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per l' esame di storia della pubblica amministrazione
Tipologia: Sintesi del corso
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**Lineamenti di storia dell 0 0 9 2amministrazione italiana
di C. Silvestro e S. Bono[1]
1. L 0 0 9 2amministrazione pre - giolittiana.
Il primo periodo di vita dello stato unitario italiano si caratterizza per la sua 0 0 9 3piemontesizzazione 0 0 9 4. Piemontesi erano, infatti, lo schema organizzativo dell 0 0 9 2amministrazione, la prassi del lavoro pubblico e i componenti la burocrazia stessa. La nuova amministrazione, così differente da quelle settecentesche, era nata in Piemonte con la legge Cavour del 1853 e rappresentò il modello da estendere a tutto il territorio del nuovo Stato unitario. Due i principi cardine del nuovo ordinamento: a) responsabilità ministeriale e b) uniformità amministrativa.
In realtà, al momento dell 0 0 9 2unificazione nazionale, il sistema si rivelò poco burocratizzato dal punto di vista delle funzioni e molto burocratizzato nelle scelte organizzative, basato, come era, sul modello gerarchico 0 0 9 6piramidale di derivazione napoleonica, con struttura ministeriale (nel 1861 i Ministeri erano otto). Ogni Ministero aveva un 0 0 9 2uniforme scala gerarchica: direttore generale, capo divisione, capo di sezione, segretario (di diverse classi), applicato (di diverse classi) e volontario (il volontariato rappresentava un periodo di tirocinio gratuito presso l 0 0 9 2amministrazione, requisito fondamentale per l 0 0 9 2accesso al concorso pubblico). L 0 0 9 2organizzazione del lavoro, invece, si caratterizzava per un 0 0 9 2eccessiva frammentazione e parcellizzazione delle funzioni amministrative.
Comunque, in tutta la fase che va dal 1861 al 1880, il sistema amministrativo mantenne alcune caratteristiche dominanti: a) le dimensioni contenute; b) le funzioni ancora ridotte, tipiche di uno 0 0 9 3Stato leggero 0 0 9 4; c) la relativa mobilità interna (passaggi frequenti da un 0 0 9 2amministrazione da un 0 0 9 2altra) e l 0 0 9 2accentuato scambio di esperienze professionali; d) un reticolo di regole interne non codificate e, spesso, lasciate alla discrezionale interpretazione dei capi degli uffici; e) l 0 0 9 2osmosi tra politica e amministrazione, essendoci un 0 0 9 2identità di fatto tra vertici politici e amministrativi, caratterizzati dalla stessa estrazione geografica, sociale, culturale e politica, tanto da essere spesso fungibili tra loro nei due diversi ruoli.
Il quadro dell 0 0 9 2amministrazione italiana comincia a cambiare nei primi anni Ottanta, soprattutto con il venir meno dell 0 0 9 2osmosi tra politica e amministrazione (nel 1876 la Sinistra storica era andata al governo; nel 1882 si era allargata la base elettorale). Ciò comporta una maggiore rilevanza della formazione del burocrate. Cessò la possibilità di percorrere la carriera amministrativa dal basso verso l 0 0 9 2alto senza soluzione di continuità e si inserirono cesure orizzontali legate al titolo di studio. Si creavano, così, nel corpo della burocrazia, tre grandi fasce, corrispondenti a funzioni diverse (di concetto, di ordine e esecutive). Inoltre, accanto alla tradizionale burocrazia amministrativa, si sviluppa la burocrazia tecnica, sorta nell 0 0 9 2ambito delle nuove funzioni legate all 0 0 9 2espansione dello Stato ordinatore e organizzatore della società.
Con Crispi si assistette all 0 0 9 2emergere della seconda generazione burocratica e al riassestamento del modello amministrativo postunitario. Le garanzie di legalità si traducono in regole di funzionamento dell 0 0 9 2apparato; i controlli si irrigidiscono e le procedure interne si cominciano ad appesantire e ad allungare. Del resto la normativa Crispina, che fu prevalentemente amministrativa (è del 1889, ad esempio, la creazione della IV sezione del Consiglio di stato e l 0 0 9 2introduzione della giurisdizione amministrativa), accrebbe enormemente i compiti dell 0 0 9 2apparato esecutivo. Il rimedio fu trovato, oltre che nell 0 0 9 2intensificazione del lavoro ordinario, nelle cd. assunzioni straordinarie. La crescita delle attività impose, anche, una standardizzazione dei comportamenti amministrativi. La pratica amministrativa veniva, ora, strutturata secondo moduli ripetitivi, simili in tutte le amministrazioni per tipi analoghi di attività. Nonostante l 0 0 9 2ingente carico di lavoro, la macchina amministrativa, ancora negli anni Novanta rispondeva all 0 0 9 2input ricevuto. Del resto, l 0 0 9 2apparato crispino restava ancora contenuto nelle dimensioni, sebbene strutturato sulle direzioni generali istituite presso i Ministeri, in luogo dei precedenti segretari generali; il collegamento tra centro e periferia funzionava con una certa
immediatezza; qualità dei burocrati e idoneità delle regole interne consentivano di fronteggiare i compiti inediti di uno Stato di fine secolo.
2. L 0 0 9 2amministrazione giolittiana (1900 0 0 9 61914)
A differenza di altri paesi europei, in cui lo sviluppo dell 0 0 9 2amministrazione coincide con l 0 0 9 2unificazione politica, in Italia si assiste al cd. 0 0 9 3decollo amministrativo 0 0 9 4soltanto nel primo quindicennio del Novecento, periodo che si caratterizza per l 0 0 9 2azione di governo di Giovanni Giolitti. Infatti, salvo la breve parentesi del governo Zanardelli (febbraio 1901 0 0 9 6novembre 1903), in cui, comunque, Giolitti occupava il posto di Ministro dell 0 0 9 2Interno, il periodo 1901 0 0 9 61914 conobbe tre sole interruzioni al predominio giolittiano: a) la prima (fittizia) dal marzo 1905 al febbraio 1906, quando il luogotenente giolittiano Fortis assunse la presidenza, grazie al 0 0 9 3passaggio di mano 0 0 9 4del suo leader; b) la seconda, politicamente più rilevante, con il governo Sonnino (dall 0 0 9 28 febbraio 1906 al 29 maggio 1906); c) la terza rappresentata dal secondo ministero Sonnino (11 dicembre 1909 0 0 9 631 marzo 1910) e dal successivo governo Luzzatti (31 marzo 1910 0 0 9 630 marzo 1911).
Dopo la crisi economico 0 0 9 6sociale, ma soprattutto politico 0 0 9 6istituzionale di fine secolo, nei quindici anni di governo, Giolitti attua la sua opera di riforma non caratterizzandola con l 0 0 9 2introduzione di imponenti leggi di mutamento dell 0 0 9 2ordinamento precedente (come era accaduto nell 0 0 9 2epoca crispina), ma incentratandola sulla cd. 0 0 9 3administrative revolution 0 0 9 4.
Così, nel periodo giolittiano emergono sei nuovi fenomeni, destinati a mutare la fisionomia dell 0 0 9 2amministrazione italiana:
0 0 9 6 Crescita delle dimensioni dell 0 0 9 2Amministrazione (126.000 dipendenti pubblici nel 1891, 377. nel 1910: sarebbero stati 509.000 nel 1923). L 0 0 9 2avvento di nuove politiche sociali da parte dei poteri pubblici, dapprima a carico soprattutto dei poteri locali (legge sulle municipalizzazioni del
dell 0 0 9 2età giolittiana. Nasce, perciò, un modello alternativo di amministrazione: amministrazione secondo lo scopo, di piccole dimensioni, caratterizzata da controlli ridotti al minimo e ispirata a 0 0 9 3criteri industriali 0 0 9 4. Il 0 0 9 3decollo amministrativo 0 0 9 4, nelle sue componenti già evidenziate, provoca nel primo quindicennio del Novecento conseguenze dal punto di vista sociologico, istituzionale e dell 0 0 9 2organizzazione dell 0 0 9 2amministrazione.
Dal punto di vista sociologico, la principale conseguenza dei fenomeni descritti è l 0 0 9 2acquisizione di consapevolezza da parte della burocrazia statale (il ceto degli impiegati) di essere la reale protagonista sociale del quindicennio, in quanto partecipante in via diretta allo sviluppo economico-sociale del paese (mentre era stata in una posizione secondaria nel processo di unificazione nazionale). Scomparsa la figura ottocentesca dell 0 0 9 2impiegato ministeriale modesto e mediocre, rassegnato all 0 0 9 2angusta dimensione della vita di ufficio, malpagato e poco considerato a livello sociale, il burocrate dell 0 0 9 2età giolittiana si trovò a far parte dell 0 0 9 2ascendente classe media urbana. Sintomatico l 0 0 9 2emergere in quegli anni di questioni sociali legate alla nuova classe sociali, come, ad esempio, il problema della 0 0 9 3casa agli impiegati 0 0 9 4. Così, a partire dal 1907, nacquero a Roma, e in altre città, i primi quartieri burocratici, cioè intere aree fabbricabili destinate dalle nuove leggi sull 0 0 9 2edilizia pubblica a divenire zone residenziali del nuovo ceto medio.
Dal punto di vista istituzionale, mutano gli equilibri tra le istituzioni.
Ruolo del Consiglio di Stato. 0 0 9 6Nel 0 0 9 3progetto burocratico di governo 0 0 9 4giolittiano, il Consiglio di Stato ebbe un ruolo fondamentale. Infatti, dopo un difficile periodo di rodaggio a seguito della riforma del 1889, il massimo consesso amministrativo vide nel 1907 definitivamente perfezionate le sue funzioni. L 0 0 9 2autorevolezza, insita già nel ruolo del Consiglio di Stato, fu rafforzata all 0 0 9 2inizio secolo dalla presenza al suo interno di un numero sempre maggiore di anziani esponenti dell 0 0 9 2eccellenza delle carriere burocratiche e da professori universitari di discipline giuridiche. Esempio di tale autorevolezza è rappresentato dalla giurisprudenza di quegli anni in materia di pubblico impiego, che, dando vita ai criteri ai quali il potere pubblico avrebbe dovuto attenersi perché la sua azione fosse considerata conforme al diritto, esercitò, seppure in via indiretta, una discreta attività di indirizzo sulle scelte dell 0 0 9 2amministrazione.
Ruolo della Corte dei Conti. 0 0 9 6Nel periodo giolittiano la Corte dei Conti accrebbe notevolmente la propria sfera di intervento, con un notevole incremento dei carichi di lavoro, sia per la competenza in materia di riscontro preventivo che consuntivo.
Da un punto di vista dell 0 0 9 2organizzazione del lavoro nell 0 0 9 2ambito del pubblico impiego, il decollo amministrativo comporta l 0 0 9 2affermazione di tre distinti fenomeni conseguenziali:
predominanza degli amministrativi sui tecnici 0 0 9 6Come già visto, la maggior parte della burocrazia italiana di inizio secolo proviene dal meridione e si caratterizza per una professionalità giuridico 0 0 9 6 amministrativa. Ciò comportò che gli studi di giurisprudenza divennero la base comune dell 0 0 9 2alfabetizzazione burocratica. Così in tutti i Ministeri, nel quindicennio giolittiano, si assiste all 0 0 9 2emarginazione delle carriere tecniche, anche attraverso norme che imponevano come requisito fondamentale per accedere ai massimi livelli dell 0 0 9 2amministrazione proprio la laurea in giurisprudenza. Di tale emarginazione risentirono gli stessi corpi tecnici dello Stato (ad esempio, il Genio Civile), che videro ridimensionate le proprie funzioni e la propria professionalità tecnica dalle norme che impedivano ai tecnici di raggiungere il vertice delle direzioni generali, riservando le funzioni direttive supreme agli amministrativi;
nascita di un primo sindacalismo del pubblico impiego 0 0 9 6Nonostante che all 0 0 9 2inizio del Novecento la burocrazia statale italiana si presentasse ancora come un corpo fortemente compatto, anche da un punto di vista sociale, come già evidenziato, l 0 0 9 2avvento del primo sindacalismo del pubblico impiego si struttura in una miriade di forme organizzative e associazioni (società, mutue, microsindacati). Le forme più diffuse per i dipendenti delle amministrazioni centrali erano le 0 0 9 3associazioni dei centralisti 0 0 9 4, ma soprattutto le 0 0 9 3federazioni nazionali 0 0 9 4. Queste organizzazioni, simili per struttura e finalità alle federazioni operaie di mestiere, in una prima fase, fecero proprie anche tematiche di carattere generale come la deburocratizzazione dello Stato, l 0 0 9 2efficienza dell 0 0 9 2amministrazione, l 0 0 9 2adozione di nuovi
moduli organizzativi. Successivamente ebbero per obiettivi i miglioramenti retributivi, la tutela dei dipendenti dagli arbitri gerarchici e la riforma degli organici. Il giolittismo seppe misurarsi con il fenomeno sindacale accettandone gli aspetti di riscatto economico e ammettendo di fatto anche la presenza di nuovi moduli organizzativi negli uffici, ma contemporaneamente contrastandone con forza gli aspetti di più diretta rivendicazione di potere;
nuova legge per gli impiegati. 0 0 9 6Emblematica del doppio atteggiamento del giolittismo nei confronti delle rivendicazioni sindacali nel pubblico impiego è la legge 25 giugno 1908, n. 290 o legge Giolitti 0 0 9 6 Orlando (l 0 0 9 2allora Ministro di Grazia e Giustizia), che fu accolta dall 0 0 9 2opinione pubblica come una legge liberale, che, finalmente, interveniva a dettare regole certe sui diritti e i doveri dei dipendenti pubblici, e che, invece, fu definita dalle associazioni sindacali come 0 0 9 3legge capestro 0 0 9 4. Comunque, per la prima volta il rapporto di impiego con lo Stato trovava una sua fonte unitaria di regolazione, che, del resto, coronava, a suo modo, l 0 0 9 2evoluzione che il rapporto di pubblico impiego aveva subito nei primi cinquanta anni dello Stato unitario. Da una parte ne uscivano confermati i tratti gerarchici della struttura amministrativa (punto sul quale Giolitti non aveva voluto cedere); dall 0 0 9 2altra, però, si introducono i primi elementi di garanzia per il dipendente: 1) regole certe circa il reclutamento (di norma, per concorso pubblico); 2) modalità dell 0 0 9 2avanzamento basate su un criterio misto (per anzianità e per merito); 3) enunciazione dei diritti degli impiegati (compreso quello di associazione).
3. Dal periodo giolittiano al fascismo
Tra il 1915 e il 1918, durante la prima guerra mondiale, l 0 0 9 2amministrazione italiana, proprio causa dell 0 0 9 2eccezionalità gli eventi bellici, attraversò un periodo d 0 0 9 2intensa trasformazione, sotto diversi aspetti:
0 0 9 6 il passaggio da un apparato che, comunque, era fortemente 0 0 9 3governato 0 0 9 4dalla politica ad amministrazione responsabile in proprio, chiamata a scelte pratiche sostanzialmente autonome (anche in virtù del conferimento dei pieni poteri nel proprio ambito, causato dagli eventi bellici cui si stava assistendo); 0 0 9 6 il mutamento da una struttura tutto sommato uniforme e coerente ad un assetto organizzativo molto più variegato : si pensi, da un lato, all 0 0 9 2esperienza dei Ministeri bellici (caratterizzati dalle dimensioni ridotte e dall 0 0 9 2esistenza di campi di azione estremamente circoscritti), e, dall 0 0 9 2altro, all 0 0 9 2esperienza dei commissariati o degli uffici speciali (proliferati ovunque si imponesse l 0 0 9 2esigenza di una maggiore efficienza di risultati); 0 0 9 6 il rafforzamento del rapporto apparati burocratici ed economia, che già si era cominciato a sviluppare in alcuni settori dell 0 0 9 2amministrazione giolittiana, e che comportò il proliferare dei modelli organizzativi alternativi, anch 0 0 9 2essi apparsi timidamente già nel primo quindicennio;
Le principali conseguenze di questo mutamento e dell 0 0 9 2epilogo del conflitto bellico furono un enorme incremento della spesa pubblica e una non prevista pervasività della legislazione di guerra, che, pur nascendo come legislazione di emergenza, aveva introdotto nell 0 0 9 2ordinamento istituti, procedure e prassi che vi sarebbero rimaste ben oltre la conclusione del conflitto.
Nei concitati anni del dopoguerra, F. S. Nitti fu il primo politico a capire che bisognava mettere a frutto l 0 0 9 2esperienza della guerra per organizzare l 0 0 9 2economia e l 0 0 9 2amministrazione in tempo di pace. Mentre sul piano economico egli mirava ad una forte modernizzazione del Paese al traino di interessi capitalistici forti, come, ad esempio, quelli dell 0 0 9 2industria elettrica, sul piano della questione amministrativa, Nitti puntava ad un processo di deburocratizzazione del Paese (sua la formula 0 0 9 3pochi
Dagli esiti contradditori della riforma De Stefani e dalle reazioni fasciste successive si generarono una serie di conseguenze:
l 0 0 9 2escalation della burocrazia della cifra aveva provocato una serie di tensioni interne agli stessi Ministeri, accelerando quel fenomeno che caratterizza l 0 0 9 2ultima parte del regime fascista : la cd. 0 0 9 3fuga dai Ministeri 0 0 9 4;
il blocco delle assunzioni nel 1926 e la lunga stasi conseguente causarono da un lato un rapido invecchiamento della burocrazia e dall 0 0 9 2altro il mancato rinnovamento politico e morale del pubblico impiego, per cui la cultura del personale restò quella dell 0 0 9 2età liberale, facendo fallire, quindi, il proposito di creare una 0 0 9 3burocrazia con la camicia nera;
nonostante la non 0 0 9 3fascistizzazione 0 0 9 4della burocrazia, tuttavia, il graduale inserimento del partito nello Stato si servì ugualmente del dipendente pubblico come strumento catalizzatore e conservatore del consenso; infatti, è vero che la piccola borghesia burocratica italiana rimase sostanzialmente estranea al processo di politicizzazione globale, ma è ugualmente innegabile che vi fu, in forme più o meno sincere, un 0 0 9 2 adesione dei pubblici dipendenti al fascismo , come sbocco naturale dei valori tradizionali di questo ceto medio;
Nel corso degli anni Trenta, non si registra alcun tentativo di riforma generale della pubblica amministrazione. Ci si limita a riformare taluni Ministeri e a crearne di nuovi (come, ad esempio, il Ministero dell 0 0 9 2Educazione nazionale, il Ministero delle Corporazioni, il Ministero della cultura popolare, il Ministero dell 0 0 9 2Africa italiana). La stessa legislazione sul pubblico impiego si caratterizza per interventi frammentari e di ridotta ambizione; la maggior parte, comunque, indirizzati ad una fascistizzazione obbligata, ma solo esteriore dei dipendenti (ad esempio, il passaggio delle associazioni dei dipendenti sotto il controllo del Partito nazionale fascista nel 1931; il requisito della tessera del Partito nazionale fascista per l 0 0 9 2ammissione agli impieghi pubblici nel 1938; l 0 0 9 2imposizione dell 0 0 9 2uniforme agli impiegati nel 1938) oppure agli obiettivi della campagna demografica (ad esempio, nel 1937, il congedo straordinario per matrimonio e l 0 0 9 2aumento di stipendio per la nascita del primo figlio). Pertanto, il pubblico impiego, oggetto nel decennio precedente di misure legislative autoritative, ma ambiziose (seppure spesso poco incisive), sembrava rientrare, negli anni Trenta, nei confini di una gestione ordinaria del quotidiano.
In questo clima di ordinaria gestione del settore amministrativo, tre fenomeni appaiono, invece, degni di nota, anche per le ripercussioni che presenteranno nella successiva evoluzione della storia amministrativa:
La nuova collocazione delle donne impiegate. 0 0 9 6La legislazione degli anni Trenta inibì alle donne definitivamente e tassativamente gli impieghi implicanti esercizio di poteri pubblici giurisdizionali o l 0 0 9 2esercizio di diritti o potestà politiche o che attenessero alla difesa dello Stato, dando, inoltre, alle amministrazioni la possibilità di stabilire nei bandi di concorso l 0 0 9 2esclusione del personale femminile o i limiti entro i quali contenerne l 0 0 9 2assunzione. Quindi, nel 1938 un decreto disciplinò l 0 0 9 2assunzione di personale femminile negli impieghi pubblici e privati in senso ulteriormente restrittivo, fissando in un massimo del 10% rispetto agli organici la percentuale eventualmente disponibile per le donne;
Il governo dei direttori generali. 0 0 9 6Dato che la legislazione degli anni Trenta dimostra che la politica non ha più velleità di invasione del settore amministrativo, il governo della burocrazia rimane delegato esclusivamente alle gerarchie amministrative, cui già era stato consegnato dalla mancata realizzazione della riforma De Stefani. In corrispondenza a ciò, i direttori generali, in cambio della rituale adesione al regime, assumevano un ruolo sempre più incisivo nel modello di governo di Mussolini, tanto da divenire una sorta di consiglieri del dittatore, partecipando spesso ad incontri e riunioni.
L 0 0 9 2amministrazione per enti. 0 0 9 6Mentre l 0 0 9 2amministrazione dei Ministeri si irrigidiva nella staticità già descritta, la 0 0 9 3fuga dall 0 0 9 2amministrazione 0 0 9 4, iniziata durante l 0 0 9 2età giolittiana con le prime amministrazioni parallele, si approfondisce e approda a nuovi modelli di organizzazione del potere pubblico. Così, attraverso la gestione sapiente di un 0 0 9 2elite di tecnocrati, si ottenne un importante effetto di indirizzo delle risorse e di sostegno all 0 0 9 2economia. Tuttavia, il grande sviluppo dell 0 0 9 2amministrazione parallela si ebbe dopo la crisi degli anni Trenta, quando la formula organizzativa dell 0 0 9 2ente pubblico economico fu estesa, grazie soprattutto all 0 0 9 2opera di Beneduce, anche alla gestione industriale, con la
creazione dell 0 0 9 2Imi nel 1931 e, soprattutto, dell 0 0 9 2Iris nel 1933, configurando un nuovo modello di intervento economico con finalità pubbliche, ma con forme privatistiche. Il processo di entificazione riguardò, poi, altri settori (dalla previdenza e assistenza al credito, al turismo, allo spettacolo ecc.). pertanto, sotto lo Stato 0 0 9 6monumento del regime, apparentemente monolitico e assoluto monopolista del potere, si assiste alla nascita di istituzioni minori, ognuna preposta ad una sua area di competenza, autonoma e dotata di capacità di autorganizzazione. Data l 0 0 9 2importanza ricoperta da tali enti, si comprende il motivo per cui spesso gli storici hanno sostenuto che i vertici amministrativi degli enti furono per molti versi la vera burocrazia del fascismo.
5. La 0 0 9 3questione amministrativa 0 0 9 4dagli anni '50 alle riforme Cassese.
Gli anni 0 0 9 150 costituiscono una sorta di spartiacque per la politica della riforma amministrativa, che riceve una consacrazione ufficiale. Nel gennaio 1950 viene, infatti, costituito un apposito ufficio presso la Presidenza del Consiglio dei ministri (affidato alla responsabilità di un Ministro senza portafoglio), poi denominato Ufficio per la riforma dell 0 0 9 2amministrazione, antesignano dell 0 0 9 2odierno Dipartimento della funzione pubblica.
Il nuovo organismo si sarebbe presto identificato con la figura del sottosegretario che ne ebbe dal 1951 al 1955 la responsabilità, Roberto Lucifredi. Accanto a lui ruotava un gruppo forte di una ventina di giovani funzionari. Questo pool cercò di trapiantare nell 0 0 9 2amministrazione tecniche organizzative e metodi di lavoro della moderna scienza dell 0 0 9 2organizzazione di matrice anglosassone: uffici di studio e di propulsione, analisi di costi e dei tempi di esecuzione amministrativa, corsi di formazione del personale, razionalizzazione delle tecniche di lavoro, ecc.
I temi erano già stati oggetto di isolati tentativi di taylorismo amministrativo negli anni 0 0 9 220. Ora però venivano sviluppati con maggiore sistematicità, seppur in una sede in qualche misura 0 0 9 3esterna 0 0 9 4 rispetto all 0 0 9 2attività quotidiana dei ministeri. L'ufficio ebbe indubbiamente un ruolo importante, ma più sotto il profilo della elaborazione che non di quello delle realizzazioni, dove finì per soccombere di fronte alle forti resistenze. Lo stesso ruolo di spinta e coordinamento che una rinnovata Presidenza del Consiglio avrebbe dovuto assumere cozzava contro il processo di inarrestabile 0 0 9 3feudalizzazione 0 0 9 4dei ministeri, che una classe politica arrembante andava realizzando. Lucifredi era, comunque, riuscito a cogliere il nesso tra l 0 0 9 2efficienza del settore pubblico e quella del settore privato, quali realtà confluenti nella sintesi del 0 0 9 3sistema paese 0 0 9 4. La sua opera mirava, però, a razionalizzare gli uffici in modo da rendere la loro attività semplice e rapida, ma sempre all'interno di un sistema rigido ed accentrato. I canoni della uniformità organizzativa e della gerarchia erano coerenti sia con il tipo di cultura personale di Lucifredi che con le scelte della classe dirigente dell 0 0 9 2epoca. La stessa legge delega per l'emanazione delle norme relative al nuovo stato giuridico dei dipendenti statali risultò contraddittoria. Il successivo T.U. 10 gennaio 1957, n. 3, fu assai meno incisivo di quanto si aspettassero i riformatori dello staff di Lucifredi, limitandosi a disegnare 4 carriere (direttiva, di concetto, esecutiva e ausiliaria), senza accogliere la proposta di introduzione del 0 0 9 3grado funzionale 0 0 9 4. Anche la prima parziale deconcentrazione di competenze dal centro alla periferia (l. n. 150/1953) fu operate senza alcun significativo trasferimento di funzioni agli enti locali.
Negli anni sessanta, il tema della riforma amministrativa si legò con quello della programmazione economica (cfr. le ipotesi elaborate dalla Commissione Medici), senza, tuttavia, approdare a risultati significativi. Il decennio successivo fu dominato dalla regionalizzazione e dall 0 0 9 2avvento della dirigenza (d.P.R. n. 748/1972). Contestualmente, si affacciano nuovi modelli di amministrazione: quello del sistema nazionale (sperimentato per la Sanità), modello adespota che non vede al centro una struttura pubblica, creata per rendere un servizio, ma la funzione, intorno alla quale ruotano i diversi 0 0 9 3livelli di governo 0 0 9 4; quello della partecipazione , modello ispiratore della riforma degli organi collegiali della scuola.
Rinnovati studi furono avviati con le commissioni Giannini (1979-1981). Questa stagione vede il suo punto più alto nel 0 0 9 3Rapporto sui principali problemi dell 0 0 9 2amministrazione dello Stato 0 0 9 4, che evidenziava la necessità della convergenza sulla riforma di 0 0 9 3politici, funzionari e sindacalisti 0 0 9 4. Vi sono,
Negli ultimi anni del ventesimo secolo, l 0 0 9 2amministrazione pubblica italiana è investita da un processo riformatore di grande portata. Numerosi interventi legislativi 0 0 9 7la legge delega 59/ (meglio conosciuta come «Bassanini»), le leggi 127/1997 e 191/1998 (dette Bassanini bis e ter), seguite dalle prime due leggi annuali di semplificazione (la n. 50/1999 e la n. 340/2000) e dal complesso dei conseguenti provvedimenti di attuazione 0 0 9 7hanno realizzato un esteso conferimento di funzioni amministrative in favore delle Regioni e degli enti locali. La realizzazione del cd. federalismo amministrativo, ovvero federalismo «a Costituzione invariata» ha, conseguentemente, reso necessario un ampio riordino dell 0 0 9 2organizzazione dell 0 0 9 2amministrazione statale, accompagnato da una considerevole semplificazione dei procedimenti amministrativi e dalla complessiva riforma del sistema della regolazione.
Decentramento e semplificazione sono i temi più evidenti delle riforme. Il ruolo stesso dello Stato, nel rapporto con le autonomie, è decisamente mutato. L 0 0 9 2amministrazione diretta ha ceduto il passo alla funzione di indirizzo e coordinamento. Le relazioni con le Regioni e gli enti locali sono improntate non più alla direttiva quanto, piuttosto, alla cooperazione attraverso la negoziazione. La modernizzazione passa per la trasformazione dell'amministrazione dello Stato in un'amministrazione leggera, di "core business". La concentrazione delle risorse dello Stato sulle funzioni essenziali si sviluppa secondo due processi.
Il primo, sotto il nomen di sussidiarietà orizzontale, opera, a sua volta, su due direzioni:
0 0 9 6 attraverso il particolare favor riconosciuto a famiglie, associazioni e altre formazioni di base per l 0 0 9 2assolvimento di funzioni e compiti di rilevanza sociale. Ai pubblici poteri resta il compito di dettare regole e standard (rafforzamento dello Stato regolatore rispetto allo Stato gestore).
Il secondo processo, sintetizzato dalla formula della sussidiarietà verticale, si concretizza, invece, nel principio che, a parità di condizioni di adeguatezza amministrativa, la responsabilità di una prestazione ricada sull'ente più vicino al cittadino. L 0 0 9 2introduzione di tale principio nell 0 0 9 2ordinamento italiano è strettamente connesso con il capovolgimento della regola per la quale agli enti «minori» spettano le competenze loro riservate dalla legge. Il principio è adesso l 0 0 9 2inverso: è allo Stato che spettano solo le materie che la legge gli riserva; tutte le altre spettano alle Regioni ed agli enti locali.
Alla delega al Governo per il riordino della struttura amministrativa statale e degli enti pubblici nazionali è seguita la più grande riforma amministrativa del dopoguerra, paragonabile per entità soltanto alla «riforma De Stefani» del 1927, ma ad essa superiore se si considera che il riordino dei ministeri adottato è la prima legge organica sulla materia dopo la legge Cavour del 1853 (l. n. 1843/1853).
I decreti delegati hanno razionalizzato l 0 0 9 2ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri (D.Lgs n. 303/1999); hanno riordinato i Ministeri (D.Lgs. n. 300/1999), riducendone il numero e generalizzando un modello organizzativo basato su dipartimenti e agenzie (strutture, queste ultime, a loro volta deputate a garantire peculiari ambiti di autonomia per lo svolgimento di compiti tecnico- operativi); riorganizzato, fuso o soppresso le amministrazioni centrali ad ordinamento autonomo, le aziende di Stato e gli enti pubblici nazionali; riformato i meccanismi di controllo, puntando sulla verifica dei risultati (D.Lgs. n. 286/1999); riorganizzato gli organi periferici delle amministrazioni centrali, trasformando le Prefetture in Uffici Territoriali del Governo; realizzato la 0 0 9 3seconda privatizzazione 0 0 9 4del pubblico impiego, a completamento dell 0 0 9 2opera di omogenizzazione del lavoro pubblico con quello privato.
Con la l. n. 59/1997 viene, inoltre, sancito di avvalersi, per conseguire generali obiettivi di semplificazione, di un apposito strumento legislativo a cadenza annuale, superando così la prassi delle delegificazioni disposte 0 0 9 3a grappolo 0 0 9 4da leggi di carattere intersettoriale (cfr., ad es., la l. n. 537/1993) ovvero da leggi di riforma di singoli settori. La legge 8 marzo 1999, n. 50, prima legge annuale di semplificazione, istituzionalizza anzi il rilievo del tema della regolazione di qualità ( 0 0 9 3better regulation 0 0 9 4 ),
attraverso una maggiore stabilità e 0 0 9 3visibilità 0 0 9 4dei processi di attuazione della relativa politica governativa (la semplificazione assurge, così, al rango di vera e propria strategia complessiva di governo della regolazione). Le nuove soluzioni corrispondono ad alcune delle principali raccomandazioni dell 0 0 9 2OCSE, l 0 0 9 2Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (cfr. laRecommendation on Improving the Quality of Government Regulation del 1995, l 0 0 9 2 OECD Report on Regulatory Reform del 1997 e la Review cui si è sottoposto recentemente il nostro paese), ed inseriscono l 0 0 9 2Italia a pieno titolo nello sforzo internazionale verso una regolazione di qualità.
8. Le riforme della giustizia amministrativa.
La struttura fondamentale del sistema italiano di giustizia amministrativa è stata delineata da due leggi della seconda metà dell 0 0 9 2ottocento, la n. 2248/1865 (all. E) e la n. 5922/1889.
La prima abolì il sistema del contenzioso amministrativo (di stampo francese) e, in conformità al principio liberale di separazione dei poteri, istituì una giurisdizione unica per le controversie con la pubblica amministrazione relative a diritti soggettivi, devoluta al giudice ordinario. Al contempo, venivano tracciati i limiti di tale giurisdizione nei confronti degli atti della P.A., precludendo al giudice ordinario l 0 0 9 2annullamento o la modifica degli atti amministrativi lesivi di diritti.
Con la seconda legge fu, invece, istituita la IV sezione del Consiglio di Stato, fino ad allora organo prevalentemente consultivo. Al nuovo giudice amministrativo fu attribuita una giurisdizione di legittimità per l 0 0 9 2annullamento di atti amministrativi viziati da incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge, lesivi di 0 0 9 3interessi di individui o di enti morali e giuridici 0 0 9 4, di seguito definiti interessi legittimi.
Successivamente, la legge n. 62/1907 estese, per un numero limitato di materie, la cognizione dei giudici amministrativi anche al merito. Il r.d. n. 2840/1923 introdusse, poi, la giurisdizione esclusiva: in deroga al criterio di riparto di giurisdizione fondato sulla natura della posizione soggettiva (diritto soggettivo o interesse legittimo), furono devolute alla cognizione del giudice amministrativo intere materie, tassativamente indicate, prima fra tutte quella del pubblico impiego.
La Costituzione repubblicana ha recepito la distinzione tra diritti soggettivi e interessi legittimi (artt. 24 e 103); ha lasciato al legislatore la scelta degli organi giurisdizionali competenti ad annullare gli atti amministrativi (art. 113); ha previsto l 0 0 9 2istituzione di organi giurisdizionali amministrativi di primo grado in ogni regione (art. 125). Questi ultimi sono stati istituiti solo nel 1971 con la legge n. 1034. La legge n. 186/1982 ha, invece, dato vita al Consiglio di presidenza della magistratura amministrativa, organo a garanzia dell 0 0 9 2indipendenza dei giudici amministrativi. Il costante apporto della giurisprudenza e della dottrina si è, parallelamente, rivelato essenziale nell 0 0 9 2adeguare i principi legislativi in materia di giustizia amministrativa alle trasformazioni ed evoluzioni della pubblica amministrazione del nuovo stato democratico, limitando, in particolare, forme di tutela privilegiata dell 0 0 9 2amministrazione e favorendo strumenti e regole che garantissero una protezione effettiva agli interessi degli amministrati.
La maggior offerta di giustizia decentrata, conseguente alla istituzione dei Tribunali amministrativi regionali, ha agito da volano dell 0 0 9 2aumento del numero di ricorsi, cresciuti già di otto volte nel giro dei primi sette anni di funzionamento dei Tar. Fattori concorrenti ad innescare la crisi della giustizia amministrativa si sono, altresì, rivelati il generale peggioramento dell 0 0 9 2azione amministrativa e la accresciuta litigiosità dei cittadini, non compensati da proporzionali aumenti del numero dei giudici. I tempi delle sentenze di merito dei Tar e del Consiglio di Stato hanno cominciato a contarsi, di norma, ad anni. Nel 1998 si è giunti a sfiorare gli 890.000 ricorsi pendenti, mentre le cause decise in primo grado sono state 52.000 e 11.629 in secondo grado, numeri lontani da qualsivoglia media europea.
Una riforma del processo amministrativo, ormai improcrastinabile, è stata, alfine, realizzata dalla legge n. 205/2000, che conferma, razionalizza e stabilizza una serie di innovazioni introdotte negli ultimi anni, aprendo prospettive di sviluppo del processo amministrativo nella direzione di una effettività più piena e di una paritarietà delle tecniche di tutela impiegate dal giudice amministrativo e dal giudice ordinario rispetto a situazioni giuridiche soggettive di consistenza identica.