Scarica Riassunto libro Schiavi. Una storia mediterranea (XVI-XIX secolo) - Salvatore Bono e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia Della Religione solo su Docsity! Schiavi- Una Storia Mediterranea (XVI-XIX sec) S. BONO RELIGIONE E POLITICA IN EUROPA E NEL MEDITERRANEO P. Delpiano a.a 2017/2018 S. BONO SCHIAVI- UNA STORIA MEDITERRANEA (XVI-XIX SEC) 1 Cap.1 – Una storia mediterranea Schiavitù sin da antichità e lungo età medievale; da età moderna (caratteristiche nuove, profondi mutamenti); XV sec (schiavi neri nella penisola iberica trasportati da portoghesi da coste occidentali africane); ‘500 (confronto fra Spagna vs Impero Ottomano → guerra corsara → incremento da entrambe le fazioni della cattura e riduzione in schiavitù di esseri umani e quindi estensione presenza servile). “Storia Mediterranea” → Mediterraneo scenario centrale, anche se quelle vicende si sono irradiate in uno spazio maggiore Da Basso Medioevo a inizi ‘800 protrarsi di presenza schiavi nel mondo mediterraneo → “presenza di schiavi” e NON “schiavitù” x dare senso della diversità della realtà schiavile nel Mediterraneo in età moderna rispetto ad altre realtà. Forme dipendenza essere umano da un altro → diversi termini → più diffusi “schiavitù” e “servaggio” → discussione differenze fra le due e quando è opportuno parlare di schiavi nel mondo mediterraneo. Insieme delle “servitù” in età moderna (Michael L. Bush) 5 concetti: 1- Schiavitù 2- Servaggio 3- Lavoro forzato 4- Asservimento per debiti 5- Servitù penale Queste forme istituzionali si differenziano in: - Permanenti / temporanee - Originate dalla nascita / originane da circostanze sopravvenute - Con carattere pubblico / con carattere privato o duplice Schiavitù e servaggio sono condizioni trasmesse ai discendenti, le altre forme di dipendenza (3, 4, 5) durano usualmente per un certo periodo. Mondo Mediterraneo in età moderna → si parla di schiavi per fedeltà al termine prevalentemente usato dalle fonti occidentali e per altre considerazioni Schiavitù concetto senza definizione rigorosa e unanime a causa della diversità di situazioni nel corso del tempo. Per il Mondo Mediterraneo in età moderna consideriamo il termine “schiavo” come appellativo generico per varietà di condizioni umane. Tratto distintivo: condizione della persona come proprietà di un altro individuo (gruppo, istituzione) che abbia il potere di imporgli con pieno arbitrio condizioni di vita e di attività con il diritto di cederla ad altri, in forme definitive o temporanee → in pratica l’essere oggetto di compravendite e riscatto. Lo schiavo però conservava facoltà giuridiche e restava un soggetto umano, capace di relazionarsi in vario modo con il padrone stesso e con altri. Si parla di negoziato fra padrone e schiavo. S. BONO SCHIAVI- UNA STORIA MEDITERRANEA (XVI-XIX SEC) 4 Alcuni studiosi maghrebini e musulmani evitano il termine “schiavi” e “schiavitù” per il fenomeno mediterraneo x vergogna di aver subito la schiavitù e x un senso di colpa nell’averla praticata. Il termine “captivo” sembra essere meglio. Parlando di schiavitù mediterranea in età moderna, a lungo si conosceva maggiormente la schiavitù di europei o nordamericani nei paesi del Maghreb e dell’impero ottomano. Quanto all’Europa si pensava che il cristianesimo avesse cancellato ogni fenomeno schiavile, mentre se ne conosceva il ruolo nell’antica Grecia e Roma (grandi valori ma società schiaviste). A fine ‘800 gli storici iniziarono a indagare la schiavitù nei paesi europei e videro persistenza di forme servili nell’Alto Medioevo e ripresa schiavitù nel secolo XIII e XV. Gli studiosi ebbero tendenza a circoscrivere e sminuire o negare addirittura la presenza di schiavi nell’età moderna, si riteneva che la colonizzazione del Nuovo Mondo avesse estinto quel fenomeno in Europa entro il ‘500. C’era un disagio nell’ammettere la prosecuzione di questo fenomeno → il principio stesso della legittimità della schiavitù contraddiceva i valori religiosi e laici vantati come acquisizione europea nell’età moderna. Méditerranée di Fernand Braudel (1949) pose in primo piano la guerra corsara e anche la schiavitù → da allora il tema ha acquisito + rilievo e la massa di studi è aumentata. Nelle storie generali della schiavitù non ve n’è menzione, anzi permane lo schema ottocentesco: - Antichità: trattazione estesa su mondo greco e romano - Schiavitù medievale in Europa - Arrivo primi schiavi neri nella penisola iberica come conseguenza dei viaggi portoghesi lungo la costa occidentale africana - Tratta atlantica e schiavitù nel continente americano Historien de l’esclavage di Christian Delacampagne (2002) afferma che in Eu occidentale dopo il 1492 non vi era più schiavitù domestica. Segno di novità: Cambridge World History of Slavery presenta un capitolo sulla White Servitude in cui si pone l’attenzione sulla schiavitù nel mond.medit. nell’età moderna. Ma perché questo silenzio? Non è mancanza di informazione perché gli autori parlano di schiavitù e non nascondono la gestione europea della tratta degli schiavi. Forse la ragione è che gli studiosi che studiano la schiavitù analizzano e descrivono “sistemi” → ma la schiavitù mediterranea NON è riconducibile a un sistema, semmai ad una molteplicità di sistemi: - Protrarsi residuale della schiavitù medievale domestica e di piantagione - Nuova tratta dall’Africa verso penisola iberica - Interruzione tratta del mar Nero a causa della presenza ottomana - Estendersi a causa guerra corsara di schiavitù di prossimità (ruolo imp cattura) In alcuni paesi islamici presenti diversi sistemi di selezione e formazione di personale sottoposto ad una condizione di piena dipendenza: - Immissione nel corpo dei mamelucchi - Reclutamento giovani del devshirme ottomano - Scelta e addestramento delle donne dell’harem Le società del mond.medit. moderno non sono state società schiaviste ma solo società con schiavi. S. BONO SCHIAVI- UNA STORIA MEDITERRANEA (XVI-XIX SEC) 5 Schiavi e schiave, padroni e padrone Una delle prime e complete esposizioni delle condizioni degli schiavi europei la offre il Tratado de la redenciòn de cautivos en que se cuentan las grandes miserias que padecen los cristianos del padre carmelitano Jéronimo Graciàn de la Madre de Dios → sofferenze, disagi materiali (fame, malattie) e spirituali. Nella Histoire de Barbarie il padre Dan elenca 23 diversi tipi di supplizi con cui i turchi e i barbareschi fanno crudelmente morire gli schiavi cristiani → riconosce però che sono punizioni inflitte anche a musulmani e a persone libere. Iconografia → schiavo (europeo, africano o musulmano) viene quasi sempre rappresentato con catene o simili e con marchi corporali distintivi → segni di identificazione e prevenzione alla fuga → in realtà catene, collari e pesanti anelli alle caviglie rendevano sì identificabile lo schiavo, ma allo stesso tempo impacciavano ogni normale svolgimento di attività lavorative e di ogni prestazione in generale. Le marchiature del corpo dovevano essere ben visibili, per esempio sul viso così da deturparlo e da sminuirne il valore commerciale. Il marchio impresso sulle guance con un ferro rovente era di solito costituito da una S e dalla figura di un chiodo (clavo) così da comporre una specie di rebus (es-clavo). La pratica della marchiatura, secondo Alessandro Stella, tendeva alla animalisation dello schiavo cioè a trattarlo e farlo sentire come un animale, degradato nella sua stessa dignità di essere umano. Johann Michael Kuhn (nativo di Gotha, schiavo ad Algeri dai suoi 25 ai 40 anni (1724-1739)) scrisse Merkwurdige Lebens-und Reise-Beschreibung (1741). Questa fu messa a dura prova dall’analisi di Ernstpeter Ruhe che per primo indagò memorie di schiavi in lingua tedesca. Testimonianze di schiavi che ricordano in termini positivi le loro condizioni di vita sono più rare e quindi più interessanti → Johann Wild (umile contadino tedesco finito schiavo dall’Ungheria in Egitto nel 1610 circa) era abituato anche in patria ad una vita di continue ristrettezze, soffriva dunque per la dipendenza cui era sottoposto ma si consolava perché faceva un “lavoro facile”, e non gli mancava mai nulla quanto al mangiare e al bere. Affermò che uno dei suoi primi padroni gli voleva bene “quasi come a un figlio”. Più affidabili possono essere i giudizi di osservatori in condizione libera → Giovambattista Salvago nella sua relazione al Senato sul viaggio nei paesi barbareschi nel 1625 dice che non se la passavano male gli schiavi. Un limite allo sfruttamento e maltrattamento degli schiavi è che nessuno voleva danneggiare la sua “proprietà” e si preoccupava di mantenerla sana, efficiente → per questo alcuni padroni facevano curare i propri schiavi sostenendone le spese. Interessante testimonianze che esprimono un confronto fra il trattamento di schiavi in Europa e in Maghreb/impero ottomano → Johann Michael Heberer von Bretten in Aegyptiaca Servitus (1610) disse che i prigionieri stavano meglio nelle galere turche che in quelle spagnole e cristiane. Dal XVIII sec le condizioni migliorarono dappertutto → giudizio di William Shaler (americano console generale USA ad Algeri 1815-1824) sulla condizione degli europei non disse nulla di drammatico, alcuni schiavi se ne andavano con rammarico, altri con somme ingenti di denaro. William Lithgow afferma che a Malta a inizio ‘600 molti turchi erano maltrattati, ma non con la crudeltà che dovevano sopportare gli schiavi cristiani in una galera barbaresca o ottomana. Eredità e memoria della schiavitù S. BONO SCHIAVI- UNA STORIA MEDITERRANEA (XVI-XIX SEC) 6 Dopo il recupero della libertà e ritorno in patria cosa accadeva? Molti morivano prima di raggiungere la libertà, per malattie o incidenti o per vecchiaia. Nei racconti di schiavitù si riserva molto alle vicende del riscatto e del viaggio di ritorno, anche con dettagli precisi. Per molti il ritorno a casa poteva mescolarsi al dolore con la presa coscienza di un lutto o di altre sventure. Per alcuni il ritorno fu un vero trionfo, riportando a casa veri e propri bottini. Dei “liberti” è difficile seguire la sorte, perché molti cambiavano nome e pertanto risultava difficile rintracciarli. Gli schiavi domestici quando tornavano liberi, mantenevano particolari rapporti con l’ex padrone, sussisteva una dipendenza più o meno accettata spontaneamente che recava all’ex schiavo anche qualche beneficio. Di ex schiavi europei inseritisi nel mondo musulmano sappiamo di più che non sugli schiavi musulmani o africani inseritisi nelle società europee → maggiore disponibilità di informazioni perché: - Un certo numero di europei convertiti è tornato in Europa per varie circostanze e sono stati processati da tribunali ecclesiastici e hanno quindi riferito le loro vicende x difendersi dalla grave colpa a loro addebitata - In terra d’islam un numero maggiore di europei ha avuto la possibilità di progredire socialmente e quindi più facilmente si parlava di loro Uno studioso della schiavitù nella penisola e nelle isole italiane constatò conseguenze della schiavitù sui caratteri antropologici degli italiani → in particolare nella popolazione siciliana. Più recentemente qualche autore ha ripreso il tema sottolineando la difficoltà di scoprire nella popolazione tracce africane e il dubbio che abbia avuto consistente discendenza. Schiavi nella letteratura e nelle tradizioni popolari Più visibile è l’eredità della schiavitù come insieme di memorie e testimonianze lasciate dalla presenza di schiavi nel patrimonio artistico, letterario e di cultura materiale delle popolazioni mediterranee. Nella letteratura → figura più alta è quella di Miguel Cervantes de Saavedra che fu per 5 anni schiavo ad Algeri (1575-80) dove si confrontò con il pascià Hasan Veneziano e nelle sue opere, come il Don Chisciotte ha più volte rievocato figure e luoghi della vita degli schiavi nella città barbaresca. Una prima eco letteraria della fuga degli schiavi la troviamo nel Pantagruel di Francois Rabelais. Da tutte le letterature europee si possono trarre materiali x ricomporre patrimonio di memoria. Opere d’arte → Casa degli schiavi nell’isolotto di Gorée; una piccola strada a Lisbona Poco dos Negros, ovvero il pozzo che faceva agli schiavi da tomba; Nozze di Cana del Veronese. S. BONO SCHIAVI- UNA STORIA MEDITERRANEA (XVI-XIX SEC) 9 Cap.3 – Schiavi fra guerre e pace Schiavitù mediterranea nel ‘500 cattura di schiavi; età medievale merce importata dal Levante; ‘400-‘500 traffico schiavile quasi scomparso. Da metà ‘400 per quasi un secolo, consistente tratta di neri africani verso la penisola iberica. Dall’espansione spagnola a Lepanto, 1487-1571 Nel Basso Medioevo la Reconquista (recupero da parte dei regni iberici del territorio della penisola da secoli ormai terra dell’islam) comportò la cattura di prigionieri ridotti in schiavitù. Così anche le operazioni militari e occupazioni sulle rive maghrebine fra fine ‘400 e inizio ‘500. Sin dalle prime conquiste nell’Egeo dei turchi ottomani, essi acquistarono masse ingenti di schiavi. Avvento di corsari turchi. Spagna e stati italiani reagirono → attività corsara segnò primo confronto diretto fra forze navali della Cristianità e quelle “del Turco”. Gli ottomani conquistarono Lepanto e Modone. 1501 il corsaro Kemal Rais fu il primo a spingersi nel Tirreno nell’isola di Pianosa. Fra i corsari turchi primeggiarono i fratelli Barbarossa (il minore era Khair ed-Din). Da parte europea si ottennero altrettanti successi: 1515 Sicilia vs corsaro Solimano. Conquista di Tunisi da parte di Carlo V (imperatore) nel 1535. 1539 Barbarossa guidò incursione a Gibilterra. 1550 Spagna prende Mahdia (costa orientale tunisina) e fu fruttuoso x quanto riguarda gli schiavi. 1560 sconfitta spagnola nell’isola di Gerba segna culmine percezione di un incombente pericolo musulmano, minaccioso x l’Italia. 1571 battaglia di Lepanto. L’epoca d’oro della guerra corsara, 1572-1644 Dalla battaglia di Lepanto ci fu una tregua che fece però emergere nella storia del mare la pirateria. 1578 battaglia “dei tre re” (due pretendenti trono del Marocco + re Sebastiano del Portogallo) portò alla riduzione in schiavitù di migliaia di europei, nonché di neri al loro servizio da parte dei marocchini vincitori. Inizio ‘600 culminò attività corsara europea, esercitata dai cavalieri dei due ordini, dalle squadre spesso congiunte delle marine statali e da privati armatori corsari. Corsari e pirati Distinzione netta fra corsari e pirati: - Corsari: operavano nella legalità, cioè erano autorizzati ad esercitare la “corsa” dal governo del paese a cui appartenevano o persino dipendevano direttamente da un governo - Pirati: agivano al di fuori di ogni autorizzazione e legislazione, erano “fuori legge”. Il più autorevole studioso della materia Michel Fontenay ha proposto di chiamare “corso” (dall’espressione “andare in corso”) la guerra corsara mediterranea, esercitata fra europei e maghrebini-ottomani. S. BONO SCHIAVI- UNA STORIA MEDITERRANEA (XVI-XIX SEC) 10 Dalla guerra di Candia alla pace di Karlowitz (1645-99) 1644 cavalieri di Malta catturarono il galeone turco La Sultana e ripararono poi nell’isola veneziana di Candia. Fra i catturati pare ci fosse una favorita del sultano Ibrahim, con un figlio avuto da lui. La clamorosa cattura portò alla lunga guerra veneto-turca, detta di Candia (1645-69). 1656-57 i veneziani bloccarono i Dardanelli. Durante la guerra di Candia incremento attività corsara da entrambe le parti. Dalla riconquista di Orano alla presa di Algeri, 1708-1830 1708 riconquista algerina di Orano, fruttò molti schiavi spagnoli e altri. Seconda guerra di Morea 1714-18 → dopo di essa la situazione mediterranea mutò per molti aspetti e l’attività corsara si andò attenuando. 1755 alcuni episodi di rilievo → successo degli spagnoli ad Alicante; cattura di un pinco algerino fra le isole di Montecristo e del Giglio. Mentre l’Europa era sconvolta dalle guerre della Francia rivoluzionaria e poi napoleonica, gli stati barbareschi ripresero attività corsara a danno dei pochi stati rimasti “nemici”, per primi la Spagna e gli stati italiani, soprattutto il regno di Napoli, lo Stato pontificio, il regno di Sardegna. 1787 dalla proclamazione dell’indipendenza degli Stati Uniti, sempre più navi americane cominciarono a frequentare le rotte mediterranee. 1815 segnò culmine di questa fase estrema dell’attività corsara. Ci fu anche Congresso di Vienna. 1830 i francesi occuparono la capitale maghrebina e iniziò l’acquisto dell’intero antico regno. Ciò pone fine alla guerra corsara e della schiavitù di europei, e segna l’inizio della storia del Mediterraneo coloniale. Cap.4 – Mercato di schiavi Schiavitù mediterranea caratterizzata da accentuata mobilità di schiavi dopo l’immissione nella nuova società a seguito della cattura per i seguenti motivi: - Frequenti mutamenti di proprietario - Attraverso compravendite - Come cambi, doni, passaggi per via ereditaria e testamentaria I diversi traffici avevano i loro mercati all’ingrosso, ma si diramavano poi in numerosi canali di distribuzione, fino a disperdersi in singole compravendite, in tante località del mondo. Al loro arrivo in diverse società e nel “mercato secondario” ci sono altre compravendite, condizioni e prezzi discussi fra acquirenti e venditori, i successivi passaggi di proprietà. C’erano cambi di schiavi, ovvero si dava una persona in cambio di un’altra. S. BONO SCHIAVI- UNA STORIA MEDITERRANEA (XVI-XIX SEC) 11 Mercati islamici ed europei Le persone ridotte in schiavitù venivano quasi tutte immesse dai “predatori” nella loro stessa società. Gli schiavi immessi nelle società europee avevano difficoltà a contestare la propria condizione, generalmente per dichiarare un soggetto come schiavo “di giusta guerra” o di “buona presa” era sufficiente la sua condizione di “infedele”, nel senso di non cristiano. Alla cattura e all’arrivo di schiavi seguivano procedure analoghe nei paesi europei o musulmani: gli schiavi pubblici, cioè “statali” venivano separati da quelli posti in vendita e acquistati da privati (i proprietari dovevano assolvere determinati obblighi fiscali). Gli schiavi, soprattutto quelli di privati, potevano poi essere oggetto di altre compravendite. Le procedure per l’immissione nella società barbaresca degli europei catturati e per il pagamento dell’imposta dovuta erano controllate e senza possibilità di evasione → un buon adempimento oneri fiscali garantiva tranquilla fruizione dello schiavo posseduto. Nei paesi europei l’aspetto fiscale era regolato accuratamente, ma di fatto si verificava elevato livello di evasione. L’imposizione era valutata a 1/5 del valore stimato per l’individuo in questione e si chiamava “quinto”. Gli schiavi appena catturati ovvero acquistati senza che fossero già “quintati” dovevano essere denunciati all’autorità competente riferendo le circostanze della cattura o acquisto. Il pagamento del quinto fu considerato gravoso quando le catture divennero più rischiose per il rafforzarsi della presenza nemica in prossimità delle coste. Gli operatori interessati cominciarono ad avanzare richieste per l’esenzione da quell’imposta. Nel corso del tempo infatti si introdussero o si ripristinarono alcune esenzioni. Nel mondo islamico esisteva un’imposta analoga al quinto spagnolo: per poter commercializzare legalmente i prigionieri come schiavi, si doveva corrispondere il pencik, commisurato a 1/5 del valore commerciale. Negli stati barbareschi veniva pagato in natura → cioè con la scelta da parte del pascià degli schiavi spettanti rispetto al totale catturato e di un’analoga proporzione di altre merci e beni. Dopo lo sbarco gli schiavi attraversavano alcune vie cittadine, come una sfilata in cui la popolazione si rallegrava per le prede e il profitto che ne avrebbe ricavato l’economia locale. Venivano poi presentati gli schiavi al pascià il quale ne sceglieva alcuni, tendenzialmente quelli di maggior valore, ma poteva anche preferirne alcuni per un apprezzamento o gusto personale. Si procedeva poi alla vendita all’asta di persone e merci costituenti il bottino x poter dividere i guadagni dell’impresa corsara fra tutti gli aventi diritto (l’armatore e tutti i membri dell’equipaggio e ciurma, compresi gli schiavi). Compravendite e atti morali Il periodo servile è spesso segnato da una mobilità che forse gli schiavi, da liberi non avrebbero mai sperimentato se fossero rimasti nel loro paese di residenza. Lo schiavo aveva spesso occasione di muoversi per le esigenze del padrone, nello spazio cittadino, nelle zone rurali, in brevi o lunghi viaggi, anche da solo talvolta. La differenza con il Maghreb è che se gli europei compravano schiavi solo x “usarli”, i maghrebini li acquistavano sì per l’uso, ma anche e in molti casi soprattutto, per trarne successivamente un congruo guadagno dal prezzo di riscatto. Le compravendite di schiavi nei paesi europei venivano quasi sempre sancite da un atto notarile e da questi atti sono state tratte le prime notizie documentarie sulla presenza schiavile in Europa. Gli atti di acquisto tutelavano anzitutto il compratore. Spesso nell’atto si indicava l’ultimo precedente proprietario o altri dati come il luogo di cattura, per contribuire a garantirne la provenienza legale. S. BONO SCHIAVI- UNA STORIA MEDITERRANEA (XVI-XIX SEC) 14 In alcuni casi si giungeva ad uno status di partner riconosciuto fino ad un possibile vincolo matrimoniale (soprattutto nel mondo islamico). Egualmente esposti ad abusi sessuali erano fanciulli e giovani, maschi e femmine. Si presumono anche casi di pedofilia. Il proprietario poteva acconsentire anche a rapporti sessuali dei suoi schiavi con propri congiunti e dipendenti liberi o servi presenti in casa. Le donne dell’harem Nel mondo islamico, destino comune a molte schiave era la reclusione nell’harem di un uomo ricco e potente. Nell’harem o “serraglio delle donne” vivevano, in assoluto isolamento, le donne prescelte per essere a disposizione del sultano, sorvegliate da eunuchi neri e da donne più anziane che le istruivano e le preparavano. Queste donne venivano da paesi diversi e la varietà di tipi femminili costituiva uno dei pregi di ogni harem. Responsabile dell’harem era il capo degli eunuchi bianchi, da cui dipendevano 40 eunuchi a servizio di una ventina di istruttrici (una ogni 10 donne). L’aver partorito un figlio del sultano elevava il rango e il trattamento della madre, che diventava più direttamente legata al sultano stesso. Famiglie, matrimoni e figli Nella cattura potevano cattura potevano cadere in schiavitù coppie di coniugi, spesso con figli al seguito. Chi li commercializzava riconosceva soltanto l’esigenza di tenere uniti madre, neonati e bambini fino ai 3-5 anni. Una donna sposata veniva generalmente rispettata pur se lontana dal marito e se forzosamente da lui separata. Era sufficiente che si riconoscesse con certezza la sua condizione di coniugata. Vi sono però coppie di coniugi o interi nuclei familiari mantenuti insieme, perlopiù presso famiglie benestanti. Matrimoni di schiave con il proprio padrone, o figlio o altro congiunto, ne troviamo sia nei paesi europei che in quelli islamici. Talvolta il matrimonio avveniva in articulo mortis. Non mancano casi di uomini liberi che sposano schiave di altrui proprietà. Contava il riscatto del marito. Non mancano nemmeno matrimoni di schiavi con donne libere. Per il matrimonio fra schiavi (meno diffuso) occorreva il consenso del padrone o dei padroni rispettivi, tendenzialmente contrari. La condizione dei nati da una schiava deve considerarsi sotto diverse fattispecie: - Padre padrone - Padre estraneo - Padre schiavo I figli nati da schiava ne ereditavano la condizione di asservimento a favore del proprietario, quale che fosse la paternità biologica. Se però la madre si era già convertita e aveva acquisito lo status di persona libera (concubina o moglie legittima) i figli nascevano liberi. Nel mondo musulmano invece la concubina che partoriva un figlio diventava libera alla morte del padrone. Nei paesi europei, più che casi di aborto e soppressione, furono più numerosi i casi di “esposizione” degli infanti, cioè abbandono in luoghi e tempi tali che i neonati fossero raccolti e salvati da persone e istituzioni che se ne prendessero cura. S. BONO SCHIAVI- UNA STORIA MEDITERRANEA (XVI-XIX SEC) 15 Cap.6 – Schiavi al lavoro Gli schiavi domestici e pubblici, per eseguire i compiti a loro affidati, dovevano uscire e agire nel contesto cittadino e talvolta extraurbano. Anche le amministrazioni pubbliche, così come i privati proprietari, affittavano gli schiavi a chi avesse bisogno di prestazioni lavorative. Gli schiavi, mediante la corresponsione di un certo importo, ottenevano dal padrone il permesso di svolgere attività a loro scelta, rischio e profitto e in forma autonoma (nome arabo mukataba). Gli schiavi figuravano anche in manifestazioni pubbliche, feste, cerimonie religiose. Per le vie della città Gli schiavi impegnati in attività lavorative autonome entravano in rapporti con ambienti diversi della realtà cittadina. In Europa, le attività alle quali gli schiavi si dedicavano erano varie: - Vendite al dettaglio - Spaccio di cibi, bevande e generi alimentari - Lavori artigianali - Servizi di diverso tipo Alcuni schiavi presero addirittura in affitto botteghe e locali. Commercianti e artigiani sollevavano reclami e proteste contro le attività concorrenziali degli schiavi. Sulle attività degli schiavi europei nel Maghreb o altri paesi islamici abbiamo meno informazioni, ma sappiamo che c’è una forte analogia con quanto praticato in Europa. Il settore più delicato nel quale in Europa si impiegavano schiavi era quello della pubblica sanità, espletamento compiti più faticosi e a rischio contagio in ospedali, da mansioni di fatica a mansioni più qualificate. Cantieri edilizi e costruzione di strade Razionale fu l’impiego di schiavi nei lavori di pubblica utilità e pertinenti al patrimonio statale. Costituivano manodopera abituata a lavori pesanti, già organizzata e disciplinata se proveniente dai ranghi delle galere, gratuita e senza oneri supplementari. Fabbriche, miniere, campagne Lavoravano in segherie (a Fès) o in telerie (Malta), armamenti (Marocco). Quanto più un’attività produttiva era dura e rischiosa, tanto più si ricorreva al lavoro servile, come il lavoro in miniera. “Status symbol” Nelle società islamiche ed europee, soprattutto in queste ultime, gli schiavi potevano assolvere una funzione ostentatoria, perseguita sia da parte del loro privato padrone in una gara di prestigio sociale, sia da parte di autorità, governanti, sovrani. S. BONO SCHIAVI- UNA STORIA MEDITERRANEA (XVI-XIX SEC) 16 Delitti e castighi Sia nella vita cittadina che in quella domestica, lo schiavo era considerato possibile fonte di pericolo e violenza e oggetto di provvedimenti di prevenzione, repressione e condanna da parte di poteri pubblici. A parte i furti, il tasso di criminalità della popolazione servile non superava quello della società locale. Molti schiavi sia europei che musulmani eccedevano nel consumo di alcoolici fino a raggiungere casi di alcoolismo e a conseguenti decessi. Molti facevano anche abuso di tabacco, fumato o assunto in altre forme. Altrettanto si rimproverava agli schiavi di dedicarsi al giuoco, motivo di risse e incidenti. Per motivi di sicurezza in diversi periodi si imposero agli schiavi varie proibizioni, come la limitazione nel portare armi, se non quando accompagnavano i padroni. Tutela degli schiavi Atti lesivi della persona, furti e danneggiamenti della proprietà di schiavi venivano indagati e perseguiti. Cap.7 – Galeotti sul mare Schiavi componente notevole della ciurma della galere, specialmente europee, in maggioranza addetti al remo. Da inizio ‘600 iniziò a diffondersi navigazione a vela, introdotta da olandesi e inglesi. Le altre due componenti della ciurma erano i forzati e i buonavoglia. I forzati erano obbligati al remo per effetto di condanna penale, di solito per 2-5 anni. I buonavoglia erano uomini liberi ingaggiatisi volontariamente, ma quasi sempre costretti a farlo perché oppressi da debiti di giuoco nei quali erano stati coinvolti da abili reclutatori di galeotti. Le proporzioni fra le 3 componenti della ciurma sono mutate nel corso dei secoli e a seconda delle diverse marine. Al remo e nei bagni Le navi a remi usavano come forza motrice le braccia umane. Per ogni galera occorrevano dai 150 ai 240 rematori, non di rado si arrivava a 300 o più. Il più duro compito della ciurma era la voga. Nel collocare su ogni banco uomini appartenenti a ciascuna delle 3 categorie si dovevano contemperare due esigenze: efficacia e sicurezza. Nei primi banchi e nei posti più vicini al corridoio centrale si ponevano gli uomini più robusti. Esigenza di riconoscere a prima vista gli schiavi dagli altri uomini della ciurma → dovevano avere una particolarità, di solito un lungo ciuffo di capelli, mentre i forzati erano completamente rasati. Responsabile della disciplina degli schiavi era l’aguzzino, cui toccava spronarli al massimo sforzo nella voga. Ogni galeotto poteva sottrarsi al gravoso ruolo proponendo all’amministrazione un proprio sostituto idoneo, detto geliffo o gilef dall’arabo khalifa = sostituto, rappresentante. Su ogni galera oltre alla ciurma c’erano decine o centinaia di marinai e soldati, nonché addetti alla disciplina. A bordo si raggiungeva il numero di 300 e più uomini, fino a 400-500. Per la ciurma le condizioni erano terribili. Non riuscivano a sdraiarsi per il poco spazio e a raggiungere i fori per i bisogni fisiologici per la catena troppo stretta. Spesso quando la galera attraccava la ciurma restava a bordo. Nel mondo mediterraneo vi era un costante rischio di fuga e di azioni violente da parte degli schiavi della ciurma e della città. Quando nel ‘500 la comunità schiavile sulle navi si accrebbe, per tenerla meglio sotto controllo e offrirle un riparo durante la notte, nelle città barbaresche si adattarono locali di vario genere. Si usarono edifici già destinati a bagni pubblici (hammam) e così gli schiavi europei cominciarono a chiamare bagni i locali della loro detenzione. I bagni divennero la scena x eccellenza dove si intrecciavano vicende e S. BONO SCHIAVI- UNA STORIA MEDITERRANEA (XVI-XIX SEC) 19 1625-1630 padre Francesco Preste (ordine dei minimi) ricevette da autorità ecclesiastiche potere di giurisdizione sulla collettività servile a Tunisi, con facoltà di delega ad altri due sacerdoti schiavi. I musulmani non tolleravano però alcuna azione di proselitismo cristiano. Le funzioni religiose si svolgevano in locali contigui o all’interno dei bagni, adattati a cappelle. 1622 fondazione Congregazione de Propaganda Fide, nei decenni successivi istituì stabili missioni cattoliche in particolare in paesi dove c’erano comunità schiavili cristiane. L’attività liturgica e pastorale si svolgeva nei bagni, ma talvolta anche fuori. 1640 bagni ad Algeri = 8. Il console di Francia mise a disposizione alcuni locali della rappresentanza per svolgervi cerimonie e funzioni religiose. Giorno di riposo venerdì, secondo norma islamica: anche gli schiavi non lavoravano quel giorno così che potessero raccogliersi ad ascoltare la messa. Diffidenze e concorrenza fra schiavi cattolici e di altre confessioni cristiane e fra i loro rispettivi consoli si delinearono presto. Gli ortodossi erano più numerosi nelle città del Mediterraneo orientale, da Tripoli verso il Levante. Ospedali e cimiteri Nella folla dei bagni le condizioni sanitarie divennero sempre più rischiose e presto ci fu l’esigenza di ricoverare altrove almeno i malati gravi. Se ne preoccuparono i religiosi presenti nelle città musulmane. Una sentita pratica religiosa, sia cristiana che musulmana, era di dare sepoltura ai morti in un luogo deputato e rispettato, cioè avere un proprio cimitero, soprattutto per i numerosi schiavi. La concessione poteva presentare maggiori difficoltà che per un luogo di preghiera perché era uno spazio più esteso e visibile. Il primo cimitero in una città barbaresca fu ottenuto dai cristiani a Tripoli, per merito del vescovo cattolico Nicolò Maria Caracciolo. In Europa il primo provvedimento per dare sepoltura agli schiavi fu preso a Lisbona nel 1515: re Manuel, per evitare che i corpi venissero sbranati dai cani una volta coperti di terra, dispose che si scavasse un pozzo x gettare i cadaveri, aggiungendo di tanto in tanto calce viva. Da Maometto a Cristo In Europa gli schiavi se erano africani di colore, poco dopo l’acquisto venivano indotti o sottoposti al battesimo. I neri accettavano passivamente questa pratica. Per ricevere il battesimo, gli schiavi adulti neri o musulmani dovevano almeno in teoria possedere sufficiente istruzione religiose ed essere consapevoli del significato e delle conseguenze del rito. Le istituzioni provvedevano all’istruzione. I battesimi si celebravano di solito nel periodo pasquale, anche nella stessa notte del Sabato santo e spesso nei giorni successivi i convertiti sfilavano in processione. Da padrini fungevano spesso gli stessi padroni, altrimenti cardinali e arcivescovi. La conversione al cristianesimo o all’islam comportava l’assunzione di un nuovo nome, segno della nuova appartenenza. In paesi cristiani talvolta assumevano il nome e il cognome del padrone o del suo coniuge, più spesso quello del padrino o madrina. Da Cristo a Maometto Motivazioni di conversione all’islam speranza x gli europei di fare fortuna nel mondo arabo, come ad alcuni accadeva, in particolare con l’esercizio della stessa corsa. Per “farsi turco” bastava pronunciare la formula rituale della professione islamica, la shahada mentre si teneva alzato l’indice della mano destra. “La Allah ila Allah wa Muhammad rasul Allah”. Per i convertiti uomini liberi la cerimonia della pronuncia assumeva grande solennità e ampia visibilità pubblica: convertito in sella ad un cavallo, condotto festosamente in un lungo S. BONO SCHIAVI- UNA STORIA MEDITERRANEA (XVI-XIX SEC) 20 itinerario per le vie della città. Nel caso di cerimonia degli schiavi questa si svolgeva a casa del padrone con semplicità e alla presenza soltanto di alcuni testimoni. Il passaggio alla nuova fede era confermato dall’assunzione da parte del convertito di un nome musulmano e di un abbigliamento nella foggia locale. La struttura del nome personale arabo consentiva di inserire la nisba che testimoniava la provenienza, per esempio Nabultan = napoletano, Genuiz (genovese), ecc. Altro elemento rituale era la circoncisione effettuata da un esperto barbiere-chirurgo. Cap.9 – Ritorno alla libertà Tutti gli schiavi desideravano ovviamente tornare alla libertà, ma non per tutti erano praticabili le stesse vie, né tutti avevano le stesse speranze di tornare ad essere liberi e di rientrare in patria. Più vie ma con prospettive diverse: - Liberazione - Riscatto implicavano ritorno in patria - Scambio - Manumissione → integrazione nella società “altra” che diveniva in qualche modo la propria. Per gli schiavi in Europa l’assimilazione fu il destino più frequente. La maggioranza tornava libera per volontà del padrone quando già la persona era integrata nella società, con la conversione religiosa specialmente. Il ritorno in patria avveniva generalmente con il pagamento di un riscatto, di parenti e anche istituzioni del proprio paese, ordini religiosi. Netta differenza nel destino degli schiavi affrancati e di quelli riscattati o scambiati. Neri africani quasi completamente esclusi dalla possibilità del riscatto con successivo ritorno alla terra di origine. Non vi erano x loro possibilità di stabilire contatti con parenti, concittadini, istituzioni che intervenissero in loro favore. Liberazione e affrancamento Liberazione: cessazione fortuita della condizione schiavile quale conseguenza di eventi bellici per mare o per terra. Spesso una cattura coincideva con una liberazione. Liberazioni per mare o per terra sono state scarsamente rilevate dagli storici, forse anche per il frequente silenzio o i cenni troppo vaghi delle fonti. La maggior parte degli schiavi tornava persone libere grazie ad una volontaria decisione del padrone, attestata mediante formule derivanti dal diritto romano, secondo le quali si riconosceva che il beneficiario era liberato ab omni vinculo servitutis o simili espressioni e si indicavano per contro tutte le facoltà che egli riacquistava: comprare, vendere, pattuire, fare testamento, ecc. Questo atto si definisce “manumissione” dal latino manumissio, ma si usa di più il termine “affrancamento”. Affrancamento: rinuncia del padrone al suo ius patronatus, il suo diritto allo schiavo. Generalmente era gratuito, ma poteva essere accompagnata da condizioni e avere effetto a partire da un certo termine temporale. Nella decisione del proprietario confluivano motivazioni diverse. La più comune era l’intento di compiere un atto meritorio agli occhi di Dio, a vantaggio della salvezza della propria anima e a sconto della pena nell’aldilà. A questo motivo poteva affiancarsi quello di attestare allo schiavo la propria riconoscenza per il servizio ricevuto oppure quello di riparare allo sfruttamento e all’ingiustizia esercitata. S. BONO SCHIAVI- UNA STORIA MEDITERRANEA (XVI-XIX SEC) 21 Atti di affrancamento recepivano termini di un accordo fra padrone e schiavo che si impegnava a prestare servizio leale ed efficiente per un certo numero di anni (5-10) a favore del padrone o di una terza persona. Dopo gli anni concordati lo schiavo tornava libero riacquistando tutti i propri diritti e facoltà. L’affrancamento poteva essere sancito con un atto notarile cioè da una carta privata firmata dal proprietario e necessaria per l’affrancato se decideva di allontanarsi dalla dimora. Riscatti e scambi Riscatto: rilascio concluso in tempi rapidi (ore o giorni dopo la cattura); si può parlare di riscatto immediato. - Riscatto pagato da schiavi con i propri minimi guadagni realizzati giorno per giorno - Riscatto esterno pagato da amici, familiari o istituzioni Scambio: a favore solitamente di singoli individui, per far tornare in libertà vittime della guerra corsara. Premessa era un accordo in termini che ciascuna delle due parti avrebbe consegnato la persona che interessava all’altra parte. Accordo formalizzato davanti a un notaio. Il riscatto era più facile per gli schiavi in mano a privati rispetto ai “governativi”. In molti casi i privati avevano effettuato l’acquisto proprio con l’intento di conseguire un guadagno nel momento di concedere la libertà. Per contro l’apparato statale aveva generalmente minor bisogno di realizzare proventi finanziari. Alcuni riscatti 1-2 anni, altri anche da 3 a 6. Il prezzo del riscatto Prezzo del riscatto, punto di incontro tra: - Condizione sociale dello schiavo e disponibilità finanziarie - Intensità interessamento mostrato da parte di chi intendeva riscattarlo - Apprezzamento che il padrone ne faceva sia su piano pratico che affettivo Sui prezzi manca un’indagine specifica adeguata. Il prezzo degli schiavi europei crebbe costantemente secondo andamento generale dei prezzi ben noto alla storia economica. L’ammontare complessivo di un’operazione di riscatto cresceva rispetto al prezzo corrisposto al padrone dello schiavo, anzitutto per gli oneri del trasferimento del denaro dal paese europeo a quello islamico o viceversa. Pagato il riscatto lo schiavo otteneva la carta franca sottoscritta dal padrone come attestazione della ripristinata condizione di libertà. Liste di redenti Relazioni pubblicate dai redentori al ritorno delle missioni nei paesi islamici → cataloghi di schiavi riscattati, elenchi a stampa con nominativi e altri dati, relazioni e testi redatti da varie istituzioni, racconti di schiavitù di europei tornati in patria. Documentazione con pregiudizio religioso vero islam. Le istituzioni per il riscatto inviavano i propri incaricati o si affidavano a intermediari, che agivano secondo accordi e facoltà più o meno vincolanti. Del riscatto di schiavi europei se ne occuparono prevalentemente due ordini religiosi: Santissima Trinità.