Scarica Riassunto "Manuale di Diritto Amministrativo" - Marcello Clarich e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Amministrativo solo su Docsity! 1 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich MANUALE DI DIRITTO AMMINISTRATIVO CAPITOLO 1 INTRODUZIONE 1. Premessa Il diritto amministrativo può essere definito come quella branca del diritto pubblico interno che ha per oggetto l’organizzazione e l’attività della pubblica amministrazione. - L’organizzazione (materiale) riguarda il profilo fisico, strutturale e organizzativo della pubblica amministrazione, cioè come questa è strutturata, articolata, organizzata e quindi riguarda anche l’esistenza di uffici fisici, di persone che vi lavorano all’interno, riguardano tutti i profili statici. - L’attività (immateriale) non è il profilo statico ma è il profilo dinamico della pubblica amministrazione, perché è quello che fa la pubblica amministrazione. Esso riguarda in particolare i rapporti che la pubblica amministrazione instaura con i soggetti privati nell’esercizio di poteri ad essa conferiti dalla legge per la cura di interessi della collettività. La pubblica amministrazione non si auto-intesta i poteri, ma le sono conferiti poteri dalla legge (dal legislatore). Il diritto amministrativo regola i rapporti e le relazioni tra impresa e pubblica amministrazione e tra cittadini e pubblica amministrazione. Gli interessi del singolo non sono necessariamente l’interesse pubblico, ma è un interesse che sommato a quello degli altri cittadini viene tenuto sempre in considerazione dalla pubblica amministrazione nel curare un interesse pubblico. Quindi l’interesse pubblico è comunque un interesse che ha delle ricadute sui cittadini, e che guarda al benessere collettivo. Si trova nel diritto amministrativo una dialettica tra autorità e libertà, un rapporto tra autorità esercizio del potere pubblico e libertà di chi si vede travolto da questo potere. Quando il rapporto ha iniziato a pendere verso le libertà, e quindi il diritto amministrativo è diventato sempre di più uno strumento di garanzia, gli interessi legittimi non sono stati più un quid minoris, quindi un qualcosa di meno rispetto ai diritti soggettivi, ma un qualcosa di più, perché l’interesse legittimo racchiude tutte quelle garanzie e protezioni di cui il cittadino è titolare al cospetto del potere. Tecnicamente il diritto amministrativo, secondo Vittorio Emanuele Orlando, era un sistema, quindi aveva già la visione di un diritto articolato. Per sistema si intende le parti di un tutto, ed è già una sfida parlare di diritto amministrativo in questi termini perché il diritto privato a differenza del diritto amministrativo è per eccellenza un sistema. 2 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich Le pubbliche amministrazioni sono dei sistemi complessi che compongono un unico sistema articolato che è la pubblica amministrazione (definita pubblica amministrazione al singolare perché rappresenta un interlocutore unico del cittadino) Il diritto amministrativo fatica ad essere un sistema perché è un diritto molto disorganico, disordinato e a produzione alluvionale perché si crea per sovrapposizioni, per stratificazioni, che spesso lasciano l’operatore e l’interprete disorientato. Lo Stato è l’amministrazione per eccellenza, è una pubblica amministrazione, e i suoi fini pubblici sono intesi come fini dello Stato. Lo Stato esiste in quanto rappresenta gli interessi dei suoi cittadini, quindi fa gli interessi degli interessi dei cittadini, e soddisfa gli interessi perché è formato da cittadini che si riconoscono nello Stato. La dinamica dell’esponenziale è importante per capire questo meccanismo: bisogna porre l’attenzione sull’elemento finalistico, e vuol dire che il diritto amministrativo è un diritto funzionale, cioè che guarda allo scopo (la cura degli interessi pubblici). La parola amministrazione, dalla radice etimologica del verbo administro, vuol dire dirigere, governare, ma vuol dire anche dal termine minister, servire, colui che serve. Il diritto amministrativo nasce come attività che coadiuvava il sovrano e di chi eseguiva i suoi ordini; quindi era lo strumentario di chi deteneva il potere. C’è quindi una duplice direzione: governare ed eseguire gli ordini. Riguardo la distinzione tra i poteri, il potere amministrativo corrisponde al potere esecutivo. Il diritto amministrativo è un diritto che si distingue per concretezza, rispetto alle altre aree dell’ordinamento giuridico, perché tutto quello che ci si trova a fare da quando si nasce fino a quando non si sarà più in vita sarà scandito da operazioni che porteranno ad interloquire con una o più pubbliche amministrazioni. Quindi la vita di un individuo deve misurarsi con questo diritto per la presenza del dialogo continuo con le pubbliche amministrazioni, quelle che nella maggioranza dei casi si indica con la burocrazia. Del resto, la distinzione tra diritto pubblico e diritto privato rimase in uno stato embrionale almeno fino in epoca moderna. Il diritto pubblico si ricollega culturalmente al dibattito politico e filosofico settecentesco sul fondamento e sulla legittimità del potere del sovrano. Assunse poi la consistenza di una branca sviluppata del diritto allorché giunse a maturazione lo Stato costituzionale di diritto. Le costituzioni liberali ottocentesche (in Piemonte, lo Statuto albertino del 1848) posero le basi normative a partire dalle quali la dottrina, soprattutto tedesca, elaborò i concetti fondamentali del diritto pubblico (sovranità, Stato persona, diritti pubblici soggettivi). 5 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich - Il trasferimento della titolarità della sovranità dal rex legibus solutus (il re è sciolto dal vincolo delle leggi) a un parlamento eletto da un corpo elettorale, prima ristretto e poi esteso (suffragio universale); - La separazione dei poteri, necessaria per rompere il monopolio del potere in capo al sovrano assoluto, unita alla previsione di un sistema di pesi e contrappesi (checks and balances) volto a evitare abusi ai danni dei cittadini. Potere legislativo (parlamento); potere esecutivo (re); potere giudiziario (magistratura indipendente). Il potere esecutivo viene così sottoposto alla legge, cioè alla supremazia del parlamento; - L’inserimento nelle costituzioni di riserve di legge, che escludono (riserva di legge assoluta - valore positivo) o limitano (riserva di legge relativa - valore negativo) il potere normativo del governo, perché il potere regolamentare del governo è ammesso solo nelle materie non sottoposte a riserva di legge assoluta. Nelle materie coperte da riserve di legge relativa esso può esprimersi solo nel rispetto dei limiti e dei principi stabiliti dalla legge (regolamenti esecutivi); - Il riconoscimento al cittadino della possibilità di ottenere la tutela delle proprie ragioni nei confronti della pubblica amministrazione innanzi a un giudice imparziale. Alla fine del XIX secolo, lo Stato di diritto si convertì in Stato a regime di diritto amministrativo. 2.3 Stato guardiano notturno, Stato sociale, Stato imprenditore, Stato regolatore In Francia, lo Stato guardiano notturno (XIX secolo) svolgeva due compiti: l’ordine pubblico interno e la difesa del territorio da nemici esterni. Spettavano dunque alla società civile e al mercato lo svolgimento delle attività economiche e la cura di altri interessi della collettività (sanità). La visione liberista e liberale dello Stato entrò in crisi, verso la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, con l’affermarsi di nuove ideologie (socialismo, cattolicesimo…). Lo Stato monoclasse, che rispecchiava solo gli interessi della società borghese, si trasformò in pluriclasse, mediando tra gli interessi differenziati di tutti gli strati sociali. Questi cambiamenti segnarono il passaggio a uno Stato interventista o Stato sociale. La crisi economica del 1929 causò fallimenti imprenditoriali e richiese interventi di salvataggio: aumentò così la presenza dello Stato nell’economia e si affermò il modello dello “Stato imprenditore”. I contributi finanziari pubblici diedero origine allo “Stato finanziatore”, poi vennero anche approvati i programmi di nazionalizzazione di alcuni settori ed emerse così anche lo “Stato pianificatore”. Per ridurre l’azione dei poteri pubblici, furono avviate politiche di liberalizzazione, con la soppressione di regimi di monopolio e di privatizzazione di molte attività. La Commissione Europea iniziò a vietare gli aiuti di Stato, cioè finanziamenti diretti alle imprese pubbliche o private tali da alterare la concorrenza. 6 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich Lo Stato imprenditore si trasformò in “Stato regolatore”, limitandosi a fornire gli strumenti di controllo necessari affinché l’attività dei privati non leda gli interessi pubblici (tutela degli utenti, della salute, dell’ambiente). I compiti di regolazione furono affidati ad agenzie indipendenti dal governo. 2.4 Cenni agli ordinamenti anglosassoni: l’Inghilterra e gli Stati Uniti In Inghilterra fu mantenuta la common law, cioè un diritto non codificato di derivazione giurisprudenziale. Un solo diritto, l’ordinary law of the land, governava i rapporti di tutti i soggetti dell’ordinamento. I poteri dell’esecutivo furono rafforzati e vennero istituiti i Tribunals, cioè organi amministrativi che gestivano le controversie. Negli Stati Uniti per combattere i monopoli venne approvato lo Sherman Act, primo esempio di legge antitrust, alla quale seguì l’istituzione di un’agenzia (Federal Trade Commission). Nel 1946, con l’approvazione dell’Administrative Procedure Act, si costituì uno dei modelli principali di legge sul procedimento amministrativo. Dagli anni Ottanta, furono introdotte misure volte a controllare e limitare l’attività delle agenzie, operando una riduzione della regolazione esistente (deregulation). Fu avviata la semplificazione delle procedure burocratiche (red tape) e promosso il ritiro dello Stato dalle politiche interventiste (rolling back the State). Le agenzie furono anche obbligate ad elaborare l’analisi costi e benefici della regolazione (cost-benefit analysis). 2.5 L’evoluzione della pubblica amministrazione in Italia In epoca cavouriana, fu adottato il modello dell’amministrazione per ministeri, con la concentrazione di poche funzioni pubbliche in capo a un nucleo ristretto di apparati. Nel 1890, il governo Crispi attuò un programma riformatore che portò alla pubblicizzazione delle Opere pie, cioè enti e strutture private operanti nel campo dell’assistenza sanitaria e sociale. Le Opere pie furono riorganizzate e trasformate in enti pubblici (le IPAB, Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza). In epoca giolittiana, furono istituite le prime aziende ed enti pubblici nazionali (Istituto Nazionale delle Assicurazioni – INA, Istituto Nazionale Previdenza Sociale – INPS). La grande crisi del 1929 determinò l’estensione della mano pubblica in numerosi settori economici. Nel 1933 venne istituito l’IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale) per salvare numerose imprese. Con la legge bancaria del 1936, vennero attribuiti agli apparati pubblici (Banca d’Italia l’Ispettorato per il credito) funzioni di controllo e di vigilanza sugli istituti di credito. 7 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich Nel 1962 venne nazionalizzato il settore dell’energia elettrica e istituito un ente pubblico economico (ENEL) per la gestione in regime di monopolio di tutte le attività della filiera (produzione, trasmissione, distribuzione…). Nel 1978 venne istituito il Servizio sanitario nazionale per la gestione pubblica dell’assistenza sanitaria. Questi interventi legislativi attuati dallo Stato imprenditore modificarono l’amministrazione in una conformazione multilivello di enti pubblici. A partire dagli anni Novanta, lo Stato imprenditore entrò in crisi e vennero avviati processi di liberalizzazione e privatizzazione di imprese. Si costituì lo Stato regolatore. Quasi tutti gli enti pubblici furono trasformati in società per azioni: si attuò una privatizzazione fredda, cioè di forma giuridica e una privatizzazione calda, cioè la dismissione totale o parziale dei pacchetti azionari in mano pubblica. La liberalizzazione portò all’istituzione di autorità di regolazione (Autorità per l’energia elettrica, il gas e i servizi idrici, AGCOM…) indipendenti e dotate di poteri di regolazione e vigilanza. Negli anni Novanta fu operata una riforma dei ministeri (leggi Bassanini 15 marzo 1997, n.59 e 15 maggio 1997, n.127). Il processo si è concluso con la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.3 che ridisegnò l’assetto delle competenze legislative dello Stato, delle regioni e delle funzioni amministrative dei vari livelli di governo (Stato, regioni, province, comuni) in base al principio della sussidiarietà verticale che privilegia le unità organizzative più vicine ai cittadini destinatari delle attività e dei servizi. Iniziò a essere visto in modo positivo anche il coinvolgimento della società civile nello svolgimento di attività di interesse pubblico, secondo il modello della sussidiarietà orizzontale, nella legge costituzionale n.3/2001. La crisi economica in Italia tra il 2011 e il 2012 ha favorito processi di spending review volti a contenere i costi e ridurre gli sprechi. A fine 2012 è stata approvata la legge anticorruzione (l.n.190/2012) che impone alle amministrazioni l’adozione di misure di prevenzione e obblighi di pubblicità. Nel 2015 è stata approvata la legge delega 7 agosto 2015, n.124 (legge Madia) che ha gettato le basi per una riforma della pubblica amministrazione. 2.6 Cenni conclusivi Lo sviluppo storico dal XIX secolo ad oggi è stato caratterizzato da 2 fenomeni: - Espansione e contrazione del campo di intervento dei poteri pubblici; - L’emergere di un diritto speciale per le pubbliche amministrazioni. Il diritto amministrativo cerca di conciliare l’esigenza di curare i molteplici interessi della collettività (interessi pubblici) con quella di garantire le libertà dei singoli. 10 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich Anche gli apparati burocratici possono essere considerati come agenti del parlamento che, nella veste di principale, attribuisce funzioni e risorse per gli interessi pubblici. I dirigenti possono essere considerati come agenti incaricati di svolgere la propria attività in funzione degli obiettivi individuati dai principali, cioè i vertici politici. Anche se gli interessi e gli incentivi dei dirigenti pubblici non coincidono sempre con quelli dei vertici politici: esiste una tensione tra politica e amministrazione. La regolazione pubblica dovrebbe quindi individuare gli strumenti (regole, incentivi, sanzioni) per allineare gli interessi dell’agente a quelli del principale e rappresenta uno strumento alternativo alla tassazione realizzare obiettivi di interesse pubblico. Per esempio, si possono ridurre i livelli di inquinamento introducendo una tassa ambientale a carico di determinate imprese. 3.5 La scienza dell’amministrazione La scienza dell’amministrazione si ricollega al filone di studi di finanza pubblica e aziendalistici ovvero alla cameralistica e alla scienza della polizia. 3.6 La scienza del diritto amministrativo L’applicazione del metodo giuridico al diritto amministrativo si deve a Vittorio Emanuele Orlando (XIX secolo), uomo politico e giurista. L’elaborazione di Orlando contribuì alla costruzione di un diritto amministrativo con una concezione liberale, statalistica e con aspetti autoritari dei rapporti Stato-cittadino. In questa prima fase, il diritto amministrativo concentrò la propria attenzione sull’attività amministrativa, attraverso l’elaborazione della teoria dell’atto amministrativo come espressione del potere unilaterale attribuito dalla legge agli apparati pubblici e del rapporto di sovra-sottordinazione tra Stato e cittadino. Successivamente, ci fu un ampliamento delle prospettive del diritto amministrativo verso fenomeni emergenti come gli enti pubblici e l’impresa pubblica. Anche la Costituzione repubblicana del 1948, pose attenzione ai profili organizzativi di un’amministrazione sempre più multilivello. Emerse anche una prospettiva (il diritto amministrativo paritario) con l’obiettivo di operare un riequilibrio nel rapporto tra Stato e cittadino con 2 modalità: - Il potenziamento delle garanzie formali e sostanziali (attraverso la nozione di procedimento amministrativo); - Nuovi moduli di regolamentazione tra privati e pubblica amministrazione. Con la legge n.241 del 7 agosto 1990 il diritto amministrativo ha perso progressivamente la propria autorità e il cittadino non viene più sovrastato dai poteri dell’amministrazione, ma viene valorizzata la sua posizione perché titolare di diritti e garanzie nei rapporti con la pubblica amministrazione. 11 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich 4. Il diritto amministrativo e i suoi rapporti con altre branche del diritto 4.1 Il diritto costituzionale Il diritto costituzionale riguarda i “rami alti” dell’ordinamento (parlamento, governo, Corte Costituzionale, magistratura, regioni), i diritti dei privati (libertà personale, religiosa, proprietà…) e le fonti del diritto. Il diritto amministrativo riguarda i “rami bassi”, cioè un complesso di apparati pubblici dotato di poteri. Il diritto costituzionale considera la Costituzione come la fonte suprema dell’ordinamento giuridico; il diritto amministrativo è regolato invece da fonti normative subcostituzionali (leggi, regolamenti, statuti…). Ci sono 2 nessi tra il diritto costituzionale e il diritto amministrativo: - Il diritto amministrativo è “il diritto costituzionale reso concreto”, cioè realizzato nella legislazione (ad esempio, il diritto alla salute trova attuazione pratica nella legislazione del servizio sanitario nazionale) - “Il diritto costituzionale passa, il diritto amministrativo resta” (Otto Mayer). Mentre le riforme costituzionali possono verificarsi anche rapidamente in seguito a moti rivoluzionari e rotture della Costituzione (in Francia dalla Rivoluzione ad oggi si sono succedute diverse Costituzioni); le riforme amministrative modificano l’organizzazione e il modo di operare degli apparati burocratici poco propense al cambiamento. 4.2 Il diritto europeo Il diritto amministrativo italiano ha acquisito una dimensione europea sotto 5 profili: 1) La legislazione amministrativa → l’art.117, Comma 1, Cost. stabilisce che la potestà legislativa dello Stato deve essere esercitata nel rispetto della Costituzione e dei vincoli dell’ordinamento comunitario. Per esempio, i settori dell’energia elettrica e del gas sono regolati da fonti europee; 2) L’attività → L’art.1, comma 1, l.n.241/1990 include tra i principi generali dell’attività amministrativa (economicità, efficacia, imparzialità, pubblicità) anche i principi generali dell’ordinamento comunitario, ripresi sia dai Trattati e dalle altri fonti del diritto europeo, sia dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea; 3) L’organizzazione → Il diritto europeo condiziona l’organizzazione degli apparati pubblici. Si pensi, ad esempio, al sistema europeo delle banche centrali del quale fanno parte anche le banche centrali nazionali; 4) La finanza → Il diritto europeo impone agli Stati membri vincoli alla finanza pubblica che condizionano l’operatività delle pubbliche amministrazioni. In seguito alla crisi finanziaria del 2008, alcuni Stati membri erano incapaci di far fronte ai costi dell’indebitamento, mettendo a rischio la moneta unica europea; 5) La tutela giurisdizionale → il diritto europeo esercita un’influenza sul diritto processuale amministrativo. Ad esempio, una direttiva del Parlamento europeo, in materia di ricorso negli appalti pubblici, ha imposto al legislatore italiano un rito speciale in materia di contratti pubblici. 12 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich 4.3 Il diritto privato I nessi tra diritto amministrativo e diritto privato sono riconducibili a 3 proposizioni: il diritto amministrativo è un diritto autonomo dal privato; non esaurisce tutta la disciplina dell’attività e dell’organizzazione della pubblica amministrazione che attinge sempre più a moduli privatistici; ha una capacità espansiva perché si applica anche a soggetti privati. • L’autonomia del diritto amministrativo L’autonomia del diritto amministrativo dal diritto privato emerge da un istituto introdotto dalla l.n.241/1990, cioè dagli accordi stipulati tra amministrazioni e soggetti privati. A questo tipo di accordi di natura pubblicistica “si applicano i principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili”. Il rinvio a regime codice civile è indiretto e selettivo: indiretto perché il rinvio è operato dai principi desumibili dalle disposizioni del codice civile, e quindi crea già un primo filtro; selettivo perché l’applicazione dei principi è subordinata a un giudizio di compatibilità con i principi del diritto amministrativo che prevalgono su quelli del diritto civile. Il diritto amministrativo e il diritto privato si collocano in una relazione di autonomia reciproca. Ciascuno dei due diritti è completo e autosufficiente, poiché eventuali lacune devono essere colmate facendo applicazione ai principi di ciascuna disciplina. La nascita del diritto amministrativo come disciplina autonoma si fa risalire in Francia all’Arrêt Blanco del 1873, una sentenza del Tribunale dei Conflitti in merito ad una causa per danni proposta da un privato. Il Tribunale dei Conflitti affermò che il giudice competente per le controversie in materia di service public (funzione pubblica o amministrativa) non è il giudice ordinario, ma il giudice amministrativo. La specialità del diritto amministrativo si giustifica per la necessità di curare l’interesse generale attraverso un bilanciamento degli interessi. L’autonomia del diritto amministrativo trova un parallelo nell’autonomia del diritto amministrativo processuale civile. • I moduli privatistici dell’attività e dell’organizzazione delle pubbliche amministrazioni L’attività delle pubbliche amministrazioni è regolata in parte da leggi amministrative e in parte dal diritto privato. Le pubbliche amministrazioni sono dotate di soggettività nell’ordinamento giuridico e godono di una capacità giuridica, intesa come l’attitudine ad assumere la titolarità di diritti e obblighi in conformità alle norme del codice civile e delle leggi speciali. La capacità giuridica è la capacità di essere parte attiva e passiva di relazioni. A differenza di ogni privato, che si vede attribuita questa capacità alla nascita, la soggettività giuridica piena è attribuita alle pubbliche amministrazioni per un fine, per realizzare un pubblico interesse. 15 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich CAPITOLO 2 La funzione di regolazione e le fonti del diritto 1. Premessa La funzione regolatrice della pubblica amministrazione include tutti gli strumenti formali e informali di condizionamento dell’attività dei privati. In molti ambiti, la pubblica amministrazione può sia porre le regole sia applicarle. Le pubbliche amministrazioni, prima ancora che soggetti regolatori, sono soggetti regolati. In uno Stato di diritto esse sono sottoposte a norme che ne disciplinano l’assetto organizzativo e funzionale. Emerge una distinzione tra “fonti sull’amministrazione” e “fonti dell’amministrazione”. - Le fonti sull’amministrazione hanno come destinatarie le pubbliche amministrazioni che diventano soggetti eteroregolati, sottoposti ai principi dello Stato di diritto, e le fonti ne disciplinano l’organizzazione, le funzioni e i poteri. Le fonti sull’amministrazione sono costituite da fonti normative di rango primario e secondario (regolamenti governativi). - Le fonti dell’amministrazione sono strumenti a disposizione delle pubbliche amministrazioni sia per regolare i comportamenti dei privati sia per disciplinare il loro funzionamento. Le fonti dell’amministrazione includono sia fonti normative (regolamenti, statuti), sia atti di regolazione non normativi (atti amministrativi generali, direttive, circolari…). Le fonti di diritto sono atti abilitati dall’ordinamento a creare diritto oggettivo. Le fonti di diritto vanno riprese per inquadrare con maggior precisione le fonti sull’amministrazione e, riguardo alle fonti dell’amministrazione, per chiarire meglio la diversa natura giuridica degli atti di regolazione. 2. La Costituzione La Costituzione del 1948 è la fonte giuridica di rango più elevato. La Costituzione non definisce solo i diritti di libertà dei cittadini, ma individua anche una serie di compiti dei quali lo Stato, e la pubblica amministrazione, deve farsi carico nell’interesse della collettività (salute, istruzione, assistenza e previdenza sociale). La Costituzione enuncia i principi in tema di organizzazione, di raccordi tra politica e amministrazione, di assetto della giustizia amministrativa. Sotto l’aspetto organizzativo, la Costituzione pone attenzione al principio autonomistico ed enuncia il principio di sussidiarietà. Sotto l’aspetto finanziario, pone il principio del pareggio di bilancio, che impegna il governo a rispettare i vincoli economici e finanziari imposti dall’Unione europea. La riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione ha ridefinito i rapporti tra le fonti statali e regionali sulla base dei seguenti principi: la equiordinazione tra 16 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich competenze legislative statali e regionali esercitate nel rispetto della Costituzione; l’attribuzione alle regioni di una competenza legislativa generale. Riguardo le fonti di diritto, conviene partire dall’analisi delle fonti dell’Unione europea che condizionano l’attività normativa dello Stato e delle regioni, e successivamente vanno prese in considerazione le fonti statali e fonti regionali. Infine, bisogna esaminare le fonti degli enti locali e di altri enti pubblici autonomi. Il diritto europeo influenza il diritto amministrativo. 3. Fonti dell’Unione europea Le fonti dell’Unione europea si pongono su un livello gerarchicamente più elevato rispetto alle fonti primarie, e le norme nazionali contrastanti con il diritto europeo devono essere disapplicate. Il diritto europeo vieta alle pubbliche amministrazioni di dare esecuzione a un provvedimento la cui legittimità sia stata affermata da una sentenza passata in giudicato, nel momento in cui sia stato ritenuto contrario al diritto europeo della Corte di giustizia. Le fonti europee sono costituite dai Trattati istitutivi delle Comunità, più volte integrati con: i Trattati di Amsterdam (1997), di Nizza (2001) e di Lisbona (2007). Il Trattato di Lisbona (2009) si compone del: Trattato sull’Unione europea (TUE) e Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE). In base all’art.11 Cost. questi trattati hanno limitato la sovranità a favore delle istituzioni europee. I principi generali in essi contenuti (non discriminazione, legalità, certezza del diritto…) sono di diretta applicabilità negli ordinamenti nazionali. Vanno menzionate anche la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo (CEDU). I regolamenti hanno portata generale e sono vincolanti per gli Stati membri. A differenza degli atti normativi nazionali, i regolamenti europei non sono immediatamente applicabili perché devono essere accompagnate da una motivazione e disciplinano anche materie che fanno parte del diritto amministrativo speciale. Le direttive, emanate dal Consiglio e dalla Commissione, hanno per destinatari gli Stati e sono vincolanti per quanto riguarda il risultato da raggiungere, quindi non sono immediatamente applicabili perché devono essere accompagnate da una motivazione. Impongono agli Stati membri soltanto l’obbligo di risultato, lasciando libera autonomia sulle modalità e sul tipo di atti adottati per raggiungere gli obiettivi. Tra gli atti dell’Unione Europea ci sono anche le decisioni, che applicano a fattispecie concrete norme generali e astratte. Sono vincolanti per gli Stati membri, ma non hanno un’efficacia diretta. Possono assumere una duplice forma: - decisioni quadro adottate dal Consiglio per promuovere il ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri; 17 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich - decisioni che possono avere qualsiasi scopo coerente con gli obiettivi del Trattato, escluso quello del ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari nazionali. Le norme europee vengono trattate nel nostro ordinamento dalla legge n.11 del 4 febbraio 2005 e dalla legge n.234 del 24 dicembre 2012 (Norme generali sulla partecipazione dell’Italia alla formazione e attuazione delle politiche dell’UE). Lo strumento specifico è costituito da due leggi annuali di iniziativa governativa: la legge europea che modifica o abroga le disposizioni statali che contrastano il diritto europeo; la legge di delegazione europea, che attribuisce deleghe legislative al governo per il recepimento delle direttive europee (nelle materie non coperte da riserva di legge, il recepimento individua i principi ai quali le regioni si devono attenere per attuare le direttive europee). Secondo la l. n.234/2012, i progetti di atti dell’Unione Europea devono essere trasmessi alle Camere dal presidente del Consiglio dei ministri o dal ministro per gli affari europei, accompagnati da una nota illustrativa. 4. Fonti normative statali, riserva di legge, principio di legalità Le fonti normative statali di rango primario sono: la legge, approvata dalle due Camere e promulgata dal Presidente della Repubblica; il decreto legge, adottato dal governo in casi di urgenza e necessità e che deve essere convertito in legge dalle Camere entro 60 giorni; il decreto legislativo emanato dal governo determina i principi e i criteri direttivi e il limite di tempo entro il quale la delega può essere esercitata. • Riserve di legge Le riserve di legge definiscono i rapporti tra il parlamento e il potere esecutivo. Determinate materie devono essere disciplinate con legge (o con atti avente forza di legge) escludendo o limitando il ricorso a fonti secondarie e a regolamenti governativi. Viene quindi istituita una riserva di competenza a favore del parlamento. Le riserve di legge sono state previste in funzione di garanzia dei diritti di libertà dei cittadini contro gli abusi del potere esecutivo. Le leggi sono espressione della volontà popolare manifestata dal parlamento e servono a promuovere l’eguaglianza dei cittadini nella titolarità dei diritti e doveri attraverso due caratteri: la generalità, cioè la sua riferibilità a classi più o meno ampie di destinatari; l’astrattezza, cioè la suscettibilità a un’applicazione ripetuta a casi presenti e futuri. Si distinguono 3 tipi di riserva di legge: - Assoluta: la legge pone una disciplina completa ed esaustiva della materia escludendo l’intervento di fonti sublegislative (per esempio in materia penale). Sono ammessi solo i regolamenti di stretta esecuzione, cioè i regolamenti di svolgimento di principi legislativi. - Rinforzata: quando la Costituzione affida alla legge la regolamentazione di particolari materie, ma impone vincoli e limiti al legislatore (l’art.17 garantisce ai cittadini di 20 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich Costituzione o dal diritto europeo, che hanno una valenza prescrittiva (riguardante la norma) e una rilevanza di controllo giurisdizionale sull’attività amministrativa. Il principio di legalità richiede all’amministrazione una valutazione delle norme riferibili ad un caso concreto (règle de droit); e ciò si può ottenere verificando la conformità delle norme nazionali con quelle europee. Si cura l’interesse pubblico in concreto attraverso provvedimenti. Negli art.41 e 42 Cost. c’è un fondamento del principio di legalità, perché per esempio si dice che nel 41 l’iniziativa economica privata è libera, però poi si dice la legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica sia coordinata per fini sociali. L’art.42 tutela la proprietà privata: i beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati, la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale. Il potere amministrativo espropriativo è uno dei più incisivi poteri amministrativi, che può incidere sulla proprietà privata solo se disciplinato dalla legge. Per trovare un’affermazione generale del principio di legalità nella nostra costituzione bisogna guardare l’art.23 Cost.: “Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”. La pubblica amministrazione chiede dei sacrifici economici ai cittadini, e le prestazioni possono essere chieste solo se previste dalla legge. Un altro articolo che richiama il principio di legalità è l’art.113: “Contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria e amministrativa. La legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della pubblica amministrazione”. Secondo l’articolo, il cittadino la possibilità di potersi ribellare agli atti della pubblica amministrazione davanti ad un giudice. Il principio di legalità ha a che fare con la tutela giurisdizionale contro gli atti della pubblica amministrazione perché è la subordinazione alla legge dell’attività amministrativa che consente ad un giudice di controllare l’esercizio di un potere. Se non ci fosse la legge a disciplinare quel potere, il giudice non avrebbe possibilità di difendere un cittadino dall’esercizio di quel potere. La legge in base al principio di legalità è prevalente rispetto ai pubblici poteri che da essi vengono disciplinata. Non abbiamo più il rex legibus solutus, ma la legge prevale sul potere. Si può parlare di principio di legalità riferendo la legge a qualsiasi potere dello Stato, quindi non solo al potere amministrativo. La legge caratterizzata da generalità e astrattezza non è impugnabile dal singolo; mentre il provvedimento amministrativo caratterizzato da puntualità e concretezza è impugnabile dal singolo. 21 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich 5. Le leggi provvedimento Le leggi provvedimento sono leggi prive dei caratteri della generalità e astrattezza che intervengono a porre la disciplina di situazioni concrete e di un’unica fattispecie. Ad esempio, le leggi che rilasciano o revocano concessioni amministrative riferite a determinate imprese. Essendo leggi, non si possono impugnare come un provvedimento amministrativo La Costituzione non contiene un principio di riserva d’amministrazione, quindi spetta al parlamento scegliere se utilizzare la legge in luogo del provvedimento amministrativo oppure se attribuire potere all’amministrazione. La Corte Costituzionale può dichiarare incostituzionali le leggi provvedimento solo nei casi di arbitrarietà e di irragionevolezza. Precisamente, si ricorre alle leggi provvedimento nel caso in cui ci sia una disfunzione nei rapporti tra il parlamento e il potere esecutivo. 6. I regolamenti governativi I regolamenti governativi rappresentano l’attività normativa secondaria del Governo, diretta a produrre norme subordinate a quelle primarie. La legge costituzionale n.3/2001 ha introdotto il principio del parallelismo tra competenza legislativa e competenza regolamentare dello Stato. Lo Stato è quindi titolare di un potere regolamentare esclusivamente nelle materie di competenza legislativa esclusiva. Questo potere può essere delegato alle regioni. Il potere regolamentare del governo è richiamato anche nell’art.87 Cost. che attribuisce al Presidente della Repubblica il potere di promulgare le leggi e gli atti avente forza di legge e di emanare i regolamenti. Esistono 5 tipi di regolamenti governativi: 1) I regolamenti esecutivi: pongono norme di dettaglio per l’applicazione concreta di una legge (specificazione della fattispecie, modalità procedurali, termini). Possono dare esecuzione a regolamenti europei e alle direttive; 2) I regolamenti per l’attuazione e l’integrazione: possono essere emanati nelle materie non coperte da riserva di legge assoluta nei casi in cui la legge si limiti a individuare i principi generali della materia e autorizzi il governo a porre la disciplina di dettaglio; 3) I regolamenti indipendenti: intervengono nelle materie non soggette a riserva di legge dove manca una disciplina di rango primario; 4) I regolamenti di organizzazione: disciplinano l’organizzazione e il funzionamento delle pubbliche amministrazioni “secondo le disposizioni dettate dalla legge”; 5) I regolamenti delegati o autorizzati: sono previste nelle materie non coperte da riserva assoluta di legge e attuano la delegificazione, cioè sostituiscono la disciplina posta da una fonte primaria con una disciplina posta da una fonte secondaria. La loro entrata in vigore determina l’abrogazione delle norme vigenti, anche di rango primario. 22 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich - I regolamenti ministeriali e interministeriali: sono previsti nelle materie attribuite alla competenza di uno o più ministri, possono essere emanati solo nei casi previsti dalla legge e sono sottordinati ai regolamenti governativi. Questi regolamenti devono essere comunicati prima della loro emanazione al Presidente del Consiglio dei ministri ai fini del coordinamento. I regolamenti sono adottati previo il parere del Consiglio di Stato (sezione consultiva per gli atti normativi), sono sottoposti al controllo di legittimità, alla registrazione della Corte dei conti e vengono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale. Il procedimento non prevede né la partecipazione dei privati né la motivazione. Una specie particolare di fonti secondarie sono i regolamenti emanati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, che vengono adottati senza seguire il procedimento previsto per gli altri tipi di regolamenti. In seguito alla legge costituzionale n.3/2001 che ha limitato l’ambito dei regolamenti governativi e ministeriali alle materie che rientrano nella competenza legislativa esclusiva dello Stato, molte leggi tendono ad aggirare il divieto autorizzando l’emanazione di decreti ministeriali che non hanno valore regolamentare, ma che contengono prescrizioni analoghe a quelle dei regolamenti. La disapplicazione dei regolamenti può essere effettuata sia da un giudice ordinario sia da un giudice amministrativo. Il giudice amministrativo può disapplicarla in due ipotesi: quando il provvedimento viola un regolamento difforme dalla legge (legittimo, perché conduce al rigetto del ricorso) oppure quando è conforme a un regolamento che però contrasta una legge (illegittimo, perché conduce all’accoglimento del ricorso). In definitiva, il giudice può disapplicare il regolamento anche quando questo non sia stato impugnato (disapplicazione normativa). Per i regolamenti, inoltre, vale il principio juria novit curia («il tribunale è a conoscenza delle leggi») che esprime il principio per il quale il giudice è tenuto all’applicazione delle leggi anche se non indicato. 7. Cenni alle fonti normative regionali, degli enti locali e di altri enti pubblici La Costituzione indica 3 fonti normative regionali: gli statuti, le leggi, i regolamenti. • Lo statuto delle regioni ordinarie determina la forma di governo e i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento. La sua approvazione avviene attraverso un procedimento aggravato che prevede una duplice approvazione a maggioranza assoluta da parte del consiglio regionale e può essere sottoposto a referendum popolare. Lo statuto delle regioni speciali è approvato con legge costituzionale. 25 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich Il piano regolatore generale è lo strumento principale di governo del territorio da parte dei comuni, che suddivide il territorio comunale in zone omogenee (zonizzazione) con l’indicazione per ciascuna di esse delle attività insediabili. Individua poi le aree destinate a edifici e a infrastrutture pubbliche (localizzazione). Il piano è approvato all’esito di un procedimento aperto alla partecipazione dei privati e viene approvato dal Comune; è anche soggetto all’approvazione della regione che può proporre modifiche al fine di una migliore tutela degli interessi ambientali. Il piano ha una natura mista: normativa, tale da condizionare l’adozione dei piani attuativi; di atto amministrativo generale tale da produrre effetti giuridici immediati in capo ai destinatari (i proprietari dei terreni soggetti ai vincoli). I piani producono una pluralità di effetti: di disciplina del potere di pianificazione a cascata; di conformazione del territorio (suddivisione in zone a diversa destinazione); di conformazione del diritto di proprietà (limiti alla possibilità di edificazione). 12. c) Le ordinanze contingibili e urgenti Numerose disposizioni di legge attribuiscono ad autorità amministrative il potere di emanare ordinanze contingibili e urgenti. Un esempio è il potere del prefetto nel caso di urgenza o grave necessità pubblica di adottare i provvedimenti per la sicurezza pubblica. Le ordinanze non possono essere emanate in contrasto con i principi fondamentali della Costituzione, hanno un’efficacia limitata nel tempo, devono essere motivate e pubblicizzate. Un limite interno è il principio di proporzionalità (i diritti e le libertà dei cittadini possono essere limitati solo per proteggere gli interessi pubblici), quindi il contenuto delle ordinanze deve essere adeguato allo scopo della legge. Il potere di ordinanza ha un carattere residuale, nel senso che non può essere esercitato in luogo di poteri tipici previsti dalle norme vigenti idonei a far fronte a quel tipo di situazione. Per esempio, per far smantellare un’antenna per la telefonia mobile non conforme alle prescrizioni urbanistiche e sanitarie, il sindaco ha già a disposizione il potere urbanistico e quindi non può esercitare il potere di ordinanza. Quando poi la situazione di emergenza si prolunga, le ordinanze acquistano un carattere di astrattezza e perdono quella della temporaneità. Le ordinanze contingibili e urgenti vanno distinte da altri atti amministrativi che hanno come presupposto l’urgenza, ma il cui contenuto e i cui effetti sono predefiniti dalla norma attributiva del potere (atti necessitati). Per esempio, nel caso di lavori urgenti di un’opera pubblica, l’autorità competente può ordinare l’occupazione d’urgenza dei terreni interessati prima ancora che si sia concluso il procedimento di espropriazione. 26 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich 13. d) Le direttive e gli atti di indirizzo Il contenuto delle direttive amministrative si limita all’indicazione di fini e obiettivi da raggiungere, criteri e mezzi per raggiungere i fini. Si distinguono le direttive che si inseriscono in rapporti interorganici e le direttive che si inseriscono nei rapporti intersoggettivi. Nell’ambito dei rapporti interorganici, le direttive sono uno strumento attraverso il quale l’organo sovraordinato condiziona l’attività degli organi sottordinati. Se l’organo sottordinato ha una competenza autonoma, la direttiva stabilisce un rapporto di direzione. Un esempio è il rapporto di direzione tra ministri e dirigenti: i dirigenti sono titolari dei poteri di gestione e di emanazione degli atti; i ministri possono solo formulare direttive per l’attività amministrativa. Nell’ambito dei rapporti intersoggettivi, le direttive sono uno strumento attraverso il quale il ministro o la regione esercitano il potere di indirizzo nei confronti di enti pubblici (IRI, ENI, ENEL, che sono stati sottoposti a poteri di indirizzo e vigilanza). 14. e) Le norme interne e le circolari Le organizzazioni complesse si dotano di norme interne che disciplinano il funzionamento delle varie unità operative (regolamenti, manuali di procedura). Il tema delle norme interne si ricollega storicamente alla ricostruzione dell’ordinamento della pubblica amministrazione come ordinamento giuridico particolare (sezionale o derivato) separato dall’ordinamento statuale. Gli ordinamenti sezionali si fondano su alcuni elementi: la plurisoggettività; un’organizzazione con diversi ruoli e competenze; la presenza di norme interne emanate dagli organi dell’ordinamento speciale; l’istituzione di organi giustiziali speciali. Il modello degli ordinamenti giuridici sezionali è stato superato con la Costituzione. Oggi si limita a pochi settori, come quello dello sport, la cui normativa prevede un’organizzazione che fa capo a un ente pubblico (Comitato Olimpico Nazionale Italiano – CONI) e alle federazioni sportive. Il mezzo principale di comunicazione delle norme interne sono le circolari, uno strumento di orientamento degli uffici amministrativi, atti di un’autorità superiore che stabiliscono regole di condotta di autorità inferiori. Esse possono contenere anche ordini, direttive, interpretazioni di leggi, prendendo così il carattere di atto amministrativo. Esistono 3 tipi di circolari: - Interpretative: l’inferiore gerarchico si deve attenere all’interpretazione indicata dal superiore gerarchico per evitare diverse interpretazioni; - Normative: servono all’organo sovraordinato per indirizzare l’attività degli organi subordinati; - Informative: diffondono all’interno dell’organizzazione notizie, informazioni, messaggi. 27 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich 15. I testi unici e i codici L’abbondanza legislativa e il disordine normativo sono dovuti al cattivo funzionamento del parlamento. A partire dagli anni ‘90, è cresciuta la consapevolezza di riordinare la legislazione. Uno strumento per il riordino sono i testi unici che accorpano e razionalizzano in un unico corpo normativo le disposizioni legislative di una determinata materia. Si distinguono: - Testi unici innovativi: innovano il diritto e abrogano le fonti legislative precedenti; - Testi di mera compilazione: unificano in un unico testo le disposizioni. Un altro strumento è il codice, che innova in modo più esteso la disciplina per incorporarla in una fonte di rango primario. I codici hanno riordinato varie materie: i contratti pubblici; la protezione dei dati personali; i beni culturali; l’ambiente. Negli ultimi anni, il parlamento ha abrogato le leggi più datate: con la legge “taglia leggi” sono state abrogate 29.000 leggi che avevano esaurito gli effetti. 16. La soft law, le raccomandazioni e le linee guida Per soft law si intende l’insieme di strumenti spesso informali (comunicazioni, inviti, messaggi…) che influenzano i comportamenti delle autorità amministrative e dei soggetti amministrati, mettendo in discussione il principio di tipicità delle fonti. A livello nazionale, alcune autorità adottano anche raccomandazioni, linee guida, messaggi, per specificare modalità operative e applicative di norme. 17. La better regulation e altri modelli di regolazione 1. Negli ultimi anni, molti Stati si sono dotati di strumenti che promuovono la qualità della regolazione (better regulation) e che perseguono diversi obiettivi: contenere l’iperregolazione; ridurre gli oneri finanziari e organizzativi; differenziare le regole. Uno degli strumenti è l’analisi di impatto della regolazione (AIR) che obbliga le pubbliche amministrazioni, prima di approvare un atto di regolazione, a individuare tutte le soluzioni possibili valutando i costi e i benefici (cost-benefit analysis) e a esplicitarle in un documento. Una volta approvate, le norme vengono sottoposte a una verifica dell’impatto della regolamentazione (VIR) che quindi possono essere modificate o abrogate. Per rendere più obbligatoria la valutazione delle norme, sono state sperimentate delle leggi tramonto, cioè leggi o atti a tempo che perdono efficacia se non vengono confermati da un nuovo atto normativo entro un termine preciso. 2. Secondo il paternalismo libertario, lo Stato, invece di obbligare i soggetti privati a tenere determinati comportamenti, individua l’opzione preferibile per tutelare gli interessi dei soggetti senza eliminare la loro libertà di scelta. In mancanza di una volontà esplicita (opt out), si applica l’opzione di default. 30 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich pubblici); l’atto amministrativo, che fa riferimento alla singola attività dell’apparato, viene valutato sotto i profili della conformità o meno all’ordinamento (legittimità) e dell’attitudine a soddisfare l’interesse pubblico (opportunità o merito amministrativo). Più che amministrazione per atti, si parla quindi di amministrazione di risultato, per indicare la performance di un apparato. Una questione che viene posta è la linea di confine tra attività amministrativa e attività di diritto privato della pubblica amministrazione (cui si riferisce l’art.1, comma 1-bis, l.n.241/1990). Infatti la giurisprudenza ritiene che l’amministrazione svolge attività amministrativa “non solo quando esercita funzioni pubbliche, ma anche quando persegue le proprie finalità mediante un’attività disciplinata dal diritto privato”. Si sviluppa così la distinzione tra “attività amministrativa in forma privatistica” e “attività d’impresa di enti pubblici”. Le amministrazioni ricorrono a forme organizzative privatistiche (società di capitali) solo per sottrarsi al regime del diritto amministrativo (assunzioni di personale senza concorsi…). Ciò provoca un’ibridazione tra categorie pubblicistiche e privatistiche che aumenta l’incertezza. 2. Il potere, il provvedimento, il procedimento La nozione di potere può essere riferita, oltre che al potere amministrativo, al potere legislativo, che consiste nel dettare norme generali e astratte che innovano l’ordinamento giuridico; al potere giurisdizionale, che consiste nel risolvere una controversia con una sentenza suscettibile di passare in giudicato; al potere negoziale, che consiste nella possibilità di disporre autonomamente dei propri interessi. Nel diritto privato, il potere viene definito come concetto autonomo o come subspecie del diritto soggettivo. I poteri amministrativi conferiscono agli apparati una capacità giuridica speciale di diritto pubblico che si esprime in provvedimenti produttivi e una capacità giuridica generale di diritto comune, intesa come attitudine ad assumere la titolarità delle situazioni giuridiche soggettive attive e passive. Occorre distinguere tra potere in astratto e potere in concreto. La legge definisce gli elementi costitutivi di ciascun potere (potere in astratto). In mancanza di una norma attributiva del potere si determina la nullità del provvedimento. Il potere in astratto ha il carattere dell’inesauribilità: fino a quando resta in vigore la norma attributiva, esso viene esercitato in una serie di situazioni concrete. Emerge così un elemento dinamico del potere che, dalla dimensione statica della norma si traduce in un atto concreto produttivo di effetti giuridici. • L’atto e il provvedimento Nell’ordinamento italiano, manca una definizione legislativa di atto o provvedimento amministrativo. 31 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich La legge sul procedimento amministrativo tedesca lo definisce come “ogni provvedimento o decisione che è emanata da un’autorità amministrativa per regolare un caso singolo nel campo del diritto pubblico e che produce un effetto giuridico”. Alcune indicazioni sugli atti amministrativi si possono ricavare dall’art.113 Cost. che richiama due aspetti degli atti amministrativi: la sottoposizione a un controllo del giudice amministrativo e ordinario; l’annullabilità per difformità rispetto alle norme. Secondo la teoria dell’atto amministrativo, il giudice amministrativo può decidere sui ricorsi per incompetenza, per eccesso di potere, per violazione di legge. Queste erano quindi le condizioni per poter accedere alla tutela giurisdizionale amministrativa (impugnabilità). L’art.1, comma 1-bis, l.n.241/1990 stabilisce che la pubblica amministrazione agisce secondo le norme del diritto privato nell’adozione di atti di natura non autoritativa. Ogni provvedimento amministrativo deve essere motivato. Un’altra caratteristica dei provvedimenti è l’autoritarietà (o imperatività) intesa come attitudine a determinare la produzione degli effetti giuridici nei confronti dei terzi. Infine, secondo l’art.2, comma 1, l.n.241/1990 l’amministrazione deve concludere il procedimento avviato con un’istanza o domanda presentata alla pubblica amministrazione da un privato oppure d’ufficio, cioè per iniziativa della pubblica amministrazione mediante un provvedimento espresso. I termini atto e provvedimento amministrativo vengono utilizzati come sinonimi, anche se esiste una differenza: gli atti amministrativi includono ogni dichiarazione di volontà, desiderio, conoscenza, giudizio, compiuta da un soggetto dell’amministrazione pubblica nell’esercizio di una potestà amministrativa (ad esempio, pareri, valutazioni tecniche, proposte, certificazioni); i provvedimenti amministrativi sono manifestazioni di volontà dell’amministrazione volte a curare un interesse pubblico. • Il procedimento La l.n.241/1990 richiama la nozione di procedimento amministrativo. L’esercizio del potere avviene secondo il procedimento amministrativo, cioè attraverso una sequenza di operazioni e atti (a partire dalla comunicazione di avvio del procedimento) necessari per emanare provvedimenti amministrativi. Il procedimento svolge diverse funzioni: garantisce la partecipazione dei privati all’esercizio del potere; consente all’amministrazione di acquisire informazioni utili per adottare il provvedimento; assicura il coordinamento tra le pubbliche amministrazioni. Il procedimento costituisce la modalità di esercizio di tutte le funzioni pubbliche corrispondenti ai tre poteri dello Stato: la funzione legislativa assume la forma del procedimento legislativo finalizzato all’emanazione di atti con forza o valore di legge; la funzione giurisdizionale assume quella del processo, basato sul principio del contraddittorio (parità delle armi) e si conclude con una sentenza dotata dell’autorità del giudicato; la funzione amministrativa si manifesta nel procedimento amministrativo che si conclude con un provvedimento dotato di autoritarietà o imperatività, ed è 32 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich sempre rivolta al perseguimento dell’interesse pubblico, inoltre è eterodeterminata (cioè determinata dalla legge). Il diritto amministrativo nasce quando la funzione amministrativa guadagna una sua autonomia, una sua identità. 3. Il rapporto giuridico amministrativo Per rapporto giuridico amministrativo si intende il rapporto tra la pubblica amministrazione che esercita un potere e il soggetto privato titolare di un interesse legittimo. Nella visione tradizionale, lo Stato era in una posizione di sovraordinazione istituzionale rispetto ai soggetti privati considerati dei subordinati. Nella visione moderna, tra il potere amministrativo e l’interesse legittimo si instaura una relazione giuridica bilaterale. I rapporti giuridici interprivati vengono ricostruiti partendo dalla coppia diritto soggettivo-obbligo, dei quali sono titolari il soggetto attivo e passivo del rapporto. Il diritto soggettivo consiste in un potere di agire per soddisfare un proprio interesse. Alla titolarità del diritto soggettivo corrisponde: un dovere generico e negativo di astensione, cioè di non turbare l’esercizio del diritto (diritti assoluti, come i diritti reali e della personalità); un obbligo giuridico, cioè il dovere di porre in essere un determinato comportamento a favore del titolare del diritto (diritti relativi, come i diritti di credito). Un altro tipo di situazione giuridica soggettiva attiva è la potestà, che, a differenza di quanto accade per il diritto soggettivo, è attribuita al singolo soggetto per il soddisfacimento, anziché di un interesse proprio, di un interesse altrui. Si tratta di un potere-dovere che il soggetto deve esercitare perseguendo la finalità della cura dell’interesse altrui (ad esempio, la potestà genitoriale nel diritto di famiglia). Un’altra categoria di diritti soggettivi è costituita dal diritto potestativo, che consiste nel potere attribuito a un soggetto di produrre nella sfera giuridica altrui un effetto giuridico; il soggetto titolare del potere gode di una posizione prevalente rispetto al soggetto che subisce una modificazione nella propria sfera giuridica (il diritto di recesso; il diritto di riscatto nella compravendita; la revoca del mandato). Una tecnica di produzione degli effetti giuridici segue lo schema norma-fatto-effetto giuridico. La norma definisce i termini della fattispecie e tutte le volte che si verifica un fatto concreto si produce in automatico un effetto giuridico (da un fatto illecito, può sorgere come effetto giuridico l’obbligo di risarcire il danno). Un’altra tecnica è lo schema norma-fatto-potere-effetto giuridico. Qui invece è il titolare di potere a decidere se provocare l’effetto giuridico. 35 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich 4) Le modalità di esercizio del potere e i requisiti di forma: la norma attributiva del potere prescrive anche i requisiti formali degli atti e le modalità di esercizio del potere, individuando la sequenza degli atti e degli adempimenti necessari per l’emanazione del provvedimento finale che danno origine al procedimento amministrativo. La norma di conferimento del potere può disciplinare anche l’elemento temporale dell’esercizio del potere sotto più profili: - può individuare un termine per l’avvio dei procedimenti d’ufficio; - deve specificare il termine massimo entro il quale l’amministrazione deve emanare il provvedimento conclusivo; - vengono scanditi anche i tempi per l’adozione degli atti endoprocedimentali. 5) Gli effetti giuridici: la norma attributiva del potere individua gli effetti giuridici che l’atto amministrativo può produrre. - Effetti costitutivi (concessioni amministrative per l’uso di un bene demaniale, ad esempio la gestione di uno stabilimento balneare); - Effetti modificativi (la sanzione disciplinare di sospensione dall’iscrizione a un albo professionale che impedisce lo svolgimento di un’attività); - Effetti estintivi (far venir meno il diritto di proprietà in capo al proprietario di un bene immobile). 5. Il potere discrezionale La discrezionalità può essere riferita sia al potere sia all’attività e al provvedimento amministrativo. Si parla di discrezionalità del legislatore (in base al parametro della ragionevolezza delle scelte legislative in relazione al principio di eguaglianza) e di discrezionalità del giudice (determinazione della pena da parte del giudice penale). • La discrezionalità Nel diritto amministrativo la discrezionalità rappresenta la cura in concreto degli interessi pubblici. Tale attività presuppone che l’apparato titolare del potere abbia la possibilità di scegliere la soluzione migliore. Emerge una tensione con il principio di legalità, che attribuisce all’amministrazione soltanto poteri vincolanti. Ciò sarebbe inopportuno, perché si negherebbe l’attività della pubblica amministrazione in quanto esperta nella cura dell’interesse pubblico. Infatti, se il potere è vincolato, i soggetti privati sono in grado di valutare da soli se un’attività è consentita. Esiste una differenza tra autonomia negoziale e potere discrezionale: l’autonomia negoziale è espressione della libertà dei privati di provvedere alla cura dei propri interessi, quindi le scelte dei privati non sono sottoposte a regole perché basta che il soggetto sia capace e che la sua volontà non sia affetta da vizi; il potere discrezionale esercitato dall’amministrazione ha un ambito di libertà più ristretto perché la scelta di 36 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich una soluzione deve avvenire sia nel rispetto dei principi generali dell’azione amministrativa sia nel rispetto di un vincolo che consiste nel perseguire il fine pubblico. La scelta avviene attraverso una valutazione comparativa (ponderazione) degli interessi pubblici e privati acquisiti nel corso dell’istruttoria procedimentale. Tra di essi vi è l’interesse pubblico primario (fine pubblico) individuato dalla norma di conferimento del potere e affidato alla cura dell’amministrazione titolare del potere, che deve massimizzare la realizzazione dell’interesse primario. L’interesse primario deve essere confrontato e valutato con gli interessi secondari, cioè con gli interessi pubblici del provvedimento e gli interessi dei privati. I soggetti privati possono partecipare al procedimento con la presentazione di memorie e documenti che l’amministrazione deve obbligatoriamente valutare. Per esempio, per elaborare e approvare il progetto di un’autostrada, l’amministrazione deve tener conto dell’interesse primario alla viabilità, della tutela dell’ambiente… In generale, la scelta dell’amministrazione deve cercare di massimizzare l’interesse pubblico primario causando il minor sacrificio possibile degli interessi secondari. La discrezionalità amministrativa incide su 4 elementi: 1. Sull’an: cioè sul se esercitare il potere in una determinata situazione concreta ed emanare il provvedimento. Si pensi alla decisione di ordinare lo scioglimento di un assembramento di persone che mette a rischio l’ordine pubblico; 2. Sul quid: cioè sul contenuto del provvedimento che pone la regola per il caso singolo. Si pensi alle autorizzazioni ambientali per ridurre gli effetti negativi delle emissioni imponendo specifiche prescrizioni; 3. Sul quomodo: cioè sulle modalità da seguire per l’adozione del provvedimento al di là delle sequenze di atti imposti dalla legge che disciplina il provvedimento. Si pensi alla scelta di procedere a una determinata verifica istruttoria; 4. Sul quando: cioè sul momento più opportuno per esercitare un potere d’ufficio avviando il procedimento e per emanare il provvedimento. In base alla norma di conferimento, un potere può essere discrezionale o vincolato. Occorre fare una distinzione tra discrezionalità in astratto e vincolatezza in concreto. All’esito dell’attività istruttoria operata dall’amministrazione può darsi che avanzi un’unica scelta legittima tra quelle consentite in astratto dalla legge, quindi la discrezionalità può ridursi fino ad annullarsi del tutto: in questo caso si parla di vincolatezza in concreto, da contrapporre alla vincolatezza in astratto che si verifica quando la norma già predefinisce tutti gli elementi che caratterizzano il potere. Una riduzione dell’ambito della discrezionalità può avvenire anche attraverso l’autovincolo alla discrezionalità, cioè criteri e parametri che vincolano l’esercizio della discrezionalità e che accrescono l’oggettività e la trasparenza delle decisioni. 37 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich • Il merito amministrativo Il merito ha una dimensione negativa e residuale: si riferisce all’ambito di scelta che spetta all’amministrazione che si pone al di là dei limiti coperti dall’area della legalità. Se il potere è vincolato, lo spazio del merito è nullo. Rientrano nel merito, per esempio, la decisione di chiudere al traffico veicolare in occasione di una corsa ciclistica. Il merito rispecchia l’attività libera dell’amministrazione. La scelta tra una pluralità di soluzioni legittime può essere apprezzata solo in termini di opportunità o inopportunità. • Le valutazioni tecniche Per valutazioni tecniche si fa riferimento ai casi che attengono al piano dell’accertamento e della qualificazione di fatti in base a criteri tecnico-scientifici, a differenza della discrezionalità amministrativa che si attiene al piano della valutazione e comparazione degli interessi. Tra le valutazioni tecniche rientrano i giudizi medici per l’idoneità ad essere arruolati nelle forze militari. La valutazione tecnica può essere contrastata solo se non abbia accertato tutti i fatti e se siano stati commessi altri errori (un campione con un difetto atipico). Le valutazioni tecniche si distinguono anche dagli accertamenti tecnici: cioè fatti la cui esistenza o inesistenza è verificabile con l’impiego di strumenti tecnici; si distinguono dalle valutazioni tecniche perché possono essere sindacati dal giudice amministrativo nell’ambito del giudizio di legittimità. 6. L’interesse legittimo Nel diritto amministrativo noi non siamo titolari di diritti, ma siamo titolari di posizioni giuridiche di vantaggio che si chiamano interessi legittimi, cioè posizioni di favore che ha il soggetto rispetto ad una pubblica amministrazione. Esistono 2 elementi di particolarità del diritto amministrativo rispetto al diritto comune: - Le posizioni di vantaggio conosciute ai privati, ai cittadini, non sono posizioni di diritti, ma posizioni di interesse legittimo, diverse dai diritti soggettivi. - La formazione giurisprudenziale: che deriva dalle pronunce della giurisprudenza amministrativa e dalle sentenze emesse dal giudice amministrativo. Questa matrice giurisprudenziale nasce da un parallelismo tra il diritto amministrativo italiano e quello francese. In Italia come in Francia il giudice amministrativo ha una doppia funzione, una funzione giurisprudenziale, cioè adotta ed emette sentenze sulla base del dato positivo vigente, e una funzione consultiva, cioè ha il potere di rilasciare pareri ed esprimersi alle domande che gli vengono poste. In Italia la funzione giurisprudenziale è esercitata dal TAR (Tribunali Amministrativi Regionali). 40 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich 8. I criteri di distinzione tra diritti soggettivi e interessi legittimi Sono diversi i criteri di distinzione tra diritti soggettivi e interessi legittimi: - Un primo criterio riguarda la struttura della norma attributiva del potere, che richiama la distinzione tra norma di relazione e norma d’azione: la norma di relazione regola il rapporto tra pubblica amministrazione e cittadino delimitando le sfere giuridiche correlate al diritto soggettivo; la norma d’azione disciplina l’attività dell’amministrazione per tutelare l’interesse pubblico, correlata all’interesse legittimo; - Un secondo criterio consiste nella distinzione tra potere vincolato e potere discrezionale. In presenza di un potere discrezionale, la situazione giuridica di cui è titolare il soggetto privato è sempre l’interesse legittimo. In presenza di un potere vincolato, il soggetto privato prevede con certezza se l’amministrazione riconoscerà o meno il vantaggio. - Un terzo criterio riguarda la diversa natura del vizio dedotto dal soggetto privato nei confronti dell’atto emanato. Se viene contestata la carenza di potere, cioè l’assenza di un fondamento legislativo del potere (carenza di potere in astratto), l’atto emanato dall’amministrazione è privo dell’idoneità a produrre l’effetto tipico nella sfera giuridica del destinatario. Inoltre, alcuni diritti soggettivi ricevono una tutela rafforzata dalla Costituzione (diritti non degradabili) che viene rimessa in via esclusiva dal giudice ordinario. Nella carenza di potere, inoltre, è inclusa anche la carenza di potere in concreto, nei casi in cui la norma in astratto attribuisce il potere all’amministrazione ma manca nella fattispecie concreta un presupposto per poterlo esercitare. 9. Il diritto di accesso ai documenti amministrativi Il diritto di accesso ai documenti amministrativi è uno degli strumenti che accresce la trasparenza e l’imparzialità dell’attività amministrativa. L’accesso consiste nel prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi. Esso è incluso nella l.n.241/1990 e rientra nella competenza legislativa esclusiva dello Stato. È definito anche come “principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurare l’imparzialità e la trasparenza”. Il diritto rileva in due ambiti: in primo luogo, rientra tra i diritti attribuiti ai soggetti che partecipano a un determinato processo amministrativo, in questo caso si parla di accesso procedimentale; in secondo luogo, costituisce un diritto autonomo che può essere esercitato anche al di fuori dal procedimento di chi esamina i documenti. L’accesso ai documenti amministrativi non è attribuito a chiunque, ma è necessario che la richiesta di accesso abbia un interesse differenziato e la titolarità di una posizione giuridicamente rilevante. L’accesso è escluso in relazione ai documenti coperti dai segreti di Stato o a procedimenti per l’adozione di atti amministrativi generali. 41 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich 10. Interessi di fatto, diffusi e collettivi Le norme che disciplinano l’organizzazione e l’attività della pubblica amministrazione possono imporre all’amministrazione doveri di comportamento, finalizzati alla tutela di interessi pubblici. Si distinguono gli interessi di fatto dagli interessi legittimi. I criteri sono due: il criterio della differenziazione e il criterio della qualificazione. - L’interesse legittimo è l’interesse nei confronti del quale occorre rispettare principi e regole di comportamento che rendano possibile la sua soddisfazione; - L’interesse di fatto è l’interesse nei confronti del quale nessuno è obbligato a tenere il comportamento che lo soddisferebbe né a rispettare principi e regole di comportamento che rendano possibile la sua soddisfazione. Perché un interesse possa essere qualificato come legittimo deve esservi una norma giuridica che gli riconosca una certa rilevanza con riferimento alla decisione amministrativa. In particolare, è dalla norma che attribuisce il potere all’amministrazione che risulta se il legislatore intenda dare tutela a certi interessi indicando la necessità che se ne tanga conto nel provvedimento. Per stabilire se un interesse sia legittimo si dovrebbe guardare anche a norme diverse da quelle che attribuiscono il potere, a cominciare da quelle costituzionali. In questo modo verrebbero ad essere considerati come legittimi tutti gli interessi non socialmente irrilevanti che l’ordinamento non qualifica come illegittimi. - Gli interessi diffusi sono definiti come interessi non personalizzati riferibili alla collettività o a categorie più o meno ampie di soggetti (consumatori, utenti…). Si tratta di beni pubblici non rivali e non escludibili: non rivali, perché il consumo da parte di uno non ne impedisce la fruizione da parte di un altro; non escludibili, perché, una volta fornito il bene, nessuno può esserne escluso dalla fruizione. - Gli interessi collettivi sono interessi riferibili a specifiche categorie o gruppi organizzati (associazioni sindacali, partiti politici…). - Gli interessi individuali omogenei o isomorfi: si distinguono dagli interessi diffusi e collettivi, perché mantengono una natura individuale e acquistano una dimensione collettiva solo per il fatto di essere comuni a una pluralità di soggetti. Si pensi agli utenti del servizio elettrico di una città nella quale si verifica una situazione di interruzione della fornitura di energia elettrica protratta nel tempo. In questi casi l’interesse leso resta un interesse individuale e l’elemento di omogeneità consiste nel fatto che la lesione deriva da un’attività illecita plurioffensiva. 11. I principi generali Si distinguono, da un lato, i principi che presiedono alla distribuzione delle funzioni tra i vari livelli di governo e che sono rivolti al legislatore; dall’altro, i principi che hanno come destinatarie dirette le amministrazioni. 42 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich o I principi sulle funzioni → il principio fondamentale riguardante l’allocazione delle funzioni è il principio di sussidiarietà, menzionato nei Trattati europei e, in seguito alla legge costituzionale n.3/2001, nella Costituzione. In particolare, l’art.5 TUE (Trattato Unione Europea) enuncia il principio di sussidiarietà con riguardo ai rapporti tra Stati membri e istituzioni dell’Unione per contenere l’accentramento di funzioni dell’Unione Europea. Dal principio di sussidiarietà deriva che l’Unione Europea agisce esclusivamente nei limiti delle competenze assegnate e che gli Stati membri sono titolari della generalità delle competenze residue. L’art.5 menziona anche il principio di proporzionalità in funzione del quale i diritti e le libertà dei cittadini possono essere limitati solo nella misura in cui ciò risulti indispensabile per proteggere gli interessi pubblici. Quindi ogni provvedimento utilizzato dalla pubblica amministrazione, specialmente se sfavorevole al destinatario, dovrà essere necessario e commisurato al raggiungimento dello scopo prefissato dalla legge. L’art.118 Cost. richiama i principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. • Il principio di sussidiarietà è il principio in base al quale l'ente superiore svolge funzioni amministrative solo se l'ente inferiore non è capace di farlo. - La sussidiarietà verticale si esplica nell’ambito di distribuzione di competenze amministrative tra diversi livelli di governo territoriali (livello sovranazionale: Unione Europea-Stati membri; livello nazionale: Stato nazionale-regioni; livello subnazionale: Stato-regioni-autonomie locali) e in sostanza prevede che le competenze amministrative sono esercitate prioritariamente dagli enti più vicini ai cittadini, che sono in grado di rispondere meglio ai bisogni del territorio (comuni). - La sussidiarietà orizzontale si basa sul presupposto secondo cui alla cura dei bisogni collettivi provvedono direttamente i cittadini e i pubblici poteri intervengono in funzione sussidiaria, di coordinamento. La dimensione orizzontale precede quella verticale. • Secondo il principio di differenziazione, si tiene conto delle diverse caratteristiche associative, demografiche, territoriali e strutturali degli enti riceventi. • Secondo il principio di adeguatezza, l'ente deve garantire l'effettivo esercizio. I principi di sussidiarietà e di adeguatezza fanno sì che l'ente di livello inferiore al quale è affidata una funzione amministrativa, se non ha la struttura organizzativa idonea per svolgerla, la cede all'ente di livello superiore. o I principi sull’attività → secondo l’art.1 l.n.241/1990 “l’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza”. L’attività amministrativa riguarda l’insieme delle operazioni e dei comportamenti in applicazione del principio di legalità e del principio sul buon andamento, cioè sui risultati conseguiti mediante l’uso efficiente delle risorse disponibili. 45 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich Il principio rileva in due ambiti complementari: richiede la messa a disposizione di una serie di informazioni riguardanti l’organizzazione e l’attività dell’amministrazione (albi, bollettini, siti…); si riferisce al diritto di accesso ai documenti amministrativi che assicura l’imparzialità e la trasparenza. La pubblicità e la trasparenza si ricollegano alla concezione dell’amministrazione come “casa di vetro”, che deve garantire l’imparzialità delle decisioni. • Secondo il principio di certezza del tempo dell’agire amministrativo ogni individuo ha il diritto a che le questioni che lo riguardano siano trattate entro un termine ragionevole. La l.n.241/1990 individua un termine massimo entro il quale l’amministrazione deve emanare il provvedimento finale che conclude il procedimento amministrativo. Il rispetto dei termini massimi rappresenta un fattore essenziale per programmare le proprie attività e per promuovere l’efficienza e l’efficacia dell’azione amministrativa. • La l.n.241/1990 richiama il principio di efficienza, prevedendo che l’amministrazione non può aggravare il procedimento se non per straordinarie e motivate esigenze. CAPITOLO 4 Il provvedimento 2. Il regime del provvedimento: a) la tipicità Il provvedimento amministrativo è una manifestazione di volontà dell’amministrazione tesa a produrre effetti giuridici nel soggetto destinatario. Secondo il principio di tipicità, la pubblica amministrazione è tenuta a perseguire esclusivamente il fine stabilito dalla norma di conferimento del potere e può utilizzare soltanto lo strumento giuridico definito dalla norma, mentre la mancanza di elementi costitutivi della norma esclude l’esistenza del reato (fatto atipico). Le ordinanze in grado di affievolire il principio di tipicità sono le ordinanze contingibili e urgenti che possono essere emanati solo nei casi previsti dalla legge. Si parla anche di nominatività dei provvedimenti amministrativi per indicare che l’amministrazione può emanare solo i provvedimenti ai quali la legge fa riferimento. La tipicità e la nominatività escludono che si possano riconoscere all’amministrazione dei poteri impliciti, cioè poteri non espressamente previsti dalla legge ma ricavabili indirettamente da norme che definiscono altri poteri. 3. b) La cosiddetta imperatività Il principio di imperatività o autoritarietà è l’attitudine del provvedimento a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi, a prescindere dal consenso degli stessi. 46 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich Nell’imperatività si manifesta la dimensione verticale (sovraordinazione) dei rapporti tra Stato e cittadino che si contrappone a quella orizzontale (equiordinazione) delle relazioni giuridiche privatistiche. L’imperatività coincide con l’unilateralità nella produzione di un effetto giuridico. L’efficacia del provvedimento non dipende dalla sua validità, cioè dalla sua piena conformità alla norma attributiva del potere, ma ciò che vale è il principio dell’equiparazione dell’atto invalido all’atto valido. Solo il provvedimento affetto da nullità non ha carattere imperativo. L’imperatività emerge soprattutto negli atti amministrativi che determinano effetti ablatori (asportazione) o restrittivi della sfera giuridica del destinatario. 4. c) L’esecutorietà e l’efficacia L’esecutorietà è definita come il potere dell’amministrazione di procedere all’esecuzione obbligatoria del provvedimento in caso di mancata cooperazione da parte del privato obbligato, senza doversi rivolgere a un giudice. L’esecutorietà deroga (far venir meno una legge) al principio civilistico del divieto di autotutela, cioè di farsi giustizia da sé. L’autotutela è ammessa solo in casi eccezionali, perché la regola generale prevede l’inserimento del giudice civile che esegue la sentenza. Le sentenze vengono poste in essere da un ufficiale giudiziario (se il venditore non consegna il bene immobile, l’acquirente non potrà impossessarsene) La pubblica amministrazione ha invece la possibilità di portare a esecuzione i provvedimenti, così se il proprietario di un bene non coopera all’esecuzione del provvedimento di esproprio con la consegna del bene, l’amministrazione apprende il bene anche con l’uso della forza. Altro esempio è l’abbattimento di un edificio abusivo. Mentre l’imperatività opera sul piano della produzione degli effetti giuridici, l’esecutorietà opera su quello delle attività materiali necessarie per conformare la realtà di fatto alla situazione di diritto. L’esecutorietà del provvedimento amministrativo è stato rinvenuto nella presunzione di legittimità, ovvero si riteneva che gli atti amministrativi venissero emanati in modo legittimo e portati a esecuzione dall’amministrazione immediatamente, ma con l’art.21- ter l.n.241/1990 viene sancito che l’esecutorietà deve essere prevista dalla legge. Il provvedimento amministrativo deve indicare il termine e le modalità di esecuzione. Inoltre, l’esecuzione coattiva può avvenire solo previa adozione di un atto di diffida con il quale l’amministrazione intima al privato di porre in essere le attività esecutive già indicate nel provvedimento, concedendo così un’ultima chance. L’esecutorietà del provvedimento presuppone che il provvedimento emanato sia efficace ed esecutivo. Emerge una distinzione tra provvedimenti limitativi della sfera giuridica dei privati e provvedimenti ampliativi della sfera giuridica dei privati. 47 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich I primi hanno la natura di atti recettizi, poiché la propria efficacia è subordinata alla comunicazione all’interessato. L’esecutività del provvedimento è disciplinata dall’art.21-quater, secondo il quale i provvedimenti amministrativi efficaci sono eseguiti immediatamente, salvo che sia diversamente stabilito dalla legge. All’efficacia del provvedimento consegue la necessità che esso venga portato subito a esecuzione dall’amministrazione o dal destinatario obbligato a dare o fare. 5. d) L’inoppugnabilità Un’altra caratteristica del provvedimento amministrativo è l’inoppugnabilità: il provvedimento amministrativo imperativo, scaduti i termini per la sua contestazione da parte dei soggetti legittimati, diviene stabile. L’azione di annullamento del provvedimento va proposta entro 60 giorni; l’azione di nullità entro 180 giorni; l’azione risarcitoria entro 120 giorni. L’inoppugnabilità non esclude che l’amministrazione possa rimettere in discussione il rapporto giuridico esercitando il potere di autotutela. L’atto amministrativo diventa inoppugnabile anche in seguito alla rassegnazione del destinatario, cioè una dichiarazione di assenso all’effetto prodotto dal provvedimento. 6. Gli elementi strutturali dell’atto amministrativo. L’obbligo di motivazione Gli elementi strutturali dell’atto amministrativo sono: - Il soggetto: si individua in base alle norme sulla competenza. Si tratta di pubbliche amministrazioni ma anche di soggetti privati che sono titolari di poteri amministrativi; - La volontà: il provvedimento amministrativo è manifestazione della volontà dell’amministrazione intesa in senso psicologico (stato psichico del dirigente o organo che emana l’atto) e in senso oggettivato (volontà procedimentale); - L’oggetto: si tratta della cosa, attività o situazione soggettiva cui il provvedimento si riferisce (bene demaniale dato in concessione o il terreno espropriato); - Il contenuto: ciò che l’autorità intende disporre e ordinare. Il contenuto dell’atto può essere integrato con clausole accessorie che fissano condizioni che devono essere coerenti con il fine pubblico previsto dalla legge; - I motivi e la motivazione: i motivi si ricavano dalla motivazione. La motivazione è la parte del provvedimento che enuncia le ragioni che hanno determinato la decisione dell’amministrazione. Se il provvedimento si fonda su una pluralità di motivi, è sufficiente che uno solo sia legittimo per escludere l’annullabilità dell’atto (prova di resistenza). L’obbligo di motivazione è uno dei principi generali degli atti amministrativi. La motivazione svolge 3 funzioni: promuove la trasparenza dell’azione amministrativa; agevola l’interpretazione del provvedimento amministrativo; è una garanzia per il soggetto privato perché consente un controllo giurisdizionale più incisivo sull’operato dell’amministrazione. 50 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich - Sanzioni accessorie: la confisca amministrativa di cose la cui fabbricazione, uso, detenzione rappresenta un illecito. - Sanzioni disciplinari: si applicano a soggetti che hanno relazioni con le pubbliche amministrazioni (dipendenti, iscritti all’albo…) e consistono nell’ammonizione, nella sospensione del servizio, nella radiazione da un albo; - Sanzioni ripristinatorie: ripristinano l’interesse pubblico leso da un illecito. Le sanzioni amministrative sono applicate soltanto nei confronti della persona fisica del trasgressore in coerenza con il carattere personale delle responsabilità. È stata introdotta anche una forma di responsabilità amministrativa degli enti e delle imprese per gli illeciti amministrativi commessi nel suo interesse o a suo vantaggio da amministratori e dipendenti (truffa ai danni dello Stato, riciclaggio di denaro sporco…), che comporta sanzioni pecuniarie e interdittive (sospensione e revoca di licenze…). 8. Le attività libere sottoposte a regime di comunicazione preventiva. La segnalazione certificata d’inizio di attività. Il rispetto delle leggi amministrative può essere assicurato attraverso un semplice regime di vigilanza. Si pensi al pedone che non rispetta il Codice della strada. In questi casi l’attività non richiede alcun contatto preventivo con una pubblica amministrazione e quindi è considerata ancora come libera. Per agevolare i controlli effettuati dall’amministrazione, la legge obbliga i privati a comunicare preventivamente a una pubblica amministrazione l’intenzione di avviare un’attività (l’agricoltore che intende vendere al dettaglio deve comunicarlo al comune). Le attività libere regolate da leggi amministrative e sottoposte a un regime di comunicazione preventiva sono disciplinate dall’art.19 l.n.241/1990. Questo articolo prevede l’istituto della Segnalazione Certificata d’Inizio di Attività (SCIA, introdotta nel 2010 in sostituzione della DIA – Dichiarazione Inizio Attività). Con la SCIA, le attività che precedentemente venivano sottoposte a un controllo preventivo (controllo ex ante) mediante autorizzazione, licenza, concessione, ora vengono sottoposte a un controllo successivo (controllo ex post), effettuato cioè dall’amministrazione una volta ricevuta la comunicazione di avvio dell’attività. Il privato deve abbinare la segnalazione con un’autocertificazione del possesso dei presupposti e requisiti previsti dalla legge per lo svolgimento dell’attività. In caso di false dichiarazioni scattano sanzioni amministrative e penali. La SCIA consente all’amministrazione di verificare se l’attività è conforme alle norme amministrative e, l’amministrazione in caso di carenza dei requisiti e dei presupposti, entro 60 giorni può richiedere al privato di conformare l’attività alla normativa. Se ciò non avviene, l’amministrazione emana un provvedimento motivato di divieto di prosecuzione dell’attività esercitando un potere d’ufficio. 51 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich Il rapporto giuridico amministrativo si struttura secondo lo schema del potere e dell’interesse legittimo oppositivo a differenza del regime autorizzatorio nel quale il rapporto giuridico amministrativo segue lo schema del potere e dell’interesse legittimo pretensivo. Le attività sottoposte al regime della SCIA restano libere anche se conformate da un regime amministrativo. Dopo la scadenza dei 60 giorni per l’attività di controllo, l’amministrazione può esercitare i poteri di vigilanza e controllo e attivare il potere di annullamento d’ufficio e di revoca se vi è il pericolo di un danno per il patrimonio artistico, culturale… Il campo di applicazione della SCIA è definito da 2 criteri dell’art.19 l.n.241/1990: un criterio generale in base al quale la SCIA sostituisce ogni atto autorizzativo il cui rilascio dipenda dall’accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge e un criterio che deve trattarsi di atti autorizzativi per i quali non sia previsto alcun limite. Le 2 condizione per l’operatività della SCIA sono che si debba trattare di: procedimenti vincolati, cioè l’attività valutativa della pubblica amministrazione non esiste, è un’attività di riscontro e accertamento dei presupposti legali; non deve esserci un limite quantitativo, non deve essere previsto un accessorio dettato dalla legge o regolamenti. La SCIA è considerata una forma di autoamministrazione dei privati (atto del privato), resa possibile dal fatto che lo svolgimento dell’attività è subordinato dalle leggi amministrative alla presenza di presupposti e requisiti vincolanti. La sussistenza dei presupposti e requisiti può essere accertata dal soggetto interessato che valuta autonomamente la propria situazione e emana l’atto autorizzativo. La SCIA si riconduce all’ambito delle attività libere sottoposte a vigilanza da parte delle autorità pubbliche. Riguardo la possibile lesione che può colpire il terzo a causa dell’avvio di un’attività, il legislatore ha chiarito che se vuole contrastare l’avvio di un’attività deve invitare l’amministrazione a emanare un provvedimento che ne vieti l’avvio o la prosecuzione, se non provvede può rivolgersi al giudice per far accertare l’obbligo di provvedere. 9. Le autorizzazioni e le concessioni In merito al controllo precedente sulle attività dei privati vanno considerate le autorizzazioni e le concessioni. L’autorizzazione è l’atto con il quale l’amministrazione rimuove un limite all’esercizio di un diritto soggettivo del quale è già titolare il soggetto che presenta la domanda. Il suo rilascio presuppone una verifica preventiva della conformità dell’attività ai riferimenti normativi posti a tutela dell’interesse pubblico (funzione di controllo). La concessione è l’atto con il quale l’amministrazione attribuisce ex novo o trasferisce la titolarità di un diritto soggettivo in capo a un soggetto privato. 52 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich L’autorizzazione è uno strumento di controllo da parte dell’amministrazione sullo svolgimento dell’attività allo scopo di verificare preventivamente che essa non contrasti le norme che definiscono i presupposti e i requisiti, e spesso si esaurisce uno actu, cioè senza che si instauri una relazione stabile con l’amministrazione. La concessione, invece, instaura un rapporto di lunga durata con il concessionario caratterizzato da diritti e obblighi reciproci e da poteri di vigilanza continuativa, ed è anche uno strumento attraverso il quale l’amministrazione affida a soggetti privati la gestione di beni e servizi (esternalizzazione) avendo una valenza organizzativa e realizzando una forma di partenariato pubblico-privato. Le concessioni si dividono in 2 categorie: le concessioni traslative, che trasferiscono in capo a un soggetto privato un diritto o un potere del quale è titolare l’amministrazione (l’esercizio dell’attività di distribuzione dell’energia elettrica); le concessioni costitutive, che attribuiscono al soggetto privato un nuovo diritto (onorificenza). Quanto all’oggetto, le concessioni sono di più specie: - Le concessioni di beni pubblici: beni demaniali sui quali possono essere attribuiti diritti d’uso esclusivo (installazione di un chiosco di giornali sulla via pubblica); - Le concessioni di servizi pubblici o di attività ancora oggi sottoposte a un regime di monopolio legale o di riserva di attività a favore dello Stato o di enti pubblici (trasmissione e distribuzione dell’energia elettrica e del gas); - Le concessioni di lavori o di servizi assimilate dal Codice dei contratti pubblici a normali contratti (realizzare una tratta autostradale). È stata fatta poi una distinzione tra autorizzazioni costitutive, in relazione alle quali è dubbia la preesistenza di un diritto soggettivo in capo al privato (in passato le autorizzazioni per le banche); autorizzazioni permissive, che operano come fatti permissivi all’esercizio di una determinata attività (vendita di alcolici); autorizzazioni ricognitive, che valutano l’idoneità tecnica di persone o cose (abilitazioni per insegnanti). Vanno menzionate anche le licenze (caccia, pesca…) che hanno due caratteristiche: riguardano attività nelle quali non sono rinvenibili preesistenti diritti soggettivi e il loro rilascio è subordinato a valutazioni tecniche. Storicamente, le autorizzazioni e le concessioni vennero inquadrate all’interno della teoria del provvedimento amministrativo. Le concessioni vennero considerate come atti autoritativi senza obbligo di indennizzo. Alle autorizzazioni e alle concessioni venne dunque riconosciuto il carattere unilaterale e autoritativo: unilaterale, pur in presenza di una volontà del privato espressa attraverso la presentazione dell’istanza; autoritativo, nelle quali l’atto sembra avere una valenza ricognitiva di un effetto che scaturisce dalla legge. Venne elaborata anche la nozione di concessione-contratto, volta ad attenuare il carattere unilaterale dell’atto concessorio. 55 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich - Un secondo criterio riguarda quello dei destinatari del provvedimento. Esso consente di individuare la categoria degli atti amministrativi generali che si rivolgono, anziché a singoli destinatari, a classi omogenee di soggetti. Dagli atti generali si distinguono gli atti collettivi e gli atti plurimi: gli atti collettivi si indirizzano a categorie ristrette di soggetti già individuati singolarmente con precisione (si pensi allo scioglimento di un consiglio comunale che produce effetti nei confronti dei singoli componenti dell’organo collegiale); gli atti plurimi sono rivolti a una pluralità di soggetti, ma i loro effetti sono scindibili in relazione a ciascun destinatario (si pensi al decreto che approva una graduatoria di vincitori di concorso). - Un terzo criterio riguarda la natura della funzione esercitata e l’ampiezza della discrezionalità. Si distinguono gli atti di alta amministrazione e gli atti politici: gli atti di alta amministrazione hanno una natura amministrativa e un’ampia discrezionalità e tra questi rientrano i provvedimenti di nomina e revoca dei vertici militari o dei ministeri; gli atti politici non sono sottoposti a regime del provvedimento amministrativo, sono liberi nel fine e sono emanati da un organo costituzionale nell’esercizio di una funzione di governo (approvazione di un decreto legge da parte del Consiglio dei Ministri). 12. L’invalidità dell’atto amministrativo Si ha invalidità quando una difformità tra atto e norme determina una lesione di interessi tutelati dalle norme e incide sull’efficacia dell’atto sotto forma di nullità o annullabilità. L’invalidità trova disciplina nella l.n.241/1990. Si fa una distinzione tra norme che regolano una condotta (norme primarie o norme di condotta), che impongono obblighi comportamentali o attribuiscono diritti e norme che conferiscono poteri (norme secondarie o norme sulla produzione giuridica), come ad esempio fare un testamento. I comportamenti che violano il primo tipo di norme sono illeciti e l’ordinamento reagisce con sanzioni penali o con l’obbligo di risarcimento… Gli atti posti in essere in violazione delle norme del secondo tipo sono invalidi e l’ordinamento reagisce disconoscendone gli effetti. L’invalidità è definita come la difformità di un atto dal suo modello legale e può essere sanzionata secondo due modalità: l’inidoneità dell’atto a produrre gli effetti giuridici tipici, cioè a creare diritti e obblighi nella sfera giuridica dei soggetti dell’ordinamento (nullità); l’idoneità a produrli in via precaria, cioè fin tanto che non intervenga un giudice che rimuova con efficacia retroattiva gli effetti prodotti (annullamento). La nullità ha carattere atipico. Il negozio è nullo in tutti quei casi in cui la nullità sia stabilita direttamente dalla legge: si parla, in questi casi, di nullità testuali; laddove, invece, la nullità non sia espressamente prevista ma sia ricavabile dall’interprete si parla di nullità virtuali. 56 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich La nullità del provvedimento amministrativo è prevista solo in relazione a poche ipotesi tassative, mentre la violazione delle norme viene attratta nel regime ordinario dell’annullabilità (sotto il profilo della violazione di legge). Si parla anche di invalidità totale quando riguarda l'intero contratto e invalidità parziale quando riguarda singole clausole del negozio. L’invalidità di un provvedimento può essere propria o derivata, originaria o sopravvenuta. - Nel caso di invalidità propria, assumono importanza i vizi dei quali è affetto l’atto. Nel caso di invalidità derivata, l’invalidità dell’atto discende dall’invalidità di un atto presupposto. Per esempio, l’illegittimità di un bando di gara determina a valle l’invalidità dell’atto di approvazione della graduatoria dei vincitori. L’invalidità derivata può essere di due tipi: a effetto caducante, quando travolge automaticamente l’atto assunto sulla base dell’atto invalido; a effetto invalidante, quando l’atto affetto da invalidità derivata conserva i suoi effetti fino a che non venga annullato. - Va premesso che trova applicazione nel diritto amministrativo anche il principio del tempus regit actum, secondo il quale la validità di un provvedimento si determina in base alle norme in vigore al momento della sua adozione. Si parla di invalidità sopravvenuta nei casi in cui l’invalidità sopraggiunge nel corso della vita di un atto. Nell’invalidità sopravvenuta, il provvedimento nasce originariamente sano e solo in un momento successivo la patologia colpisce il provvedimento determinandone l’invalidità. In sostanza, l’atto originariamente non viziato, viene colto da un vizio che però non si risolve in un impedimento alla sua efficacia, poiché l’atto continua a produrre i suoi effetti fino a quando non ne venga dichiarata l’invalidità. Tra i casi di invalidità sopravvenuta ricordiamo l’illegittimità successiva del provvedimento. L’illegittimità del provvedimento comporta l’annullabilità (potendo la nullità operare solo nei casi previsti dalla legge). La normativa sopravvenuta non incide sulla sua validità, tranne i casi in cui venga emanata una legge retroattiva, in base alla quale atti già emanati, originariamente conformi alla norma, siano divenuti difformi rispetto alla nuova disciplina. Si distinguono anche due tipi di comportamenti patologici dell’amministrazione: i meri comportamenti o comportamenti senza potere, lesivi di un diritto soggettivo e ascrivibili alla categoria della illiceità (incidente stradale provocato da un mezzo dell’amministrazione) e i comportamenti nei quali il collegamento tra provvedimento invalido e l’attività materiale esecutiva dell’amministrazione lede un interesse legittimo. 13. L’annullabilità L’atto amministrativo affetto da incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge viene qualificato come illegittimo (suscettibile di annullamento). 57 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich Le conseguenze dell’annullamento, cioè il venir meno degli effetti del provvedimento con efficacia retroattiva, non cambiano in relazione al tipo di vizio. L’annullamento elimina comunque l’atto e i suoi effetti in modo retroattivo e l’amministrazione ha l’obbligo di porre in essere tutte le attività necessarie per ripristinare la situazione di fatto e di diritto in cui si sarebbe trovato il destinatario dell’atto dove l’atto non fosse stato emanato (effetto ripristinatorio). Si fa una distinzione tra vizi formali e vizi sostanziali: se il vizio ha natura formale o procedurale, come la mancata acquisizione di un parere obbligatorio, l’amministrazione può emanare un nuovo atto; se il vizio ha natura sostanziale, come la mancanza di un presupposto o di un requisito, l’amministrazione non potrà riesumare l’atto annullato. La retroattività dell’annullamento è oggetto di ripensamento: il Consiglio di Stato ha stabilito che l’atto viziato continui a produrre i propri effetti fino a che l’amministrazione non provveda a modificarlo o sostituirlo entro un preciso termine. L’art.29 Codice del processo amministrativo prevede l’azione di annullamento, per il provvedimento affetto da violazione di legge, incompetenza ed eccesso di potere, innanzi al giudice amministrativo entro 60 giorni. L’annullabilità viene rilevata in base al principio dispositivo (le parti propongono al giudice gli elementi di prova su cui basare il convincimento) e può essere pronunciata solo in seguito alla domanda che indica i vizi denunciati (motivi di ricorso). 14. a) L’incompetenza L’incompetenza è un vizio del provvedimento adottato da un organo o da un soggetto diverso da quello indicato dalla norma. L’incompetenza è una sorta di violazione di legge, poiché la distribuzione delle competenze tra i soggetti pubblici e tra gli organi interni è operata da leggi, regolamenti. Il rispetto di queste norme è funzionale allo svolgimento delle attività amministrative. Si distingue una incompetenza relativa, quando l’atto viene emanato da un organo appartenente alla stessa branca o settore dell’organo titolare del potere, e una incompetenza assoluta, quando sussiste un’assoluta estraneità tra l’organo che ha emanato l’atto e quello competente. Il vizio di incompetenza può essere: - Per materia: si riferisce alla titolarità della funzione (materia urbanistica e commerciale hanno ambiti di disciplina simili); - Per grado: si riferisce al criterio gerarchico negli apparati organizzati (organizzazioni militari o di polizia); - Per territorio: si riferisce agli ambiti nei quali gli enti territoriali possono operare (prefetture di due province). Il vizio di incompetenza ha una priorità rispetto ad altri motivi del ricorso, perché nel caso in cui si accerti il vizio, il giudice deve annullare il provvedimento. 60 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich - Altre figure sintomatiche sono: i vizi della volontà, la violazione dei principi di proporzionalità e del legittimo affidamento. Il principio di proporzionalità può essere ricondotto infatti al principio di ragionevolezza, visto che l’utilizzo di mezzi che eccedono il fine non è conforme. Diverse teorie si sono pronunciate sulle figure sintomatiche: secondo alcune, le figure sintomatiche sono presunzioni costituite da situazioni che consentono di dubitare che si sia attuata la divergenza dell’atto dalla sua finalità; secondo altre, le figure sintomatiche sono considerate come violazione di principi generali o anche come clausole generali ormai convenzionalmente accettate nella pratica argomentativa giudiziaria. 17. La nullità L’art.21-septies l.n.241/1990 individua 4 ipotesi di nullità: - La mancanza degli elementi essenziali; - Il difetto assoluto di attribuzione: è già stato esaminato trattando della carenza di potere e dell’incompetenza assoluta; - La violazione o elusione del giudicato: si ha quando l’amministrazione emana un nuovo atto che ignora il contenuto della sentenza passata in giudicato; - Gli altri casi espressamente previsti dalle legge: gli atti adottati da organi collegiali scaduti decorso il periodo di prorogatio di 45 giorni durante il quale possono comunque essere posti in essere gli atti di ordinaria amministrazione; gli atti emanati in violazione del diritto europeo; l’azione di nullità che può essere proposta dal giudice. 18. L’annullamento d’ufficio, la convalida, la ratifica, la sanatoria, la conferma, la conversione, la revoca, il recesso o L’annullamento d’ufficio: si ricorre all’annullamento dell’atto emanato per reagire all’illegittimità del provvedimento. L’annullamento del provvedimento illegittimo può essere pronunciato dal giudice amministrativo, dall’amministrazione in sede di esame dei ricorsi amministrativi, dagli organi amministrativi preposti al controllo di legittimità di alcuni provvedimenti. In queste ipotesi, l’annullamento è doveroso, quindi necessariamente pronunciato. Ha invece carattere discrezionale l’annullamento d’ufficio. Affinché l’amministrazione possa esercitare il potere di annullamento d’ufficio, devono sussistere 4 presupposti: - Il provvedimento deve essere affetto da un vizio di violazione di legge, di incompetenza o di eccesso di potere; - Ragioni di interesse pubblico che portano alla rimozione dell’atto (affidare un contratto pubblico senza una procedura di gara); - Deve essere valutato l’interesse pubblico dei destinatari e quello dei controinteressati; - Si deve tener conto del fattore temporale, perché per alcuni provvedimenti il potere dell’amministrazione decade entro 18 mesi. 61 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich Il potere di annullamento d’ufficio deve essere esercitato nel rispetto delle regole della l.n.241/1990 in tema di comunicazione di avvio del procedimento e di partecipazione dei soggetti interessati. L’amministrazione non è tenuta a prendere in esame e a dar seguito a segnalazioni da parte di soggetti privati che denunciano l’illegittimità dell’atto amministrativo. o La convalida: l’amministrazione può procedere alla convalida del provvedimento illegittimo in presenza di ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole. A differenza di quanto avviene nei rapporti interprivati, nei quali la convalida del negozio costituisce una facoltà del soggetto leso al quale spetta l’azione di annullamento, la convalida del provvedimento amministrativo è operata dalla stessa amministrazione cui è imputabile il vizio rilevato. Quando la convalida riguarda il vizio di incompetenza è ricorrente l’espressione di ratifica, che si riferisce alle ipotesi nelle quali all’interno di un’amministrazione pubblica un organo può esercitare in caso d’urgenza una competenza attribuita in via ordinaria a un altro organo, che è chiamato a far proprio l’atto emanato. o La sanatoria: si parla di sanatoria nei casi in cui l’atto è emanato in carenza di un presupposto che poi si materializza in un momento successivo. o La conferma e l’atto confermativo: l’amministrazione emana un provvedimento di conferma quando non è affetto da alcun vizio. Si distingue tra conferma, cioè un provvedimento amministrativo autonomo dal contenuto identico rispetto a quello oggetto del riesame, e atto confermativo, con il quale l’amministrazione si limita a comunicare al privato che chiede il riesame che non vi sono motivi per riaprire il procedimento e procedere a una nuova valutazione. o La conversione: si applica ai provvedimenti affetti da nullità e da annullabilità. o La revoca: consiste nell’eliminazione, da parte dell’amministrazione, di un atto ritenuto inopportuno o inadeguato in base a un riesame. Il potere di revoca è considerato come una manifestazione del potere di autotutela della pubblica amministrazione, ed è giustificato dall’esigenza di garantire nel tempo la conformità all’interesse pubblico. Tra i casi più importanti si ricorda quello delle concessioni di illuminazione a gas rilasciate a livello comunale, revocate in seguito all’impiego di lampade elettriche. L’art.21-quinquies, comma 1, distingue la revoca per sopravvenienza e la revoca jus poenitendi. Nel primo caso, si parla di revoca per sopravvenuti motivi di interesse pubblico, che interviene quando l’amministrazione opera una rivalutazione degli interessi alla luce di esigenze sopravvenute, cioè non presenti al momento in cui l’atto era stato emanato (la destinazione di un tratto di spiaggia non più a balneazione sulla base di una concessione demaniale, ma a riserva naturale). Si ricorre alla revoca anche per i mutamenti della situazione di fatto, cioè si rivaluta l’interesse pubblico a causa dell’emersione di nuove tecnologie. Nel secondo caso, la revoca riguarda una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario a causa di una ponderazione errata degli interessi nel momento in cui ha emanato il provvedimento. 62 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich A differenza dell’annullamento d’ufficio, che ha efficacia retroattiva, la revoca determina l’inidoneità del provvedimento a produrre ulteriori effetti, e ha per oggetto provvedimenti a efficacia durevole (concessioni di servizi pubblici). L’art.21-quinquies prevede inoltre un obbligo di indennizzo nei casi in cui la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati. L’indennizzo è limitato al danno emergente ed è suscettibile di un’ulteriore riduzione nel caso di un’erronea valutazione della compatibilità dell’atto con l’interesse pubblico. Siccome è un atto discrezionale, la revoca richiede una motivazione. Si distingue la revoca sanzionatoria dal mero ritiro: la revoca sanzionatoria può essere disposta dall’amministrazione nel caso in cui il privato, destinatario di un provvedimento amministrativo favorevole (concessione), non rispetti le sue condizioni e i suoi limiti (ritiro di un porto d’armi in caso di abuso); il mero ritiro ha per oggetto atti amministrativi non ancora efficaci, può avvenire per ragioni di legittimità o per merito ed è riconducibile alla revoca di un testamento. o Il recesso dai contratti: è ammesso solo nei casi previsti dalla legge o dal contratto. È una disposizione che riguarda l’attività negoziale della pubblica amministrazione. È uno dei modi nei quali si può sciogliere un accordo sottoscritto ed efficace. Una circostanza nella quale è consentito il diritto di recesso è quella riconosciuta dal codice del consumo sui contratti firmati tra consumatori e professionisti. Il “consumatore” viene identificato con il privato che agisce per acquistare un bene o un servizio. Con il termine “professionista” si intendono aziende o autonomi. Il diritto di recesso o di ripensamento è escluso nei contratti tra due privati o tra due aziende o tra un professionista e una società, e lo è anche quando un privato, per acquistare un prodotto deve fornire una partita iva per scaricare la spesa dalle tasse. CAPITOLO 5 Il procedimento 1. Nozione e funzioni del procedimento Il procedimento amministrativo è una nozione collegata alle modalità di produzione di un effetto giuridico, è la forma attraverso la quale si esplica la funzione amministrativa. Il processo attraverso il quale le pubbliche amministrazioni trasformano gli input in output. Nello schema norma-fatto-effetto, l’effetto giuridico si produce alcune volte al verificarsi di un singolo accadimento (fatti semplici); altre volte al verificarsi di una pluralità di accadimenti (fatti complessi). 65 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich 3. Le fasi del procedimento La sequenza degli atti e degli adempimenti nei quali si articola il procedimento può essere suddivisa in 3 fasi: l’iniziativa, l’istruttoria e la conclusione. 4. a) L’iniziativa L’iniziativa è l’avvio formale del procedimento destinato a sfociare nel provvedimento finale produttivo degli effetti giuridici nella sfera giuridica del destinatario. Si fa una distinzione tra obbligo di procedere e obbligo di provvedere: in base al primo, l’amministrazione apre il procedimento e pone in essere le attività previste nella sequenza procedimentale per la determinazione finale; in base al secondo, l’amministrazione porta a conclusione il procedimento attraverso l’emanazione di un provvedimento espresso. L’obbligo di procedere sorge quindi o in seguito a un atto di impulso di un soggetto esterno all’amministrazione titolare del potere (procedimento su istanza di parte) o per iniziativa dell’amministrazione (procedimento d’ufficio). Nei procedimenti su istanza di parte, l’atto di iniziativa consiste in una domanda o istanza formale presentata all’amministrazione da un soggetto privato interessato al rilascio di un provvedimento favorevole (interesse legittimo pretensivo). L’obbligo di procedere però sorge solo in relazione a sequenze procedimentali tipiche, cioè in relazione ai procedimenti amministrativi disciplinati nelle leggi amministrative di settore (ad esempio, i procedimenti autorizzativi previsti dalle leggi che regolano le attività economiche). Nei procedimenti d’ufficio, l’apertura del procedimento viene effettuata dall’amministrazione, perché i provvedimenti riguardano soprattutto poteri che determinano un effetto limitativo nella sfera giuridica del destinatario (titolare di un interesse legittimo oppositivo), ad esempio il procedimento espropriativo. Nei procedimenti d’ufficio si pone il problema di individuare con precisione il momento in cui sorge l’obbligo di procedere. Infatti, in molte situazioni l’apertura del procedimento avviene all’esito di attività preistruttorie. Tra le attività preistruttorie si menzionano le ispezioni. L’ispezione è esercitata dalla legge ad autorità di vigilanza (IVASS, Banca d’Italia…) nei confronti di soggetti privati allo scopo di verificare il rispetto delle normative di settore e consiste in una serie di operazioni di verifica che possono concludersi con la constatazione che l’attività è conforme alle norme, oppure può far emergere fatti contenenti violazioni, e solo in questo caso l’amministrazione ha l’obbligo di aprire un procedimento d’ufficio che può concludersi con sanzioni. Lo svolgimento delle attività preistruttorie e l’avvio dei procedimenti d’ufficio di tipo sanzionatorio possono avvenire anche in seguito a denunce o esposti di soggetti privati, anche se spetta all’amministrazione decidere se aprire il procedimento. 66 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich L’amministrazione deve comunicare l’avvio del procedimento ai soggetti destinatari diretti del provvedimento e la comunicazione viene inviata anche a eventuali altri soggetti che devono intervenire nel procedimento. La comunicazione deve indicare: l’amministrazione competente, l’oggetto del procedimento, il nome del responsabile del procedimento, il termine di conclusione del procedimento, l’ufficio in cui si può prendere visione degli atti. 5. b) L’istruttoria L’istruttoria ha lo scopo di accertare i fatti per la determinazione finale. I fatti da accertare si riferiscono ai presupposti e requisiti per l’emanazione del provvedimento, e il responsabile del procedimento deve valutare le condizioni di ammissibilità, i requisiti di legittimazione ed i presupposti rilevanti per l’emanazione del provvedimento. La fase istruttoria è retta dal principio inquisitorio, infatti il responsabile del procedimento accerta i fatti compiendo tutte le indagini necessarie per ricostruire la situazione di fatto anche attraverso il rilascio di dichiarazioni, accertamenti tecnici, ispezioni e esibizioni documentali. Nella scelta dei mezzi istruttori da utilizzare l’amministrazione deve attenersi al principio di efficienza ed economicità. La fase istruttoria del procedimento è uno strumento che consente all’amministrazione di agire in maniera imparziale, cioè di poter avere tutto il necessario per la decisione finale. Alcuni atti istruttori sono previsti dalla legge, è il caso dei pareri obbligatori e delle valutazioni tecniche di competenza di amministrazioni diverse da quella precedente. I pareri possono essere: obbligatori, se individuati dalla legge e con obbligo di rilascio entro 20 giorni; facoltativi, se sono richiesti dall’amministrazione perché possono essere utili ai fini della decisione; vincolanti, quando l’amministrazione non può assumere una decisione difforme dal contenuto del parere. L’art.17-bis della l.n.241/1990 per accelerare i tempi di conclusione dei procedimenti, stabilisce termini per il rilascio di assensi, concerti e nullaosta (entro 30 giorni) e introduce un meccanismo del silenzio-assenso tra amministrazioni, che non vale nel caso in cui il diritto dell’Unione europea richieda l’adozione di provvedimenti espressi. Un’altra tendenza è l’acquisizione d’ufficio di atti e documenti per sgravare i soggetti privati da oneri di documentazione e certificazione. La fase istruttoria è aperta ai soggetti che abbiano diritto di intervenire e partecipare al procedimento. La partecipazione e l’intervento rispecchiano due diritti alla partecipazione informata: prendere visione degli atti del procedimento (accesso procedimentale); presentare memorie scritte, cioè documenti che illustrano il punto di vista del soggetto interessato. L’amministrazione, attraverso l’ascolto e la partecipazione di più interessati, avrà un quadro istruttorio più completo. 67 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich Quindi la partecipazione, trascende l’interesse dei singoli, e si muove in un’ottica di tutela dell’interesse generale: questa è la finalità collaborativa dell’imparzialità. L’istruttoria è affidata al responsabile del procedimento che deve adottare ogni misura per l’adeguato svolgimento dell’istruttoria e può chiedere la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete. Per prevenire fenomeni di corruzione, deve astenersi quando si trova in conflitto di interessi. Inoltre, l’art 10-bis della legge 241/90 introduce il preavviso di rigetto, cioè l’atto con il quale, nei procedimenti ad istanza di parte, il responsabile del procedimento o l’autorità competente, prima di adottare il provvedimento negativo, informa tempestivamente l’interessato dei motivi che ostacolano l’accoglimento dell’istanza, accordando un termine di 10 giorni per produrre osservazioni scritte a propria difesa. L’art.10-bis segna un ulteriore passo avanti nella visione collaborativa dei rapporti tra amministrazione e soggetti privati. 6. c) La conclusione: il termine, il silenzio, gli accordi Conclusa la fase istruttoria, il provvedimento finale può essere emanato dal titolare di un organo individuale (sindaco o ministro) oppure da un organo collegiale (giunta comunale, consiglio di amministrazione di un ente pubblico…). Accanto ad atti semplici (monostrutturali) è frequente ricorrere anche agli atti complessi (pluristrutturati): il concerto, nel quale il ministero competente a emanare il provvedimento (autorità concertata) deve prima inviare al ministero concertante lo schema di provvedimento per ottenerne l’assenso o proposte di modifica; l’intesa, che interviene nei rapporti tra Stato e regioni e può essere debole, quando il dissenso regionale può essere motivatamente superato dallo Stato all’esito del confronto, forte, quando è necessario il doppio consenso. La determinazione finale è assunta sulla base delle regole vigenti al momento in cui è stata adottata. Al procedimento infatti si applica il principio del tempus regit actum, secondo il quale le modifiche legislative trovano immediata applicazione a meno che non si sia in presenza di situazioni giuridiche consolidate. Riguardo la fase decisionale, gli aspetti da approfondire sono: il termine entro il quale il procedimento deve essere concluso e i rimedi in caso di mancato rispetto del termine; il regime del silenzio della pubblica amministrazione; l’accordo come modalità consensuale alternativa al provvedimento unilaterale. C1) Il provvedimento deve essere emanato entro il termine stabilito per lo specifico procedimento. L’art.2 pone una disciplina dei termini di conclusione dei procedimenti che è generale e completa: generale, perché si applica nel caso in cui manchino disposizioni legislative speciali in tema di termini di conclusione del procedimento; completa, perché la stessa applicazione vale per tutte le fattispecie di procedimenti. 70 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich Il silenzio-assenso ha valore provvedimentale, ciò determina due conseguenze: il silenzio può essere oggetto di provvedimenti di autotutela sotto forma di revoca e di annullamento d’ufficio; può essere impugnato innanzi al giudice amministrativo, per esempio da un soggetto terzo che vuol contrastare l’avvio dell’attività da parte del soggetto che ha presentato l’istanza all’amministrazione. Il soggetto deve poi dichiarare la sussistenza dei presupposti e dei requisiti di legge. In conclusione, il regime del silenzio-assenso non fa venir meno l’obbligo di provvedere da parte dell’amministrazione, ma incide solo sulla fase decisionale, introducendo un incentivo al rispetto del termine. A differenza di quanto accade con la SCIA, resta fermo il modello del controllo ex ante sulle attività private. Il regime del silenzio-assenso ha alcuni difetti: - E’ un meccanismo che può essere adottato solo nei procedimenti ad istanza di parte e solo quando vi sia una discrezionalità limitata; - Poiché esso può applicarsi anche ai provvedimenti discrezionali, la valutazione di interessi pubblici nei casi di inerzia dell’amministrazione non viene operata, quindi l’amministrazione abdica al proprio ruolo di cura dell’interesse pubblico; - Il privato che presenta l’istanza, non può sapere se dietro il silenzio dell’amministrazione si celi un’inerzia assoluta (il fascicolo si è perso), oppure se l’istruttoria sia stata compiuta, anche se l’amministrazione non ha provveduto in tempo. In definitiva, il silenzio-assenso non risolve il problema dei ritardi nella conclusione dei procedimenti amministrativi. C3) Gli accordi integrativi e sostitutivi Una modalità alternativa di conclusione del procedimento è l’accordo integrativo o sostitutivo del provvedimento, cioè soluzioni che pongono l’amministrazione su un piano più paritario nei confronti del soggetto privato. L’accordo si basa su un accordo tra l’interesse pubblico dell’amministrazione e l’interesse del privato. I poteri vincolanti, invece, non sono oggetto di accordi perché manca il presupposto per una negoziazione. L’accordo può essere promosso dal soggetto privato presentando osservazioni e proposte in sede di partecipazione al procedimento. Soggetti terzi potrebbero contestare i contenuti proponendo un’azione di annullamento innanzi al giudice amministrativo; il responsabile del procedimento, per favorire l’accordo, può organizzare incontri con i soggetti privati interessati avviando dei tavoli di trattativa. L’amministrazione, però, non è obbligata a concludere accordi con i privati e può sempre preferire il provvedimento unilaterale non negoziato. Gli accordi devono essere stipulati per atto scritto, a pena di nullità. 71 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich Gli accordi possono essere integrativi o sostitutivi del provvedimento: i primi servono solo a concordare il contenuto del provvedimento finale che viene emanato successivamente alla stipula e all’attuazione dell’accordo; nei secondi gli effetti giuridici si producono in via diretta con la conclusione dell’accordo, senza alcuna necessità di un atto formale di recepimento (schema accordo-effetti). A garanzia dell’imparzialità e del buon andamento dell’azione amministrativa, gli accordi devono essere preceduti dall’organo competente per l’adozione del provvedimento che deve autorizzare e stabilire i limiti della negoziazione. Inoltre, dopo la conclusione dell’accordo, l’amministrazione può anche recedere dall’accordo (da non confondere con il recesso dal contratto) per sopravvenuti motivi di interesse pubblico, cui si accompagna l’obbligo di liquidare un indennizzo per eventuali danni subiti dal privato. 7. Procedimenti semplici, complessi, collegati. Il subprocedimento I procedimenti possono avere una struttura semplice o complessa a seconda del loro oggetto e del numero e della natura degli interessi pubblici e privati incisi. I procedimenti semplici hanno una sequenza procedimentale che consiste soltanto in una domanda o istanza presentata dall’interessato, in un’istruttoria limitata a poche verifiche documentali e in una decisione affidata a un’unica autorità; i procedimenti complessi richiedono accertamenti, partecipazioni, pareri o valutazioni tecniche. I procedimenti complessi sono spesso articolati in subprocedimenti sequenziali, ciascuno avente un’unità funzionale autonoma. Il subprocedimento è un procedimento che costituisce una fase di un procedimento principale, preordinato all'emanazione di un atto che costituisce uno degli elementi della serie che porta all'emanazione di un provvedimento. Talvolta i subprocedimenti si concludono con atti suscettibili di incidere in via immediata su situazioni giuridiche soggettive, in quanto produttivi di effetti esterni diversi e indipendenti rispetto all’effetto giuridico primario. Ad esempio, nei procedimenti sanzionatori di competenza dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato l’impresa inquisita ha la possibilità di proporre all’Autorità che ha avviato il procedimento impegni atti a rimuovere l’illecito concorrenziale. Se l’Autorità approva gli impegni, attraverso un subprocedimento in contraddittorio, il procedimento si conclude senza ulteriori accertamenti e senza un provvedimento sanzionatorio. Se l’Autorità conclude il subprocedimento rigettando gli impegni, il procedimento prosegue fino all’emanazione di un provvedimento conclusivo che accerta o meno l’illecito. L’unitarietà del procedimento si ha solo quando nessuno degli atti endoprocedimentali produce effetti giuridici autonomi esterni, ma se il subprocedimento si conclude con l’emanazione di un atto che produce effetti esterni si ricorre ai procedimenti collegati. Si parla di procedimenti collegati nei casi in cui una pluralità di procedimenti, da avviare in sequenza o in parallelo, sono funzionali a un risultato unitario. 72 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich Un esempio di procedimento collegato in sequenza è l’espropriazione per pubblica utilità che si articola in una pluralità di procedimenti: approvazione del piano urbanistico generale; dichiarazione di pubblica utilità; l’indennità di esproprio; l’emanazione del decreto di esproprio. Un esempio di procedimento collegato avviato in parallelo è la realizzazione di un impianto industriale che prevede il rilascio di diverse autorizzazioni (urbanistiche, sicurezza, sanitarie, ambientali…). Il collegamento tra questi procedimenti è funzionale, nel senso che la conclusione di uno di essi è necessaria per l’avvio di una determinata attività. Per coordinare meglio le attività è previsto lo sportello unico delle imprese. I procedimenti possono essere: - di primo grado: quando permettono l’emanazione di provvedimenti amministrativi con effetti esterni e alla cura di un interesse pubblico (autorizzazione, licenza…); - di secondo grado: quando verificano la legittimità dei provvedimenti amministrativi già emanati con l’interesse pubblico (revoca, annullamento d’ufficio, ricorsi, controllo sugli atti amministrativi da parte della Corte dei Conti…). I procedimenti possono essere: - Finali: quando sono funzionali alla cura immediata di interessi pubblici nei rapporti esterni con i soggetti privati; - Strumentali: quando hanno una funzione organizzatoria e riguardano la gestione del personale e delle risorse finanziarie (programmazione o pianificazione). Va fatta una distinzione tra: - Procedimento in senso proprio: si riferisce agli atti della sequenza procedimentale che trovano disciplina nella legge o in una fonte normativa in senso proprio (regolamenti); - Procedura interna all’amministrazione: si riferisce agli atti e adempimenti interni all’amministrazione che sono previsti da regole di tipo organizzativo, così le istanze e le domande presentate dai privati vanno registrate in un protocollo interno e la pratica poi viene smistata all’ufficio competente. 8. La conferenza di servizi e altre forme di coordinamento La l.n.241/1990 individua come strumento principale di coordinamento la conferenza di servizi, cioè riunioni dei rappresentanti degli uffici o delle amministrazioni che si confrontano ed esprimono il loro punto di vista, che permettono il coordinamento tra le amministrazioni e che semplificano lo svolgimento del procedimento. Esistono 3 tipi di conferenza di servizi: - Istruttoria: serve a raccogliere in un unico contesto gli elementi utili che serviranno per l’emanazione del provvedimento finale; 75 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich Se il privato non accetta la proposta o se scadono i 30 giorni, l’autorità emana il decreto di esproprio e deposita l’indennità rifiutata presso la Cassa depositi e prestiti. L’indennità definitiva viene determinata da una commissione provinciale e se il proprietario contesta l’indennità può avviare un procedimento innanzi alla Corte d’appello. Da sempre l’ordinamento tende a favorire la cessione volontaria del bene, che rappresenta un diritto soggettivo dell’espropriando nei confronti del beneficiario dell’espropriazione. I vantaggi dell’espropriando sono di tipo pecuniario, visto che il prezzo di cessione è commisurato all’indennità di esproprio. L’amministrazione può anche avviare il procedimento di occupazione d’urgenza per acquisire immediatamente il bene e avviare i lavori per realizzare l’opera pubblica. Ciò può avvenire in 3 ipotesi: quando devono essere effettuati lavori urgenti; quando bisogna realizzare una grande opera pubblica urgente; quando la procedura riguarda più di 50 proprietari. Altri aspetti sono: - La retrocessione: cioè il diritto del soggetto espropriato di riacquistare la proprietà del bene nei casi in cui l’opera pubblica non viene realizzata (retrocessione totale, entro 10 anni) o non tutto il bene viene utilizzato (retrocessione parziale); - L’acquisizione sanante: consente all’amministrazione di espropriare il bene anche in assenza del vincolo espropriativo, della dichiarazione di pubblica utilità o del decreto di esproprio, ovvero quando questi atti sono invalidi. L’amministrazione quindi può occupare ed utilizzare senza alcun titolo il bene da espropriare e successivamente emanare un provvedimento che prevede: un indennizzo corrispondente al valore venale del bene e un risarcimento del danno per il periodo di occupazione senza titolo; un’adeguata motivazione dell’esproprio. Si tratta, quindi, di un procedimento espropriativo eccezionale e non ordinario e, proprio perché mancano gli atti tipici della normale procedura, il provvedimento va a sanare l’occupazione e l’utilizzazione illegittima del bene da parte dell’ente. 10. b) Le sanzioni pecuniarie e disciplinari Le principali tipologie di sanzioni solo quelle pecuniarie e disciplinari. o Il procedimento per le sanzioni pecuniarie prevede 4 fasi: - L’accertamento della violazione: attività di raccolta di elementi che causano l’illecito amministrativo, ad esempio la raccolta di informazioni, ispezioni di cose e luoghi. Queste attività vengono svolte dagli agenti e ufficiali di polizia giudiziaria e dagli organi addetti al controllo delle violazioni; - La contestazione dell’illecito (addebiti): se dall’accertamento emerge la violazione di norme amministrative, l’amministrazione procede alla contestazione dell’illecito. La contestazione deve essere notificata entro 90 giorni e deve indicare tutti gli elementi che potrebbero essere compresi in una fattispecie sanzionatoria. 76 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich Inoltre, entro 60 giorni dalla contestazione, l’interessato può procedere all’oblazione, cioè al pagamento di una somma ridotta che estingue l’obbligazione pecuniaria senza procedere a un accertamento definitivo dell’illecito; - L’ordinanza-ingiunzione: una volta provata la violazione, l’autorità emana l’ordinanza-ingiunzione che determina l’ammontare della sanzione pecuniaria e ingiunge (impone) al trasgressore il pagamento entro 30 giorni; - Il giudizio di opposizione nei confronti dell’ordinanza-ingiunzione: l'opposizione a decreto ingiuntivo è il mezzo con cui l'ingiunto, ritenendo ingiusta la condanna, impugna il decreto. L'opposizione va proposta innanzi al giudice ordinario entro 30 giorni dalla notificazione. L’oggetto del giudizio innanzi al giudice ordinario consiste nell’accertamento dei presupposti di fatto e di diritto della violazione. La l.n.689/1981 è la legge generale in tema di sanzioni amministrative. Tra le norme speciali si menziona la regola secondo la quale le funzioni istruttorie devono essere affidate a uffici o organi distinti dall’organo collegiale. Le discipline di settore riguardanti le autorità indipendenti sottolineano il principio del contraddittorio (tutti coloro che abbiano un interesse giuridicamente qualificato alla pronuncia del giudice devono partecipare al giudizio, con facoltà di difendersi in tutti i modi consentiti dalla legge). Norme speciali relative ai procedimenti sanzionatori prevedono che il procedimento sanzionatorio possa concludersi, anziché con l’accertamento dell’illecito, con l’approvazione di impegni dell’impresa a porre rimedio. o Le sanzioni disciplinari sono previste per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni, per altri soggetti sottoposti a regimi speciali e poteri di vigilanza (professionisti iscritti all’albo…). Anche i procedimenti per le sanzioni disciplinari prevedono ampie garanzie per il contraddittorio. Infatti, l’ufficio competente per i procedimenti disciplinari che viene a conoscenza di comportamenti illeciti di un dipendente pubblico deve contestare per iscritto l’addebito non oltre 20 giorni. Il dipendente è convocato con un preavviso di 10 giorni per esercitare il proprio diritto di difesa, ma può decidere di non presentarsi e inviare una memoria scritta. Il procedimento si conclude con l’archiviazione o con l’attuazione della sanzione (rimprovero scritto, sospensione temporanea del servizio, licenziamento) entro 60 giorni dalla contestazione dell’addebito. Le sanzioni disciplinari possono essere impugnate dal dipendente davanti al giudice ordinario previo tentativo obbligatorio di conciliazione presso un collegio di conciliazione istituito presso la Direzione provinciale del lavoro. 77 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich 11. c) Le autorizzazioni. Il permesso a costruire La disciplina generale prevista per le autorizzazioni ricadono nel campo di applicazione della direttiva 2006/123/CE. La direttiva pone il principio secondo il quale le procedure e le formalità per l’accesso a un’attività di servizi devono essere sufficientemente semplici, chiare, rese pubbliche preventivamente e devono garantire ai richiedenti che la loro domanda sarà trattata con obiettività e imparzialità. La domanda di autorizzazione deve essere trattata entro un termine ragionevole e reso pubblico preventivamente. La mancata risposta entro il termine stabilito fa scattare il silenzio-assenso. Ogni domanda di autorizzazione deve essere riscontrata con una ricevuta inviata al richiedente e deve contenere informazioni relative al termine di conclusione del procedimento, ai mezzi di ricorso, all’eventuale applicazione del silenzio-assenso. Un esempio di procedimento autorizzatorio è quello relativo al rilascio del permesso a costruire. Il procedimento si apre con la presentazione allo sportello unico per l’edilizia del comune di una domanda sottoscritta dal proprietario. La domanda deve essere allegata da un’attestazione riguardante il titolo di legittimazione, dagli elaborati progettuali, da altra documentazione tecnica (relazione relativa alle strutture in cemento armato). Nel caso in cui si tratti di edilizia residenziale è richiesta anche un’autocertificazione riguardo la conformità del progetto alle norme igienico-sanitarie. Entro 10 giorni lo sportello unico comunica al richiedente il nominativo del responsabile del procedimento che dovrà curare l’istruttoria acquisendo i pareri interni degli uffici comunali, dell’Asl, dei vigili del fuoco. Se sono richiesti altri atti di assenso a cura di amministrazioni diverse il responsabile del procedimento convoca una conferenza dei servizi. Gli atti di assenso possono includere l’autorizzazione e certificazione regionale per le costruzioni in zone sismiche, l’assenso dell’amministrazione militare per le costruzioni nei pressi di zone di salvaguardia o a opere di difesa dello Stato… All’esito dell’istruttoria, entro 60 giorni dalla presentazione della domanda, il responsabile del procedimento, valutata la conformità del progetto alla normativa applicabile, formula una proposta al dirigente del servizio il quale nei successivi 15 giorni rilascia il permesso a costruire. Decorsi i termini, si forma il silenzio-rifiuto. L’interessato può quindi proporre un ricorso o richiedere, con un’istanza avente valore di diffida, che il dirigente si pronunci entro 15 giorni. Decorso anche questo termine, l’interessato può richiedere alla regione di esercitare il potere sostitutivo nominando un commissario ad acta che provvede entro 60 giorni. 80 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich CAPITOLO 6 I controlli 1. Premessa In qualsiasi organizzazione emerge la funzione di controllo che consiste nel monitorare l’attività delle strutture operative. Si tratta di una funzione accessoria e strumentale rispetto a una funzione principale. Il diritto è uno strumento di controllo della vita consociata e conosce diversi modelli di controllo. La società per azioni annovera un organo di controllo interno: il collegio sindacale, che vigila sull’osservanza della legge e sul rispetto dei principi di corretta amministrazione. Inoltre, il controllo contabile sulla società è affidato a un revisore contabile o a una società di revisione esterna. Anche per le pubbliche amministrazioni è previsto un sistema di controlli. La funzione dell’attività di perseguire gli interessi pubblici e la sottoposizione al principio di legalità richiedono infatti la previsione di sistemi di verifica efficaci. Le stesse pubbliche amministrazioni, oltre a essere oggetto di controlli, sono titolari di funzioni di vigilanza e di controllo nei confronti di soggetti privati al fine di proteggere interessi pubblici. Si pensi alle autorità di regolazione preposte a settori particolari di imprese. In ambito giuridico il controllo può essere definito come verificazione di regolarità di una funzione propria o come un giudizio di conformità a regole, che comporta in caso di difformità una misura repressiva o preventiva o rettificativa. I principali criteri per inquadrare le tipologie dei controlli sono: - Il soggetto titolare del potere di controllo: posto in una posizione di indipendenza e di terzietà. L’organismo di controllo di rango costituzionale è la Corte dei conti, cioè un organo che esercita il controllo preventivo di legittimità sugli atti del governo e anche quello successivo sulla gestione del bilancio dello Stato; è un organo ausiliare del governo ed è composta da magistrati. - I destinatari del controllo: possono far parte della stessa organizzazione dell’organo di controllo e in questo caso si parla di controllo interno, oppure possono appartenere ad un soggetto diverso e si parla di controllo esterno. Destinatari dei controlli esterni sono sia soggetti pubblici sia soggetti privati. Si parla di funzione di vigilanza che include poteri istruttori (accessi, ispezioni) e decisori (ordini, sanzioni, commissariamento degli organi). - L’oggetto del controllo: può essere il controllo sugli atti oppure il controllo sull’attività e sulla gestione. 81 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich - Il parametro o standard di valutazione: di natura tecnica, ad esempio il controllo sulla contabilità (controlli tecnici) o di natura giuridica (controlli di legittimità). La distinzione più rilevante è quella tra controllo di legittimità e controllo di merito: il primo ha come riferimento norme e principi giuridici che presiedono all’attività delle amministrazioni pubbliche; il secondo involge un apprezzamento diretto del grado di soddisfazione dell’interesse pubblico. - Misure: sono emanate all’esito del controllo e possono essere di adeguamento o di ripristino dello standard violato, di annullamento, repressive e sanzionatorie... I controlli possono concludersi anche con suggerimenti e indicazioni. 2. I controlli sugli atti e sull’attività Il controllo sugli atti può essere preventivo o successivo. Con l’amministrazione di risultato è subentrato un controllo funzionario e gestionale. Il controllo preventivo deve concludersi entro 60 giorni dalla ricezione dell’atto. Il controllo sull’attività ha per oggetto la gestione di un apparato e mira a valutarne i risultati globali. Si tratta di un controllo successivo che riguarda la regolarità contabile e finanziaria della gestione e l’efficienza, l’efficacia e l’economicità. Il controllo successivo sulla gestione del bilancio dello Stato ha per oggetto gli andamenti generali della finanza pubblica e consiste nell’esame del rendiconto generale dello Stato presentato dal governo alla Corte dei conti entro il 31 maggio successivo con la legge di bilancio. La Corte dei conti, tramite le sezioni regionali, esercita un controllo successivo sul rispetto da parte di regioni ed enti locali della normativa sul Patto di stabilità e dei vincoli dell’Unione europea. 3. I controlli gestionali I controlli gestionali riguardano i controlli interni alle pubbliche amministrazioni, che migliorano l’azione amministrativa avendo una funzione collaborativa. Il d.lgs n.286/1999 individua 4 tipi di controllo interno obbligatori: • Il controllo di regolarità amministrativa e contabile: garantisce la correttezza dell’azione amministrativa con verifiche sulla base dei principi di revisione aziendale. È affidato ai Ministeri, agli enti locali, ai servizi ispettivi di finanza. • Il controllo di gestione: verifica l’efficacia, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa per ottimizzare il rapporto tra costi e risultati. Questo controllo viene effettuato da un organismo a supporto dei dirigenti. • La valutazione della dirigenza pubblica: è operata con periodicità annuale e valuta le prestazioni dei dirigenti e delle competenze organizzative; può determinare il mancato rinnovo dell’incarico, la revoca, il recesso. • La valutazione e il controllo strategico: valutano l’adeguatezza delle scelte compiute in termini di congruenza tra risultati conseguiti e obiettivi predefiniti. 82 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich CAPITOLO 7 La responsabilità 1. Premessa La responsabilità dell’amministrazione richiede un bilanciamento tra esigenze contrapposte: ricomporre i privati dei danni subìti; scoraggiare comportamenti illeciti dei dipendenti pubblici. I funzionari pubblici hanno un atteggiamento di avversione al rischio, quindi tendono a scegliere soluzioni più sicure anziché quelle che massimizzano l’interesse pubblico. 2. L’art.28 della Costituzione e gli sviluppi successivi La responsabilità della pubblica amministrazione trova fondamento nell’art.28 Cost.: i funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili degli atti compiuti in violazione di diritti. La responsabilità civile si estende quindi allo Stato e agli enti pubblici. In caso di attività illecita posta in essere dal dipendente, la responsabilità sorge esclusivamente in capo alla pubblica amministrazione. La responsabilità per danni da omessa o insufficiente manutenzione delle strade pubbliche è esclusa solo quando vi è un’impossibilità di esercizio di un potere di controllo a causa dell’estensione del bene e dell’uso generalizzato da parte di terzi. 3. La responsabilità civile da comportamento illecito La responsabilità della pubblica amministrazione deve tener conto di 3 rapporti: - il rapporto tra il terzo danneggiato e il dipendente pubblico che ha attuato il comportamento illecito; - il rapporto tra il terzo danneggiato e la pubblica amministrazione; - il rapporto interno tra dipendente e amministrazione di appartenenza. In primo luogo, la responsabilità del funzionario e dell’amministrazione per danni provocati a terzi è una responsabilità di tipo solidale. Il danneggiato può scegliere liberamente se agire contro il dipendente, contro l’amministrazione o contro entrambi. L’art.22 Testo unico sugli impiegati civili dello Stato (Responsabilità verso i terzi) prevede da un lato, che l’impiegato che provoca ad altri un danno è obbligato a risarcirlo; dall’altro lato, che l’azione di risarcimento può essere esercitata congiuntamente con l’azione diretta nei confronti dell’amministrazione. In secondo luogo, la responsabilità della pubblica amministrazione è più ampia della responsabilità del dipendente, che è limitata ai casi di dolo o colpa grave. 85 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich Un’ipotesi di responsabilità collegata all’esercizio del potere amministrativo è il danno da ritardo. Si tratta dei casi nei quali l’amministrazione non conclude il procedimento avviato entro il termine previsto. L’art. 2-bis stabilisce che le pubbliche amministrazioni sono tenute al risarcimento del danno ingiusto in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento. 5. La responsabilità nel diritto europeo La responsabilità della pubblica amministrazione nel diritto europeo può essere analizzata sotto 2 profili principali: - la responsabilità degli organi dell’Unione europea in relazione all’attività giuridica posta in essere in contrasto con il diritto europeo; - la responsabilità degli Stati membri per violazione del diritto europeo. I presupposti della responsabilità delle istituzioni comunitarie sono 3: - un comportamento contra jus riferibile a un’istituzione comunitaria; - l’esistenza di un danno; - il nesso di casualità. La violazione deve avere un carattere grave o manifesto e ciò contribuisce a restringere l’ambito della responsabilità delle istituzioni comunitarie in settori nei quali il potere esercitato assume connotati di ampia discrezionalità. Per la quantificazione del danno, la giurisprudenza applica il principio generale comune agli ordinamenti giuridici degli Stati membri secondo il quale la persona lesa deve dimostrare di aver agito con ragionevole diligenza onde limitare l’entità del danno. Passando a considerare la responsabilità degli Stati membri, la sentenza capostipite è la sentenza Francovick (1991). Il caso riguardava il mancato recepimento da parte della Repubblica italiana di una direttiva europea entro il termine prescritto. La sentenza enuncia 3 presupposti in presenza dei quali può sorgere la responsabilità: - che la direttiva attribuisca diritti a favore dei singoli; - che il contenuto di tali diritti possa essere individuato sulla base della direttiva stessa; - che esista un nesso di causalità tra la violazione dell’obbligo a carico dello Stato e il danno subito dai soggetti lesi. La sentenza Francovick segna una tappa fondamentale nella costituzione del sistema europeo come ordinamento autonomo, un ordinamento cioè che costruisce al proprio interno i propri principi e che è in grado di imporli anche agli Stati membri. 86 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich La sentenza Brasserie du pècheur Factortame del 1996 stabilisce che gli Stati membri possono essere tenuti a risarcire i danni cagionati da violazioni del diritto comunitario da parte del legislatore nazionale. La sentenza Lomad del 1996 sancisce il principio secondo il quale la responsabilità dello Stato può sorgere non solo in relazione a un atto normativo, bensì anche a un atto amministrativo adottato in violazione del diritto europeo. La Corte ha poi precisato che la responsabilità dello Stato membro per violazione del diritto europeo sorge qualunque sia l’organo di quest’ultimo la cui azione o omissione ha dato origine alla trasgressione. 6. La responsabilità amministrativa L’ipotesi particolare di responsabilità amministrativa si ha quando la pubblica amministrazione, condannata a risarcire un terzo del danno provocato dal comportamento illecito del proprio dipendente, agisce in via di regresso nei confronti di quest’ultimo. La somma corrisposta al terzo costituisce un danno per l’erario del quale l’amministrazione si rivale sul proprio dipendente (danno erariale indiretto). La responsabilità amministrativa riguarda ogni genere di danno causato all’amministrazione dal proprio dipendente (danno erariale diretto). Il danno può consistere in un decremento patrimoniale o in un mancato introito nelle casse dello Stato. Esempi di danno erariale sono la distruzione di attrezzature e macchinari dell’amministrazione o i contratti stipulati a condizioni sfavorevoli per l’amministrazione. Quanto al campo di applicazione, sotto il profilo soggettivo, questo tipo di responsabilità vale per funzionari, impiegati, agenti pubblici e amministratori delle amministrazioni pubbliche statali e non statali e di enti pubblici. Possono essere chiamati a rispondere anche soggetti esterni all’amministrazione, ma comunque legati ad essa da un ‘rapporto di servizio’. In anni recenti, la giurisprudenza della Corte dei conti aveva esteso l’ambito della responsabilità amministrativa anche agli amministratori e dirigenti delle società per azioni, sottoponendoli a un doppio regime di responsabilità, cioè alla responsabilità in base al diritto societario e a quella per danno erariale. La Corte di cassazione ha posto un limite però affermando che le società pubbliche non rientrano nel perimetro della responsabilità amministrativa. La responsabilità ha natura personale. Quando il fatto dannoso è causato da più persone, ciascuna risponde solo per la parte di sua competenza. Tuttavia, in caso di dolo la responsabilità è solidale. 87 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich Sotto il profilo oggettivo, la responsabilità sorge in relazione ‘ai fatti ed alle omissioni commessi con dolo e colpa grave’. L’esclusione della responsabilità nel caso di colpa lieve evita di sovraccaricare i dipendenti pubblici dal rischio di essere chiamati a rispondere di attività che perseguono l’interesse pubblico. Va comunque verificata che l’attività sia stata attuata nel perseguimento dei fini pubblici e il sindacato della Corte dei conti può riguardare tutti i profili di legittimità incluso l’eccesso di potere. È risarcibile non soltanto il danno provocato all’amministrazione in cui è incaricato il dipendente, ma il danno provocato ad amministrazioni o enti diversi da quelli di appartenenza. In quest’ultimo caso si ha il danno obliquo che può emergere nel caso di un dipendente pubblico distaccato o comandato presso un’altra amministrazione. Il danno obliquo è coerente con una visione che tende a tutelare l’interesse erariale considerando il settore pubblico come un unico comparato. Il diritto al risarcimento del danno si prescrive in 5 anni dalla data in cui il fatto si è verificato, ovvero, in caso di occultamento doloso del danno, dalla data della scoperta. Al danno patrimoniale si aggiunge in alcuni casi il danno all’immagine dell’amministrazione. Il danno va diminuito tenendo conto dei vantaggi conseguiti dall’amministrazione di provenienza o da altra amministrazione. Per esempio, se un amministratore di un ente assume un dipendente a tempo indeterminato, al danno commisurato alle retribuzioni versate vanno sottratte le utilità ricavate grazie all’attività del dipendente. Una particolarità del regime della responsabilità amministrativa consiste nel potere riduttivo in base al quale la Corte ‘può porre a carico dei responsabili tutto o parte del danno accertato o del valore perduto’. Questo potere consente di modulare la somma a carico delle finanze personali del dipendente rispetto all’enormità dei danni potenziali all’amministrazione. Secondo alcuni questo potere risente di una concezione paternalistica del rapporto dello Stato con i propri dipendenti, nei confronti dei quali vengono usati ‘il bastone’ della responsabilità amministrativa e la ‘carota’ del potere riduttivo. Sotto il profilo processuale, la responsabilità amministrativa viene accertata in un giudizio innanzi alla Corte dei conti. 90 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich Di recente alcune leggi settoriali prevedono come obbligatori alcuni uffici. Nelle amministrazioni pubbliche, invece, l’organizzazione dei pubblici uffici è sottoposta a una riserva di legge relativa ed è disciplinata da fonti legislative. Gli organi e gli uffici agiscono per mezzo di persone fisiche. Nel caso delle organizzazioni pubbliche l’assegnazione di una persona fisica a un organo o a un ufficio richiede un atto formale: la investitura nel caso del titolare o l’assegnazione negli altri casi. La preposizione avviene in seguito a un procedimento elettivo o con un atto di nomina da parte dei soggetti esterni all’apparato. Il rapporto di immedesimazione organica tra persona fisica e persona giuridica è un rapporto interno di tipo organizzativo. La persona fisica è legata alla persona giuridica anche da un rapporto esterno, cioè dal rapporto di servizio, che è un rapporto giuridico bilaterale che ha per contenuto i diritti e gli obblighi del dipendente nei confronti del datore di lavoro. Il rapporto di servizio è il presupposto perché il dipendente possa essere assegnato a un ufficio. Per evitare inconvenienti, è stata elaborata la figura del funzionario di fatto, cioè di colui che pur in assenza di un’investitura formale esercita funzioni pubbliche. Gli organi possono essere: - Esterni: quando la persona giuridica opera nei rapporti con altri soggetti dell’ordinamento; - Interni: svolgono attività riguardanti la formulazione della volontà dell’amministrazione formalizzate in un atto emanato da un organo esterno (si pensi al parere di un ufficio tecnico); - Necessari: quando la loro istituzione è obbligata direttamente dalla legge; - Non necessari: quando la loro istituzione non è obbligata direttamente dalla legge; - Monocratici: quando all’organo è preposta una sola persona fisica che ne assume la titolarità (ministro, sindaco); - Collegiali: quando all’organo è preposta una pluralità di persone fisiche che esprimono la volontà dell’apparato attraverso delibere. Gli organi collegiali sono collegi perfetti quando possono deliberare legittimamente solo se sono presenti tutti i componenti; - Attivi: quando attuano gli atti amministrativi correlati alle funzioni proprie dell’ente o le attività materiali (vigile del fuoco, agenti forestali); - Consultivi: quando esprimono pareri tecnici o giuridici; - Di controllo: quando sono preposti ai controlli di gestione. 91 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich Ricorrenti sono anche le altre distinzioni: - Organi ordinari e straordinari: questi ultimi istituti per svolgere funzioni particolari per un tempo determinato (commissario straordinario per Covid); - Uffici semplici e uffici complessi: i secondi composti da una pluralità di uffici semplici (i dipartimenti suddivisi in direzioni generali, a loro volta composte da direzioni semplici); - Uffici centrali e periferici: per esempio, il ministero dell’Interno; - Organi e uffici amministrativi e tecnici: a seconda che svolgano attività che richiedano particolari cognizioni tecniche (Consiglio superiore di sanità). 3. Le amministrazioni pubbliche Le amministrazioni pubbliche sono sottoposte al regime di diritto amministrativo per gli aspetti relativi all’organizzazione, al personale, all’attività... Manca nel nostro ordinamento una definizione di pubblica amministrazione alla quale si ricolleghi l’applicazione di un corpo di regole e principi omogeneo. Da qui la necessità di costruire in via interpretativa la nozione di pubblica amministrazione. Essa può essere desunta dalle leggi amministrative settoriali che pongono definizioni o elenchi di enti e soggetti che rientrano nel loro campo di applicazione. Gli elementi che sono inclusi in tutti gli insiemi dei regimi speciali in base alle definizioni previste dalle singole leggi amministrative di settore costituiscono il nocciolo duro della pubblica amministrazione o delle pubbliche amministrazioni in senso stretto. In esso rientrano le amministrazioni statali (ministeri, agenzie), le regioni, gli enti locali, gli enti pubblici non economici (enti previdenziali, università, enti portuali, ecc.), le autorità indipendenti. I principali regimi speciali da considerare sono quelli relativi al pubblico impegno, al procedimento amministrativo, ai contratti pubblici, alla finanza pubblica e in particolare al Patto di stabilità. - Un primo insieme di norme pubblicistiche è contenuto nel d.lgs. 165/2001 che pone la disciplina generale dell’organizzazione degli uffici pubblici e dei rapporti di lavoro. - Un secondo insieme di norme pubblicistiche è costituito dalla disciplina del procedimento amministrativo contenuta nella l.n. 241/1990. - Un terzo insieme di norme pubblicistiche riguarda i contratti per l’acquisto di beni, servizi e lavori (attraverso procedimenti a evidenza pubblica). Esse sono contenute nel Codice dei contratti pubblici. - Un quarto insieme di norme pubblicistiche attiene al Patto di stabilità, che impegna gli Stati membri a porsi obiettivi di pareggio di bilancio. 92 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich I criteri principali per individuare le amministrazioni pubbliche sono: - devono produrre beni e servizi che non siano destinati alla vendita sul libero mercato; - i beni e servizi devono essere messi a disposizione della collettività gratuitamente; - l’attività dell’ente deve essere finanziata a carico delle finanze pubbliche; - la loro funzione principale è quella di redistribuzione del reddito e ricchezza del Paese. L’elenco dell’ISTAT suddivide le amministrazioni pubbliche in tipologie: enti di regolazione dell’attività economica, agenzie, enti a struttura associativa, autorità amministrative indipendenti, enti produttori di servizi essenziali, ricreativi e culturali, enti di ricerca, amministrazioni locali... 4. Lo Stato La struttura amministrativa dello Stato è costituita dai ministeri. Il modello originario di ministero, al cui vertice si colloca il ministro, punto di raccordo tra politica e amministrazione, si connotava per la sua compattezza e unitarietà. Gli uffici e le strutture operative di ciascun ministero, preposte alle singole funzioni, erano inclusi in unità di livello via via superiore (sevizi, divisioni, direzioni generali), fino al vertice della piramide, costituito dal ministro responsabile dell’intera attività. Nel corso dei decenni, il numero dei ministeri è progressivamente aumentato e molte loro funzioni sono state trasferite, in base al principio di sussidiarietà verticale, alle regioni e agli enti locali. Il principio gerarchico è stato sostituito dal principio della distinzione tra politica e amministrazione, in base al quale i dirigenti sono titolari di competenze proprie, mentre ai ministri spettano soltanto funzioni di indirizzo e di controllo. In base all’art. 95, comma 4, Cost. spetta alla legge determinare il numero, le attribuzioni e l’organizzazione dei ministeri. Al vertice della piramide ci sono i ministri, dai quali si dipartono poi delle linee verticali e si riempiono al loro interno con i dicasteri, e tutto ciò che sta in questi elementi verticali consente al singolo ministro di esserne responsabile in quel collegio e di fronte al parlamento. Ecco perché esiste un rapporto di dipendenza tra ministero e politica (circuito politico-amministrativo). Il d.lgs. n.300/1999 contiene l’elenco completo dei ministeri (art.2), pone una disciplina generale della loro organizzazione, specifica le attribuzioni e le principali aree funzionali dei singoli ministeri. Accanto ai ministeri possono essere preposti i ministri senza portafoglio, che non sono a capo di un dicastero ma che esercitano solo funzioni delegate dal Presidente del Consiglio dei ministri (il dipartimento per le Pari opportunità). 95 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich Gli organi di governo del comune sono: - Il consiglio: composto da consiglieri eletti con un sistema proporzionale (comuni maggiori). - La giunta: è composta dal Sindaco e assessori nominati da quest'ultimo e collabora con il sindaco nell’attuazione degli indirizzi del consiglio. - Il sindaco: è eletto direttamente dal corpo elettorale per non più di 2 mandati quinquennali. È titolare della gran parte dei poteri comunali e ha la qualifica di ufficiale del governo. In tutti i comuni è istituita la figura del segretario comunale con compiti di collaborazione e di assistenza giuridico-amministrativa. In particolare, il segretario sovrintende e coordina i dirigenti, partecipa alle sedute del consiglio e della giunta, esprime pareri, possono essergli attribuite anche le funzioni di direttore generale. Il direttore generale è previsto solo per comuni con popolazione superiore ai 100.000 abitanti e funge da raccordo tra gli organi di governo dell’ente e la dirigenza. I dirigenti degli enti locali sono responsabili della gestione amministrativa, finanziaria e tecnica, con poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane e di controllo e hanno la competenza ad adottare tutti gli atti e i provvedimenti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno. Il sistema dei controlli sugli enti locali prevedeva che gli atti amministrativi dei comuni fossero sottoposti al controllo preventivo di legittimità da parte dei comitati regionali di controllo. Questo sistema è stato sostituito con un sistema che privilegia i controlli interni, quelli di regolarità amministrativa e contabile, il controllo di gestione, il controllo strategico. A quest’ultimo tipo di controlli si aggiunge quello della Corte dei conti, sotto forma di controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio volto a verificare la legittimità e la regolarità delle gestioni, il funzionamento corretto dei controlli interni. • Le province sono enti intermedi tra i comuni e le regioni. Esse sono titolari di funzioni amministrative e di funzioni di programmazione (funzioni di pianificazione territoriale; tutela e valorizzazione dell’ambiente). Gli organi di governo delle province sono costituiti dall’assemblea dei sindaci. A livello provinciale operano anche altri tipi di enti pubblici (Camere di commercio). • Le regioni. La Costituzione individua il consiglio regionale, la giunta, il presidente. Le regioni possono disciplinare con legge regionale il sistema di elezione e individuare la forma di governo e i principi fondamentali di organizzazione e di funzionamento. Prima della legge costituzionale n. 3/2001, a livello regionale vigeva, da un lato, il principio del parallelismo tra funzioni amministrative e funzioni legislative in 96 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich virtù del quale le prime riguardavano esclusivamente le materie attribuite dalla Costituzione alla competenza legislativa regionale; dall’altro, il principio della delega agli enti locali con legge statale delle funzioni di interesse locale; dall'altro ancora, il principio secondo il quale la regione esercita le proprie funzioni di regola delegandole agli enti locali o valendosi dei loro uffici (amministrazione indiretta). Le regioni hanno adottato poi il modello dell’amministrazione per assessorati, attribuiti alla responsabilità di un singolo membro della giunta, ciascuno responsabile di una o più materie. Con la riforma costituzionale del 2001, è venuto meno il principio del parallelismo e il riparto delle funzioni amministrative tra i vari livelli di governo è stato reimpostato in base ai principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. 6. Gli enti pubblici Accanto allo Stato e agli enti territoriali vennero istituiti numerosi enti pubblici, diversi per struttura, funzioni, poteri e ambiti di autonomia. La proliferazione degli enti pubblici diede origine all’amministrazione parallela. Si distinguono diverse tipologie di enti pubblici: - Enti pubblici disciplinati da leggi generali: per esempio, le camere di commercio, industria e artigianato, le aziende sanitarie locali, le università… La legge generale assicura un’omogeneità di struttura ad enti che insistono su tutto il territorio nazionale. - Enti pubblici di tipo singolare: istituiti con una legge ad hoc. Per esempio, l’Ente nazionale di assistenza al volo (ENAC), il Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), l'istituto nazionale di statistica (ISTAT)… Le leggi istitutive di singoli enti configurano l'organizzazione in modo da adattarla alle funzioni ad essi affidate. - Enti pubblici nazionali: enti istituiti a livello statale; - Enti pubblici regionali: enti inseriti nell’ambito dell’ordinamento regionale; - Enti di tipo associativo: enti esponenziali di categorie o di gruppi (ordini e collegi professionali, camere di commercio, industria e artigianato) che hanno ambiti di autonomia maggiori; - Enti di tipo non associativo: hanno natura patrimoniale e sono amministrati generalmente da un consiglio di amministrazione con componenti nominati da ministeri ed enti individuati dalla legge o dallo statuto; - Enti pubblici non economici: sono istituiti per realizzare uno scopo specifico e sono sottoposti a poteri di vigilanza e di indirizzo da parte dei ministeri o delle regioni; - Enti pubblici economici: hanno come particolarità che, mentre la loro organizzazione segue moduli pubblicistici, la loro attività ha in molti casi carattere imprenditoriale ed è svolta secondo il diritto comune. Anch’essi sono sottoposti a poteri di indirizzo e di controllo da parte dei ministeri e di altri soggetti pubblici. 97 Manuale di Diritto Amministrativo – Marcello Clarich In seguito ai processi di liberalizzazione e di privatizzazione quasi tutti gli enti pubblici economici sono stati o soppressi o trasformati in società per azioni. - Enti pubblici: gli enti pubblici sono dotati di personalità giuridica (lo Stato e gli altri enti pubblici territoriali: regioni, province, comuni). - Enti privati: possono essere enti riconosciuti o non riconosciuti come persone giuridiche. Per risolvere le questioni relative alla qualificazione pubblica o privata di un ente, è stata elaborata la teoria degli indici della pubblicità (o dei criteri di riconoscimento). Tra i vari indici della pubblicità possono essere richiamati i seguenti: - l’istituzione per legge; - il fine pubblico che l’ente deve perseguire; - il rapporto di strumentalità con lo Stato o un ente territoriale; - l’attribuzione per legge di poteri pubblicistici; - il finanziamento a carico dell’erario; - il carattere necessario dell'ente, cioè il fatto che la sua esistenza è per legge obbligatoria perché legata alla natura pubblica delle funzioni affidate. 7. Le autorità indipendenti Le autorità amministrative indipendenti costituiscono una tipologia di enti pubblici. Rispetto alle amministrazioni ed enti di tipo tradizionale, le autorità indipendenti si connotano, oltre che per un elevato tasso di tecnicità e di professionalità, soprattutto per un grado di indipendenza dal potere esecutivo, si sottraggono cioè all'indirizzo politico-amministrativo del governo. L’indipendenza delle autorità è garantita anche nei confronti degli interessi privati, contro il rischio della «cattura» del regolatore spesso organizzati in lobby. Il modello delle autorità indipendenti può essere inquadralo soffermandosi su 4 aspetti: le ragioni dell’indipendenza, gli strumenti atti a garantirla, i tratti caratteristici del loro regime, le categorie principali. 1. Una prima ragione dell’indipendenza si riallaccia al dibattito politico- costituzionale sui poteri neutri. Non tutti gli apparati pubblici devono mantenere un collegamento stretto con il circuito politico rappresentativo Una seconda ragione si riallaccia all’esigenza di garanzie rafforzate per taluni valori costituzionali nei settori costituzionali sensibili (tutela del risparmio, privacy). L'indipendenza si giustifica in terza ragione per la necessità di risolvere conflitti di interessi tra Stato regolatore che deve fungere da arbitro neutrale tra le imprese concorrenti, e Stato imprenditore che ha interesse a favorire il loro sviluppo anche a scapito di quelle concorrenti.