Scarica Riassunto manuale Galli "Il Pensiero Politico Moderno" e più Sbobinature in PDF di Storia Delle Dottrine Politiche solo su Docsity! 1 Il Pensiero Politico Moderno Di Carlo Galli Parte prima – il mondo moderno e le sue forme CAPITOLO 1 – Agli inizi della politica moderna: Machiavelli Machiavelli apre il campo della politica all’agire umano che vuole impadronirsi del mondo e afferma così una nuova precettistica di governo e un’inedita autonomia della politica. La politica non viene più dedotta ma prodotta da una prassi che fa i conti con la realtà, con il conflitto e con le contingenze, inoltre non riconosce i limiti alla propria libertà, alla propria potenza e alle proprie logiche —> tratto rivoluzionario di Machiavelli FORTUNA = mantiene il significato latino, ovvero assenza di un ordine naturale. Questo manifesta la sua idea che la storia non segue il disegno provvidenziale cristiano. L’unico modo per dare senso a questo caos è l’agire politico virtuoso. Questo consente all’uomo di uscire dal suo egoismo e di compiere gesta che aspirano alla gloria, la cui ricerca è fondamentale. Il più grande modello di questo tipo di virtù è Roma. Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio Sono un commento in 11 volumi dell’opera di Tito Livio Ab Urbe Condita per costruire una soluzione ai problemi che infliggono la Repubblica fiorentina. I problemi del presente entrano dei “discorsi” attraverso due vie: 1. Rappresentata dalla riflessione sulla crisi della repubblica romana; 2. Costituita dalla tensione tra esemplarità degli antichi e la tesi della loro inattualità. Emerge la necessità di utilizzare “modi cattivi” (non consoni) per trattenere una civiltà dal baratro, questo perché l’INSTABILITÀ è il problema centrale. Dietro ad ogni differente forma politica (pluralità di forme politiche) c’è un umore, ovvero un principio politico primario, Machiavelli nota che dietro ad ogni forma politica pura c’è una conseguente degenerazione, così avviene che al principato (buono) si sostituisce la tirannia (cattiva). In seguito, il tiranno viene sconfitto ma gli ottimati che hanno prima ottenuto la vittoria diventano poi oligarchi, questi vengono poi abbattuti dalla repubblica popolare che diventa licenziosa ed è di nuovo pronta a essere governata da un principe nuovo —> visione ciclica della storia delle forme politiche. Il realismo politico di Machiavelli lo porta dunque a concepire la politica come un campo di forze aperte allo scontro e alla formazione di egemonie —> In questo contesto il movimento circolare delle forme politiche di uno Stato viene proiettato sullo scenario internazionale dove gli stati confinanti non sono semplici spettatori delle sue crisi istituzionali, ma agenti politici propensi ad approfittare del suo travaglio per realizzare la propria POTENZA —> sostanza e obbiettivo della politica per Machiavelli. Poiché gli umori dello stato puro danno vita a forme politiche instabili, Machiavelli suggerisce un assetto politico misto che risponde al tentativo di interrompere il ciclo delle transizioni. Roma rappresenta questo tipo di ordinamento (opponeva al potere dell’assemblea e del parlamento quello dei tribuni della plebe), l’autore assegna al conflitto interno fra patrizi e plebei, un valore positivo poiché è il motore della vita politica: l’interesse e i desideri della plebe erano naturalmente compatibili con il diritto e con la libertà di tutti e questo consentì l’espansione militare di Roma. Inoltre Machiavelli apprezza la scelta del tribunato della plebe perché preferisce una repubblica rivolta a ingrandirsi militarmente. Data questa scelta politica, il popolo deve dunque essere armato ma proprio per questo risulta difficile da manipolare e può far nascere tumulti; di contro disarmare il popolo equivale a eliminare la potenza militare della repubblica. 2 Un organismo politico che vuole conservarsi sano deve incanalare le proprie energie entro meccanismi istituzionali che possano impedire la contesa privata. L’unità della forma politica è un bene e non soltanto a livello costituzionale ma anche religioso che per i Romani ebbe significato civile poiché tutelava la sacralità dei giuramenti, dei patti dei privati e dell’intangibilità delle leggi. Machiavelli ha verso la religione un atteggiamento strumentale, facendola utilizzare dalla politica per indurre il popolo all’obbedienza. La corruzione è l’insorgere della malattia nel corpo politico, è la ricerca del bene di una parte e non della totalità dei cittadini, nel caso specifico di Roma è stata la rottura dell’uguaglianza dei cittadini —> crisi della libertà. Per risolvere la questione, l’uomo politico non può che diventare violento e malvagio perché è impossibile mantenere una repubblica in tempi corrotti, si dovrà aspettare che gli sconvolgimenti naturali della struttura sociale si traducano in termini politici (realismo). La repubblica è più capace di durata e di espansione di un principato. Alla modernità manca una religione pubblica, la religione cristiana deprime l’amore per la libertà e per la grandezza facendosi portatrice di umiltà e passività: il cristianesimo ha reso un mondo di privati, la spinta alla libertà è stata sostituita dall’amore per l’arricchimento. Cuore della politica: buoni soldati, buone leggi, buoni ordini. Il principe Ha il fine di liberare l’Italia dai barbari e di salvare un organismo politico in cui è entrata la corruzione. In questo scritto appare il termine Stato con l’accezione moderna. Il principato a cui fa riferimento Machiavelli è quello nuovo (quindi non quello ereditato) e in particolare l’autore pensa a quello costruito dal duca Valentino, figlio del papa Borgia in cui tutta la virtù è concentrata nella figura di un uomo. 1. Governo politico: rivolto alla potenza e alla gloria della città; 2. Governo tirannico: rivolto a un interesse personale del governatore. Si condanna l’uso delle milizie mercenarie e si raccomandano le armi proprie: i cittadini in questo modo sentono la partecipazione politica. L’etica cristiana resta valida ma la politica si sottrae ad essa perché si fonda su un’etica mondana in cui il bene è il successo del principe ossia la potenza dello Stato. La potenza e il successo costituiscono la grammatica della politica e il principe deve farsi volpe e leone a seconda di cosa richiede il momento. Il principe è destinato alla perdita dell’anima perché entrare nel male è necessario nel tentativo di affrontare il disordine degli eventi e della fortuna. Si diventa principe con l’appoggio dei Grandi o del popolo e l’origine non è indifferente alla gestione del Principato: l’appoggio dei Grandi non consente di maneggiarli a piacimento e non permette di soddisfarli onestamente perché chiederanno di comandare e opprimere il Popolo. L’invito che Machiavelli fa al Principe è quindi quello di avere il popolo amico, in questo modo non dovrà temerlo e potrà armarlo senza preoccupazioni. Le istorie fiorentine Machiavelli si interroga sui motivi della decadenza della repubblica nella sua città. A Firenze le divisioni private crescevano esponenzialmente e queste erano negative, al contrario di quelle sul terreno politico che invece erano virtuose. 5 Avviene un riconoscimento dell’assoluta onnipotenza divina e di un totale assoggettamento al volere e alla provvidenza di Dio. Tesi tipicamente calvinistiche: imperscrutabilità del disegno divino e ricerca del successo mondano come certificazione della grazia ricevuta, non per il raggiungimento della salvezza (tratto in comune con Lutero). L’agire umano non produce e non merita la salvezza, ma è in grado di dimostrare che il singolo è assistito dalla grazia di Dio. Da questo pensiero deriva l’etica sociale —> atteggiamento operoso e caritatevole con cui l’individuo organizza la propria vita e il suo lavoro che è anche la sua vocazione terrena. In comune con Calvino ha anche un’ampia critica alla Chiesa gerarchica romana; non ci sono vescovi ma solo pastori incaricati della funzione di predicare il verbo. Quest’ultimi vengono eletti —> elementi di democrazia bilanciati da una forte teoria dell’obbedienza all’autorità. Calvino accoglie la duplicità di piani nei quali si svolge la vita dell’uomo: quello spirituale e quello politico ma i magistrati operano in uno Stato cristiano avendo il fine di tutelare i valori spirituali. Stato = deve garantire e mantenere il servizio di Dio nella sua forma esteriore, la pura dottrina, la religione, custodire la chiesa nella condizione della sua integrità. Tutto ciò rende Ginevra una teocrazia austera e molto spesso intollerante. IL compito del potere civile è di tutelare la tranquillità pubblica e di costringere all’onestà —> Dovere di obbedienza! Calvino pone dunque il limite all’obbedienza e al rispetto delle norme morali e religiose: è prevista una disobbedienza passiva in caso di ordini iniqui, da qui la teoria dell’autogoverno dei giusti. CAPITOLO 3 - Sviluppi della politica in Inghilterra - Costituzionalismo e repubblicanesimo Il costituzionalismo medievale Il mondo feudale riesce a dare più peso al popolo; infatti, la cessione da parte del popolo dei propri diritti al re è visto solo come un affidamento temporaneo e risulta popolare poiché è pattizio (ambito germanico). Questo fu favorevole allo svilupparsi del costituzionalismo medievale in cui la legge non era mai in pieno possesso del legislatore ma era concepita più come giustizia e non come comando. Inoltre, il medioevo è caratterizzato dall’assenza dello Stato e dalla presenza di un diritto che è espressione della società e della molteplicità degli ordinamenti in essa presenti. Il carattere negoziale e pattizio del diritto e della libertà inteso come privilegio accordato a collettività e a città emerge nella Magna Charta libertatum concessa dal re Giovanni Senza Terra ai baroni nel 1215 in cui si sottraeva ai singoli l’attività normativa. HENRY DE BRACTON Fu un giurista inglese che rese sistematiche le idee presentate nella Magna Charta scrivendo un’enciclopedia del diritto in cui legge e consuetudine coincidono, la cosiddetta common law inglese —> le leggi non possono essere né mutate né abolite senza il comune consenso di coloro che le approvarono e la molteplicità dei soggetti che le promulgano immette un’istanza pluralistica all’interno della formazione, impedendone una manipolazione. Il re non deve essere sottoposto agli uomini ma a Dio e alla legge perché è la legge che fa i re: quello che fa, di un re un re, è il reggere il regno secondo diritto e non il semplice regnare. Il re è legittimato alla funzione di amministrare la giustizia. Bracton individua due sfere: - Gubernaculum —> il sovrano non è sottoposto e non è sottoponibile a un’istanza superiore; - Iurisdictio —> il potere del sovrano è limitato dal diritto e dall’equità. 6 JOHN FORTESCUE Egli distingue l’origine della legge nei due tipi di forma politica: • Nel dominium regale (quello del re di Francia) c’è coincidenza tra legge e volontà del sovrano, che è tendenzialmente tirannico. • Nel dominium regale et politicum la volontà dei cittadini riveste un ruolo molto importante. Fortescue sceglie questo tipo di governo, caratterizzato da una maggior equità —> il re infatti non può governare mediante leggi diverse da quelle a cui il popolo ha dato il proprio assenso. Inoltre, ha come principio giuridico la consuetudine che si avvicina alle norme inderogabili del diritto naturale. La prevedibilità di questo governo, si basa dunque sulla maggior utilità che esso produce per i sudditi e sulla sua capacità di incarnare la superiorità del diritto naturale di natura. Fortescue —> leggi umane = regole con le quali si manifesta la perfetta giustizia. La rivoluzione e Cromwell L’equilibrio costituzionalistico tra i diversi poteri che reggeva il sistema inglese fu rotto nel XVI secolo dal puritanesimo e dagli assolutisti (Tudor e Stuart). I puritani sono un movimento del protestantesimo calvinista che richiede una struttura democratica del governo di ciascuna Chiesa. Professavano una nuova Gerusalemme, città dei santi, da costruire nel presente e in cui non dovevano prestare obbedienza a poteri politici e religiosi autoritari in reciproca alleanza. La vita politica inglese ruotava intorno a tre poli: 1. Calvinismo; 2. Parlamento; 3. Trono —> che poteva essere cattolico o alleato con la Chiesa anglicana. Giacomo I, polemizza sia contro le teorie politico-religiose che invocavano la priorità del popolo sul re e predicavano una forma democratica, sia contro la nobiltà, che contro i teorici del Parlamento che sostenevano la supremazia della legge sul re —> Formula la teoria della conquista: un re è tale per aver conquistato il suolo, la terra e gli abitanti e non deve sottostare né alla legge né ai cittadini. Solo a Dio compete il giudizio sulla correttezza del rapporto tra re e sudditi perché solo a lui il re deve rendere conto della sua amministrazione —> teoria del diritto divino del re. Nel 1642 scoppiò il conflitto tra corona e Parlamento, che resisteva al tentativo del sovrano di renderlo un semplice strumento della sua politica assolutistica, i puritani si allearono con i difensori del Parlamento —> prima rivoluzione inglese. A comando del New Model Army fu posto Cromwell che capì che un esercito di uomini liberi di umili natali ma disciplinato e pienamente convinto della bontà della causa per cui combatteva, sarebbe stato migliore di uno formato da professionisti della guerra. Al tentativo del Parlamento di sciogliere quell’esercito si vide di nuovo Cromwell pronto a lottare contro quel decreto. Egli costruiva la propria forza sulla lotta e giustificava la rivoluzione. Fu decisa l’abolizione della monarchia e la condanna a morte del re Carlo I, viene promulgata così la costituzione repubblicana e Cromwell assunse il titolo di Lord Protettore. L’ipotesi dell’estensione del suffragio non venne accettata da tutti poiché si temeva che coloro che si servivano del diritto naturale avrebbero potuto approfittarne nei confronti degli assetti del potere e non si sarebbero più fermati nelle loro richieste dinanzi al principio di proprietà. S’iniziano a vedere due figure importanti: i livellatori (levellers) e gli zappatori (diggers). 7 I livellatori Leader di questo movimento radicale: Lilburne, Overton e Walvyn —> avversari dei privilegi nobiliari e in seguito, una volta che la repubblica divenne protettorato cromwelliano, anche del Parlamento. La loro idea era quella di livellare il peso politico dei cittadini d’Inghilterra con un insistente ricordo al diritto di natura, per questo motivo spaventavano. Il loro programma politico si ispirava ai principi del radicalismo democratico, al suffragio universale maschile (poiché tutti dovevano scegliere chi li avrebbe rappresentati) e alla illegittimità della costrizione in materia di fede, la religione o il culto di Dio. Volevano limitare le sfere di competenza contro ogni tentazione di onnipotenza. Gli zappatori Gli zappatori sono i “veri livellatori”, gruppo ancora più radicale. Il leader era Winstanley che vuole portare la rivoluzione al suo completo compimento, ovvero quando nessun potere si sostituirà a un altro. Per lui bisogna azzerare i rapporti di proprietà e provocare una cesura tra il tempo del re e le leggi del presente. Porta avanti un comunismo che equivale alla redistribuzione delle terre in quanto credeva che la proprietà fosse illegittima: infatti è tale o per nascita o per conquista, ma la nascita non discrimina nessuno e a maggior ragione nel secondo caso si deve giungere a una conclusione ugualitaria. La renovatio di cui si fanno portatori è capace di cancellare il peccato originale dall’appropriazione della terra. La libertà è la condizione capace di dare a tutti gli uomini, grazie a un buon uso comune della terra, nutrimento e sostentamento. Il governo regale è fondato sulle categorie del vendere e del comprare, sulla guerra e sul primato della volontà del re. Mentre la monarchia è una comune servitù politica imposta a sudditi, l’elemento caratteristico del governo repubblicano è la libertà. L’obiettivo del movimento è che le leggi del Parlamento siano brevi e non richiedano interpretazioni ma solo applicazione, un sistema politico incentrato sulla repressione dell’ozio e capaci magazzini che devono ospitare i frutti della terra e i prodotti dei differenti mestieri. Tutti i funzionari saranno eletti e dureranno in carica un anno solo per stroncare sul nascere il prevalere dell’interesse privato. Il repubblicanesimo In Inghilterra negli anni dei levellers e zappatori, si consolida un gruppo di pensatori che precede, accompagna e segue l’esperienza d’instaurazione della repubblica e del suo crollo —> Repubblicani —> Esponenti: Milton e Moyle —> erano accomunati da un’opzione repubblicana che faceva del Commonwealth non solo una forma di governo non monarchica, ma quel tipo di convivenza capace di realizzare valori quali la libertà personale, la partecipazione diretta alla vita politica e l’autogoverno collettivo. Questi valori implicavano un’accezione di libertà come assenza di dominio e quindi come autogoverno. A livello istituzionale si esprimevano nell’apprezzamento del governo misto come garanzia della partecipazione di tutti in avversione della tirannide, contro la quale teorizzavano il tirannicidio. La convinzione che l’autogoverno fosse possibile solo attraverso una generale e diffusa presenza di virtù politica tra i cittadini, insieme alla convinzione dell’eccellenza morale della partecipazione, fanno del repubblicanesimo un sistema di pensiero — > filosofia politica. JAMES HARRINGTON “The Commonwealth of Oceana” esprime l’adesione al governo misto che costituisce uno degli aspetti più rilevanti del repubblicanesimo. Il nucleo della sua teoria è che la struttura politica deve rispecchiare la struttura sociale, la forma della divisione e dell’organizzazione della proprietà terriera. La repubblica è presentata come una necessità, a causa dell’estensione dei processi di 10 I Monarcomachi Sono un gruppo di calvinisti che propongono la possibilità della resistenza armata e anche dell’uccisione di un re divenuto tiranno. La loro polemica contro tutti i fondamenti della tirannide produce l’abbozzo di una teoria contrattuale dello Stato e del potere politico. Le strategie argomentative utilizzate sono due: 1. Proposta da Hotman “franco Gallia”, intende mostrare che lo sconvolgimento dell’assetto costituzionale prodotto dalla politica del re era superabile attraverso la restaurazione della police, il sistema di governo che dissociava monarchia e sovranità, in cui quest’ultima era collocata nel popolo e nell’assemblea degli Stati. Considerava la forma monarchica un potere di governo delegato e sempre revocabile (il re (mortale) è diverso da reame (immortale)). Nell’assemblea degli Stati il re è soltanto una parte, è agli Stati che spetta il ruolo del consiglio politico. Ci sono tre freni che limitano in Francia l’autorità assoluta del re secondo Seyssel: la religione, la giustizia e la police. Un re che governa in modo cristiano non può diventare un tiranno. 2. Per Beza e Duplessis-Mornay —> si assiste a una mediazione tra argomenti biblici e giuridici. Si deve obbedienza incondizionata solo alla volontà di Dio, i limiti della sovranità sono la pietà e la carità. La resistenza e l’eventuale tirannicidio nei confronti di un sovrano degenerato in tiranno è costituzionale e si fonda sulla teoria del doppio patto: - 1^ Patto: tra Dio e il popolo tramite il quale il popolo diviene superiore al sovrano; - 2^ Patto: tra re e popolo che stabilisce un rapporto di obbedienza ma solo nel caso in cui il sovrano avesse comandato con giustizia. Il popolo è un insieme articolato di corpi sociali con valenza politica ed essi sono impersonati dai magistrati (i principali sono gli efori) —> inferiori al re come singoli, ma a lui superiori come rappresentanti dei corpi sociali e politici. Gli efori devono giudicare la giustizia dei comandi del re, che è un semplice amministratore —> perde ogni autonomia nei confronti del vero titolare della sovranità: il popolo. JEAN BODIN Credeva in una necessaria neutralizzazione del conflitto religioso attraverso la costruzione di una giusta sovranità, capace di garantire il bene primario della pace (come i Politiques = corrente politica che poneva il problema politico al di sopra di quello religioso). Desidera rifondare sia il comando sia l’obbedienza, al centro del suo pensiero c’è la sovranità assoluta. Stato = governo giusto che si esercita con potere sovrano su diverse famiglie e su tutto ciò che hanno in comune tra loro. Sovranità = cardine su cui poggia tutta la struttura dello Stato, non è sottoposto a vincoli temporali, non ha limiti di legge, è indivisibile e inalienabile. Alla sovranità si affianca la difesa del diritto privato, dell’intangibilità della proprietà e della giustizia. I limiti della sovranità sono il diritto divino, quello naturale e le leggi fondamentali del regno. Il pensiero di Bodin oscilla tra due principi assoluti: i diritti irrevocabili della famiglia e il potere legislativo assoluto del sovrano. Lo stato ben ordinato è quello monarchico dove il potere di uno, è legittimo (chiamata monarchia royale che rispetta la proprietà). Per Bodin ogni condivisione di potere porta alla debolezza —> contrario alla forma mista che produce corruzione. Egli distingue tre semplici forme di Stato: - Monarchia; - Aristocrazia; - Democrazia 11 Mentre le forme di governo possono essere molteplici e hanno a che fare con le modalità secondo le quali la sovranità viene esercitata (monarchia è la forma più stabile). Tre possibili forme di giustizia: 1) Commutativa: la divisione di cariche, denaro e benefici è uguale, propria degli Stati popolari; 2) Distributiva: tipica degli stati aristocratici in cui si distribuiscono benefici ai gentiluomini e piccoli uffici al popolo; 3) Regia: (monarchie) si fa in modo che gli onori vadano ai ricchi e i profitti ai poveri. C’è l’esigenza di armonizzare il corpo sociale, segno della volontà di costruire la sovranità senza sovvertire l’ordine civile. Le idee di Bodin sono simili a quelle dei libertini che avevano capito che le leggi del dominio politico sono artificiali e avevano teorizzato la necessità dell’obbedienza in senso puramente difensivo. CONCLUSIONE: ogni potere si fonda non solo sulla forza, ma su un’obbedienza dei singoli che è in realtà volontaria. JOHANNES ALTHUSIUS Egli rappresenta una possibile alternativa federale rispetto alla scelta unitaria della Republique di Bodin. Opera una riflessione sulla sovranità riconoscendola essenziale ai fini della conservazione di ogni corpo politico. La profondità del suo pensiero sta nella rivendicazione dell’appartenenza della sovranità al popolo, che in nessun caso potrebbe rinunciare a tale diritto. La realtà la politica è contrassegnata da un primato dell’associazione mediante cui gli uomini (con un patto) si obbligano reciprocamente alla mutua comunicazione di ciò che è utile e necessario alla vita sociale Althusius come Bodin non ha l’idea d’individuo come soggetto autonomo portatore di diritti, ma parlano di associazioni come la famiglia. Per lui il potere supremo è subordinato al legge naturale, a quella divina, alle leggi civili e all’equità e soprattutto a ricondurre la summa potestas dal monarca al corpo dell’associazione generale, cioè allo Stato o regno, come sua proprietà. La sovranità dello stato è federale perché si nutre del patto fra associazioni minori, il titolare della sovranità è il corpo politico nel suo complesso che la affida a ministri eletti. A capo di questi c’è il sommo magistrato e sotto di lui gli efori (eletti con suffragio di tutti) che devono eleggere il magistrato e rappresentare il popolo limitando le cose dannose —> potere bilanciato. Nel caso in cui il magistrato supremo infranga le leggi fondamentali del regno o violi le clausole del patto stipulato con il popolo, gli efori hanno il potere di deporlo in quanto rappresentanti del popolo stesso. Il tirannicidio è lecito anche quando il sovrano non è riconosciuto da solo una parte della popolazione. La scolastica spagnola La Spagna deve affrontare la sfida della scoperta del nuovo mondo e della colonizzazione dell’America. Il problema era se gli indigeni americani discendessero da Adamo o se si dovesse riconoscere legittimità al poligenismo e se si dovesse legittimare la schiavitù. Carlo V convocò una commissione di teologi incaricati di derimere la controversia. Per Sepulveda gli indios erano homuncoli nei quali non si riscontra traccia di umanità, contro di loro la guerra è giusta mentre per Las Casas quello che stava avvenendo per mano degli spagnoli era un crimine e la schiavitù doveva essere abolita insistendo sulla mitezza e onestà di quelle popolazioni, contente della loro povertà e esenti dalle malattie morali degli europei, adatti a ricevere insegnamenti cattolici. 12 FRANCISCO DE VITORIA Vitoria dichiara di volersi confrontare con il problema giuridico della legittimità del dominio esercitato dagli Spagnoli degli Indios, prima dell’arrivo degli spagnoli, erano veri e legittimi possessori del loro paese. Questa concezione è in contrapposizione con quanti pensavano che quelle terre fossero res nullius legittimandone la conquista. Il diritto degli spagnoli va però legittimato per un’altra via: l’idea di fondo è quella del diritto internazionale (diritto delle genti): gli spagnoli possono lecitamente percorrere quei territori e impossessarsene poiché gli indigeni ne ostacolano il commercio e inoltre oro e perle non sono di loro proprietà. Il dominio spagnolo in America nasce da una guerra giusta contro gli Indios per salvaguardare il diritto naturale al commercio da loro minacciato. Per completare la legittimazione del potere del re di Spagna sulle Americhe ci dovrebbe essere un atto volontario dei nativi: il potere viene da Dio ma non è Dio che sceglie i governanti quindi la concreta individuazione della forma e dei titolari compete solo alla comunità. Il processo tramite cui il potere si costituisce è una vera e propria alienazione: il re è superiore ai cittadini ma anche all’intero stato, questo perché il ruolo gli è stato assegnato dalla volontà della maggioranza. FRANCISCO SUAREZ Suarez, teorico dello stato di natura, assume una posizione ancora più netta a proposito della volontà della maggioranza e del diritto naturale quali fondamenti dello Stato. Esalta e radicalizza il ruolo giocato dal diritto naturale come fondamento dell’autonomia originaria delle comunità politiche, con un chiaro intento ostile all’assolutismo monarchico. Per la natura stessa delle cose gli uomini nascono liberi e pertanto nessuno ha giurisdizione politica sull’altro. La legge di natura spinge l’uomo, per il motivo dell’autoconservazione a entrare coscientemente all’interno della comunità, dove il potere realizza il bene tramite le leggi umane. Per natura si è dunque liberi ma si è anche condotti razionalmente a obbedire al potere tramite un libero consenso. Lo stato che viene prodotto come unità politica è il frutto di un’unificazione morale, la moltitudine si fa un solo corpus mysticum. Ogni stato è una comunità perfetta destinata a permanere indipendente e a non essere inglobata nel potere dell’Impero. Suarez riconosce la pluralità degli Stati, e nonostante la divisione in cui attualmente si trova l’umanità essa conserva sempre un’unità riconducibile al loro essere membri di una comunità internazionale (diritto delle genti). Il diritto naturale La Riforma protestante fu all’origine di quel processo di laicizzazione del diritto denominato giusnaturalismo, che afferma l’esistenza di un diritto naturale inteso come sistema di diritti soggettivi. I teorici del giusnaturalismo moderno pongono alla base dell’obbligazione politica il riconoscimento dei diritti naturali, l’esistenza di uno stato di natura e la stipulazione di un contratto sociale fra tutti gli individui —> serve per uscire dallo stato di natura —> momento generatore dell’obbligazione politica nella sua forma statuale tramite un atto razionale. UGO GROZIO Pone il diritto naturale quale fondamento del diritto riconosciuto valido fra gli uomini. Per lui gli individui sono naturalmente socievoli e portati a ricercare forme di convivenza pacifica. Ciò dà origine all’associazione politica fondata sul riconoscimento di un diritto comune il cui rispetto è garantito dalla presenza di un sovrano. Il cuore dell’argomentazione di Grozio è la volontà di fondare la validità del diritto naturale e la conseguente legittimità della società politica. Egli arriva a dimostrare la condizione del 15 Il sovrano Hobbes elabora la teoria di uno Stato che è assoluto in senso logico, il sovrano rappresentativo è titolare di un potere indivisibile, incondizionato, irresistibile, a prescindere da dove risieda la sovranità. Egli esclude ogni possibilità di separazione dei poteri, il sovrano ha il diritto di: • Scegliere i ministri; • Dichiarare la guerra; • Comandare l’esercito; • Non deve rispondere a nessuno del proprio operato; • Non deve cedere a nessuno il proprio potere di punire, di premiare e di giudicare. • Ha la decisione riguardante l’instaurazione della proprietà privata, in quanto non è un diritto naturale (in natura vige il diritto di tutti su tutte le cose). • Il sovrano è soprattutto il legislatore -> fa le leggi, attraverso queste, si realizza l’obiettivo della pace interna —> nasce la relazione sovranità-potere legislativo. La legittimità della legge secondo Hobbes deriva dall’essere espressione della volontà della persona artificiale che rappresenta la razionalità di tutti —> sovranità legislativa assoluta = sciolta da ogni controllo e limitazione. Poiché nasce per difendere la vita dei cittadini, il Leviatano non può comandare ad un uomo di uccidersi o metterlo a morte, ad eccezione del momento in cui questo cittadino mette a rischio la vita dello Stato. Il Leviatano non avendo stipulato patti con gli altri Stati, nei loro confronti è ancora in uno stato di natura per cui la guerra esterna è legittima, ma non può costringere i propri sudditi a combatterla. La guerra è un atto di sovranità. Il Leviatano è nato dall’utilità dei singoli e non dalla loro libertà che esiste soltanto nello Stato di natura, mentre le leggi sono propriamente una restrizione di queste libertà. Le uniche libertà concesse ai sudditi sono negli ambiti in cui il sovrano non legifera. Hobbes neutralizza il conflitto di religione, svincolando l’agire politico dalle convinzioni interiori; questa distinzione tra interiorità ed esteriorità è conseguenza di quella fra privato e pubblico. Il leviatano ha fatto nascere la distinzione tra sfera pubblica e privata (= ciò che resta a ciascun uomo dopo l’alienazione del diritto naturale). Obbiettivo della politica per Hobbes = costruzione della sfera pubblica Lo Stato rende possibile anche lo spazio della società, che inizia a profilarsi nella sua posizione intermedia fra lo Stato e il cittadino —> spazio che non presenta qualità e dinamiche autonome. Un ulteriore aspetto nel pensiero politico di Hobbes è la separazione tra guerra/pace e guerra/ diritto, che comportano la fine della teoria della guerra giusta. Lo stato è un Dio mortale, ovvero un artificio fatto dagli uomini, che errori e casualità possono distruggere. Le cause della dissoluzione dello Stato consistono: - Incomprensione della necessità dell’assolutezza del potere del sovrano e dell’obbedienza che gli è dovuta; - Pretesa del soggetto di avere diritti che precedono lo Stato - Rivendicare la libertà che significa affermare la desiderabilità di tornare allo stato di natura, l’unico spazio in cui l’uomo è davvero libero. 16 Teologia politica Hobbes si confronta con il rapporto tra religione e politica —> Per Hobbes il problema è come si possa obbedire al Dio cristiano —> la soluzione del problema sta nel Leviatano che è stato costruito per eliminare gli effetti politico-polemici della trascendenza religiosa. Per lui lo Stato deve presentarsi come cristiano, e la politica laica e razionalistica come teologia politica, che si fonda sull’assenza di Dio. Solo lo Stato può avere rapporti con Dio poiché il Leviatano è il vicereggente di Dio sulla terra. L’argomentazione teologico-politica di Hobbes inizia dalla distinzione fra: - Regno di Dio per natura —> Regno civile di Dio che regna su di un popolo, come accadde quando Dio regnava sul regno d’Israele. - Regno di Dio per patto —> si obbedisce alla legge positiva divina, ovvero a ogni volere di Dio. L’unico modo per rendere onore a Dio è obbedire alle sei leggi e quindi alla sua volontà, dunque l’obbedienza al Leviatano (unico modo di vivere in pace) = obbedienza alla legge di natura e quindi a Dio. Il cristianesimo è portatore della conferma che Cristo è l’ultimo profeta autentico, venuto a rinnovare il patto fra Dio e l’umanità, in un mondo privo di ogni elemento di sacralità autentica —> assenza del sacro. A causa dell’assenza del sacro non si deve credere ai profeti che vantano un rapporto con Dio (protestanti), solo il sovrano ha, in ultima istanza, la facoltà di decidere se un miracolo è stato fatto o no. Ogni cittadino può credere o non credere interiormente, ma la religione in quanto comportamento esteriore deve essere pubblica e uniforme. Per Hobbes è inaccettabile il fatto che il pontefice pur non avendo diretto potere politico sui cristiani, ha potere sulle anime e può fare appello alle coscienze dei fedeli per incitarli a disobbedire a leggi emesse dal sovrano, se queste sono contrarie a quelle di Dio. Egli vede la Chiesa di Roma solo come uno Stato come gli altri e quindi non può pretendere che tutti i cittadini gli obbediscano perché sarebbe come imporre la sua supremazia sugli altri Leviatani. Stato razionale del Leviatano = Cristiano Hobbes pensa a una politicizzazione della religione, nel senso che il controllo dello Stato sulla religione serve solo a impedire che la religione abbia effetti politici conflittuali. Grazie alla politicizzazione la religione non risulta più un pericolo politico, ma diventa solo personale e provata —> diritto di libertà a partire dalla Riv. americana e francese. JOHN LOCKE Si pone come obiettivo politico la rivoluzione antiassolutistica, costruendo un modello che consenta di limitare il potere a beneficio del cittadino e della società: introduce la partizione del potere e il rispetto dei diritti naturali degli uomini (concetti del costituzionalismo moderno e del liberalismo) —> obiettivo diverso da quello di Hobbes che era la costruzione dello Stato sovrano assoluto capace di neutralizzare le guerre civili di religione. I due trattati del governo di Locke sono il manifesto della gloriosa rivoluzione del 1689, la grande affermazione del partito e della cultura politica whig, del parlamentarismo e della limitazione costituzionalista del potere regale, contro l’assolutismo cattolico degli Stuart. Il primo trattato risponde all’obiettivo di battere l’assolutismo cattolico, mentre il secondo di sconfiggere i possibili siti assolutistici del contrattualismo. Primo trattato sul governo Il primo trattato è la “teologia politica” di Locke, dove va contro il Patriarca —> primo esempio di liberalismo moderno. 17 Ha come obiettivo polemico la modernità cattolica e intende dimostrare che Adamo non ebbe da Dio alcun potere sugli uomini né sulle cose (contro la tesi di Filmer). Sostiene che Adamo non è sovrano, né per creazione, né per donazione divina e nemmeno per paternità. Prende in esame la questione dell’eredità di Adamo, mostrando che, anche se quest'ultimo fosse stato sovrano assoluto degli uomini, la regalità per grazia di Dio sarebbe stata trasmissibile ai suoi eredi; ma non lo è perché la regalità di diritto divino, non è mai trasmissibile —> comunicazione diretta tra Cielo e Terra è stata interrotta. Locke come Hobbes, ambienta la propria teoria politica in un’epoca in cui non è Dio ma la ragione umana a costituire la base e il fondamento di legittimità del potere politico. Seconda trattato sul governo Nel Secondo trattato si passa alla costruzione dell’ordine politico razionale. Descrive lo stato di natura come una condizione naturale dell’uomo di perfetta libertà e uguaglianza in cui gli uomini non devono nuocersi a vicenda né considerarsi subordinati o sovraordinati gli uni gli altri. Ciascun uomo è giudice ed esecutore della legge di natura e può punire chi la trasgredisce perché è il nemico di tutta l’umanità. Rispetto a Hobbes, lo stato di natura Lockeano è più complesso, caratterizzato da una Giustizia che potrebbe trovare da sola applicazione pratica, ma non succede perché gli uomini non sono imparziali come giudici —> nasce il disordine —> lo stato di natura, diventa stato di guerra in cui vige il diritto all’autodifesa e difficilmente se ne potrà uscire. La proprietà è un diritto naturale quanto la libertà e la vita: sostiene che il singolo uomo lavorando diventa unico ed esclusivo proprietario di ciò che ha lavorato, questo modifica l’uguaglianza di natura. L’appropriazione, la recinzione e la lavorazione della terra costruiscono il titolo radicale della proprietà privata anche in natura; la disuguaglianza cercata dal lavoro è moltiplicata dall’uso della moneta. Locke sostiene che le generali gerarchie familiari valgono nell’ambito privato ma non nella sfera pubblica —> il potere politico si rivolge a maggiorenni liberi. Il corpo politico La visione riguardante il corpo politico di Locke è meno negativa di quella di Hobbes: per lui lo spirito umano è in grado di controllare le proprie passioni attraverso la ragione. Già in natura vige una legge morale e razionale di reciproco rispetto degli uomini e delle loro proprietà; quindi, è teoricamente possibile una qualche coesistenza —> il patto ha l’obbiettivo di costruire un ordine politico razionale che serva a garantire meglio i diritti naturali dell’uomo. Lo stato di natura ha tre difetti che lo rendono scomodo: 1. non vi è legge certa, quindi gli uomini la interpretano in modo soggettivo; 2. non vi è un giudice imparziale; 3. non vi è un potere esecutivo. Per difendere la propria vita ciascun uomo può rinunciare al proprio potere naturale di punire le infrazioni e rimetterlo nelle mani della comunità. Questa comunità è un Commonwealth (=repubblica/body politici) legata da un patto fra uguali in senso moderno, fondato sulla logica dell’autorizzazione, dove ciascun singolo autorizza la società politica a fare leggi. Il potere legislativo può essere esercitato tanto dal corpo politico direttamente, quanto da suoi rappresentanti fiduciari (diverso da Hobbes). Solamente il diritto di farsi giustizia è veramente alienato in seguito al patto, perché il diritto alla vita, alla libertà e alla proprietà vengono poi restituiti come diritti civili e politici. Le leggi universali dovranno rispettare i diritti naturali degli individui associati: il potere legislativo 20 L’assolutismo in Francia Data centrale dell’esperienza dell’ancien regime in Francia è quella dell’entrate nel consiglio della monarchia del cardinale Richelieu, procedendo con l’opera di centralizzazione e assolutizzazione del potere del monarca. Le strategie dell’assolutismo francese si articolò in diverse modalità. All’interno delle leggi fondamentali del regno (l’inalienabilità del territorio, la trasmissibilità della corona per via maschile e l’indipendenza del monarca dal papa), Luigi XIV rafforzò i proprio potere grazie ad un esercito permanente, finanziato grazie ad un sistema di tassazione, corti di giustizia regie e forte controllo dello stato sulla chiesa. A questo si aggiunse un’abile politica doganale ed economica improntata su teorie mercantilistiche (favorendo commercio e industria). A partire dalla morte di Luigi XIV nel 1715 l’assolutismo francese inizia a mostrare segni di cedimento. Le cause della crisi erano due e interne all’assolutismo, la prima la moltiplicazione delle figure dei funzionari e in secondo luogo la mancata convocazione degli stati generali. L’opera stessa dell’assolutismo di disciplinamento e atomizzazione della società creò infatti le condizioni per l’affermarsi dell’individualismo, base quindi per chiedere il rispetto di eguali diritti. Infatti, l’assolutismo in Francia arrivò a un processo di livellamento, sia economico (una pressione fiscale uguale su tutti i contribuenti, che andava quindi a discapito della nobiltà) ma anche giuridico (la giustizia emanata dal re doveva essere uguale per tutti). Il sistema dell’ancien regime era organizzato su due istanze di potere, il re, il cui potere era assoluto e indipendente, e gli organi del consiglio, delegati dal re. Le corti sovrani (i parlamenti) istituite nel XIV secolo con funzioni di police generali quindi amministrativa, giudiziaria e di controllo legislativo avevano sedi in tutte le principali città francesi, avevano droit negatif. Sia i sostenitori del parti philosophique, con a capo Voltaire, sia i sostenitori del parlamento, il liberalismo nobiliare di Montesquieu e Diderot, portano avanti un’idea di rappresentanza che rappresenta l’assetto costituzionale del regno, diversa quindi dalla concezione moderna per cui è portatrice di una volontà generale che esiste solo nel momento in cui è rappresentata nella forma di legge universale e razionale emanata dal potere sovrano. PIERRE-FERDINANDE DE BAUSSET Principale teorico dell’assolutismo monarchico e del diritto divino del re in Francia fu il vescovo Bausset. Protagonista della storia di Bausset è la provvidenza di Dio. Bausset si basa sulle quattro monarchie universali di cui si parla nel vecchio testamento, impero egiziano, assiro-persiano, greco-macedone e romano. Il sacro romano impero è giustificato perché deriva da quest’ultimo. La monarchia francese è stata istituita al fine di conservare la sovranità romana-carolingia. Bausset afferma che l’autorità non può che essere regia, assoluta e ereditaria; infatti, è un grande difensore della monarchia assoluta. Bausset afferma l’impossibilità per l’uomo di resistere alla volontà di Dio e alla sua emanazione che è la regalità. Il monarca per Bausset è l’immagine della grandezza di Dio, autorità sacra, paterna, razionale e assoluta. Nella figura del monarca si configura tutta la potenza dello stato, il re ha il più alto diritto nel giudicare. Barone di MONTESQUIEU Argomento centrale nello ‘Spirito delle leggi’ è la definizione di spirito generale, Montesquieu allarga infatti l’orizzonte della prospettiva del pensiero politico moderno che va ad abbracciare le cause più profonde che sono all’origine e regolano il meccanismo dello stato. Dall’analisi di Montesquieu deriva un nuovo concetto di legge che è il rapporto necessario che deriva dalla natura delle cose, un metodo che cerca di spiegare la relazione tra leggi naturali e umane. L’opera di Montesquieu è un quadro di ricostruzione storico sociale delle istituzioni umane, egli considera gli esseri umani come animali sociali (in 21 contrapposizione con Hobbes infatti). Nell’analisi sociologica di Montesquieu gli ordini politici non si costruiscono artificialmente ma si evolvono nel corso della storia. Gli uomini non potrebbero vivere senza le leggi, che sono ciò che sorregge la trama nei loro rapporti. Montesquieu, quindi, ha come obiettivo l’uscita dell’uomo dallo stato di natura (ma non per contratto), sia la formazione di istituzioni politiche e legge positiva. TEORIA DELLE FORME DI GOVERNO: la elabora secondo la dialettica di natura (fa essere il governo quello che è) e il principio (fa agire il governo). Le forme di governo riconosciute legittime sono tre: monarchia, repubblica e dispotismo, abbiamo già dunque due elementi di novità, considerare il dispotismo come legittimo e viene introdotta la repubblica. NATURA: governo repubblicano è che il popolo detenga il potere, in quello monarchico che il principe abbia il potere sovrano, nel governo dispotico un uomo solo può governare arbitrariamente. PRINCIPIO: governo repubblicano è la virtù, monarchia retta dall’onore, la paura del dispotismo. Con la legittimazione del dispotismo Montesquieu allarga l’orizzonte anche all’Oriente, che diventa quindi lo specchio negativo dell’Europa, il dispotismo permette a Montesquieu di criticare la monarchia e la Francia. La libertà politica che Montesquieu riconosce presente in Inghilterra è quella che garantisce la sicurezza del cittadino. Per Montesquieu questo è possibile solo se si praticano forme di distribuzione del potere contro i pericoli che possono provenire dalla concentrazione di tutte le funzioni in un unico organo o persona (tema dei limiti). Elogia infatti la costituzione inglese, che permette la balance of power, per cui ogni organo, poiché tende ad accrescere il proprio potere finisce per limitare quello degli altri, e viceversa (la condizione perfetta di equilibrio si avrebbe se i tre poteri rimanessero in uno stato di inazione, ma questo non è possibile). Montesquieu, infatti, si erge a difensore del parlamento francese, che elogia nello Spirito delle leggi, vicino infatti alle tesi del liberalismo nobiliare che sosteneva la causa dei privilegi e delle libertà rivendicate dai Parlamenti (these nobiliaire). Questa si oppone invece alla these royale che sosteneva la legittimità della monarchia assoluta francese. Montesquieu cerco di adattare la balance of power inglese e ne esce una monarchia moderata a cui si ispira la teoria della necessità dei corpi intermedi. L’uomo nella civiltà occidentale non deve essere governato dalla volontà di uno solo ma da un bilanciamento di poteri. In questo quadro si inserisce la tolleranza, una visione vicina a quella di Hobbes, non volevano cioè conflitti all’interno dello stato, M ritiene quindi necessaria l’unità religiosa all’interno dello stato, afferma la tolleranza. Rimane il dovere dello stato di controllare che non si introducano nella compagine politica nuove religioni. Superamento della concezione libertina della religione come problema chiuso nella sfera intima senza alcuna influenza etica e politica. Si inserisce in una strada della tolleranza volteriana. L’assolutismo in Prussia Gli Hohenzollern diventano re di Prussia nel 1701 da principi elettori che erano. Il contrasto dell’area tedesca era tra l’impero e i territori. Perché all’interno dei territori vi era un processo di razionalizzazione amministrativa. A partire dal XVII i teorici politici tedeschi iniziarono a riflettere sulla forza dello stato territoriale in contrapposizione alla debolezza strutturale dell’impero. I temi centrali sono la questione della sovranità e della polizia (intesa come la pratica dell’amministrazione territoriale dipendente dalla ragion di stato). Con la trasformazione della politica in cameristica, vera e propria dottrina dell’amministrazione dei beni pubblici si assistette alla centralizzazione e assolutizzazione del potere nelle mani del re. Su questo punto si gioca infatti la lotta tra il monarca e i ceti territoriali per il controllo. Uno dei momenti di maggiore importanza fu la pace di Vestfalia del 1648 che modificò i rapporti tra 22 impero e ceti territoriali. Venne infatti proclamato il IUS territoriale, i principi hanno riconosciuta la loro sovranità territoriale e possono gestire le alleanze tra i vari principi (nascono le relazioni internazionali). Il cameralismo È un movimento di pensiero politico che deriva da Kammer, organo camerale in cui il principe si incontrava con i suoi collaboratori per gli affari camerali (amministrativi e finanziari). Nel 1727 venne istituita in Prussia, Federico Guglielmo I e Federico II cercarono di attuare l’organizzazione e il consolidamento della struttura unitaria e accentrata dello stato prussiana. Il cameralismo può essere definito come lo stato di benessere intermedio tra antico regime e lo stato di diritto. Grazie anche alla razionalizzazione del comando giuridico. Il diritto è pensato come prodotto della volontà del principe. Le riforme di Federico Guglielmo I sanciscono la centralizzazione dell’amministrazione interna, ma è con Federico II che l’assolutismo giunge al suo apogeo, concentrando i poteri frammentati dei feudi nelle mani del re. Figura centrale è l’esercito stanziale al cui capo c’è il re, essendo gli Hohenzollern soldati, sistema di tasse centralizzato, organizzazione amministrativa stabile ed efficiente. Economia: mercantilismo, che determina uno stato in quanto potenza economica, fu una delle cause della rottura dell’impero. CAPITOLO 7 – Politica e geografia dell’illuminismo I concetti dell’illuminismo Il secolo dei lumi ha la sua data di inizio nel 1680 quando si ha l’apogeo dell’assolutismo di Luigi XIV e del dominio francese in Europa, in cui si palesa la crisi che sfocerà nella Rivoluzione francese. Iniziatori di questo movimento furono gli intellettuali francesi detti philosophes, che scesero in campo contro la tradizione e l’autorità in nome del progresso e di una riforma razionale della società. La filosofia militante non metafisica che rida importanza all’uomo armato solo della propria ragione e sganciato dalla tradizione da qui deriva infatti illuminismo come rischiaramento con il lume della ragione. I due termini che meglio definiscono l’illuminismo sono CRITICA e POTERE, la ragione illuministica è infatti critica del reale, della tradizione, della filosofia del passato, mentre potere è legato alla capacità dell’individuo di compiere un’azione slegata dall’autorità trascendente. L’uomo conosce infatti solo secondo le proprie sensazione, la sua mente è una tabula rasa senza idee innate. L’uomo è completamente libero e ciò gli permette di esercitare il proprio potere razionale. Tutto ciò porta alla determinazione di nuovi concetti di natura e natura umana. Questo porta alla rivalutazione dell’uomo all’interno dell’universo, si supera anche il dogma della provvidenza divina, si apre anche un dibattito sul tema centrale del male: bisogna trovare una nuova etica individuale e sociale che indirizzi l’uomo e lo tolga dall’angoscia della tradizione. L’ideologia del progresso lungo la via della ragione. Si configura una nuova fede che ha come precetti i corrispondenti delle tre virtù teologali del cristianesimo fede, speranza, carità, cioè fiducia nella ragione, ottimismo verso il futuro e il sentimento di umanitarismo. I philosophes prendono coscienza di essere un gruppo sociale indipendente autonomo e decidono che attraverso questa posizione possono influenzare il potere politico e la società. L‘universalismo è uno dei concetti chiave, l’uguaglianza della legge all’interno dello stato, che nella sua proiezione esterna diventa civilisation che investirà nel progresso tutti i popoli, vuole essere una dottrina universale lontana dalle differenze. 25 Helvetius, natura umana strettamente orientata al materialismo e utilitarismo, il compito del legislatore è quello di accordare interesse umano e interesse pubblico. D’Holbach disse che l’utile è la legge che guida l’uomo; perciò, la felicità è alla base del contratto che lega sovrano e nazione. Radicalismo Per Sade la violenza domina il mondo, una base di nichilismo e pessimismo che colpisce l’individuo. Sade critica l’utopia materialista di D’Holbach e Helvetius, all’idea di società che insegue a felicità e la virtù dei consociati egli oppone una visione nichilista che lo porta ad un’idea anarchica di società. La Germania Nei territori tedeschi si diffonde l’Aufklarung, in cui la caratteristica è la collaborazione stretta con i sovrani l’emancipazione umana dalla tirannia e fanatismo può avvenire infatti solo se guidata dal “primo magistrato dello stato” che sa interpretare il diritto naturale attraverso le leggi positive tese a realizzare il benessere dello stato. Le riflessioni di questi illuministi tedeschi riguardano: la tolleranza, la giustizia, la garanzia del rispetto dei diritti naturali e la connessione tra esigenza di benessere e ordine e felicità. L’Italia Nonostante la frammentazione politica italiana si parla di un movimento illuminista anche in Italia, in particolare a Milano e Napoli. Diretta partecipazione di questi studiosi alla politica del paese, necessità di un confronto con la grande potenza della chiesa cattolica. Affermano una laicizzazione della politica, attraverso riforme e modernizzazioni. Al centro del dibattito napoletano vi è il fatto di dover creare una nuova classe dirigente, mentre con la rivista “il caffè” di Milano vi sono la difesa della dignità umana e la libertà economica. Al centro del dibattito milanese troviamo la figura di Beccaria, che aveva affrontato una riforma del diritto penale, portando una pena più rispettosa nei confronti della dignità della persona, altre caratteristiche sono la separazione tra potere legislativo e esecutivo, il processo pubblico, in funzione della sua visione utilitaristica e contrattualistica del corpo sociale. Le leggi devono per lui garantire la massima felicità. l’illuminismo scozzese La scozia del primo Settecento era un paese arretrato, a partire dal 1720 appare una cultura laica, moderna, e tollerante, in seguito anche alla glorious revolution. Concentrato su un nuovo modo di vedere il rapporto tra economia e politica, creando per la prima volta lo spazio dell’economia politica. Centrale nella discussione è il rapporto tra amor proprio (la passione che domina l’uomo) e benevolenza (verso l’altro). Al razionalismo cartesiano si oppone un rinato interesse per l’impulso primario dell’uomo. Conte di SHAFTESBURY Riconosce a differenza dell’idea di Hobbes un naturale affetto morale tra gli individui che determina l’identità tra interesse del singolo e della collettività. Non c’è quindi bisogno di un contratto perché per ogni individuo la società è un fine naturale. Questa tesi è ripresa anche da HUTCHESON che sostiene che l’individuo ha il senso morale che gli permette di vivere in società con gli altri. Ma per lui questa armonia e senso morale che spinge l’uomo verso la felicità pubblica, grazie al PATTO, danno vita al governo civile. 26 CRITICANO: Mandeville aveva sostenuto la funzionalità dei vizi naturali per la costruzione di virtù civili. Per M la preoccupazione di ogni uomo è l’amor di sé, ritiene infatti che solo la paura ha spinto gli uomini ad associarsi e dare vita a istituzioni politiche che impongono agli individui di controllare i propri appetiti. Il male naturale è il fondamento della società. Società ed economia politica: si parla per la prima volta di società civile commerciale, fondata sul libero lavoro salariato, diventano centrali nel dibattito politico il tema della proprietà privata, il lavoro, il commercio, studiati dal punto di vista sociale. Necessario era una riforma delle leggi dello stato che operino in accordo con le leggi naturali della società civile commerciale. Fegurson individua quattro stadi attraverso cui tutte le società si evolvono, con particolare attenzione allo stadio commerciale. F risente molto dell’influenza del repubblicanesimo anglosassone, tutte le grandi città sono sottoposte ad un processo di ascesa grandezza e decadenza, F ritiene che le società commerciali possono avere sia un destino di libertà che di tirannide a causa della dinamica di conflitto che è base della politica. DAVID HUME alla base della politica non vi è un contratto ma il concetto di evoluzione, un processo storico che determina le regole del giusto comportamento, le fondamenta dell’ordine legale e economico. Per Hume non c’è discontinuità tra uomo presociale e sociale, perché l’uomo d natura è comunque caratterizzato da socievolezza. H rifiuta l’approccio ottimistico e pessimistico e vi contrappone l’utilità sociale come fonte di sentimento morale. La naturale socievolezza è diversa da quella teorizzata dai moralisti (S). La società non è un’istituzione coercitiva ma è un utile strumento per poter soddisfare le passioni umane in maniera sicura. Hume oppone un’antropologia in cui l’utilità sia fondata sul criterio dell’esperienza. Emerge a necessità di un governo e di una teoria della giustizia che tutelino la proprietà. Il governo e la struttura politica non sono l’origine della società ma servono come aiuto alla debolezza di carattere costitutiva della natura umana. L’uomo di Hume entra simpateticamente nella società. Hume vede coesistere virtù civili e virtù naturali. La società politica viene stabilita per amministrare la giustizia. Hume non analizza mai direttamente il concetto di sovranità ma quello di funzionamento dell’ordine sociale, nonostante questo riconosce la necessità di formazione di una coazione per salvaguardare la convivenza civile e allo stesso tempo l’imprescindibile salvaguardai del singolo, in accordo con il principio per cui l’identità dell’individuo è al centro del sistema sociale. ADAM SMITH Teoria dei sentimenti morali: riprende il concetto di Hume e lo modifica di simpatia, per lui diventa infatti l’individuo che si pone nei panni dell’altro per approvare o disapprovare, indipendentemente dal giudizio morale. Affianco al concetto di simpatia troviamo quello di proprietà cioè il rapporto di adeguatezza o inadeguatezza tra l’affezione provata da un soggetto e l’oggetto che la causa. L’analisi epistemologica di questi concetti si lega strettamente all’indagine in campo etico. Un altro concetto importante è quello di prudenza, la virtù sociale morale che sta a fondamento dell’organizzazione sociale, guida il prudent manl’io medio sociale. Analizzando la giustizia evidenzia il rapporto tra passioni egoistiche e passioni sociali regolatrici del comportamento dell’uomo, S studia questo rapporto come il rapporto tra sfera politica e economica, modi di sussistenza e tipi di ordinamento politico. Smith critica il modello normativista giusnaturalista e le pretese del costruttivismo razionalistico in ambito politico sociale. Propone l’immagine metaforica della mano invisibile (= razionalità provvidenziale che si preoccupa di coniugare l’interesse del singolo con l’interesse della collettività). Grande importanza l’analisi del rapporto tra ricchezza e potere, 27 con il lavoro inteso come misura del valore di ogni scambio di tutte le merci. Diventa problematico il rapporto tra virtù ed interessi e quindi deve introdurre la figura politica del sovrano che ha un compito di mediazione tra i diversi interessi in campo. La sfera politica per Smith non può porsi come completamente autonoma da quella etica e economica. Emblematica è la figura del sovrano (statesman o legislator), i cui compiti sono tre: proteggere la società dalla violenza che può provenire da altre società, proteggere ogni membro dall’ingiustizia e dall’oppressione, erigere e conservare opere e istituzioni pubbliche, ciò che non deve fare il sovrano è intromettersi nell’attività produttiva dei singoli. La presenza del sovrano permetta lo sviluppo di un sistema economico e politico fondato sul lavoro e sul libero scambio che darà luogo al sistema capitalistico borghese. Smith non parla però da dove il sovrano tragga questa legittimità. CAPITOLO 8 – Ragione e rivoluzione in America, Francia e Germania La rivoluzione americana Il 4 luglio del 1779, a Philadelphia, i rappresentanti delle 13 colonie, spiegavano nella dichiarazione d’indipendenza la loro ribellione a re Giorgio III. Redatta da Jefferson, Franklin, Adams è un testo completamente nuovo perché finisce per scardinare il legame tra monarca e sudditi proclamando il diritto dei governati a scegliersi il governo, proclamando il diritto alla libertà, alla vita e alla felicità, il popolo americano si istituisce come popolo e afferma il diritto alla rivoluzione. Si possono distinguere due parti del testo: 1. Jefferson sottolinea l’evidenza, dell’uguaglianza degli uomini, dei diritti naturali, dell’esistenza del popolo americano quale popolo libero. 2. Attraverso un elenco dei torti subiti, esplicite imputazioni a re Giorgio III, ciò determina la necessità della secessione, la distinzione politica e giuridica tra inglesi e americani. 3. La dichiarazione si conclude con una sorta di giuramento civico di impegno reciproco fra i cittadini che li lega nella vita, nelle fortune e nell’onore. Cato’s letters, uno dei testi più importanti del repubblicanesimo del Settecento inglese, centrale il tema della virtù politica e della difesa della libertà. Si attacca l’idea assolutistica di potere e difesa della libertà individuale e della sua inalienabilità. La teoria di Locke è una delle fonti usate da Jefferson nello stendere la dichiarazione, afferma i principi universali di libertà e uguaglianza, i diritti naturali di cui si parla sono quelli di Locke a cui però la proprietà è sostituita la felicità. Jefferson riprende poi la tradizione giusnaturalista dell’individuo portatore di diritti naturali su cui viene fondato il potere costituente che appartiene ai popoli. Inoltre, a queste caratteristiche si aggiunge la volontà di instaurare un patto fra i coloni come quello che nella bibbia lega dio al suo popolo. La dichiarazione d’indipendenza rende così possibile la creazione del popolo universale cioè del popolo che afferma i diritti di tutti gli altri uomini e popoli. In particolare, l’inizio “we the people” che apre la costituzione introduce il concetto di nazione. Il concetto fondamentale della dichiarazione è una democrazia che si sottrae alla rigida unità politica del pensiero europeo ma qui il popolo esiste unitario come nazione ma la sua esistenza non è garantita dalla sovranità bensì dalla sua auto costituzione come popolo. Sostegno alla causa delle colonie era stato dato da Burke, whig inglese, che afferma “no taxation without rapresentation”, è a favore di una soluzione di compromesso che affermi ai coloni i diritti delle libertà inglesi dato che è impossibile separare il giusto dall’utile. La costituzione federale: nel 1781 c’era la confederazione degli stati uniti che aveva devoluto al congresso continentale gli affari di politica estera e di guerra. Nel 1787 si voleva superare la confederazione passando alla federazione dibattito a Filadelfia che porta alla repubblica federale. 30 una pluralità di corpi. Ma rifiuta il sistema di bilanciamento inglese, a cui oppone la REGOLA, che consiste nel limitare preventivamente il potere. COSTITUZIONE TERMIDORIANA 1795, separate le funzioni del legislativo e dell’esecutivo, viene anche cancellato il principio che affida al popolo sovrano la suprema potestà legislativa, la struttura istituzionale viene organizzata in una pluralità di organi, che serve ad assicurare l’unità d’azione. Rimuove l’identificazione tra potere legislativo costituito e potere costituente. JEAN-JACQUES ROUSSEAU Calvinista Jean-Jacques Rousseau il cui pensiero politico è alla base della Rivoluzione francese. La bontà naturale degli uomini è ciò che nello stato di natura dissocia gli uomini o li porta a vivere in piccoli gruppi, l’ingresso nella società è inevitabile ed è dovuto ad una caratteristica innata dell’uomo, la sua perfettibilità. La perfettibilità rende gli uomini capaci di evolversi e di corrompersi. Civiltà e storia: Rousseau valuta il progresso come negativo per il miglioramento della vita morale e per la libertà degli uomini. Il confronto è tra il mondo civilizzato e le città stato greche o della Roma repubblicana, che conferisce agli antichi il primato della virtù e la condanna del lusso. Pone in antitesi anche natura e civiltà, con la denuncia dei guasti della civiltà e del progresso. Rousseau ricostruisce la storia dell’umanità a partire da un ipotetico stato di natura, che però non viene inteso come la base naturale da cui si erge lo stato, se per i giusnaturalisti lo stato di natura è uno stato d’indipendenza in cui gli uomini si trovano prima del governo civile, vuol dire che in natura nessuno può condannare nessun altro, se è così il diritto di comandare può derivare solo da una convenzione che porta i singoli a rinunciare al loro diritto di naturala teoria contrattuale è indissociabile dall’ipotesi dello stato di natura. Rousseau pur concordando con i giusnaturalisti, tranne che sul fatto che per Rousseau lo stato di natura è una condizione di isolamento e dispersione, hanno infatti secondo Rousseau trasferito nello stato di natura idee prese dalla società, non sanno infatti distinguere ciò che è innato e ciò che deriva dalla società. Il principio dal quale muove Rousseau è l’isolamento dell’uomo naturale. L’homme phisique nello stato di natura, viene dipinto come un essere amorale e premorale, con libertà di volere, compassione e istinto primordiale di conservazione. Il diritto naturale è la bontà dell’uomo. Per Rousseau il contratto sociale non cancellerà né i diritti individuale, né il diritto naturale, ma verranno ripristinati dalla ragione. Rousseau vuole ripercorrere la strada tra stato di natura e stato civile, vede due momenti importanti, la prima rivoluzione, con cui nascono le famiglie e la seconda rivoluzione con cui nasce la proprietà. Per Rousseau lo stato di guerra non coincide con le società primitive ma con quelle civilizzate. Per Rousseau, quindi, non c’è il contratto alla base della società ma il contrario: gli uomini hanno dovuto abbandonare per vie non contrattuali il loro isolamento iniziale perché diventassero necessarie le società politiche e le norme giuridiche. Nello stato civilizzato hai bisogno di sottometterti ad un’autorità per preservarti. Il pactum unionis su cui si fondano è però ingiusto. Rousseau immagina che proprio i possidenti siano quelli che in una condizione di guerra perdano di più, ad aver proposto il patto iniquo. Questo patto è necessario perché lo stato incrementa un processo di decadimento in tre tappe: la fondazione della legge e del diritto di proprietà, l’istituzione della magistratura, la trasformazione del potere legittimo in arbitrario, la conclusione a questo decadimento è il dispotismo, un nuovo stato di natura diverso da quello con cui si è cominciato, il primo era infatti fondato sulla purezza, questo sulla corruzione. Come soluzione a questa brutta uscita dallo stato di natura, Rousseau oppone il progetto di nuove associazioni, basate sull’uguaglianza e la ragione. 31 CONTRATTO: il contratto di cui parla Rousseau non è un contratto di sottomissione ma è un patto di associazione, non implica quindi nessuna alienazione delle libertà. È un patto orizzontale ma si differenzia da Hobbes per due motivi: 1. Non genera nessun’alienazione ma una comunità: la sovranità non è per Rousseau rappresentabile ed istituzionalizzabile, la sicurezza comune non deve stare nel sottomettersi al sovrano, non si deve pagare la politica con la libertà in cambio di sicurezza. 2. Ha come fine la disalienazione: il contratto non serve ad uscire dallo stato di natura ma a correggere il corso corrotto della storia, per ridare all’uomo la pienezza che lo stato gli ha tolto, la disalienazione si può ottenere solo donandosi al singolo ➔ Si tratta quindi di creare le condizioni che permettano agli uomini di unirsi in un corpo politico senza rinunciare ai propri diritti inalienabili. Per Rousseau l’uguaglianza non è un mero dato di fatto ma un valore da ripristinare. Condizione necessaria per il patto è l’alienazione totale di ciascun individuo alla comunità. Ogni contraente cessa di essere persona individuale e diventa membro della comunità. Ciò che i singoli cedono è l’insieme dei loro diritti individuali presociali allo scopo di tutelare la loro sicurezza, la libertà, l’uguaglianza; la persona pubblica che si crea con questa unione si chiama repubblica, quest’ultimo è definito stato quando è passivo e corpo sovrano quando è attivo, potenza in relazione agli altri corpi politici. Se ci fosse alla base un elemento terroristico e nichilistico si tratterebbe di una visione totalitaria, ma non è così, ubbidire alla volontà generale è ubbidire alla propria libertà. Inoltre, l’alienazione totale di ciascun diritto non implica la loro distruzione ma la loro trasformazione in diritti civili. Dopo il patto l’individuo si ritrova libero come nello stato di natura, ma mentre qui la libertà era assicurata dall’assenza di relazioni interumane, ora invece in ambito sociale dipende dallo stato. La volontà generale non è un elemento estraneo ma un’espressione della stessa volontà dei cittadini. Rinunci al tuo egoismo e particolarità per il corpo politico. In Rousseau la politica non è più strumentale ma portatrice di valori morali. Il suo contratto sociale è un patto del popolo con il popolo, i sudditi ubbidiscono a loro stessi, LA LIBERTA’ È L’UBBIDEINZA ALLA LEGGE CHE SI PRESCRIVE A SE STESSI. La volontà generale non è la somma delle singole volontà, il consenso unanime è richiesto solo nella formulazione del patto, in tutte le altre situazioni è valida la regola della maggioranza. La volontà generale coincide con l’interesse comune, il bene comune, si dirige verso la conservazione del benessere. L’esercizio della volontà generale è quello di emanare le leggi, che si basa sulla sovranità del popolo, che è assoluta e indivisibile e inalienabile per Rousseau è inaccettabile alienare la sovranità (vedi dopo). La volontà generale non muore mai, al massimo rimane allo stato latente. DEMOCRAZIA: per Rousseau qualsiasi sia la forma del governo la base deve essere repubblicana e democratica, la sovranità appartiene ai cittadini considerati un solo corpo la volontà non si rappresenta, quando un popolo elegge dei rappresentanti affida a loro il potere legislativo, abdica alla propria sovranità. Il parlamento è invece per Rousseau solo un commissario non rappresentante, a loro compete la preparazione e proposta delle leggi ma solo il popolo le approva; infatti, rinunciando alla sovranità un popolo smette di essere tale. Nell’atto straordinario di darsi una costituzione, Rousseau introduce la figura del legislatore, che propone la costituzione senza coinvolgere la sovranità del popolo, che per questo non ha bisogni un assemblea costituente che lo rappresenti. Il legislatore ha un ruolo indiretto e pedagogico, si limita ad indirizzare la volontà generale, che però è sovrana in ultima istanza. Quello di Rousseau è un contratto che dà vita a un potere democratico, in cui non c’è alienazione tra uomo e cittadino. Quella di Rousseau è una democrazia totale, molto più esigente di una politica liberale, in cui aspetti del giusnaturalismo convivono con aspetti 32 della tradizione repubblicana. Per Rousseau la libertà politica non è sicurezza nella vita privata, ma cittadinanza partecipativa. Rousseau mette una netta distinzione tra governo e sovranità. Per R il governo è soltanto un ministro del popolo sovrano e non deriva da un patto ma dalla legge, le funzioni esecutive del governo possono non essere gestite dal popolo sono possibili varie forme di governo, in particolare tre: - DEMOCRAZIA, legislativo ed esecutivo coincidono, ma non è mai esistita una vera democrazia perché è necessario uno stato di dimensioni piccole, uomini virtuosi e di sostanziale uguaglianza economica (un governo così perfetto non si addice agli uomini) - ARISTOCRAZIA: governo nelle mani di una minoranza, stati medi - MONARCHIA: governo nelle mani di uno solo, stato grosso L’alternativa tra la politica della virtù negli stati piccoli e la politica della potenza il grande stato, è evitabile solo attraverso il sistema dei governi federali. Per Rousseau è importante anche la religione per l’unità dello stato, ma è una religione civile, sotto il controllo dello stato. Serve ad accentuare gli impegni morali e civili del patto. Questa gli viene dal tema repubblicano dell‘amor di patria di machiavelli e la teologia di Hobbes. IMMANUEL KANT Morale, diritto e politica: fondato sulla distinzione tra noumenico (interiorità in cui vigono la libertà assoluta e la morale) e uomo fenomenico (il lato empirico ed esteriore dell’uomo), il pensiero politico di Kant non contrappone politica e morale, ma le pone in relazione con il diritto. MORALE: perfetta coincidenza tra libertà assoluta e dovere incondizionato, che trova espressione nell’imperativo categorico, cioè: agisci in modo che la massima della tua volontà possa sempre valere nello stesso tempo come principio di legislazione universale. La morale consiste nel dovere di agire come se fosse universale. La morale è quindi una regola universale che ha origine nella ragione e da cui è assente ogni fine empirico, il dovere è qualcosa di formale che si configura come la forma imperativa della legge morale. Il soggetto morale è orientato al dovere e non alla felicità, l’uomo appartiene a due mondi: essere razionale determinato dalla ragione pratica e essere sensibile con inclinazioni naturali. Il principio della filosofia politica di Kant è che l’uomo ha una destinazione morale e quindi deve agire per realizzare nella realtà l’idea di morale di libertà, ma per Kant la storia della politica è forza e violenza. POLITICA: indicare come sia possibile che l’obbligazione si organizzi secondo ragione. Il potere può e si deve sottomettere al diritto. Accanto all’obbligazione morale quindi Kant inserisce anche quella del diritto che si riferisce alla libertà esteriore e regola la convivenza. Il diritto deriva dalla ragione pura pratica intesa come la facoltà di agire secondo leggi universali e funge da ponte tra politica e libertà. Il diritto è la forma, in quanto la legge è prodotta dallo stato, ma rimane un comando esterno, non per la sua intrinseca doverosità, mentre al tempo stesso il fine della politica, il suo scopo è infatti quello di riconoscere ad ogni individuo una sfera d’indipendenza personale protetta dalle leggi. Stato di natura e contratto originario: c’è una doppia origine dello stato, una reale, l’essere, e una ideale, il dover essere. Lo stato deve comportarsi come se fosse nato dal contratto anche se alcuni elementi di forza non potranno mai essere abbandonati. Lo stato di natura non viene visto come una condizione pre-giuridica, ma come lo sfondo del diritto privato, è un’ipotesi puramente intellettuale. Ma nello stato di natura manca un’autorità legittima che dirima le controversie in 35 JOHANN GOTTLIEB FICHTE Il tema kantiano della libertà diviene principio e fine di un’azione filosofica che attraversa sia la rottura della Rivoluzione francese sia il rapporto con lo stato. F intende organizzare la politica in modo da superare la distinzione tra il mondo morale dello spirito e il mondo empirico della storia. Il dovere morale di Kant diventa in Fichte principio di azione politica, differenze tra Kant e Fichte: entrambi valutano positiva la rivendicazione del proprio pensiero (Rivoluzione francese), ma F ha l’esigenza di valutarne la legittimità, e rivedere il principio giusnaturalistico. Fichte avverte molto l’inadeguatezza tedesca di fronte alla rivoluzione e si impegna perché la Germania, realizzi l’umanità tra gli uomini e costituisca l’ultima tappa del pensiero morale, per farlo Fichte punta sugli INTELLETTUALI. Rivoluzione e libertà politica Fichte sostiene una concezione contrattualistica e antidispotica dello stato, sensibile alla liberà di pensiero. L’obiettivo polemico centrale è l’istituto della monarchia ereditaria di diritto divino, F vuole distinguere la felicità che l’uomo si attende da dio dalla protezione dei diritti esterni che il cittadino sia aspetta dal sovrano. Al momento del patto sociale, ci sono diritti alienabili e diritti inalienabili (come la libertà di critica nella dimensione pubblica). Contributo puntuale confutazione alle tesi di Rehberg contro la rivoluzione e i suoi principi giusnaturalisti, per Fichte invece la rivoluzione è legittima da un punto di vista teorico, gli uomini dispongono del diritto di modificare la propria volontà, lo stato è solo uno strumento per l’affermazione delle volontà libere. Fichte ritiene che il futuro obblighi gli uomini a non considerare immutabili le costituzioni tramandate, opponendosi in questo modo alle teorie tradizionalistiche, che vedono la legittimità politica nel lungo tempo. La legittimità della rivoluzione deriva da un diritto naturale razionale del soggetto di modificare la costituzione di uno stato, la legge positiva è obbligatoria solo perché sono gli uomini stessi a imporselalo stato è il prodotto delle libere volontà degli uomini ed è un sistema coercitivo meramente esteriore. Il vero fine dell’umanità è realizzabile solo attraverso la libertà di uno stato fondato sul contratto. Fichte intende lo stato come uno strumento per fini superiori, l’obiettivo finale è rendere inutile il governo perché gli individui sono una società perfetta e razionale. Per arrivare a questo è necessaria la mobilitazione di dotti, che per Fichte hanno responsabilità sociale. Teoria delle sfere concentriche in Fichte abbiamo molta tensione tra esigenza di ordine e libertà. Elabora questa teoria distinguendo quattro sfere concentriche, di diversa grandezza. La più esterna, la maggiore, circoscrive il terreno della coscienza, la terza il diritto naturale, la seconda il contratto sociale (in quanto dotato di libero arbitrio), e quella centrale è invece la sfera del contratto sociale, che è il fulcro ed è il contratto da cui nasce lo stato e che fa nascere i cittadini. Questo porta Fichte oltre il giusnaturalismo perché il diritto naturale non esiste in quanto diritto. Il diritto positivo consiste nella realizzazione della libertà morale che passa attraverso la coazione della politica. Lo stato e la rappresentanza Entrare nello stato è necessario perché il diritto naturale non esiste realmente prima di essere garantito dallo stato, il riconoscimento e la protezione reciproca. Il tutto viene prima della somma delle singole parti, di diritto si può parlare solo nello stato. 36 La politica è quindi lo snodo obbligato verso l’affermazione della libertà e della morale. Lo stato è rappresentativo: solo nella rappresentanza moderna ci si riconosce nella volontà dello stato. Fichte critica la democrazia diretta perché in essa la comunità e giudice e parte in causa al momento stesso. Per far sì che la comunità non sia titolare del potere del governo e non sia giudice della propria causa si deve istituire un ordinamento rappresentativo con il quale la comunità trasmette il proprio potere ad un organo. In F a differenza di Kant i tre poteri non sono separati ma si concentrano nel governo in linea con la logica che impone l’unità d potere. La separazione di Fichte è tra un organo che si occupa dei tre poteri e un organo di controllo, una magistratura elettiva, GLI ERRORI, la cui funzione è giudicare l’operato del governo. Portato davanti al popolo, che sceglie chi mandare in esilio delle due parti. Gli efori sono come i tribuni della plebe di Roma, sono eletti a suffragio universale, tra gli uomini più esperti, non hanno un potere diretto di intervento ma possono sospendere la validità delle norme giuridiche. Senza gli efori il popolo non esiste come corpo sociale. Solo se il popolo insorge come un sol uomo e viene organizzato dagli efori al popolo verrà garantito diritto di resistenza la rivoluzione è legittima. La società e la nazione Fichte conserva un’impostazione individualistica. Tuttavia, stimola i cittadini a realizzare e affermare il regno del diritto, sostenendo che lo stato è il benefattore. Il ruolo dello stato si manifesta sia nell’organizzazione del ruolo sociale sia nello forzo di raggiungere la sufficienza economica. Lo stato deve comportarsi come un tutto chiuso, sostituendo l’economia liberale con una pianificata e con l’isolamento degli stati. Lo stato ha il compito di sorvegliare l’intera produzione e distribuzione di beni. Si rende necessaria un’azione educativa e pedagogica dello stato volta alla moralizzazione degli uomini. Fichte vede possibile il superamento di una condizione negativa dell’uomo grazie all’affermazione di una nuova positività morale. Lo stato ha il compito di preparare la morale e quindi la libertà, spianando la strada alla virtù. L’unità nazionale tedesca ha come fine della sua autorealizzazione l’intera umanità, la cultura mantiene una posizione centrale, perde la sua connotazione universalistica. È una cultura basata sulla presa di coscienza di una specifica identità nazionale. Il principio di nazionalità fa sì che la perfezione del genere umano diventi il compito di una nazione singola e porta la tradizione illuministica dal piano europeo al piano nazionale. La nazione tedesca ha caratteristiche di purezza e integrità, lingua incontaminata, deve perciò farsi erede e continuatrice dalla cultura europea. Lo stato nazionale tedesco può infatti realizzare la natura più alta vale a dire la libertà. Spetta allo stato tedesco che è culturalmente (non razzialmente) superiore agli altri il compito di realizzare l’umanità fra gli uomini. Fichte non sta parlando di una politica di conquista, la missione tedesca è di pace e di cultura, un impeto liberatorio verso la piena libertà. L’obiettivo finale è la moralizzazione della politica, che vede nello stato il momento per avvicinarsi alla completa libertà non uno strumento coercitivo. GEORG WILHELM FRIEDRICH HEGEL La riflessione di Hegel sulla storia e sulla ragione parte dalla contraddizione irrisolta della speculazione di Fichte riguardo la libertà del singolo e la libertà assoluta universale. La trasforma nella contraddizione tra realtà e idea e ne trova compimento nello spirito. Lo spirito è la ragione, è l’insieme delle contraddizioni storico concrete che l’uomo incontra nel lavoro. 37 Per Hegel l’Idea è l’origine del pensiero e dell’azione che si cala e si perde nel reale, passando attraverso le costrizioni della storia. Hegel è quindi teorico della modernità e delle sue forme, ma in modo diverso dal razionalismo moderno, rifiuta infatti le antitesi moderne e classiche perché non rendono comprensibile il reale. Hegel vede nella concretezza il modo per superare le astrazioni, pensa infatti “l’identità dell’identità e della non-identità”. A differenza del razionalismo il soggetto hegeliano è l’attore ma non l’origine dell’azione politica, perché origine e fine della politica è lo spirito. Hegel critica il diritto naturale e il terrore perché sono accumunati da essere prodotti dell’astrattezza. Per Hegel il problema di questi due è che non riescono a passare attraverso l’alienazione e uscirne attraverso un processo di Aufhebung che toglie e supera la contraddizione e conservandola ad un livello di comprensione superiore. Il concetto di Aufhebung è sempre in rapporto con il concetto di Erinnerung, cioè la memoria dello spirito che nel punto più alto di sé si volta indietro a contemplare il suo percorso e il cammino logico compiuto. La contradizione è il punto di partenza per la comprensione del reale, è la negazione determinata. Negli scritti giovanili emerge l’esigenza di concretezza, la critica in queste opere è contro la rigidità del diritto positivo e della religione ebraica. A questo contrappone il cristianesimo che rovescia e supera la dicotomia kantiana tra essere e dover essere, attraverso l’entrata nella contraddizione. Anche nella costituzione tedesca della Germania, afferma questo bisogno di concretezza, come necessità di un risveglio della nazione tedesca per rivendicare la propria originalità di nazione. Hegel non rifiuta la Rivoluzione francese ma evidenzia il problema di dare concretezza storica nazionale al messaggio universale della libertà che viene dalla rivoluzione. Hegel riconosce lo stato come universalità fornita di potenza, superando la riflessione razionalistica sullo stato inteso solo come controparte della libertà dell’individuo. La conflittualità moderna tra singolo e universale viene risolta da Hegel attraverso l’eticità, l’idea di totalità che emerge è un’idea compatta, il mondo che descrive Hegel qui è la polis greca, a questa “bella eticità” H contrappone l’astrattezza della libertà borghese. Il raggiungimento di questa totalità non lo rende contrario alla soggettività, l’esigenza che il tutto sia attraversato e mediato dal soggetto. Viene sancito il superamento della parabola giusnaturalista. Nega la validità del contratto, perché il tutto non può essere costruito dalla somma delle singole parti, i singoli individui che erroneamente credono di essere l’origine del tutto, si trovano già dentro l’idea del tutto. Hegel afferma il primato logico e storico del tutto sulle parti, l’unitaria sovranità del sovrano. Un elemento privatistico come il contratto non può essere alla base dell’evidenza del momento politico universale. Hegel individua la categoria di sostanza-oggetto, spiega il processo che ha portato il soggetto ad essere l’immane potenza del negativo che attraverso la fatica del concetto si apre allo spirito, e infine lo riconosce come origine e fine del proprio cammino della storia. La fenomenologia dello spirito spiega le tappe della COSCIENZA, AUTOCOSCIENZA, RAGIONE e SPIRITO. Le prime tre appaiono come momenti logici che mostrano il processo del riconoscimento della singola coscienza nei confronti delle altre coscienze, non vive isolata, come un Io che è un Noi e agisce sul mondo. Una volta scoperto l’aspetto sociale, nella sezione dello spirito possono ormai diventare le tappe del suo processo di manifestazione, le tappe dello spirito coincidono con il pensiero e la storia dell’occidente. La filosofia del diritto Opera divisa in tre parti: (prefazione), diritto, moralità ed eticità - Prefazione: Hegel afferma il principio della libera personalità infinita. La filosofia del diritto nasce dalla consapevolezza che il processo che porta alla realizzazione concreta dell’eticità moderna, è dato dalla costruzione dello Stato libertà = si realizza attraverso le contraddizioni del reale. 40 razionalità ogni tentativo di sostituire l’ordine razionale dall’uomo porta alla catastrofe. I dogmi religiosi sono il fondamento sia dell’ordine religioso che di quello politico = la rivoluzione è un’eresia. Il sovrano, quindi, è un ministro di dio, controllato dalla sua volontà e dalla natura; quindi, la sovranità non può essere assoluta, i controrivoluzionari sono infatti aristocratici. L’unica forma di libertà corretta è quella della connessione costituzionale delle libertates di antico regime. Liberalismo e positivismo in Francia Le dinamiche politiche hanno rivelato che libertà e democrazia possono rientrare in un rapporto di contraddizione (giacobinismo). CONSTANT Il dispotismo può esercitarsi attraverso la legge e le autorità; quindi, l’autentica libertà si colloca in un contesto esterno alla legge. Quindi Constant ha una duplice posizione rispetto alla rivoluzione, da una parte ne assume i principi di libertà e eguaglianza formale, dall’altra ne mette in discussione le forme di governo. Per il Constant il primato della sovranità popolare non può più essere messo in discussione, l’errore della rivoluzione sta nel trasformare questo primato in qualcosa di illimitato. La sovranità popolare è ammissibile come supremazia della volontà generale su quelle particolari e quindi come supremazia della legge generale e astratta. Ma la sovranità del popolo non esiste se non in forma limitata e relativa, è circoscritta dai limiti dei diritti individuali limitata in forme costituzionali. Esigenza liberale di tutelare la dimensione dell’individuo dalla ragione politica, avvertita come una minaccia per la libertà civile. Concezione individualistica e anti-statualistica delle libertà che porta alla protezione della sfera individuale da ogni interferenza politica. Il potere va quindi suddiviso in un sistema di pesi e contrappesi istituzionali in modo da offrire una garanzia di stabilità contro i pericoli di dittatura assembleare. Sistema rappresentativo e organizzazione della sovranità in senso costituzionale, separando il potere in 5: 1. POTERE NEUTRO del monarca che ha ruolo di arbitro e giudice, 2. POTERE ESECUTIVO dei ministri, 3. POTERE RAPPRESENTATIVO DUREVOLE la camera alta ereditaria, 4. POTERE RAPPRESENTATIVO DELL’OPINIONE la camera bassa elettiva e il 5. POTERE GIUDIZIARIO. Il potere neutro non ha prerogative attive, serve a mantenere gli altri poteri nell’ambito della legittimità, controllando il rischio di dispotismo. La somma dei poteri invece di elidersi e moderarsi nella contrapposizione si potenziano l’un l’altro. La legittimità dell’esecutivo dipende dalla fiducia delle camere e del monarca. Il diritto di voto non è un diritto naturale ma deriva dalla proprietà terriera. La proprietà e la libertà sono i due pilastri del sistema costituzionale di Constant. I non proprietari non sono per lui interessati e illuminanti per gli affari pubblici, poiché vincolati al loro lavoro dipendente. Ma per Constant la proprietà esiste solo perché esiste la società è un CONVENZIONE SOCIALE, ma rimane comunque sacra e inviolabile. La sua funzione politica è fondamentale perché è ciò che rendere gli uomini CAPACI. Madame de Stael difende la possibilità di esistere isolatamente dagli affari pubblici, la libertà civile viene opposta alla libertà politica, è quindi l’insieme di diritti individuali nella cui difesa si limita il compito demandato alla politica. Secondo Constant la libertà dei moderni è centrata sui diritti dell’individuo, la libertà degli antichi era collettiva, caratterizzata da una partecipazione diretta senza rappresentanti. Gli individui erano completamente sottomessi all’autorità collettiva nei rapporti privati. Nel mondo antico la libertà politica degli individui era 41 compatibile con una forma di integrale sottomissione all’autorità dell’insieme. Nel mondo moderno non è più così. L’individuo può esprimere liberamente la propria individualità, lo stato non è più l’autorità collettiva ma solo un’organizzazione attraverso la quale una nazione affida ad alcuni individui compiti che esse non può o non vuole fare. È un processo sociale dovuto alla convergenza di tre fattori: espansione dello stato moderno, che circoscrive l’importanza politica del singolo, abolizione della schiavitù, che permetteva agli uomini liberi di dedicarsi alla cosa pubblica, la crescita dei commerci. Per Constant nella modernità post-rivoluzionaria si istituisce una tensione tra l’obiettivo liberale della limitazione dello stato e gli ideali repubblicani di libertà politica intesa come partecipazione. Nonostante l’indipendenza liberale, gli individui devono controllare il potere, attraverso il sistema costituzionale delle libere istituzioni. Il costituzionalismo dei dottrinari: accettano il sistema costituzionale ma concepiscono la società come un organismo che delega alla monarchia il compito di difendere i diritti costituiti. Più moderati. CLAUDE-HENRI de SAINT SIMON Nella Francia della restaurazione, l’esigenza di superare l’instabilità della rivoluzione porta ad individuare un modello alternativo al liberalismo moderato POSITIVISMO. Saint Simon la politica, la morale e la filosofia si devono occupare di costituire la felicità sociale. La società industriale non è quindi solo fonte di problemi ma è l’unica dotata di un principio positivo d’azione cioè la produzione di beni. La storia è vista come un susseguirsi di epoche organiche come l’antichità e il medioevo ed epoche critiche come il periodo dalla riforma alla Rivoluzione francese. Il progresso scientifico ha privato di legittimità dottrine teologiche e metafisiche (medioevo). La filosofia positiva è la scienza che individua le vere leggi fondamentali della natura e della società, la politica è una parte di questa scienza generale e affida alla classe degli intellettuali e scienziati il compito di procurare le regole generali di condotta. Il principio alla base di questa visione è il principio di cooperazione sociale, che viene dedotto dalla universale fratellanza tra gli uomini, la società industriale viene concepita come un’età positiva e scientifica governata da scienziati e industriels. Per Saint Simon il problema non è il conflitto tra lavoratori e datori di lavoro ma tra ceti produttivi e improduttivi. Questo modello politico e sociale porta il governo ad essere superfluo e a trasformarlo nella semplice organizzazione delle cose edificazione di una società senza stato. AUGUSTE COMTE Riprende sia la società medievale in quanto organica sia l’interpretazione della storia moderna come del processo della sua progressiva dissoluzione. Per Comte la società medievale non può però essere più restaurata. Comte ritiene che se l’antico sistema sociale (cristiano) garantiva l’ordine escludendo il progresso, l’illuminismo e il razionalismo il contrario il sistema della società industriale è quindi destinata a conciliare progresso e ordine (attraverso scienziati e industriali positivisti). Per Comte è necessaria la priorità dello sviluppo intellettuale su quello politico. Legge dei tre stadi: 1. STADIO TEOLOGICO O FITTIZIO, passaggio dell’uomo dalla natura alla cultura, l’uomo cerca di dominare il mondo attraverso pratiche magiche, il lavoro è fondato sulla schiavitù e la società sulla guerra. Il governo è di tipo teocratico e militare. 2. STADIO METAFISICO O ASTRATTO, si affermano l’individualismo, l’utilitarismo, l’egoismo, società non più basata sull’autorità ma su un astratto patto sociale che attribuisce la sovranità al popolo. 42 3. STADIO SCIENTIFICO E POSITIVO, sostituisce alla fantasia l’osservazione e il rispetto dei fatti. Promuovere questo stadio è compito della filosofia positiva, che deve unire tutte le scienze e orientarle verso la scienza della società che prende il nome di fisica sociale. L’antagonismo tra industriali e lavoratori va risolto nel coordinamento che deve essere dapprima intellettuale poi morale e infine politico. L’autorità morale e intellettuale del sapere legittima l’esercizio dell’autorità politica facendo prevalere lo spirito d’insieme disciplinando il comportamento delle varie classi. La filosofia positiva si trasforma in religione positiva e l’equilibrio tra ordine e progresso si sposta sul primo termine, il positivismo comtiano diventa religione dell’umanità. Romanticismo e liberalismo in Germania la cultura romantica si esprime come critica alla ragione degli illuministi, la cultura romantica individua nel terrore dei giacobini una razionalità assoluta ed universale che fa astrazione di ogni tempo e di ogni luogo e che quindi trasforma la ragione basata su principi di libertà in strumento di oppressione e violenza. A questo tipo di ragione i romantici oppongono un principio di soggettività collettiva o nazionalità e della soggettività individuale. La nazionalità è il vero protagonista della storia. HUMBOLDT in Prussia, dell’eredità rivoluzionaria accetta e condivide la moderna differenziazione tra uomo e cittadino inserendolo in un contesto Kantiano che vede il soggetto come espressione della libera personalità individuale e razionale. Anche lui capisce che l’energia politica dell’antichità non lasciava spazio alla separazione tra esterno e interno, tra privato e pubblico. La politica consente di promuovere l’organizzazione politica del popolo, incrementando l’energia partecipativa dei cittadini alla cosa pubblica. Sottrae la politica a qualsiasi logica utilitaristica. L’obiettivo di H è un uomo che si esprime attraverso un soggetto politico, libero perché subordinato a una legge che riguarda unicamente la dimensione esterna della sua libertà e che ne rispecchia l’assoluta dignità morale. H parla di un modello costituzionale in cui viene evitata la democrazia, intesa come partecipazione immediata di tutti, e anche una concezione paternalistica del potere. Il liberalismo di H vuole porre le basi per una partecipazione attiva alla cosa pubblica. In concreto la sua proposta si traduce in monarchia costituzionale, basata sulla rappresentanza nazionale cetuale, organizzata non in un parlamento ma in un sistema di ordini in tre livelli: comunali, provinciali e generali. CLAUSEWITZ Importante opera: “Della guerra” —> Gli obiettivi di Clausewitz sono quelli di individuare un rapporto tra guerra e politica, in grado di superare quella guerra intesa come strumento utilizzato dai politici dell’antico regime e far mantenere la guerra nelle mani dello Stato per farlo diventare Stato nazionale. L’origine del suo pensiero a proposito del rapporto tra guerra e politica, si sviluppa con l’antico regime che aveva trasformato la guerra in uno strumento puramente militare; la Rivoluzione francese rompe questi schemi generando la guerra di popolo. Clausewitz ritiene che la guerra non sia un fatto militare, ma un atto politico —> la politica contiene la guerra e se ne serve per i suoi fini. 45 La storia Ha una concezione materialistica della storia, il comunismo è l’enigma risolto della storia perché permette di superare il dominio dell’uomo sull’uomo. La produzione economica e la struttura sociale che ne deriva costituisce la base per la storia politica ed intellettuale della stessa epoca. Ideologia tedesca: le ideologie sono in tutte le loro espressioni, morali, religiose, metafisiche ecc., necessarie sublimazioni del processo materiale della loro vita. Empiricamente constatabile e legato a presupposti materiali. La funzione dell’ideologia è legittimare i rapporti di dominio che caratterizzano lo stato presente delle cose (le idee della classe dominante sono le idee dominanti). La struttura economica della società influenza la sovrastruttura. L’insieme dei rapporti di produzione definisce la struttura economica della società. Marx distingue quattro modi di produzione, asiatico, antico, feudale e borghese moderno. Il processo delle forze produttive, quando vengono sviluppate tutte entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti e subentra un’epoca di rivoluzione sociale, cambiando la base economica cambia anche tutta la sovrastruttura. La concezione della storia come materialistica lo porta al problema del partito e della coscienza di classe, proprio su questi problemi, oltre che su quello connesso dal carattere più o meno necessario del processo che conduce alla rivoluzione proletaria si sarebbe giocato un grande scontro teorico all’interno del movimento politico. Il manifesto M distingue tra classe in sé, oggettiva posizione sociale degli individui e classe per sé, capace di porsi come soggetto politico per via dell’acquisizione di una coscienza. Interni al movimento reale i comunisti ne sono l’elemento più avanzato, criticano gli elementi all’interno dei movimenti più rivoluzionari socialisti • respingono una concezione passatista del socialismo legata a un contesto pre- capitalista. Per Marx nessuna rivoluzione comunista può trarre la propria poesia dal passato ma dall’avvenire • la seconda critica è nei confronti del socialismo e il comunismo critico-utopico, sono accusati di aver privilegiato una critica del capitalismo ispirata ad astratti principi morali di giustizia anziché porre al centro dell’analisi l’azione storica. La concezione di Marx del comunismo sarebbe rimasta invariata lungo l’intero arco della sua opera però ciò che mutò fu l’orizzonte culturale dentro il quale immaginava la rivoluzione comunista. Marx pensava in un’imminente crisi del capitalismo, in cui il proletariato avrebbe potuto prendere il potere. La critica dell’economia politica Concetto di feticismo della merce è una delle principali astrazioni reali, nella loro apparente semplicità ricapitolano in sé tutto l’insieme di rapporti sociali. Ha uno specifico valore d’uso, cioè una sua utilità per il compratore, ma su questo prevale il valore di scambio, che deriva dal fatto che la merce deriva da lavoro astrattamente umano. Feticismo della merce deriva proprio dal fatto che nel suo valore di scambio, espresso tramite denaro i rapporti sociali tra uomini sono espressi come rapporti tra cose, come uno specchio, le merci restituiscono ai produttori l’immagine rovesciata dei caratteri sociali del loro lavoro facendoli apparire come caratteri oggettivi universale reificazione. In questo mondo per Marx regna l’apparenza di uno scambio di equivalente per equivalente. Si può cogliere lo sfruttamento del sistema se si guarda la produzione in profondità, attraverso il contratto di lavoro l’operaio non vende solo il lavoro concreto ma la forza lavoro, la capacità astratta di lavorare. 46 Marx definisce come lavoro necessario la parte della giornata lavorativa consumata a questo scopo, maggiore o minore a seconda dei mezzi di sussistenza che sono per l’operaio, mentre il plus lavoro è la parte di giornata non necessaria, che diventa plus valore ed è il profitto del capitalista. Per Marx nel cuore del modo di produzione capitalistica c’è uno scontro di diritto contro diritto, l’operaio che vuole diminuire le ore lavorative e il proprietario che le vuole aumentare. Fra diritti uguali decide la forza: la durata della giornata lavorativa è l’esito della lotta tra capitalisti e proletari. Il concetto marxiano di sfruttamento è dinamico, il capitale stesso non è nulla al di fuori del rapporto sociale antagonistico che lo costituisce è contraddizione in continuo processo. Il prolungamento della giornata lavorativa è il plusvalore assoluto. Un altro modo per arrivare al plusvalore è l’intensificazione delle innovazioni tecnologiche, plusvalore definito relativo. Questa distinzione tra plusvalore assoluto e plusvalore relativo è la distinzione tra sussunzione formale, in cui il capitale si limita a sottomettere alle proprie norme un modo di lavoro sviluppato prima che il rapporto capitalistico sorga, e sussunzione reale del lavoro capitale, in cui il capitale organizza direttamente i modi di lavoro, incrementando la forza produttiva del lavoro socializzato e promuovendo l’applicazione della scienza. La politica la massa operaia stessa deve appropriarsi del plus lavoro, negli scritti marxiani dedicati alla critica dell’economia politica non è dato rinvenire un modello sistematico di concettualizzazione della transizione. Marx definisce il comunismo come un’associazione in cui il libero sviluppo di ciascuno è la condizione del libero sviluppo di tutti. La classe operaia deve diventare il soggetto politico. La comune di Parigi aveva dimostrato per Marx che la classe operaia non può accontentarsi di prendere nelle proprie mani la macchina statale bella e pronta ma nella repubblica sociale istituita dalla comune, liberazione politica e sociale della classe operaia coincidono indicando una forma che va oltre la statualità moderna. La comune supera la visione tradizionale dello stato accentrato e in questo modo spezza i legami di potere. Marx elabora la tesi della dittatura rivoluzionaria del proletariato, momento di transizione tra la società capitalista e quella comunista. La dittatura rivoluzionaria del proletariato prende significato della volontà di Marx di andare contro ad ogni macchina statale. Non è compito degli operai rendere libero lo stato, la libertà è data dalla possibilità di cambiare lo stato da organo sovrapposto alla società in organo completamente sottoposto ad essa. La dittatura del proletariato indica a Marx la pratica rivoluzionaria di massa che ha come contenuto il deperimento dello stato. Il comunismo è un vero e proprio modo di produzione. ALEXANDRE DE TOCQUEVILLE Secondo Tocqueville nel moto parigino del 48 possiamo vedere il cambiamento del paradigma liberale. Il liberalismo spostava la sua polemica dall’antico regime ai movimenti politici degli strati inferiori, gli elementi di polemica contro il terrore venivano ora usati contro il socialismo e il comunismo. Le resistenze liberali più tenaci andarono contro l’allargamento del suffragio e alla democratizzazione delle strutture politiche in nome dell’associazione tra cultura e proprietà. Uguaglianza Nel 1831 va negli USA con il suo amico Beaumont e scrisse la democrazia in America. Sfatando il luogo comune settecentesco per cui la democrazia è per i luoghi piccoli, aveva fondato la riflessione sulla democrazia non tanto come forma di governo ma come dinamiche politiche che portano ad uno stato sociale, condizione sociale. Per Tocqueville la democrazia è fatta dalle leggi, ma una volta che esiste la si può considerare come causa delle leggi. 47 La considera uno stato in cui c’è uguaglianza delle condizioni. Lo vede come l’orizzonte dell’Europa a causa dello sgretolarsi del compatto edificio cetuale precedente, determinando la scomparsa dei ceti, accentuando la mobilità sociale. Tocqueville sottolinea che uguaglianza delle condizioni non è livellamento della ricchezza, la rivoluzione dell’uguaglianza ha travolto le barriere sociali e politiche che rendevano le divisioni in ceti statiche, ora è la mobilità che determina la contrattualizzazione tra gli uomini. È l’emergere di un nuovo tipo umano, manifestazioni della nuova natura umana, che rappresenta l’uguaglianza, rende impossibile il riaffermarsi dell’aristocrazia. Tocqueville studia l’America ma guardando in realtà all’Europa e capisce che è ciò che sta per succedere in questo continente. Per questo Tocqueville ritiene che sia necessaria la scienza politica per studiare un mondo ormai completamente rinnovato. Le minacce alla libertà L’erosione delle antiche strutture porta inevitabilmente allo scioglimento degli antichi legami sociali, attraverso un livellamento delle differenze. Primo rischio connesso all’affermazione di uno stato sociale democratico, il rischio di livellamento, connesso alla mediocrità in cui gli apici si smussano. Mediocrità e uniformità nutrono necessariamente il conformismo, che nel caso americano studiato da Tocqueville si manifesta nella potenza sociale dei pregiudizi, cui la stessa legge può essere privata di ogni efficacia. Si tratta di un NUOVO DISPOTISMO, che viene dal basso, ed alla base c’è un enorme paradosso, il potere che è riuscito a rompere i corpi intermedi ora si allarga, accentua la propria indipendenza e moltiplica le proprie attribuzioni. È un nuovo dispotismo che avvilisce gli uomini senza tormentarli, totalmente immersi nei propri affari, accettano un potere superiore come un’autorità paterna che gli sia di vantaggio perché li esonera da qualsiasi responsabilità pubblica e gli permette di occuparsi di affari privati. Si parla di tirannide della maggioranza. L’esito del dispotismo nuovo di cui parla Tocqueville, che raramente obbliga all’azione, è l’esito della libertà dei moderni teorizzata da Costant, la vita privata è così piena che non rimane spazio per l’energia politica. Tocqueville prende le distanze dal liberalismo classico. Per combattere i rischi dell’uguaglianza è necessaria la libertà politica, va contrastata la spoliticizzazione attingendo all’energia politica. Gli stati uniti possono essere un esempio perché sono un popolo giovane con entusiasmo e quindi è un vaccino contro la mediocrità democratica. Inoltre, sotto il profilo istituzionale presenta molti aspetti come il decentramento amministrativo, la divisione federale della sovranità, la forza delle autonomie locali, l’autonomia del potere giudiziario. Infine, la sotto il punto di vista sociale si presenta ricca di associazioni che favoriscono la libertà e l’ordine pubblico, alludono al terzo principio della Rivoluzione francese cioè la fraternità. L’unico modo per immaginare una società in cui tutti considerano la legge come un’opera propria è una composizione armoniosa di libertà individuale e collettiva. La democrazia non può quindi essere limitata alle istituzioni ma deve essere accompagnata dall’attivismo politico e sociale. La Francia Dopo il 1850 in Francia si verificò un processo di centralizzazione politico amministrativa. Nell’analisi di Tocqueville la rivoluzione del 1789 risulta ricondotta a una continuità di lungo periodo della storia francese e quindi smentita nella sua pretesa più ambiziosa di rottura con un abisso che non volevano più essere. L’aristocrazia nei confronti dell’antico regime si pone come un bastione di una pluralità di libertà fondate su una pluralità di privilegi. È quindi l’amministrazione assolutista che anticipa ciò che avvenne nella rivoluzione. La fine della nobiltà non è solo la fine di una casta ma il tramonto di un complesso orizzonte di valori.