Scarica Il mondo dei libri: nascenti, lettori, case editrici e mestieri - Prof. Lo Curzio e più Appunti in PDF di Comunicazione Grafica solo su Docsity! Cose spiegate bene A proposito di libri Come nascono e diventano questi oggetti di carta dove leggiamo storie idee e mondi interi - A Cavallo G Papi Libri pubblicati Nel 2019 sono stati 237 al giorno. Nel 1999 erano 144 al giorno Prezzo medio Nel 2019, per un libro fiction, 14,25€ Fatturato 1422 milioni di euro nel 2019 Vendite Nel 2020 il 42% dei libri è stato comprato online, nel 2010 era il 5% Librerie Nel 2012 in Italia c'erano 3901 librerie, nel 2017 3670 Ladri Si calcola che nel 2019, tra negozi fisici e online, siano stati rubati 36,1 milioni di libri ed ebook, per un valore di 528 milioni di euro Lettori Il 29,5% degli italiani dichiara di leggere un libro l'anno, ma solo il 5,9% ne legge più di 7. Il 38% legge solo su carta. Età L'88% di chi ha tra i 4 e i 17 anni legge libri, ebook o ascolta audiolibri rispetto al 24% di chi ha più di 55 anni. Regioni Nel 2018 si è letto di più nel Friuli Venezia Giulia 51,7% , di meno in Sicilia 24,9% . In Lombardia sono usciti 21.589 libri, in Valle d'Aosta 46 Sesso Legge il 46,2% delle donne e il 34,7% degli uomini Classifica L'editore che ha pubblicato più libri nel 2019 è Mondadori 1165 , il secondo Newton Compton 589 , il terzo Franco Angeli 544 , il quarto Giappichelli 539 Tiratura La media per libro nel 1990 era 5848 copie, nel 2019 2110 copie Case editrici Nel 2019 ce n'erano 13.915 ma solo 4977 hanno pubblicato un libro nel corso dell'anno. 1152 hanno più di 201 libri in commercio Europa Il paese in cui si legge di più è la Francia, seguita da Norvegia e Regno Unito. L'Italia è al penultimo posto, prima la Grecia. Agente letterario Rappresenta l'autore, propone il suo libro all'editore e, se è bravo e fortunato, lo convince a comprarlo. Normalmente trattiene il 10% dei guadagni dell'autore. Alette Sono due e stanno dietro copertina e quarta di copertina. Non ci sono in tutti i libri. Servono ad ampliare lo spazio per dare informazioni sul testo e sull'autore, ed eventualmente anche come segna pagina. Brossura È un tipo di legatura a colla (fresata) o a filo di refe. La parola viene dal francese brochure. Nel linguaggio editoriale un libro in brossura indica un'edizione economica con la copertina in cartoncino. Cartella È l'unità di misura in base a cui si valutano manoscritti, traduzioni, revisioni e relativi compensi. Equivale a una pagina stampata, quindi tra le 1800 e le 2000 battute spazi inclusi. Costa (o Dorso) È la parte del libro che rimane visibile quando è infilato sullo scaffale di una libreria tra molti altri libri. Quasi sempre riporta nome dell'autore, titolo e logo dell'editore. Copertina II, III, IV di) Sulla copertina, normalmente illustrata, compaiono autore e titolo, a volte sottotitolo e genere: romanzo, saggio. Sul retro (quarta di copertina) ci sono informazioni più specifiche sulla trama o la tesi, sull'autore e spesso frasi per invitare a comprarlo. Distributore Porta i libri al libraio. Guadagna sia all'andata, cioè quando consegna, sia al ritorno, cioè quando riporta all'editore le copie invendute, dette anche «rese». Editor Sceglie i libri e lavora con l'autore al testo in vista della pubblicazione. Decide insieme al direttore editoriale la data di uscita. Tra le doti del bravo editor c'è la capacità di fare in modo che l'autore segua i suoi suggerimenti, credendo di averli pensati da solo. Fascetta È una striscia di carta spesso lucida e colorata che avvolge il libro senza coprire autore e titolo. Spesso riporta cifre di vendita esagerate o elogi altrettanto esagerati di scrittori più famosi nella speranza di convincere il cliente indeciso a tirare fuori il portafoglio e andare alla cassa. Ghostwriter Scrive i libri per chi non è o non si sente in grado di farlo. I suoi clienti normalmente sono famosi. Tra i suoi doveri c'è quello di non apparire. Hard cover Sono i libri con la copertina rigida, di solito di cartone. Quasi sempre hanno un prezzo più alto dei libri in brossura. Il termine può indicare, per estensione, le prime edizioni a cui, se il libro va bene, ne seguiranno altre economiche (o tascabili). Isbn International standard book number): È il codice a barre che sta sul retro di ogni libro in commercio, vicino al prezzo. Fu inventato alla fine degli anni Sessanta dal professore di statistica Gordon Foster, su commissione della più grande catena di librerie britannica, e subito adottata in tutto il mondo. Si compone di 13 cifre che rappresentano gruppo linguistico, editore e titolo. Rese Sono le copie che nessuno compra e che il libraio rimanda all'editore perché non è riuscito a venderle. La quota fisiologica delle rese rispetto alla tiratura è del 20%. Rilegatura È invisibile dietro il dorso. Può essere a filo di refe, a punto metallico (rara nei libri) oppure fresata, cioè a colla. Tiene insieme le segnature e, se ben fatta, impedisce che il libro si smembri. Risguardi La prima e l'ultima pagina dell'interno del libro. Di solito sono bianche. La prima può essere usata per le dediche. Ristampa La decidono gli editori quando il sell out è buono e i librai riordinano più copie di quelle rimaste a magazzino. Scout Il suo compito è trovare libri interessanti e proporli all'editore giusto perché siano tradotti. È un tramite tra l'autore e gli editori stranieri. La carta si divide in due grandi categorie: naturale e trattata. La carta naturale - o «usomano», perché è quella dei quaderni, cioè per scrivere a mano - è quella normalmente usata anche per gli interni dei libri in commercio. La qualità varia moltissimo a seconda della quantità di lignina e della lunghezza delle fibre, che dipendono dal tipo di albero da cui è estratta la cellulosa. Esistono anche carte naturali - le più preziose - ricavate da cellulosa pura, senza lignina. A dispetto del suo nome, la carta naturale viene sottoposta a collatura, sulla superficie viene cioè stesa una patina di colla per non far sbavare l'inchiostro. Le carte trattate possono essere: Il costo della carta La carta si vende a peso, che è espresso in grammi per metro quadrato. Il costo della carta però può variare moltissimo: si va dai 700 euro a tonnellata della carta più scarsa, quella «da giornale», che si utilizza per i volantini, un gradino più su di quella per fotocopie, ai 1500 euro di una carta preziosa. Il cosiddetto Ppb - Paper, printing and binding, quindi carta, stampa e rilegatura - incide per circa l'otto per cento sui costi totali di un libro. Naturalmente l'incidenza varia anche a seconda della quantità di copie stampate, del numero di pagine e delle dimensioni finali del libro, che però patinate marcate a feltro goffrate o vergate filigranate In editoria le carte trattate vengono in genere utilizzate per le copertine. Le carte patinate sono quelle delle riviste. La patina è ottenuta aggiungendo alla cellulosa una quantità di carbonato di calcio, cioè calcare in polvere, che si aggira intorno al trenta per cento. Ne consegue che questo tipo di carta pesa di più, ma a parità di peso costa meno, perché il calcio è meno caro della cellulosa. È quindi molto meno preziosa ed elegante degli altri tipi di carta trattata. Le carte marcate a feltro sono quelle che si ottengono stendendo i fogli ancora bagnati su tappeti di feltro in modo da riprodurne il disegno e le irregolarità. È un tipo di carta che viene spesso utilizzata in editoria perché al tatto da una sensazione di matericità e porosità che altre carte non danno. La carta goffrata o vergata viene fatta passare a secco dentro dei rulli che imprimono un disegno più regolare di quello lasciato dal feltro. La differenza tra vergato e goffrato dipende dal tipo di disegno. Anche questo tipo di carta è usato in editoria, soprattutto per le copertine. Infine la carta può essere vergata con la filigrana: è il caso delle banconote, ma anche di carte speciali di libri preziosi o di album da disegno che lasciano intravedere un motivo all'interno. A differenza delle carte marcate a feltro o goffrate, nel caso della filigrana il disegno è nell'impasto e non impresso a posteriori sulla carta. dipendono anche dal tipo di carta: se per esempio il testo è troppo corto perché il libro possa apparire un oggetto dignitoso, l'editore può decidere di renderlo più alto, aumentando la grammatura della carta - cioè lo spessore. Un altro procedimento consiste nel «gonfiare» la carta, aumentandone lo spessore a spese della densità: in questo caso si parla di «carta bouffant». È il caso di quei libri che pesano molto meno di quanto uno si aspetterebbe. La qualità della carta - insieme alla rilegatura, che può essere cucita a mano o incollata - rimane l'indicatore principale, anche se invisibile, della raffinatezza dell'edizione. La carta dei libri italiani I libri d'arte e i cosiddetti coffee table books, cioè i libri da arredamento, hanno spesso carte preziose, anche se le carte patinate possono ingannare. Uno degli editori italiani più attenti alla carta è Sellerio. I libri di Sellerio sono di formato ridotto proprio perché altrimenti alcune collane costerebbero troppo per avere prezzi competitivi. Quasi ogni collana è associata a un particolare tipo di carta prodotta dalle cartiere Miliani di Fabriano. Un'altra casa editrice che punta da sempre sulla carta è Adelphi. Non l'ha mai cambiata dal 1963, quando fu progettata. Le sovracoperte della Biblioteca Adelphi sono in una variante liscia, senza goffrature e rilievi, dell'Imitlin, una carta che di solito «imita» il tessuto, ma non in questo caso. Le copertine della Piccola Biblioteca - quei piccoli libri color pastello, i tascabili - sono in cartoncino Fedrigoni Nettuno. In generale, la presenza di una sovracoperta su edizioni in brossura - cioè senza copertina rigida - è un indicatore. Tra gli editori più piccoli, anche Iperborea ha le sovracoperte in Imitlin, mentre l'interno è in una carta finlandese particolarmente morbida scelta per rendere i libri più facili da aprire. Un altro piccolo editore attento alla carta è Quodlibet. Il gruppo Mondadori, il maggiore editore italiano, compra la carta per tutto il gruppo dalla Holmen paper, una grande cartiera svedese che produce anche legname. La carta dell'interno dei libri è una normale usomano di buona qualita, ma non ai livelli di Sellerio e Adelphi. Ci sono delle eccezioni per le collane più importanti. Gli interni dei libri Einaudi sono in normale carta uso-mano avoriata. Il colore avorio ha la funzione di diminuire la trasparenza delle pagine e, quindi, di migliorare la lettura. Le collane più importanti e costose, invece, sono definite anche dalla carta. Quanto inquina la carta Dal 1994 esiste un'organizzazione non profit internazionale chiamata Fsc - Forest stewardship council - riconosciuta da Wwf e Greenpeace, che ha il compito di certificare ogni partita di cellulosa per assicurarsi che la carta che se ne produce non abbia devastato foreste, e che gli alberi siano stati abbattuti secondo parametri ecologicamente sostenibili. L'Fsc può essere «100%» se legno o carta provengono da foreste certificate, «Riciclato» se sono prodotti da materiali di recupero o «Misto» quando si combinano i due metodi. Soltanto il 15 per cento del legno ricavato dagli alberi tagliati in tutto il mondo ogni anno viene utilizzato per la carta, contro il 75 per cento che va in edilizia, mobili e riscaldamento. Alcuni libri anche di grandi editori - se gli autori sono o vogliono sembrare attenti all'ambiente - sono di carta riciclata. Il problema è che per non essere inquinante la carta riciclata dovrebbe essere grigia, perché sbiancare carta vecchia inquina di più che produrne di nuova. Quando è bianca, l'inquinamento c'è stato lo stesso. L'odore della carta L'amore per l'odore della carta stampata è diventato il simbolo della nostalgia per un mondo che scompare. Nel 2012 Karl Lagerfeld e Wallpaper hanno lanciato Paper passion perfume, un profumo ispirato proprio a quello della carta, for booklovers. In realtà chiunque lavori nella produzione della carta e della stampa ti spiega che l'odore di un libro dipende da troppe variabili per poter essere controllato e riprodotto. «Che mi risulti» dice Chiara Medioli di Fedrigoni-Fabriano «nessun editore si è mai troppo occupato dell'odore dei suoi libri, che dipende dall'umidità, dall'età del libro, da dove è stato conservato, dal tipo d'inchiostro, dalla carta e da come tutti questi fattori interagiscono tra loro.» I mestieri del libro Le case editrici sono organizzazioni gerarchiche ad alta specializzazione. Nei grandi gruppi editoriali le figure elencate sono distinte, negli editori medi si accorpano e si riducono a 3 o 4 nella piccola editoria. Editore Chi ci mette i soldi. La traccia dell'esistenza di un padrone è spesso inscritta nel nome, e rimane anche quando la proprietà passa di mano. Amministratore delegato: è una figura amministrativa-menageriale le cui funzioni prescindono dall'oggetto di cui si occupa l'azienda che amministra. Insomma, non è indispensabile che sappia qualcosa di libri, anche se naturalmente aiuta. Direttore editoriale: il direttore editoriale o di collana - è la persona che ha ricevuto dall'editore il compito di decidere la linea della casa editrice, quali libri pubblicare e di curarne la pubblicazione. Più la casa editrice è piccola, più la sua funzione coincide con quella dell'editore. Non deve necessariamente occuparsi dei testi, anche se è consigliabile che lo faccia, ma ha la responsabilità del publishing, cioè di come un libro apparirà una volta stampato, e quindi l'insieme di titolo, copertina e paratesti, ovvero le alette e la quarta di copertina. Il suo compito è decidere il piano editoriale, cioè le varie uscite dell'anno, e farsi venire in mente libri da commissionare, oltre che selezionare e definire le proposte ricevute dagli autori. Editor È una figura chiave, perché rappresenta il collegamento tra l'editore e lo scrittore. Valuta i manoscritti e gli autori da contattare, ma soprattutto lavora con (Quasi) tutti i libri italiani sono in Garamond Quasi tutti i libri italiani sono in Garamond, anzi, per essere più precisi, in Simoncini Garamond, un carattere disegnato nel Cinquecento da un tipografo francese - Claude Garamond - e rimaneggiato nel 1958 da un tipografo bolognese - Francesco Simoncini. In caratteri Simoncini Garamond sono i libri Bompiani, Sellerio, Bur Biblioteca Universale Rizzoli, Feltrinelli, Salani, Longanesi, Guanda, il Saggiatore, Agente letterario Tutela o promuove gli interessi dello scrittore con la casa editrice che lo ha sotto contratto, quindi tratta anticipo e percentuali, gestisce i pagamenti. Tra i compiti dell'agente c'è consigliare l'autore sui suoi progetti e trattare la vendita dei diritti dei suoi libri all'estero, per il teatro o il cinema e, nel caso in cui non siano stati ceduti alla casa editrice, audiolibri e podcast. Ufficio diritti Quando una casa editrice acquisisce i diritti di un libro, tende a inserire nel contratto anche i diritti esteri e secondari (quindi per il cinema o il teatro). Se l'autore accetta di cederli in tutto o in parte - e se non ha un agente o è un esordiente è facile che lo faccia - è l'ufficio diritti a cercare di vendere il libro all'estero ed eventualmente a trattarne la vendita per film o riduzioni teatrali. Ufficio tecnico È l'intermediario con la materia bruta dei libri, quello che si occupa di stampa, carta e rilegatura, cioè dei rapporti con i fornitori che materialmente confezionano i libri. Compito dell'ufficio tecnico è anche trovare soluzioni, quanto più possibile economiche, per libri che richiedono l'impiego di lavorazioni, materiali o colori speciali. Come l'amministratore delegato, non è necessario che sappia qualcosa del contenuto dei libri o che ne abbia mai letto uno. A differenza dell'amministratore delegato è però indispensabile che sappia tutto dei libri in quanto oggetti. Scout E una figura di mediazione tra mercati in lingue diverse e quindi tra editori e agenti letterari di diversi paesi. Può essere editor, scrittore, traduttore, può lavorare da solo o in agenzia. L'importante è che lo scout sappia intercettare quello che di interessante si muove in un paese. Per riuscirci deve saper valutare la qualità di un libro, ma anche avere ben chiaro a quali editor o direttori editoriali potrebbe interessare. Digital manager È una figura a cavallo tra marketing, commerciale e ufficio stampa e spesso lavora insieme al social media manager (a volte sono la stessa persona), perché ha la responsabilità di ideare, proporre e condurre le campagne di lancio dei libri sulle piattaforme digitali, preparando videoclip, book trailer e cicli di presentazioni online. Social media manager È uno dei pochi lavori editoriali che i computer hanno creato, non cancellato. Lavora insieme all'ufficio stampa e al digital manager, ma concentra i suoi sforzi sui social network. Tra i suoi compiti c'è quello di costruire l'immagine della casa editrice e aumentare i follower, ma anche seguire il lancio dei singoli libri, condividendo post e mettendo like e cuori, spesso a ogni ora del giorno e della notte, festività comprese. nottetempo e Iperborea. Il carattere dei libri Einaudi, invece, si chiama Einaudi Garamond, perché fu commissionato da Giulio Einaudi nel 1956 a Francesco Simoncini, ma in realtà è un Simoncini Garamond con inconsueti e vezzosi accenti acuti su í e ú, anche se normalmente sono gravi. La narrativa italiana e straniera di Mondadori è in Palatino, che assomiglia al Garamond, alcuni lo chiamano il «Garamond tedesco», ma ha l'«occhio del carattere» - cioè il vuoto dentro le lettere - leggermente più grande, e le ascendenti e discendenti - cioè le stanghette delle be delle p - leggermente più corte. Il Simoncini Garamond, insomma, si è imposto come standard. L'unica eccezione rilevante sembra essere Adelphi, che ha scelto il Baskerville non soltanto nell'interno, ma anche sulle copertine. Il Baskerville, che fu disegnato nel 1757 da John Baskerville, poi stampatore della Cambridge University Press, è più moderno e più contrastato del Garamond. In Francia è stato utilizzato dalla collana Folio di Gallimard. Un altro carattere moderno importante per l'editoria italiana è il Pastonchi, fatto disegnare per la collana dei Classici Italiani da Mondadori negli anni Venti, nonostante la contrarietà di Arnoldo Mondadori. In inglese, «carattere» si dice type-face, mentre il termine «font» deriva dal francese medievale fonte, che significa «fuso» (l'etimologia è quella di fonderia). Il riferimento è alla macchina a caratteri mobili inventata da Johannes Gutenberg nel 1454 (o 1455 , che ricavava i caratteri, appunto, dalla fusione del metallo. La Storia dell'editoria scorre parallela a quella della stampa. Aldo Manuzio - che è considerato il primo editore moderno e di cui nel 2015 si sono celebrati i cinquecento anni dalla morte - non sarebbe diventato così famoso senza i caratteri disegnati per lui da Francesco Griffo, un altro tipografo bolognese, che all'inizio del Cinquecento inventò il corsivo, che in inglese si chiama italic proprio perché fu inventato in Italia. Ai caratteri di Griffo qualche decennio più tardi si ispirò Claude Garamond, un tipografo e incisore di caratteri francese che divenne famoso nel 1541 per avere disegnato il Grec du roi, il carattere usato per i libri in greco destinati al re di Francia Francesco I di Valois. Qualche anno dopo arrivò il carattere romano da cui sarebbero derivati tutti i Garamond successivi, che sono decine e costituiscono la specie dominante nella famiglia di caratteri cosiddetti «graziati». Furono inventati molto più tardi dei graziati, dall'Ottocento in poi, e vengono utilizzati soprattutto per le copertine dei libri, le pubblicità, i marchi e i testi su internet, quasi mai per testi lunghi stampati su carta. Il capostipite dei bastoni è il Grotesk del 1832, ma il più famoso - quello che segnò un cambio d'epoca - è il Futura, disegnato da Paul Renner nel 1927, e ispirato al movimento architettonico Bauhaus. Negli anni Cinquanta dalla Svizzera giunsero l'Univers 1956, Adrian Frutiger) basato sullo Standard medium dell'Akzidenz grotesk del 1896 e, soprattutto, l'Helvetica 1957, Max Miedinger). I graziati si dividono a loro volta in antichi e moderni: quelli antichi - come appunto il Garamond, il Bembo, il Palatino o il Sabon - sono caratterizzati da scarsa differenza nello spessore tra aste verticali e orizzontali, e dalla presenza di grazie concave, cioè grazie che si raccordano alle aste disegnando curve. Se oggi i «raccordi» delle grazie dei libri che leggiamo sono arrotondati, si deve al fatto che tutti i graziati derivano da un unico carattere - il lapidario romano - e che agli scalpellini che scolpivano le iscrizioni sui monumenti dell'antica Roma veniva molto più facile incidere curve piuttosto che angoli retti. Via via che l'arte della stampa si affinò, e il ricordo dell'incisione su pietra si affievolì, le differenze di spessore tra aste verticali e orizzontali aumentarono e le grazie si appiattirono fino a formare angoli retti con le aste. È la caratteristica dei caratteri cosiddetti «transizionali», come il Baskerville e i più recenti Times new roman o Georgia, che sono più nitidi e richiamano più dei graziati antichi l'idea dell'inchiostro e della tipografia. Nei graziati moderni le curve scompaiono del tutto e le grazie si uniscono alle aste in perpendicolare. Il primo dei graziati moderni è il Didot, disegnato da Firmin Didot nel 1780. Ma il più famoso è il Bodoni, dal cognome del tipografo di Parma (di nome faceva Giambattista) che lo creò a inizio Ottocento. Il Novecento è il secolo dei bastoni. I caratteri si liberano delle tracce del loro passato tipografico e diventano più funzionali. L'editoria, però, fa come se niente fosse e, senza scomporsi, si mantiene fedele alla propria origine. Negli stessi anni in cui Giulio Einaudi chiamava Bruno Munari a ridisegnare la grafica della casa editrice in senso funzionalista, commissionava anche alla Simoncini di Bologna il suo Garamond, in modo da radicalizzare l'aspetto tipografico degli interni dei libri. L'altro grande evento del Novecento fu la fotocomposizione, che arrivò negli anni Ottanta. I testi non dovevano più essere composti, bastava fotografarli: i caratteri mobili non avevano più senso di esistere. La stampa perse progressivamente il contatto con la fabbrica, l'inchiostro e la fatica fisica. Pochi anni dopo avvenne un'altra rivoluzione, la terza: con la tecnologia PostScript dei personal computer non c'era nemmeno più bisogno della fotografia, tutto diventava immateriale, digitale, elettronico. Microsoft cercò di comprare il carattere Helvetica, ma la Haas, la società svizzera proprietaria del carattere, non prese nemmeno in considerazione l'offerta. Così Microsoft commissionò un carattere equivalente: l'Arial nacque così. Oggi l'Helvetica è il carattere del sistema operativo del Mac. Nel 1972 al Reed college Steve Jobs si iscrisse a un corso di lettering tenuto da un monaco trappista di nome Robert Palladino. Imparò la differenza tra caratteri graziati e brochure che descrive le uscite su base trimestrale e che viene stampata 4 mesi prima che i libri arrivano in libreria. I tempi sono: Storia delle copertine In principio - un principio durato almeno tre secoli - i libri erano nudi, senza copertina. Venivano acquistati in fascicoli già ripiegati e composti, e rilegati in seguito da chi li comprava a seconda di disponibilità, gusti e rilegature già presenti nella sua libreria privata. Editoria e legatoria erano due attività distinte. L'oggetto che oggi definiamo libro è il risultato di trasformazioni della tecnologia e della società, sempre intrecciate tra loro. L'attuale prevalenza dell'immagine è il risultato di un processo secolare che dal contenuto si è spostato alla forma. L'invenzione delle copertine è il frutto dell'editoria industriale: quando il pubblico si allargò, i libri cominciarono a essere stampati in migliaia di copie e nacque l'esigenza di differenziarli e di attirare lo sguardo del pubblico. Le cose incominciarono a cambiare nel Settecento, quando nelle grandi città si formò un pubblico di lettori più vasto di quello delle corti - la famosa borghesia -, le tecniche di stampa migliorarono, le tirature salirono e nacquero le prime librerie con i libri a vista. L'aumento di tirature e vendite implicò anche lo sviluppo della distribuzione, il che significò altre mani e spostamenti, quindi altri rischi di deteriorare la mer-ce. «Nessuno inventò le copertine. Fu un processo graduale, fatto di piccoli miglioramenti e soluzioni provvisorie che si stabilizzarono lentamente, nel corso di un secolo. All'inizio la soluzione fu proteggere ogni volume avvolgendolo in brossure di carta e cartoncini leggeri azzurrini, giallini, rosini - poi uno si chiede da dove siano saltati fuori i pallidi pastelli della Piccola Biblioteca Adelphi - su cui via via iniziarono a comparire fregi e cornici oltre al titolo e al nome dell'autore e dello stampatore; dopo un po' si passò alle custodie aperte in cartoncino su uno o due lati. Ma si trattava di una soluzione costosa e poco pratica, adatta per libri di un certo spessore, non per quelli più esili per foliazione e popolari per contenuto. Così qualcuno pensò di impacchettarli, come si fa oggi a Natale con i regali, sigillandoli con la ceralacca. Gli involucri venivano buttati appena scartato il libro, e per questo ne sono rimasti ben pochi. Più che delle copertine, però, questi involucri di carta usa e getta possono essere considerati i progenitori delle sovracopertine che infatti incominciarono a diffondersi a partire dagli anni Trenta dell'Ottocento. La ragione fu commerciale e tecnologica: intorno al 1825 il libraio ed editore inglese William Pickering chiese al suo rilegatore di trovare un modo per rivestire cartoni e cartoncini di tessuti leggeri, come il cotone o la Gennaio: prime riunioni sulle uscite dell'anno successivo; Maggio-luglio: "valorizzazione" del reparto marketing; Inizio settembre: presentazione del piano alla rete di vendita; Settembre-dicembre: presentazione ai librai e prenotazioni. In conclusione, i libri sul banco delle novità sono almeno vecchi di almeno un anno. seta. L'innovazione consenti di produrre industrialmente copertine rigide meno preziose e care di quelle in cuoio, e per questo pronte per essere ricoperte. Se intorno alla metà dell'Ottocento la funzione protettiva delle copertine in cartoncino rivestito, della carta da libri e delle sovracopertine era già chiara, non fu così per la loro funzione pubblica e pubblicitaria. L'idea che attraverso l'immagine si potesse attirare l'attenzione non era ancora condivisa. Inoltre, non tutti sapevano neppure che le copertine potessero essere usate per dare informazioni sul contenuto. Le innovazioni della stampa consentirono all'editoria di assorbire la rilegatoria artigianale, che cercò di sopravvivere imboccando due strade opposte: da una parte si rifugiò nel privato dall'altra tentò di farsi arte, producendo copertine che mettevano in secondo piano il testo. I libri più preziosi - o quelli che pretendevano di esserlo - cominciarono a essere venduti già rilegati con decorazioni floreali geometriche e colorate e il titolo e i fregi impressi sul cuoio. Nella seconda metà dell'Ottocento gli editori scoprirono per mille strade che lo spazio vuoto intorno al libro, l'involucro che custodiva e proteggeva il testo, poteva essere utilizzato per presentare il contenuto e attrarre clienti. Ci si concentrò su titoli e frasi a effetto, e ci si rivolse a pittori e illustratori. Le prime copertine moderne sono considerate quelle di The Yellow Book, un trimestrale inglese uscito nel 1894, che ingaggiò artisti famosi come Aubrey Beardsley, che due anni più tardi avrebbe illustrato Salomè di Oscar Wilde. Un altro caso di collaborazione tra pittura e letteratura è la satira antitedesca Babylone d'Allemagne di Victor Joze, pubblicata in Francia nel 1899, la cui copertina è un disegno di Henri de Toulouse-Lautrec. Fu invece Joseph Dent - che curiosamente era un rilegatore diventato editore - ad avere tra i primi l'idea di usare estesamente i testi in copertina. Il primo timido esempio italiano di copertina risale al 1870 la brossura azzurra di Storia di una capinera di Giovanni Verga. L'invenzione delle copertine fu determinata, cioè, da un doppio movimento tecnologico e sociale: il formarsi di un pubblico di lettori di massa obbligò gli editori a inventarsi tecniche sempre più economiche e potenti per stampare, e l'aumento dei libri a prezzi contenuti contribui a formare quel pubblico. Un banco di prova fondamentale per le copertine, infatti, furono i primi tascabili, libri a basso prezzo e alte tirature stampati su carta economica. Nel complesso quello a cui si assistette nel corso dell'Ottocento è un assedio ai testi da parte delle immagini. Dopo secoli di dominio della tipografia in bianco e nero, le esigenze del mercato e i miglioramenti delle macchine di stampa tornavano a legare le parole alle figure, un po' come accadeva prima dell'invenzione dei caratteri mobili con i manoscritti medievali. L'Ottocento fu un gigantesco esperimento grafico durato un secolo in cui si mise a punto tutto quello che sarebbe accaduto in seguito. L'accelerazione decisiva, infatti, arrivò dopo la Prima guerra mondiale, quando il futurismo italiano e il costruttivismo sovietico utilizzarono i libri come mezzi espressivi, non solo attraverso la grafica, ma anche ideando libri con copertine di latta o carta vetrata. L'oggetto-libro, insomma, iniziò a essere concepito in sé, indipendentemente dal testo. Dagli anni '20 l'editoria chiamò in soccorso l'immagine: artisti, grafici, illustratori. La funzione delle copertine cambiava e si precisava. Non si trattava più di proteggere e rendere più bello un libro, ma di usare l'immagine per indirizzarlo verso il pubblico pensato dall'editore, a costo di comprimere il testo in un genere, appiccicandoci sopra figure e grafiche che si presumevano più familiari al lettore cercato, al lettore immaginato. Lo stesso libro venne rivestito di copertine diverse a seconda dei paesi di pubblicazione, e impacchettato da capo seguendo il gusto dei tempi. L'originaria funzione protettiva della copertina arretrò per lasciare posto a quella della catalogazione e dell'etichettatura, cioè del marketing in quanto individuazione di un target. Ma inventare il libro avvolgendolo in un'immagine e grafica unica comporta grandi rischi: perché sbagliare copertina significa non raggiungere il lettore, e mancare la forma significa, di fatto, buttare via il contenuto. Una certa editoria reagi spostando il peso dell'immagine dal libro singolo all'editore, cioè dal titolo alla collana. Dall'illustrazione l'elemento unificante diventò la grafica, il forma-to, la carta. Ancora una volta, però - come già era avvenuto nel secolo precedente - l'impulso più forte venne dall'editoria popolare, che da subito, per contenere i costi ed essere immediatamente riconoscibile, punto sulla riproducibilità di pochi elementi grafici fissi. In realtà il termine «collana» suggerisce che la cosa preziosa sia la serie, non il libro in sé. Per questo l'editoria si legò alla grafica. A partire dagli anni Sessanta furono grafici a ridisegnare letteralmente la filiera italiana. Bruno Munari - che aveva esordito a 22 anni con il futurismo, disegnando il libro per ragazzi Aquilotto implume - riprogettò tutte le collane più famose di Einaudi; Albe Steiner fece lo stesso con la narrativa di Feltrinelli e a John Alcorn Rizzoli affido la collana La Scala. La funzione che svolgono, però, è la stessa delle copertine singole: cercano di intercettare e fidelizzare un pubblico immaginario, e alcune in qualche caso, riescono perfino a crearlo. Oggi tutti questi modelli convivono. La prevalenza del digitale impone una semplificazione e obbliga a definire il fuoco dell'attenzione in modo che le copertine siano visibili anche piccole, sul telefonino. Perché i libri gialli, rosa, noir si chiamano così Soltanto in Italia i libri gialli indicano il genere poliziesco. La ragione si deve a un pezzo di storia editoriale italiana: nel 1929 la casa editrice Arnoldo Mondadori pubblicò una collana di polizieschi tutti con la copertina gialla. Si chiamava I libri gialli ed ebbe un enorme successo, tanto da prestare il suo nome al genere, rappresentato dalla saga di Sherlock Holmes di Sir Arthur Conan Doyle e dai tantissimi racconti di Agatha Christie, con i celebri Miss Marple ed Hercule Poirot. Uno dei sottogeneri più prolifici del giallo è l'hard boiled, che in inglese indica la cottura dell'uovo sodo ed è sinonimo di duro, tosto: ha per protagonista un detective scontroso, anticonformista, spesso con problemi di alcol e donne e al limite della legge, ma allo stesso tempo di libri e la quantità della carta incidevano sui costi di produzione e, quindi, sul prezzo al pubblico, più di quanto non facciano oggi. L'altra collana fondamentale nella storia italiana dei tascabili è quella degli Oscar Mondadori, lanciata nel 1965 con Addio alle armi di Ernest Hemingway. Gli Oscar furono i primi a essere venduti in tutte le edicole e ad avere un direttore responsabile, come un periodico. «La grande intuizione di Mondadori» dice Ferretti «fu pubblicare soltanto romanzi, mentre le collane economiche fino ad allora avevano cercato di coprire tutte le discipline. Inoltre negli Oscar non c'erano solo classici, ma anche romanzi italiani contemporanei di qualità. Negli anni Sessanta in Italia ci fu un piccolo boom dei romanzi di qualità, perché probabilmente si era formato un pubblico più esigente e più attento alle novità.» A che punto siamo arrivati Divenne fondamentale il «publishing»: scegliere come presentare il libro, che tipo di oggetto produrre per raggiungere il pubblico desiderato. I libri iniziarono ad assomigliare a scatole. I confini, in qualche modo, saltarono, si confusero. La divisione tra libri per ricchie libri per poveri non reggeva più, e questo generò effetti sor- prendenti, rimescolando l'offerta: furono lanciate ed ebbero successo collane in formato tascabile, ma raffinatissime, che si rivolgevano a lettori colti o desiderosi di sembrarlo, ma a prezzi contenuti, come la Piccola Biblioteca Adelphi, nel 1973, o La memoria di Sellerio, nel 1979. E come ai tempi di Manuzio, i libri piccoli tornarono a essere gioielli, oggetti identitari in grado di definire chi li acquistava. Il concetto di tascabile - seconde edizioni di piccolo formato e basso prezzo rivolte a un pubblico popolare - non tiene più. Rimane vivissima, invece, la funzione delle edizioni economiche. Normalmente una prima edizione rimane sui banchi delle novità delle librerie qualche settimana, un paio di mesi se è un gran successo. Soltanto una piccola parte delle novità verrà ripubblicata in seconda edizione economica. La ripubblicazione in economica è la possibilità per trasformare un successo in un «long seller»La scelta del formato e la politica sul prezzo sono diventate variabili che definiscono la collana e la casa editrice e il tipo di libro che pubblica. Per un editore, oggi, è più conveniente rifare un libro in edizione tascabile, piuttosto che altre ristampe dell'edizione originale. Fino a dieci anni fa una seconda edizione non poteva assolutamente uscire prima di due anni, un anno e mezzo nei casi eccezionali. Negli ultimi cinque anni, questa regola non vale più. Oggi una novità può uscire in edizione economica anche nove mesi dopo la pubblicazione della prima, perché è l'unico modo di farla tornare sui banchi delle librerie. Aldo Manuzio, che ha inventato i libri piccoli Aldo Manuzio 1449 1515 rivoluzionò la storia dell'editoria italiana intuendo per primo i bisogni della nascente borghesia, che aveva tempo per leggere e voleva farlo - contrariamente agli studiosi - per rilassarsi e divertirsi. Per questa classe sociale inventò i libri piccoli, le cosiddette «aldine», facili da trasportare, tenere in mano e sfogliare anche a letto, e li rese anche oggetti belli e preziosi. Era nato a Bassiano, nel Lazio, fece studi umanistici, diventò maestro e nel 1490 si trasferì a Venezia, città al centro dei commerci e della cultura di allora, dove vivevano 150mila persone. Tra queste c'erano anche cinquemila eruditi di lingua greca, scappati dopo la caduta di Costantinopoli nel 1453 l'idea di Manuzio era stampare libri per loro, belli e curati come non se n'erano mai visti. Nel 1494 apri una stamperia e l'anno dopo pubblicò il primo libro, una grammatica greca. Si accorse presto, però, che questo mercato non ingranava e nel 1499 lo abbandonò. Nel 1496 pubblicò De Aetna di Pietro Bembo, che passò alla storia perché scritto in un carattere nuovo e chiarissimo, commissionato all'incisore bolognese Francesco Griffo: nel Seicento, ispirò il Garamond, usato in quasi tutti i libri italiani di oggi. Manuzio introdusse anche le virgole a uncino, i punti e virgola, gli apostrofi e gli accenti. Nel 1500 nelle Epistole di Santa Caterina da Siena sperimentò il corsivo per migliorare la leggibilità e risparmiare carta, perché ne occupa meno. Ma il suo colpo di genio fu rimpicciolire i libri con un'invenzione tecnica che consisteva nello stampare in ottavo, cioè dividendo ogni foglio in otto fogli più piccoli. L'innovazione permetteva di risparmiare tantissima carta e fece nascere un nuovo tipo di lettura, intima ed estemporanea. Il primo libro piccolo fu l'Eneide di Virgilio, nel 1501, stampato interamente in corsivo; seguirono i latini, come Cicerone, Ovidio e Catullo, e gli italiani: Cose volgari di Francesco Petrarca e le Terze rime di Dante Alighieri. I best seller, come Catullo, potevano avere tirature di oltre tremila copie. L'ottavo ancora oggi è il formato di quasi tutti i libri, anche quelli in edizione non economica. Da dove vengono i loghi delle case editrici italiane CORBACCIO Fondata da Enrico Dall'Oglio nel 1923, deve il suo nome all'opera omonima di Boccaccio: l'etimologia di «corbaccio» non è certa, ma secondo un'ipotesi significa corvo, e da qui il logo della casa editrice. Negli ultimi anni il disegno è cambiato: prima il corvo era più simile a un fumetto e teneva con il becco un libro, oggi è stilizzato e ritratto in volo. MONDADORI Fu fondata nel 1919 con una produzione editoriale molto sfaccettata. I primi tentativi di creare una identità visiva risalgono agli anni Trenta con la collana dei Classici italiani. A.M. sono state usate spesso come logo, ma il marchio attuale è stato realizzato nel 1969 da Bob Noorda. BOMPIANI Il logo originario fu scelto dal fondatore, Valentino Bompiani: era una lettera B disegnata sulle pagine di un libro aperto. Il logo è stato rivisitato di recente: la B è rimasta ma le pagine del libro sono diventate i petali di un fiore di loto, simbolo di saggezza e conoscenza. MINIMUM FAX Nacque a Roma nel 1993 inizialmente come rivista dedicata alla scrittura e diffusa via fax, poi è diventata una casa editrice di culto, che pubblica autori americani e italiani emergenti. Per questo il logo, disegnato da Patrizio Marini, ospita dentro la m un pennino. GUANDA Il logo della casa editrice fondata nel 1932 da Ugo Guanda è una fenice. «Fenice» è anche il nome della collana di poesia che Guanda aprì nel 1939 e che, diretta da Attilio Bertolucci, pubblicò per la prima volta in Italia Federico García Lorca. Il simbolo della collana, un uccellino disegnato nel 1939 dal pittore Carlo Mattioli e ispirato a un mosaico sulla tomba di D.H. Lawrence a Vence, col tempo è diventato il logo di tutti i libri della casa editrice. ADELPHI Il logo di Adelphi è l'antico pittogramma cinese della «luna nuova», simbolo di morte e rinascita. Il motivo dipende dalle circostanze che portarono alla sua fondazione: nel 1961 Luciano Foà lasciò Einaudi, di cui era segretario editoriale, perché la casa editrice torinese aveva rifiutato di pubblicare l'opera completa di Nietzsche. L'anno seguente Foà fondò a Milano una nuova casa editrice, che pubblicò tutto il catalogo di Nietzsche. Insieme a Foà c'erano anche Giorgio Colli, Alberto Zevi e Roberto Olivetti. EINAUDI Il simbolo è lo struzzo, accompagnato dal motto «Spiritus durissima coquit», che significa «lo spirito digerisce le cose più dure». Era il logo della rivista fiorentina La Cultura, rilevata da Giulio Einaudi. Nel 1935 la rivista fu chiusa dal regime fascista ma il logo fu ereditato dalla casa editrice, fondata da Einaudi due anni prima, e titolata a suo nome. La collana Einaudi Tascabili ha come logo uno struzzo che corre, senza il motto: un disegno che Picasso regalò a Giulio Einaudi quando, nel 1951, gli fece visita nella sua residenza a Antibes, in Francia. IL SAGGIATORE Nel 1958 Alberto Mondadori, figlio di Arnoldo, lasciò la casa editrice del padre per fondare il Saggiatore, dedicata alla saggistica. Il simbolo è il Sagittario, protettore di esploratori, filosofi e insegnanti: da qui l'arco a forma di S e la freccia che compongono il logo. Di recente è stato ridisegnato dal grafico Fabrizio Confalonieri: il cerchio che contiene la S è stato trasformato in una forma meno perfetta, che Confalonieri definisce «una pietra sapienziale». E/O Le Edizioni E/O, diventate recentemente famose in tutto il mondo grazie ai libri di Elena Ferrante, sono nate a Roma nel 1979. La sigla significa Est/ Ovest, a indicare l'intento di portare in Italia autori dei paesi dell'Est, fino a quel momento sconosciuti. Per questo il simbolo della casa editrice è la cicogna, un uccello migratore. IPERBOREA Fu fondata nel 1987 a Milano da Emilia Lodigiani, che scelse come simbolo la runa (un carattere dell'alfabeto usato nei paesi scandinavi fino all'inizio del medioevo) degli antenati, a simboleggiare un sapere che viene da lontano. Iperborea, non a caso, è specializzata nella letteratura dei paesi del Nord Europa. All'inizio del 2015 l'immagine grafica della casa editrice è stata sottoposta a un restyling: la runa del logo originario è stata modificata e ora assomiglia al pennino di una penna stilografica. Vita da editor Per un editor non c'é alcun riconoscimento e il suo nome non è nemmeno stampato in qualche pagina del testo. Di un buon editor non si riconosce la mano, perché ogni libro ti chiede un lavoro diverso. L'editor deve edere neutrale e trasparente, è l'autore che deve parlare. Tra la prima stesura e la stampa l'editor rilegge più volte il libro. La figura dell'editor è di per se ibrida e di confine, con mansioni che non si limitano al lavoro sul testo ma comprendono anche il lavoro di scouting, cioé la ricerca e la selezione di libri e autori da pubblicare. Gli editor sono aiutati nella prima scrematura del lavoro dai cosiddetti lettori: sono meno di dieci, ogni settimana si presentano fisicamente in casa editrice, ricevono i libri da leggere, solitamente più di uno a testa, di cui dovranno redigere una scheda con il riassunto della trama e un giudizio. A quel punto inizia il lavoro dell'editor, che fattosi una prima idea del testo deve decidere se pubblicarlo o meno, una decisione che in redazione viene presa con un fitto scambio di opinioni e punti di vista. E quindi ci vuole un sesto senso per fare l'editor, non basta soppesare il valore letterario del testo e le sue potenzialità commerciali: bisogna intuire sotto pelle dove sta andando il nostro mondo, di cosa parleranno e di cosa vorranno parlare le persone. I più importanti editor italiani I più noti naturalmente sono uomini e scrittori: Elio Vittorini fece conoscere la letteratura americana in Italia durante il fascismo e lavorò per Mondadori, Bompiani ed Einaudi, per cui ideò la collana I gettoni; Cesare Pavese sostituì alla narrativa Einaudi Leone Ginzburg, mandato al confino; Italo Calvino, da ufficio stampa, diresse la collana Centopagine; Attilio Bertolucci diresse la collana di poesia di Guanda la Fenice e fu consulente per Garzanti. Poi ci sono i direttori o funzionari editoriali: Vittorio Sereni, poeta, guidò la narrativa Mondadori; Luigi Rusca inventò la Bur di Rizzoli; il critico Giacomo De Benedetti le Silerchie del Saggiatore; Sergio Pautasso, da direttore editoriale Rizzoli, creò con Paolo Villaggio i best seller di Fantozzi; per vent'anni Niccolò Gallo e Walter Pedullà seguirono Horcynus Orca di Stefano D'Arrigo, uno del romanzi più lunghi della storia, anche per gestazione; Ferruccio Parazzoli guidò gli Oscar; Stefano Magagnoli scopri e curò molti libri per Mondadori e Rizzoli; Severino Cesari allevò una generazione di scrittori; Antonio Franchini, oggi a Giunti, inventò il titolo della Solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano e scoprì Gomorra di Roberto Saviano, con Helena Janeczek e Edoardo Brugnatelli; Alberto Rollo, oggi a Mondadori, diresse per vent'anni la narrativa di Feltrinelli. Nonostante questa prevalenza maschile, in Italia la storia parallela dell'editing è stata fatta dalle donne. Dopo il suicidio di Pavese, a guidare la narrativa Einaudi fu Natalia Ginzburg; Laura Grimaldi diresse i Gialli Mondadori dopo Alberto Tedeschi; senza Elvira Sellerio forse non ci sarebbero stati Leonardo Sciascia, Gesualdo Bufalino e Andrea Camilleri (che poi lavorò con Valentina Alferj, oggi agente come un'altra editor, Rosaria Carpinelli); e senza Emilia Lodigiani non conosceremmo la letteratura scandinava. Anche oggi la cura dei testi italiani è in mano alle donne in quasi tutte le case editrici. La editor forse più pura di tutti, però, è stata Grazia Cherchi. Chi sono i big five dell'editoria in lingua inglese Chi sono i ghostwriter I ghostwriter sono una categoria professionale invisibile per mandato. La percentuale di libri di persone famose non scritti da chi li firma si avvicina al 100%. È una regola PENGUIN RANDOM HOUSE È il più grande gruppo di editoria trade al mondo e ha oltre duecento imprint, cioè marchi editoriali, e pubblica più di 15mila libri ogni anno. E nato nel 2013 dalla fusione dei gruppi editoriali Random House e Penguin Group. Il successo di Random House, fondata a New York nel 1925, iniziò nel 1934 con la prima edizione legale dell'Ulisse di James Joyce. Penguin fu fondata nel 1935 a Londra e fu tra le prime a pubblicare romanzi di alta qualità in edizione tascabile. Funzionò anche per la scelta di renderli graficamente riconoscibili, con le copertine suddivise in tre fasce orizzontali di diverso colore a seconda della collana. SIMON & SCHUSTER Fondato a New York nel 1924 come editore di libri di cruciverba, nel 1939 divenne la prima azienda americana a stampare libri tascabili, i pocket books, ed è la più grande casa editrice americana. Nel 1994 venne acquisita da ViacomCbs, una delle più importanti società di mass media al mondo. Dal 2019 controlla 35 marchi editoriali diversi, tra cui Scribner, che pubblica Don DeLillo e Stephen King. HACHETTE È un gruppo editoriale francese fondato nel 1826; ora fa parte della multinazionale Lagardère. Possiede le case editrici Grasset, che pubblicò Proust, e Le Livre de Poche, la prima a stampare tascabili in Francia, nel 1952. Controlla molti marchi e gruppi editoriali del mercato anglosassone, come Little, Brown Book group, che controlla a sua volta l'editore Virago, dedicato alla letteratura scritta da donne, John Murray, editore di molti classici britannici, e l'americano Grand Central, casa di molti best seller. HARPERCOLLINS Fa parte della News corp di Rupert Murdoch ed è l'unico gruppo editoriale dei Big five che pubblica libri anche in Italia, dal 2015. Nacque nel 1990 dalla fusione della casa editrice americana Harper & Row e della scozzese William Collins & sons (la prima a pubblicare i gialli di Agatha Christie), acquisite entrambe da News corp negli anni Ottanta. Pubblica in 17 paesi e gestisce più di 120 imprint. MACMILLAN Fondata a Londra nel 1843, nel 1869 apri una succursale a New York e dal 1999 appartiene al grande gruppo editoriale tedesco Holtzbrinck. È stato l'editore, tra gli altri, di Thomas Hardy, Rudyard Kipling e W.B. Yeats. Controlla 293 imprint e dal 1869 pubblica anche la rivista scientifica Nature. quasi assoluta per le autobiografie, per i politici che spesso hanno già chi scrive per loro e per i giornalisti. Ogni casa editrice italiana ricorre ai ghostwriter perché garantiscono libri di qualità media ma accettabile. Quando il ghostwriter esce dall'anonimato, i confini del mestiere sfumano, ma anticipi e royalty crescono. Rivelare il nome del ghostwriter ne indebolisce il valore. Per questo in genere gli editori preferiscono che non compaia. Con la parziale e possibile eccezione di alcune saghe fantasy o romanzi di genere, il ghostwriter è una questione di autobiografie di gente famosa (imprenditori compresi). Per scrivere l'autobiografia di un'altra persona occorre capire come il cliente vede se stesso e vuole apparire. Per questo il rapporto personale è importante. Leggere le classifiche dei libri Le classifiche dei libri sono una tradizione giornalistica del fine settimana e si riferiscono alle vendite della settimana che si è conclusa il fine settimana precedente. Il sabato escono quella dell'inserto Tuttolibri della Stampa, basata sui dati dell'istituto di analisi di mercato Nielsen, e quella di Robinson, l'inserto culturale di la Repubblica, elaborata, come quella della Lettura del Corriere della Sera, che esce di domenica, da Gfk. La scelta dei giorni d'uscita - probabilmente importata dalla tradizione anglosassone e in particolare dai best seller del New York Times - si deve alla convinzione che durante il fine settimana i lettori abbiano più tempo per leggere i giornali e più attenzione per la cultura e, appunto, per i libri. A causa dei particolari meccanismi della distribuzione e della vendita dei libri, è quasi impossibile sapere day-vero quante persone abbiano comprato un libro, se non a distanza di mesi o anni. Chi fa le classifiche dei libri? Gfk e Nielsen. Il calcolo Le classifiche si basano su proiezioni di un campione statistico rilevante, e non su un numero effettivo di copie vendute. Nielsen e Gfk ricevono i dati da un campione rappresentativo (ma fino a un certo punto) di circa novecento punti vendita (su circa tremila), e attraverso un algoritmo proiettano il risultato sul totale del mercato. Il percorso dei dati comincia nel momento in cui la cassa della libreria campione emette lo scontrino e la vendita di quel libro viene registrata, confrontata con il database di Alice, che contiene tutti i libri in commercio, e trasmessa ad Arianna, il servizio che elabora i dati per gli operatori. Sia Alice che Arianna appartengono a Informazioni editoriali, una società di Messaggerie italiane. Cosa viene contato nelle classifiche? fenomeno che sta prendendo piede (quando la lingua originale è l'inglese) è quello di non tradurre i titoli. Perché certi libri stranieri si fanno aspettare Il processo di traduzione di un libro in italiano non può cominciare prima che la casa editrice straniera abbia messo a punto la versione traducibile del testo, cioè quella definitiva, che l'autore ha finito di scrivere e riscrivere dopo i necessari scambi con i propri editor principali. La versione traducibile di un libro può arrivare alla casa editrice italiana solo quando l'edizione originale arriva nelle librerie. Il tempo che ci vuole per tradurre un libro dipende innanzitutto dalla lunghezza e dal tipo di libro. Certi romanzi letterari sperimentali, o pieni di invenzioni linguistiche o slang, richiedono più tempo. Lo stesso vale per i saggi che contengono termini tecnici o per i libri d'inchiesta, che devono essere sottoposti alla lettura di fact-checker e avvocati per tutelare le case editrici da eventuali cause legali. Poi bisogna tenere in considerazione la disponibilità dei traduttori: per alcuni libri un traduttore vale l'altro, ma nel caso di romanzi letterari di autori importanti le case editrici cerCano di rivolgersi a chi ne ha già tradotto le opere in passato. Come tutte le aziende, le case editrici hanno delle strategie commerciali. Per vendere più libri devono programmare bene quando farli uscire. Ne vengono pubblicati tantissimi e per questo sugli scaffali delle librerie c'è molto ricambio: quelli che secondo gli editori possono avere più successo vengono fatti uscire nei periodi dell'anno in cui si comprano più libri, come nei mesi che precedono il Natale. Anche a giugno e luglio escono libri attesi, perché in vacanza tendenzialmente si legge di più. Nei primi mesi dell'anno e a settembre invece arrivano spesso i libri degli esordienti, che in un periodo di grande competitività come quello pre-natalizio troverebbero poco spazio, non solo nelle librerie ma anche sulle pagine culturali dei giornali. I calendari editoriali sono leggermente diversi da paese a paese e questa è un'altra ragione per cui spesso non conviene far uscire certi libri in contemporanea. In Italia comunque i libri stranieri escono piuttosto velocemente rispetto agli altri paesi. In generale, con la saggistica e i libri che in un modo o nell'altro hanno un legame con l'attualità capita più spesso che le uscite siano ravvicinate o addirittura contemporanee. Da un lato perché i libri giornalistici sono tendenzialmente più semplici da tradurre della narrativa, ma soprattutto perché invecchiano più velocemente. Infine ci sono libri la cui pubblicazione in italiano arriva molto in fretta semplicemente perché l'editore sa che ne venderà molte copie e potrà dunque migliorare moltissimo il bilancio annuale con un piccolo sforzo. In quei casi vengono coinvolti più traduttori diversi, li si paga più del solito o vengono organizzate varie revisioni contemporanee: ma si fa solo se ne vale davvero la pena. La fabbrica dei libri La storia della stampa è fatta di innovazioni e aggiustamenti: all'inizio del Settecento la pressa di legno di Gutenberg, che durava da un paio di secoli, fu sostituita dalla lastra di metallo, poi giunsero il foglio «continuo», che aumentava la velocità, ma richiedeva di essere tagliato, la pressa-piano cilindrica e la macchina a quattro cilindri, la rotativa e la stampa a quattro colori, la linotype e la monotype, e infine, nel 1875, arriva il procedimento offset che, dopo vari perfezionamenti decisivi nel 1904, 1960 e successivi, è oggi utilizzato per stampare il 99 per cento dei libri. COME FUNZIONA LA STAMPA OFFSET I libri sono assemblaggi di parti distinte. Quando i testi - tutti, anche quelli delle alette o della quarta -, l'impaginato e la copertina sono definitivi, l'editore invia tramite l'ufficio tecnico tutti i file separati allo stampatore. Sono pdf, file Indesign, immagini ritoccate dal fotolitista, oltre al preventivo tecnico industriale che stabilisce i costi e le caratteristiche materiali del libro: carta interna, cartoncino o cartone della copertina e tipo di rilegatura, numero di pagine e copie oltre, ovviamente, alla data di consegna. In alcuni casi è lo stampatore a comprare la carta, in altri la riceve dall'editore. Quando tutto è stato ricevuto comincia la fase di prestampa. Si usa la tecnologia Ctp, Computer to plate, cioè è il computer a dare il comando per incidere le lastre, che sono di metallo ma ricoperte da un polimero gommoso. Su questo strato viene inciso il cosiddetto grafismo, cioè i segni da stampare. L'offset è un procedimento di stampa indiretta perché la lastra non entra mai in contatto con la carta. I fogli sono di formati variabili: i più diffusi per i libri sono 70 100 cm, 51 93, 64 88. La scelta dipende, oltre che dalla macchina a disposizione, dal formato del libro, per utilizzare la minor quantità di carta possibile perché su un foglio ci stiano più pagine (da un minimo di 8 a un massimo di 64 . La macchina di stampa è composta di tre rulli uno sull'altro. Tra il primo e il secondo viene fatta passare la lastra che si bagna di acqua e di inchiostro. Siccome le zone impresse, cioè i grafismi, sono idrorepellenti, trattengono soltanto l'inchiostro, mentre l'acqua circostante rende i segni più nitidi. La lastra si riavvolge intorno al secondo rullo che, essendo di caucciù, si imprime dei segni di inchiostro da stampare. Il rullo di caucciù gira, trasferendo la stampa sui fogli, infilati tra secondo e terzo rullo. Per la stampa in bianco e nero - cioè normalmente per il corpo del libro - è sufficiente una sola lastra. Per le pagine a colori - quindi la copertina, se non ci sono illustrazioni interne - ci vogliono quattro lastre, su ognuna delle quali è impresso un solo colore: ciano, magenta, yellow, black, cioè cmyk (k sta per key black). Le lastre vengono fatte passare una per volta, imprimendo via via sul caucciù l'immagine da riportare sul foglio. Spesso le copertine, una volta stampate, necessitano di una lavorazione accessoria per essere plastificate (la plastificazione può essere lucida o opaca), serigrafate (cioè rivestite di materiali simili alla tela), ottenere lettere e immagini in rilievo (o sbalzo), produrre tonalità d'oro e d'argento (che si ottengono con la stampa a caldo), effetti glitter o vellutati (soft touch). I fogli del corpo libro escono già piegati nei trentaduesimi (o ottavi, sedicesimi, sessantaquattresimi) che formeranno il libro. Anche le copertine vengono sottoposte a cordona-tura, un procedimento a secco che imprime sulla carta o sul cartoncino le pieghe del dorso e delle eventuali alette. A questo punto il libro passa nel reparto legatoria, dove una macchina brossuratrice raccoglie le varie segnature - cioè mette i trentaduesimi nell'ordine giusto - da pagina 1 a pagina 32, 33 64, 65 96 etc - infilandoli in una serie di cassetti successivi. Quando il corpo del libro è assemblato entra in scena la brossuratrice vera e propria per la legatura, che può essere a filo refe (rara, in Italia la fa Sellerio) o più comunemente a colla (ma anche le rilegature a filo poi vengono incollate). Prima però deve essere passato in una fresatrice che imprime sul dorso delle zigrinature perché la colla possa aderire bene alla copertina. È (quasi) l'ultimo passaggio: una macchina trasporta il corpo del libro fino alle copertine già cordonate (piegate) che sono state predisposte ad accoglierlo. La lavorazione finale si chiama rifilo trilaterale. L'operazione tendenzialmente viene eseguita già nella brossuratrice, ma non è detto. Tre lame tagliano testa, piede e controdorso del libro in modo da tagliare e pareggiare le pagine (togliendo sbordi e abbordaggi). E così - è l'ultimo passaggio davvero - i libri vengono messi ad asciugare in un forno per una giornata, dopodiché inizierà la distribuzione nelle librerie.