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Riassunto manuale di storia del pensiero politico, Sintesi del corso di Storia Delle Dottrine Politiche

Riassunto manuale di storia del pensiero politico, non contiene tutti i capitoli

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

Caricato il 08/02/2022

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sara-musardo-2 🇮🇹

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Scarica Riassunto manuale di storia del pensiero politico e più Sintesi del corso in PDF di Storia Delle Dottrine Politiche solo su Docsity! UMANESIMO Periodo di cambiamenti rispetto al periodo classico, si gettano le basi per un pensiero politico circa la democrazia, consideravano la politica alla base della vita del cittadino: si crea un concetto di responsabilizzazione politica (rende i cittadini partecipi delle decisioni politiche) I GRECI1→ DEMOCRAZIA DIRETTA→ processo col quale si mettono in contatto i cittadini con le istituzioni. Difetto: esclusione dalla vita pubblica, quindi politica, delle donne, i nullatenenti e gli schiavi. Concetto di spazio pubblico politico → AGORÀ → nasce l’importanza successiva dell’OPINIONE PUBBLICA2 Avvia un cambiamento rispetto alla politica del periodo antico perché durante il periodo medioevale3 la religione invadeva la politica, era più importante, tanto che la religione cristiano-cattolica ha gestito e governato molti spazi pubblici per tanti secoli, questo ha portato indirettamente a far assumere dagli uomini di governo delle decisioni influenzate da un pensiero religioso cristiano che vedeva l’uomo come un predestinato. Quindi la religione prevaleva sulle scelte di vita degli uomini per il concetto di predestinazione. Con l’umanesimo questa concezione cambia: il potere temporale diventa più importante e influente →l’uomo comprende che è artefice del proprio destino, quindi vaglia tutte le scelte e anche quelle politiche. È una rivoluzione, come quella copernicana: al centro dell’universo non c’è Dio, ma la vita dell’uomo che dipende da sé stesso. Il cambiamento è indirizzato non solo alla vita sociale, ma anche a quella politica che diventa più importante rispetto alla vita religiosa. Questa rivoluzione dà spazio a concetti del periodo classico: sostegno della repubblica e il diritto della partecipazione politica. Si rivoluziona il modo di concepire lo spazio-tempo → antichità: tempo raffigurato in maniera circolare, quindi tutto aveva un inizio e finiva dove era iniziato (predestinazione) → umanesimo → tempo lineare, quindi noi sappiamo dove è iniziata la vita ma non sapremo dove finisce →linea retta raffigura il nuovo concetto di PROGRESSO → uomo artefice del suo destino. Tutti i pensatori avranno l’obiettivo di raggiungere un periodo di pace, una forma di governo che dia tranquillità ai cittadini → lo storico delle dottrine si interroga come superare un momento di crisi e come adottare una forma di governo migliore. La retorica, il bello scrivere e il bel parlare, diviene il più potente mezzo di diffusione dei valori della cultura classica. La vita politica assume un valore inestimabile rispetto ad altri ideali di vita (monastico e contemplativo), furono sempre difesi il valore dell’autonomia del singolo e di quella politica della comunità. Umanisti fiorentini COLUCCIO SALUTATI:  Intellettuale “impegnato” politicamente 1 Democrazia ateniese è una forma di governo che si avvicina alla perfezione 2 Nella nostra democrazia indiretta, noi abbiamo il diritto di opinione politica anche al di fuori dei luoghi legislativi, l’opinione pubblica sarà chiamata da Tocqueville “quarto potere” 3 Nell’alto medioevo dell’oscurantismo, la religione interferiva anche conoscenze scientifiche  Adesione e difesa di un modello di vita attiva e politica contro il tradizionale privilegio accordato alla vita contemplativa e solitaria.  Opere: “De nobilitate legumet medicinae” e “invectiva in Antonium Luschum” “De tyranno” o De nobilitate… → le leggi si preoccupano del benessere della città, dei regni e di tutto il genere umano, rendendo così possibile la libertà o “de tyranno” → contrario di ogni valore politico e civile perché il tiranno assume il proprio ruolo senza alcuna forma di legittimazione.  Dà grande rilievo al tema del consenso popolare → da cui nascono le più importanti signorie e principati contro i mali promossi dai partiti e dalle fazioni → da questa concezione nascono i trattati sul principe e sulla vita di corte POGGIO BRACCIOLINI  Critica alla vita dei monaci, all’ozio  Esalta l’avarizia , perché in sintonia con la ricerca dell’utile, e la virtù che sia capace di costruirsi il proprio mondo guadagnando anche agi e ricchezze, fondamento dell’autoconservazione degli esseri umani MATTEO PALMIERI  Etica ideale dell’umanesimo e dei suoi valori  Governare con giustizia la moltitudine degli uomini  Esaltazione all’amore e alla patria  Vita politica: destinazione etica di un’umanità, capace di coniugare l’utile e l’onesto LEON BATTISTA ALBERTI  Invito a saper unire la ricerca dei beni materiali con quella dell’onore e della virtù  “privato”: valore capace di fronteggiare la dimensione pubblica ALTRE CARATTERISTICHE DEL PERIODO  Esaltazione della libertà: come indipendenza da ogni potere esterno e all’interno come autonomia e autogoverno.  Virtù repubblicana: dedizione alla patria e al bene comune e difesa attraverso le armi → deriva una rivalutazione del concetto di cittadinanza inteso come attiva partecipazione politica, come esempio concreto della possibilità di costruirsi in proprio destino da sé. Questa virtù è una forza interiore alla portata di chiunque la ricercasse.  Figura del Principe: guida suprema dello stato, buono, liberale e clemente verso i sudditi, in possesso di virtù mondane (capacità di governo e militari) che derivano dalla meditazione sulla storia antica e moderna piuttosto che da modelli biblici.  Cambiamenti medioevo: o al centro dell’universo c’è l’uomo e non Dio o rappresentazione del tempo con linea retta→ introduce il concetto di PROGRESSO e UOMO ARTEFICE DEL PROPRIO DESTINO Machiavelli riprende nella Repubblica il concetto di ETHOS PUBBLICO e si rende conto che proprio rendere il cittadino attivamente partecipe, così come erano i romani, rimanda a questo concetto. Le forme politiche che per Machiavelli si succedono hanno una necessità logica e storica che però non vedono mai gli uomini come protagonisti, ma egli è inserito nel contesto delle cose (questa ciclicità viene interrotta dal caso). Ecco perché la forma migliore di governo è il governo misto, che va a coincidere con tutte le forme di governo che si susseguono e con gli umori del momento. Tuttavia far rinascere una repubblica da una corrotta non è possibile, ma deve diventare necessariamente una monarchia, questo non significa che Machiavelli smette di credere nella Repubblica e nei suoi valori, ma accantona l’idea perché in quel momento la monarchia è la migliore soluzione possibile. Il cuore della POLITICA: resterà per lui nel circolo buoni soldati, buone leggi e buoni ordini Qual è la forma di governo migliore per Machiavelli? REPUBBLICA MISTA, alternanza degli umori e che al momento necessario prevalga l’umore giusto che può portarci alla virtù politica e, nel caso di Machiavelli, anche al potere monarchico perché la repubblica non può durare per sempre. dell’arte della guerra L’arte della guerra riprende tutto quello che Machiavelli aveva detto nei discorsi, andando a motivare le decisioni di un governo nell’entrare in guerra e richiamando la necessità di una guerra difensiva e non offensiva, ma soprattutto richiama la partecipazione popolare alla guerra non è per un governo armato e addestrato, ma tutti i cittadini devono scendere in campo per salvaguardare i propri confini. Qui Machiavelli parla anche della naturale predisposizione all’egemonia e alla potenza degli uomini: le guerre scaturiscono proprio dall’onnipotenza e dal desiderio di ricchezza e di egemonia. Necessità di affermare privilegi, sostenere un sistema sociale fatto di diseguaglianze istorie fiorentine Nelle storie fiorentine, dedicate a Papa Clemente VII, Machiavelli dichiara apertamente che la repubblica fiorentina è finita e si rende conto che Lorenzo dei Medici non lo chiamerà più al governo. Affronta la decadenza dell’Italia e accusa la disunione voluta dal papato. La decadenza di Firenze è data anche dall’accrescimento delle divisioni interne che impedivano un buon governo. Paragona come si affrontavano le contese a Roma e come a Firenze, nel primo caso si risolvevano in leggi, nel secondo con l’esilio o la morte di molti cittadini. La legge a Firenze non era la mediazione di interessi diversi, ma la volontà del vincitore di cancellare l’avversario. Il principe Machiavelli, inizialmente sostiene la repubblica e i correlati valori, quando cade la repubblica fiorentina e si istaurano i Medici, scrive il trattato del Principe → Cambia il suo sostegno ad una forma di governo diversa dalla precedente perché cambiano le contingenze storiche. Il Principe è un trattatello, strutturalmente più semplice da comprendere rispetto alle altre opere, infatti è scritto come se dovesse essere una guida per il nuovo governatore. Il principe, soprattutto il primo capitolo, è ispirato a Cesare Borgia, il duca di Valentino, ma è assolutamente dedicato a Lorenzo dei Medici. Dall’alto del suo ex ruolo, Machiavelli pensa di poter essere in grado di dare dei consigli al nuovo principe: per aggraziarselo e ottenere un incarico. È stato scritto col fine di liberare l’Italia dai barbari e di salvare un organismo politico ormai corrotto. Il principe deve essere più temuto che amato per poter essere ascoltato, ma non deve mai portare il cittadino ad avere terrore verso di sé. Questa deve essere una figura autorevole che deve ripristinare l’ordine. Non è un tiranno, il suo è un governo politico cioè rivolto alla potenza e alla gloria della città. Machiavelli qui dice che vi sono delle contingenze in cui gli interessi del privato vanno a non coincidere con l’interesse generale. Il buon principe è colui che sceglie sempre l’interesse generale, dei molti, che è quello che garantisce la stabilità, un periodo di pace. Il principe non può essere un ruolo assunto da tutti, solo alcuni uomini possono diventare principi: il principe deve essere astuto come una volpe e coraggioso come un leone:  CORAGGIOSO perché deve prendere, a volte, delle decisioni impopolari e non condivisibili, per coraggio intende anche il modo di difendere i proprio cittadini e proteggerli, ad esempio il principe che va in guerra.  ASTUTO=scaltro, perché riesca a far passare con l’arte della retorica delle decisioni impopolari come giuste, perché il ruolo del buon politico non è quello di manifestare senza giustificare delle decisioni impopolari, ma l’arte della politica data dalla retorica porta il politico a saper convincere, egli deve dimostrare che quelle decisioni prese, anche se impopolari, sono necessarie, motivo per cui in passato i politici intraprendevano tale carriera dopo aver fatto un percorso affiliato. Machiavelli lancia una riflessione: che fine fa la minoranza di fronte alla maggioranza? Egli non risolve il dilemma poiché prevale l’interesse generale. Il principe deve apparire un uomo virtuoso e ha il compito di arginare le conseguenze negative, anche prestare molta attenzione ai rapporti sociali: Machiavelli è deluso in questo dalla classe nobiliare, poiché al suo tempo il principe ascoltava solo la nobiltà e non il popolo. Il giusto principe deve ascoltare anche il popolo. Solo se il Principe ha il “popolo amico” può essere anche capo militare del suo popolo La figura del principe per Machiavelli deve far pensare alla potenza e alla gloria, affinché possa garantire un governo di potenza internazionale, quindi il successo di un monarca dipende anche da quanto riesce a dimostrare potenza e gloria, questo implica anche la necessità della guerra. Machiavelli condanna l’uso delle milizie mercenarie e raccomanda armi portate dai cittadini dello Stato Necessità del principe di dividere l’etica dalla morale: il principe è un ruolo pubblico e per questo non può pensare di fare quello che vuole nel privato, è un uomo delle istituzioni. Per Machiavelli la morale riguarda l’interiorità degli uomini, l’etica invece è quello che fa apparire il principe un uomo rispettato all’esterno. Ma la politica non deve avere niente a che fare né con l’etica né con la morale: i principi etici, giusti, non devono influenzare la politica, perché questo limiterebbe la gloria e la potenza dell’azione politica. Il principe è colui che è in grado di salvare il vivere civile, un servitore della politica deve saper entrare nel male necessitato. Il male è necessario per affrontare la fortuna → le strategia per domarla distinguono un principe virtuoso da uno non virtuoso. Il principe, scritto nel 1513, va a soffermarsi su punti chiave che esplicano quale dovrebbe essere il comportamento del principe: 1. le truppe organizzate dallo stato sono inaffidabili perché combattono solo per il denaro, è quindi meglio arruolare i cittadini, che hanno come obiettivo del combattimento la difesa del proprio paese, inoltre questo coinvolge i cittadini nella politica. 2. il fine ultimo della politica è salvare lo stato, senza seguire la morale o l’etica, essa ha una morale a sé e viene chiesto all’uomo di governo di sacrificare i propri principi e ciò in cui crede. 3. Il principe deve essere temuto, non odiato. 4. Contingenza – in grado di dominare gli eventi che accadono per caso RIFORMA PROTESTANTE  Avviene tra la fine del ‘400 e metà ‘500, nel periodo definito Umanesimo  Rappresentata da tre autori: Erasmo, Lutero e Calvino  Movimento religioso che influenza tutta Europa  I paesi più coinvolti della riforma sono quelli meno influenzati dalla religione cristiano cattolica5: la riforma parte dai paesi tedeschi ed arriva ad avere molta influenza nei paesi anglofoni Si denomina come RIFORMA perché vuole cambiare lo stato religioso in atto, ciò non significa che vuole sminuire il ruolo della religione all’interno della vita sociale e privata dell’individuo, ma ne vuole dare un RUOLO NUOVO, perché in quel momento storico la religione si era allontanata dai principi evangelici da cui era sorta ed era divenuta importante nella vita degli uomini. INFO: Concezione diversa della vita: uomo al centro dell’universo, l’uomo si sente responsabile del proprio destino → quindi la religione ha un nuovo ruolo, perché il timor di Dio divenuto invadente nella gestione della vita dei cittadini, inizia ora ad essere accantonato. La riforma protestante si propone di diffondere una nuova forma di religione che si allontani da quella attuale, perché considerata corrotta. (attaccano la religione cristiano cattolica della chiesa romana) Nuovo modo di concepire la religione, perché quella che c’era non era più adatta, ma non era un attacco ai principi evangelici primordiali ma il problema sorge nell’interpretazione che il clero dà a questi principi, che secondo i riformatori è il motivo per cui sono degenerati e vanno verso la corruzione. Il clero era il bersaglio dei riformatori, ma non solo, perché con loro attaccano anche la classe politica dato lo stretto legame l’una con l’altra: l’influenza della religione nella politica è fortemente presente6. Quindi i riformatori non solo attaccano la degenerazione degli uomini di chiesa, perché gestivano la chiesa in modo non consono a quelli che erano i principi evangelici, attaccano anche i politici perché non intervengono per sanare questo stato di corruzione, anzi agiscono e fanno delle leggi che possono avvallare la corruzione della chiesa, ma più specificamente degli uomini del clero. = LA RIFORMA ATTACCA LA DEGENERAZIONE DEI PRINCIPI EVANGELICI AD OPERA DEGLI UOMINI DI CHIESA E DELLO STATO ERASMO  Nasce nel 1466 – muore 1536  Compie i suoi studi a Parigi →paese fortemente legato alla religione cattolica→ gli permette di vedere lo stato delle cose  Principi a cui si ispira: ritorno ai vecchi principi e valori cristiani ormai perduti È il primo a parlare della necessità di un cambiamento religioso e quindi politico (→ necessità di una nuova politica che avalli questa nuova forma di religione, proposta di totale renovatio a partire dalla messa in dubbio della veridicità dei valori del suo tempo) Opera “Adagia” – statuette di legno deformi all’esterno, aperte raffiguravano delle immagini bellissime → la religione deve servire per andare oltre le apparenze. Gli uomini di chiesa - che dovrebbero essere esempio di semplicità - e gli uomini di stato- che dovrebbero rincorrere gli interessi generali non lasciando indietro nessuno - erano portati a corrompersi perché volevano rincorrere il benessere e avevano un desiderio di agiatezza, non vivevano quindi secondo i principi religiosi, fatti di umiltà e semplicità. È necessario un ritorno alla purezza cristiana, purezza che il clero ha perduto Erasmo nell’Adagia parla della RENOVATIO – rinnovamento di tutto il corpo ecclesiastico (gli uomini di chiesa così com’erano non andavano più bene) 5 La riforma ha meno influenza in Italia, Spagna, Francia 6 Anche se i pensatori del periodo, come Machiavelli, dicono che è necessario separare l’etica dalla morale e dalla politica. CALVINO  Pensatore ripreso da M. Weber che scrive l’Etica Protestante  La sua teoria effettua una sintesi completa tra Erasmo e Lutero Si preoccupa del modo in cui verrà reso onore a Dio sulla Terra→ la funzione del potere è, con altri mezzi, la stessa della chiesa: rendere manifesto il patto che Dio ha stretto col popolo degli eletti. Critica alla Chiesa gerarchizzata (come Lutero) → teoria che è solo la grazia divina a produrre la salvezza dell’uomo. Tesi dell’imperscrutabilità del disegno divino e ricerca del successo mondano come certificazione (non il raggiungimento) della salvezza. Teoria dell’obbedienza all’autorità →Ginevra: teocrazia austera e a volte intollerante. Se l’obbedienza all’autorità ci porta a disobbedire a Dio, Calvino propone una disobbedienza passiva, limitata alla non collaborazione con l’ordine iniquo. Calvino parla di un RIGORE DOGMATICO e riconosce la necessità di un ritorno alla purezza e alla semplicità, elementi principali di competizione e di corruzione. Più una vita è rigorosa e si agisce nel giusto, più l’uomo sarà invaso di un’energia politica, poiché la politica deve avere l’obiettivo di attuare delle leggi giuste e questo si può fare solo attraverso comportamenti rigorosi. Concetto di ETICA SOCIALE/VOCAZIONE PROFESSIONALEcome realizzazione della gloria di Dio se ognuno esercita la propria funzione Elabora questo concetto partendo da una forte critica alla chiesa cattolica (per atteggiamenti competitivi, per opere di corruzione), critica inoltre l’atteggiamento caritatevole e operoso → da qui nasce il concetto di etica sociale o vocazione cristiana. Anche se Calvino sostiene la necessità di aiutare gli altri, di essere caritatevoli verso gli altri e fornire aiuto, Calvino afferma che comunque tutti gli uomini devono necessariamente condurre la propria esistenza seguendo la propria vocazione, quindi essere operosi: così come gli uomini di chiesa prendono i ‘’voti’’, qualora un uomo di chiesa non abbia vocazione, questi sarà portato più facilmente ad errare e, così, tutti gli altri uomini (Calvino vede la mancanza di vocazione come la causa della degenerazione). = Quindi ogni cittadino, per Calvino, deve fare un lavoro e scegliere una professione per cui ha una vocazione ed ha delle abilità innate per cui è portato, se non seguiamo questo principio ci troviamo di fronte a una società corrotta→ perché gli uomini sono tentati a fare male il proprio lavoro e la società non potrà mai usufruire di quelle competenze. = accanto all’atteggiamento caritatevole, non dobbiamo essere rinunciatari delle nostre capacità, dobbiamo avere un atteggiamento operoso: non dobbiamo aiutare senza instradare una persona a essere autosufficiente, è necessario che ogni individuo abbia gli strumenti per essere autosufficiente e per sentirsi soddisfatto per le proprie azioni Anche Calvino parla dell’importanza della legittimazione popolare degli uomini politici e degli uomini di Chiesa (modalità di scelta dei pastori tramite elezione →elemento di democrazia), egli parla anche della necessità di eliminare i gradi gerarchici della chiesa e a questo proposito propone la presenza di un CONCISTORO, consiglio rappresentato da uomini uguali fra loro, accumunati dalla stessa vocazione di essere guide spirituali, ma non solo, anche politiche12 della cittadinanza. I pensatori della riforma non dividono mai la politica dalla religione:  perché la riforma dà la soluzione antipolitica di una degenerazione che parte dalla sfera religiosa ma va ad influenzare la società  perché nella riforma si sviluppa la vocazione (fare un lavoro che l’uomo desidera). La logica è quella secondo la quale se uno ha passione per un lavoro è meno portato a essere corrotto, proprio perché si sente parte integrante di quel processo lavorativo. Questo aspetto non riguarda solo la parte sociale che mette in relazione l’uomo all’interno dell’ambiente lavorativo ma per Calvino e per i riformatori questo è un modo per assicurarsi la vita eterna 12 L’uomo dev’essere spirituale e politico, riprende la teoria dei due regni di Lutero La riforma cambia il modo di pensare di alcuni Paesi, da cui è partita, gli stessi da cui è partita poi la prima e la seconda rivoluzione industriale, questa è la prova dell’influenza che questo evento ha avuto in questi paesi anche dal punto di vista intellettivo. Questo processo ha portato alla nascita di una classe sociale: la BORGHESIA (nata a seguito della seconda rivoluzione industriale) è figlia della riforma protestante dice Weber. Si presenta come una classe ‘’rivoluzionaria’’, che va a inserirsi fra la nobiltà e il ceto basso di commercianti, artigiani, contadini. Essa vuole eliminare i privilegi della nobiltà e in questo richiama i principi del calvinismo e della riforma: avere un atteggiamento operoso, scegliere seguendo la nostra vocazione perché solo facendo rigorosamente il nostro lavoro su questa terra possiamo essere bravi cristiani. Al contrario, i nobili non lavoravano, amministravano terre trasmette per eredità, era una classe privilegiata ma non operosa, si preoccupavano solo di spendere i soldi e conservare con leggi arcaiche13 i loro privilegi. I borghesi rompono questo stato delle cose perché diventano economicamente potenti, frutto del duro lavoro da generazione in generazione, mantenendo sempre l’operosità e quindi la crescita del capitale. Essi istituiscono le industrie, questo porta a un rapporto di economia e politica14: non solo l’inserimento della borghesia elimina i vecchi privilegi nobiliari, ma dimostra che il ruolo dei nobili era nullo di fronte all’avanzamento industriale della società 15 , questo permetterà a uomini dalle condizioni di partenza medio- basse il raggiungimento di ‘’nobili’’. La borghesia elimina uno strato sociale secolarizzato grazie alla interiorizzazione del calvinismo e della riforma protestante: i borghesi quando iniziano a essere operosi lo fanno per un sentimento religioso, per aver aderito ai principi della riforma protestante, quindi per avere un riscatto umano e spirituale. Quindi è una classe rivoluzionaria perché elimina la nobiltà prima in termini economici e poi anche in termini politici. Quella dei borghesi è una ricchezza che non è stata ereditata ma che è stata conquistata con l’operosità messa in campo dalla riforma protestante Riforma e tolleranza  Pretesa di libertà religiosa con tracce di tolleranza  Cattolicesimo→ fronte comune nell’intolleranza verso gli “eretici”  Miguel Serveto→ “De trinitatibus erroribus” riduce la trinità delle persone a semplice manifestazione delle sue modalità o Si rifugia a Ginevra dove viene condannato al rogo con approvazione dello stesso Calvino  Sebastien Castellion→ smonta il concetto di eresia affermando che non è possibile una sola interpretazione delle sacre scritture → inutilità di uccidere un uomo per difendere una dottrina 13 Fino alla rivoluzione francese poterono votare solo le persone ricche, quindi il resto della popolazione non aveva neanche la rappresentanza in parlamento 14 La classe borghese diventa la classe rivoluzionaria perché diventa politicamente importante, perché economicamente ricca 15 Era più importante un capitalista borghese che dava lavoro, che cambiava la struttura sociale ed economica di un paese, rispetto ad un nobile che si vantava del titolo nobiliare, ma che per la società non era fonte di ricchezza. Costituzione, rivoluzione, repubblica e utopia Partendo dal contesto britannico con il costituzionalismo del 1200 fino alla rivoluzione inglese nel 1600, sarà proprio il costituzionalismo a gettare le basi dello stato moderno inglese, portando alla rivoluzione, poi la rivoluzione porterà a delle istanze repubblicane e tutto inciderà sul nuovo senso di ‘’utopia’’. COSTITUZIONALISMO Nel territorio britannico e in tutti i territori influenzati dalla politica britannica, quindi colonie, esiste una forma giuridica diversa di fare le leggi: la common law. Essa nasce nel 1215 con il nuovo significato di costituzione e non fa riferimento a un testo scritto, ma con il costituzionalismo si rimettono in gioco il senso e il significato della libertà politica, oltre che sociale, e si dà una spiegazione razionale del perché la libertà debba assumere un nuovo risultato e debba dare come risultato il repubblicanesimo. Situazione prima della presenza dello Stato: Nel medioevo, in assenza di stato e in presenza di diritto come espressione della società, la concezione della legge era intesa come Giustizia (iustum) e non come comando (iussum). Il costituzionalismo medioevale proveniva dal feudalesimo germanico Il Costituzionalismo viene conosciuto anche come teoria dell’equità, perché nasce con l’obiettivo di istaurare uguaglianza all’interno della società. La base di questa teoria per dimostrare che tutti gli uomini sono uguali è il riferimento al ‘’patto’’ – ancora non si parla di contrattualismo- , un atto di fiducia tra due parti assolutamente uguali, ecco perché prima ancora di stabilire il patto si stabilisce che questo debba essere stipulato fra parti uguali: il popolo e il re. Il carattere pattizio tra re e popolo è alla base di ogni forma di governo in Inghilterra dal 1200 in poi: il popolo è inteso come insieme di uomini senza differenze di classe – quindi il popolo prima dello stato -; i cittadini non sono sudditi. L’atto di fiducia che si instaura tra popolo e re è assolutamente temporaneo: quando da una parte o dall’altra il patto viene infranto bisogna rivedere le forme di governo. Il popolo ha fiducia nel fatto che il re faccia le leggi per l’interesse generale, proprio questo atto di fiducia porta il popolo a ‘’trasmettere’’ i poteri al re per poter amministrare lo stato: non è però un atto di alienazione, ma di legittimazione, proprio perché è temporaneo e perché quei poteri possono essere revocati qualora il re non rispetti il patto. La legge viene fatta seguendo i principi di equità e giustizia, come per gli antichi greci, una giustizia che è alla base dell’equità sancita dal patto; infatti la legge non vuole esprimere un comando, ma afferma ciò che è giusto, non è un comando irrazionale del re al popolo, il popolo non deve obbedire a priori, ma lo fa perché riconosce la giustizia della legge. Uno dei primi esempi di legge equa e giusta è la MAGNA CHARTA LIBERTATUM16 del 1215 emanata dal re Giovanni Senza Terra, questa è la prima costituzione scritta che il popolo inglese ha; la seconda è l’HABEAS CORPUS del 1679. Questi documenti nascono in seguito al costituzionalismo, quindi si riconosce la necessità di stabilire un patto, di emanare le leggi giuste e, quindi, abbiamo la nascita dello stato moderno. Questo ci fa capire non solo la differenza fra il sistema politico italiano e britannico, ma per molto tempo si è pensato alla rivoluzione francese come al baluardo per eccellenza dei diritti umani, quando, in realtà, l’affermazione di alcuni diritti specialmente politici, ex repubblicanesimo, costituzionalismo, nuovo significato del popolo e di legge, nascono in Inghilterra con la Magna Charta. Ovviamente nel 1200 i mezzi di comunicazione erano più limitati rispetto alla rivoluzione francese, quindi la rivoluzione inglese si è diffusa meno e ha avuto meno incidenza. 16 Concessa ai baroni → ciò stabilisce il suo carattere negoziale e pattizio del diritto e della libertà. È un atto scaturito dalla volontà del sovrano sotto consiglio di un altro soggetto. È un atto impegnativo sia per chi l’ha concesso che per i suoi successori I LIVELLATORI erano mentore per il popolo, essi si rifacevano all’idea dell’uguaglianza e dell’equità e si ispiravano per il loro programma politico ad un radicalismo democratico, il punto principale del loro programma era la rappresentanza universale eletta a suffragio universale maschile. I livellatori, appunto, vogliono livellare la società e evitare ogni forma di differenza. I livellatori erano per lo più nobili. Leader: John Lilburne, Richard Overton e William Walvyn → nutrivano forte interesse per il diritto e la politica, prima andarono contro i privilegi nobiliari, poi, sotto il protettorato di Cromwell, contro il Parlamento. Si tratta comunque di una mediazione tra le istanze democratiche e quelle più liberali, tanto da porre il movimento lontano dalle correnti estreme della rivoluzione. Più radicali dei livellatori erano gli ZAPPATORI17, erano per lo più popolo, i quali puntavano alla redistribuzione delle terre in maniera equa, azzerando i rapporti di proprietà con la conseguenza di liberarsi dell’ineguale ripartizione della proprietà fondiaria, il tutto coronato dal fare dell’Inghilterra una REPUBBLICA. Fra gli zappatori c’è Gerard Winstanley, autore della Legge della libertà, repubblicano. Egli vuole azzerare ogni forma di disuguaglianza derivante dalla proprietà privata. Gli storici ritengono gli zappatori i primi ispiratori del comunismo, perché rifiutano la proprietà privata. Winstanley fa della sua vita un vero e proprio esempio del suo pensiero: egli fonda una vera comunità e applica i suoi principi: principalmente quello per il quale ognuno deve riuscire a vivere del suo lavoro e mettersi anche al servizio degli altri→ l’intera comunità vive infatti del risultato del lavoro di ogni componente e condividono fra di loro gli stessi spazi, gli stessi prodotti alimentari, gli stessi svaghi. Il comunismo di Winstanley consiste nella ridistribuzione delle terre. Elabora 2 forme di governo, a seconda di come è gestita la terra:  governo regale →fondato sulle categorie del vendere e del comprare, sulla guerra e sul primato del re  governo repubblicano→ riconosce l’inadeguatezza del sistema giuridico precedente e lo sostituisce con leggi emanate dal Parlamento che siano brevi e che non richiedano interpretazioni. Si fonda sulla libertà organizzata secondo regole del comunismo, i funzionari sono eletti dai “bisognosi” e durano in carica solo un anno Molto rilevante è il problema del sistema delle enclosures in Inghilterra – recinzioni con cui antichi e nuovi proprietari sottraggono terre all’uso comune, recintandolo e destinandole ad un uso privato. Per questo Winstanley elabora una teoria di ritorno all’età dell’oro → inizio utopia REPUBBLICANESIMO Durante l’esperienza d’instaurazione della repubblica con il relativo suo crollo, si forma in Inghilterra un gruppo di pensatori, i repubblicani, i quali erano accumunati da un’opzione repubblicana che faceva del commonwealth, non solo una forma di governo non monarchica, ma quel tipo di convivenza capace di realizzare valori quali la libertà personale, la partecipazione diretta e appassionata della vita politica e l’autogoverno collettivo. Libertà intesa come “assenza di dominio” e ciò implicava l’autogoverno (possibile solo attraverso una virtù politica diffusa tra i cittadini). A livello istituzionale si esprimevano nell’apprezzamento del governo misto, come garanzia della partecipazione di tutti e nella avversione alla tirannide (contro la quale teorizzavano la resistenza fino ad arrivare al tirannicidio se necessario). JAMES HARRINGTON Fra i repubblicani vi è anche James Harrington, autore della Repubblica di Oceana: egli afferma che l’economia è alla base della politica e la politica dipende dall’economia (=ispirazione per Marx). Egli aveva paura di esporre le sue idee, in quanto repubblicano e anche perché, anche se da una parte voleva l’uguaglianza, rappresentava quell’alta nobiltà che con Cromwell voleva proteggere i privilegi acquisiti con l’eliminazione del re, gli stessi privilegi che il popolo invece minacciava. Egli non portò a termine gli studi, ma andò a viaggiare e venne colpito da Venezia: in questi viaggi egli volle capire quali erano gli elementi per fondare una repubblica duratura perché aveva capito che il protettorato di Cromwell non avrebbe portato la Gran Bretagna ad avere una lunga repubblica. In lui risiede la convinzione che la struttura politica rispecchia la struttura sociale, la forma della divisione e dell’organizzazione della proprietà terriera 17 Nome attribuito dopo la coltivazione, da parte di un gruppo di loro, di un appezzamento di terreno pubblico per il sostentamento dei poveri La repubblica di Oceana è un trattato politico di ispirazione repubblicana; l’autore immagina questo paese in cui bisogna istaurare una repubblica fondata sull’allargamento del suffragio universale e redistribuzione delle terre. Harrington è un sostenitore dello stato misto, ovvero le forme di governo mutano a seconda del contesto in cui ci troviamo ad agire, quindi pur preferendo la repubblica come miglior forma di governo, dobbiamo mettere in conto che non potrà durare eternamente. Alla base del suo pensiero ci sono poi i principi di uguaglianza e libertà dello stato di natura. Egli inoltre propone il decentramento amministrativo, ovvero l’eliminazione della burocrazia che creava poteri forti. Parla anche di BALANCE OF POWER (=ispirazione per Montesquieu), ovvero bilanciare i poteri per evitare l’accentramento che era avvenuto con Giacomo I. Un altro punto di partenza del sistema da lui ideato, è una legge agraria capace di fissare dei limiti ai possessi in mood graduato, senza che ciò pregiudichi l’attribuzione della cittadinanza, ovvero dei diritti politici. Egli pone al centro del suo progetto, il principio dell’eleggibilità a scrutinio segreto per tutti i membri del Parlamento e per tutte le cariche, aggiungendo il principio della rotazione. Il POPOLO ARMATO ha una grande importanza nella sua concezione di repubblica, perché oltre che a costituire la “guardia della libertà” attraverso l’approvazione o il rifiuto delle proposte legislative, quindi ad avere la titolarità del potere deliberativo come ultima istanza decisionale, costituisce anche il sistema di difesa del proprio stato, in quanto sono interessati tanto a difendere le proprie proprietà tanto le loro istituzioni. Anche Harrington è un precursore della scienza politica, poiché abbandonando i suoi studi giuridici vuole mettere in atto un metodo oggettivo di fare politica, osservando i vari stati e forme di governo e traendone il governo misto. Harrington rimane anonimo nella sua opera e non si sa nemmeno se Oceana faccia riferimento a un vero paese o meno. Egli quindi rientra nell’utopia – perché appunto non si sa se Oceana sia un vero stato- realistico – perché vuole dare soluzioni reali a problemi reali della sua Inghilterra, volendo applicare la politica in maniera scientifica e oggettiva. UTOPIA Harrington e Thomas More danno vita alla corrente dell’utopia, ovvero la descrizione di una realtà che non esiste: in ambito letterario però assume un significato differente, i romanzi utopici descrivono una realtà che non potrà mai realizzarsi, nel filone politico l’utopia, invece, è un progetto-processo storico politico in atto. I romanzi sono detti utopici non perché non si possano realizzare, anzi all’interno hanno già gli elementi per la loro realizzazione attraverso progetti politici concreti L’utopia politica è composta di 2 momenti: un progetto popolare implicito e uno esplicito. Il primo è quando il cambiamento inizia a prendere piede, quando vi è l’idea del cambiamento, quindi la parte teorica; quando gli autori teorizzano questo progetto e propongono una soluzione, quindi ancora implicita, entra in gioco il popolo, che concretizza e esplicita questo progetto attraverso, ad esempio, le rivoluzioni. Una contraddizione dell'utopia sta nel fatto che essa da una parte si concepisce come realistica, cioè come analisi concreta del presente e dei suoi mali; dall'altra le soluzioni che essa prospetta per i problemi che individua sono sì razionali negli obiettivi, ma non nei mezzi per raggiungerli. Da questo punto di vista l'utopia non è un progetto politico, ma l'espressione di un'esigenza, che non si sa come realizzare. Thomas More – Tommaso Moro More compone il romanzo l’Utopia, dove descrive un’isola perfetta e armonica dove tra i suoi membri vige felicità, benessere e giustizia. Infatti, alla base dei romanzi utopici vi sono principi come il progresso, la fratellanza, la solidarietà, felicità, condivisione, richiamo alla benevolenza e infine sincerità. Il libro è diviso in due parti: nella prima è descritta la situazione miserevole della società inglese, nella seconda c’è un nuovo mondo da lui visitato, governato meglio di quello attuale →la riuscita di questo mondo risiede nella mancanza della proprietà privata e del denaro. Il sistema economico di Utopia si basa sulla pratica a rotazione dell’agricoltura coltivando il terreno pubblico e tutti gli altri mestieri necessari di supporto alla comunità → i prodotti del lavoro possono essere portati al mercato dove ogni padre di famiglia riceverà ciò che necessita per lui e per la sua famiglia. Si tratta di una vita semplice e frugale. Il loro stato di benessere è dovuto anche a una teoria e una pratica della felicità e una restaurazione dei legami comunitari e solidaristici che collocano ciascuno all’interno della comunità. Secondo Moro, il più importanti dei saperi è quello che conduce alla saggezza, e i consigli della saggezza sono quelli di uso moderato dei piaceri. Tutto ciò ci porta a pensare a una manifesta presenza di potere, ma in realtà di tratta di autogoverno. Locke è anche il fondatore dello stato liberale inglese. Il suo obiettivo è quello di andare contro ogni teoria assolutista, riconoscendo pieni diritti alla libertà individuale del cittadino. In quel momento all’interno del Parlamento inglese c’era una disputa accesa fra Whigs e Tories, Locke appartiene ai primi. Locke è autore del Primo e del Secondo trattato sul governo, opere che vanno a delineare e definire i principi dell’uomo, della libertà individuale e dello stato liberale. Locke costruisce un modello di ordine politico che consente di limitare il potere a beneficio del cittadino e della società, per questo introduce sia la partizione delle funzioni del potere, sia il rispetto dei diritti naturale degli uomini, ovvero i concetti chiave del costituzionalismo moderno. Nel "primo trattato sul governo" esprime la sua teologia politica contro la tesi di Filmer (secondo cui il potere del re, a cui ogni uomo è sottomesso, è legittimo poiché Dio ha donato il suo potere sulla terra ad Adamo e da lui si è tramandato ai suoi figli e ad ogni re) affermando che Adamo non è mai stato re ma Dio ha donato a lui solo l'esistenza. Questa è l'epoca del disincanto in cui non è Dio ma la ragione umana a costruire la base/fondamento di legittimità del potere politico. Nel “secondo trattato sul governo” l’autore illustra lo stato di natura. Per Locke, gli uomini dello stato di natura non sono in conflitto fra di loro, ma si mettono insieme perché l’uomo è un animale sociale, egli tende alla socialità ed è proprio con il confronto fra altri uomini che riesce a realizzarsi, per questo non riesce a stare solo e si inserisce in società. Tuttavia, può diventare facilmente uno stato di guerra a causa del diritto di autodifesa, ed essa una volta iniziata difficilmente finisce. Lo stato di natura ha 3 difetti: nessuna legge certa, nessun giudice riconosciuto e imparziale e nessun potere esecutivo. Il contratto sociale di Locke è necessario per lo stato liberale e si stipula per garantire la libertà individuale (bene più grande). Mentre Hobbes fa derivare dal patto sociale uno stato assolutistico, Locke, dal suo contratto sociale, fa derivare uno stato liberale, dove deve essere garantita la divisione dei poteri legislativo, esecutivo e ‘’federativo’’, ovvero quel potere che riesce a gestire i rapporti fra i paesi confinanti, una sorta di politica internazionale. Per Locke la guerra deve essere evitata e per questo ci deve essere un potere federativo: la guerra scaturisce da uno stato egoista e non dobbiamo mai far prevalere questo. Inoltre, per Locke:  il potere legislativo è delegato a un solo uomo o a molti uomini ed è il potere per eccellenza, deve essere adoperato in difesa del bene comune e della proprietà privata; inoltre questo potere non può essere arbitrario e violare la legge di natura;  il potere federativo è il potere di guerra e pace fra più comunità politiche.  Il potere esecutivo è separato e subordinato al potere legislativo e può essere mutato dal popolo a piacere – incarico fiduciario proveniente da un patto di fiducia tra corpo politico e re.  La dissoluzione della società avviene o per conquista dall’esterno o perché il legislativo tradisce il fine per il quale è stato stabilito: allora, si fa ritorno allo stato di natura per un nuovo patto. Per Locke la proprietà privata deve essere gestita da chi ha conquistato, con il proprio lavoro, la proprietà. La proprietà è tramandata all’interno di una famiglia ed essa gestisce e gode di quello che produce con il proprio lavoro. Perciò non deve essere sottomessa ad alcuna gestione statale. Inoltre, è possibile arricchirsi e quindi conquistare nuove e migliori posizioni sociali: Locke fa riferimento a uno stato interventista che riesca a eliminare le disparità sociali permettendo di mettere tutti gli uomini sullo stesso piano anche se partono da condizioni differenti. Inoltre, qui la legge non è un comando e il re non è superiore ad essa: la legge è voluta dagli uomini e il sovrano può essere libero e governare solo se segue la legge. Infatti, al contrario di Hobbes, Locke crede e sostiene il diritto alla resistenza: gli uomini possono appellarsi a una legge sbagliata del sovrano se questa ostacola le libertà individuali. I diritti già presenti nello stato di natura non vengono alienati nello stato civile, ma restano – non a caso ‘’contratto’’ e non ‘’patto’’ sociale22. Il re di Locke può essere spodestato se non rispetta le libertà individuali – al contrario, quello di Hobbes può 22 Il patto implica l’instaurazione della fiducia reciproca, mentre il contratto consiste nel mutuo trasferimento del diritto. anche alienare queste libertà, l’importante era garantire la pace e la vita. Il potere legislativo nasce dal patto, quindi dal popolo e quello esecutivo di eseguire le leggi è il risultato di un atto fiduciario, l’atto di fiducia interposto fra il re e i cittadini. Proprio per questo atto fiduciario, Locke prevede il diritto alla resistenza contro il tiranno e la revoca dell’atto fiduciario qualora il re non garantisse le libertà individuali. Con l’entrata in società, si alienano il diritto alla vita, alla libertà, alla proprietà e al diritto di farsi giustizia da sé, anche se quest’ultimo è il solo alienato, perché i primi 3 saranno restituiti sotto forma di diritti civili e politici. Locke parla anche della TOLLERANZA: per garantire le libertà individuali, fra cui quella religiosa, lo stato deve garantire la libertà e la tolleranza religiosa mettendolo per iscritto, nonostante essa faccia parte della sfera privata dell’uomo, dato che è impossibile stabilire quale sia la vera religione. Inoltre Locke è a favore della separazione tra Stato e Chiesa. Differenze principali Hobbes E Locke 1. Hobbes considera la donna al pari dell’uomo, mentre per Locke è inferiore all’uomo. 2. Lo stato di natura è di libertà e di uguaglianza per entrambi, ma:  di guerra, per Hobbes di pace, per Locke 3. Per Locke, esiste ed è efficace la legge di natura, per Hobbes l’uomo è egoista e quindi la legge di natura non ha effetto. 4. Per Locke, lo stato nasce non perché nello stato di natura si viva male, ma perché qualora qualcuno sbagli, non si ha una figura di riferimento per decidere la punizione. 5. La proprietà è un diritto naturale per entrambi, ma: per Locke si fonda sul fatto che gli uomini sono padroni di sé e di quello che producono. Per hobbes, è la sovranità che assorbe in sé ogni energia. Per locke, anche dopo il patto rimane ai cittadini una capacità di esistenza pubblica libera. Rousseau teorizza un contratto che dà origine alla sovranità democratica, alla volontà generale. In Kant l'istituzione sovrana rappresentativa assorbe l'energia politica dei cittadini ma resta esposta all'azione critica La seconda variabile, vicina alla prima ma distinta da essa, riguarda il modo con cui questi autori rispondono alla domanda se e come sia possibile limitare il potere che nasce dalla ragione di tutti. In ogni caso, due razionalisti come Hobbes e Rousseau — esponenti rispettivamente dell'assolutismo e della democrazia — rispondono negativamente: per Hobbes il cittadino non ha libertà alle leggi del Leviatano, mentre per Rousseau la libertà del cittadino sta proprio nell'obbedire alla Volontà Generale. Locke e Kant, i due padri del moderno liberalismo, rispondono invece positivamente, dato che pensano a un patto che non costringa il soggetto ad alienare la propria libertà naturale o la propria libertà morale. . ILLUMINISMO – 1680-1789 Dalla definizione di Immanuel Kant, autore più rappresentativo dell’Illuminismo, questa corrente filosofica politica rappresenta IL CORAGGIO DEL SAPERE proprio di ogni uomo dotato di ragione, il momento in cui l’uomo esce da uno stato di ignoranza, minorità, ‘’di cui è egli stesso responsabile’’. Il termine illuminismo letteralmente sta per rischiarimento, con il lume della ragione, delle tenebre dell’ignoranza e della servitù della superstizione. L’Illuminismo nasce in Francia per attaccare i principi dell’Antico Regime di Luigi XVI, uno stato assolutistico, sul modello di Hobbes, a cui i filosofi propongono riforme amministrative, giudiziarie ed economiche. Oltre per un’idea politica di risoluzione agli effetti dell’Antico Regime, esso nasce anche per altri motivi che porteranno alla rivoluzione francese, quali il cambiamento industriale. L’elemento importante è dato dal ruolo dei FILOSOFI: essi rappresentano gli attuali intellettuali che a partire dal 700 iniziano ad essere uomini impegnati nel sociale e in politica. Fino a quel momento, non c’era una distinzione netta del sapere, l’uomo colto del 600 si interessava di filosofia, scienza, medicina, politica, era quindi una specie di tuttologo e quindi anche da consigliere politico. Durante l’Illuminismo, invece, avviene la DISTINZIONE DEGLI AMBITI DI SAPERE, con le relative figure di riferimento. Fino al 600 gli intellettuali non avevano un ruolo sociale anche perché la maggior parte della popolazione era analfabeta e pertanto si interfacciavano solo fra nobili colti. Si avvia, durante l’Illuminismo, un processo che vuole favorire l’allargamento dell’istruzione elementare, a cui viene aggiunto il richiamo ai diritti fondamentali dell’uomo e dei lavoratori, e questo crea un pubblico diverso rispetto a quello del 600, meno colto ma numeroso e interessato ai cambiamenti sociali e politici. L’Illuminismo è l’effetto di un cambiamento totale e generale dell’organizzazione sociale. I filosofi iniziano ad acquisire un nuovo ruolo rispetto al passato, diventano EDUCATORI, prendono il posto dei chierici medievali di custodi di valori e influenzano un’opinione pubblica più vasta rispetto al passato, portano la politica fuori dagli spazi parlamentari e club nobiliari, ex. bar ecc. + primi giornali francesi. Il fatto che venga portata la politica fra la società è di forte interesse, soprattutto per la popolazione meno abbiente: i lavoratori vogliono conoscere i propri diritti e le leggi a riguardo, le donne per il suffragio universale e l’istruzione, nonché per il lavoro minorile. In questo periodo nasce anche un quarto potere, quello dell’opinione pubblica, derivante dall’interesse e istruzione politica del popolo, che diventa influente negli affari dello stato e la politica diventerà affare di tutti e coinvolgerà ogni ambiente pubblico. Questo porta alla richiesta dell’allargamento dell’elettorato, all’allargamento delle proprie istanze e richieste e alla nascita dei primi partiti popolari che, pur guidati da uomini acculturati che vanno in Parlamento, rappresentano le richieste di quelli che fanno politica in piazza. I concetti cardine dell’Illuminismo, quindi, sostengono principi e teorie progressisti e anticonservatori, per sostenere l’istituzione di uno stato laico, liberale e democratico. Qui si fa riferimento a 2 elementi rappresentativi del pensiero illuminista: la critica come strumento fondamentale del ragionamento illuminista – per creare una discussione costruttiva – e il potere legittimato dall’azione popolare – non più quindi un potere derivante dall’alto –. L’obiettivo è quello di riscattare gli uomini dall’ignoranza attraverso il pensiero critico e il riconoscimento di una necessità di progresso umano, unico processo che porterà avanti la ragione dell’uomo, il quale riuscirà ad avere una spiegazione critica dell’organizzazione sociale. Difatti i Lumi hanno una visione negativa del popolo, considerato come tendenzialmente sedizioso, a cui perciò non viene riconosciuta rappresentanza politica fino a quando non ci sarà un rischiarimento della ragione tramite istruzione al progresso. Il progresso illuminista è quello che si sostiene attraverso lo studio e l’educazione dell’uomo al ragionamento: in questo modo l’uomo può raggiungere il pensiero critico. Questo progresso e studio si deve sostenere perché l’uomo deve riuscire ad affermare i principi cardine dell’illuminismo: fratellanza, libertà e uguaglianza. Il compito dell’Illuminismo, che va a intersecarsi con il pensiero contrattualista, è quello di aiutare l’uomo, attraverso la ragione, ad uscire dallo stato di natura: qui gli uomini nascono eguali, liberi e senza idee innate, perciò la loro ragione li porterà inevitabilmente a riconoscere anche nello stato sovrano i principi del progresso, di libertà, uguaglianza e fratellanza. Dare fiducia alla ragione e cercare una spiegazione in tutto permetterà di Paine Divenuto famoso per aver scritto un’opera in cui discuteva i rapporti tra madrepatria e colonie, denunciando la tirannide della monarchia inglese e l’oppressione a cui erano sottoposte le colonie. Per lui il governo migliore era quello repubblicano. Uno dei temi su cui si concentra sono i diritti degli individui. Andava contro ogni privilegio ereditario e nobiliare, mentre era a favore del primato della costituzione sul governo, emanata secondo volontà del popolo sovrano. Per lui solo la rappresentanza democratica esprimeva direttamente la volontà di tutta la nazione DISTINZIONE FRA DEMOCRAZIA DIRETTA E REPUBBLICA RAPPRESENTATIVA: Le repubbliche grandi sono più adatte delle piccole a eleggere buoni legislatori e governanti, infatti i candidati dovranno avere la fiducia di un gran numero di cittadini, il che è garanzia delle loro qualità. Le piccole repubbliche, che possono coincidere in una democrazia diretta, sono più esposte al rischio delle fazioni - quindi più un territorio è piccolo più è facile da governarsi in una forma di democrazia diretta. I rappresentanti vanno eletti proprio per gestire l'ampia territorialità di un paese. Il principio della sovranità del popolo non comporta come sola forma di governo la democrazia diretta; anche la repubblica rappresentativa unitaria di grandi dimensioni è adatta ovviamente a esprimere un giudizio (non è vincolante la geografia di un territorio, ma sicuramente ne da un indirizzo). ROUSSEAU  Vive fra il 1712 e il 1778, nel pieno periodo illuminista.  È ginevrino, quindi di origine calvinista; presto, però, diventerà cattolico, per poi ritornare al calvinismo e per poi professare definitivamente il deismo.  Dopo aver girovagato fra Francia e Svizzera, egli si stabilirà a Parigi, dove inizierà a collaborare con gli enciclopedisti, fra i quali Diderot e Voltaire → ispiratore della rivoluzione francese Con Rousseau entriamo in una seconda fase del periodo illuminista: il ‘’primo’’ illuminismo è fautore della ragione, del progresso e anche della scienza; Rousseau, invece, affermerà che non bisogna avere una totale fede nel progresso e, recuperando autori come Plutarco, accuserà la scienza di aver reso l’uomo un essere corrotto. A ciò, egli affiancherà anche una importante critica al giusnaturalismo e, in particolare, all’idea di diritto naturale, per aver travisato quelle che in realtà sono le vere caratteristiche dell’uomo naturale. Quanto finora esposto è presente in 2 discorsi che Rousseau scrive fra il 1750 e il 1753: il Discorso sulle scienze e sulle arti e il Discorso sull’origine della disuguaglianza. Il primo, dice Rousseau, fu scritto dopo le ‘’illuminazioni di Vincennes’’, dove era stato imprigionato per la lettera sugli aveugles: qui, leggendo un giornale, vide il quesito ‘’se il Rinascimento delle scienze e delle arti abbia contribuito a migliorare i costumi’’. Rousseau affermerà che al progredire delle scienze, i costumi, invece, si sono guastati e gli uomini sono diventati sempre più avidi e corrotti (es. guardando quello che è successo all’Egitto, alla Grecia o Roma vediamo che queste città, che inizialmente erano virtuose, con il progresso, sono andate in declino). Per Rousseau, dove vi sono arti e scienze esiste solo ed esclusivamente lusso, simbolo della decadenza morale: l’evoluzione delle arti e delle scienze porta ad un indebolimento del coraggio, in quanto chi abbonda di lusso e ha consapevolezza dei suoi privilegi, si ripiega su questa condizione e quindi c’è una degradazione quindi delle doti guerresche. Questa decadenza si riflette anche sull’educazione dei giovani, perché non vengono più educati secondo i veri principi e virtù naturali, ma vengono educati a lusso e ad avere tutto quello che possono e vogliono avere. Rousseau, però, critica arti e scienze non in generale, ma nel loro eccesso. Il discorso, proprio perché in contraddizione con i principi illuministi, porterà Rousseau ad affrontare una dura polemica. A queste critiche e a un altro quesito dell’accademia, Rousseau risponderà con il Discorso sull’origine della disuguaglianza fra gli uomini: per Rousseau è l’uomo a farsi del male da solo, a questo proposito apre l’opera con una metafora di Glauco - la sua statua era stata deturpata da tempeste e piogge fino a farla sembrare, più che una statua di un dio, una bestia feroce→ allo stesso modo, l’anima umana, alterata dalla società e dai suoi problemi, ha mutato aspetto, al punto di essere quasi irriconoscibile: pertanto, bisogna ripulire l’anima dalle passioni e dall’eccessivo progresso per capire quella che effettivamente ne è la bellezza naturale. Il progresso, quindi, allontana l’uomo dal suo stato primitivo. Pertanto, Rousseau ci propone il suo stato di natura degli uomini, consapevole, però, che non sia mai esistito e mai esisterà, è quindi un’ipotesi, un esperimento mentale. Rousseau, andrà poi a criticare i contrattualisti e i giusnaturalisti: mentre il nome di Locke è sottinteso, quello di Hobbes è esplicito; anche per il poco accordo che regna fra gli autori a proposito di questo tema. Per Rousseau, infatti, questi autori hanno fatto l’errore di attribuire agli uomini dello stato di natura delle caratteristiche già sociali, ad esempio i concetti relativi al giusto e all’ingiusto o alla proprietà, o ancora autorità e governo. Per questo motivo, lo stato di natura presentatoci da Rousseau accoglie uomini primitivi, il ‘’bon sauvage’’, un uomo isolato che non ha grandi aspirazioni o aspettative, è un uomo puro che riposa vicino agli alberi e ai ruscelli e si nutre proprio dei frutti degli alberi e, nel caso di beghe o conflitti, costui fuggirà perché non ha nessun interesse a scontrarsi e litigare, diversamente da come era per Hobbes, né ha diritti o proprietà da difendere, diversamente da come era per Locke. La natura è libera e non appartiene a nessuno, gli uomini vivono come gli animali, non ha rapporti sociali e quello che fa la differenza fra l’uomo e l’animale è la ragione.  prima critica verso Hobbes: mentre Hobbes vede l’uomo come in perenne conflitto e pronto a combattere, Rousseau pensa il contrario e, anzi, ritrova 2 importanti caratteristiche dell’uomo naturale:  è agente libero – perché dotato di ragione e questa è la differenza fra l’uomo e l’animale, mentre l’animale è mosso dall’impulso, lo è anche l’uomo, ma egli, grazie alla ragione, può decidere di assecondare o meno questo impulso  è un essere perfettibile – quindi questo porterà l’uomo a volersi perfezionare e proprio la perfettibilità porterà l’uomo alla corruzione, ad esempio, portandolo a recintare un appezzamento di terra  proprietà privata  passaggio dallo stato di natura alla società. Inoltre, per Rousseau l’uomo è mosso da pietà: ovvero il sentimento di protrarsi verso i più deboli, ma mai di sopraffare l’altro. Non esiste, nello stato di natura di Rousseau, la proprietà: l’uomo può anche ingegnarsi per godere dei frutti di quella terra, ma mai appropriarsene. Quella che, quindi, era una virtù, ovvero la perfettibilità, porta gli uomini alla corruzione, attraverso la proprietà privata. Con questo, l’uomo non diventerà più solo e inizierà a socializzare e ad accoppiarsi, da qui verranno fuori le prime famiglie e i primi gruppi accumunati da uno stesso stile di vita e di alimentazione, non ancora di leggi, per poi arrivare alla società. Questo porta alla sopraffazione dei più forti sui più deboli: man mano che vengono a crearsi gruppi, famiglie - fondano delle vere e proprie nazioni - si vengono a creare anche delle beghe. Queste rivalità, all’interno dello stato di natura si risolvevano o fuggendo via o facendosi giustizia propria, ma quando si affermano le prime ampie e grandi comunità, invece, si ha la necessità di una giustizia e legge superiore. Questa legge superiore, per Rousseau ‘’patto’’, è un patto iniquo perché non viene fatto in maniera razionale, ma sono i più forti – quelli che hanno capanne recintante e forti comunità – a chiedere ai propri simili di unirsi per porre fine alle beghe e ai fastidi, in modo che ognuno possa godere di quello che ognuno si è costruito. Questo patto, in definitiva, non fa altro che tutelare il più forte e cristallizzare le disuguaglianze. Quindi, i più capaci e i più furbi hanno maggiormente sottomesso i più poveri, i quali, ingenuamente, hanno anche accettato questa condizione convinti di essere tutelati: è in questo modo, quindi, che ogni individuo è andato incontro alla corruzione, condizione, tuttavia, voluta proprio dagli individui. Per questo non bisogna fidarsi eccessivamente del progresso. Qual è, allora, il modo giusto per abbandonare lo stato di natura? Per Rousseau, quanto appena esposto è una vera e propria alienazione dell’uomo, perciò vi è la necessità di un patto sociale più giusto. Questo viene esposto nell’opera ‘’Il contratto sociale’’; qui viene descritto un patto di disalienazione l’uomo è libero ma ovunque in catene: per liberarsi da queste catene, gli uomini avrebbero dovuto fondare un patto diverso, un patto di unione fra equi e, anziché sottomettersi a un sovrano, il popolo avrebbe risposto alla volontà generale, un’unità politica e morale. Quindi, ognuno, accettando il patto, resta esattamente libero a prima: in questo modo, gli uomini cedono i propri diritti alla collettività e li riacquisiscono poiché faranno parte della volontà generale, la quale non è né somma delle singole volontà, né di alcune, è un ‘’io comune’’. È questo lo stato: i partecipanti verranno chiamati ‘’ i cittadini’’. Con il contratto, il singolo perde la libertà naturale, ovvero il diritto illimitato su ogni cosa, ciò che invece guadagna grazie alla volontà generale è la libertà – quella civile – e la proprietà di quello che possiede, regolata in ambito di diritto positivo. Non esiste più il più forte che arbitrariamente usurpa il più debole: ora anche il più debole può essere proprietario. La sovranità, la volontà generale ha 4 caratteristiche: 1. È inviolabile: perché il potere può essere ceduto, ma la volontà generale non può essere ceduta. 2. È indivisibile: la volontà generale o è generale o non lo è, ovvero è non può essere parziale. 3. È infallibile: non può essere errata poiché non risponde alle volontà particolari e mira sempre all’utilità pubblica. 4. È assoluta: è una forza coattiva che può muovere il tutto affinché venga garantita quella pubblica utilità. La volontà generale, inoltre, non può essere mai rappresentata. Inoltre, per Rousseau, espressione massima di questa volontà è la legge e, nel dettaglio, il potere legislativo, il quale, però, non detta il contenuto, ma la forma delle leggi. Il contenuto è dato invece dal governo, ovvero l’esecutivo. La legge è espressione di una volontà del corpo comune: il legislatore è colui che individua la L’origine della politica non vuole stabilire come la politica si svolge, essa non si svolge seguendo la forza, ecco perché la politica non può esserci nello stato di natura, dove è solo la forza a fare da diritto, deve invece indicare nella società civile come la politica si può svolgere attraverso la ragione, che segue la morale, alla base del diritto. Ancora, interviene anche parlando di 2 concetti che nascono in periodo illuminista: - Rappresentanza: tutti gli uomini sono sottoposti alla legge e devono essere rappresentati perché il popolo è sovrano e le leggi seguono una morale universale, uguale e rappresentante di tutti. Secondo Kant però, a differenza di Locke, gli uomini non hanno diritto di resistenza perché lo stato è un’AZIONE RAZIONALE e valido per tutti e, facendo resistenza, si fa resistenza alla massima morale dell’uomo, quindi non è logico non eseguire la legge. Però, in Kant si parla di libertà di penna del cittadino - Libertà di penna: ogni uomo può appellarsi a una legge ingiusta attraverso la libertà di penna, quindi, vi è la possibilità di scrivere e pubblicizzare i propri disaccordi, anche se non tutti possono accedere a questo strumento prima opinione pubblica, elemento di democrazia. In epoca illuminista è essenziale la libertà, politica, religiosa, economica ecc Ogni ordine politico che rende omaggio alla morale deve garantire la libertà, l’indipendenza e l’uguaglianza. INDIPENDENZA: Per Kant l’uomo subordinato e economicamente dipendente non è un uomo libero proprietà privata elemento cardine del pensiero di Kant, lo stato deve garantire l’indipendenza economica perché i cittadini raggiugono la libertà se sono economicamente indipendenti e questo garantisce la democrazia. L’assoggettamento, invece, porta al pensiero unico. Kant pensa a una forma repubblicana (si fonda sulla separazione dei poteri) come forma di governo23 e inizia a pensare a un’unione federale degli stati europei: la forma di repubblica ideale è quella rappresentativa, non quella diretta, perché geograficamente, pensando alla federazione, la democrazia diretta può essere meno facile da gestire. Questa unione federale deve garantire la libertà e l’uguaglianza di fronte alla legge, la separazione dei poteri e i massimi principi morali, ma anche la sicurezza pubblica esterna. Lo stato federale di Kant è una repubblica che va oltre i confini austro ungarici, egli pensa alla necessità di istituire sul modello degli Stati Uniti un’unione di stati sovrani, poiché comprende che dare importanza al sovranismo porta a far sentire gli uomini appartenenti a identità nazionali differenti: nasce il concetto del cosmopolitismo, ovvero il processo mentale che ci fa sentire cittadini del mondo. L’obiettivo di questo stato federale rappresentativo repubblicano è la pace, e questa si può avere attraverso il diritto e condividere il diritto insieme ad altri uomini permette di far parte di un’identità cosmopolita. Per Kant uno stato è un insieme di uomini sotto la stessa identica tutela giuridica, non quello che ha i confini. Non dobbiamo, però, fermarci ai confini nazionali e geografici, a questo proposito parliamo di diritto internazionale, il quale va oltre i piccoli rapporti fra stati confinanti. Esso, per Kant, deve evitare la guerra ed è utile non solo per far dialogare più stati -ovvero il diritto comunitario, cedendo parte della propria sovranità a un organismo maggiore - e avere una ‘’pace perpetua’’, ma anche per unire i popoli sotto a un unico stato sovrano. Per Kant, infatti alla base di tutto c’è il diritto e se ognuno segue il diritto, il quale è parte della morale, non c’è motivo di fare la guerra, poiché essa sottrae gli individui all’etica morale. Quindi, nemmeno quella di difesa può essere una guerra giusta perché alla base del diritto c’è la morale, dovere imperativo categorico, che non prevede il diritto a farsi la guerra. La condivisione delle stesse regole poterà gli uomini a sentirsi parte di un unico stato. IL DIRITTO INTERNAZIONALE ‘’Pace perpetua’’ risponde alla domanda ‘’come evitare la guerra?’’. L’opera è divisa in articoli che indicano le azioni che gli stati devono evitare per avviarsi alla pace perpetua.  lo stato per primo deve riuscire a creare processi che evitino quella competizione e quella accumulazione delle ricchezze, perché è proprio a partire dall’utilità e il profitto che molte guerre iniziano. 23 Ogni forma di governo che non sia rappresentativa, ovvero distopica, e non conosca la separazione dei poteri è una non- forma. Per Kant, la democrazia è dispotismo, perché qui ognuno vuole essere signore, ciò rende impossibile un sistema rappresentativo. L’opera è divisa in 2 parti, che rispondono rispettivamente a come evitare la guerra e come mantenere uno stato di pace. L'ideale della pace si configura come quella situazione in cui la ragione umana è destinata a realizzarsi attuando una idea di progresso che è innanzitutto morale. Per far avvenire ciò, sono necessarie 3 condizioni: la prima esprime l'esigenza che gli stati siano di diritto e razionali (non sottomessi all'arbitro di un despota); la seconda esprime l'esigenza che la pace sia una libera federazione, cioè la pace è utile per unire i popoli sotto una forma di esistenza universale prima della dimensione statuale. E infine la terza condizione risiede nel diritto cosmopolitico di accogliere e di essere accolti benevolmente, in quanto tutti sono comuni possessori della terra. Il principio giuridico dell’ospitalità: rinuncia dei singoli stati al diritto sovrano alla guerra + tutti i singoli individui devono essere trattati ovunque nel mondo attraverso il principio giuridico dell'ospitalità. Non c’è popolo avente diritto su altro popolo perché ogni uomo è uguale e libero e basa la sua sovranità sulla morale: politica e morale vanno di pari passo. Kant, politico teorico, non vuole prendere il posto dei politici pratici. GUERRA IMPERIALE, FASCISMO e ETIOPIA: molti antifascisti appoggiano questa azione come missione civilizzatrice ex. Gaetano Salvemini, poiché egli pensa alle vittime italiane del fascismo e non a quelle non italiane e quindi viene meno quel cosmopolitismo. Colonizzare = porre fine a persona morale Ottocento – dialettica Il pensiero dialettico annovera tra i propri principali esponenti Hegel e Marx, è una delle forme di pensiero più importanti caratteristiche del 19º secolo. Il pensiero dialettico critica razionalismo e illuminismo per la loro astrattezza, che è la causa prima delle loro contraddizioni e dei loro fallimenti. Caratteristica del pensiero dialettico e quindi reinterpretare quelle contraddizioni da un diverso punto di vista che ne diano piena ragione e che ne permettano il superamento verso una nuova concretezza. HEGEL Georg Wilhelm Friedrich Hegel – 1770-1831 Critica i contrattualisti per aver posto l’attenzione alla società civile e per aver fatto dello stato una invenzione artificiale dell’uomo Il pensiero di Hegel è fondato su 3 elementi: 1. Quello che è reale è razionale la realtà è tutto quello che può essere spiegato, infatti, il dispiegarsi progressivo della realtà è lo spirito, il quale quindi è il fine ultimo della razionalizzazione della realtà. Questo processo di razionalizzazione è in divenire, quindi la verità sarà il risultato finale di questo processo razionale della realtà. 2. La verità coincide con l’intero la verità non consiste in una considerazione parziale delle cose, ma deve cogliere ogni elemento, è quindi un processo onnicomprensivo. 3. Concezione dialettica della realtà e del pensiero il processo dialettico coincide con la regola interna della realtà e con la legge del pensiero, perché la realtà coincide con la ragione, pertanto piano ontologico e piano logico vanno a coincidere. Il processo dialettico del divenire storico (il terzo elemento) è formato da 3 momenti: 1. Il momento di ASTRAZIONE o TESI: il momento in cui viene formulato il pensiero, un’idea 2. Il momento di NEGAZIONE o ANTITESI: questa idea, per esistere, ha bisogno del suo contrario; essa capisce quello che è attraverso ciò che non è 3. Il momento di SINTESI o SPECULATIVO: racchiude in sé insieme tesi e antitesi. *Esempio servo e padrone24: Un servo si rende conto di essere servo e del suo ruolo confrontandosi con il suo padrone, il quale rappresenta l’antitesi, quello che non è il servo. Essendo il ruolo del padrone ovviamente opposto al ruolo del servo, l’identificazione del servo avviene attraverso la sua negazione, cioè con quello che è fuori da sé. = spiegazione del divenire delle cose Hegel è autore di 2 importanti opere:  Fenomenologia dello spirito - è un ‘’racconto’’ volto a comprendere quale sia l’essenza della coscienza, interrogandosi su quale sono i principi interiori, poi esternati  Lineamenti di filosofia del diritto - è un’opera più giuridica, volta a capire il senso dello stato, della politica, ecc. Quando Hegel ci parla del processo evolutivo definisce 3 tappe della coscienza, che ne rappresentano il processo di evoluzione: 1. La coscienza del servo-padrone * identificazione, TESI 2. La coscienza infelice quella del cristiano: egli tende a voler raggiungere Dio, ovvero vuole raggiungere l’irraggiungibile. Questa continua ricerca dell’irraggiungibile procura infelicità e non giungerà mai a quel processo del razionale in divenire poiché la religione è irrazionale, ANTITESI 3. La coscienza moderna quella più completa, poiché richiama gli insegnamenti di Cartesio ‘’penso dunque sono’’. È quella coscienza che adotta un metodo critico e razionale e, quindi, raggiunge completezza (la SINTESI) Queste 3 fasi si dispiegano nel processo storico, non sono pensieri astratti e teorici, ma esempi tratti dalla storia. Hegel dimostra che il divenire della storia spirituale avviene attraverso la contraddizione (tesi), il confronto (antitesi) e il risultato finale è la verità (sintesi) 24 Hegel crede nella divisione dei compiti. La critica che egli attua sull’economia politica, lo porta a concentrare la sua analisi sulla classe proletaria che deve ergersi a soggetto storico di una rivoluzione (comunismo), quindi, per cambiare questo stato di cose lo si fa attraverso: 1. Eliminazione della proprietà privata della borghesia anziché capitalizzare i mezzi di produzione, li si dovrebbe statalizzazione: i macchinari devono appartenere a tutti, anche all’operaio, il quale, sentendosi come tutti protagonista della forza di produzione, non produrrà in maniera alienata ma più creativa. In questo modo, verranno meno anche le differenze servo-padrone, poiché l’operaio lavorerà per lo stato, non per un borghese, che pensa all’arricchimento privato. Perciò, il prodotto finale verrà gestito dallo stato, il quale darà a tutti il necessario in eguale misura. Questo farà venir meno l’intera classe borghese. 2. Coscienza di classe pur partendo dal presupposto che in questo momento i rapporti sociali si basano su rapporti economici, i rapporti economici devono essere gestiti dallo stato attraverso leggi al fine di creare la coscienza di classe. L’obiettivo di Marx e dei suoi seguaci è quello di far acquisire alle classi subalterne una coscienza di classe per portare gli operai a un ruolo politico: se la forza di produzione, ovvero l’operaio, è alla base di un sistema economico, egli deve acquisire coscienza che è il perno dell’economia sociale. Il compito di far emergere la coscienza di classe è affidato agli intellettuali e, parallelamente, iniziano a organizzarsi anche movimenti operaisti orientati sull’acquisizione della coscienza di classe. Alla fine, per Marx, vi sarà la società civile – e non più lo stato –. Attraverso la coscienza di classe, quindi, gli operai capiranno il loro valore e riusciranno a porre fine all’ingiustizia di classe attraverso la collettivizzazione dei mezzi di produzione. IL MANIFESTO DEL PARTITO COMUNISTA 1848: qui è presente la soluzione ideata di Marx per lo sfruttamento della classe operaia e parla della necessità di un concetto necessario per avviare il comunismo, classe in sé e classe per sé:  per classe in sé si intende il momento in cui ognuno di noi comprende a quale classe appartiene – in questo caso borghesia o proletariato -,  per classe per sé , invece è quando ognuno riesce a gestire all’interno dei propri rapporti il proprio ruolo, assumendo la funzione economica e politica all’interno della società civile. Marx muoverà una critica ad autori come Saint Simon e al loro socialismo, accusandoli di aver favorito esclusivamente una presa di coscienza della classe borghese. Marx accenna anche al ‘’feticismo della merce” – la merce come il denaro è una delle principali “astrazioni reali” – che ci darà poi il PLUS VALORE, ovvero la causa dello sfruttamento dell’operaio. Per Marx ogni cosa ha un valore in uso e un valore in scambio, cioè ogni cosa viene usata in società (valore che indica l’utilità della merce per il compratore), quindi ha un valore in uso e ha anche un valore di scambio (indica il lavoro umano compiuto per produrre la merce), ovvero la si può scambiare con qualcosa che ha lo stesso valore in uso ma che può pareggiare il valore di scambio. Con il denaro però, scatta il problema, poiché si è dato al denaro un valore in uso molto più alto del valore in scambio: questo ha introdotto il feticismo della merce, ovvero alcune cose, con valore in uso importante, diventano deterioranti rispetto al loro rapporto con il denaro, questo è dato dall’innovazione tecnologica e rivoluzione industriale, che ha portato gli operai a avere lo stesso valore di uso delle macchine. FORZA LAVORO che porta al plus valore= nel momento in cui un operaio lavora produce qualcosa che ha un valore in uso e uno in scambio, quindi arricchirà attraverso il valore di scambio la società civile del suo prodotto, che però deve essere basato alla forza lavoro, ovvero al valore d’uso da cui proviene: quando l’operaio lavora per 14 ore, deve produrre merce per 14 ore di lavoro, quantità consona alle 14 ore, poi l’operaio avrà in cambio un salario che ricopre la sua forza lavoro, e quindi deve essere pagato per le 14 ore di lavoro che fa  l’obiettivo del comunismo è di scardinare lo sfruttamento operaio. Lo sfruttamento, ovvero pagare un operaio per la metà delle ore di lavoro, porta al plus valore, che non va a arricchire l’operaio, ma il borghese. Il plus valore che emerge in base al lavoro dell’operaio porta ad altri 2 aspetti: il plus valore formale e quello reale. Il plus valore formale si limita alla forza lavoro manuale dell’operaio. Il plus valore reale è dato dalla nuova tecnologia e dai macchinari che porteranno a produrre di più e a arricchire il capitalista. Questo darà a vita a processi di sussunzione formale e reale. sussunzione formale il capitale si limita a sottomettere alle proprie norme un mondo di lavoro sviluppato prima del sorgere del capitalismo, si solidificano rapporti esistenti già da prima della rivoluzione industriale. sussunzione reale i rapporti di lavoro si trasformano in base alla produzione e all’evoluzione tecnologica. Il modo per far venire meno le diseguaglianze è che gli operai attraverso la coscienza di classe si riappropriano del ruolo sociale, praticando un proletariato attivo: in questo modo la classe operaia riuscirà a gestirsi autonomamente dal punto di vista sociale, politico e economico e lo strumento per farlo è la RIVOLUZONE, che porterà all’assenza dello stato, perché gli operai avranno nel frattempo acquisito gli strumenti per regolare i propri rapporti. Quello che Marx vuole raggiungere attraverso la sua dottrina è la DITTATURA DEL PROLETARIATO e l’autosufficienza degli operai. A questo proposito egli parla dei soviet, organizzazioni di confronto diretto fra operai per capire quali sarebbero le regole migliori da seguire, attraverso un’autogestione in fabbrica per gestire l’uguaglianza fra uomini. Inizialmente i soviet erano pensati per accogliere tutti gli operai, alla fine, però, vi furono dei rappresentanti del popolo, che finirono per fare gli interessi del partito. La rivoluzione russa rappresenta per i marxisti una svolta importante perché è vista come realizzazione del progetto comunista di Marx, dove il cambiamento è avvenuto in maniera radicale, partendo, però, dalla classe contadina, non operaia, come previsto da Marx. La rivoluzione di ottobre, vista come il dilagare del comunismo in tutto il mondo, porta all’ascesa di LENIN, il quale sale al governo eliminando i privilegi zaristi e della classe nobiliare russa. Nel progetto di Lenin, però, è mancata un’analisi economica: in Russia, non c’era un sistema operaio come quello inglese, ma era più che altro un sistema agricolo, ecco perché la rivoluzione è stata portata avanti dai contadini che, di fronte non avevano i borghesi, ma gli zaristi, gli aristocratici, i cui privilegi erano già in parte indeboliti. Quindi il pensiero di Marx e la rivoluzione russa partono da presupposti differenti. CONCEZIONE MATERIALISTICA DELLA STORIA Marx è un materialista storico, il materialismo lo deriva da Feuerbach, la storicizzazione del materialismo da Hegel. Cos’è la storia per Marx? La storia è un processo dialettico, che si evolve e si trasforma in continuazione sotto la spinta di dinamiche sociali ed economiche. Dunque, la storia è un’evoluzione di natura economica e sociale e un’evoluzione delle forme di produzione. Ogni epoca è caratterizzata da forme di produzione. La storia, dunque, non è una storia di idee, provvidenza o spiritualità, la storia è data da rapporti economici, storici, materiali e politici. È una constante lotta di classe tra sfruttati e sfruttatori, e sono le rivoluzioni il motore della storia. La storia si basa su rapporti di proprietà, rapporti di produzione e di forze produttive. Ma cosa sono i rapporti di proprietà e i rapporti di produzione? Per poter dare una definizione dobbiamo prima capire cosa sono le strutture e le sovrastrutture. 1. la STRUTTURA è la base economica della società, data dalle forze produttive e dai rapporti di produzione.  FORZE PRODUTTIVE ovvero tutti gli elementi necessari al processo di produzione: o uomini che producono (forza-lavoro); o mezzi utilizzati per produrre (mezzi di produzione); o conoscenze tecniche e scientifiche di cui si servono per organizzare e migliorare la loro produzione.  RAPPORTI DI PRODUZIONE: rapporti che si instaurano fra gli uomini nel corso della produzione e che regolano il possesso e l'impiego dei mezzi di lavoro (rapporti di proprietà). La struttura influenza e condiziona la: 2. La SOVRASTRUTTURA è cioè, l’insieme delle leggi, delle filosofie, delle religioni, culture, correnti artistiche ecc. È l’economia, dunque, ad influenzare le sovrastrutture. Es: La Disney, attraverso i cartoni animati delle principesse, mostrano come dovrebbe essere la classica famiglia americana, influenzandone pensieri e ideologie. Attraverso Biancaneve, ad esempio, possiamo notare una proiezione culturale e sovrastrutturale di una società in cui la donna è rappresentata come una donzella debole e indifesa, senza ambizioni professionali. La donna è in casa, ad occuparsi delle faccende e ad aspettare il principe azzurro per poter poi avere una vita felice. Le matrigne vengono sempre delineate in modo dispregiativo. Possiamo notare come il messaggio da far passare sia quello di una famiglia basata su valori tradizionali. È così che le strutture influenzano e condizionano le sovrastrutture. Secondo Marx, dunque, non sono le leggi, lo stato, le forze politiche, la religione, le filosofie a determinare la struttura economica della società (idealismo storico), ma è la struttura economica che determina le leggi, lo stato, le religioni, le filosofie (materialismo storico). Nel manifesto Marx critica i socialismi precedenti ritenendoli dei falsi socialismi. Marx raggruppa e divide la letteratura socialista e comunista in 3 tendenze: 1. Il socialismo reazionario, che si presenta a sua volta come: - socialismo feudale : che auspica l'abolizione della società capitalistica moderna e dei suoi inconvenienti, per recuperare un passato prerivoluzionario, pre-borghese e pre-industriale; - socialismo piccolo borghese : che esprime il punto di vista della piccola borghesia rovinata dal capitalismo industriale, essa vorrebbe un ritorno a una situazione pre-borghese; - socialismo tedesco : che si proclama vero socialismo, egli si oppone a quelle conquiste della borghesia liberale che gli stessi operai vorrebbero avere. 2. Il socialismo conservatore o “borghese”: vuole rimediare agli inconvenienti del capitalismo senza distruggerli. Essi vogliono la borghesia senza il proletariato, il lato positivo del sistema borghese senza il negativo, ma ciò non può avvenire, in quanto il capitalismo non va curato ma va distrutto. (*lettera papa) 3. Il socialismo e il comunismo critico-utopistico: non riconosce al proletariato una dimensione storica e rivoluzionaria autonoma, dunque fa appello a tutti i membri della società (classe dominante compresa) per una pacifica azione di riforma, muovendosi in tal modo in una dimensione utopistica. Marx vi contrappone il proprio socialismo «scientifico» basato sull'individuazione del proletariato come forza rivoluzionaria destinata ad abbattere il sistema borghese. sentendosi quasi in dovere – piacevolmente- di partecipare, per essere all’altezza dell’associazione che rappresentavano. (Dovere mazziniano=avere il piacere di portare avanti un dovere) Accanto alle associazioni di categoria nascono anche altre associazioni, quelle femminili: iniziano i primi movimenti politici di coscienza delle donne che iniziavano a prendere parte alla vita economica del paese, poiché lavoravano oltre che avere un ruolo familiare e volevano essere protagoniste della propria società. In Italia abbiamo le emancipazioniste mazziniane, che chiedevano emancipazione culturale, più che politica. ‘900 Il primo tema che inaugura il 900 è proprio la crisi dell’ordine politico moderno. L’età moderna, per molti ambiti disciplinari, come la sociologia, la filosofia politica, sociale, ecc., inizia nel 500. Un filosofo politico per eccellenza è Machiavelli, egli infatti inaugura una nuova era. Siamo nel 1500 e trattiamo il 900 classificandola ancora come modernità. La modernità, infatti, è un processo ancora in piedi, che non si è concluso. Nel 900 vi è una crisi dell’ordine politico moderno, ma la crisi comincia già nell’800. Le aspettative che nel corso del 700 e 800 non erano state soddisfatte (aspettative cognitive e giuridiche), crearono tutta una serie di azioni e fenomeni sociali che portarono a reazioni violente, proteste, rivolte, guerre, disordini ecc. Questi disordini e rivolte tra 700 e 800 portano alla realizzazione di alcuni principi, ideali e valori, tra cui quello della democrazia, uguaglianza, pace, giustizia e tanti altri ancora. In questo periodo si presagisce una crisi dell’egemonia borghese e prendono piede invece una serie di tentativi di rifondazione della politica attraverso le ideologie. Si sperimenta l’irruzione nella politica delle masse organizzate in partiti, tutte queste dinamiche politiche sono descrivibili come “crisi dello stato”. Ad un certo punto però emerge un autore che, attraverso un rapporto di natura dialettica, descrive la realtà così con me, in un’ottica totalmente oggettiva. Egli, attraverso l’intorno matematico, descrive ciò che più o meno è reale, e rappresenta la società del suo tempo (fine 800) le comunità, i gruppi, le masse, i singoli e le relazioni tra queste parti. Questo autore è Friedrich Nietzsche. Alla fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo, si assiste ad una crisi nella cieca fiducia moderna e razionalistica:  Del soggetto di dominare il mondo  Della storia di spiegare il corso degli eventi umani Le idee positiviste dell’800 non sembrano più capaci di dare un senso al mondo e all’agire umano. Le strutture sociali, politiche ed economiche che determinano la vita dell’individuo rivelano drammaticamente la loro artificialità, il loro essere solo rappresentazione, si rivelano improvvisamente maschere tragiche che nascondono la realtà nichilistica del mondo. Il progetto universalista dello Stato moderno rivela la sua origine artificiale e il suo essere fondato più che sui valori universali di libertà e uguaglianza, su dinamiche volontaristiche, di violenza e di forza. NIETZSCHE Egli vive intorno alle metà dell’800 un periodo di sconforto non solo personale ma anche generale, per Nietzsche la società rivolge ogni attenzione al denaro, perdendo la fraternità e i veri sentimenti e non essendo più solidale verso gli altri uomini. Egli ripropone i pensatori greci che avevano fondato tutto sull’istruzione e cultura e pensa che sia necessario rivedere le condizioni per arrivare a una vera verità; ovvero bisogna stabilire che cosa sia importante per l’uomo e cosa no e, in questo, cerca aiuto dallo stato. Egli riconosce un ruolo importante al cristianesimo poiché la religione aiuta l’uomo ad alzarsi dallo sconforto. Le strutture sociali, politiche ed economiche che determinano la vita dell’individuo rivelano la loro artificialità, si rivelano maschere tragiche che nascondono la realtà nichilistica del mondo. Nietzsche, infatti, descrive la realtà sociale del suo tempo come un volto tragico, celato, nascosto, mascherato. Con Nietzsche il nichilismo diviene la chiave interpretativa del moderno. Il nichilismo vuol dire nulla, esso è la condizione di mancanza, di nullità, di senso, che si fa strada nell’uomo quando le risponde al “perché?” della vita perdono la loro forza vincolante, diventando nulle. Ciò si verifica nel corso di un processo storico segnato dalla progressiva perdita di significato dei valori tradizionali: Dio (l’oggetto di salvezza), la verità (il logos, la metafisica), il bene (lo stato). Questo processo di svalutazione dei valori segna tutta la storia del pensiero europeo, che coincide pertanto con la storia della decadenza25. Nietzsche, attraverso il nichilismo, permette di azzerarsi, annullarsi per poi riemergere e superarsi. Stato Questa sua concezione nichilistica si manifesta nella sua idea di stato moderno. Egli, infatti, afferma che esso, dietro alla sua natura artificiale e il suo essere fondato su valori universali di libertà e uguaglianza, si celi e fondi su dinamiche volontaristiche di violenza e forza. Democrazia La democrazia in particolare, per Nietzsche, è sinonimo di mediocrità, di conformismo di massa e di spirito di risentimenti. Essa consiste nel dominio delle forme di vita più basse. La democrazia è la forma tipica di una civiltà “degli zeri sommati”, dove ogni zero ha “diritti uguali” e dov’è virtuoso “essere zero”. Nietzsche considera tutte le forme di governo del suo tempo come ugualmente democratiche, persino le monarchie sono costrette a sottomettersi al conformismo della società di massa. Tanto il suddito quanto il sovrano partecipano di quella medesima condizione di non libertà che traspare nell’imporsi di un tipo umano mediocre, lavoratore-consumatore, che Nietzsche chiamava “uomo del gregge”. (*Hegel) La democrazia e tutti i processi liberali e democratici che si volevano imporre hanno portato gli uomini alla mediocrità (richiamo a Tocqueville), questa mediocrità porta l’uomo a soffrire in maniera inconscia perché ogni uomo non si realizza come vorrebbe ma rimane un uomo mediocre. Ogni uomo deve invece far emergere la sua natura costruttiva che non lo fa diventare mediocre e, per questo, ricorre alla spiegazione per cui il tempo non è lineare e torna indietro a secoli precedenti. Nichilismo incompleto Il nichilismo incompleto è dunque l’emergere dell’evidenza del suo esser nulla. Tuttavia questa evidenza può essere vissuta o come disperazione e decadenza da parte di chi subisce il fallimento delle logiche razionalistiche, oppure come potenza, cioè come (accettazione) disincantato dire “si” alla radicale assenza di senso della vita. Nichilismo attivo – passivo Il nichilismo può essere, dunque, indice di debolezza o di forza. 25 Con la filosofia razionalistica greca inizia quella decadenza che Nietzsche trova compiuta nella contemporaneità: il nichilismo contemporaneo è il processo attraverso il quale questi valori si sono rivelati per quello che sono, finzioni e invenzioni. L’uomo di oggi, non potendo più fare assegnamento su valori supremi, finisce per avvertire il senso spaesante del vuoto e del nulla. In altri termini, di fronte ad una realtà che risulta disordinata e crudele -dunque dionisiaca- gli uomini hanno dovuto convincere sé stessi e i loro figli che il mondo è qualcosa di logico. In altre parole, la chiesa ha modificato i valori: ha creato 2 classi – il povero che pretende dal ricco e questo che è costretto a dare-. N. critica la morale cristiana perché fondata sulla NEGAZIONE DELLA VITA. Il cristianesimo è una religione che mantiene gli uomini nel senso di colpa (morale del risentimento- invidia nei poveri dei ricchi) = ne risulta un addomesticamento dell’uomo. MAX WEBER Weber è un sociologo tedesco e vuole analizzare lo sviluppo del capitalismo industriale per dare una risposta alla questione sociale. L’ETICA DEL PROTESTANTESIMO: in quest’opera, Weber afferma che i Paesi in cui il sistema produttivo è più sviluppato sono quei Paesi che hanno sostenuto la rivoluzione industriale, ovvero i Paesi protestanti. Qui vi è l’idea dell’uomo operoso che deve riscattarsi per avere la vita eterna, contrariamente ai Paesi di tradizione cristiana. Questa mentalità, nel tempo, si è sedimentata al punto da produrre il capitalismo. Gli uomini che si sono fatti da sé, quelli della classe capitalista, non guardano al guadagno personale come a una forma di arricchimento esclusivamente personale ma è visto come una forma mentis, il loro arricchimento influenza anche il resto della società civile. LE ORIGINI DEL CAPITALISMO: in quest’opera, Weber fa capire come questo processo influenza anche l’assetto politico, mettendo in relazione la riforma protestante, la rivoluzione industriale e lo stato liberale: per Weber, i paesi protestanti che hanno sostenuto l’imprenditorialità dell’individuo hanno poi voluto instaurare uno stato liberale, il cui obiettivo è quello di eliminare le diseguaglianze di partenza, tutelando però l’imprenditorialità e l’attività individuale. Weber afferma che è la riforma protestante che crea la borghesia. Il pensiero di Weber è volto ad arginare i disordini della questione sociale e il fiorire di comunismi e socialismi. La scoperta del capitalismo È un’esperienza concreta di indagine sul campo. Studiando le trasformazioni dell’agricoltura prussiana, infatti, egli ebbe modo di constatare come il tradizionale ceto nobiliare dei Junker si fosse ormai definitivamente trasformato in moderna classe di imprenditori capitalistici che avevano sostituito il mantenimento del proprio status con la ricerca del profitto. Nelle campagne orientali della Prussia Weber scoprì insomma il capitalismo, presentandosi ai suoi occhi come una potenza sovversiva e nichilistica: il capitalismo, infatti, sostituiva gli interessi e i legami personali tra datore di lavoro e lavoratori, con una mediazione oggettivo e astratto del salario. Un intero universo di valori tramontava, sotto la nascita di un processo di proletarizzazione che poneva le basi nelle campagne per “l’odio di classe”. Sovversivo e nichilistico, infatti, il capitalismo è per Weber una potenza oggettiva, destinata a dominare il presente e il futuro con modalità ai cui condizionamenti non è possibile sottrarsi. Religione e capitalismo Weber scrive “l’etica protestante e lo spirito del capitalismo” dove analizza il rapporto esistente tra religione ed economia. In quest’opera, egli sostiene la tesi per cui la dottrina della predestinazione, divulgata dal protestantesimo, avrebbe originato nel credente il bisogno psicologico di trovare conferme della propria elezione. Il calvinismo ha risposto a questa esigenza, dirigendo il credente verso un sistematico disciplinamento dei propri impulsi attraverso il lavoro e l’economia (ascesi intramondana), contribuendo allo sviluppo dell’economia capitalistica in occidente. Più si ha successo nella vita terrena, più si è predestinati nelle grazie divine. La ricchezza viene dunque vista come un segno di benevolenza divina e non come qualcosa di cui sentirsi in colpa, vergognarsi o angosciarsi. Il denaro non è visto come un’esigenza materialistica e superficiale, ma corrisponde ad una filosofia morale. Dunque, secondo Weber, è la mentalità, le consuetudini, le idee e l’etica protestanti hanno contribuito allo sviluppo del capitalismo nella società occidentale. Weber basa questa sua considerazione su diverse osservazioni: 1. Dopo la riforma calvinista, il centro economico d’Europa si sposta dalle nazioni cattoliche quali la Francia, Spagna e l’Italia, a nazioni protestanti, quali l’Olanda, l’Inghilterra, la Scozia e la Germania. 2. Le società che contano un maggior numero di protestanti sono quelle che possiedono un’economia capitalistica più sviluppata. 3. Nelle società con differenti religioni, gli individui e le famiglie di maggior successo dal punto di vista finanziario, sono solitamente di religione protestante. Basandosi sullo stretto rapporto individuato tra economia e religioni, Weber affermò che fu la religione cattolica a distruggere e rovinare l’economia occidentale, così come il confucianesimo e il buddismo quella orientale. La religione cattolica, infatti, si basa sul rigetto dei beni terreni, in quanto vi è solo una vera vita: quella oltremondana. La religione buddista sottolinea l’importanza di una vita spirituale, sminuendo tutto ciò che è materiale. Il confucianesimo sottolinea l’importanza di una vita basata sulla ricerca e l’intelletto, l’accumulazione della ricchezza viene considerata indecorosa. La razionalizzazione e il disincanto La razionalizzazione ha causato sì un aumento della conoscenza e al progresso della società, ma ha anche causato la disumanizzazione degli individui stessi, riducendoli a ingranaggi di una macchina, e limitando la loro libertà imprigionandoli nella gabbia di ferro della burocrazia e della razionalità. Di pari passo vi è il processo di disincanto. Dal magico si è approdati nelle religioni politeiste, poi a quelle monoteiste e infine nella fede nella scienza della modernità priva di Dio, dove tutto è spiegato razionalmente e scientificamente, non c’è più spazio per il misticismo. La soggettività borghese presente alle origini del capitalismo viene progressivamente inglobata e nullificata dal capitalismo stesso in una gabbia d’acciaio, lasciando sempre meno spazio all’individualismo. Quindi, ben si comprende come, l’intero pensiero di Weber sia dominato da una domanda di fondo sul destino della borghesia. In termini politici questa domanda si traduce nel timore che i valori classici dell’illuminismo e del liberalismo si mostrino inconsistenti di fronte alle tendenze tecniche dominanti nel presente, che stringono l’impresa capitalistica e lo Stato moderno nella burocratizzazione universale. Pensiero politico Il documento più importante del pensiero politico giovanile di Weber è “lo stato nazionale e la politica economica tedesca”. In quest’opera troviamo il suo concetto di Stato Nazionale, il quale deve essere in grado di portare al guinzaglio e subordinare l’economia politica. I problemi che Weber si pone in questo periodo sono:  Da una parte, quello della composizione sociale della nazione tedesca. Decisiva, sotto questo profilo, è l’analisi della trasformazione dei Junker, i quali occupavano gli alti gradi dell’esercito e i posti di responsabilità dell’amministrazione. L’affermazione del capitalismo nelle campagne pone in crisi, secondo Weber, il ruolo dei Junker; e la diffusione del capitalismo apre l’esigenza di un rinnovamento della classe dirigente, per far sì che il secondo Reich possa ambire a partecipare alla lotta per la potenza politica mondiale: emergeva dunque la necessità di un enorme lavoro di educazione politica.  dall’altra, al primo collegato, quello del compimento del processo di unificazione nazionale tedesca. Durante la Prima guerra mondiale, Weber si offre come volontario di lavorare nell’ospedale militare di Heidelberg. Le sue idee sulla guerra e sull’espansione dell’impero Germanico cambiano durante il conflitto. Dapprima sostenitore della retorica nazionalista che considera la guerra una necessità al fine di far guadagnare alla Germania lo status di grande potenza, diviene successivamente uno dei maggiori critici contro l’espansionismo tedesco. Appoggerà le battaglie sul suffragio universale, delle riforme costituzionali e della democratizzazione del paese. Nasce in Weber, quindi, la convinzione di “un’unificazione sociale della nazione” che può avvenire solo tramite la democraticizzatine del paese. Dopo la guerra, Weber lavorerà nella delegazione tedesca alla conferenza di pace di Parigi come consulente per il comitato che scriverà la costituzione di Weimar. Weber affermerà che è essenziale una forte figura di presidente eletto dal popolo, che si contrappone al potere dei burocrati. In maniera abbastanza controversa egli affermerà anche la necessità di prevedere poteri presidenziali d’emergenza. Stratificazione sociale Al contrario di Marx, il quale affermava che vi erano solo due classi sociali differenziate da ciò che esse possedevano, Weber stratifica la società in tre parti: 1. La classe, basato sulla posizione che l’individuo ha all’interno della società, in base alle sue capacità, conoscenze, specializzazioni e alla sua posizione all’interno del mercato del lavoro. 2. Lo status sociale, basato sull’ onore, prestigio e religione. ELITISTI Nel 900 emerge la corrente politica degli elitisti: essi sono politologi e fra i più importanti troviamo Mosca, Pareto e Michels. Essi vogliono studiare la realtà attraverso un approccio scientifico, ovvero vogliono unire i fenomeni politici alla statistica fondandosi sull’analisi degli andamenti politici del momento. Per elitismo intendiamo una corrente di pensiero che vuole riconoscere una classe politica superiore rispetto al resto della società e della politica, una élite, appunto. Essi partono dalla divisione della società tra minoranza di governanti (che detiene il potere, e gran parte delle risorse potestative) e una maggioranza di governati. La novità rilevante consiste nel fatto che, in questo periodo, tale orientamento ritiene (scientificamente appunto e in base all’osservazione oggettiva) di desumere dalla storia leggi immutabili valide per ogni forma di aggregazione politica. Critica: va a sostenere la destra e l’approccio totalitario Gaetano MOSCA Per MOSCA la politica va osservata oggettivamente: essa ha più funzioni e ruoli; quelle decisionali, gestionali e organizzative dello stato appartengono alle élites. Inoltre, la politica, non ha un’organizzazione paritaria, ma all’interno della classe politica vi è una classe di governanti, una élite. Anche perché la pluralità di partiti che hanno una propria organizzazione e identità richiede la presenza di una classe dirigente che riesca a prendere delle decisioni rispetto al resto dei partiti. Gli elitisti criticano aspramente la sinistra e anche i comunisti criticheranno, da parte loro, gli elitisti, poiché per i comunisti gli elitisti vanno a supportare la destra storica e un sistema totalitario. Mosca, quindi, parla di una classe politica con funzioni politiche, all’interno della quale vi è una classe dirigente con funzioni manageriali. Nella storia la classe politica si è formata con regolarità: quando è prevalsa la classe aristocratica, abbiamo avuto una classe politica più gerarchizzata, quando, invece, è prevalsa la classe politica più democratica, abbiamo avuto una classe politica più aperta ai cambiamenti. La dottrina di Mosca si basa anche sul tipo di trasmissione dell’autorità: come fa la classe dirigente a gestire la politica e la società? il metodo cambia nel tempo e abbiamo 4 tipi ideali di organizzazione: 1. Autocratico - aristocratico: società gerarchizzata che pone al culmine della gerarchia un’autorità massima 2. Autocratico - liberale: all’interno dell’organizzazione sociale si prevede una forma di partecipazione politica 3. Autocratico - democratico: vi è una tendenza a modificare la classe politica, che, una volta modificata, tenderà di nuovo a un sistema organizzativo gerarchico 4. Liberale - democratico: qui cadono i contrasti sociali e si ha una società inclusiva Per Mosca, il sistema politico che dovrebbe essere raggiunto è il 4° modello organizzativo. Funzione del Parlamento: Mosca parte dall’analisi del comportamento dei parlamentari durante la Rivoluzione inglese. Mosca crede al fatto che bisogna recuperare una coscienza delle masse ma vuole portare alla luce i rischi dell’esagerata funzione del Parlamento. Rappresentare in Parlamento le istanze della maggioranza può portare a rivolte se la classe manageriale non riesce a esercitare a pieno le sue funzioni, così come è successo in Inghilterra. Quindi, è necessaria la partecipazione equilibrata di nuove forze sociali: il Parlamento ha una funzione importante, ma deve essere inclusivo e deve portare il dibattito anche fuori dall’aula parlamentare. Questo serve a non creare una forza coercitiva nel Parlamento che potrebbe essere pericolosa. Mosca auspica un ritorno al Costituzionalismo, dove, appunto, a essere SOVRANA è il testo della Costituzione rispetto ai cittadini e rispetto alla classe politica. Tuttavia, dice Mosca, ultimamente il Parlamentarismo ha svuotato il senso della Costituzione perché molte leggi discusse in Parlamento vanno oltre i principi costituzionali e questo è conseguenza di un’eccessiva richiesta del suffragio universale: per Mosca non è indispensabile il suffragio universale perché svuoterebbe il Parlamento della sua funzione, in quanto bastano i rappresentanti per rappresentare i cittadini. Vilfredo PARETO PARETO riprende la dottrina politica di Mosca, teorizza la teoria dei residui: parte da uno studio sulle diseguaglianze sociali e pensa che sia necessario comprendere che all’interno della classe politica devono esserci soggetti politici che appartengano a classi inferiori e superiori, per creare una mobilità politica che influenzi la società e elimini la diseguaglianza. Questo perché per Pareto è impossibile che un politico ricco riesca a capire quali sono i bisogni dei poveri, per poterli rappresentare. Pensa a 6 classi di residui, ma ne prende in considerazione solo 2:  Classe 1: istinto delle combinazioni; questa vuole il cambiamento ed è formata da uomini che provengono da strati sociali inferiori,  Classe 2: persistenza degli aggregati; è espressione di sentimenti conservatori (non aperta al cambiamento) È necessario all’interno di queste classi andare a stabilire degli equilibri: il passaggio dalla classe 1 alla 2 presuppone che all’interno della classe 1 rimangano esponenti della classe 2 e viceversa; quei residui rappresentano l’equilibrio. Da questo si evince la teoria della circolazione delle élite – che descrive non solamente gli spostamenti “orizzontali” all’interno della classe eletta di governo, ma anche alla dimensione “verticale” che favorisce l’innalzamento di individui meritevoli appartenenti a classi inferiori e il declassamento di coloro che non hanno qualità per restare a far parte dell’élite Pareto ripropone la visione ciclica della storia: all’interno dei periodi storici in cui si assiste a una forma di prosperità e di pace c’è stato un equilibrio di forze politiche; quindi raggiungere un equilibrio fra forze politiche garantisce la mobilità sociale. Roberto MICHELS Ogni organizzazione richiede la presenza di una leadership in grado di gestire il processo decisionale con efficacia. Formula la cosiddetta “legge ferrea dell’oligarchia”: in cui si evince che la democrazia nella sua organizzazione è oligarchica, quindi propone l’elitismo come forma di compromesso con il pluralismo, dal momento che la democrazia viene concepita in termini di competizione fra oligarchie. MARXISMO -metà Ott ocento, inizi Novecento- Il marxismo rappresenta una delle principali ideologie del XX secolo e che subisce (1900-1920) una profonda trasformazione del quadro teorico tradizionale e nel suo assunto di fondo, ossia nella fiducia che la rivoluzione fosse un esito necessario e inevitabile della collocazione del proletariato nella società capitalistica. La rivoluzione, in questo periodo, assume il significato di un’azione politica volontaria e per nulla affidata ad automatismi storico-dialettici (anche se su questo punto vi è una polemica sul soggetto di questa azione fra quanti lo vedono nel proletariato e quanti invece lo collocano nel partito) Tra i principali protagonisti di tale corrente rientrano Luxemburg, Sorel, Lenin. Rosa LUXEMBURG TEDESCA ha contribuito ad affrontare il diffondersi dei nazionalismi e degli imperialismi, accanto ai disordini operai. È una marxista ortodossa ed è interessata all’importanza della coscienza delle masse, considerato come unico modo per fare la rivoluzione. per rivoluzione intendiamo una rottura dello status quo e un rivolgimento delle cose. Il fine di questa rivoluzione è un fine pacifista e per raggiungere questo equilibrio e questa pace è necessario un momento di rottura che può avere successo solo se le masse hanno coscienza di quello che valgono e di quello che fanno. Georges SOREL francese è uno dei primi autori a parlare dell’importanza del sindacato e analizza la necessaria presenza delle corporazioni all’interno della società, ovvero vere e proprie corporazioni che possono anche porsi in maniera conflittuale. Egli è un ispiratore del sindacalismo rivoluzionario e pensa che gli uomini abbiano bisogno della rivoluzione violenta, vista come un mito; l’uomo si sente incompleto e tende alla completezza attraverso l’atto rivoluzionario. Sorel sarà ripreso da Mussolini, che inizialmente apparteneva al partito socialista e giustificherà le violenze del fascismo proprio appoggiandosi sulla dottrina del sindacalismo rivoluzionario. Ancora, riprenderà da Sorel anche il fattore delle corporazioni, infatti, all’interno del fascismo avremo molte corporazioni come i fasci di combattimento. Nikolaj LENIN leader del partito bolscevico in Russia - vuole l’eliminazione dei privilegi zaristi e dell’aristocrazia. Lenin, quando diventa il leader del partito, si presenta alla Russia come un intellettuale che riesce a coinvolgere e a innalzare le masse. Il partito bolscevico vuole la rivoluzione sanguinosa e riuscirà a raggiungere tutti i leader di sinistra europei. In Europa era il periodo della prima guerra mondiale e la rivoluzione russa era vista come una soluzione; per gli stati europei, che dovevano riorganizzarsi politicamente, economicamente e socialmente, la rivoluzione russa rappresenta un modello per uscire dalla crisi della prima guerra mondiale. Dall’altra parte, però, c’era chi vedeva la rivoluzione come un fattore negativo e iniziano a sorgere, in maniera parallela, i marxisti, i rivoluzionari e i nazionalisti, e i sovranisti e i conservatori, ovvero i fascisti. Quindi i movimenti totalitari vanno di pari passo con il marxismo. Lenin, quindi, si mette al comando di una Russia organizzata in contadini e aristocratici, questi ultimi perdono poi tutti i privilegi. Mosca diventa capitale del partito comunista. Prima di salire al potere, Lenin scrive ‘’Stato e rivoluzione’’ 1917, che rappresenta il Lenin marxista ortodosso, che vuole la rivoluzione e la dittatura del ARENDT Pensatrice ebreo-tedesca che critica il liberalismo moderno e i totalitarismi. Si contrappone ai pensatori del suo tempo dal momento che prende le distanze dalla ricerca di una filosofia politica aperta alla trascendenza e si concentra sul recupero di una politica intesa in forma pragmatica come azione collettiva. La sua opera principale è Le Origini del Totalitarismo, 1951, che inaugura la riflessione post-bellica sui totalitarismi. II concetto di totalitarismo secondo la Arendt ha due caratteristiche principali:  II concetto non ha base economica o di classe, ma politica, quindi abbraccia il totalitarismo di destra (fascismo e nazismo) come il comunismo dell'estrema sinistra.  Il totalitarismo è un regime tutto nuovo, estraneo alla tradizionale teoria dei regimi politici (non è tirannide né dispotismo). L'opera si divide in 3 parti: Parte I: dedicata all'antisemitismo; sostiene che l'ebraismo è da sempre segno di contraddizione per lo stato moderno. La storia ha sempre visto gli ebrei poco considerati, considerati diversi, ghettizzati, fino all'apice dell'olocausto. Arendt si serve di questa analisi per confermare che Io stato totalitario moderno, dunque, presenta costanti dinamiche di esclusione, contraddittorie rispetto all'ideale universalità della cittadinanza. Parte Il: dedicata all'imperialismo; il fenomeno dell'imperialismo è principalmente dovuto alla ricerca di nuovi mercati e di una nuova forma di ricambio economico, dopo le crisi che hanno caratterizzato fine Ottocento e gli anni '30 del Novecento. L'imperialismo viene considerata una sorta di debolezza dello stato, costretto a muoversi per sopravvivere Parte III: il totalitarismo ha come causa scatenante la Prima guerra mondiale e la disgregazione 4 politico- sociale che essa ha provocato. La nascita delle masse e la loro lotta verso l'abolizione dello status quo ha generato un costante malcontento, al quale si risponde con un'organizzazione totalitarista per riguadagnare innanzitutto l'ordine e successivamente, tramite il potentissimo mezzo della propaganda, soddisfare le due esigenze caratteristiche di questo regime: volontà di potenza e illusione di onnipotenza, con una continua mobilitazione delle masse nel tentativo di costruire una nuova realtà FASCISMO Fascismo e nazismo fanno la loro comparsa in Europa quando la dissoluzione della politica dello Stato liberale e costituzionale danno origine a tendenze radicalmente ostili nei confronti delle classi dirigenti e dello Stato. Per molti versi la loro vera incubatrice è la Prima guerra mondiale, con le dinamiche estreme e sovvertitrici che in essa si realizzano dunque tanto il fascismo quanto il nazismo non derivano le proprie motivazioni da organiche premesse dottrinali. In generale la dottrina fascista è strutturalmente contraddittoria, in quanto incorpora concezioni disomogenee di pensiero, e quindi può accogliere elementi tra loro incompatibili (una tendenza repubblicana ed una eversiva e una monarchica e conservatrice; l’aspirazione ad un socialismo nazionale e un nazionalismo privo di contenuti sociali). È il nazionalismo italiano a fornire al fascismo originario buona parte del suo corpus dottrinale: mito della nazione, lotta delle nazioni povere contro quelle plutocratiche, richiamo alla romanità imperiale, visione irrazionale e vitalistica dell’esistenza, esaltazione dello Stato potenza come suprema autorità. Ma la differenza tra fascismo e nazionalismo è che, il primo può esistere esclusivamente grazie alla mobilitazione delle masse, il secondo fu un fenomeno quasi del tutto borghese o aristocratico. Proprio per questo motivo il fascismo è una politica demagogicamente aperta alla dimensione sociale, e per questo ebbe un certo successo. Anche se il fascismo coltiva la retorica dei valori tradizionali della nazione, non è un movimento tradizionalista. Egli, infatti non solo non si richiama alle istituzioni consolidate dell’ordine conservatore (Stato e Chiesa), ma cerca anzi deliberatamente di sostituirle appellandosi a principi tutt’altro che tradizionali: • una leadership fondata sul culto carismatico del capo, legittimato dal consenso di massa e da rituali; • il monopolio della rappresentanza politica da parte di un partito unico di massa, organizzato gerarchicamente; • il tentativo di incorporare totalitariamente nelle strutture di controllo del partito e dello Stato tutto l’insieme dei rapporti economici, sociali, politici e culturali. Almeno inizialmente, i fascisti si considerano come rivoluzionari della controrivoluzione. Ciò appare evidente in molti aspetti del Programma dei fasci di combattimento (1919), il quale contiene richieste per certi aspetti “democratiche”. Dunque, la formulazione ideologica del fascismo presenta, almeno negli anni della sua incubazione, un nucleo di tendenze rivoluzionarie che sembra basarsi su un programma di trasformazioni economiche e sociali, come: Dal punto di vista politico: • il suffragio universale a scrutinio di lista regionale; • la rappresentanza proporzionale; • il voto attivo e passivo per le donne; • la convocazione di un’assemblea nazionale demandata a stabilire la forma costituzionale dello Stato; • la rappresentanza degli interessi; - la riduzione dell’esercito a milizia nazionale e a scopi unicamente difensivi Dal punto di vista sociale: • le otto ore lavorative; • salari minimi garantiti; • la partecipazione dei lavoratori alla vita delle aziende; • la concessione della gestione delle industrie e servizi pubblici ad organizzazioni operaie. Dal punto di vista finanziario: • l’introduzione di un’imposta fortemente progressiva sul capitale; - la revisione dei contratti di forniture di guerra; • il sequestro dell’85% dei profitti di guerra. Solo dopo l’avvento al potere, il fascismo, divenuto regime, provvede a dotarsi di un complesso dottrinale in grado di fondare la propria legittimità politica e storica su di un compiuto sistema ideologico. Non è la nazione che genera lo Stato, ma È LO STATO, in quanto espressione di una volontà etica universale, CHE CREA LA NAZIONE, conferendo volontà e pertanto vita morale ad un popolo diventato consapevole della propria missione universale. Il fascismo, attraverso la mediazione filosofica di Giovanni Gentile, adatta ai propri scopi il concetto di Stato etico, proiettandovi i tratti autoritari e antiliberali che vi aveva attribuito il nazionalismo. Il partito unico e la corporazione costituiscono gli strumenti atti a realizzare la fusione tra il popolo e lo Stato. Il partito fascista, subordinato allo Stato, è basato sul culto del capo carismatico: • a cui viene conferito il monopolio della rappresentanza politica; • rappresenta la struttura di mediazione tra l’élite governante e le masse, ormai subordinate agli obiettivi degli interessi nazionali e inquadrate in imponenti rituali di partecipazione simbolica alla politica. Al partito vengono conferite due differenti funzioni: • assicurare allo Stato il consenso “volontario” del popolo; • selezionare gli elementi migliori della “schiatta” italica, ai quali spetta il compito di trasferire nel mondo la civiltà della romanità imperiale. NAZISMO Come il fascismo, anche il nazismo non scaturisce da un corpo unitario di pensiero, ma è piuttosto un amalgama di idee e principi derivati da fonti disparate. Il nazismo a differenza del fascismo: 1. è una forma politica totalitaria e non solo autoritaria; 2. è caratterizzato da una più accentuata rottura della tradizione storica e intellettuale della modernità, cui sostituisce un passato inventato o deformato a scopi propagandistici; 3. è caratterizzato da un’accentuazione del ruolo mobilitante dell’ideologia; 4. è caratterizzato da un delirio di onnipotenza orientato alla formazione dell’uomo nuovo; 5. si basa su un rapporto differente tra Stato e partito: mentre il fascismo-regime subordina il partito agli interessi dello Stato, il nazismo tende a sovrapporre il partito allo Stato. Nel nazismo, dunque, la politica si trova nel partito e non nello stato. Lo stato è solo uno strumento il cui fine è la conservazione dell’esistenza razziale dei tedeschi. Inizialmente il nazionalsocialismo è una forza minoritaria nella società tedesca, è solo con la grande crisi del ’29 che il nazismo inizia quell’ascesa che lo porta a conquistare la maggioranza nelle elezioni del ’32. Il totalitarismo nazista si configura come un regime di perenne mobilitazione distruttiva della società da parte di un potere politico-partitico del tutto arbitrario, che opera secondo logiche di esclusione piuttosto che di inclusione, e secondo modalità non di tutela, ma di nemici oggettivi, avendo come obiettivo la costruzione dell’uomo nuovo. Il nazismo attua così una profonda censura nello stato di diritto. Nell’ideologia della razza, il nazismo manifesta un’esigenza di concretezza che non viene rinvenuta nella storia, ma nel Blut (sangue) e nel Boden (suolo), e cioè in qualcosa di originario e primitivo, che pone la carne, la terra, l’eredità biologica al posto della lingua, della religione o della tradizione. La fonte principale dell’ideologia nazista è il Mein Kampf di Adolf Hitler, nel quale si ritrovano i principi che trovarono conseguente realizzazione nel regime nazista. I punti centrali dell’opera sono: • Lo Stato per Hitler è Volkstaat (Stato di popolo). Lo Stato è solo lo strumento tecnico per raggiungere e conservare l’unità razziale tedesca, mentre il Partito nazista ne interpreta la volontà politica profonda. L’idea del popolo, dello Stato e del Partito, sono collocati all’interno di una visione del mondo, fortemente improntata a un rozzo darwinismo storico e politico, che vede nella storia e nella natura, del tutto equiparate, null’altro che la lotta mortale della civiltà a base etnico-razziale. Quindi compito del nazismo è quello di realizzare una rinascita razziale della Germania, per assicurare al popolo tedesco il Lebensraum (lo spazio vitale) in cui realizzare l’impero razziale germanico, che comprende sia l’eliminazione degli ebrei (attraverso l’Olocausto), sia la sottomissione dell’elemento non tedesco, soprattutto slavo (razza inferiore). • Il Fuhrerprinzip: è il principio di funzionamento del sistema politico nazista. È l’idea di un solo capo, che concentra in sé tutti i poteri, legislativo, esecutivo e giudiziario, in quanto incarna l’essenza storica e il destino del popolo. È un sistema ideologico e organizzativo che consiste nel fatto che ogni livello o istanza è gestito da un uomo solo, un capo che non deve prendere in considerazione i pareri e le volontà dei sottoposti, ma che se ne assume in pieno la responsabilità. Si configura come l’unica istanza unificante degli innumerevoli corpi, tribunali, istanze, polizie. • L’antisemitismo non è uno strumento del totalitarismo tedesco, ma la sua vera essenza. Esso è soprattutto, una personale ossessione di Hitler, il quale la trasforma in una volontà di sterminio che è anche l’obiettivo finale del nazismo, ancor più importante dell’espansionismo. La razza ebraica, infatti, è per Hitler non tanto una “razza inferiore”, quanto una “razza non umana” e pericolosissima, l’unica di cui gli ariani debbano avere timore perché la razza ebraica contende a loro il dominio del mondo attraverso un subdolo avvelenamento del sangue e della forza vitale degli ariani. In questa concezione si ritrova in pieno la forma del nichilismo compiuto: l’idea che l’umanità non sia un’unità, che non esista alcuna forma possibile di comunicazione razionale capace di coinvolgere tutti gli uomini, ma solo cieca, naturale e automatica distruzione. COMUNISMO SOVIETICO Si deve a Lenin la costruzione del potere del partito comunista, che divenne totalitario quando, verso la fine degli anni ’20, esso cadde interamente nelle mani del suo successore: Stalin. Egli stravolse le istituzioni e gli strumenti, creati da Lenin con finalità emancipatorie, ai fini di una politica interna dispotica e di una politica estera di potenza. Negli anni della sua introduzione e consolidamento, il sistema staliniano aveva incontrato l’opposizione di alcune delle figure di maggiore rilievo della Rivoluzione d’ottobre, come: