 1293 (vi sono delle contraddizioni con la lettura data nel Convivio in cu si dice che la donna gentile rappresenta la filosofia ed è una apparizione del 1293, che farebbe slittare la composizione della Vita nova al 1294-1295), c’è chi ha ipotizzato una doppia redazione della Vita nova. Con questo è probabile che Dante sia intervenuto a posteriori su alcune liriche prima di introdurle nell’opera organica (è una operazione ideologicamente orientata). La ballata “Ballata , i’ vo’ che tu ritrovi Amore” è probabilmente un componimento giovanile riadatto alle nuove esigenze (Beatrice ha levato il saluto a Dante)ù A volte, in modo più o meno evidente, Dante da una rilettura nuova dei componimenti attraverso la prosa (cfr. Io mi senti’ svegliar dentr’a lo core). Alcune poesie sono invece state composte appositamente per le esigenze della prosa. Contenuto: Dante a nove anni conosce Beatrice e da lì sperimenta la sconvolgente esperienza dell’Amore; nove anni dopo Beatrice gli concede il saluto. Fa un sogno che nessuno riesce ad interpretare. Per non compromettere Beatrice, scrive le sue liriche per una donna schermo (dopo che questa ha lasciato Firenze passa ad un’altra), cosa che però causa la cessazione del saluto da parte di Beatrice. Incontratala ad un banchetto rischia di svenire, tra lo scherno e il riso della stessa Beatrice. Il superamento dell’angoscia del poeta avviene nel momento in cui capisce che la sa lirica deve essere espressione di un amore disinteressato (cfr. Donne ch’avete intelletto d’amore); da quel momento in poi i testi vertono sulla definizione del nuovo sentimento amoroso, sui presagi luttuosi della morte di Beatrice e sulla poetica della lode. L’ultima parte è caratterizzata dal dolore per la morte di Beatrice; inoltre, Dante sperimenta il conflitto interiore tra la memoria dell’amore per Beatrice (considerato sorretto dalla ragione) e la passione per una donna gentile. L’opera si conclude con l’annuncio di un progetto mirabile, che dirà di Beatrice cose che nessuno ha mai detto. Testi antologici pag. 113-114: Il dominio di Amore su Dante non avviene senza la guida della ragione. Dante non vede amore e ragione come forze inconciliabili, cosa che rappresenta un elemento di rottura con la tradizione precedente Nel sogno di Dante, dopo che Beatrice gli ha negato il saluto Amore piange: sembra preannunciare la morte di Beatrice. Inoltre, nella risposta che da a Dante (vd. testo) sembra affermare che Dante deve affinare il suo sentimento d’amore ancora immaturo. Dante non deve cercare fuori di sé (fuori dal centro della circonferenza) il fine del proprio amore; gli episodi biografici devono rimanere equidistanti dal centro del cerchio, in cui si trova il poeta e la perfezione. Dopo la crisi del “gabbo” Dante raggiungerà questa concezione di poesia. Dopo la morte di Beatrice Dante perde nuovamente il baricentro e si lascia attrarre da una “donna gentile”, nonostante rimanga il suo amore assoluto per Beatrice. Vi è dunque il conflitto tra desiderio e ragione, ma alla fine Dante scaccia il malvagio desiderio e si consacra all’ideale dell’Amore perfetto. Testo antologico È la ragione a guidare il suo sentimento per Beatrice. La storia di rinnovamento interiore della Vita nova è anche la storia della poesia di Dante. La poesia cortese, ma anche siciliana (confronta Madonna dir vo voglio) si articola su una richiesta che il poeta fa alla donna amata, un compenso per il servizio amoroso che può variare dalla benevolenza al vero e proprio amplesso (“guiderdone”). L’appagamento del desiderio è la gioia del poeta. Dante Inizialmente si inserisce in questo filone (sublimandola): ripone tutta la sua felicità nel saluto della donna amata Privato del saluto, intraprende una fase poetica in cui denuncia il suo stato di angoscia e lo analizza in modo autoreferenziale e ossessivo (vicino a Cavalcanti) Quando si sta per rassegnare al silenzio, scopre la poetica della lode disinteressata, che si avvicina al concetto di caritas cristiana: si sottrae alla dinamica cortese del compimento o rifiuto del desiderio. Tanto gentile e tanto onesta pare 1. Ripresa di temi e immagini sacrali sempre la volontà di acquisire un prestigio che gli permetta di stare presso le corte settentrionali e (un giorno) tornare a Firenze. Il trattato sarebbe dovuto essere di quattro libri (abbiamo il primo e 14 capitoli del secondo) Primo libro: origini del linguaggio, situazione linguistica in Italia, definizione di volgare illustre Secondo libro: il volgare illustre in rapporto alla teoria medievale degli stili, genere della canzone Terzo: forse prosa illustre Quarto: stile comico, connesso la volgare umile e ai metri della ballata e del sonetto. Il volgare è una lingua più nobile poiché è naturale, è una lingua parlata dall’origine da tutti gli uomini che si è differenziata in parlate diverse, mentre il latino è una lingua artificiale elaborata dai dotti per la creazione letteraria. La lingua primigenia era l’ebraico, da cui derivano: il ceppo germanico-slavo il ceppo greco e il ceppo romanzo, a sua volta diviso in a. lingua d’oil (francese) b. lingua d’oc (provenzale) c. lingua del sì (italiano) si evidenzia a presenza sul suolo italiano di almeno 14 volgari, che vengono descritti riportando esempi di espressioni popolari (nel caso del dialetto romano) o di versi poetici (nel caso del siciliano): nessun volgare municipale sembra adatto ad essere definito illustre. Si ammira il tentativo della creazione di un volgare illustre alla corte di Federico II e si lodano gli esperimenti linguistici di Guinizzelli e degli Stilnovisti. Formulazione teorica del volgare illustre: illustre: illumina tutto cardinale: attorno a lui ruotano tutti i volgari curiale: specchio dei valori cortesi aulico: legato all’ambiente regale Nel secondo libro Dante dice che il trattato offre una norma linguistica e retorica ai poeti dotati di dottrina: gli argomenti (magnalia) della poesia aulica sono amore, salvezza e virtù. In ambito italiano non ci sono stati poeti a cantare le armi (come i trovatori provenzali), ma nella poesia d’amore si sono distinti Cino da Pistoia e Dante stesso. Nel De vulgari vengono espressi dei giudizi sulla lirica romanza (elevata a modello di eccellenza tecnico retorica) e italiana, di cui alcuni ne ritroveremo nella Commedia; in genere possiamo vedere: la canonizzazione dello stilnovismo la condanna di Guittone d’Arezzo la lode della poesia d’amore di Cino da Pistoia Dante non è d’accordo con i fiorentini che ritengono il loro volgare illustre, ma vi è chi ci si è avvicinato; Guido Cavalcanti, Lapo Gianni, lui stesso e Cino da Pistoia. La condanna di Guittone, per la sua ignorantia e il suo plebescere, viene ribadita nel Purgatorio per bocca di Guinizzelli (XXVI); anche Cavalcanti si era schierato contro Guittone in un sonetto, sostenendo che non sapesse elaborare un concetto di senso compiuto. Soggetta a discussione la scelta di Cino da Pistoia e non di Cavalcanti come massimo esponente della poesia amorosa: la motivazione, più che la presunta rottura tra Dante e Cavalcanti, potrebbe essere che Cavalcanti in quegli anni (era già morto) era ormai stimato più come filosofo che come poeta. Nel 1310 Arrigo VII decide di scendere in Italia: anche Dante spera nel riordino della giustizia attraverso l’imperatore (nel 1310 o 1311 va a rendere omaggio al re,). 1311: Arrigo VII diventa re d’Italia Firenze è una dei comuni più ostile alla venuta del re: Dante scrive contro la città parole durissime (rimane fuori dell’amnistia a favore dei guelfi banditi da Firenze). Nel 1312 Arrigo VII diventa imperatore Nel 1312 Arrigo VII tenta di assediare Firenze senza successo; nel 1313, con Clemente V ormai ostile a lui, si dirige verso il Meridione, ma muore di malaria. Boccaccio ci dice che il De monarchia viene scritto proprio in occasione della discesa dell’imperatore in Italia. Nel trattato Dante afferma la necessità dell’impero universale e il fatto che l’autorità imperiale non derivi dal pontefice, ma direttamente da Dio. Dante affronta la questione con un’ottica filosofica e storica e si appella all’autorità di Aristotele riguardo all’ “intelletto possibile” per sostenere l’idea di una felicità e conoscenza universali e a quella di Virgilio per quanto riguarda la provvidenzialità dell’Impero romano. Dante quando fallisce il progetto di Arrigo VII probabilmente si trova tra il Casentino e la Lunigiana; nella epistola XI esorta i cardinali italiani a riportare la sede del papato a Roma da Avignone (1309-1377) ed a eleggere un papa italiano. I nuovi governatori di Firenze gli propongono una amnistia in cambio di una multa e di un rito umiliante: Dante non accetta, è sdegnato (epistola XII, testo antologico). Ottiene una nuova condanna a morte per lui e per i figli Si reca a Verona da Cangrande della Scala (Cacciaguida, XVII, Par.) Epistola XIII: Dante dedica il Paradiso a Cangrande Vi sono dubbi sull’autenticità (vi è una introduzione esegetica che fa sospettare dell’autenticità) È stata scritta tra il 1316 e il 1320 o a Verona o a Ravenna Non sappiamo se accompagnasse tutta la terza cantica o solo dei canti. Nel 1319 Dante si trasferisce a Ravenna presso Guido Novello da Polenta. 1320: a Verona discute una quaestio sul rapporto tra la sfera della terra e la sfera dell’acqua (Quaestio de aqua et terra) 1320: Giovanni del Virgilio, maestro di retorica di Bologna, rimprovera Dante per aver scritto la sua più grande opera in volgare: lo invita a scrivere in latino per poter ottenere l’alloro poetico. Dante risponde con una egloga sul modello delle Bucoliche di Virgilio in cui afferma la fiducia che nutre nella sua scelta. Giovanni in un’altra egloga lo invita a Bologna, ma Dante rifiuta per la presenza nella città di un personaggio malvagio (Poliphemus, forse Fulcieri da Calboli, capo della fazione guelfa). Nel 1321, dopo il ritorno da una ambasceria a Venezia per conto di Da Polenta, Dante muore a Ravenna. La Commedia: si colloca l’inizio della scrittura della Commedia con l’interruzione del Convivio e del De vulgari eloquentiae, tra il 1307 e il 1308 (Boccaccio racconta, ma è improbabile, che i primi 4 canti siano stati composti a Firenze prima dell’esilio e mandati da lui mentre si trovava presso il marchese Malaspina). Le cantiche sono state scritte in momenti diversi (l’ultima impiega tutta la fine della vita del poeta). I canti circolavano nel gruppo degli amici di Dante Francesco da Barberino cita la cantica dell’Inferno nel 1314 Nel XIX dell’Inferno vi è la profezia della morte di Clemente V Nel Purgatorio XXIII si allude alla battaglia di Montecatini (sconfitta per Firenze da parte dei ghibellini) nel 1315; forse la cantica non si era conclusa, ma nel 1316 Andrea Lancia cita il II canto nella sua Eneide volgarizzata. Dalla I egloga di Dante si evince che la scrittura del Paradiso era ancora in corso nel 1320. Forse la prima edizione completa della Commedia fu redatta dal figlio Jacopo.” Divina Commedia” è detta da Boccaccio nel Trattatello; nel 1555 Ludovico Lancia pubblicò l’opera con questo nome. Dante chiama la sua opera “commedìa”, alla greca. Perché “commedia”: la commedia, in accordo con la grammatica medievale, aveva un lieto fine permetteva una maggiore varietà di stili e contenuti (cfr. epistola XIII). Tre cantiche costituite da 33 canti ciascuna e con il primo canto dell’Inferno che funge da proemio dell’opera, per un totale di 100 canti; ritorna spesso la simbologia del numero tre e del suo multiplo nove (legata alla trinità) Nove giri dello Stige attorno agli Inferi Nove cerchi dell’Inferno; i dannati sono divisi in tre categorie Nove parti del Purgatorio Nove cieli del Paradiso Le tre fiere fuor dalla selva, i tre giri della nave di Ulisse. La terzina: l’endecasillabo riprende l’esametro latrino, mentre la struttura della terzina con rima incatenata produce un ritmo e una continuità solenne, senza cadere in monotonia. Per lo schema dell’inferno, vedi figura 7 Inferno La gravità dei peccati si ispira alla classificazione dell’Etica nicomachea L’inferno si trova sotto la città di Gerusalemme. Secondo, terzo, quarto e quinto cerchio sono custoditi rispettivamente da Minosse, Cerbero, Pluto, Flegiàs, mostri della mitologia classica. Purgatorio, per lo schema del purgatorio vedi figura 8 La montagna è nata dalla terra che si è ritirata inorridita dalla caduta di Lucifero. Rispetto all’Inferno, i peccati vanno dal più grave al meno grave (secondo la morale cristiana). Le anime percorrono tutte le cornici e, man mano che salgono, le sette P tracciate sulle loro fronti vengono progressivamente cancellate. Paradiso Dimensione senza tempo e senza luogo Si rifà a sistema tolemaico medievale Enea e San Paolo avevano compiuto un viaggio negli inferi: dal primo recupera la missione storico politica, dal secondo l’accezione spirituale. L’Eneide è per Dante un modello fondamentale: recupera la visione allegorica del poeta come anche la missione provvidenziale della fondazione di Roma in un momento in cui Dante, esule, vede nella ricostituzione dell’impero l’unica salvezza. Inoltre, l’Eneide fornisce a Dante materiale letterario: figure mostruose (Caronte, le Arpie), geografia dell’oltretomba (Acheronte, Stige); in alcuni punti vi sono tra l’altro delle citazioni (Purg, XXX, 48 cita un verso pronunciato da Didone). Fonti religiose: Epistola ai Corinzi di San Paolo, in cui racconta di essere stato rapito dal cielo Visio Pauli, testo apocrifo, V secolo, il santo visita l’inferno e l’Eden Visione di Alberico da Montecassino. La tradizione dei viaggi ultraterreni ebbe particolare fortuna tra il XII e il XIII secolo: la Commedia riprende delle immagini proprie del patrimonio medievale; erano inoltre diffusi i poemetti di viaggi allegorici (Tresor, Roman de la Rose ecc ecc). Nonostante ciò, la Commedia è un unicum straordinario. L’inizio della Commedia non chiarisce se il viaggio di Dante sia reale o mistico o allegorico e il “sonno” alluda alla coscienza dormiente o si tratti di una visio in somnis; le coordinate spazio- temporali sono poche come anche i dettagli del paesaggio: il focus è sulle fiere e sulla luce e sull’oscurità. Si abbastanza sicuri nel ritenere che la scena inziale descriva lo smarrimento dalla retta via cristiana di un uomo e che il monte illuminato si ala salvezza mentre le fiere simboleggino lussuria, superbia e avidità i vizi che impediscono salvezza dell’uomo. Nel primo canto l’elemento simbolico-allegorico prevale su quello storico. La narrazione dantesca è impregnata di allusioni bibliche e classiche Il primo verso rimanda alla citazione biblica del re Ezechia L’immagine della selva proviene dalle Confessiones di Agostino, e dal Tesoretto di Brunetto Latini, la “diritta via” dal Vangelo di Giovanni L’angoscia di Dante si riaggancia a quella di Enea nel narrare l’ultima notte a Troia Nasce nel 1304 ad Arezzo: il padre, Petracco di ser Patenzo, era un fiorentino esiliato assieme alla fazione dei guelfi bianchi (con Dante). Nel 1311 è a Pisa (forse incontra Dante) e poi si trasferisce ad Avignone , deove il padre svolge l’attività notarile e che dal 1308 è la sede papale. Dopo gli studi di grammatica, s dedica a quelli giuridici e si trasferisce a bologna, sede della più importante università di diritto in Italia, assieme al fratello Gherardo ed all’amico Guido Sette; entra in contatto con la famiglia dei Colonna. Dopo la morte del padre, nel 1326 torna da Avignone ed il 6 aprile del 1327, come annota sul Virgilio Ambrosiano) incontra Laura nella chiesa di Santa Chiara e prova per lei un amore fortissimo. È al servizio ad Avignone di Giovanni Colonna e grazie ai suoi incarichi diplomatici compie numerosi viaggi (Aquisgrana, Lione, Parigi ecc): inizia a raccogliere importanti testi e visita importati collezioni di codici. A Liegi scopre il Pro Archia di Cicerone (autore amato da Petrarca), mentre a Verona, nel 1345 , scopre le Epistulae di questo. Inzia a leggere Sant’Agostino: gli viene regalata una copia delle Confessiones da Dionigi da Borgo Sansepolcro. La lettera che apre il IV libro delle Familiaries, al monaco Dionigi, parla della scelta del Monte ventoso assieme al fratello del 1333 (ma è scritta nel 1353); la lettura delle Confessiones costituisce una parte importante di quella esperienza. La lettera è fortemente metaforica: il fratello procede sicuro di se (nel 1343 Gherardo entrerà nell’ordine dei frati certosini), mentre Petrarca arranca faticosamente. Giunto sulla cima riflette su come le passioni terrene ancora attanaglino il suo animo. Testo antologico Le passioni contrastanti che divorano l’autore si riflettono sulla prosa intermittente e sussultante Testo antologico Leggendo Agostino si rende conto di dover concentrare la sua ricerca sulla sua interiorità; al paesaggio esteriore si contrappone il paesaggio interiore, in cui si possono indagare le proprie contraddizioni. Petrarca si presenta come un uomo la cui conversione rimane incompleta, la cui volontà di approssimarsi a Dio è limitata dalle passioni della carne. Deve dunque costantemente indagarsi. Dopo la visita a Roma del 1327, Petrarca inizia a sviluppare uno dei suoi temi politici più importanti: il ritorno della curia papale a Roma e la parallela restaurazione dei valori morali nella città culla della grande poesia rifondazione del prestigio culturale e politico della Roma classica. Ad Avignone si sente stretto: è un luogo dominato dal vizio. Si trasferisce a Valchiusa, che diventa un luogo d meditazione intellettuale in cui concepisce molte delle sue opere: la sua biblioteca è celebre, in cui non solo i libri sono raccolti e catalogati, ma in cui intraprende anche un autentico colloquio con i classici. In essi riconosce un principio di somiglianza con quei dilemmi esistenziali che prova il poeta, inoltre si contraddistingue per un approccio filologico, attento alla problematicità storica, che infatti si dice abbia anticipato l’Umanesimo. Raccoglie le deche conosciute degli Ab urbe condita di Livio da codici diverse, le trascrive, emenda gli errori, segnala le varianti, propone congetture (alcune molto valide). Il Virgilio Ambrosiano: testo a cui Petrarca è molto affezionato (fa realizzare una miniatura al pittore Simone Martini) e che raccoglie a. Eneide, Bucoliche, Georgiche con commento di Servio b. Achillaide di Stazio c. Ars maior di Donati d. Alcune odi di Orazio Su di esso continuamente Petrarca scrive postille addirittura epitaffi per la morte di Laura, del’amico Giovanni e per degli amici. Tra il 1338 e il 1339 inizia a lavorare all’Africa (sulla seconda guerra punica e su Scipione l’Emiliano) e al De viribus illustribus, testi ispirati ai grandi autori classici come Livio e Virgilio e che sono quasi complementari (l’uno serve ad inquadrare l’altro). Nel 1340 riceve sia da re di Napoli Roberto d’Angiò (con lo zampino dei Colonna) e da Parigi l’invito per ricevere la laurea poetica. Roma e Parigi simboleggiano la cultura classica e quella medievale: sceglie Roma, scelta ideologica poiché ripropone l’immagine di Roma come patria della cultura e Petrarca come suo erede. Dopo tre giorni in cui viene analizzato dal re (unico degno di farlo) a Napoli, nel 1341 riceve la corona d’alloro in Campidoglio: legge la Collatio laureationis, in cui si dichiara depositario del sapere antico e intenzionato a rinnovarne la memoria e conquistare così la meritata gloria. Ad Arezzo lavora All’Africa, giunto incompiuto (9 libri su 12, con libri incompleti o tronchi); ha una storia di revisione molto lunga, dal 1338 al 1353, poiché la nuova svolta della sua poetica lo porterà a dubitarne il valore etico-letterario. Solo qualche brano autonomo viene diffuso. Virgilio: modello epico Livio: modello storico Riferimenti a Virgilio: il V libro con la storia d’amore tra Massinissa e Sofonisba ricalca il IV libro dell’Eneide. Vedi riassunto a pagina 190. Il classicismo di Petrarca è ricercare ciò che umano e comune a tutti i tempi e questo non esclude il cristianesimo, capace di comprendere la virtus pagana nella Rivelazione. De viris illustribus: Doveva prevedere la biografia di 23 condottieri (Romolo, Catone il Censore, Scioione l’Africano) Modello Livio Il periodo storico trattato è l’età repubblicana: l’impero non è più ritenuto adeguato. Si cercano i valori del mos maiorum , di amore per la patria, virtù e sacrifico. Negli anni dopo l’incoronazione ci torna sopra: aggiunge biografie di personaggi biblici (alla visione di Livioi si affianca quella di Agostino e la sua riflessione morale e provvidenzale). Rimane incompiuto: fino alla vecchiaia lavora sulla biografa di Scipione l’Emiliano e di Giulio Cesare (De gestis Caesaris) Rerum memorandarum libri: momento di passaggio dai libri romani alla svolta romana. Riprende i Factorum et dictorum memorabilium dii Valerio Massimo Ci si basa sulle quattro virtù cardinali: prudenza, giustizia, fortezza, temperanza e si forniscono sia esempi antichi che moderni (si parla per esempio di re Roberto). Nel 1345 i Visconti e Gonzaga assediano Parma: Petrarca abbandona l’opera; si suoi interessi sono ormai rivolti altrove. 1343: Muore re Roberto d’Angiò Il fratello Gherardo entra nell’ordine dei Certosini. Il pensiero della morte incombente sulla vita dell’uomo e della futilità delle cose umane inizia tormentare Petrarca che osserva anche la scelta radicale compiuta dal fratello. Anche lo studio degli antichi e il suo desiderio di gloria vengono messi in discussione. De vita solitaria: scritto intorno al 1345 e arricchito per oltre venti anni, è un trattato filosofico. I libro: motivazioni di un ritiro sapienziale II libro: esempi di vita solitaria di cristiani e di pagani Rispetto al Rerum memorandarum vi è un forte fondamento cristiano Il primo libro pone le condizioni di esistenza del secondo Nel libro sono presenti molti riferimenti ai temi della poesia della maturità: scorrere del tempo, valore transitorio delle cose umane, percezione di sé come conoscenza del mondo, tensione verso Dio, importanza della memoria, solitudine, studio degli antichi. De otio religioso: 1347, dopo la visita al fratello nel monastero di Montrieux Subisce revisioni fino alla fine degli anni Cinquanta Si incentra, sullo stile del De vita solitaria sulla apologia della vita monastica (forte la componente cristiana), sulla contemplazione e l’ascesi. Si presenta come commneto di un verseteo biblico “vacate e videte”: Dio esorta il popolo di Gerusalemme a guardare solo al bene celeste. Si vuole fondere sapienza cristiana e antica: si unisce l’otium pagano a quello cristiano Il monaco deve lottare contro i vizi (in particolare la lussuria) e meditare sulla morte, unica liberatrice dagli affanni. Il concetto del nosce te ipsum è declinato in senso cristiano, in rapporto alla salvezza dell’anima. 1347: anno di inquietudine per Petrarca, cerca di affrancarsi daii colonna e ricerca l’indipendenza. Nel frattempo, Cola di Rienzo cerca di ricreare una repubblica a Roma, proclamando in Campidoglio una Costituzione che metta il potere nelle mani del popolo; il tentativo rivoluzionari sembra affermarsi e Petrarca si lascia affascibare da quetsa utopia repubblicana (scrive a Cola di Rienzio). La sua fiducia si incrina con L’ostilità dei Colonna al progetto repubblicano L’impossibilità di riportare così la curia papale a Roma La richiesta di aiuto a re di Ungheria, rischio di dipendenza. Cola di Rienzo è sconfitto dai Colonna, con cui rompe Petrarca, che dalla Provenza va a Parma e ottiene una cattedra (si avvicina ai Visconti). Bucolicum carmen, 1346-1348: 12 egloghe su ispirazione di Virgilio: vi è una forte componente allegorica (autobiografismo mediato attraverso i valori mondani e cristiani) che allude a L’amore per Laura L’esperienza repubblicana di Cola di Rienzo La peste Prima parte (4): poesia Seconda parte(4): politica Terza parte motivi(4) autobiografici La peste del 1348 causa la scomparsa di Laura e di Giovanni Colonna: la morte di Laura, come annota sul manoscritto Ambrosiano, è un momento di svolta esistenziale, che lo porta a riflettere sulle vane speranze e sul rapido fuggire del tempo. Scrive i Psalmi penitentiales, sette preghiere in prosa, ispirate ai Salmi di David, in cui confessa i suoi peccati e implora perdono. Nel 1350 incontra Boccaccio a Firenze (mentre si reca a Roma per il giubileo); Boccaccio ammira e conosce già Petrarca (gli ha composto una lettera mai inviata in cui gli chiede consigli per dedicarsi agli studi dopo la rottura con la donna amat, ha scritto la prima biografia del poeta, il De vita et moribus domini Francisci Petracchi de Florentia); i due stringono una autentica amicizia, si incontrano spesso, si scambiano e consigliano lettura, amano i classici. Pag. 197 Il Secretum, dal 1347, Valchiusa: a circa gli anni Cinquanta l’azione si svolge tra il 1342 e il 1343; è il liber de secreto conflictu curarum mearum, un libro senza pubblico, lasciato ai posteri che contiene le intime confessioni del poeta. Il modello è il De consolatione di Severino Boezio, ma soprattutto le Confessiones di Agostino. Il protagonista è Francesco, a cui appare la personificazione della Verità e Agostino in un momento in cui medita sulla morte. La verità rimane munta, mentre è Agostino a dialogare con Francesco e a condurlo alla conoscenza dei suoi mali: il dialogo dura tre giorni (per tre libri) e Agostino si presenta come la guida spirituale, che interroga e giudica Petrarca, mentre Francesco è il peccatore, che vorrebbe innalzare l’animo alla virtù celeste, ma no riesce a distaccarsi dalle passioni umane, in particolare la ricerca di gloria e l’amore per Laura. Agostino sostiene che gli affanni di Francesco dipendono dalla mancanza di volontà di allontanarsi dalla sua condizione degradata e dalle cose terrene; il corpo e le sue passioni degradano e imprigionano l’anima. Bisogna disprezzare il corpo e riconoscere la futilità delle cose umane. De sui ipsius et multorum ignorantia, 1367-1371: nata dal confronto con degli studenti aristotelici che si erano sopresi per la mancanza di interessi scientifico-speculativi in Petrarca; lo definiscono “vir bonus”, ma ignorante e Petrarca affronta il tema della vera conoscenza. Sostiene la superiorità dell’etica, che contribuisce al miglioramento della vita dell’uomo, rispetto al sapere scientifico; l’etica è una conoscenza. che si lega alla vita pratica. In questa ottica, l’ignoranza è quella di un buon cristiano che riconosce i limiti delle sue capacità conoscitive. Testo antologico Il vir bonus, nella sua ricerca di una realtà trascendentale irraggiungibile, indirizza in senso morale le sue azioni sulla terra. In Petrarca vi è uno spiccato bilinguismo, scrive in latino e in volgare, ma, differentemente da Dante o Boccaccio, non rivendica la sua scelta del volgare come lingua della poesia, quindi, letteraria. L’uso del latino è inoltre più ampio (scrive addirittura le postille in latino). Nella lettera di risposta all’invio da parte di Boccaccio della Commedia, Petrarca replica che Dante ha il primato del volgare, lui del latino: Petrarca vede nel volgare l’indirizzamento ad un pubblico poco colto, che non sa apprezzare l’elaborazione e la raffinatezza poetica, mentre il prestigio del latino è ricondotto all’autorità degli autori classici. Ma l’esempio della nuova poesia in volgare dello stilnovismo, porta Petrarca a vedere in tale idioma la possibilità di una lingua regolata e in cui applicare il suo ideale classicista: proporsi come continuatore di tale tradizione come di quella latina. I Triumphi Opera iniziata sembra negli anni Cinquanta e mai conclusa, soggetta ad un incessabile revisione formale, è un poema allegorico in terza rima in cui l’Io narrante riceve tre visioni. I “trionfi” erano le celebrazioni delle vittorie a Roma (il generale vittorioso attraverso Roma finno al Campidoglio accompagnato da una processione e con i prigionieri e il bottino di guerra): le visioni delle figure allegoriche (Amore, Pudicizia, Morte, Fama, Tempo e Eternità) compaiono al protagonista su carri trionfanti. Pag.225 vedi la struttura dell’opera. Triumphus Cupidinis: Amore sfila come un condottiero romano che tiene prigionieri grandi amanti della classicità (Massinissa) della Bibbia (Sansone) del Medioevo (Tristano). Appare Laura di cui si innamora il protagonista entrando nella processione di prigionieri; vi sono i poeti d’amore classici e medievali e gli amici Socrate e Barbato che lo conducono all’isola di Cipro, sacra a Venere. Triumphus Pudicitiae: Laura, simbolo di pudicizia, sconfigge Amore e dirotta il corteo alla villa di Scipione a Baia. Triumphus Mortis: Laura, morta, confessa il suo amore al protagonista, amore che aveva dissimulato per questioni di decoro. Triumphus Fame: la Fama afferma di poter sconfiggere la morte e sfila con i grandi personaggi del passato e del presente, militari e poetici. Triumphus Temporis: il sole, offeso dalla arroganza della Fama, accelera il suo corso e fa scomparire tutto. Triumphus Eternitatis: solo Dio può assicurare la pace e la morte terrena è il preludio per la dimensione celeste. Laura, risorta, sarà conforto per l’umanità intera L’opera si sviluppa in modo speculare ai Fragmenta e li presuppone: nella visione finale di Giudizio universale di resurrezione vediamo la completa l’apoteosi di Laura e la sua prospettiva salvifica Testo antologico Dopo la resurrezione, tempo e morte perderanno di senso nella e le supreme qualità dell’uomo risplenderanno nella città celeste sotto l’occhio di Dio. Mentre ancora è intento nella scrittura, come si auspicava in una lettera a Boccaccio, lo coglie la morte ad Arcuà. GIOVANNI BOCCACCIO L’autore si muove tra due filoni culturale, uno filogino, sul rapporto tra amore e poesia, e uno misogino alla ricerca della sapienza; Boccaccio con la sua opera tenta di riscattare dalla posizione “bassa” quei temi fino a quei momento più vicini all’ambito del folklore, inserendoli in opere erudite. La sua letteratura è stata definita “mezzana”, rivolta ad un pubblico in cui si mescola la componente aristocratica e quella mercantile; l’ultima fase della sua produzione ha una impostazione maggiormente erudita. Boccaccio è un autore sperimentale. Boccaccio nasce a Certaldo nel 1313, figlio di una relazione illecita di Boccaccio di Chiellino, della compagnia mercantile dei Bardi, ma riconosciuto. Si trasferisce a Napoli con il padre nel 1327 (il padre diventa consigliere di Roberto d’Angiò nel 1328): alla pratica del mercante preferisce gli studi letterari, a cui si dedica, dopo quelli giuridici. La matrice fiorentina, la rivendicazione della sua autonomia intellettuale e la sua conoscenza del dritto canonico e del mondo mercantile sono importanti comprendere la sua produzione, come anche la formazione napoletana in cui si vedono i contatti con la cultura francese (in particolari i valori cantati dalla poesia cortese). Napoli in quegli anni è un centro di grande produzione culturale: Boccaccio ebbe modo di fare ricche letture. Ambiente fiorentino: volgare, tradizione pratica Ambiente napoletano: aristocrazia, tradizione cortese, erudizione La caccia di Diana (forse 1334): poemetto mitologico allegorico in terzine di endecasillabi che ritrae la corte angioina; vi rappresenta le donne napoletane che dibattono su temi cortesi (cfr. Tournoiments des dames, + contrapposizione Diana e Venere). Filostrato (forse 1335): primo poema italiano in ottave (si ispira alla poesia in lingua d’oil e la poesia popolare della penisola), narra dell’amore di Troilo per Criseida, argomento della guerra di Troia amato dall’aristocrazia, ma rispetto ai libri sull’argomento che circolavano, Boccaccio ha un atteggiamento più filogino e di maggior approfondimento psicologico. Filocolo: 1336, vicenda di stampo allegorico religioso della nota storia d’amore tra Florio e Blancifiore; si incontra la figura di Fiammetta, forse figlia illegittima d Roberto d’Angiò, importante nella produzione successiva. Teseida delle nozze d’Emilia, 1340-41: 12 libri in ottave, vicende di Teseo e contesa amorosa tra Arcita e Palemone per Emilia, è un’opera di narrativa epica in volgare; vi sono molti rimandi al codice cortese Conducono una vita piacevole Il duello come gioco elegante Il genere epico è declinato in senso cortese Elegia di madonna Fiammetta, 1343-1344: ispirata alle Heroides di Ovidio, è l’opera in prosa di una donna che racconta in prima persona (primo volta) il dolore per l’essere stata abbandonata da Panfilo, tornato a Firenze. Napoli è protagonista perché Fiammetta partecipa alla vita mondana dell’aristocrazia napoletana. Testo antologico: si evidenzia il dolore di Fiammetta in contrapposizione alla gioia dei giovani amanti. Il tema dei patimenti d’amore della gioventù tornerà in Boccaccio anche nel Decameron Lo sperimentalismo di Boccaccio è da ricercarsi anche nell’esempio dantesco: era stato Dante stesso a sottolineare che mancava un poeta italiano a lui contemporaneo che avesse cantato fatti di guerra (scrive la Tebaide). Cita spesso le opere di Dante (esempio la Vita Nova) Copia e commenta la Commedia (su richiesta del Comune di Firenze) (Esposizioni sopra la Comedia, prima lectura Dantis). È però affascinato anche dalla figura di Petrarca, con il quale condivide delle conoscenze come quella di Dionigi da Borgo San Sepolcro. Epistola napoletana: scritta da Boccaccio (firmata con uno pseudonimo, Giannetto di Parigi) testimonianza della lingua angioina e con stile giocoso meta-letterario (anticipa il realismo letterario del Decameron). Nel 1340 torna a Firenze per la crisi della compagnia dei Bardi (scrive il De canaria, trattatello geografico sulle isole canarie da poco scoperte). Comedia delle ninfe fiorentine: (1341-1343), parla di un rozzo contadino, Ameto, che si ingentilisce grazie all’incontro con sette ninfe, allegoria delle Virtù (il tema è ripreso nella prima novella, V giornata). È un prosimetro Amorosa visione: (1341-1343), poema allegorico in terzine che anticipa i Triumphi di Petrarca, narra di una visione di delle pareti affrescate di un castello che rappresentano i sapienti, coloro che seguono la gloria mondana, i peccatori e il trionfo dell’Amore (forse un reale ciclo di affreschi di Napoli); numerosi riferimenti all’ambente angioino. Ninfale fiesolano: (1344-1346 circa), in ottave, è un poema pastorale sull’amore del pastore Africo e della Ninfa Mensola; si parla della distruzione di Fiesole da parte dei barbari e della sua rinascita con Carlo Magno (base per il Rinascimento). In quegli anni Boccaccio viaggia in Romagna per conto del comune fiorentino e rafforza la sua identità culturale Buccolicum carmen. Corrispondenza di in esametri latini con un grammatico e su ispirazione delle bucoliche dantesche (Bucoliche di Virgilio reinterpretate in chiave politica); la chiave è allegorica e si rappresentano i fatti dell’ambente napoletano (prima Boccaccio si schiera dalla parte di Luigi di Ungheria e poi della regina Giovanna). lo scritto è protratto per molti anni e testimonia l’interessamento di Boccaccio per le vicende di Napoli. La peste del 1348 fu un evento tragico di grande importanza (in pochi anni ridusse la popolazione europea di un quarto); Firenze Si modifica l’economia Ci sono fenomeni di xenofobia per esempio contro le minoranze ebraiche Fervore religioso per vecchi e i nuovi santi Non vi erano gli strumenti per comprendere tale peste, che veniva vista come una punizione divina, come un prodotto astronomico, e di cui non si comprendeva la diffusione. Per Boccaccio il morbo costituisce il presupposto dell’opera del Decameron. Anche i giovani ragazzi dell’opera, come dante, devono compiere un percorso conoscitivo per uscire dalla peste-selva oscura. L’introduzione del Decameron si sofferma sugli effetti politico sociali-della peste (persone che si chiudono in casa., altri che si danno alla baldoria ecc); gli istituti civili e religiosi si sono infatti inevitabilmente indeboliti, ma anche il nucleo familiare, in cui sono trascurati gli obblighi e i legami. Modelli: non Tucidide e Lucrezio (non possedevano ancora i codici), ma L’Historia Langobardorum di Paolo Diacono, in cui si racconta della peste giustinianea. I temi si somigliano (genitori e figli che s abbandonano a vicenda, silenzio, case abbandonate) ma la prospettiva di Diacono è quella agricola, mentre Boccaccio guarda al contesto urbano; alla devastazione del contagio si oppone l’organizzazione civilmente lieta della vita comune dei ragazzi, ritirati nella villa di campagna. Nel 1350 conosce finalmente Petrarca, con il quale inizia una autentica amicizia e che gli fa riscoprire i classici (Boccaccio osserva alcuni autografi inediti di Petrarca e gli procura delle letture). I due amici si contrappongono però riguardo alla figura di Dante (apice del volgare, ingombrante in un momento di crisi filosofica e di ritorno ai classici), che Boccaccio venera (consegna da parte dei rappresentanti politici fiorentini i 10 fiorini di risarcimento alla figlia di Dante) (scrive il Trattatello in lode di Dante) e che il secondo guarda con sospetto. Bocaccio cura un manoscritto a cui fa seguire alla Commedia i Fragmenta di Petrarca (ora è distinto in due codici diversi). Genealogie deorum gentilium: confronto tra Petrarca e Virgilio, che hanno scelto la via della libertà e della vita appartata (Petrarca si nasconde in Valchiusa). Il decameron: Anche se forse scrive le novelle prima della peste, l’assemblaggio dell’opera inizia dopo il 1349 e la peste ne fa da cornice; nel 1360 è da ritenersi conclusa (Buondelmonti chiede ad Acciaiuoli di restituire la copia delle novelle di Boccaccio). Firenze e Napoli hanno un ruolo importante nella provenzale aristocratica. In altre parti, III, 5, vediamo che la cortesia è il frutto dell’elevatezza d’animo e non è legata strettamente all’aristocrazia. Nella novella VII, 7 abbiamo un esempio di amor de lohn. La decima giornata è dedicata alla magnanimità: valore cortese di natura politica si incetta sul rapporto di due personaggi, il beneficiario ed il beneficiato, misurabile. L’ultima novella della decima giornata ci lascia un po’ perplessi. Forse Griselda, personaggio umile che ha dimostrato una grande nobiltà d’animo, non avrebbe dovuto essere fedele al marito? Il codice cortese è messo in crisi? Secondo alcune interpretazioni il Decameron anticipa la stagione nel rappresentare l’energia di un nuovo gruppo sociale, ovvero quello mercantile, e la nuova età dei comuni. Allo stesso tempo Boccaccio ci dice che nonostante il dato concreto le novelle sono autonome dalla realtà e la reinterpreta in senso originale seguendo le regole della letteratura; gli aspetti artistici non derivano direttamente dai dati storici. Così il ceto mercantile è mostrato nella sua ambiguità e nella sua problematicità, non si aderisce del tutto al sistema ideologico (vedi il caso di Ser Cepparello, apprezzato dall’ambiente che lo circonda, o di Landolfo Rufolo). Il caso di Ser Cepparello è particolarmente problematico, dal momento che pur essendo un frate imbroglione, assassino ecc, dedica la fine della sua vita a salvare gli interessi economici degli usurai che lo hanno aiutato. Ha agito bene? Ha agito male? La definizione, dunque, di epopea dei mercantati deve essere problematicizzata; del resto la cupidigia è un tratto tipico della classe mercantile, ma è un concetto lontanissimo dall’ottica cortese. L’abilità espressiva è fondamentale in tutti e tre i cerchi (l’Autore per il sollievo delle donne innamorate, Pampinea nella brigata che loda il sapersi esprimere); nel terzo cerchio in particolare le risorse del parlare sono Motti Macchinazioni e inganni avvenuti grazie all’arte del parlare Le beffe, in cui i beffatori ingannano con l’abilità oratoria e il beffato interpreta in maniera errata ciò che gli viene fatto, con grande risultato comico. La parola può avere anche risvolti positivi (creare amicizie, amori, liberare da situazioni spiacevoli, risolvere ingiustizie cc ecc). Da ciò segue la necessità da parte delle donne ascoltatrici di un distacco emotivo dal racconto, pur apprezzabile nella sua piacevolezza, che ne permetta una corretta ermeneutica. Le opere in latino: Genealogia deorum gentilium: 1350-1375, 15 libro che raccolgono il patrimonio mitico classico, considerato portatore di valori autonomi dalla religione cristiana e universali. L’arte del racconto e la figura del poeta assumono una grande importanza. Fu apprezzata dall’ambiente napoletano. Dee montibus..: dizionario geografico con fonti classiche e medievali (1355-1374 circa). De casibus virorum illustrium,1361-1365: esempi morali di uomini illustri (vi sono stretti riferimenti alla politica angioina) De mulieribus claris: 106 biografi e di donne famose (in positivo o negativo); si parla delle qualità della regina Giovanna, ma si parla ache delle lotte interne ed esterne del regno. (entrambe le opere sono dedicate a personaggi di spicco dell’ambiente napoletano, rispettivamente Mainardo Cavalcanti e Andreola Acciaiuoli). È forte anche l’influenza di Dante (nel De casibus i personaggi appaiono al narratore afflitti e lacerati, chiedendogli di essere ascoltati). Il Corbaccio: 1366, è un’operetta allegorica in cui il protagonista narratore in prima persona riceve in visita lo spirito del marito (inviato da dio e dalla Madonna, cfr. Dante) moto della vedova di cui è innamorato e per la quale si affligge, non ricambiato. Questo lo invita a liberarsi da amore, che è una valle infernale; è ancora più vergognoso cadere nelle passioni di amor dopo aver dedicato la vita allo studio. Negli ambienti colti del medioevo erano diffusi i testi misogini (prevalenza maschile): intellettuale doveva essere separato dagli impegni sociali, anche famigliari (influenza della scuola neoplatonica, a cui anche Boccaccio si avvicina). Boccaccio si muove tra due poli, uno basso e uno basso, che mira ad un pubblico nuovo. In una lettera a Mainardo Cavalcanti, gli sconsiglia di far leggere il Decameron alle donne della casa, smentendo il Proemio stesso; si è vista la volontà di Boccaccio di indirizzare la lettura a Mainardo stesso. È difficile pensare ad una condanna dell’opera dal momento che nello stesso periodo Boccaccio lavora al codice autografo Hamilton 90, Berlino, 1370 che è impostato come un libro universitario, di impegno dunque elevato. Il destinatario è dunque l’intellettuale che legge e ragiona. Il progetto letterario di Boccaccio tende, qualsiasi siano le sue manifestazioni, a difendere il valore civile della narrazione. LA POESIA DEL TRECENTO. La Commedia ha una ampia diffusione ed il toscano si afferma come lingua poetica, ma favorisce anche un eclettismo tematico-stilistico. Nel Duecento è dunque più semplice costruire una storia della poesia lineare rispetto al Trecento: si affermano raccolte antologiche che contengono testi di provenienza e datazione varia, senza un particolare ordinamento tematico. Cambia l’estrazione sociale dei poeti che da borghesi iniziano a essere: Funzionari di corte Professionisti Di estrazione popolare (giullari) So va incontro ad una professionalizzazione della figura del poeta in direzione cortigiana e i testi sono spesso occasionali e di alto consumo. Le esperienze inoltre proliferano sparse geograficamente e questo frammenta le tendenze (prima i centri culturali erano più circoscritti), si ampliano i temi e l’amore perde la sua esclusività (vie è anche la politica, la morale l’autobiografismo, la visione allegorica), di diffonde la poesia dei cantari in ottave. Si affaccia un nuovo pubblico, borghese e cittadino. La tradizione stilnovista si canonizza e si afferma anche in Veneto (che aveva accolto molti fuoriusciti toscani, a partire da Dante; la tradizione toscana è trapiantata in Veneto e numerosi codici vengono prodotti a Padova, Treviso, Venezia. Il codice Barberiniano Latino 3953: è una antologia di poeti che comprende Guinizzelli, Dante, Cavalcanti, Cino, Lapo Gianni, Cecco Angiolieri, curata dal poeta Nicolò de Rossi che vi aggiunge un consistente numero delle sue poesie (4 canzoni e 400 sonetti) on una ottica di continuazione e legittimando la sua produzione lirica attraverso l’esplicitazione dei modelli. Nicolò de rossi nasce a Treviso nel 1290, studia a Bologna dove incontra probabilmente Cino da Pistoia e lavora presso la corte di Avignone e Venezia. Oltre al codice già citato, di lui abbiamo il manoscritto Colombino (in parte autografo), a Siviglia, 1330, che contiene sonetti organizzati in senso cronologico. Come nell’altro codice, si riconosce l’intento di creare un’opera coerente, in cui il canone di poeti definisce il programma letterario. I primi 100 sonetti del Colombino sono un canzoniere che ruota attorno all’amore per Floruzza, morta precoce. La coerenza interna è possibile grazie alla progressione narrativa, ai rimandi intertestuali, alle riprese tematiche e ai connettivi testuali. La ripresa dello stile stilnovistico è combinata con u registro comico sulla scia di Cecco Angiolieri, con rimandi alla tradizione cortese, ma anche con accenti sensuali. Testo antologico: Tema dell’innamoramento attraverso lo sguardo in senso drammatico, in cui rivediamo Cavalcanti e il Dante delle rime petrose. Vi sono immagini carnali e rimandi alla quotidianità Accostamento di latinismi e termini dialettali Si cita Cecco Angiolieri Patina toscana su dialetto trevigiano, pluralità di registri, sperimentalismo metrico. Giovanni Quirini: si presenta come il primo imitatore veneto di Dante; il corpus quiriniano, centinaia di sonetti e ballate, presenta una fiorentinizzazione del linguaggio, scevro da dialettismi e una vicinanza con la poesia di Dante anche a livello tematico (argomento amoroso o didattico- religioso), lessicale, metrico e addirittura sintattico. Vi è anche un filone di poeti toscani che si fa imitatore dello stilnovismo anche se con una tendenza ideologica meno spiccata e con elementi maggiormente stereotipati (in generale i temi sono quelli dell’amore che nobilita e della donna portatrice di salute). L’ideale di dolcezza linguistica ha un valore ornamentale. Si viene a elaborare un canone della poesia italiana, con rielaborazioni di maniera. Dopo la Commedia si diffonde il genere allegorico. Francesco da Barberino: 1264-1348, notaio tra Firenze, Padova e Treviso si trasferisce in Francia alla corte di Federico il bello; ha rapporti con Dante, Cavalcanti, Lapo Gianni.tra il. 1310 e il 1320 scrive i Documenta Amoris e il Reggimento de’ Costumi di Donne, in cui fonde l’elemento cortese e quello stilnovistico e in cui si dispensano precetti morali, sul modello cortese, tramite Amore e Eloquenza. La Commedia. Viene considerata una summa enciclopedica dottrinale e mitologica e diventa un deposito di immagini e temi; anche le terzine vengono di sovente riadattate. Vengono riprese le partizioni in libri, il tema della visione, le digressioni polemico-storiche, i riferimenti biblici e classici, il personaggio-poeta che ammonisce il lettore, e anche lessico e perifrasi. Il Dittamondo di Fazio degli Uberti (1301-1367), discendente id Farinata degli Uberti, ghibellino per questo condannato alla vita da esule; gira per varie città italiane, si ferma a Milano dai Visconti (è importante per la diffusione della letteratura toscana in Lombardia). Il Dittamondo è un tributo all’opera dantesca: ci lavora dal 1345, è diviso in sei libri di diversi canti e narra del viaggio verso la salvezza di un protagonista indirizzato dalla Virtù, dopo aver vinto l’Ignavia; la sua guida è però un geografo, Solino,III secolo dopo Cristo, che gli illustra le caratteristiche geografiche e antropologiche dei tre continenti (Europa, Asia, Africa). È in terzine Testo antologico Calchi linguistici e stilistici di Dante Nonostante l’impianto dantesco del viaggio, della perdizione del protagonista e della visione, il contenuto è maggiormente storico (non c’è l’interesse escatologico della Commedia); la Commedia è la cornice per un’opera di erudizione. Cecco d’Ascoli: 1269-1327, scrive un’anti-Commedia, l’Acerba ha studiato a Salerno e Parigi e insegna a Bologna astrologia (conosce Cino); è accusato di eresia per ile sue idee eterodosse e arso vivo a Firenze. Come il Dittamondo, l’Acerba è un’opera incompiuta, in 5 libri, e Dante è il bersaglio polemico (si riformula la terzina su strofe da sei versi con schema rimico ABA CDC), in particolare l’autore rivendica la superiorità della sue conoscenze scientifiche. La visione universalistica basata sulla fede di Dante è messa in crisi dalle nuove correnti filosofiche e si inizia a distinguere la sfera della conoscenza scientifica, di ambito umano, da quella teologica. Nel Trecento vediamo la tendenza a una fusione di stili, quando nel Duecento vi era una. Netta polarizzazione tra il registro aulico cortese e quello comico realistico. Bindo Bonichi (1260-1338): mercante di Siena, di lui abbiamo una cinquantina di componimenti, di cui le canzoni costituiscono un trattato etico-civile (del suo corpus ci sono molte testimonianze manoscritte); nei suoi componimenti, è completamente ignorata la tematica amorosa. Testo antologico L’argomento è l’incontentabilità dell’uomo (questioni di morale magra sulla vita quotidiana) Si ricorre ad un lessico a volte triviale e ad espressioni proverbiali e sentenziose Il capitolo ternario: la terzina verrà usata per componimenti, brevi, in prima persona che procedono per stazioni senza soluzioni di continuità (con formule ripetitive, di argomento eterogeneo e registro medio-basso); avrà fortuna nel Cinquecento per il genere satirico. Dino Compagni: di parte guelfa bianca, priore nel 1301, nel 1312 scrive la Cronica delle cose occorrenti ne’ tempi suoi, in cui parla del periodo dagli anni Ottanta del Duecento alla composizione e ci si incentra sulla lotta tra la fazione guelfa bianca e nera; si respira il fatto che Dino appartiene a quella fazione che sta perdendo potere. Il tono cronachistico è espressivo, realistico, reazionario, di sentimento religioso (l’interpretazione dei fatti è in chiave provvidenziale). Giovanni Villani: mercante, attivo politicamente. Scrive la Nuova Cronica, 12 libri dall’episodio della Torre di Babele al 1348, data della sua morte. La sua pera, continuata dai famigliari, ha una grande diffusione (numerosi sono i manoscritti) (cfr. Centiloquio di Pucci); l’impianto è universalistico-enciclopedico e grande centralità assume Firenze, ma allo stesso tempo gli orizzonti si allargano fino alle altre regioni, alle monarchie europee e all’Oriente. L’opera abbonda di dati (sui personaggi, geografici, statistici, economici, ecc ecce), anche qui vi è un’ottica provvidenzialistica. Testo antologico. La causa di una disfatta fiorentina risiede nei loro peccati. L’opera è dunque un cammino di salvezza dell’uomo verso Dio e per questo non trascura riflessioni teologiche, filosofiche, astrologiche e morali. EPOCA 3 INTRODUZIONE Con umanesimo si intende il periodo che va dalla fine del XIV secolo al 1494, anno dell’invasione di Carlo VIII di Francia. Tratti caratteristici: azione intellettuale collettiva, autonomia che a volte si trasforma in indirizzo politico, recupero delle opere classiche in biblioteche e monasteri. Gli umanisti tracciano una linea che separa la loro età presente (A) da quella passata (B), a sua volta distinta dalla classicità (C). A si contrappone a B e imita C, in quanto punto di riferimento per il diversi campi dell’erudizione umana. Nasce il concetto di Medioevo e di Rinascita rispetto al periodo. Ci si approccia alla matematica con uno sguardo diverso (non con un fine pratico-mercantile, si guarda alla prospettiva, alle proporzioni), si rivaluta la magia, l’ermetica greca. nell’ottica umanistica, il sapere ha comunque un fine pratico nella vita umana; il mondo antico è anche un ideale culturale. Umanista: colui che studia le lettere classiche e applica i principi morali di esse alla vita pratica; gli umanisti sono specialisti delle lettere classiche. Cicerone, Livio e Sallustio sono i modelli linguistici. La figura del maestro si addolcisce: con l’alunno c’è un rapporto di reciproco rispetto e affettività paterna; non è un caso che si rivaluti il periodo dell’infanzia, Vengono scritti numerosi trattati pedagogici (tra gli autori segnaliamo Leon Battista Alberti, Piccolomini, Erasmo da Rotterdam). L’umanesimo è un fenomeno culturale che si diffonde in tutta la penisola. Nasce il concetto di imitazione dell’antico dal punto di vista linguistico: nonostante l’ammonimento di Petrarca, lo studio della lingua antica porta alla cristallizzazione di due modelli linguistici: Cicerone (prosa) (erano state scoperte numerose orazioni di Cicerone), Virgilio (versi). Lo studio dei classici porta alla scoperta delle differenze diacroniche e diatopiche della lingua. Il rapporto con l’elemento pagano dei classici crea delle problematiche: anche a livello linguistico, il latino classico e quello biblico si discostano notevolmente. Anche dal punto di vista “sociale” (vd. l’Accademia di Ficino, su stampo di quella platonica) e architettonico vengono ripresi elementi della classicità: gli umanisti sono spesso accusati di paganesimo, ma essi sostenevano che lo studio dei classici era propedeutico al miglioramento morale dell’uomo. Tra i grandi centri umanistici italiani segnaliamo Padova (che aveva ospitato Petrarca, Boccaccio) e Firenze, il cui umanesimo si può definire più civile. Bruni assocerà (in una Laudatio nel 1404) lo stile equilibrato, ordinato ed elegante di Cicerone alla Repubblica di Firenze. Il fenomeno degli umanisti al potere di Firenze fu abbastanza isolato; in genere si crea una frattura tra la politica e gli studi degli umanisti, la cui evidenza è nell’uso stesso del latino, che li configura come un corpo sociale a parte, benché coinvolta nell’educazione (ambiguo rispetto al loro intento “pratico”). Vediamo (già con Petrarca e Boccaccio) la tendenza degli intellettuali ad avvicinarsi alla carriera religiosa o ad essere legati all’ambiente di corte, come per i Visconti o gli Sforza o le corti padane-emiliane-romagnole (l’Umanesimo influenza le pratiche culturali). Nascono le Accademie: 1462: Accademia fiorentina di Careggi 1450: Accademia romana di Pomponio Leto 1458: Accademia di Napoli Nelle accademie lo scambio intellettuale avviene sulla base dell’otium, l’indipendenza dall’impegno quotidiano, e si accresce la sodalitas degli intellettuali, l’amore per lo studio disinteressato in un gruppo autonomo politicamente e antigerarchico. Per gli umanisti, la conoscenza delle parole porta alla conoscenza delle cose. Talvolta le Accademie sono viste, soprattutto nel XVI secolo, con sospetto da parte delle istituzioni politiche, che tentano di esercitare su di loro un controllo. I generi prevalenti della condivisione del sapere sono l’epistola e il dialogo Le epistole, sul modello ciceroniano e petrarchesco, hanno un tono di familiarità e si basano sulla condivisione di principi morali tra i due corrispondenti; un colloquio diretto privo di forme stereotipate e ossequiose. Il rapporto tra gli intellettuali si distingueva anche per litigiosità e polemica, ma questo era indicativo del fatto che la cultura permeava in modo totalizzante la realtà dell’intellettuale e della loro appartenenza ad un sistema riservato. il dialogo: la centralità della parola trova un contesto adatto nello scambio discorsi. che si ispira ai grandi modelli Platone e Cicerone; la scoperta di Luciano di Samosata, con il suo gusto per l’ironico ed il paradossale, arricchisce di spunti per la riflessione sul presente. ALLA SCOPERTADEGLI ANTICHI Per l’Umanesimo una data significativa è la scoperta delle epistole ad Atticum di Cicerone ad opera di Petrarca nel 1345. Ricerca dei codici, renovatio = risalire alla pristina forma degli antichi. Poggio Bracciolini, allievo di Coluccio Salutati, amico di Niccolò Niccoli, mentre è funzionario della curia papale trova nell’abazia di Cluny, nel 1415, e nel Duomo di Colonia nel 1417 numerose orazioni ciceroniane; nel 1417 ritrova anche il De rerum natura di Lucrezio. Poggio è un copista professionista ed un esperto di scrittura del passato e visita appositamente i monasteri dei luoghi in cui si trova per i suoi impegni ufficiali. Testo antologico ritrova le Institutiones di Quintiliano in un monastero coperte di muffa e denuncia il suo biasimo per un’epoca che ha trascurato lo studio degli antichi (immagine dei libri come prigionieri). Molte informazioni potevano essere tratte dai segni grafici di un manoscritto: minuscola cancelleresca: documenti pratici gotica libraria: testi universitari con gli umanisti si introduce la grafia “all’antica”, (renovatio) per l’idea di scambio tra i letterati del presente e quelli classici vedi le Familiares di Petrarca: nella lettera a Cicerone lamenta la perdita di numerosi scritti classici; la restauratio, il lavoro filologico, può ricostruire correttamente un testo antico. La praefatio di Lorenzo Valla agli Elagantuarum latinae linguae; Roma e la lingua latina sono il fondamento della civiltà occidentale. Si disprezza l’imbarbarimento della lingua. Il rapporto tra gli umanisti si basa anche sullo scambio epistolare tra pari e quello di libri. Si riconoscono tra di loro in un sistema condiviso: si costituiscono dei cenacoli liberi da obblighi ufficiali. POESIA E PROSA LATINA DEL QUATTROCENTO Coluccio Salutati: nasce a Pistoia nel 1331, esercita la funzione prima di cancelliere a Lucca, di notaio a Firenze e infine diventa cancelliere della repubblica fiorentina nel 1375; è una figura centrale nella vita politica del tempo (cerca di proteggere Firenze dalle mire espansionistiche dei Visconti), lo testimoniano le numerose lettere ufficiali. Nelle lettere private si vede invece la sua volontà di affermare i valori dell’umanesimo (scopre le Epistole ad familiares di Cicerone). Nel 1399 scrive un testo sotto forma di lettera al monaco Giovanni da San Miniato in cui difende lo studio della poesia classica dalle accuse di paganesimo De laboribus Herculis: 1375-1383; interpretazione allegorica della mitologia classica in chiave morale; anche Colluccio come Petrarca riflette sul fondamento della conoscenza di se stesso. De fato et fortuna: rapporto tra libertà umana e prescienza divina (influenze di Agostino e di Petrarca) De tyranno: si riflette sulla legittimità della eliminazione del tiranno, prendendo in esame e il caso dell’uccisione di Giuli Cesare e della collocazione all’inferno dei cesaricidi, e della rappresentanza del volere collettivo; la res publica per Salutati è un sistema governativo orientato verso il bene. Lettera al cardinale Dominici, 1405, che aveva scritto un’opera polemico contro lo studio della classicità considerata pericolosa (Locula noctis): si affermano il valore dell’Umanesimo e il fatto che anche i testi sacri si basano sulla conoscenza dell’antico in quanto poetici. Leonardo Bruni: 1370/1375-1444, Arezzo, studia a Firenze (anche il greco) e è allievo di Coluccio Salutati; scrive degli elogi di Firenze come la Laudatio florentine urbis, sulla convivenza pacifica a Firenze delle varie componenti della società. Dialogi ad Petrum Paulum Histrum: dialoghi tra Bruni, Niccolò Niccoli, De’ Rossi e Salutati su Dante, Petrarca e Boccaccio; Niccoli è per umanesimo estremo che escluda lo studio della tradizione volgare precedente, ma in seguito attenua i suoi toni, lodando la tradizione fiorentina nell’insieme. È probabile che Bruni fosse a favore di un rilancio della cultura del Trecento. Si trasferisce a Roma, diventa segretario di Innocenzo VII e partecipa al concilio di Costanza. Torna a Firenze nel 1415. Traduce in latino Plutarco, Demostene e l’Etica di Aristotele e il Fedro di Platone con la volontà restituire il loro volto originario ed espungere gli errori; scrive De interpretatiore recta, su come svolgere una traduzione. Diventa cancelliere di Firenze nel 1427, ma la repubblica cade sotto il controllo di Cosimo il vecchio; scrive in volgare le vite di Dante e di Petrarca, confermando il primato della tradizione fiorentina. Poggio Bracciolini:1380, Valdarno-1459, è allievo di Salutati e conosce Bruni e Niccoli, ma si reca presto a Roma (1403); partecipa al concilio con papa Giovanni XXIII e visita la Svizzera, la Germania e la Francia Testo antologico Vedi scoperte di Poggio Bracciolini. Matura un’idea di Umanesimo di matrice laica. Dopo un periodo in Inghilterra torna a Roma e diventa segretario apostolico. De avaritia: contro la posizione degli ordini mendicanti De vera nobilitate, 1440 De infelicitate principum, 1444, su turbamenti degli uomini potenti De varietate fortunae, 1448, latamente stoica De miseria humanae conditionis Liber facetiarum: 273 racconti in latino, brevi e vivaci (cfr. Boccaccio e Sacchetti), tra insegnamento morale e gusto per narrazione realistica. Testo antologico Si conia la facezia. Sarà anche lui cancelliere di Firenze. Manuele Crisolora, 1350-1415, è invitato a Firenze a tenere corsi di greco e gira per vari centri italiani; presso di lui si formano Bruni e Niccoli. Traduce la Repubblica di Platone, in Theogenius, 1440, dialogo in due libri, volgare, sulla posizione del filosofo nella società contemporanea. Intercenales: raccolta, sempre del 1440 circa, di dialoghi e narrazioni latine ispirate a Luciano di Samosata; trattano riflessioni di carattere morale. Vi è una duplice dialogicità, interna ed esterna (con i lettori, per il principio della sodalitas umanistica). Testo antologico: Volontà di presentare la letteratura come farmaco grazie alla leggerezza dell’hilaritas (cfr. Lucrezio). Sono 11 libri Vedi pagina 370 La virtù individuale non deve lasciarsi turbare dagli avvenimenti della realtà economico-politica. L’ottica dell’Alberti, come si evince dal proemio, è laica: nonostante gli accidenti della fortuna bisogna agire con onestà e darsi da fare. La realtà, sul modello di Luciano, è rappresentata come un teatro comico dell’assurdo (anche l’Umanesimo è parodiato). Nel 1443 Alberti lascia Firenze e va a Roma: matura il suo interesse per l’architettura (vedi. Descriptio urbis Romae) È coinvolto nel programma di rinnovamento urbanistico di papa Niccolò V De re aedificatoria, 1452, 10 libri, modello Vitruvio: l’arte si basa su principi razionali e ha come obiettivo l’utilitas e la venustas di una città; il progetto urbanistico deve servire a risolvere i problemi della convivenza umana. Momus sive de principe, 4 libri, latino: la corte di Niccolò V diventa la protagonista di una favoletta mitologica che ha al centro Momo, dio della calunnia; si vuole polemizzare contro la politica del suo tempo. Momo si contrappone a Giove, vacuo, incapace, per la sua abilità di mistificare il reale e allo stesso tempo svelarne le logiche. De statua, 19 capitoli: concezione della scultura con riferimenti a quella contemporanea e classica; se ne afferma la dignità intellettuale. De iciarchia, 1470: sulla figura del capo famiglia (titolo=neologismo di Alberti da oikos greco), 3 libri in volgare. Il governo della vita domestica è analizzato da una prospettiva conservatrice. La riflessione sul pater familias conduce a quella sul capo di stato (siamo nell’epoca della nascita dei principati), che deve evitare di cadere nel dispotismo riconoscendo una legge a lui superiore (alla base deve avere l’educazione umanistica). Rispetto a prima, qui Alberti sembra affermare la necessità che il singolo partecipi alla vita pubblica (il suo pensiero si adatta al periodo storico). La toscana è il roccaforte del volgare della penisola italiana La tradizione novellistica in prosa del Quattrocento: Paradiso degli Alberti di Giovanni Gherardi da Prato: raccolta di ragionamenti di una brigata nella villa Paradiso Le Novelle di Gentile Sermini (nome inventato, forse un religioso di area senese): 40 novelle in ordine casuale e versi (a coronamento delle novelle) (risente delle Facetiae di Bracciolini). I motivi sono la satira anti-ecclesiastica e la beffa amorosa e il lessico è colorito dalla provenienza senese Le spicciolate: novelle singole, di area fiorentina, che trattano motti e beffe. Es. Il Grasso legnaiuolo: narra della beffa del Brunelleschi all’intagliatore Ammannatini che si convince di essere un’altra persona (dopo la beffa se ne va in Ungheria). Risente dell’Amphitruo di Plauto (vedi Geta e Birria di Ghigo da Attaviano Brunelleschi e il Geta di Vitale de Blois) Test antologico La beffa (che risente del Decameron) è per la brigata l’occasione di mostrare il proprio ingegno. Degli argomenti dei cantari quello che ha più successo è la materia cavalleresca: Andrea da Barberino, attivo a Firenze, compone testi in prosa rielaborando la materia delle Chansons de geste toscana e franco-veneta. Sono ampiamente letti (testi destinati all’ambito borghese) Guerrin Meschino I reali di Franca, sulla casa francese da Fiovo, fondatore, a Carlo Magno Testo antologico Si parla dell’innamoramento di Berta e Milone, i genitori di Orlando I libri privati: Libri dei mercanti, annotazioni, precetti e ricordi della vita mercantile Es. i Ricordi di Giovanni Pagolo Morelli, esponente della classe mercantile fiorentina, 1393- 1411 (giunta del 1421); divisi in quattro parti, costituiscono dei precetti per la famiglia, che si basano sugli ideali borghesi, senso civico, religioso, tutela dell’economia familiare e onestà di azione. La letteratura religiosa: tra ascetismo (esperienza di Caterina da Siena) e predicazione Giovanni Dominici, domenicano fiorentino la cui predicazione è influenzata dal misticismo e dai Bianchi, movimento penitente del 1399, (Regola del governo di cura familiare, Libro d’amor di carità) Caterina Vigri, dell’Ordine delle Clarisse, Bologna, scrive Sette armi spirituali, trattato mistico (1438) per le novizie San Bernandino da Siena: scrive numerose prediche in volgare, segnate da una narrativa coinvolgente e un linguaggio accattivante e comprensibile per tutti. Dialoga con gli ascoltatori e fa uso di novelle Alcune prediche sono state oggetto di studi sul folklore (si condannano le streghe e la magia) per conoscere le credenze del medioevo. Il latino è citato per conferire autorità alle affermazioni. Il Certame coronario, che alla fine per la mancanza di testi all’altezza (forse in realtà un boicottaggio) non ottiene quella rivalutazione del volgare, che accadrà nel progetto politico di Lorenzo de’ Medici. Il petrarchismo: Petrarca e il suo canzoniere sono ripresi a modello nella lirica cortigiana Giusto de’ Conti: scrive il canzoniere “La bella mano”, che si ispira ai sonetti del guanto del canzoniere (diventano il leitmotv); scritto nel 1440 è pubblicato nel 1472, sono 150 sonetti. La lingua è curata e l’oggetto dell’amore è unico (Isabetta); costituisce un modello per la lirica successiva. Testo antologico Si afferma una tradizione poetica in volgare di stampo comico-realistica e popolareggiante (cfr. Trecento). La poesia burchiellesca, poesia nonsensica, è inventata dal pittore Orcagna e perfezionata da Domenico di Giovanni, detto il Burchiello, poeta fiorentino. I sonetti alla burchia (spesso con la coda) presentano situazioni paradossali, parodiche, caotiche, , con termini gergali oscuri e popolari; si rimanda al contesto municipale. Benché il componimento abbia una sua ratio (associazioni lessicali e concettuali), disorienta il lettore Testo antologico Si parodizza l’ostentazione della cultura classica (gli auctores, come Virgilio, Tisbe ecc, compiono azioni degradanti e quotidiane), acquisita solo sui libri. Tema della ricetta medica con elementi paradossali e inesistenti EPOCA 4 INTRODUZIONE Con la pace di Lodi del 1454 si sancisce l’aspetto politico dei 5 stati, Milano, Repubblica di Firenze, Repubblica di Venezia, Repubblica di Napoli, e Stato Pontificio. Le corti diventano i centri di sviluppo ed i destinatari dell’attività letteraria. Si raggiunge la consapevolezza che il volgare può costituire una lingua letteraria. L’intellettuale è sempre più subordinato all’ambiente della corte (mecenatismo) (L’accademia di Pomponio Leto cerca di opporsi a questo). Le espressioni culturali non son o uguali, ma dipendono anche dal luogo geografico di interesse. La Firenze di Lorenzo il Magnifico: 1. Lo sviluppo della riflessione filosofica (Ficino) 2. La rivendicazione della letteratura in volgare 3. Matrice umanistica (Poliziano) Le tre esperienze si intrecciano, cosa che troviamo anche nella corte aragonese (tra Pontano e Sannazzaro) e quella ferrarese. Altre esperienze culturali sono le Accademie (quella di Ficino a Firenze e di Pontano a Napoli). Invenzione fondamentale per comprendere il periodo è quella della stampa: i tipografi si caratterizzano per competenze filologiche e tecniche (vd. Aldo Manuzio, tipografo veneziano che idea una forma di libro maneggevole e leggibile e idea una biblioteca di autori classici). L’imitazione di Petrarca viene utilizzata per dare voce ad un mondo interiore fortemente connesso, però, alla dimensione sociale. Si rivaluta l’attività teatrale IL PASSAGGIO DAL MANOSCRITTO ALLA STAMPA Nel XV secolo viene inventatala stampa a caratteri mobili dal tedesco Johann Gutemberg (vi era già stato la realtà il tentativo di un artigiano cinese negli anni mille): i caratteri tipografici son indipendenti gli uni dagli altri e possono essere utilizzati e possono essere riutilizzati. Inoltre, Gutermberg riesce a realizzare una miscela chimica adeguata all’inchiostro, che si adatti al ferro e che sia di nero brillante (ottica dell’artigiano e del chimico); dal regime manoscritto, in cui ogni testimone è diverso, si passa al regime tipografico. Il primo libro tipografico, 1454, è la Bibbia; nel giro di Cinquanta anni l’Europa è inondata da una marea di libri. Incunaboli: libri realizzati entro il 1500 Prima sede tipografica di due giovani chierici presso l’Abazia di Santa Scolastica a Subiaco, la cui riservatezza, ricchezza di manoscritti e cultura ben si prestavano all’attività. Stampano il Donato, un testo di grammatica, il De oratore, testo di retorica di Cicerone e il De civitate dei di Sant’Agostino, testo di teologia. Vengono sperimentati diversi formati. Trasferitisi a Roma, si dedicano alla stampa di libri antichi, anche su pergamena, e con i caratteri della scrittura umanistica a imitazione degli antichi (nel 1476 termina l’impresa dei due chierici) A Venezia viene stampato un romanzo cavalleresco ed il Filocolo (testi religiosi> grammatica> classici>volgare). Vedi edizioni e volgarizzamenti a pagina 400 Si incentivano gli scambi culturali tra le città. Tipologia di stampe: Libro da banco, pergamena, formato esteso, due colonne, ampi margini gotica, finalità universitaria Libro umanistico: materiale vario, unica colonna, margini ristretti, grafia antiqua, per i classici degli umanisti Libro da bisaccia, formato piccolo, carta, due colonne senza margini, per il pubblico popolare Si adattano al modello manoscritto; crescono in proporzione i libri in volgare. Le cose volgari di Messer Francesco Petrarcha: formato piccolo, unica colonna, scritto in corsivo, stampato da Aldo Manuzio, raffinato stampatore, vedi che cosa Non tutti apprezzano l’introduzione dei testi stampati: un patrizio veneziano lamenta l’eccessiva presenza di tituli, segni grafici per accenti, elisioni, apostrofi ecce ce, applicati con grande standardizzazione; si protende per una uniformità del tessuto linguistico (nascono i professionisti che controllano che i testi seguano le norme ortografiche e linguistiche). Linearità e omogeneità sono le nuove formule e assume centralità l’aspetto visivo, riorganizzando i sensi umani e cambiando la mentalità. Testo antologico Traduce l’Enneadi di Plotino Ha sempre riconosciuto alla filosofia una missione pedagogica Muore nel 1499 Giovanni Pico della Mirandola, 1463-1494 Nasce da una nobile famiglia, frequenta gli studi giuridici e umanistici (Ferrara, Padova); viene a contatto con l’aristotelismo e la cultura ebraica. A Firenze si avvicina a Ficino, anche se non condivide alcuni aspetti filosofici (cfr. Commento sulla canzone di Girolamo Benivieni), segue l’idea che sia possibile una sintesi delle diverse tradizioni filosofiche 1486, preceduto da un elogio delle capacità dell’uomo, De dignitate hominis, scrive le 900 Conclusiones: l’uomo può elevarsi al di sopra della sfera umana attraverso la sua libera volontà. È vicino a Poliziano. Nel 1492 scrive le Disputationes adversus astrologos, contro le influenze degli astri sulle faccende terrene e a sostegno della libertà dell’uomo. Angelo Poliziano (Angelo Ambrogini) nasce a Montepulciano nel 1454; il padre viene assassinato e si trasferisce a Firenze, dove si avvicina all’ambiente laurenziano (Ficino) e alla cultura greca. Nel 1469 inizia la traduzione dell’Iliade in esametri latini, cosa che lo fa entrare nella cerchia dei medici; nella biblioteca di Casa Medici approfondisce i suoi studi filologici e classici. Nelle sue opere vediamo la combinazione e l’intarsio di numerose memorie classiche (Virgilio, Ovidio, Claudiano) Stanze per la giostra, 1475: opera in ottave per celebrare la vittoria, e l’ingresso in politica, di Giuliano de’ Medici. È un poemetto allegorico in cui Iulo, ovvero Giuliano, è un giovane dedito sollo alla caccia che Cupido fa innamorare di Simonetta (Cattaneo, donna amata da Giuliano); l’amore lo fa avvicinare alle virtù. Forse nel progetto Poliziano, Iulio arrivava dalla passione amoroso alla vita contemplativa (cfr. filosofia neoplatonica), ma l’opera si interrompe dopo le 46 stanze del II libro. Nel 1476 infatti muore Simonetta e nel 1478 Giuliano stesso. Nell’opera vediamo l’influsso di grandi modelli classici e volgari (Ovidio, Petrarca, Boccaccio); la poesia di Poliziano procede per tasselli, per quadretti figurativi connessi su ampie arcate narrative. L’Orfeo Entro il 1478, in esso confluisce il De consolatione philosophiae di Boezio e il Genealogie di Boccaccio. L’immagine di Orfeo che orde per sempre Euridice voltandosi indietro rappresenta la ricaduta dell’uomo nella realtà terrena e l’abbandono del percorso ascetico verso il divino. Alla fine, Orfeo si dedica ad un amore sensuale ed omoerotico, e questo causa il suo smembramento da parte delle Baccanti. È il primo dramma profano in lingua volgare (sperimentazione, anche a livello metrico. con grande varietas). Le rime: gli esperimenti poetici in volgare e in latino non son strutturati all’interno di un canzoniere; utilizza i metri meno convenzionali nella tradizione petrarchista, i rispetti e le ballate. Vi sono prove di gusto quasi comico (vituperatio vetulae). Studi filologici (tiene corsi presso lo Studio fiorentino) Le Sylvae Vedi pagina 424-425 La padronanza della tradizione classica gli permette di. attingere a modelli minori o maggiori, latini e greci (qui vediamo la ripresa delle Silvae di Stazio) Manifesto delle capacità dottrinali e conoscitive della poesia. Miscelaneorum centuria prima e seconda: raccolte di studi filologici e congetture Insieme a Bembo collaziona un testo di Terenzio. L’AMBIENTE FERRARESE E BOIARDO Ferrara è una capitale indebolita dalle ingerenze di Venezia sulla politica economica e dalle difficili successioni interne; Borso dovrà legittimare il suo potere contro le pretese del partito del nipote Niccolò di Leonello, figlio del figlio illegittimo, Leonello, di Niccolò III. Alla fine, con l’appoggio dell’imperatore Federico che gli conferisce il titolo di duca di Modena e Reggio, avendo richiamato i figli legittimi del marchese Niccolò III, esiliati, Ercole e Sigismondo, nel 1471 Borso è nominato duca di Ferrara da Papa Paolo II. Dopo Borso vediamo Ercole, che sconfigge nel 1476 Niccolò di Leonello. Vedi Guarino Guarini Leonello stesso è allievo di Guarino, modello del principe umanista. Decembrio lo rende uno dei protagonisti della Politia litteraria, in cui lo vediamo discettare di vari argomenti. La politica è vista come strettamente legata alla formazione culturale. Nell’opera si racconta di Ugolino Pisani, istrione famoso nelle corti europee, che presenta una farsa goliardica alla corte ferrarese (Repetitio Zanini coqui) in un manoscritto molto elegante Loenello però riconosce l’inadeguatezza del testo, che non può essere mascherata dalla forma esteriore. La politia di un uomo non sta nella rilegatura. Borso è più appassionato della tradizione cavalleresca (il Rinascimento ferrarese si basa sulla fusione dell’elemento classico e di quello cavalleresco) Matteo Maria Boiardo La sua esperienza letteraria è strettamente connessa all’ambiente di corte ferrarese e rappresenta bene il gusto ferrarese che mescola tradizione umanistica con tradizione cavalleresca. Nelle sue opere l’apertura della capacità narrativa è racchiusa all’interno di strutture chiuse elaborate e simmetriche. Nasce a Scandiano nel 1441 Suo zio materno è Vespasiano Strozzi, allievo di Guarino, poeta ferrarese (aveva scritto l’Erotikon, il Bucholicon, il Borsias, poema celebrativo di Borso d’Este) Borso d’Este nel 1469 regala al nonno paterno Feltrino, allievo a sua volta di Guarino (compare nella Politia litteraria) un feudo. Boiardo eredità la fedeltà alla famiglia Este ed a Borso Pag. 437 Tra il 1461 e il 1462 è a Ferrara e stringe legami con Ercole d’Este, governatore di Modena. Tra il 1464 e il 1469 è sempre a Ferrara, diventa un diplomatico importante e fa parte del seguito di Ercole e Sigismondo. Viene quasi avvelenato dalla zia, imparentata con i Pio, famiglia di Carpi in lotta con Boiardo e lui ed il cugino si dividono il feudo Carmina in Herculem: celebrazione del ritorno a Ferrara di Ercole grazie a Borso, 10 testi in cui il futuro duca è rappresentato come un eroe (incarnazione di Alcide) ed un pacifico governante. La raccolta è scandita dall’alternarsi dei metri (vedi libro), con grande ostentazione del proprio virtuosismo nel campo metrico. Pastoralia: 10 egloghe (cfr. Virgilio), ciascuna di 100 versi (struttura perfetta); si inserisce nella tradizione bucolica da Virgilio a Vespasiano Strozzi (vi è una precisa ripresa all’inizio in cui il dio Pan consegna a Boiardo la zampogna perché lo zio si è dedicato all’epica (cfr.Borsias). Testo antologico. Borso ed Ercole sono i pacificatori del mondo Epigrammata, 11, per Ercole per la maggior partesi incerano sullo scenario guerresco per la successione tra Ercole e Niccolò di Leonello Testo antologico Insegna del diamante Ercole Insegna della vela Niccolò Su richiesta di Ercole, Boiardo traduce opere classiche e medievali: De viribus illustribus, Nepote, Ciropedia, Senofonte, Istoria imperialis, Ricobaldo ferrarese, Storie, Erodoto e Metamorfosi, Apuleio. Di questi testi si mette in rilievo l’aspetto della piacevolezza e dell’insegnamento politico-morale. Boiardo partecipa al progetto di ricreare il teatro antico (traduce commedie antiche di Plauto e Terenzio). Timone: dialogo di Luciano di Samosata riadattato a commedia parla della gestione del denaro, che non deve essere né sperpero né avarizia Amorum Libri tres, 1474-1476/1477; la storia è ambientata tra il 4 Aprile del 1469 e 1471. APPUNTI DI TOMASI Le Pastorali, 1482-1483 Nel 1479 Boiardo si sposa con Taddea Gonzaga Dal 1480 al ’83 è governatore di Reggio: Ferrara è impegnata nella lotta contro Venezia. Si conclude in modo umiliante per gli Este (perdono territori) (pace di Bagnolo 1484) Con le Pastorali si torna alle Bucoliche, ma in volgare: c’è la volontà umanistica di riscrivere i classici in volgare (vedi edizione di Miscomini di egloghe fiorentine ed italiane in volgare); Boiardo, rispetto ai toscani, accentua il recupero di Virgilio. 10 egloghe, 5 di tema politico, 5 di tema amoroso, con una vistosa patina allegorica. Testo antologico Titiro (Tito strozzi) piange per le vittorie veneziane e per il mancato sostegno del duca ammalato. Nell’opera vi è la lode del Duca di Calabria Alfonso d’Aragona, il cui tradimento successivo rende impossibile l’apprezzamento e la diffusione dell’opera Nelle egloghe si parla di amori infelici (con riferimenti personali); sia in politica che in amore hanno una funzione consolatoria. L’innamoramento di Orlando I libro (29 canti), forse risale alla signoria di Borso (più interessato di Ercole alla tradizione cavalleresca); II libro (31 canti), 1470-1480 1487: Boiardo capitale ducale di Reggio (scrive molte lettere a Ferrara per denunciare le difficoltà dell’amministrazione), III libro (9 canti), più difficile scrivere. Il romanzo rimane incompiuto perché Boiardo muore nel 1494, mentre le truppe di Carlo VIII, re francese, sono sul territorio. Proemio Nell finzione narrativa il racconto è pronunciato di fronte alla corte estense: il modello espositivo sono i cantari cavallereschi dei saltimbanchi Ogni canto non coincide con una unità narrativa; attraverso la tecnica dell’entrelecement (tecnica dei romanzi francesi), Boiardo spezza continuamente il racconto sul più bello, procedendo avanti o indietro tra le storie dei personaggi. Il poeta è dunque sempre presente, e, soprattutto negli incipit e nelle chiusure dei canti, dialoga con l’uditorio. Orlando, il paladino per eccellenza, l’eroe casto dedito solo alla guerra contro i saraceni, è qui coinvolto in una serie di avventure dispersive in nome dell’amore (personaggi carolingi nell’universo del ciclo bretone, più avventuroso e con più amore). l’amore è il valore fondamentale dell’ethos guerresco e dell’humanitas cortese. L’amore è una forza cosmica civilizzatrice, che eleva l’uomo al di sopra dell’attaccamento dei beni materiali, ma che deve essere vissuto con misura per non essere fonte di smarrimento per l’uomo. I modelli sono Virgilio, Lucrezio, l’epicureismo, il platonismo, il Roman de la Rose. Viene inserito un personaggio nuovo, Rugiero, che sposerà Bradamante e morirà giovane, che è considerato il capostipite della famiglia estense; discende da Ettore (di solito gli Este erano considerati discendenti di Gano di Maganza) e questo avvicina gli Este alla gens Iulia degli imperatori romani, che discendevano da Enea, troiano. Alla fine del romanzo vediamo l’incombere della crisi politica in Italia: la letteratura è il tentativo di scacciare la crisi. Bernardo Pulci: tradizione virgiliana tradotta in volgare Francesco Arzocchi: Egloghe di Dante, Boninsegni: Bucolicum carmen di Petrarca, Commedia delle Ninfe fiorentine di Boccaccio Negli stessi anni Miscomini la traduzione in volgare delle Heroides del Pulci, le Pistole, e Poliziano tiene un corso sulle Bucoliche di Virgilio(cfr. Sylvae) La pratica della poesia volgare può connettersi alle condizioni sociopolitiche della corte che la utilizzano come strumento di legittimazione del potere: la lirica in volgar è specchio dei valori e degli episodi della vita di corte. Vengono ripresi lessico e temi dei Fragmenta di Petrarca: si accentua maggiormente il carattere episodico delle poesie. Antonio Tebaldeo (1463-1537) Precettore di Isabella d’Este, segretario di Lucrezia Borgia, Ha una formazione anche classica Opere, 1498, scrittura vivace, poco profonda. Testo antologico Il poeta si maschera con la propria sofferenza durante carnevale Flavia è un personaggio sbiadito rispetto a Laura Si perde l’organizzazione di un macrotesto e la produzione poetica è più orizzontale (ebbe un ruolo di rilievo nelle corti di Mantova e Ferrara. Serafino Acquilano, 1466-1500 Arte dell’improvvisazione e del suonare il liuto Canzoniere, con solo suddivisione metrica dei testi Vita di Serafino Aquilano, Calmenta: dice che Tebaldeo è un modello, assieme a Petrarca. Motivi classici della poesia cortigiana (ritratto galante della donna) La sua poesia, di esile spessore ideale e di gusto bizzarro ed estremo anticipa il seicento. EPOCA 5 INTRODUZIONE 1494: le truppe francesi di Carlo VIII scendono in Italia 1527: assedio di Roma da parte delle truppe imperiali. Argomenti di interesse: imitazione dei classici, questione della lingua La figura e gli studi di Bembo avranno grande importanza> Ariosto tiene conto delle regole del Bembo per la terza edizione del Furioso. La nuova norma grammatica è sfruttata dai tipografi. vengono tradotti in volgar molti classici è molto apprezzata la forma del dialogo (Bembo, Castiglione) si canonizza l’opera di Petrarca la lirica estende la platea dei suoi praticanti nei primi anni del Cinquecento nasce il teatro moderno vi è un classicismo più indirizzato verso scelte plurilinguistiche e espressionistiche> si è parlato di anticlassicismo Machiavelli e Guicciardini: mettere alla prova gli strumenti conoscitivi per agire sulla storia. L’intellettuale come uomo di corte: vi è una rivendicazione di autonomia da parte degli intellettuali (es. le accademie) PIETRO BEMBO Bembo punta le sue risorse letterarie sul volgare, di cui definisce delle norme Nasce nel 1470 a Venezia da una famiglia di aristocratici; il padre, appassionato intellettuale ed umanista, lo vuole però indirizzare verso le carriera politica e questo genera degli scontri De aetna: dialogo in latino, 1496, ambientato nella villa vicino Padova, in cui sono ritratti Bembo ed il padre intenti a discutere di argomenti scientifici (fenomeni vulcanici), etici filosofici, ecc (Bembo era stato in Sicilia per studiare il greco); il dialogo è intriso di rifacimenti classici (e a Petrarca) e si mostra la difformità di stili di vita tra padre e figlio. Bembo lavora con Aldo Manuzio (aveva realizzato una collana di classici che si contraddistinguevano per un formato piccolo, ma elegante e per un carattere tipografico simile al corsivo), con cui lavorò anche Erasmo da Rotterdam. Bembo Manuzio cura una grammatica greca, le Cose volgari di Petrarca e le Terze rime di Dante (la Commedia): sono considerati classici come gli antichi. Il metodo di lavoro di Bembo è fortemente filologico: per Pentarca utilizza il vaticano 3195 e cercare di ricostruire il testo originale. Introduce elementi grafici per i segni di interpunzione. Gli Asolani, 1505, composizione iniziata quando si trovava a Ferrara. È un dialogo in volgare che parla della tematica amorosa (cfr. De amore di Ficino), ambientato ad Asolo, alla corte di Caterina Cornaro, durante un matrimonio. Si articola tra tre giovani. L’ambientazione e i personaggi riprendono il Decameron, come il tema di una società ideale governata da grazia e misura. I libro: amore infelice, Perottino II libro: amore felice, Gismondo III libro: sintesi, Lavinello Modelli: De finibus, il Fedro, il Comento di Lorenzo de’ Medici (ci sono degli inserimenti di testi lirici, che esemplificano e drammatizzano il testo in prosa). Il dialogo è introdotto da tre componimenti che riflettono la struttura dell’opera Prime due canzonette, identiche metricamente e speculari, sull’amore infelice e felice. Terza, metricamente diversa, sul percorso interpretativo di Lavinello L’amore se compreso nella sua forma virtuosa può rappresentare un percorso ascensionale in senso neo-platonica, (nuova edizione 1530, meno liriche, rimaneggiamento della lingua sulla base del Prose della volgar lingua). La prima edizione, 1505, presenta una lettera introduttiva a Lucrezia Borgia (di cui forse è stato amante): nell’epistola si parla dell’evento drammatico della morte del fratello Carlo, che rappresenta uno spartiacque per Bembo, che decide di abbandonare il tema amoroso Alma cortese, che dal mondo errante, canzone funebre per il fratello in cui si fa uso di un lessico e di una struttura metrica petrarchesca e di modelli classici (carme 101 di Catullo). La contingenza personale diventa un momento di conoscenza universale. La fallita carriera politica a Venezia lo porta a Urbino, presso Guido da Montefeltro ed Elisabetta Gonzaga, 1505; la sua produzione letteraria si lega alle occasioni galanti della corte (scrive le Stanze, ottave di tema amoroso per il carnevale del 1507, e i Motti, distici baciati di carattere proverbiale). Dal 1513 è funzionario ufficiale della corte di Papa Leone X (scrive i brevi papali) nel 1512-1513 aveva intrattenuto uno scambio epistolare con Pico della Mirandola sul tema dell’imitazione. Non si discute sulla legittimità della imitazione (fondamento della cultura umanistica), ma sul canone degli autori esemplari, che per Bembo devono seguire una docta varietas, mentre per Bembo devono essere Virgilio per la poesia, Cicerone per la prosa. Il processo imitativo per Bembo è educativo. I temi, qui legati alla lingua latina, saranno ripresi per il volgare nel Prosa Si trasferisce a Padova; nel 1525 è pubblicato il Prosa della volgar lingua, in cui si vuole definire una norma grammaticale e i modelli da imitare. È un dialogo ambientato a 1502 Ercole Strozzi: superiorità del latino Giuliano de’ Medici: superiorità del volgare fiorentino Carlo Bembo: Petrarca modello per la lirica, Boccaccio per la poesia. Federigo Fregoso: esperto di letteratura italiana antica e provenzale I-II libro: canone letterario e criteri stilistici III libro: norme grammaticali. Le lingue cortigiane sono dominate dal particolarismo dialettale, geografico ecc: si vuole creare una lingua che perduri nel tempo. Si afferma la piena maturità della cultura volgare. I criteri di valore: elezione e disposizione delle voci deve essere adeguato al contenuto, bisogna saper modulare la gravità e la piacevolezza. Testo antologico il dialogo non rende facile la materia trattata nel terzo libro (nelle edizioni successive vengono aggiunte tavole e indici). La prima edizione in folio è modellata sui testi per le élite intellettuali, ma la seconda (1538, Marcolini) (con un formato più piccolo e caratteri tipografici in corsivo) sembra voler attrarre un pubblico più ampio. Rime, 1530; vuole rappresentare il modello della nuova lingua poetica. Sono segnate da Petrarca (insieme a dei sodali veneziani amanti di Petrarca aveva formato nel 1502 la Compagnia degli amici) [Silloge per Elisabetta Gonzaga, 1520: 60 testi, influenza di Petrarca ma anche dell’eclettismo di fine Quattrocento] 114 testi (+ le Stanze), metri rigidamente petrarcheschi. Temi: amore, morte, amicizia Il primo sonetto è modellato su quello di Petrarca, ma vi è anche una tensione agonistica con il modello (vd. l’invocazione alle Muse) e la rivendicazione del valore esemplare dell’esercizio lirico. Testo antologico Nuova edizione 1535 con 138 testi; due edizioni postume, 1548, una veneziana (curata dal genero Gradenigo) e una romana (collaboratore Gualteruzzi), considerata la più affidabile (forse lo è di più un manoscritto ora collocato a Vienna); i testi sono 146 e si includono anche i componimenti giovanili di tema amoroso, quelli per la morte del fratello e per i sodali. Maggiore è l’adesione al modello petrarchesco ed ai modelli classici. Testo antologico (cfr. ode IV, 10 di Orazio). Gli viene offerto l’incarico di storiografo presso il Senato di Venezia: nel 1551(in latino, 1552 in volgare) pubblica l’opera, di stampo annalistico (piatta narrazione dei fatti) Nel 1539 è nominato cardinale da Paolo III; raccoglie il suo epistolario di lettere, a testimonianza delle grandi relazioni intrattenute (sapiente gestione della sua immagine pubblica): sono stampate tra il 1548 e il 1552 Vedi suddivisione a pagina 496 Il modello sono le Familiares di Cicerone IACOPO SANNAZZARO Nasce a Napoli nel 1457/1456; perde presto il padre e la madre. Si innamora di Carmosina Bonfacio, ma anche lei scompare prematuramente. Il suo trasferimento a Salerno lo segnerà per i paesaggi naturali. Si forma nell’ambiente aragonese (latino, greco e volgare); incontra Pontano, grazie al quale entra al servizio del duca di Calabria, nel 1481 (fino al 1494). Entra nell’Accademia pontaniana con il nome di Actius Sincerus (vd. il dialogo di Pontano, 1499). Dagli anni Ottanta scrive farse, componimenti per feste occasionali (6 + un frammento), ma forse alcuni testi sono stati perduti; le farse erano recitate negli ambienti di corte (molti elementi dialettali) e trattavano temi quotidiani. Testo antologico Venere parla del figlio Cupido Risente della tradizione lirica precedente Produzione latina: Epigrammata, Eclogae piscatoriae (5, forma dialogica, dimensione marittima della baia di Napoli), Elegiarum liber, (tre parti, 24 componimenti, con versi dedicati a Cassandra Marchese, dama napoletana con cui Sannazzaro stringe un’amicizia sincera). Testo antologico Il paesaggio dell’infanzia si intreccia con immagini del mito Ariosto è inadatto al lusso della corte papale, come anche al servilismo cortigiano. Prima edizione dell’Orlando furioso: il progetto iniziato già nei primi anni del 1500 (Isabella d’Este racconta che Ariosto in una visita a Mantova aveva letto scorci del suo poema); il marchese di Mantova vuole leggere l’opera, ma Ariosto gli scrive che il poema è ancora da correggere e revisionare (è piena di aggiunte, cancellature ecc). Chiede i privilegi di stampa presso i maggiori stati italiani Segue la tipografia (individua degli errori) Realizza 1300 copie (tiratura alta) Prima edizione 40 canti Proemio: Impianto definitivo: intreccio imprese di guerra e imprese d’amore Novità della follia di Orlando e parallelo autobiografico con la follia dell’autore indotta dalla donna amata (Alessandra Strozzi, la quale dal 1515 è rimasta vedova). L’aspetto favolistico dell’opera nasconde molti contatti con la realtà contemporanea, in particolare in rapporto a Le guerre d’Italia La corruzione ecclesiastica e la crisi della chiesa per le riforme luterane Si fa omaggio di: Ippolito e Alfonso d’Este Francesco I re di Francia L’Orlando furioso ha molto successo, ma non cambia molto la situazione economica dell’Ariosto. Nel 1517 avviene la rottura tra Ariosto e il cardinale Ippolito poiché il primo si rifiuta di seguirlo in Ungheria: nel 1518 entra al servizio di Alfonso d’Este. Le Satire: in terzine, scritte tra il 1517-1518 e negli anni ’20 (durante il periodo in Garfagnana), si ispirano alle epistole e alle satire di Orazio; attraverso un tono colloquiale ed un dettato semplice, l’autore/personaggio dialoga a stretto contatto con gli interlocutori, confidando speranze ed angosce. Satira I Indirizzata al fratello e all’amico che sono partiti con Ippolito Spiega perché ha deciso di rimanere a Ferrara Schema riassuntivo pag. 525 Le satire non devono essere considerate una biografia del poeta: sono l’espressione del suo sguardo lucido sulla contemporaneità e sull’ambiente di corte. Satira II Critica dell’arrivismo, dell’avidità e dei vizi della corte pontificia (si è recato a Roma per ottenere un privilegio) Affermazione della propria pazzia (condizione universale dell’uomo, vedi il paladino Orlando) che preferisce una frugale indipendenza. Altri temi la critica dell’essere al servizio di un signore, della Garfagnana, ricerca di un maestro di greco per il figlio Virgilio (contatta Pietro Bembo). Forte è il desiderio di una dimora tranquilla, a Ferrara, in cui coltivare il suo amore per la poesia e per Alessandra Benucci. (le satire di Ariosto risentono anche dell’esperienza delle satire in volgare della fine del Quattrocento). Satira VII Rifiuto dell’incarico a Roma (cfr. Satira I, inizio e fine con un rifiuto)> preferisce rimanere a Ferrara Le Satire non vedono una stampa seguita dall’autore: escono postume nel 1534; non sappiamo a che genere di diffusione/ circolazione fossero destinate, dato il loro carattere intimo, ma un manoscritto ferrarese attesta l’impegno ed il lavoro dell’autore per queste. Nel 1521 c’è la seconda edizione. del Furioso, con Giovan Battista Pigna, seguita sempre dall’autore (non ci sono molte modifiche, non troviamo quella “giunta” di cui aveva parlato all’amico Mario Equicola nel 1519). Viene incaricato da Alfonso di svolgere la carica di commissario ducale in Garfagnana, luogo difficile, conteso tra Ferrara e Firenze e in preda alle bande di briganti. Nel 1522 si sposta dunque in Garfagnana, lontano dall’amata, (cfr. Satira IV), e con grande dignità si impegna svolgere quel compito difficile (che tra l’altro lo tiene lontano dalla poesia). Scrive molte lettere al duca. Nel 1525 torna a Ferrara I cinque canti: tra gli anni ’20 vengono realizzati 5 canti del Furioso che vertono sulla materia conclusiva ed in particolare sul tradimento dei maganzesi; non si sa benese costituissero un proseguimento o un blocco narrativo interno. Datazione 1518-1519: la “giunta” detta a Mario Equicola 1521-1528 Sono tagliati fuori dall’edizione del 1532 poiché presentano un’alterità profonda: parlano di inganni e atti infernali, hanno toni e sono privi del sorriso ambiguo del narratore. Domina l’amarezza della condizione umana. [edizione postume del 1545, Venezia eredi Manuzio] I Suppositi vengono rappresentati nel palazzo vaticano (con apparati di Raffaello) e li apprezza Leone, al punto che Ariosto gli invia il Negromante [Studenti, commedia incompiuta, proseguita dal figlio Virginio, diventa la Scolastica] La Lena, rappresentata nel 1528 e 1529 Serva Lena, personaggio meschino Amore di Flavio e Licina, che ha esito positivo nonostante i vecchi avari Sfondo alluso di Ferrara Per la commedia Ariosto utilizza l’endecasillabo sdrucciolo, sul modello del metro giambico latino, che conferisce una nobilitazione del genere comico. Vengono riscritti in endecasillabi i Suppositi e la Cassaria che assume un tono moralistico ed uno spessore maggiore. Non tutti apprezzano la novità: il duca di Mantova rispedisce indietro le opere. Ariosto è attivo nel mondo del teatro: collabora con Ruzante, uomo di teatro, e nel 1532 mette in scena Lena e Cassaria. III edizione del Furioso, 1532: Ariosto muore nel 1533. Da 40 canti si passa a 46 Vedi schema pagina 431 E al filone della guerra tra i Franchi di Carlo e i saracini di Agramante e della follia di Orlando si aggiunge quello dell’amore tra Ruggiero (capostipite della dinastia estense e Bradamante). Sono in ogni caso molte le vicende ed i personaggi minori. La tecnica dell’entrelacement è portata agli estremi: l’autore stesso si riferisce alla moltiplicazione dei personaggi e delle storie con il termini “varie fila “e “varie storie”. L’opera genera disorientamento nel lettore, anche per la gestione del tempo volutamente indefinita. Vi è una struttura: XII canto: castello di Atlante XXIII canto: follia di Orlando XXXIV: Astolfo sulla luna I momenti cruciali del poema scandiscono l’opera in blocchi regolari (12,11,11,12); inoltre fino al canto XXIII vediamo una espansione della vicenda narrativa, che dal XXIII in poi va comprimendosi (si concludono le storie dei personaggi). L’entrelacement consente dei confronti tra le varie vicende (tentativo di seduzione di Angelica da parte di Ruggiero, che non avviene con Orlando); i personaggi, come strumenti di una enciclopedia morale, sono indotti a dimostrare continuamente vizi e virtù. L’autore commenta le avventure e le scelte dei personaggi (soprattutto nello spazio all’inizio del canto): parla dell’ingiustizia dell’amore, dell’infedeltà delle donne, chiede scusa a queste ecce cc. Anche l’autore è in preda all’instabilità delle passioni (condizione universale), ma fa anche dei commenti sulla contemporaneità: nel XXXIV, nell’episodio delle Arpie, si fa riferimento all’occupazione dannosa degli stranieri in Italia. Nel XLVI la conclusione dell’opera è paragonata ad una nave che torna al porto, salutata da molti personaggi della realtà contemporanea. L’obiettivo implicito dell’opera è quello di orientarsi nel labirinto della contemporaneità. La dedica ad Ippolito (in cui la poesia è presentata come un tributo duraturo) rimane invariata anche dopo la rottura del 1517 e la morte del cardinale nel 1520. Orlando, dopo aver scoperto della relazione tra Angelica e Medoro, si trasforma per la follia in una bestia che devasta ciò che ha intorno: rappresenta l’acme di quella condizione universale di follia (follia che vediamo nella metafora del castello, in cui tutti quelli che entrano cercano vanamente qualcosa che si illudono si trovi lì). Il poema è dominato da una perenne instabilità, esemplificata dalla continua ricerca insoddisfatta di un oggetto del desiderio, come la bella Angelica, e dal continuo alternarsi di esempi positivi (Isabella) e negativi (Rodomonte), di valori e disvalori. L’episodio di Astolfo sulla luna consiste nella visione delle cose umane dalla prospettiva rovesciata della luna: lì si trovano oggetti smarriti, beni e regni, ma anche ambizioni e vane speranze. L’ironia è lo strumento conoscitivo del poeta, capace di creare una distanza dalla materia che consente una lucida analisi dei fatti. Dopo che rinsavisce Orlando, lo fa anche Rinaldo (che stava per somministrare alla sua amata una pozione per comprendere la sua fedeltà ed infedeltà): esemplificativa è la saggezza acquisita da Rinaldo, che si basa sulla consapevolezza dei propri limiti. Vi è dunque l’idea di una possibile formazione dei cavalieri? Nell’ultima parte abbiamo l’idea di un disegno provvidenziale Il genere è quello del poema cavalleresco (si presenta come la continuazione dell’Innamoramento di Orlando) ma vediamo i modelli di Virgilio, per il duello finale Il Lancelot, per la contesa tra Ruggiero e Leone Petrarca L’elegia (soprattutto per la figura di Bradamante) Spunti comici In un’ottica di ibridazione. Vi è una variazione estrema di registri, in cui vediamo Dante, Petrarca, Boiardo, Poliziano (vi è un panorama ferrarese ed uno classico) (i frammenti autografi costituiscono una testimonianza del lavoro dell’Ariosto). L’ottava risente meno della tradizione linguistica dei cantari, e più di quella di Petrarca (e di Ovidio) Ottave: 6+2, con distico di commento o rilancio 4+4 2+2+2+2, per momenti lirici e movimenti narrativi È ampio l’uso dell’’ottava aperta, in cui non c’è corrispondenza tra metro e sintassi e che conferisce fluidità alla narrazione. La lingua della edizione del 1516 era un ibrido tra parlata padana e fiorentino, quella del 1532 risente del Prosa di Bembo e prende a modelli Dante e Petrarca (elimina elementi bassi e realistici). Riassunto del furioso, pag. 541-546 BALDASSARRE CASTIGLIONE L’esperienza letteraria di Castiglione si lega in senso stretto all’ambiente della corte. Nasce a Mantova nel 1478 e si forma negli studi umanistici a Milano e frequenta la corte di Ludovico il Moro (conosce Bembo). Nel 1499 entra al servizio di Francesco Gonzaga e nel 1503, forse in una missione diplomatica va a Roma; scrive il sonetto Superbi colli, e voi sacre ruine, in cui emergono i temi Emerge l’idea di un Massimiliano I retto, ma inconcludente e di una Magna potente, ma troppo disunita Scrive il Capitolo dell’ambizione per Luigi Guicciardini: individua nell’ambizione e nell’avarizia la causa della rovina di Venezia. Scrive una lettera a Guicciardini su una avventura fittizia con una vecchia prostituta. Testo antologico: Riferimenti colti a Boccaccio e Poliziano. Vi è lo scontro tra Luigi XII, con Firenze dalla sua parte; scrive Ritratto di cose di Francia, in cui evidenzia il centro della forza della Francia (considerata l’alleata migliore) nell’unione tra il re e la nobiltà, nell’amore del popolo francese per la monarchia e nelle ricchezze. Nel 1512 Giulio II forma la Lega santa con Venezia, Spagna ed Inghilterra contro la Francia: vengono fatti rientrare i medici a Firenze. Machiavelli tenta di avvicinarsi al partito mediceo > non è un atto puramente opportunistico, perché il progetto “monarchico” mediceo è in linea con l’ideologia di Machiavelli. È rimosso dagli incarichi e, coinvolto nell’accusa di cospirazione nel 1513, è incarcerato: assolto dall’amnistia di Giovanni de’ Medici, nuovo papa Leone X. Lettera a Francesco Vettori, ambasciatore a Roma, del 10 dicembre. Testo antologico Topoi classici (dialogo con i libri antichi) Manifesta il fine di entrare al servizio dei Medici Ha un intento apologetico Lettura del principe Machiavelli frequenta le riunioni preso gli Orti Orticellari, nei giardini di casa Rucellai a Firenze; è stimolato nella scrittura dei Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, 1518, dedicata a Cosimo Rucellai ed a Zanobi Buondelmonte. È un’opera inconclusa e pubblicata postuma nel 1531. È un commento sui primi 10 libri degli Ab urbe condita di Tito Livio (inglobava anche il perduto discorso sulle costituzioni delle repubbliche di cui si fa menzione nel Principe). Sono 3 libri I: formazione e politica interna di Roma II: attività militare e politica estera III: contribuito dei privati cittadini alla grandezza di Roma Si chiede come sia stato possibile che la repubblica romana sia durata così a lungo; per Machiavelli la storia è uno strumento politico, dal momento che l’immutabilità dell’animo umano fa si che la conoscenza della storia sia anche conoscenza del presente. La forza della repubblica romana stava nella stabilità della costituzione e nel fatto che gli scontri sociali a Roma erano positivi in quanto costituzionalizzati (non accadeva la stessa cosa nei tempi moderni). Inoltre, tutte le classi partecipavano ad un governo misto (senato, consolato, tribunato della plebe, cfr. Polibio). La plebe era fondamentale per il mantenimento della Repubblica e per la milizia militare (a Sparta il popolo era troppo piccolo, a Venezia disarmato). Inoltre, per i romani la religione era uno strumento di educazione e coesione sociale, mentre ai tempi di Machiavelli era causa di debolezza ed oziosità. L’Arte della guerra: scritta tra il 1519 ed il 1520, sono sette libri sul confronto tra le tecniche militari dei romani e quelle dei contemporanei. Vediamo gli influssi di testi classici (Stratagemata di Frontino) e di altre opere machiavelliane, come il Principe ed i Discorsi. Il dialogo è ambientato nel 1516, negli Orti Orticellari, ed a discutere con gli interlocutori è Fabrizio Colonna, generale (i cui dobbiamo vedere l’alter ego di Machiavelli, che vorrebbe divulgare le proprie conoscenze ed attivarsi per manifestare e difendere la virtù, ma è costretto all’ozio). Si afferma la necessità di imitare la lezione degli antichi nelle pratiche e militari (pecca di astrattezza e trascura alcuni elementi dell’arte militare moderna) e di dotarsi di truppe proprie. La produzione letteraria successiva è segnata dalla delusione politica e dalla durezza esistenziale La Mandragola, 1518: commedia in 5 atti + prologo, ambientata nel 1504, di grande comicità, ma amara e senza speranza Testo antologico: prologo Vediamo il tentativo di compensare con la letteratura l’impossibilità di agire. Trama: Lucrezia è una gentildonna onesta e religiosa, sposata con il ricco, ma ottuso e borioso Nicia, di cui si è innamorato Callimaco; sarà ordito un inganno dal parassita Ligurio. Nicia sarà convinto dal falso medico Callimaco a somministrare la mandragola a Lucrezia, che la renderà fertile, ma allo stesso tempo ucciderà il primo che giacerà con lei: dovrà dunque giacere prima con un garzone insignificante, il travestito Callimaco. Lucrezia viene convinta dal corrotto fra’ Timoteo, ma scopre l’inganno e decide di usarlo a suo favore, facendo di Callimaco il suo amante. Corpus comico di Machiavelli: Le Maschere, 1504, satira politica La Sporta, cfr. Aulularia di Plauto Versione in prosa dell’Andria di Terenzio Nella mandragola vediamo influssi classici, di Boccaccio; prosa e ambientazione moderna sono riprese dai contemporanei (cfr. Ariosto). Callimaco: tutta passione, niente industria /ragione Ligurio: tutto ragione, trionfatore senza premio, sa di fare il male (personaggio più vicino all’autore) La realtà umana presentata è degradata: ciascuno pensa al suo utile. La mandragola è il controcanto comico delle tecniche politico- militari del Principe e dell’Arte (dissimulazione, assenza di scrupoli, adattamento alle circostanze), che sono trasposte in un universo privato e per lo più meschino. L’Asino: poema incompiuto, satico-biografico, allegorico, 8 capitoli in terzine (1512-1513,1517- 1518). Sul modello delle Metamorfosi di Apuleio e della Commedia, il protagonista è trasformato in un asino ed osserva i vizi umani alla prospettiva della bestia innocente Intento apologetico e critica della contemporaneità La Favola: novella spicciolata sull’Arcidiavolo Belfagor che è incaricato da Plutone di verificare se è vero che le donne sono causa di perdizione; sarebbe dovuto rimanere per 10 anni sposato a Firenze, ma preferisce tornare all’Inferno Il vero inferno è quello sulla terra. Serata: componimento in ottave destinato alla musica (attività di musico di Machiavelli) in cui si forniscono due esempi mitici per convincere la donna a corrispondere all’amore. Il cardinale Giulio de’ Medici, grazie all’intercessione degli amici degli Oricellari, e lo Studio fiorentino gli assegna l’opera delle Istorie fiorentine Machiavelli esorta i Medici a formare un governo misto che unisca e coinvolga i cittadini Riprendono gli incarichi diplomatici di Machiavelli (a Carpi stringe amicizia con Guicciardini) Le Istorie fiorentine, 1524: 8 libri sugli avvedimenti dal 1434 (rientro di Cosimo il Vecchio) al 1492 (morte di Lorenzo il Magnifico). Il discorso riprende dalle origini delle lotte tra guelfi e ghibellini. Le fonti sono utilizzate liberamente: gli interessa dimostrare che c’è bisogno a Firenze di un governo misto sul modello romano, riformato da un uomo (Giulio de’ Medici) C’è l’elogio di Lorenzo il Magnifico Clizia, 1524: commedia in 5 atti ambientata nel 1505-1506 e che si rifà alla Casina di Plauto, ma con una sensibilità propria della commedia terenziana. Trama: padre, Nicomaco, e figlio Cleandro sono innamorati di una trovatella, che si si scopre poi essere la figlia di. un ricco napoletano che la dà in moglie al giovane. Il padre, che volva farla sposare al servo per poi goderne lui, è beffato dalla moglie. Central è il ruolo della fortuna che favorisce Cleandro e non Nicomaco Dietro Nicomaco dobbiamo vedere la figura di Machiavelli, che si era innamorato di una cortigiana/ musicista che aveva eseguito gli intermezzi della Clizia. Nel 1526 si forma la lega antimperiale di Cognac (Francia, Chiesa, Venezia, Firenze), che nel 1527 è sconfitta ed a Firenze è ripristinata la repubblica e sono scacciati i Medici; ostracizzato, Machiavelli muore ed è seppellito a Santa Croce. FRANCESCO GUICCIARDINI Nasce nel 1483 da una ricca famiglia filomedicea; il padre fu moderatamente coinvolto nella vita politica del suo tempo e vicino alla figura di Savonarola, cosa che influenzerà Guicciardini nel suo rigorismo morale, e nelle sue idee (contro la corruzione della chiesa, a favore di una riforma morale di Firenze). Si dedica alle lettere latine, ma poi passa al diritto canonico prima a Firenze, poi a Ferrara ed infine a Padova. È mosso da ambizioni civili ed il suo carattere si caratterizza per riserbo e severità. Ricopre incarichi cittadini e svolge la professione dell’avvocatura. Sposa la figlia di Alamanno Salviati esponente del partito aristocratico contro Soderini, per motivi politici. Tra il 1508 e il 1527 scrive le ricordanze un testo che riguarda la sua vita privata e professionale. Memoria di famiglia: destinato a una dimensione privata, allo scopo di educare i discendenti della famiglia Guicciardini con il racconto delle memorie della famiglia e l’esposizione di virtù e vizi esemplari. Storie fiorentine, scritte tra il 1508 e il 1510: trattano il periodo che va dal tumulto dei ciompi, 1378, all'assedio di Pisa, 1509, si evidenzia la mancanza di unità politica nei tempi moderni, il periodo favorevole del governo ottimatizio dal 1393- 1420 Scrive dei discorsi in cui sostiene una tesi ed il suo contrario, a dimostrazione del suo ritenere la scrittura un mezzo di comprensione. Nel 1511 è nominato ambasciatore per re Spagna, Ferdinando il cattolico: Doveva giustificare l'alleanza con la Francia, impresa difficile. Nel 1514 torna a Firenze. Nel frattempo, nel 1512 viene scacciato Soderini ed i Medici rientrano a Firenze. Nei momenti in cui non è impegnato dall’attività politica, si dedica a quella letteraria, i “ghiribizzi” come dice lui. Inizia a raccogliere dei frammenti ad uso privato per un’opera in cui vengano fornite delle regole ricavate dall’esperienza politica, per conoscere la realtà tra le idee di Guicciardini spicca l’ideale di un buon governo cittadino, l’allontanamento degli stranieri dal suolo italico, l’eliminazione della corruzione della chiesa, l’allontanamento delle tendenze tiranniche. Discorso del modo di ordinare il governo popolare, 1512 (momento in cui non è ben informato di quello che accade a Firenze); si evidenzia: la debolezza economico-politica di Firenze il bisogno di una costituzione mista: integrare un organo senatorio accanto alla figura del gonfaloniere. Scrive vari opuscoli mentre si trova in Spagna. Testo antologico esempio di scrittura interiore comprendiamo il tipo di religiosità di Guicciardini, che riconosce le proprie debolezze e ricerca un rigore morale l’elezione al pontificato di Leone X si dimostra favorevole per Guicciardini: nel 1515 è nominato avvocato concistoriale. Scrive il Del modo di assicurare lo stato alla casata de’ Medici si affronta il tema del rapporto tra virtù e fortuna (dimostra di aver letto il Principe di Machiavelli) si afferma che il governo dei Medici è inevitabile, ma si auspica una collaborazione con i patrizi. Per quanto riguarda la deformazione espressiva propria del teatro classico, vediamo anche nel 500 forme di plurilinguismo Pedagogo: parodia del linguaggio affettato e libresco Spagnolo: smargiasso Soldato: sapienza terragna A Firenze il teatro viene sempre di più sottoposto al controllo politico dopo la fine della Repubblica (non si verifica più un tipo di commedia provocatoria come quella di Machiavelli); non accade lo stesso nella repubblica di Siena (Accademia degli Intronati), o a Venezia (compagnie degli aristocratici) Si mantiene la tradizione della commedia in dialetto (vd. Ruzante) La Calandria: commissionata da Francesco Maria della Rovere a Bernardo Dovizi (uomo politico, vicino ai Medici, cultore del comico>vedi Cortegiano) per il carnevale del 1513 (la corte di Urbino desiderava celebrare la sua ricchezza e la sua fedeltà al papato, parla di due gemelli fuggiti da Modone (Peloponneso) e giunti a Roma, dove inizia una complicata rete di intrighi. Si riprendono i Menaechmi di Plauto, ma, come sottolinea l’autore stesso, è in prosa ed in volgare (emulazione e non imitazione del modello) Numerosi prelievi dal Decameron Parodizzazione della filosofia neoplatonica di Ficino (l’ermafrodito del Simposio platonico diventa Merdafiorito e spunto per la vicenda comica La commedia ha successo (la cura anche Castiglione) ed è rappresentata nel 1514 nella corte papale. Ruzante: usa come lingua alternativa all’italiano il pavano, dialetto veneto. Ruzante, di estrazione borghese, ha avuto una ottima istruzione e entra a far parte del gruppo del Mecenate Alvise Cornaro. Riprende le esperienze Del teatro universitario goliardico in cui si giocava con l’aspetto linguistico e parodico I mariazi, farse drammaturgiche che mettevano in scena principalmente litigi, di natura sessuale, tra promessi sposi. Il mondo contadinesco ed il suo linguaggio è al centro della produzione teatrale, attraverso il quale si parodizza l’ambiente urbano colto. Scrisse commedie in prosa ed in versi. La Moschetta (prima versione: tre atti, 1529; seconda versione: cinque atti, 1532-1533). Moschetto= muschioso= parlare in modo eccessivamente affettato> parodia del linguaggio cortigiano. Personaggi: Betìa, la donna corteggiata, Ruzante, vanitoso, ma stupido, succube e cornuto; Tonin, soldato; Menato, vero registra: sfrutta le situazioni, ma sa accettare le sconfitte. Domina lo “snaturale”, una forza fero che induce i personaggi, dominati dalle passioni, a sopraffare il prossimo (teatro anche della crudeltà). La tragedia: l’autorità della Poetica di Aristotele impone per la tragedia fin da subito una riflessione sugli istituti teorici che limita nella prima fase la sperimentazione. Si attesta la pratica della traduzione delle opere classiche. Giovan Giorgio Trissino: vuole creare un nuovo classicismo in volgare, che si deve basare sulla letteratura greca applicata con rigore. La Sofonisba: tragedia di “espressa imitazione classica in idioma volgare”, composta tra il 1514 e il 1515, rappresentata presso il papa nel 1518, stampata nel 1524 Lettera prefatoria a Leone X Supremazia della tragedia Funzione essenziale: la catarsi Si usa l’endecasillabo sciolto, mentre per i cori metri più strutturati che si rifanno alla canzone petrarchesca Fonti: Tito Livio, i Trionfi e l’Africa di Petrarca, con un taglio filellenico. Trissino rende la figura una eroina tragica (non è il soggetto pericolo della visione di Tito Livio), vittima del padre che le impedisce l’amore con Massinissa. Alla fine, si uccide per evitare l’umiliazione politica dei romani> grande drammaticità. Vi è la ripresa dell’Alcesti e della Ifigenia in Aulide di Euripide e dell’Aiace di Sofocle, ma anche di Dante e Petrarca. Testo antologico: Modellato sulla canzone “Che debb’io far, che mi consigli Amore. Presso un gruppo a Firenze degli Orti Orticellari si condivide lo stesso ideale di classicismo volgare di Tristino (ricorso sistematico ai modelli greci). Giovan Battista Giraldi Cinzio (Lettera intorno al comporre delle commedie e della tragedia= norme stabili del nuovo teatro) è a favore di una mediazione tra le forme antiche e i modi moderni: infatti non segue alla lettera le norme della poetica di Aristotele> o generi devono conformarsi ai nuovi usi culturali. L’Orbecche, 1541: si avvicina al modello senecano (cfr. Tieste), poiché presenta un destino ineluttabile, un cupo pessimismo e la condanna all’infelicità per l’uomo. La provvidenza divina e nemesi governano il mondo: al peccato corrisponde, ineluttabilmente, la pena. La vicenda tragica è particolarmente macabra e orrorosa: Orbecche denuncia l’incesto tra la madre ed il figlio, che vengono entrambi uccisi dal padre; poi Orbecche si sposa senza chiedere il consenso al padre, che dunque le uccide il marito ed i figli; infine è Orbecche ad uccidere il padre ed a suicidarsi. Per l’autore la catarsi ha una funzione moralistica. La Canace, di Sperone Speroni: la catarsi induce lo spettatore ad una compartecipazione affettiva più che ad una tensione moralistica; tratta il tema mitologico-erotico dell’amore incestuoso tra Canace e Macareo, figli di Eolo che per la loro colpa li uccide (cfr. XI lettera delle Heroides di Ovidio ed il I libro dell’Eneide). Sarebbe dovuto essere messa in scena nel 1542, ma la morte di Ruzante, che doveva curarne l’allestimento, lo impedisce. La successiva stampa del Giuditio sopra la tragedia di Canace e Macareo (probabilmente di Giraldi) e dell’Apologia di Speroni sottolinea la nascita di un dibattito teorico attorno al genere teatrale. LA POESIA DEL CINQUECENTO Con la lirica assistiamo alla promozione di un classicismo in volgare; in particolare si afferma con forza il modello di Petrarca e la riforma linguistica del Bembo. Vi è però anche chi si rapporta in modo più libero con tale modello- Le Rime di Trissino: l’autore integra con il modello petrarchesco gli autori ed i generi della poesia antica (Pindaro, Orazio, egloga, satira) e con la tradizione italiana del Duecento e Trecento. Testo antologico È quasi una traduzione della ode III, 9 di Orazio Opere Toscane di Luigi Alamanni: anche qui Petrarca è mediato dai modelli greci e latini; vengono riproposte la satira, l’egloga, l’elegia ed il poemetto mitologico come forme imitabili nella sua epoca. Si propone di proseguire la lezione antica in lingua volgare. Scrive 4 libri di elegie e li fa precedere da una piccola storia del genere (che parte da Callimaco e il Fileta fino alla poesia romana). Libri degli Amori di Bernardo Tasso: I libro (1531): presenta una prima sezione di sonetti con forme e temi petrarcheschi, mentre una seconda con odi e sonetti pastorali su imitazione dei classici II libro (1534), III (1537), IV-V (1560) C’è anche un filone che si inserisce sulla linea di Bembo, più selettiva. In quegli anni nascono molti commenti del Canzoniere, alcuni indirizzati una lettura di romanzo d’amore, altri dediti ad una esegesi più sottile che evidenzi il sostrato filosofico (come l’edizione di Alessandro Vellutello, 1525). Nascono raccolte di epiteti e rimari, che si rifanno alla poesia, e che devono facilitare l’accesso alla lirica; si parla infatti di un caso di letteratura di massa. Vengono pubblicate antologie liriche che contengono autori vari (cfr. Rime di diversi, Giolito, 1545). La lirica spirituale. Un’altra forma di petrarchismo fu quella di quella di amalgamare la poesia di Petrarca alla dimensione spirituale. Il Petrarca spirituale, 1536; scritto dal frate francescano Girolamo Malipiero è una riscrittura del Canzoniere in cui tutti i testi vengono letti e riformulati in chiave in chiave religiosa; il tema amoroso si trasforma in occasione di preghiera. Nonostante a noi sembri una forzatura, fu un’opera di grande fortuna. Vittoria Colonna: 1490-1547: faceva parte del circolo degli spirituali, intellettuali che si riunivano attorno alla figura del cardinale Reginald Pole ed al teologo Juan de Valdes. Nel 1546 vengono pubblicate le rime spirituale della donna senza la sua autorizzazione, che hanno una notevole fortuna. La poesia per la donna si presenta come un’intima meditazione religiosa Testo antologico In un primo momento aveva scritto poesia vedovile per il marito Ferrante d’Avalos, morto nel 1525. Uno dei suoi interlocutori è Michelangelo Buonarroti (a cui regala un manoscritto con le sue poesie); anche l’artista compone poesia spirituale, in cui si legge la sua riflessione sofferta sul tema della fede, caratterizzata da un linguaggio espressivo e a tratti aggressivo. Testo antologico: La debolezza della sua fede è un ostacolo per il raggiungimento di Dio Alcuni temi e contenuti riprendono la Commedia di Dante. Vediamo dunque l’affermarsi di una nuova letteratura devozionale, che decide di far propria l’esperienza di Petrarca; vengono scritti in volgare i Salmi e nascono le Lagrime, drammatizzazioni dell’Antico e del Nuovo testamento. Le Rime spirituali, 1570, dell’abate Gabriele Fiamma consiste in una raccolta di testi con un impegnativo autocommento che seguono il suo percorso di meditazione sulla fede. I quegli anni le voci femminili non rappresentano un fenomeno isolato: l’uso del volgare, infatti, e non del latino (che donne e artisti spesso non conoscevano) e la praticabilità dell’imitazione poetica, dopo le teorie linguistiche del Bembo, facilitavo l’accesso alla poesia ad un gruppo più vasto. Rime di diverse e excellentissime donne (1559, Lucca) di Lodovico Domenichi.: raccoglie i testi di poetesse dagli anni Venti in poi >non si presentano come un gruppo unitario. Veronica Gambara: nutre di sapori filosofici la tematica dell’amore in Petrarca Tullia d’Aragona, cortigiana, scrive una raccolta (1547, Venezia) in cui presenta l’autoritratto di se stessa al centro di relazioni intellettuali con esponenti del mondo culturale italiano Chiara Matraini: scrive poesie di compianto per il marito morto Gaspara Stampa; il suo canzoniere viene pubblicato postumo nel 1554 ed è un diario delle sue vicende sentimentali. Nel primo sonetto, sul modello di Petrarca, ripensa alla propria esperienza poetico-erotica, ma senza connotarla esclusivamente in modo negativo Testo antologico Di contro ad una produzione lirica “seriale” si attesta una forma di poesia più elitaria e complessa (anche a livello stilistico) che ha spesso come oggetto un’analisi sofferta dell’interiorità del poeta. In questa espressione poetica si esalta la componente della gravita rispetto a quella della piacevolezza (che secondo Bembo dovevano essere in equilibrio): si prediligono i suoni aspri, non c’è simmetria tra sintassi e metro (ampio uso dell’enjembement). Giovanni della Casa (sarà ripreso da Torquato Tasso): recupera oltre a Petrarca anche modelli classici e tradizioni precedenti. Sonetto sulla gelosia Cfr. Lorenzo de’ Medici, Bembo e Sannazzaro La gelosia inquina l’Io lirico, vi è un clima di cupezza Non c’è corrispondenza tra metro e sintassi L’anafora dell “ivi” fa “cadere” il lettore fino all’esplosione del “vattene” occasione della elezione del nuovo pontefice nel 1521 scrive delle feroci pasquinate che lo rendono famoso. Con l’elezione di Clemente VII si mette al servizio del nuovo papa La Cortigiana: 1525, prende di mira la Curia (era avvenuta la sconfitta della Francia alleata del papato a Pavia); inoltre scrive i Sonetti lussuriosi, dal linguaggio molto spinto, che si ispirano a delle incisioni di natura erotica. Nel 1525 è vittima di un attentato (è scomodo per la chiesa). In una lettera del 1537, al medico bresciano che aveva curato le sue ferite, afferma che l’atto sessuale è qualcosa di naturale, che non deve essere soggetto a pregiudizi. Da Roma passa a Mantova, con la protezione di Federico Gonzaga. Trascorre la fine della sua vita a Venezia: tesse una rete di relazioni importanti (editore Marcolini). In quel periodo scrive i Dialoghi puttaneschi, di stampo pedagogico ma con tinte parodiche il Ragionamento (1534: tre momenti della vita della Nanna, suora poi moglie e infine prostituta. e il Dialogo (1536): la Nanna insegna alla figlia l’arte del meretricio Sono scanditi in giornate e contengono delle novelle, ma rispetto al Decameron le vicende raccontate sono state vissute in prima persona. I dialoghi raccontano degli episodi reali della società di quel tempo (es. cosa accadeva nei convenienti veneziani) e per questo erano ritenuti scomodi. Aretino raccoglie inoltre la sua produzione epistolare in volgare, in cui tratta divari argomenti (6 libri). Testo antologico Lettera di elogio inviata a Michelangiolo Immagini potenti, quasi in un’ottica agonistica Muore nel 1556 Agnolo Firenzuola: raccolta di novelle in 6 giornate in cui è evidente il debito a Boccaccio, i Ragionamenti, prosa raffinata ed eleganza linguistica. Anton Francesco Grazzini, il Lasca: di Firenze, scrive le Cene, raccolta di 30 novelle in 3 giornate su uno sfondo conviviale che hanno come tema preponderante quello della beffa e come lingua il fiorentino vivo, e le novelle Mangiabechiane. Pietro Fortini, Siena: raccolte di novelle in cui è presente l’amore in senso osceno; nella seconda parte vediamo anche dei componimenti in versi. Matteo Bandello: nasce nel 1585 nel Ducato di Milano ed entra nell’ordine domenicano nel 1504; si sposta molto in Italia (e in Francia) ed entra in contatto con le realtà cortigiane. Il suo interesse per il genere della novella si manifesta con la traduzione in latino di una novella del Decameron. Scrive dei capitoli in terza rima encomiastici per la famiglia Rangoni e compone un Canzoniere, Alcuni frammenti di rime (1544), che si rifà a Petrarca, ma è aperto alla contaminazione delle esperienze della poesia del ‘400. Le Novelle:4 libri, 1554-1573. Non è presente una cornice: ogni lettera è preceduta da una lettera dedicata ad un personaggio della contemporaneità del poeta, in cui si spiegano le ragioni della novella e si riflette sull’accaduto. Per l’autore le novelle sono storie che hanno l’obiettivo della meraviglia e dell’insegnamento etico. Contenuti: preferenza per l’amore tragico Novella LVIII Il talento artistico può essere apprezzato da tutti Fonti: Plinio, Vite del Vasari Sfumatura tra fictio letteraria e verità storica Usa il lombardo Una delle sue novelle costituirà al fonte per la tragedia Romeo and Juliet di Shakespeare. Il Galateo di Della Casa, 1551-1555 (Galateo <latinizzazione di Galeazzo Florimonte, vescovo amico di Della Casa); si vogliono dare le regole per “esser piacevole e di bella maniera”, formare dei gentiluomini nella comunicazione e nel comportamento senza specificare un contesto d’azione preciso (come nel Cortegiano). Lo stile è umile, ma si rifà ad esempi illustri come la prosa del Decameron e del Corbaccio. Ebbe successo e si impose come modello testo di civilizzazione. LE SCRITTURE D’ARTE FRA QUATTROCENTO E CINQUECENTO Si assiste ad una valorizzazione del ruolo dell’artista (sia per la sua funzione civile e religiosa sia per le avanzate competenze tecnico-teoriche richieste). Dalla fine del ‘400 si afferma una trattatistica sull’arte (Cennino Cennini scrive Il libro dell’arte agli inizi del ‘400) sul modello classico (Vitruvio, Plinio) in cui vediamo l’evolversi della riflessione teorica. I Comentarii di Lorenzo Ghiberti: tre libri (trattato incompiuto) sulla storia dell’arte, che ha nell’arte classica il suo vertice e vede una ripresa dell’arte moderna con Giotto. Gli artisti sono illustrati attraverso le loro opere più che attraverso storie ed aneddoti. L’opera influenza quella del Vasari. Alberti (vd. meglio sopra): la pittura non solo riproduce la natura, ma la riorganizza razionalmente De pictura: nella figura ritratta bisogna armonizzare la componente esteriore e quella interiore e formazione culturale a tutto tondo dell’artista. Leonardo da Vinci Nasce nel 1452 Formazione presso la bottega fiorentina del Verrocchio (influsso dell’Accademia Platonica fiorentina) 1483 si stabilisce a Milano al servizio di Ludovico il Moro Entra al servizio del re di Francia Francesco I dove muore Non conosceva le lingue classiche: per le conoscenze scientifiche si serviva delle opere tradotte in volgare e dell’esperienza. La produzione scritta di Da Vinci è assimilabile ad uno zibaldone (scritti sparsi); maggiore la produzione di argomento tecnico-scientifico Trattato della pittura: è tra i più omogenei. Testo antologico La pittura non è un’arte meccanica, ma una vera e propria scienza: rappresenta le verità universali Il libro di Antonio Billi: progetto, non portato compimento, di una storia degli artisti fiorentini da Cimabue a Michelangiolo; alcune notizie vengono recuperate del Vasari. Giorgio Vasari: Si forma ad Arezzo e a Firenze> si allontana dall’ambiente di corte e dai Medici 1545, Roma: è sotto la protezione di Alessandro Farnese; lavora alle Vite Benedetto Varchi, letterato di matrice filosofica aristotelica, promuove un’inchiesta sul primato delle arti alla quale partecipano numerosi artisti, tra cui il Vasari nel 1547. Nella sua lezione presso l’Accademia fiorentina sostiene che pittura e scultura sono uguali (imitano la natura e si basano sul disegno) e sostiene il primato dell’architettura. Vengono riportate le lettere degli artisti che hanno partecipato alla disputa. 1547: finisce le Vite; le fa pubblicare a Firenze nel 1550 con una dedica a Cosimo de’ Medici (ne esce una seconda ampliata nel 1568) (risente dell’esperienza novellistica). Nelle Vita, trattato e biografia degli artisti, si vogliono costituire dei modelli a fini educativi; le Vite contengono una grande quantità di materiale e hanno una notevole qualità narrativa. Da Giotto si arriva a Michelangiolo, sintesi perfetta tra le arti. II edizione= maggiore scientificità anche linguistica, più biografie, maggiore attenzione alle esperienze artistiche regionali. Benvenuto Cellini Studia oreficeria, disegno e musica Viene confinato a Siena per una rissa> fugge a Roma presso Clemente VII. Partecipa alla difesa di Roma razziata dai Lanzichenecchi; nella parla nella vita esaltando il suo ruolo e la sua figura. A Siena nel 1540 si macchia di omicidio e se ne va in Francia (realizza la preziosa saliera d’oro per il re francese); tornato in Italia nel 1545, realizza per Cosimo primo la statua del Perseo. La Vita: (1558-1565) è un’autobiografia; viene pubblicata postuma perché conteneva delle polemiche contro il potere. È un’opera autopromozionale, con una notevole componente romanzesca: l’autore, con vena narcisistica, si propone come un modello di virtù a livello artistico e privato. Vi il tema del difficile rapporto tra artista e committente (ispira la autobiografia di Alfieri). Scrive anche dei trattati tecnici sull’oreficeria e sulla scultura (contengono molti elementi autobiografici)