Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Riassunto manuale "Manuale di letteratura e cultura inglese" di Elam e Crisafulli, Sintesi del corso di Letteratura Inglese

Teatro ElisabettianoStoria della Letteratura EuropeaStoria della Letteratura Inglese

Riassunto solo delle pagine 1-325

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023

In vendita dal 03/08/2023

saraaa.16
saraaa.16 🇮🇹

4.5

(61)

19 documenti

1 / 44

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Riassunto manuale "Manuale di letteratura e cultura inglese" di Elam e Crisafulli e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura Inglese solo su Docsity! Cap. 1 – Il Medioevo L'isola Britannica durante il Medioevo è un campo di scontri e incontri tra diverse culture e ciò porta ad una compresenza di lingue diverse sullo stesso suolo, che contribuiscono così alla costruzione di una lingua nazionale. Quando nel 410 i Romani abbandonano l'isola, i Britanni, popolazione celtica, si trovarono a contrastare gli invasori provenienti dalla Scozia settentrionale. I Britanni fecero appello ai Sassoni, agli Angli e agli Iuti che presero possesso dell'isola confinando il popolo locale ai margini del territorio. Gli Anglo- sassoni parlavano una lingua di ceppo germanico che si evolse in maniera indipendente rispetto al celtico e al latino dando origine all'Old English. Questo cambiò radicalmente con la conquista normanna, finita nel 1066 con la conquista di William the Conqueror: i normanni parlavano una varietà di francese definita franco-normanno. Arrivati sull'isola rimasero fedeli alle loro tradizioni quindi il linguaggio ufficiale della politica divenne il franco-normanno, quello della chiesa il latino, mentre i popoli locali continuarono a parlare l'anglosassone. L'Old English comunque subì le influenze del francese fino a diventare una lingua composita con radici germaniche e influssi neolatini che diedero vita al Middle English. La storia dell'Inghilterra assume caratteristiche particolari a conseguenza dell'importanza economica e del peso sociale acquisiti dalla classe media: infatti il narratore Geoffrey Chaucer utilizza come protagonisti delle sue novelle personaggi della classe media. Le opere si collocano a cavallo tra la produzione orale e quella scritta all'interno di una cultura dove era indispensabile conoscere per capirle; i testi inoltre ci sono pervenuti nella maggior parte in forma anonima e tutti raccolti in un'unica redazione più tarda fortemente influenzata dagli scribi, quindi è complesso stabilirne collocazione geografica e attribuzione cronologica precise. Il processo di evoluzione della lingua che rendeva difficile la comprensione di testi in Old e Middle English è un motivo per cui si ha una rivalutazione del materiale medievale solo in epoca romantica: il medievalismo romantico ha fatto un grande lavoro di recupero dei materiali, rivisitati sulla base di una propria percezione del Medioevo per dimostrare la staticità del Medioevo contro la vitalità del Romanticismo. Da Beowulf a Malory 1. La letteratura in Old English La cultura anglo-sassone trova inizialmente una buona base nelle regioni del nord, e quasi tutti i poemi che ci sono arrivati appartengono a uno dei quattro manoscritti: Cotton Vitellius A 15, Exeter Book, Vercelli Book e Junius XI. Due delle caratteristiche formali della poesia in Old English sono il metro allitterativo e un linguaggio formulaico. Queste caratteristiche si ritrovano anche in Beowulf, poema esemplare della produzione eroica. Beowulf è un guerriero dei Geati a cui il re danese Hrotgarth chiede aiuto per sconfiggere una bestia cannibale che li perseguita, Grendel. Il re mette in dubbio l'abilità del cavaliere che invece ucciderà il mostro ma dovrà fare i conti anche con la madre di questo. La inseguirà con i compagni fino a dover combattere in una grotta sottomarina uccidendola, nonostante la sfiducia dei compagni che lo abbandonano. Nella seconda parte del poema sono passati molti anni, Beowulf è re dei Geati e ormai vecchio, ma viene chiamato a combattere contro un drago, portando alla morte sia della bestia che sua. Nonostante si parli di un eroe scandinavo con riferimenti al mondo pagano della saga nordica dà prova anche di influssi cristiani. Accanto alla poesia epica troviamo una letteratura elegiaca composta da sei opere: Widtish, Deor, The Wanderer, The Seafarer, The Ruin, The Wife's Lament, che propongono temi come perdita, viaggio ed esilio. L'intenzione degli anglosassoni di delineare una loro identità è confermata dall'interesse per la storia e la narrazione cronachistica in prosa ripresa ne Historia Ecclesiastica Gentis Anglorum di Beda in latino e tradotta in anglosassone con re Alfred che credeva nella necessità di una ricostituzione della cultura locale dopo le varie invasioni. Quando i Normanni giunsero in Inghilterra la cultura anglosassone era nella fase di piena maturazione e non riuscirono a cancellarla del tutto dando così inizio a un’ibridazione di generi e mezzi di espressione. 2. La letteratura in Middle English: il romance e il dream-poem Il romance cortese nasce in Francia e con i normanni si diffonde in Inghilterra. Quello in lingua inglese ha varie differenze di forma e contenuto rispetto a quello francese, assorbendo altri generi come l'epica, la chanson de geste, l'exemplum, la cronaca, e la ballata. Le opere residue si aggregano in cicli che ruotano intorno allo stesso personaggio o allo stesso nucleo di personaggi. I primi romances inglesi furono rielaborazioni dei quelli normanni e comparirono intorno alla prima metà del XIII secolo. Nel romance l'obiettivo è la soddisfazione del desiderio perseguibile solo in un tempo e uno spazio indefiniti, implica una progressione verso un fine e un combattimento tra due forze, una vista come positiva, l'altra negativa. L'opera più famosa di questo genere è il poemetto Sir Gawain and the Green Knight, di autore anonimo, che adotta il verso allitterativo anglosassone. Appartiene al ciclo bretone: Gawain, nipote di Artù, vive la vita raffinata di corte finché non deve difenderne l'onore combattendo in duello con un uomo verde di grosse dimensioni. Lo sfidante ha caratteristiche sovrannaturali e lo invita a rinnovare la tradizione del beheading game. Il dream-poem si sviluppa in una cornice di sogno o visione, a narrare sono poeta e sognatore che sono spesso due personaggi distinti. È il viaggio di un essere umano in un mondo che va al di là dell'esperienza ordinaria alla ricerca della verità assoluta. Il maggior esempio di dream-poem è The vision of Piers Plowman. La narrazione è sempre in versi allitterativi e il protagonista si addormenta ritrovandosi in mezzo tra la torre della Verità e la Segreta del Male. Ciò che è innovativo per questo genere è la folla che partecipa all'esperienza, una folla eterogenea e composita che richiama i pellegrini di Chaucer. 3. Geoffrey Chaucer e le origini della letteratura inglese moderna Chaucer nasce a Londra intorno al 1340 e rappresenta la borghesia che stava ottenendo importanza all'interno della società. Solo nell'ultima fase della sua vita, prima della morte nel 1400, si dedicò maggiormente alla letteratura. Recepì le diverse tradizioni letterarie antecedenti, di cui riconobbe l’autorità, ma cercò di rielaborarle adattandole ai tempi contemporanei. The Canterbury Tales, probabilmente degli anni '80 del 1300, si basano su una cornice, simile al Decameron di Boccaccio, con una serie di racconti: un gruppo di 28 pellegrini molto diversi tra loro si ritrovano in una taverna per iniziare il pellegrinaggio verso Canterbury e rendere omaggio al martire Thomas Becket. A questi si aggiunge il proprietario della taverna che per ingannare il tempo decide che ognuno racconterà due storie all'andata e due al ritorno, e al rientro verrà fatta una cena per premiare il vincitore con i racconti migliori. Il narratore si aggiunge ai pellegrini e nel General Prologue li presenta uno ad uno: si scusa per l'incapacità narrativa e promette di rendere il più fedelmente possibile i personaggi, dialoghi e racconti. Da queste presentazioni si capisce che la figura di più alto rango sociale è il cavaliere, mentre di più alto grado ecclesiastico è la priora di un convento: viene quindi rappresentata la classe media in tutte le sue sfumature, Chaucer propone un'immagine stereotipata, ma anche realistica e contraddittoria della società del suo tempo. La figura della Wife of Bath è interessante poiché dà un resoconto vivace del suo passato come moglie di cinque uomini diversi ma anche dell'indipendenza che le dà l'attività di tessitura ereditata da uno dei mariti, cosa che le permette di viaggiare. Caratteristica di Chaucer è affiancare ad ogni personaggio una voce narrante diversa che si adegui allo status del personaggio riconoscendo anche personaggi marginali come parte della cultura del suo tempo. 4. Il teatro medievale Le rappresentazioni ecclesiastiche in latino si diffusero in Inghilterra nel 10° secolo e i cicli di temi biblici nel 14° e 15° secolo. Nelle prime rappresentazioni tre diaconi si travestivano da Maria e si recavano presso l'altare (che fungeva da sepolcro) dove uno era travestito da angelo. Le rappresentazioni così fatte divennero subito popolari estendendosi anche ad altre occasioni. Nel '300 in Inghilterra si ha un'enorme fioritura di rappresentazioni bibliche che accostavano episodi secolari e contemporanei, in spazi aperti (teatri ambulanti) in volgare, finanziati dalle le corporazioni di arti e mestieri. Le rappresentazioni così fatte più rilevanti sono i ‘mystery plays’, pervenuti a noi in quattro cicli. Il dramma ciclico era un evento cittadino che, essendo messo in scena per strada, coinvolgeva qualsiasi strato della popolazione. Queste rappresentazioni potevano svolgersi secondo due modalità: la rappresentazione ‘su pageant’, ovvero carri in movimento che si fermavano nel luogo designato ed erano allestiti per strutture sovrapposte dove quella superiore rappresentava il mondo celeste, il carro il mondo terreno e il suolo gli inferi; la seconda modalità era definita ‘in the round’ ovvero vi erano allestimenti in spazi fissi circolari che consentivano una maggiore mobilità agli attori e permettevano di allestire scene contemporanee in spazi differenti, il pubblico li accerchiava e interagiva con gli attori. l'interazione tra attore e pubblico avviene in una nuova sede teatrale, aperta ad un pubblico più ampio, ma segnata da diversi limiti alla libertà di composizione. 2. Il modello poetico e le fonti Il primo teatro pubblico inglese, The Theatre, venne costruito da James Burbage nel 1576 a nord di Londra; i principali teatri pubblici tuttavia sorsero nelle liberties, già luoghi di divertimenti. Di norma il teatro aveva una struttura circolare con tre ordini di gallerie che davano su un palco squadrato aggettato su un cortile dove, attorno a tre lati, gli spettatori trovavano posto in piedi a poco prezzo. Sopra la pedana stavano due colonne che reggevano lo spazio superiore ricollegandosi al tetto. Il palco aveva due porte ai lati per l’ingresso e l'uscita degli attori, e sopra un balcone. Le rappresentazioni erano diurne (senza possibilità di ricreare l’oscurità), con la scenografia indicata con cartelli; le parti femminili erano eseguite da uomini o giovani ragazzi. L'autore-attore doveva appartenere ad una compagnia patrocinata da un nobile o dalla corona stessa altrimenti veniva considerato al pari di un vagabondo. Il testo scritto veniva letto e corretto coralmente dalla compagnia e successivamente doveva superare il vaglio della censura regia da parte di un Master of the Revels; inoltre spesso i teatri venivano chiusi a causa di disordine pubblico o pestilenze. Date le limitazioni della scena e del contesto lo spettatore doveva fare appello alla propria immaginazione per seguire la scena che veniva creata, più che dall'intreccio, dai riferimenti poetici e retorici, dallo stile elevato ed eccentrico. Il criterio generale che rende possibile l'utilizzo di queste fonti è l'allusione che permette all'autore di parlare di storia, religione e politica senza incorrere in censure o riprese. Gli inglesi traggono i loro modelli soprattutto dai paesi con cui sono in conflitto come la Spagna o quelli che rappresentano la depravazione morale collegata al cattolicesimo. Possiamo dunque distinguere grossomodo gli autori elisabettiani di fine ‘500 in due diverse fasi: una fase di imitazione delle fonti, ed una fase successiva di loro traduzione poetica e tipologica. 3. L’imitazione: Lodge, Greene, Kyd Gli autori elisabettiani provengono dalle università di Oxford e Cambridge, il teatro quindi esordisce con autori che hanno un bagaglio di studi di retorica, lingue classiche e altre lingue nazionali. L'esplosione del teatro elisabettiano si concentra principalmente negli anni tra 1586-87, periodo della rappresentazione della Spanish Tragedy, e il 1594, anno della morte del suo autore. Questi primi autori elisabettiani scrivono anche teatro ma si interessano principalmente a prosa e poesia, infatti è il modello del poeta a prevalere. Lodge scrive Defence of Poetry, Music and Stage Plays per difendere le arti, inclusa quella teatrale. Più significativa è la produzione di Greene. La sua invenzione eclettica illustra perfettamente il rapporto dell’autore elisabettiano con i modelli e le fonti. I suoi personaggi esprimono compiutamente la loro natura allegorica tramite lunghi dibattiti in un contesto pastorale di derivazione italiana, in dialoghi che poco hanno di animazione teatrale, e con un’azione scenica quasi inesistente. La presenza di modelli stranieri ripresi sia dalla poesia che dall'opera teatrale raggiunge il suo culmine in The Spanish Tragedy di Kyd che si basa sulla ricerca di vendetta da parte di un Maresciallo di Spagna per la morte del figlio. Si ritrovano il contesto forestiero e gli stravolgimenti psicologici di carattere mediterraneo, il tema della vendetta e dell'onore elisabettiani, la donna come personaggio più debole. 4. La traduzione elisabettiana: Marlowe e Jonson Marlowe porta avanti questa unione tra forma poetica e fonti di vario genere ma con qualche differenza: con gli autori provenienti dalle università condivide la conoscenza della tradizione classica ma a differenza loro dalle fonti trae soprattutto storie e trame. Ribadisce la natura poetica del teatro e adotta uno stile alto riservato alla tragedia, i suoi protagonisti dominano la scena, e questo è reso possibile dall'uso del verso sciolto (blank verse). La polifonia elisabettiana resta ma Marlowe si concentra sul singolo passo testuale dove mescola riferimenti aulici alla tradizione antica e alla storia contemporanea, biblica, retorica e comica. Altro traduttore è Jonson che sperimenterà nella sua carriera tutte le fasi del teatro elisabettiano. Con Marlowe e Jonson le fonti disponibili vengono adattate al pubblico, con una distinzione: per Marlowe la traduzione di forme classiche e rinascimentali è creazione del linguaggio poetico elevato; per Jonson è creazione di tipi inglesi ricalcati su quelli classici e formazione di intrecci. Il teatro di Shakespeare 1. Shakespeare scrittore per la scena: fra occhio e orecchio Shakespeare è innanzitutto un uomo di teatro: prima di scrivere è attore presso la compagnia dei Lord Chamberlain's Men e solo dal 1592 inizia anche la sua carriera come drammaturgo; oltre a questo è anche fra i proprietari del Globe quindi ha un triplice interesse nello spettacolo. Proprio come proprietario e parte della compagnia l'autore guadagnava una cospicua somma di denaro. I suoi drammi non vengono scritti però per fare soldi in quanto la loro difficoltà narrativa e compositiva va al di là della ricerca di popolarità. Shakespeare riesce a unire l'accessibilità della scena e retorica del testo, le maggiori attrattive delle sue opere. Anche l'istruzione scolastica delle grammar schools era incentrata sulla retorica, principalmente sulla elocutio, quindi sulla persuasione mediante le parole e i discorsi. Shakespeare ha l'idea di una perfetta simbiosi fra udito e vista. Ciò era possibile anche grazie al fatto che la compagnia era composta da uomini di cui Shakespeare si fidava e i personaggi venivano creati proprio in base alle personalità di ognuno di loro, così che la realizzazione avvenisse nei modi e nella forma prevista dall'autore. Inoltre tutte le opere furono composte per uno specifico spazio fisico, primo fra tutti il teatro pubblico all'aperto. Shakespeare creava personaggi che riuscissero a dominare la scena costruendosi intorno una fiction teatrale, ognuno di loro infatti si costruiva il proprio ambiente e il proprio status al suo interno. È una relazione bidirezionale in quanto se l'attore crea l'ambiente adatto al personaggio, anche l'ambiente contribuisce a costruire il personaggio. Basti pensare che in mancanza di indicazioni sceniche come la scenografia stava all'attore far capire luogo, tempo e contesto sociale al pubblico e sempre attraverso costumi, gesti e comportamenti si scopre la gerarchia tra personaggi. Secondo alcuni critici, l'attore doveva compensare queste mancanze sceniche chiedendo al pubblico di lavorare di immaginazione per raffigurarsi le situazioni rappresentate, lavoro che Shakespeare richiederà esplicitamente nel prologo di 'Henry V'. Su questo patto tra attori e pubblico si basava il teatro elisabettiano. 2. Le proprietà del teatro shakespeariano: la scena aperta Sono tre le proprietà spaziali e culturali del teatro elisabettiano che permettono la nascita dell'attore- personaggio shakespeariano: l'apertura, la multidimensionalità e la fluidità.  Apertura: dipende dalla forma del palco e dal rapporto che si crea fra scena e arena nel teatro pubblico. Dato che è un thrust stage che proietta in mezzo al pubblico, il palco è necessariamente aperto e relativamente privo di ostacoli alla vista. Gli unici aspetti fissi sono la frons scenae, il fondo scena abbellito con pitture dove si aprono anche le due porte di ingresso-uscita, e i due pilastri di legno dipinti come colonne romane che sostenevano il tetto. Questa apertura offriva all’attore la responsabilità di essere oggetto dell’attenzione del pubblico, facendo sì che il teatro fosse sia di azione scenica che di parola. Consentiva, inoltre, agli spettatori un accesso visivo e uditivo privo di barriere. 3. L’articolazione spaziale: dimensione orizzontale e verticale  Multidimensionalità: riguarda la struttura e l'articolazione del palco nello spazio. Il palco era di circa 13 m in larghezza e 8 m in profondità, un'ampiezza strettamente funzionale alla drammaturgia. Oltre a simboleggiare la grandezza del mondo e a permettere a tutti gli attori di stare in scena simultaneamente, dava la possibilità di moltiplicare l'azione orizzontalmente con effetti di simultaneità e contrapposizione. Ruolo cruciale è quello delle due porte che nascondono il tiring house, gli spogliatoi, e su entrate ed uscite si fonda l'intero copione: i plays infatti non erano divisi in atti o scene ma l'uscita di un personaggio segna la fine della scena. L'utilizzo di queste porte era anche un simbolo per rappresentare due realtà spazio- temporali diverse tra loro. Importante è anche la dimensione verticale della scena creata dal sottopalco, dal palco e dal sovrapalco. Questa caratteristica viene ripresa dai pageants, i carri tardomedievali, e come in questi il sottopalco viene chiamato ‘hell’, mentre il soffitto sovrastante il palco veniva chiamato ‘heaven’. D'altronde il teatro di Shakespeare voleva essere visto come luogo deputato agli affari terreni contenuti tra cielo e inferno. 4. Fluidità, distanza variabile e rappresentazione dell’io  Fluidità: riguarda il rapporto fra scena e platea, soprattutto tra attore e spettatore. La profondità del palco permetteva all'attore di stabilire rapporti di notevole vicinanza con il pubblico. Il teatro elisabettiano e soprattutto shakespeariano crea una 'drammaturgia privata' del soggetto che interroga se stesso all'interno di una vasta arena pubblica. Con Richard III, ultimo della prima tetralogia dei drammi storici, si ha una rottura decisa dai lavori precedenti e si ha il primo dramma che dà ampio spazio al soliloquio e all' 'io' del personaggio che contrasta con l''altro'. Il monologo iniziale prende infatti la forma di una confessione con l'apparente funzione di una captatio benevolentiae ma che in realtà è fasulla e maschera il piano scellerato del personaggio per raggiungere il potere. L'uso dell'avanscena porta quindi all'esplorazione della personalità individuale. Altro aspetto della fluidità è che in assenza di un unico punto focale permetteva di avere una scena pluriprospettica e quindi l'utilizzo di tutte le aree recitative del palco per cui gli attori dovevano essere agili e capaci a catturare l'interesse del pubblico ovunque si spostassero e trovassero. 5. Donne sull’avanscena Shakespeare è il primo a dare ampio spazio discorsivo e scenico alla figura femminile. È il primo quindi che permette alle protagoniste di occupare l'avanscena soprattutto in un teatro che escludeva le attrici per cui i ruoli femminili dovevano essere interpretati da giovani ragazzi, i boy actors. Esempio più famoso è Cleopatra che mostra sempre le sue passioni spesso contraddittorie, eroina dei drammi di Shakespeare che più si mette in mostra e sfrutta tutte le possibilità del palco catturando sempre l'attenzione di chi la osserva. Tuttavia il territorio primario per i personaggi femminili di Shakespeare è la commedia: mentre nelle tragedie la protagonista è spesso parte di una coppia, nelle commedie è totalmente autonoma e creatrice del proprio destino. L'appartenenza ad una coppia non è la partenza ma l'arrivo attraversando pericoli e difficoltà che fanno prendere autocoscienza della superiorità intellettuale sull'uomo. Spesso le protagoniste per andare avanti con i loro piani devono travestirsi recitando parti maschili. Il travestitismo è invenzione del teatro italiano, ma l'autore gli dà uno spessore inedito per cui diventa occasione di autentica complicità tra la protagonista e il pubblico, unico a conoscenza dell'espediente adottato. La prosa del Cinquecento 1. L’istruzione… Ciò che accomuna tutti i testi in prosa di questo periodo è il principio dell'utile dulci, ovvero unire l'utile al dilettevole. I maggiori prodotti dell'Umanesimo inglese, come Utopia di Thomas More, affrontano tutti l'argomento del buongoverno. Utopia (1516) è un dialogo in due libri dove nel primo si ha un'aspra critica alle pratiche e alle istituzioni religiose, sociali e culturali contemporanee, nel secondo descrive i costumi degli abitanti di un’isola immaginaria dove regnano la democrazia e la ragione. Con la Riforma divenne fondamentale poter leggere direttamente le Sacre Scritture nella propria lingua e le traduzioni, per rispecchiare al massimo il messaggio divino, dovevano essere fatte sugli originali latini e greci. Con Elizabeth I si ha la Bishop's Bible che diventerà quella ufficiale, prodotta nel 1568. La Riforma si basava sul voler unificare il regno intorno ad un unico credo religioso ma con la soppressione delle istituzioni monastiche e la purgazione iconoclastica molto del passato culturale del paese era andato perso. John Leland, antiquario al servizio di Henry VIII, cercò di salvare quanti più documenti e manufatti potesse. Non riuscì a finire la sua History ma la quantità di appunti raccolta fornì molti spunti ai suoi discepoli. Intenti simili ebbero le cronache in lingua inglese votate ad accentuare il carattere nazionale di un paese reduce da sanguinose guerre civili. 2. …e il diletto Altre opere in prosa appartenenti al periodo elisabettiano, sempre con finalità didattica, sono quelle che puntano più all'intrattenimento. Soprattutto tra anni '60 e '70 si ha l'esplosione della novella: le fonti di queste novelle sono continentali, come Boccaccio e Bandello, ma anche classiche, come Livio ed Erodoto. 1649 e il 1660 in Inghilterra si proclamò la Repubblica del Commonwealth e Cromwell fu nominato Lord Protettore; il figlio gli susseguì ma non aveva le stesse doti quindi fu costretto ad abdicare e come unica soluzione si trovò quella di chiamare il figlio del re in esilio, Charles II, restaurando la monarchia nel 1660. Sia con James I che con il successore la corte diventa luogo importante per la rappresentazione teatrale. 2. 1660-1700 Con la restaurazione della monarchia con Charles II Stuart, chiesa e corte ritrovarono i perduti splendori e i puritani furono perseguitati. Anche i cattolici furono esclusi dalla vita pubblica e sospettati di essere gli appiccatori dell'incendio che nel 1666 distrusse buona parte della città. I problemi che avevano diviso Parlamento e monarca però non si risolsero, anzi si aggravarono quando Charles II sciolse il Parlamento dividendo così la popolazione in due schieramenti: da una parte i Tories, sostenitori del re quale garante della stabilità sociale e politica; dall’altra i Whigs, i liberali, più aperti alla tolleranza religiosa e alla libera iniziativa commerciale. Unica cosa che li univa era l’impossibilità di accettare che al trono salisse il fratello James II, convinto cattolico che appena salito al potere si arrogò il diritto di promulgare leggi senza consultare il Parlamento, facendo entrare i cattolici nell'esercito e nel governo. Nel 1688 un erede maschio rese concreta la possibilità di stabilire una monarchia cattolica, così il Parlamento strinse un'alleanza nascosta col protestante William d'Orange, marito di Mary figlia di James II, che sbarcò con un piccolo esercito e mosse verso Londra mentre il re scappava in Francia. La Glorious Revolution portò alla firma del Bill of Rights del 1689 che limitava i poteri del sovrano, riaffermava la supremazia del Parlamento e sottoscriveva alcuni diritti fondamentali dei cittadini. Importanti furono anche i cambiamenti letterari: la letteratura della Restaurazione si basava principalmente sugli heroic plays di Dryden sul conflitto tra amore e dovere. Il teatro della Restaurazione è legato alla commedia, soprattutto alle comedies of manners, con dialoghi arguti e trame piccanti sui costumi degradati dell'aristocrazia. La seconda parte del '600, detta neoclassica, vede un rifiorire delle arti e della letteratura durante un periodo di pace e stabilità economica. Si aspirava all’eleganza dei classici, la poesia è didascalica e spesso satirica. Il teatro del primo Seicento 1. Guerre fra teatri Dopo aver sostanzialmente superato la guerra contro i puritani e gli altri nemici del teatro, il teatro elisabettiano era libero di guerreggiare al suo interno. Il teatro diventa luogo di lotte che porta ad una variata molteplicità: aumentano sedi e scene possibili grazie ai teatri nella city. Alla corte si sviluppa il masque, genere raffinato composto da balli, musiche, scenografie e poesia dove eccelle Ben Jonson. Altro elemento che contribuisce alla moltiplicazione è la collaborazione tra gli autori e la specializzazione dei talenti con conseguente attribuzione specifica delle parti. Molte opere presentano un doppio intreccio spesso affidato a due o più autori separati, al punto che talvolta diventa difficile riconoscere addirittura a chi vada prevalentemente attribuita l’opera. Accanto ai teatri pubblici nascono i primi teatri privati localizzati all'interno della city. I teatri privati godevano di una sorta di illuminazione e spazi più comodi per il pubblico, il pubblico era più altolocato e quindi i prezzi erano più alti. 2. Tre filoni principali Evidente è l’aggancio ai modelli continentali, non solo nel rispetto delle unità drammatiche, ma anche nell’adozione delle fabulae e del linguaggio stilistico rinascimentali. Vista la moltitudine di autori in questo periodo si possono distinguere tre possibili mode teatrali: - la prima (1600-1616) presenta un'aggregazione tra tragico e comico; - una seconda fase della maturità contraddistinta dalle commedie di Middleton e Jonson; - una terza fase di proliferazione dei generi, che riguarda il periodo che arriverà alla chiusura dei teatri (1642). 3. L’aggregazione dei generi 3.1 La tragedia Nel primo gruppo di opere si segnala la predominanza della tragedia, tradizionalmente ritenuta la forma più alta, e quindi la più adatta a provare lo status dell’autore moderno. Sono di questo periodo le tragedie di Jonson basate su un’attenta traduzione e selezione delle fonti classiche. Ma è soprattutto la tragedia domestica ad avere successo, e domestica già nel senso familiare del termine. È anche il periodo delle tragedie di Shakespeare, soprattutto Hamlet: fiorisce infatti il genere della tragedia di vendetta, dove si ha la ricerca di una vendetta immediata attraverso una psicologia contorta risolta sempre con uno spargimento di sangue. 3.2 La commedia Alle tragedie si contrappone il canone comico che non ha più bisogno di chiedere in prestito per intero le trame. Dall’osservazione dei costumi decadenti di Londra e dagli eccessi moralistici dei puritani deriva la ‘city comedy’. La trama si basa sui modi di creazione e circolazione del potere e dell'autorità. La produzione era stata inaugurata da Dekker, il quale poi, in collaborazione con Middleton, ritornerà all’argomento domestico. 4. La maturità elisabettiana Il successo di questo genere comico, concentrato sulla scena sociale in cui vive l'autore, va di pari passo con le maggiori commedie di Jonson. I legami con la city comedy sono ben visibili già dalla scelta dello sfondo londinese e dalla messa in scena dell'imbroglio e della seduzione. In queste commedie della maturità l'unione tra modelli esterni e contesto inglese è perfetto e ogni personaggio ritrova la sua lingua e il suo stile. Con Middelton si ha un ritorno a intrecci jonsoniani come in The Changeling, suo capolavoro, dove si ricapitolano tutte le fonti a disposizione dell’autore elisabettiano: l’ambientazione mediterranea come luogo in cui le passioni si scatenano, l’omicidio come simbolo icastico del male interiore, e la degradazione della donna. 5. La proliferazione Segno distintivo di questa produzione è l’affermarsi quasi incontrastato della tragicommedia, nata da una contaminazione di generi. Rilevanti sono anche i temi di tradizione europea resi attraverso un maggior esotismo. Non di rado la tragicommedia viene ambientata in un luogo esotico con fonti italiane e spagnole. Ford invece sperimenta le tematiche dell'incesto, dell'orrore e dell'introspezione psicologica. Siamo arrivati quasi alla conclusione del lungo periodo elisabettiano e giacomiano: di lì a poco sopraggiungerà la chiusura dei teatri (1642). Il teatro del secondo Seicento 1. Il contesto sociale e culturale 1.1 L’istituzione del sistema monopolistico. La corte e le scene Nonostante i vari editti contro le rappresentazioni teatrali emessi dai puritani, i quali ordinarono la chiusura di tutti i teatri nel 1642, sotto il protettorato di Cromwell gli spettacoli continuarono in diversi edifici della città adibiti a sedi temporanee di rappresentazioni semi-clandestine. In questi luoghi si ospitarono i primi drammi musicali di Davenant. Per ottenere il permesso per la messinscena Davenant innestò nei suoi drammi una componente musicale innovativa, tesa a volgere l’attenzione del censore dall’elemento parlato dello spettacolo a quello cantato. Charles II, cosciente del mezzo propagandistico che poteva essere il teatro per ottenere consensi, concesse il ‘privilegio reale’ a Davenant e Killigrew: era una licenza che permetteva di fare teatro con diretto permesso del sovrano. I due crearono due compagnie teatrali diverse collegate direttamente alla corte, la Duke of York's Men e la King's Company. La prima ottenne il teatro a Lincoln's Inn Fields; l'altra si situò prima al Red Bull per poi spostarsi al Drury Lane. 1.2 Il repertorio e le donne La sospensione delle attività teatrali dunque aveva compromesso la composizione di nuovi lavori drammatici. A ciascuna delle due compagnie venne affidato un repertorio preciso su cui poter lavorare, calcolato per ripartire equamente l'attenzione del pubblico e per mettere in risalto le diverse tipologie di attori dei due teatri. A Killigrew, beniamino del sovrano, venne concesso il diritto di rappresentare i drammi più noti, costringendo Davenant a lavorare sulla messinscena spettacolare, quindi un repertorio più debole con un ensemble di attori meno esperti. Per la prima volta si aveva anche un gruppo di attrici che ben presto divenne una delle maggiori attrazioni del teatro. L’attuazione del sistema di licenze istituito da Charles II dette dunque vita ad una forma di duopolio teatrale che perdurò fino al secolo successivo. 1.3 Dalla corte alla city: la nascita di un nuovo pubblico Come simbolica data di chiusura di questa fase tardo-seicentesca si adotta il 1702, anno dell'ascesa al trono di Anne, ultima sovrana Stuart. Il passaggio dagli Stuart agli Hannover è segnato da due eventi importanti ed interdipendenti: il consolidarsi della sfera pubblica coincise con la nascita della cultura della coffee-house e anche del giornalismo. Questa nuova cultura investì anche il mondo del teatro con la testualizzazione di parte del repertorio drammatico visto ora anche come testo da leggere in solitudine. Se da un lato queste mutazioni culturali segnano il tramonto del potere aristocratico, annunciano anche l'incedere della nuova middle class borghese e mercantile; il teatro, staccandosi dai gioghi della corte, riuscì ad attrarre un pubblico più vasto e vario. 2. Il repertorio drammatico 2.1 La tragedia • Il dramma politico e la tragedia eroica: fu il dramma eroico a cogliere compiutamente il legame tra politica e rappresentazione teatrale. I personaggi principali erano eroi ed eroine di nobile lignaggio, appartenenti ad epoche e civiltà distanti nello spazio e nel tempo, vittime di conflitti tra obblighi e onore e fedeltà per lo Stato. Il dramma eroico aveva come obiettivo quello di suscitare l'ammirazione del pubblico colpito dai valori dei personaggi. Elemento patetico e componente privata iniziano a farsi sentire in una sorta di ibridismo perfettamente rappresentato da Dryden in All for Love. • Il dramma tardo barocco tra patetico e domestico: la commistione di sentimentale ed eroico riporta ad uno dei sottogeneri del dramma barocco, la tragedia patetica, secondo cui sarà la pietà provata per le sventure dei personaggi a prendere il posto dell'ammirazione della tradizione eroica. • La 'she-tragedy': iniziarono a diffondersi scene di forte impatto emotivo, il cui scopo principale era di provocare una reazione nel pubblico. Sono lavori di pathos, emotivi e basati su figure di donne forti e coraggiose o deboli e vulnerabili, messe a dura prova e sempre vittime della loro stessa virtù; questi drammi vennero ribattezzati 'she-tragedy' proprio per la centralità assunta dal personaggio femminile. 2.2 La commedia Al polo opposto della tragedia troviamo la commedia con ambientazioni, eventi e personaggi riconoscibili e condivisibili dal pubblico. Queste opere sono testimonianza della dimensione sociale della produzione leggera della Restaurazione detta anche “commedia di costume”. I dialoghi adottano il modello conversativo basato sul witticism, la battuta di spirito salace, a volte accompagnata da doppi sensi sessuali e caratterizzante la vita di corte con gli Stuart. Le figure ricorrenti sono rappresentate da una triade costante: la coppia di amanti (la ‘gay couple’), a cui si affiancano il ‘rake’, incarnazione degli istinti, e il fop, damerino totalmente opposto al rake. 3. Dal teatro al romanzo La tradizione drammatica della Restaurazione è una fonte inesauribile per la storia della letteratura inglese, proprio da queste basi verrà fuori il romanzo inglese settecentesco. L'influsso viene dalla commedia brillante che influenzò moltissimo il dialogo; anche l'ambientazione contemporanea e l'uso di personaggi e situazioni realistici in cui il pubblico si poteva riconoscere furono fondamentali. 4. Il teatro musicale e l’opera Durante il periodo della Restaurazione fu il riadattamento in chiave operistica di The Tempest di Shakespeare a rappresentare il successo più duraturo, frutto della collaborazione tra Dryden e Davenant. Nel primo decennio del periodo della rivoluzione molti poeti passano dalla circolazione manoscritta alla pubblicazione dei loro versi, alcuni pensano per la dispersione del pubblico ristretto, altri per aumentare nel pubblico il sentimento monarchico e anglicano con la diffusione di scritti di autori legati alla corte. A questo si interseca l’appellativo di Cavaliers. La triade per eccellenza dei Cavalier Poets è quella composta da Thomas Carew, John Suckling e Richard Lovelace, tutti poeti e cortigiani su cui influì molto Donne. Nella loro produzione predomina il tema amoroso accostato dal disinganno e da un materialismo cinico e disilluso che lo mostra come semplice passatempo. L'edonismo senza freni per Carew e Suckling era uno stile di vita trasgressivo e licenzioso corretto severamente con gli anni della rivoluzione testimoniati da Lovelace, il più giovane e il solo ad assistere alla caduta della monarchia. Nella sua poesia si ritrovano amore, amicizia, sentimento e onore. 4. L’Interregnum (1649-1660): Andrew Marvell e Abraham Cowley Queste sono due figure antitetiche politicamente: il puritano e pressoché sconosciuto Marvell e il monarchico e acclamato Cowley. Marvell è sempre stato abbastanza reticente nel divulgare i suoi lavori ma nonostante tutto è una grande testimonianza del suo tempo da un punto di vista privilegiato poiché conobbe personalmente personaggi eminenti del periodo, come Cromwell, a cui dedicò tre odi. Altrettanto importante in lui è il gioco del wit giocato su rapidi mutamenti prospettici che sfociano nel conceit ovvero la metafora estesa. Diverso è Cowley dove il tema politico ha una rilevanza notevole e si afferma come cantore della modernità. In lui la crisi registrata da Donne diviene un inno agli eroi del sapere scientifico e razionale nascente. 5. John Milton (1608-1674) Ha 50 anni quando inizia Paradise Lost che viene da subito considerato un capolavoro. Qui si affrontano i temi della ribellione (Satana) e della disobbedienza (Adamo ed Eva) che sono strettamente connessi con il periodo che si stava vivendo. Questo poema appare come frutto della cultura umanistico-rinascimentale e Milton vede i suoi maestri principalmente in Spenser, Shakespeare, Ariosto, Tasso e Dante, la Bibbia e Virgilio. Con Paradise Lost si vede il primo poema legato alla nuova era astronomica: si colloca infatti in un cosmo sconfinato e tridimensionale. Onnicomprensiva è anche la dimensione temporale: intorno all'azione principale di perdita del paradiso terrestre gira tutta la storia biblica dalla Creazione al Giudizio Universale, ripercorrendola retrospettivamente attraverso i colloqui tra Adamo e Raffaele e Adamo e Michele. 6. John Dryden e l’età della Restaurazione (1660-1700) John Dryden è il protagonista poetico della Restaurazione secondo i principi di equilibrio, decoro e disciplina artistica. Prende dai classici il modello di correttezza e proprietà di linguaggio indispensabili per il poeta moderno con centrale il concetto di refinement, raffinatezza. Importante è anche il concetto di restraint, ovvero moderazione, ripreso in difesa dell'heroic couplet, il decasillabo a rima baciata che padroneggiò. Negli anni '60 si impegna in una poesia d'occasione densa di figure nobilitanti che vuole celebrare la restaurazione della monarchia e i mutamenti storici e sociali favoriti dal ritorno della legalità. Nonostante l'omaggio a Cromwell, Dryden fu fedele alla dinastia Stuart come si vede in Astrea Redux dove Charles II è il grande Augusto che subentrato ai disordini della guerra favorisce la rinascita delle arti e del sapere. La poesia femminile in Inghilterra tra ‘500 e ‘600 1. Esiste un Rinascimento della poesia delle donne? Nel Rinascimento il modello cui la donna doveva sottostare era quello del silenzio e dell'obbedienza; tuttavia tra Cinquecento e Seicento la poesia femminile ebbe una fioritura notevole non limitata all'alta borghesia o all'aristocrazia ma estesa anche alle classi medio-basse. Non scrivevano solo del proprio privato o delle loro condizioni sociali ma si cimentavano anche nella poesia religiosa e politica oltre a scrivere di amore, emozioni e psiche. 2. La poesia, le traduzioni e il mecenatismo femminile di Mary Sidney Herbert, contessa di Pembroke La poesia early modern si diffondeva attraverso il mecenatismo sviluppatosi alla corte di Elizabeth I, gli Stuart e poi le corti di campagna quindi le country houses aristocratiche. Sotto questo aspetto la famiglia più importante era quella dei Sidney-Herbert. Mary fu la promotrice di un salone intellettuale fondato su un protestantesimo convinto dove venivano invitati vari scrittori, poeti e critici. Dopo la prematura morte in battaglia del fratello, Mary decide di continuare e terminare le sue opere letterarie iniziando così la sua carriera di scrittrice e traduttrice parafrasando i Salmi di Davide. Riesce a finirlo molti anni dopo rendendo ogni salmo in una forma metrica diversa e trasformando ognuno di essi in una poesia a se stante. 3. Isabella Whitney: una voce piccolo borghese nella vita quotidiana di Londra Proveniente forse da una famiglia piccolo-borghese in declino, lei e sua sorella finirono al servizio di nobili: le difficoltà economiche, tema della sua poesia, sono uno dei motivi che la spinsero a scrivere. È la prima donna nell'early modern a pubblicare i suoi versi traendone guadagno. Non ha sensi di ribellione verso figure maschili nella sua vita, non ha bisogno di esprimere punti di vista religiosi o politici e non possiede ricchezza materiale. La poesia The Manner of her Will prende come pretesto la sua partenza da Londra per sottoscrivere un testamento: rielabora ed unisce quindi due generi, il blasone (elenco particolareggiato del corpo femminile) e il testamento (sottogenere problematico per le donne in quanto avevano pochissime proprietà). Denuncia così il fatto che la povertà la costringe a partire e si vendica di una società che le impone questo abbandono. 4. Il Canzoniere di Lady Mary Wroth: lo sguardo in altro di una donna nel Rinascimento Nipote di Philip e Mary Sidney, connessa per legami familiari all'ambiente letterario aristocratico, sposa Robert Wroth divenendo una figura importante alla corte di James I. È autrice del primo romanzo in prosa a sfondo pastorale che si chiude con un canzoniere di stampo petrarchesco Pamphilia to Amphilantus che narra della storia d'amore tra i protagonisti di 'Urania'. È la prima sequenza di sonetti e canzoni d'amore scritte da una donna. Pamphilia si rivolge all'infedele Amphilantus cantandogli il suo amore, i suoi dolori e la sua tristezza: la voce poetica femminile capovolge il dramma petrarchesco poiché l'amante è la donna e l'oggetto del desiderio è un uomo. Cap. 4 – Il Settecento Periodizzazione: dalla Glorious Revolution del 1688 alla Rivoluzione industriale negli anni ’70 del secolo. In questo secolo vediamo emergere la coscienza dell’identità nazionale in Inghilterra. La Glorious Revolution segnò la fine dell’egemonia dell’aristocrazia ed elevò il Parlamento a soggetto dominante. La Gloriosa rivoluzione portò alla deposizione di Giacomo II d'Inghilterra e alla sua sostituzione con Guglielmo III e sua moglie Maria II Stuart. Risolti i contrasti interni, l’Inghilterra si avviò verso uno sviluppo maturo e raffinato, assumendo come modelli autori classici come Virgilio e Orazio. Questa fase è definita Augustan Age o Neoclassical Age. Siamo in un’epoca di pacificazione fra le ali estreme del Parlamento e di forti mutamenti economici. Inoltre, emerge sempre più la figura del primo ministro Robert Walpole (1721-1742), durante i regni di George I e II, estranei alla realtà britannica e non anglofoni. Con l’Act of Union del 1707 nacque ufficialmente la Gran Bretagna: una fusione intesa a favorire l’avvento della dinastia protestante degli Hanover e a evitare il ritorno al potere del cattolico James Stuart. A livello sociale: 1) nuova ricca borghesia mercantile dei gentlemen, che sosteneva Walpole e gli Hanover, ed era tollerante in materia religiosa; 2) lo strato intermedio dei piccoli imprenditori, commercianti e artigiani (the people), meno entusiasti della politica del governo e più legati alla tradizione puritana; 3) la gran massa dei derelitti, the mob. Il diffondersi del sistema delle enclosures provocò un progressivo impoverimento delle fasce deboli dell’Inghilterra rurale. Sullo sfondo si stagliava il problema del dominio coloniale; la Gran Bretagna si assicurò il controllo sulle rotte atlantiche, consolidò la conquista dell’India e sottrasse il Canada alla Francia: tutto ciò rese la Gran Bretagna il più forte e vasto impero coloniale esistente. La guerra d’indipendenza delle colonie americane si concluse con il distacco di una parte rilevante dei possedimenti britannici, compensato dall’acquisizione dell’Australia. George III (dal lunghissimo regno) fu il primo della casa Hanover ad essere nato in Gran Bretagna, ma, dopo un’iniziale popolarità, il re ebbe difficili rapporti con il parlamento, aggravati da una malattia mentale, e fu considerato responsabile della perdita delle colonie americane. La Rivoluzione Industriale chiuderà l’epoca, inasprendo il contrasto tra l’esibizione del lusso delle classi agiate e la miseria e l’ignoranza del popolo. I generi peculiari del secolo sono: l’autobiografia, il romanzo, il giornalismo e la scrittura di viaggio. Il romanzo del Settecento 1. Narrare il quotidiano Il Settecento è il punto di partenza del romanzo moderno grazie alla coincidenza di fattori socio-economici e culturali che coinvolgono lo sviluppo della stampa e dell’editoria, e quindi tutta la produzione scritta: periodici, lettere, diari ecc. L’interesse in queste forme di letteratura “minore” è nell’esperienza del quotidiano di gente qualsiasi, in situazioni realistiche: da queste produzioni di sviluppa il romanzo. - romance: scrittura in prosa dell’epoca (da cui vuole prendere distanza il romanzo), personaggi idealizzati e allegorici alle prese con avventure fantastiche, destinata a un pubblico acculturato. - novel: la storia vuole essere credibile, l’autore inserisce un’avvertenza in cui spiega di aver ritrovato un manoscritto e garantisce la veridicità del racconto. Questo escamotage permette all’autore di 1) evitare la censura puritana e 2) invitare il lettore a cercare identificazione nelle situazioni e nei personaggi narrati. Il progressivo allargamento dell’audience alle fasce meno colte (grazie anche ai prestiti delle circulating libraries) costringe le tematiche letterarie alla semplicità, al di fuori della tradizione alta. Il tema fondante del novel è la ricerca, da parte dell’eroe/eroina, della sopravvivenza e di un ruolo appropriato e confortevole nella società; talvolta questo implica una quest per individuare la propria origine o il matrimonio giusto, i due indicatori sociali essenziali del periodo. L’ordine cronologico della storia segue il processo di arrampicata sociale. Nella prima fase la narrazione è in prima persona (Defoe, Richardson) e sarà Fielding a introdurre la narrazione in terza persona con narratore onnisciente. Realismo  Sarebbe meglio parlare di illusione/effetto di reale; Ian Watt parla di “formal realism”, collegando la forma del novel alla crescita delle classi medie e al loro desiderio di accostarsi a storie di persone come loro. Davis puntualizza che il termine “realismo” non era usato in inglese prima della metà del XIX secolo; ad esempio Richardson parla di “represent real life”. Davis conia l’espressione “factual fiction”, un testo che cerca di coprire la propria fictionality affrontando vicende plausibili e razionali. L’ansia di veridicità è segno del “social discours” (la letteratura è un discorso controllato dalle istituzioni sociali e prodotto della società) a cui il genere appartiene: il sorgere del novel parallelo a quello delle news ha portato la necessità di regolamentare la veridicità e quindi a distinguere i due discorsi, da un lato i facts, dall’altro la fiction. 2. Il ruolo del lettore Il genere del romanzo si accompagna da subito a considerazioni teoriche condotte dai suoi stessi ‘padri’ e ‘madri’. Queste riflessioni tengono conto della nuova società dei consumi, in cui emerge lo scrittore di professione, che vive della sua penna, e dove i lettori assumono il ruolo di compratori. Questo nuovo modo di fruire i testi porta al proliferare di Prefaces e Introduction, volte ad attirare l’attenzione del lettore. Questa discussione si svolge dalle pagine di giornali a vasta diffusione, fra i quali lo Spectator. Il termine novel non compare, e l’attenzione è rivolta al processo di ricezione del testo, quindi al lettore più che al testo stesso. La seduzione del testo letterario va creata dagli autori partendo dalle nuove condizioni di fruizione: il pubblico è vasto e diversificato (vi rientrano anche le donne). Si riflette sull’opportunità di solleticare la meraviglia del lettore stimolandone immaginazione e memoria. 3. Romance/novel Il problema terminologico permane nel Settecento. Il termine ‘novel’ in uso oggi, esisteva già nella lingua inglese sia sottoforma di aggettivo (nuovo) che come sostantivo (notizia) e anche nell’accezione di novella italiana. L’area semantica era comunque quella della novità. - Congreve distingue tra romance (cavalleria e roman francese) e novel (novella italiana e sue imitazioni). - Richardson sottolinea la qualità nuovissima delle sue opere, fra cui i romanzi in forma epistolare Pamela e Clarissa. - Anche Fielding parla del suo Joseph Andrews, parodia di Pamela, di una forma di scrittura mai usata prima e del fatto che si tratta di una descrizione di comportamenti, non uomini. Londra contemporanea e del mondo civilizzato stesso, mentre Steele stimolava viaggi reali, suggerendo che la conoscenza di altri paesi fosse un arricchimento per il popolo inglese. Il modo in cui questi periodici affrontarono la vita quotidiana anticipa alcune delle peculiarità del romanzo. Entrambi i periodici ebbero anche versioni femminili: il Female Tatler e il Female Spectator, che trattava i temi dell’educazione delle donne in un contesto morale e attraverso una forma narrativa coinvolgente. La differenza fra giornalismo e letteratura è difficile da stabilire a questa data: ad esempio, lo Spectator accolse nuclei narrativi su temi letterari, mentre dallo stile approssimativo di Daniel Defoe, che si occupava da giornalista di materia di interesse pratico, nacque il genere più fortunato del romanzo. Defoe ha inoltre prodotto un reportage giornalistico unito a realismo immaginativo, costruito su statistiche ufficiali e sulla testimonianza di un sopravvissuto alla peste di Londra del 1664-65. Club e coffe house  Nonostante la progressiva autonomia dell’uomo di lettere, la vita sociale nei primi decenni del secolo rispondeva all’appartenenza ai clubs, come il Kit-Cat o lo Scriblerus. Gli incontri dei clubs avvenivano in ambienti privati, ma anche in luoghi pubblici, le coffee houses. Tali spazi sono stati letti come esemplificazioni della democratizzazione del mondo letterario inglese, luoghi in cui società aristocratica e nuova classe intellettuale si incontravano; in realtà, per lo meno all’inizio del secolo, erano luoghi abbastanza esclusivi, vietati a donne e classi sociale basse, e frequentati da persone che condividevano modi di pensare. Si è sostenuto che il dibattito letterario svolto nelle coffee houses o sulle pagine dello Spectator non fosse che il banco di prova di un dibattito su questioni politiche. In realtà, Addison evitava argomenti scottanti e potenzialmente fautori di divisione, come la politica, per potersi accaparrare un pubblico più vasto. 2. Istruzione e galateo Il courtesy book divenne popolare in Inghilterra a partire dal ‘400 ed ebbe grande impatto culturale nel ‘700. Si tratta di un codice di principi e di comportamento etico a cui aspirare la propria esistenza, e fornisce indicazioni morali e istruzioni pratiche di vario tipo. Talvolta era indirizzato a specifiche figure professionali, ma i conduct books più numerosi sono quelli destinati alle lettrici, come le Familiar Letters (1741) di Richardson. Dedicati ai maschi sono invece il Vade Mecum (1734) sempre di Richardson. I chapbooks erano un formato più sintetico di tali libri, e venivano venduti da venditori ambulanti, i chapmen, insieme ai jestbooks (libri di facezie) e alle ballate. Queste versioni ridotte di opere su eroi nazionali permisero la diffusione anche fra gli umili di un senso di orgoglio nazionale e di valori comuni. 3. Scritti polemici La scrittura polemica (politica) approfittò del giornalismo per manipolare il lettore. Swift usò la satira, realizzata attraverso iperboli e litoti, nei pamphlet intesi a indagare il carattere coloniale del rapporto fra Gran Bretagna e Irlanda (come A Modest Proposal (1729)). 4. La scrittura dell’io Sotto le spoglie dei personaggi fittizi dei giornali, come Mr. Spectator, spesso si trovano pagine di diario. Le riflessioni del singolo stese in solitudine approdarono così allo sguardo del pubblico. Frances Burney a sedici anni iniziò a scrivere un diario destinato a Nobody, il signor Nessuno, che si trasformò poi in lettere alla sorella Susanna. Alla sua morte lasciò alla nipote la decisione della pubblicazione, e furono quindi pubblicati i The Journals and Letters of Fanny Burney. 5. Storia e critica letteraria Nelle Lives of the English Poets (1779-1781) Johnson rivendicava al proprio secolo il merito di aver stabilito principi di critica letteraria universalmente validi (l’invenzione della categoria ‘English Literature’ appartiene a questo periodo). La comparsa di Prefaces e gli interventi degli scrittori sui periodici testimoniano l’interesse degli autori di spiegare ai lettori come leggere i testi. Lo sforzo critico era orientato sul lettore, con lo scopo di offrirgli piacere. Il vistoso allargamento dell’impero britannico impose un ripensamento della storia nazionale e della letteratura capace di accogliere epoche e terre lontane. Il secolo registrò una grande produzione storiografica con grande successo commerciale: il genere era adatto a tutti, donne comprese, perché istruttivo e moralmente educativo. Inizialmente rappresentavano soprattutto personaggi-chiave capaci di stimolare il processo di identificazione; ma la nascita dello storico di professione si accompagnò alla separazione della storia dalla voce autobiografica modificando anche il modo di raccontare il passato: non più come esperienza vissuta, ma al di fuori della prospettiva dei protagonisti. La poesia del Settecento fino al 1785 1. L’età di Pope Tra l’anno della morte di John Dryden (1700) e quella di Alexander Pope (1744) si compie la transizione da wit metafisico, acume che dà vita a paradossi intellettualmente destabilizzanti, e il wit inteso come pungente vivacità e destrezza linguistica. Inoltre, grazie a Pope, si stabilizza l’uso del couplet. La concisione epigrammatica e la nettezza dell’articolazione sono caratteristiche della sua poesia che si rivelarono assai influenti. Influenti furono anche le sue scelte di ‘genere’: Pope privilegiò poesia satirica e didattica. Importanti furono anche le sue traduzioni dell’Iliade, che lo rese economicamente indipendente dai mecenati e dal pubblico, e dell’Odissea. A partire da An Essay on Criticism (1711), breve trattato in versi alla maniera dell’Ars poetica oraziana, Pope si fece paladino di ideali estetici che, trasferiti in ambito etico e filosofico, informeranno tutta la sua produzione. Non diversamente dalla bellezza naturale, la bellezza artistica è armonia delle parti, e, quindi, frutto di un dosaggio di ingredienti diversi. La stessa cosa vale sul piano cosmico: per quanto incompresa a noi, creature imperfette, l’armonia universale esiste. Ma Pope non fu soltanto il poeta dell’etica della benevolenza, in lui troviamo anche la parodia, il sarcasmo, la satira. Questa operazione conduce ad esiti ben diversi nel The Dunciad, capolavoro della maturità passato attraverso più stesure prima di arrivare all’edizione finale del 1743. Pianificata sul modello dell’Eneide, è un’epopea grottesca della stupidità, la dullness, personificata dalla dea “daughter of Chaos and eternal Night” e che trova un perfetto adepto nel protagonista: Colley Cibber, il poeta laureato del tempo, che viene incoronato re degli stolti e a cui spetta estendere a dismisura l’impero della Dullness e che infine coopera con la dea per restituire il mondo al caos, che da ultimo seppellisce tutto. Poema che registra lo svilimento e la mercificazione delle lettere, The Dunciad è una satira feroce degli ‘scribacchini’, gli scrittori del momento, e sono numerosi i riferimenti a personaggi e luoghi della Londra contemporanea. The Dunciad è satira politica e sociale: per Pope, la degenerazione delle lettere non è che l’inizio di un più ampio fenomeno degenerativo che coinvolge l’élite culturale fino alla corte. 2. L’età preromantica Il panorama poetico dell’età preromantica si sviluppa come reazione alla poesia augustea. Si passa da una visione mimetica dell’arte ad una pratica poetica che privilegi la commozione, il sentimento: i poeti si avventurano nella sfera dell’emotività, attraverso la mediazione della natura o di un lontano passato medievale e cavalleresco. La poesia preromantica è soggettiva, introspettiva, disancorata dalla realtà, da quel presente che troppo a lungo ha monopolizzato l’attenzione dei poeti augustei. Negli anni ’40 questa idea di poesia sublime diviene parola d’ordine. Compito della poesia non può essere solo quello di istruire e dilettare; occorre che la poesia agisca ben più in profondità, suscitando entusiasmo, sgomento, stupore. L’opera che meglio esemplifica questa urgenza di cambiamento è il poema di Edward Young, i Night Thoughts (1742-45), in cui, esplicitamente di contro a Pope, Young sceglie la dimensione del trascendente e adotta il blank verse. Il poema, suddiviso in nove parti intitolate ‘Notti’, è una meditazione sulla morte cristianamente intesa come inizio della vera vita. La tenebra della ‘notte’, a simbolo sia della morte sia del lutto del poeta, che avvolge l’io poetante, intende richiamare un’idea di poesia posta al servizio non dell’imitazione ma della visione. Il poeta amava la vertigine, lo slancio, il travalicamento: non si potrebbe essere più lontani dall’etica della misura di Pope. Young, invece del limitato, sceglie l’infinito, e questo spazio cosmico smisurato viene detto da lui piccolo, quando commisurato all’interiorità umana. Dinnanzi a tale scenario grandioso cambia anche l’espressione linguistica che si presenta enfatica e declamatoria, prorompendo incontrollata sotto la spinta di emozioni. A partire dagli anni ’50, Il primitivismo e la riscoperta del Medioevo ebbero importanti ricadute sulla poesia. Si assiste alla produzione poesie votate alla riscoperta del passato e delle sue voci sepolte in manoscritti dimenticati; in realtà, tese a reinventare quel passato, prestando ascolto alle esigenze del presente. Tratto comune di questi lavori è l’ibridismo che li caratterizza, l’essere in bilico fra ‘riscoperta’ e ‘invenzione’. Thomas Percy in Reliques of Ancient English Poetry (1765), raccolta di ballate e componimenti poetici del Medioevo e del Rinascimento, ingentilisce i testi espungendone i tratti vernacolari e popolari e accordandoli alla sua visione idealizzata di Medioevo. È evidente la comune volontà di distanziamento dalla poesia augustea unita a un’aspirazione verso il ‘nuovo’, pur se ammantato d’antico. Dagli anni ’70 al 1785 c’è un abbassamento di tono che, da solenne o scomposto, diviene umile e familiare; e c’è un ritorno alla realtà contemporanea, accompagnato dalla ripresa del tema sociale. In The Deserted Village (1770) di Goldsmith fa ritorno il couplet, che ingentilisce la scena evocata: il villaggio, spopolato dai mutamenti economici in atto. Il teatro del Settecento fino al 1785 L’aspetto moralistico-didascalico dell’opera d’arte sembra perdere la sua centralità: l’exemplum morale risiede con frequenza sempre maggiore nell’espressione dell’emozione. Il nuovo tipo di commedia che ne deriva esalta l’azione morale a scapito del comportamento sociale, privilegiando i sentimenti della benevolenza e della carità sulla frivolezza mondana caratterizzante le opere teatrali di ambito cortese del secolo precedente. Nel dramma serio alla tragedia di argomento storico va ad affiancarsi il dramma borghese, un genere ibrido. L’affermazione dell’etica borghese comporta il rifiuto dei valori aristocratici, e cambia anche la rappresentazione delle relazioni di classe, soprattutto nel rapporto fra mercanti e nobiluomini. 1. Il repertorio • Una Talia confusa: la commedia morale e la commedia sentimentale Nel 1737 il Licensing Act voluto da Robert Walpole causa uno iato profondissimo nel teatro inglese. Nel decennio precedente l’editto, in cui spicca il personaggio di Henry Fielding, l’apparato politico-culturale che imponeva la censura nei confronti dei riferimenti politici portò a una produzione comica modellata sulla satira, e rivolta verso l’attualità più stringente. Ma, in seguito all’intervento del censore, venne a imporsi un nuovo tipo di commedia, totalmente apolitica e volta alla descrizione del sentimento nella sfera delle relazioni umane, governate da una preordinata giustizia secondo la quale il vizio viene punito e la virtù trionfa. Colley Cibber fu fra i primi a cogliere questo mutamento: incarnazione stessa della commedia restaurata grazie ai suoi fop, fu attento a mantenere gli intrecci e la tipizzazione dei personaggi di quel tipo di commedia, offrendone al tempo stesso una versione edulcorata e moraleggiante. I personaggi dai costumi disinibiti e dalla moralità contestabile vengono giudicati con occhio critico dal pubblico settecentesco. La trama economica che caratterizza larga parte della commedia della Restaurazione è trasformata in un intreccio sentimentale al termine del quale, dopo varie peripezie, si retribuisce l’amore dei giovani amanti, mentre l’avidità e l’ipocrisia dei parenti vengono punite. Adesso è solo per libera scelta e non per obbligo filiale che i giovani innamorati si uniscono in matrimonio. La commedia settecentesca porta a compimento un processo di trasformazione già preannunciato da The Way of the World (1700) di Congreve, che oggi è riconosciuto come apice della tradizione comica della Restaurazione, ma che al tempo si rivelò un fallimento. Congreve trasporta sulla scena trame costruite intorno a criteri di serietà, rispettabilità e rigore morale; suo scopo non è quello di far nascere il riso quanto, semmai, il sorriso, e far scaturire una commozione educativa e una compartecipazione umana. • Melpomene si fa borghese: il dramma georgiano Lo smantellamento dei valori aristocratici porta alla nascita della tragedia borghese di ambito domestico, i cui personaggi medi e vicende private anticiparono l’affermazione del romanzo. Centrale in questo passaggio risultò l’importanza assegnata al valore interiore dell’individuo, riconosciuto come indipendente dallo status sociale. Questa constatazione permise l’elevazione del personaggio umile a soggetto di quelle azioni tragiche fino ad allora riservate a nobili ed eroi. La necessità didattica tipizza fortemente i personaggi, i cui nomi, dal valore di descrittori di precise tipologie umane, rimandano non soltanto a professioni o condizioni sociali, ma anche a qualità morali, vizi e virtù. 2. La poetica dell’ibridismo Gran Bretagna prese forma il movimento abolizionista: si presentarono al Parlamento varie petizioni contro la schiavitù, e si raccolsero prove e testimonianze per mostrare agli inglesi la ferocia del commercio di esseri umani. La tratta degli schiavi fu sospesa nel 1807. I romantici risposero all’imperialismo britannico in modo complesso e ambivalente. Fra i contributi poetici ricordiamo: William Blake, la cui intera poesia si erge contro ogni forma di schiavitù, mentale, politica, religiosa. Nel poemetto The Little Black Boy (1789), scritto in prima persona, la voce del piccolo africano esprime il desiderio di parità di tutti i bambini di fronte a Dio e una gioiosa fraternità con il bimbo bianco. Wordsworth in Humanity (1829) sottolinea l’assurda contraddizione dell’Inghilterra che da un lato rifiuta la schiavitù sul proprio suolo e, dall’altro lato, è complice del commercio degli schiavi in altri territori. Le poetesse giocarono un ruolo preminente nella campagna abolizionista: in quanto donne si sentivano esse stesse private dei diritti civili ed economici: Hannah More scrisse Slavery, a Poem (1788) alla vigilia della discussione in Parlamento del primo disegno di legge presentato da Wilberforce. 2. Rivoluzione industriale e urbanizzazione: la rivolta dei poeti La Rivoluzione industriale tracciò una separazione profonda tra le diverse sfere dell’identità sociale e dell’appartenenza a classi, generi ed età, distruggendo l’antico spirito comunitario. La divisione fra gruppi sociali causò conflitti e ingiustizie che i romantici condannarono e denunciarono. Notevole fu l’impegno civile e sociale dei quaccheri, degli evangelici e dei ‘dissenters’, gruppi religiosi che non si riconoscevano nella chiesa anglicana. Il Romanticismo coincise con uno dei periodi più burrascosi per la Gran Bretagna, che vide guerre prima con l’America e poi con la Francia, e la più profonda trasformazione sociale e urbana dell’epoca moderna. Nel ‘700 i vari ‘enclosure acts’ avevano tolto ai contadini la possibilità di accedere agli ‘open fields’ per il proprio sostentamento, spingendoli a trovare lavoro nei centri urbani. Le campagne si spopolarono e le città cambiarono volto per accogliere grandi impianti industriali e per ospitare in condizioni di vita disumane i contadini trasformati di colpo in manodopera operaia. Questa realtà diede impulso a una letteratura impegnata su temi civili. La poesia registrò le crescenti contraddizioni di una società che da un lato possedeva un elevato grado di alfabetizzazione, ma dall’altro era affetta da una fortissima mortalità infantile, un grave inquinamento e l’aumento del vagabondaggio. Fra gli intellettuali romantici di prima generazione William Blake, nato e vissuto a Londra da una famiglia medio borghese, si fece maggiormente portavoce del crescente disagio sociale. Fu poeta, incisore e pittore, e, nelle sue stampe miniate, come nei testi medievali, accompagnava il testo con l’immagine che diveniva una sorta di paratesto esplicativo. Blake riteneva prioritario occuparsi di quanto avveniva sulla terra e nella società. Nemico di tutto ciò che mortifica e costringe l’essere umano, riteneva che solo l’immaginazione avesse un potere liberatorio e salvifico e che fosse dovere del poeta denunciare ogni forma di sfruttamento. La sua poesia canta la libertà e l’eguaglianza. Il testo più esemplare del suo impegno civile è il poemetto London, appartenente alle Songs of Experience (1789). La voce poetica deplora l’urbanizzazione selvaggia e la divisione fra classi sociali; Londra appare come una città infernale della quale l’io poetico testimonia il degrado e il diffuso stato di malessere. Tuttavia, l’infelicità è prodotta dalla mente umana che crea essa stessa le proprie catene assoggettandosi a imposizioni di poteri e istituzioni, come la chiesa, il palazzo reale e il matrimonio borghese. William Wordsworth nelle Lyrical Ballads affronta il presente con la consapevolezza di trovarsi di fronte al tramonto dell’universo agricolo, alla perdita degli antichi legami affettivi e al rischio di essere circondati solo dal cinismo materialista dell’urbanesimo. Il senso desolante di tale perdita e la confusione che essa genera sono illustrati in Residence in London, in cui la descrizione della fiera di San Bartolomeo, quasi modernista nell’assalto di suoni e immagini che colpiscono vista e udito di chi la testimonia, evidenza come ogni differenza o identità personale viene annullata da questa perpetua girandola. La seconda generazione romantica non dimentica la denuncia di Blake contro lo sfruttamento dei deboli e dei bambini. Se nel 1833 il Factory Act aveva decretato l’illegalità del lavoro in fabbrica dei bambini sotto nove anni, agli altri era ancora richiesto di lavorare otto o anche dodici ore al giorno. La condanna viene da autrici come Letitia Landon: nella poesia The Factory (1835), la Landon descrive lunghe file di bambini che si avviano al lavoro della fabbrica nel mattino fuligginoso come se fossero corpicini morti, privati della vita. 3. Nostalgia, gusto antiquario e medievalismo La Rivoluzione francese generò sul suolo inglese un clima politico oppressivo che ne limitò le tradizionali libertà: nel 1794 il governo di George III promulgò leggi che sospesero la libertà di stampa e introdussero i reati di opinione. La Rivoluzione, che aveva alimentato speranze straordinarie, finì, a causa del periodo del Terrore e del conflitto anglo-francese, con inimicizie e delusioni. Charlotte Smith nel suo poema The Emigrants (1793) ebbe il coraggio di promuovere la fratellanza fra inglesi e francesi, divenuta impossibile da immaginare. L’io poetico osserva gli esuli fuggiaschi dalla Francia che approdano in terra inglese, nemica, dove le barche, tradizionale simbolo dell’immaginazione romantica, s’incagliano. Nella sua produzione elegiaca aleggia una grande malinconia per le afflizioni che la vita le ha riservato; non solo si presenta come madre-martire, ma sembra rifiutare il potere consolatorio dell’arte. Nostalgia e malinconia sono alimentate anche dal gusto antiquario che attraversa due generazioni di poeti romantici. Questo revival medievale aveva trovato terreno fertile anche nel resto d’Europa. Il gusto antiquario inglese fu il frutto della tensione la necessità di ricostruire un sentimento nazionale. Il ricorso alla ballata è frequente nel Romanticismo così come il clima malinconico, notturno e fantastico che caratterizza le antiche ballate a cui i poeti attinsero. Robert Southey, il terzo dei lake poets con Coleridge e Wordsworth, produsse romances che mettono insieme esotismo e gusto antiquario, spesso associato a quello orientalista, a cui si ispirerà Coleridge per il suo Kubla Khan. Southey si dedicò alla ricerca rivolta al passato gallese e celtico. Joanna Baillie, di antica famiglia scozzese, amò profondamente la sua terra anche in seguito al trasferimento a Londra. Si nutrì del gusto celtico e popolare del suo tempo per produrre una poetica che anticipa il manifesto romantico di Wordsworth e Coleridge. L’attenzione ai moti dell’anima, alle passioni che condizionano le scelte umane e, d’altra parte, la necessità di ricorrere a un linguaggio semplice per convogliare più direttamente tali sentimenti, furono sperimentati in poesia quasi dieci anni prima della pubblicazione dei suoi plays. La sua prima raccolta di poesie, Poems, apparve nel 1790 e non suscitò interesse critico al punto che la Baillie decise di abbandonare il genere poetico e dedicarsi interamente al teatro. Nei Poems l’interesse è per la tradizione bardica non solo scozzese, e si conferma l’atmosfera magica dei tempi antichi e carica di sublimi passioni. Qui sono le passioni e i sentimenti dei personaggi, piuttosto che le loro azioni, ad essere esplorati. La sua poesia è capace di suscitare emozioni e di rendere spirituale il naturale, di narrare la simbiosi con gli elementi e le stagioni attraverso un linguaggio semplice e coinvolgente. I suoi personaggi favoriti sono i fanciulli e la gente semplice ma vi è anche una grande attenzione verso figure che vivono al margine della società. 4. Lyrical Ballads e Dorothy Wordsworth: il linguaggio della natura Nella “Preface” alle Lyrical Ballads nell’edizione del 1800, Wordsworth illustra la sua poetica, ovvero la sua volontà di utilizzare un linguaggio semplice e popolare, specchio della bellezza naturale e veicolo dei sentimenti e delle passioni della gente comune. Per Wordsworth il poeta è “a man speaking to men” sebbene dotato di maggiore sensibilità: in questo esprime un orientamento democratico. La ricerca di Wordsworth approda al mondo degli umili e della natura, mentre Coleridge guarda alla dimensione spirituale del marinaio errante di The Rime of the Ancient Mariner. Il marinaio è costretto a narrare la sua storia dall’obbligo morale di ripetere il suo racconto di espiazione. Wordsworth e Coleridge condividono una visione retrospettiva: nel primo si cerca di ritrovare una perduta dimensione comunitaria; nel secondo la nostalgia è per un passato che precede la caduta causata dal peccato originale, e che solo il ritorno a un linguaggio arcaico, purificato, può restituire. Se Wordsworth canta i destini degli umili dando a essi un’identità, e indaga chi è posto al margine della grande storia, Coleridge dipinge un affresco allegorico delle condizioni spirituali dell’umanità. È loro volontà mescolare sentimento e storia, naturale e spirituale. Nella Biographia Literaria (1817) di Coleridge troviamo annotazioni riguardo l’intento della scrittura delle Lyrical Ballads. Esse appaiono come ‘poetry of nature’ perché contengono due elementi cardini: il potere di suscitare la simpatia del lettore e il potere di vedere il mondo come per la prima volta attraverso il potere dell’immaginazione. Per quanto riguarda il procedimento poetico, Coleridge avrebbe scelto situazioni e personaggi soprannaturali ma, impegnandoli di sentimenti del tutto umani, li avrebbe resti verosimili; Wordsworth, viceversa, avrebbe trattato di fatti naturali e persone umili in modo da trasformarli in soprannaturali grazie all’incantamento che avrebbero trasmesso. La sorella di Wordsworth, Dorothy, fu autrice di straordinarie pagine diaristiche e poesie sul mondo naturale ed è celebrata per la capacità di stabilire con cose e persone un rapporto paritario: nei Journals le cose sembrano vivere in assoluta comunione con l’io poetico. Dorothy visse un’infanzia felice fino ai sei anni, quando la morte della madre la portò a essere ospite nelle case dei parenti. Ella concepì allora il sogno di una casa per sé e i suoi fratelli, e il ritorno di William dalla Francia rese possibile la riunificazione: i due si stabilirono in un cottage nel Lake District. L’immagine della casa, come riparo e rifugio, o anche come prigionia, si presenta ovunque nell’opera di Dorothy secondo una propria poetica dello spazio. Per far piacere a William, Dorothy iniziò a scrivere diari che registrano gli eventi della giornata e le esperienze sensoriali da lei provate, ma rifiutava di pubblicare i suoi scritti. Nelle pagine di Dorothy la natura sembra diventare essa stessa casa, luogo d’integrazione tra pensiero e immaginazione. 5. Mondo onirico e bellezza in Mary Robinson e John Keats Le premesse della Baille aprirono la strada anche a Mary Robinson, poetessa della prima generazione, e a John Keats, poeta appartenente al canonico trio romantico della seconda generazione con Byron e Shelley. Nei Lyrical Tales della Robinson si riscontrano temi e melodie di gusto antiquario. La poesia The Haunted Beach propone un’eco dell’atmosfera incantata e surreale dell’Ancient Mariner, lo sfondo è il mare e i protagonisti sono marinai onirici, con lo spettro di un marinaio ucciso per denaro. Keats era appassionato di antichità classiche, greche e romane, la cui moda era in gran voga sin dalla seconda metà del ‘700 in seguito agli scavi di Pompei e di Paestum. Oltre al fascino per la classicità, Keats subì quello del mondo medievale. Il medievalismo keatsiano emerge chiaramente in La Belle Dame Sans Merci (1819), dove un pallido cavaliere in armatura racconta che la donna da lui amata e dalla quale è restato soggiogato è una donna serpente. Tutte queste opere seguono un movimento che parte dai materiali tradizionali del romance medievale per giungere al presente attraverso un processo di svelamento e di finale straniamento. Nelle sue poesie non si concentra sulle azioni di leggendari dame e cavalieri, ma esclusivamente sulle passioni che li consumano. 6. Patria e patrie nella seconda generazione romantica Per molti poeti della seconda generazione patriottismo si coniugò con internazionalismo. In Byron e Shelley l’impegno cosmopolita andò di pari passo con le preoccupazioni nei confronti della propria terra. Per i due poeti patria e patriota furono il lessico della speranza con la quale ripartire dopo la sfiducia degli anni del Terrore e della Restaurazione che aveva segnato la prima generazione romantica. I due, pur diversi nella loro visione della società – pessimista e scettico il primo, idealista e utopista il secondo – cercarono sempre di promuovere il progresso dei popoli e la libertà delle nazioni. Il cosmopolitismo di Byron (1788-1824) è evidente in tutta la sua opera: il poeta si divise fra le preoccupazioni delle sorti dell’Inghilterra, che attraversava un periodo particolarmente turbolento, e l’interesse verso i popoli oppressi ai quali offrì sostegno morale, finanziario e anche la vita (morì in Grecia, dove si era recato a sostegno della lotta per l’indipendenza dei greci dai turchi). Il giovane Lord fece il suo primo Grand Tour fra il 1809 e il 1811; al suo ritorno scrisse i primi due canti del Childe Harold’s Pilgrimage (1812) che lo trasformarono di colpo in un’icona dell’esotismo e nel rappresentante di una nuova forma di Romanticismo. Dopo il Grand Tour, Byron riprese il suo posto nella Camera Alta in un momento storico caratterizzato dall’egemonia del partito Tory. Il partito Whig, più aperto e liberale, di cui Byron faceva parte, era stato posto in minoranza. Nel 1816 partì per il suo secondo Grand Tour, che si concluse con la decisione di stabilirsi in Italia. L’esilio fu indotto dall’accusa di incesto con la sorellastra e dallo scandalo che ne seguì. Prima di stabilirsi in Italia Byron trascorse qualche mese in Svizzera, ove frequentò assiduamente gli Shelley. Fra Byron e Shelley si stabilì un’amicizia destinata a durare. Le serate trascorse a raccontare storie gotiche e avventure oniriche offrirono a Mary lo spunto per concepire Frankenstein. L’Italia è per Byron un coacervo di contraddizioni, percepita come una seconda patria della quale lamentare il degrado o esaltare la bellezza naturale e il glorioso passato. The Prophecy of Dante (1819) è il poema che meglio rappresenta il legame di Byron con l’Italia. Il poemetto chiede che si restituisca agli italiani la dignità di popolo in nome di ciò che li tiene uniti e verso cui l’Europa nutre ammirazione, la loro lingua e letteratura. Byron prende le sembianze di Dante e dà voce all’orgoglio ferito del cittadino costretto ad abbandonare la patria per la quale conserva amore e rimpianto. Il più utopista dei poeti inglesi, Shelley intese con la sua opera risollevare gli animi dei contemporanei dal pessimismo post-rivoluzionario che aveva pesato sulla prima generazione romantica. Era opinione del poeta che fosse necessaria non solo una rivoluzione politica ma soprattutto una rivoluzione morale e spirituale; la concluderanno con il ristabilimento dell’ordine. La cornice – il manoscritto ritrovato e manipolato – fa da tramite fra realtà e mondo fantastico. Il successo di Ann Radcliffe raggiunse il culmine con The Mysteries of Udolpho (1794). La popolarità di questo grande poema scaturiva soprattutto dall’originalità del linguaggio con cui la Radcliffe riproduceva l’atmosfera stessa del paesaggio interiore romantico. Fu subito riconosciuta come l’inventrice di un nuovo genere narrativo, il romance di suspence, e produsse una folta schiera di imitatori (la Radcliffe school) dei suoi temi e motivi: fanciulle perseguitate, cupi castelli, fughe, sinistri misteri. Le sue spiegazioni razionali del soprannaturale sono dovute al suo concetto di Natura, vista come specchio della Divinità, e quindi sede del soprannaturale. L’intreccio è poco più di un pretesto per celebrare i misteri della natura. The Monk (1796) fu scritto da M. G. Lewis e rappresenta il più classico esempio di gotico maschile, capostipite del filone dell’orrore o roman noir, con la sua miscela di sesso, sangue, sadismo. La storia di Ambrosio che, per salvarsi dalla suprema punizione per i suoi delitti, vende l’anima al diavolo, è una surreale versione del tema del Dr. Faustus, che era al centro della coscienza romantica. Pur possedendo molti motivi e stilemi del gotico, Frankenstein (1818) di Mary Shelley è molto più di un romanzo gotico; presenta anche istanze giacobine e può essere reclamato come capostipite della narrativa fantascientifica. È una di quelle opere che sono entrate nella coscienza collettiva come emblema di un incubo che perseguita la coscienza borghese dominata dal mito della conoscenza. A ben guardare, anticipa i temi della letteratura distopica. Frankenstein, lo scienziato, usurpa insieme il ruolo del Creatore e della Natura, senza la quale non può esserci amore; sconfessa così il presupposto dell’individualismo borghese mostrando che violenza e sadismo sono conseguenza inevitabile della negazione dell’amore. 6. Jane Austen e il novel of manners Da Jane Austen in poi la definizione novel of manners (‘romanzo di costume’) appare ridondante, perché le manners diventano la sostanza stessa del novel, sono medium e linguaggio in cui si esprimono le interazioni tra individuo e società. Le manners in senso generale sono espressione della struttura sociale, mentre quelle individuali sono il risultato d’insieme del carattere e dell’intera storia ‘socio-culturale’ dell’individuo. Nel “romanzo drammatico” di Jane Austen la resa delle manners raggiunge un tal grado di realismo da sospendere la possibilità di un giudizio morale tra i due set di valori giustapposti. La scelta di opere incentrate su personaggi femminili permette di trattare il tema della condizione femminile nella società patriarcale. Prima ancora che nei temi, la sua grandezza come romanziera sta nel linguaggio narrativo: un linguaggio così realistico da rendere l’ambigua polivalenza del reale; un linguaggio indiretto, capace di affermare e sovvertire al tempo stesso con un agile uso dei registri dell’ironia. Gli studi degli ultimi decenni, ricostruendo il contesto sociale e i bersagli delle parodie della Austen, stanno facendo riemergere il suo linguaggio doppio e ironico: ‘i sei romanzi’ si prestano sì alle letture più disimpegnate, ma anche all’analisi più sofisticata, come “parodie ironiche” della società borghese e dei suoi meccanismi profondi. La Austen affida il racconto a una narratrice onnisciente per farla apparire inaffidabile. In questo consiste l’‘invenzione’ che fa di lei l’iniziatrice della ‘grande tradizione’ del romanzo inglese: l’inaffidabilità della voce narrante sarà il device centrale del romanzo moderno. I sei romanzi sono divisi in ‘Steventon novels’ e ‘Chawton novels’, dal luogo delle loro prime stesure. • Steventon novels Northanger Abbey apparirà postumo nel 1818, senza mai essere ritenuto pronto per la pubblicazione dall’autrice che se ne riteneva insoddisfatta. L’intento della Austen non era tanto di scrivere un novel in cui l’eroina scoprisse la falsità del mondo della letteratura in favore di un concetto patriarcale di realtà, quanto invece quello di mettere sotto analisi critica proprio la ‘realtà’ patriarcale. Emerge una critica dei crimini della società borghese soprattutto nei confronti delle donne, valutate in base al loro valore economico. La pervasività di questo tema è il riflesso di un’esperienza della giovane Jane, la cui relazione sentimentale con Tom Lefroy fu interrotta dalla famiglia di lui perché lei non aveva una dote. Questo tema ricorre anche in Sense and Sensibility, che mostra la disperazione di Marianne per l’abbandono di Willoughbly, destinato a una ricca ereditiera. Primo romanzo pubblicato (1811), presenta i segni del rimaneggiamento di una primitiva versione epistolare. L’intento non era di far trionfare la prudenza e il buonsenso (Elinor) a danno della sensibility (Marianne), come accade di solito nei contrast novels; nel lieto fine nessuna delle due è stata punita ed è difficile stabilire quale dei due matrimoni possa definirsi il più saggio. La scena in cui Willoughby si giustifica ci mostra il villain come un debole, che si è lasciato andare a sogni non consentiti dalla ‘morale’ borghese. Pride and Prejudice (1813) è la risposta trasgressiva alla morale borghese in cui si contrappone il fascino dell’intelligenza al potere del denaro e del rango. Ciò che permette la realizzazione dei sogni femminili qui è il wit, una caratteristica condannata dai moralisti che è invece ciò di Elizabeth conquista Darcy. Il titolo allitterativo suona come una presa in giro delle sottili discriminazioni dei moralisti. Il wit è una dichiarazione di forza, l’invito a una sfida che, tra i due sessi, non può non assumere una dimensione erotica, dove le parti tradizionali possono invertirsi e la donna da preda diventare cacciatore. Alla fine del romanzo Elizabeth spiegherà di aver ‘vinto’ perché, lasciando da parte l’atteggiamento femminile convenzionale, ha attaccato Darcy con la sua stessa orgogliosa autostima delle proprie capacità intellettuali. • Chawton novels In Mansfield Park (1814) emerge il senso di oppressione che accompagna la condizione femminile nella realtà della società borghese. Per condurre il suo rischioso attacco ai nemici della libertà femminile, la Austen indossa i panni di uno di loro, un qualche moralista evangelico esperto nell’insegnare alle fanciulle ‘a stare al loro posto’. Gli effetti di questa sua performance parodica si sono concretizzati in una gran varietà di interpretazioni contraddittorie. Lo scopo della scrittrice era far percepire al lettore l’immoralità di un mondo come quello di Mansfield, dominato solo dall’interesse economico. Fanny trionferà come erede morale del patriarca Sir Thomas perché, a differenza delle cugine, lei ha ricevuto la debita rigida educazione, secondo le regole della More, ovvero frustrata e umiliata in continuazione. Per contrastare questo ideale la Austen scende in campo nei panni della witty heroine, Mary Crawford, questa volta confinata nel ruolo di antieroina. Assolvendo la sua funzione di esemplificare un’educazione sbagliata, la ‘cattiva’ Mary sarà libera di esprimersi a tutto tondo, di attaccare il patriarca, accusandolo di sacrificare la figlia Maria al dio denaro. A molti lettori Mary è apparsa come la vera eroina del romanzo. In Mansfield Park, dove la prudente Fanny è l’eroina della narratrice, e l’incauta Mary quella dell’autrice, la conclusione non può che vedere il trionfo di Fanny. In Emma (1816) la Austen usa l’eroina come ‘occhio narrativo’ principale, senza mai identificarsi totalmente con esso. Il racconto si svolge tutto attraverso la coscienza della protagonista, che è diventata il palcoscenico su cui si è trasferita la commedia. Emma diventa spettatrice di se stessa. Emma è un capolavoro di innovazione formale: anticipa le conclusioni ‘aperte’ di tanti romanzieri moderni. La Austen guarda alla vita consapevole che la ‘realtà’ cambia con il variare del punto di vista. Mr. Knightley appare l’eroe dotato di tutte le virtù, perché è visto attraverso gli occhi di Emma, la quale, praticamente educata da lui, ne condivide il modo di vedere e non è in grado di giudicarlo. Ma Mr. Knightley rappresenta quei principi morali diventati valori sociali indiscussi e ‘naturali’, che condizionano la realizzazione personale di Emma, primo fra tutti, l’obbligo del matrimonio. Ultimo romanzo completato e pubblicato postumo nel 1818, Persuasion inizia una nuova fase dell’evoluzione artistica della scrittrice, che lasciata da parte la parodia formale, concentra l’interesse sull’interiorità dell’eroina, Ann Elliott, ventisettenne ormai avviata a restare zitella. L’atmosfera del romanzo, sotto vari aspetti autobiografico, appare permeata di rimpianto nella consapevolezza che la tanto raccomandata prudenza dei moralisti è inutile, perché la felicità dipende all’imprevedibile evoluzione degli eventi. Ann Elliot, cui il caso ha offerto una seconda possibilità, ha imparato ad accontentarsi e rischiare. 7. Walter Scott e il romanzo storico Walter Scott (1771-1832) esordisce come romanziere nel 1814 con Waverley, un racconto d’ambientazione giacobita che, pubblicato anonimo, fu subito un successo. Seguirono in rapida successione otto romanzi, tutti ambientati in Scozia anche se non ‘storici’. Con Ivanhoe (1820), ambientato nell’Inghilterra dei Plantageneti, esce dai confini scozzesi per poi ritornarvi con i due successivi romanzi e muoversi in seguito entro i confini della Gran Bretagna con altri nove romanzi. Alla base di questa enorme produzione, oltre ad una prodigiosa ispirazione, ci furono sempre motivazioni economiche, responsabili delle inevitabili cadute di stile e della pesantezza descrittiva, e che divennero cogenti nel 1826, con il crack finanziario dell’impresa dell’autore con l’editore Ballantyne. Pure con tutti i difetti derivanti dalla sua straordinaria rapidità di scrittura, è innanzitutto all’enorme produzione e all’immediato successo commerciale che Scott deve il titolo di iniziatore del romanzo storico. Scott seppe mettere a frutto la lezione della narrativa femminile, a partire dal romance gotico al novel of manners. Questo nuovo genere narrativo, che coniuga vicende drammatiche e personaggi dalla psicologia realistica con un’ambientazione storica precisa e rispettosa del folklore, avrà grande successo nell’Ottocento borghese in cui il rapporto di odio-amore con il passato si manifesta. Se come “prodotto dell’età del nazionalismo” il romanzo storico non poteva che nascere nel periodo romantico, è però vero che la gestazione di questo genere che fonde storia e romance risale più addietro, ovvero al romanzo gotico. Il teatro romantico 1. Il panorama critico La ricezione del teatro romantico è stata a lungo condizionata da una serie di pregiudizi: era infatti accusato di essere stato il responsabile del declino della grande tradizione drammaturgica della classicità, a causa dell’incompatibilità fra il teatro romantico e le esigenze pragmatiche della performance, ovvero tra poiesis e mimesis. Il teatro romantico diede in realtà un impulso determinante alla nascita di un’arte teatrale pienamente moderna. Ne fanno fede l’invenzione di nuovi generi drammatici, l’ingresso delle donne sia come autrici che come ‘actor-managers’, la nascita di una nuova professionalità attoriale e le nuove tecnologie teatrali e dell’arte scenica. Intorno a questo teatro rinnovato nasce una nuova arte, la critica teatrale, e si assiste al moltiplicarsi di riviste specializzate e l’affermarsi di una nuova specifica iconografia, con cartelloni, programmi di sala. Il pubblico era anch’esso cambiato, con l’ingresso dei ceti medio-bassi e della componente femminile, grazie all’ascesa della borghesia. Di conseguenza il teatro del Romanticismo si può definire un grande strumento mediatico, il cui ‘appeal’ presso i ceti medio-bassi arrivò a spaventare corona e governo. D’altra parte, le vicende storiche del periodo (Rivoluzioni, guerre napoleoniche) non agevolarono il lavoro delle compagnie drammatiche né la libera creatività e lo sguardo critico dei drammaturghi. 2. I teatri Il teatro inglese del periodo romantico doveva fare i conti tanto con la propria storia quanto con la pesante eredità lasciatagli dal Seicento puritano e dalla Restaurazione del 1660. Dal 1737 (Licensing Act) in avanti il numero limitato di teatri patentati nel regno, assieme all’atto di censura, non favorirono il mondo teatrale inglese. Si dovette attendere il Theatre Regulation Act (1847) perché si ponesse fine alla limitazione del numero dei teatri autorizzati a rappresentare lo spoken drama. Era compito del censore, ossia del Lord Chamberlain, controllare le pagine scritte per la scena. Il successo dei teatri e la grande affluenza popolare sollecitavano i benpensanti a condannare il teatro come luogo di vizio e prostituzione; la stessa professione attoriale incorreva in accuse infamanti e d’immoralità. Perciò gli attori-manager si impegnarono ad affermare il valore intellettuale e artistico della loro professione. La rigida legislazione favoriva la crescita degli illegitimate theatres che, non potendo ricorrere al dramma classico e di parola, mostrarono notevoli capacità creative inaugurando generi nuovi o ibridi. Gli stessi teatri ‘reali’, vedendo il pubblico che affluiva nei teatri privi di licenza, cominciarono a introdurre novità spettacolari, soprattutto negli effetti scenici. Il risultato fu un teatro altamente sperimentale. Si assistette inoltre a una radicale trasformazione dello spazio scenico con la costruzione o l’ampliamento di numerosi teatri: il palcoscenico, come la platea, venne ingrandito e il teatro si trasformò da salotto dei ceti dirigenti nello spazio di massimo intrattenimento popolare. I molti illegitimate theatres si suddividevano in minor houses e penny gaffs. Le minor houses erano teatri di medie dimensioni in cui si rappresentavano spettacoli musicali, danzati o acrobatici: melodrama, burlesque, pantomima, dramma equestre e nautico. Talvolta questi teatri si specializzavano in un certo tipo di spettacolo. Il loro pubblico apparteneva in maggioranza alla classe medio e piccolo borghese poiché l’alta borghesia e gli aristocratici guardavano con disprezzo le masse popolari e preferivano il King’s Theatre, Haymarket, il teatro dell’opera, genere che riscuoteva grandissimo successo. Gli spettacoli duravano dalle 5 alle 6 ore e comprendevano tre esibizioni di cui una era quella principale preceduta e seguita da due altri spettacoli brevi. Per alcuni decenni fu in voga la pratica ‘half-price system’, che consentiva l’ingresso in sala a spettacolo iniziato, pagando solo la metà del biglietto. I penny gaffs (gaff, gergale per ‘casa’) erano piccolissimi teatri popolari. Erano gestiti da singole famiglie o piccoli gruppi di attori, e aprivano e chiudevano anche nell’arco di alcuni giorni, distribuendosi nelle zone più periferiche della città. Il loro pubblico includeva la piccola borghesia e la classe operaia. Gli spettacoli 7. Il dramma storico È facilmente intuibile che una società come quella romantica, minata da rivoluzioni e guerre, dovesse ricorrere al passato per ritrovare le radici della propria identità. La letteratura e il teatro offrivano una versione dei fatti più popolare di quella ufficiale, trasformando le stesse figure storiche in personaggi ‘fictional’. Lo storicismo romantico diede voce a personaggi minori e alla gente comune, tradizionalmente esclusi dalla storia ufficiale: compaiono figure appartenenti alla classe umile, al genere femminile, più che alla canonica classe aristocratica. Tale spostamento di focalizzazione investì anche le tematiche, che presero a riguardare il domestico e l’interno anziché l’esterno. Tutto ciò favorì più che mai l’ingresso delle donne autrici, a partire da Hannah More con il dramma Percy. Le donne sembrano voler ripopolare la storia della loro presenza e restituire valore al loro contributo politico e sociale. Il teatro nazionale inglese rinasce proprio nel Romanticismo e riflette i dibattiti epocali sui processi identitari scaturiti dal formarsi della nazione britannica, ma anche la sua necessità di rafforzarsi di fronte alla minaccia repubblicana della Rivoluzione francese. Un esempio è il The Family Legend della Baillie, ambientato nella Scozia dei clans. Il dramma utilizza l’ancestrale rivalità fra il clan dei Campbell e quello dei Maclean come metafora della transizione dalla divisione all’unione fra due popoli, gli scozzesi e gli inglesi. Dietro questo ‘storico’ plot si celava anche la più recente rivolta giacobita, capeggiata dagli Stuart, nel dramma adombrati dai Maclean. Non stupirà quindi il grande prodigarsi di Scott affinché The Family Legend fosse rappresentato ad Edimburgo, che andò in scena fregiandosi di un patriottico epilogo. Il teatro romantico inglese si interrogò poi su altre grandi questioni identitarie e politiche affrontando il tema della ‘libertà’ di popoli altri, popoli oppressi, delle lotte per l’indipendenza italiana, greca o spagnola. Il ricorso all’altrove, al ‘displacement’ spaziale e temporale, era reso obbligatorio dalla censura, inasprita negli anni successivi alla Rivoluzione francese. 8. La commedia L’introduzione del Licensing Act lasciò segni indelebili sulla produzione di commedie. La commedia tradizionale, sottoposta a varie ibridazioni per aggirare la censura, si andò scomponendo in commedia satirica e commedia sentimentale. La fine del ‘700 fu caratterizzata da un revival della comedy of manners. La sentimental comedy acquistò i tratti malinconici e moralistici del Pre-romanticismo. Con la produzione di Sheridan, ponte fra commedia del Settecento e dell’Ottocento, si evince già una certa evoluzione all’interno del genere. Nel 1777 al Drury Lane, Sheridan metterà in scena il suo capolavoro, The School for Scandal. La commedia ebbe un successo immediato e, pur riprendendo la tradizione della commedia della Restaurazione, fu resa da Sheridan decisamente attuale grazie all’introduzione di un personaggio inglese ‘coloniale’, Sir Oliver Surface, il quale torna a Londra dai nipoti Charles e Joseph, dopo un periodo trascorso in India, per decidere a chi destinare il proprio patrimonio. Anche in questo caso ci troviamo di fronte a intrecci ed equivoci divertenti, tipici della commedia Settecentesca, ma con un parziale accoglimento della vena sentimentale che trionferà nella commedia borghese del secolo successivo. Ma la commedia romantica fu anche commedia al femminile. Elizabeth Inchbald a soli 19 anni scappò di casa per intraprendere la carriera teatrale. Come commediografa la Inchbald fu autodidatta; tuttavia, la sua insaziabile curiosità la rese lettrice accanita di testi e manuali e curiosa spettatrice della vita sociale della sua epoca. Sui suoi taccuini annotava aneddoti e riflessioni legate alle sue letture e ai suoi incontri nella Londra contemporanea. Gli intrecci dei suoi drammi presentano tematiche ‘scottanti’, come il conflitto fra sensibilità e libertinaggio, la disparità dei sessi, la lotta fra le classi sociali, temi in qualche misura sovversivi per l’epoca e che finiscono per rompere gli schemi della commedia che, con la Inchbald, si ibrida e si apre a nuovi apporti, annunciando il dramma borghese ottocentesco. 9. Lo spettacolare teatro illegittimo I generi illegittimi includevano il melodrama, il burlesque e la farsa, la pantomima, l’interludio, la ballad opera, il dramma equestre, il dramma nautico e accompagnavano spesso la pièce principale in apertura o a fine spettacolo. Fra questi era il melodramma a riscuotere la massima popolarità. Si trattava di una forma drammatica basata sul sensazionale e caratterizzata da trame poco plausibili, dove la musica serviva da sfondo al dialogo, a differenza dell’opera dove musica e dialogo si fondevano. Nel melodramma di celebravano i buoni sentimenti e i valori patriottici, e si rappresentavano molti dei problemi sociali dell’epoca, come il vagabondaggio, la povertà, il vizio del bere. Il genere trova la sua origine in Francia nel Pygmalion (1766) di Rousseau. Timour the Tartar (1811) di Matthew Lewis si configurò come hyppodrama, pantomima equestre che presentava cavalli in scena. Subito riscosse un successo di pubblico anche se scatenò i severi giudizi e la satira dei recensori, ad esempio sull’arte recitatoria dei tre cavalli-attori protagonisti. La critica romantica 1. La critica romantica fra categorie estetiche e disputa ideologica La critica del periodo 1790-1830 coniuga istanze illuministe e romantiche; e al suo interno si osserva la messa in crisi della ‘repubblica delle lettere’. All’idealizzata unità di uomini di lettere che esercitavano il pensiero critico si sostituì un sovrapporsi di dispute ideologiche che segnalavano la necessità di una ridefinizione del rapporto della critica con il pubblico, in presenza di nuove condizioni culturali e storiche. Esemplificazione del dibattito di metà Settecento fu la controversia su nuove categorie estetiche, quali il ‘sublime’, e sulla qualità ‘oggettiva’ o ‘soggettiva’ del ‘gusto’, di cui furono protagonisti Burke e Hume. 2. Il poeta come critico, il critico come educatore In Germania Coleridge trovò un ambiente letterario che risentiva del dettato critico-filosofico kantiano in cui si imponeva il ruolo del critico come educatore. Fu Schlegel a sostituire questa idea con l’idea della critica che crea il proprio lettore come dovrebbe essere, vitale e critico. Da tale paradigma, Coleridge fu diversamente attraversato. Coleridge assunse il duplice ruolo di poeta e critico, come accadde per la gran parte dei poeti romantici. Wordsworth fin dalla prima edizione delle Lyrical Ballads consigliava al lettore di non rivolgersi agli scritti dei critici bensì a quelli dei poeti stessi. Bisogna interrogarsi sull’essenza della poesia, su che cosa è il poeta e individuare la poesia come trasposizione verbale di una spontanea sensibilità che tuttavia non può prescindere da un processo di rielaborazione consapevole in cui la memoria gioca un ruolo centrale. Coleridge farà della sua Biographia Literaria il luogo della sistematizzazione della critica secondo principi prescrittivi che ricordano i trattati settecenteschi. Vi è corrispondenza fra le Prefaces di Wordsworth e alcuni capitoli della Biographia, quelli che rivisitano le occasioni di elaborazione poetica. Coleridge si muove su due motivi rilevanti: 1) ogni poetica trova dei legami che superano la rigidità del testo per immettersi negli interstizi della vita; 2) si identifica la poetry con la composizione lirica, e si vede la necessità della brevità come tratto distintivo del fare poetico. Si deve inoltre a Coleridge la distinzione fra fancy e imagination, essendo la prima una modalità della memoria di riorganizzare i materiali ricevuti per associazione, la seconda corrispondendo al potere creativo e vitale, proprio del poeta romantico. 3. I generi letterari nella critica romantica Fra i generi canonici, lirica, epica e dramma, il Romanticismo sembra aver privilegiato la lirica, più consona all’attenzione del periodo verso la soggettività, e condannato dramma ed epica al fallimento. La complessità sociale e politica del teatro romantico trovava le sue radici in eventi connessi alla Rivoluzione francese, nell’affermarsi del dramma come testo-evento rispondente a dinamiche storiche. Da qui la distinzione fra legitimate e illegitimate theatres, quest’ultimo spazio di generi ibridi e spettacolari, della volgarità e del radicalismo politico. Fu Coleridge nella Biographia Literaria a fare di questa distinzione una distinzione canonica. Egli oppose alla cultura legittima di Shakespeare e Molière il dramma contemporaneo. Per la teoria del romanzo il Wilhelm Meister (1795- 96) di Goethe costituisce una pietra miliare. A tale pubblicazione Schlegel rispose con un lungo saggio in cui per la prima volta il romanzo veniva considerato come letteratura alta e che, pertanto, contribuì ad abolire le gerarchie tradizionali rispetto ai generi. Il sublime  La rivoluzione della sensibilità di metà Settecento maturò sotto l’insegna del ‘sublime’. Punto di avvio per una consapevolezza nuova di tale categoria fu la pubblicazione del trattato Sul Sublime attribuito a Longino (I sec. d.C.): trattazione di ambito retorico che sottolineava, dello stile, “l’arditezza di pensiero e il potere di eccitare passioni a un grado violento ed entusiastico”. Fondamentale per la definizione della fruizione estetica sarà il trattato di Burke A Philosophical Enquiry into the Origin of the Sublime and Beautiful (1759), orientato a scandagliare l’effetto che l’arte produce sul pubblico. Il ‘sublime’ è un complesso di sensazioni, di emozioni e di percezioni dell’individuo che trova ‘sublime’ tutto quello che provoca ‘astonishment’, attrazione e repulsione insieme (come l’oscurità). La fruizione del sublime proposta da Burke si sofferma sull’effetto intrinseco della parola, che risulta ‘sublime’ per la sua ambiguità. Cap. 6 – I Vittoriani L’Ottocento inglese è una fase di transizione della storia e della cultura, e questo provoca la grande complessità e la contraddittorietà della società vittoriana. Ossessionati dall’idea di vivere in una condizione di passaggio, i pensatori del periodo interpretano nelle loro opere la fine epocale di tutte le certezze. Il testo scientifico che conferma la sensazione collettiva della transitorietà è The Origin of Species (1859) di Charles Darwin. Gli scrittori vittoriani scrissero opere in cui dicotomie irrisolvibili (passato e futuro, campagna e metropoli) divennero la scena di una crisi profonda. Il periodo vittoriano, che si fa partire dall’ascesa al trono della regina Victoria, nel 1837, fino alla sua morte nel 1901, è intriso di un profondo senso di dubbio e paura dell’ignoto, in netto contrasto con il trionfalismo dell’impero e lo sviluppo galoppante dell’industria. Il romanzo vittoriano Il romanzo si arroga subito un ruolo critico, contestatore di quel mondo che cerca di rappresentare. Ormai il termine ‘romanzo’ viene a denotare un sistema di vari sottogeneri che dovranno concretizzarsi più tardi. I romanzi vengono pubblicati come storie a episodi nei vari periodici dell’epoca. Il numero elevato di romanzi comporta un pubblico altrettanto vasto; i lettori hanno addirittura la possibilità di influenzare l’andamento dell’intreccio e il destino dei personaggi. Inoltre, il romanzo borghese è ormai diventato oggetto di consumo, e perciò comincia a riflettere la domanda di mercato alla base del commercio librario; in più, cerca di essere riconosciuto come opera d’arte, e non più come letteratura di seconda classe. 1. Pubblicare un romanzo nell’epoca vittoriana La pubblicazione di romanzi in Inghilterra era senza dubbio un’impresa dispendiosa, e il suo risultato risultava troppo costoso per le tasche della gente comune. A tale difficoltà ovviavano le biblioteche circolanti; la maggior parte degli abbonati proveniva dalla borghesia, dato che il costo dell’abbonamento era tutt’altro che irrilevante. Vi erano tipologie di divulgazione del romanzo più abbordabili da parte delle classi meno abbienti. Per questo mercato venivano serializzate, al costo di un penny, storie e romanzi, ed è noto il caso di Charles Dickens che scelse questa modalità per rendere i suoi romanzi accessibili al maggior numero di lettori. 2. Verso un pubblico di massa Gli sviluppi dell’editoria erano riflesso di un pubblico sempre più vasto e composito. La lettura di romanzi diviene gradualmente, con la diminuzione dell’analfabetismo, appannaggio anche di persone più umili. Tuttavia, come conseguenza di ciò si manifesta la volontà di controllare e ‘guidare’ i lettori da parte dei direttori dei periodici in cui i romanzi venivano pubblicati. Vari scrittori incontrarono difficoltà a causa della censura: gli scrittori vivevano dei loro romanzi, e quando il compratore richiedeva un prodotto di un certo tipo, lo scrittore non poteva che esaudire la richiesta. 3. Aspetti del romanzo realista Il concetto di realismo costituisce il punto di partenza per la prosa narrativa del secolo. La storia solitamente seguiva la falsariga del Bildungsroman, con un protagonista giovane che attraverso una serie di peripezie raggiunge la maturità. La realtà con cui questi personaggi hanno a che fare è più complessa rispetto a cento, o cinquanta anni prima. Il Romanticismo aveva sviluppato il concetto dell’individuo e della soggettività: il realismo del Vittorianesimo esamina l’individualismo, spesso visto come egoismo, prodotto dalla società capitalista e borghese dell’Ottocento. La mole delle storie spingeva gli scrittori a elaborare convenzioni formali che avrebbero facilitato la lettura: la narrazione consiste solitamente in una gerarchia di discorsi regolata dal narratore onnisciente, che istruisce e guida il lettore aiutandolo a raggiungere le stesse conclusioni dell’eroe e del narratore stesso. scopo dell’uomo, condannato a un’esistenza breve e precaria, dev’essere soltanto quello di colmare ogni istante di un’appassionata ricerca del bello per carpire un momento di squisita bellezza. L’opera ebbe grande successo, ma suscitò anche molto scalpore, tanto che nell’edizione successiva Pater omise la conclusione. 3. Wilde Oscar Wilde (1856-1900) nacque a Dublino; entrò al Magdalen College ad Oxford, dove insegnava Walter Pater. Pater ebbe una grande influenza sul giovane Wilde: Wilde portò le idee di Pater a estreme conseguenze; nei suoi scritti, sostiene la necessità non solo di svicolare l’arte da ogni istanza morale, ma di fare della vita stessa un’opera d’arte, in un’incessante ricerca del piacere. Interpretando il credo dell’Estetismo nella vita come nelle opere, Wilde si impose ben presto sulla scena mondana londinese con i suoi atteggiamenti anticonformisti e la sua conversazione densa di paradossi tesi a satireggiare il falso perbenismo vittoriano. I suoi saggi di estetica danno voce a una concezione dell’arte vista come momento supremo dell’esperienza umana, la nuova religione di un mondo senza certezze incarnata dall’artista-dandy, antiborghese, che sostiene la superiorità dell’artificio sulla natura. Nel 1891 viene pubblicato il romanzo The Picture of Dorian Gray, che narra la storia di un giovane che viene avviato sulla via del vizio dal dandy Sir Henry Wotton, e che stipula una sorta di patto col diavolo per mantenere intatta la sua giovinezza: un ritratto, simbolo della coscienza di Dorian, che invecchia al posto suo, finché il giovane, non sopportando di vedervi rappresentata la propria vecchiaia e la bruttezza della propria anima, lo pugnala. Come spesso accade nei racconti del Doppio, Dorian muore all’istante e riassume le orribili sembianze del ritratto, mentre questo torna a raffigurare il giovane Dorian. Il romanzo scandalizzò il pubblico vittoriano in quanto venne considerato come una esaltazione del piacere e della vita trasformata in un’opera d’arte, ma in realtà può essere anche considerato come una complessa riflessione sull’ambiguità dell’arte, capace, come nel ritratto, di rivelare l’intima natura dell’uomo, o dissimularla ingannevolmente. Wilde riscosse grande successo con le sue commedie, fra cui il suo capolavoro The Importance of Being Earnest (1895), recuperando lo spirito arguto delle commedie della Restaurazione e del Settecento e portando una ventata di vitalità nell’esanime teatro ottocentesco. Le sue commedie sono costruite su un linguaggio ricco di umorismo e paradossi, che danno voce alle idee anticonformiste di Wilde e gli consentono di prendersi gioco della sofisticata alta borghesia e nobiltà inglese. La New Woman 1. La ‘nuova donna’ tra affermazione e derisione L’ultimo decennio dell’800 segnò in Gran Bretagna la fine dell’epoca vittoriana e della sua presunta solidità di ideali, e vide l’inizio di una fase di transizione e incertezza. Dandies e New Women sfidarono gli austeri dettami della morale sociale vigente: la New Woman veniva percepita come una minaccia diretta alle classiche definizioni di femminilità, il dandy veniva accusato di mettere in discussione l’ideale vittoriano di virilità. La ‘nuova donna’ è una donna ‘strana’: determinata e colta, ha spesso avuto accesso a un livello d’istruzione che le precedenti generazioni non potevano raggiungere, e sembra incapace di adattarsi al proprio tradizionale ruolo di moglie e madre. 2. Le origini Lyndall, eroina di The Story of an African Farm (1883) della scrittrice sudafricana Olive Schreiner è considerata la prima New Woman della letteratura in lingua inglese. Le New Women si battevano per l’uguaglianza dei sessi di fronte alla legge, nella vita professionale e famigliare, e osteggiavano la promulgazione di leggi quali i Contagious Desease Acts (1864-86) che stabilivano che coloro che fossero risultate affette da malattie veneree avrebbero dovuto essere internate in ospedali specifici, mentre i loro ‘contaminatori’ potevano rimanere impuniti e liberi di trasmettere la malattia. 3. La scrittura delle New Women La ribellione delle New Women si espresse in larga parte attraverso la scrittura letteraria. I loro romanzi e saggi svelano alcuni dati comuni: un desiderio di auto-definizione, la determinazione a voler cambiare il futuro, la necessità di riforma volte a migliorare la condizione femminile. Attaccata dalla stampa perché percepita come una minaccia a cause delle sue idee riformista, la New Woman era accusata di essere una cattiva madre. Una delle incoerenze di questo movimento femminista è il fatto che molte autrici furono sostenitrici della politica imperiale britannica e della sua ideologia di superiorità razziale. 4. La New Woman e la poetica narrativa Se da una parte è vero che le New Women erano figlie di un’epoca di cui non seppero superare i limiti culturali, dall’altra possono essere considerate delle innovatrici non solo per loro campagne di emancipazione sociale e sessuale, ma anche perché, dal punto di vista letterario, furono anticipatrici dello spirito di rottura del Modernismo. Nei loro romanzi si percepisce un chiaro distacco dalle convenzioni letterarie del passato, nell’uso della short story e nel cambiamento radicale del ruolo del matrimonio nella narrazione. Nel romanzo vittoriano tradizionale le nozze rappresentavano il punto di chiusura del plot, e la soluzione dei problemi dei protagonisti, mentre le New Women vedono nel matrimonio il punto di partenza e l’origine di difficoltà. È quanto accade in The Daughters of Danaus (1894) di Mona Caird, autrice che è tra coloro che hanno affrontato più apertamente tematiche audaci come l’adulterio, il rifiuto del legame matrimoniale come ‘professione’ prettamente femminile, e l’aspirazione a un femminismo più radicale che enfatizzasse la libertà sessuale. Anche dal punto di vista delle tecniche narrative le New Women investigano nuovi campi come l’analisi intimistica e introspettiva, il monologo interiore o molteplici punti di vista che si intrecciano e sovrappongono. Questi elementi saranno approfonditi da autrici del XX secolo come Virginia Woolf. Origine del termine New Woman  La ‘designazione’ di questo nuovo tipo di donna apparve in un periodo in cui il dibattito sulla necessità di un’eguaglianza di parametri sociali e educativi fra i due sessi si era fatto strada sulla stampa inglese e americana. Il termine conobbe una circolazione più ampia quando la scrittrice Ouida lo estrapolò dall’articolo “The New Aspect of the Woman Question” scritto da Sarah Grand nel 1894, al quale Ouida rispose polemicamente con un pezzo intitolato appunto “The New Woman”. Da quel momento in poi, la New Woman divenne un’icona nell’immaginario letterario e politico che avrebbe rappresentato le ragioni e le battaglie che condurranno alle importanti conquiste storico-politiche ottenute dalle suffragette nel XX secolo. La poesia vittoriana La poesia vittoriana mostra il forte influsso dei poeti romantici, nella ricca sensualità del linguaggio di Keats e nelle atmosfere gotiche, mai disgiunte da un audace sperimentalismo linguistico e metrico, tratto comune a tutta la poesia vittoriana. 1. I poeti di transizione Le composizioni di Thomas Hood sono spesso caratterizzate da sentimenti umanitari e impegno sociale non disgiunti da una certa vena satirica. In altre è palese l’influsso di Keats o Coleridge. John Clare nei suoi versi descrive scene di vita rurale. Se pur romantico nella scelta dei temi, può considerarsi classico nel controllo e nell’equilibrio che lo contraddistingue. Thomas Lovell Beddoes, imitatore degli elisabettiani e ammiratore di Shelley, indulge spesso nel gusto morboso per il macabro, dimostrando una predilezione per le atmosfere sinistre e spettrali. 2. I grandi vittoriani Alfred Tennyson (1809-92) era un uomo inquieto. Lo turbavano la scienza moderna – specie le teorie evoluzionistiche darwiniane – e i suoi riflessi sulla fede, il significato della vita e della morte. In occasione della morte prematura dell’amico Arthur Allam compose la raccolta di liriche In Memoriam (1850), espressione del turbamento personale di un uomo e di un’intera epoca. La raccolta Poems in Two Volumes (1842) contiene “Ulysses”, il monologo drammatico dove le parole del vecchio Ulisse, pronto a ripartire per appagare la propria sete di conoscenza, interpretano quella vitalità e volontà di agire che rappresentano gli aspetti più positivi dell’animo vittoriano. Robert Browning (1812-89) visse diversi anni in Italia dove fuggì con la poetessa Elizabeth Barrett dopo averla sposata sottraendola a un padre tirannico. La scrittura poetica di Browning fu segnata agli esordi dall’influenza di Shelley, ma trovò gradualmente una propria espressione: la vocazione di Browning sarà la ricerca di una poesia all’insegna della sperimentazione e della massima oggettività attraverso la forma del monologo drammatico in cui un personaggio, che non si identifica con il poeta, parla a un presunto ascoltatore che non interviene mai. Browning è considerato il poeta del monologo drammatico per eccellenza. I suoi monologhi rappresentano una personalità, storica o inventata, o anche un momento storico, che si definisce attraverso la scoperta del sé del personaggio. La sua opera più famosa è il poema The Ringe and the Book (1868-69). L’idea venne al poeta quando, a Firenze, trovò un fascicolo che riportava gli atti processuali relativi a due omicidi perpetrati a Roma verso la fine del ’600. Browning racconta la storia attraverso dodici monologhi drammatici, ciascuno dei quali doveva dare l’interpretazione dei fatti secondo i vari protagonisti. In questa opera la tecnica dell’occultamento dell’io poetico raggiunge la sua espressione più compiuta. 3. I poeti del dubbio Matthew Arnold (1822-88) è la voce dell’intellettuale vittoriano assorto nei propri dubbi e riflessioni sul significato dell’esistenza umana. Il tema dominante della sua poesia è la desolazione di fronte al vuoto della vita moderna che a volte si stempera in rassegnazione e nella ricerca di pace interiore, unico modo per affrontare la vita. Arnold mostra un'inclinazione per le meditazioni solitarie sullo sfondo di suggestivi paesaggi dove ogni angoscia trova momentaneamente quiete. Quest’aspetto compare già nella prima raccolta di versi The Strayed Reveller and Other Poems (1849). Arnold seppe dare espressione a un malessere diffuso all’epoca vittoriana, al senso di solitudine e precarietà di vivere, ai timori e alle incertezze dell’individuo prigioniero di un mondo di cambiamenti e ignote minacce. 4. I poeti preraffaeliti fra Romanticismo e decadenza La vena di sontuosa e languida pittura poetica su cui si fonda l’opera di Keats viene ripresa dalla poesia di Dante Gabriel Rossetti (1828-82) e dei preraffaeliti. La Preraphaelite Brotherhood fu fondata come movimento pittorico nel 1848, in opposizione all’accademismo ottocentesco dominante, e professava la sua fede nella semplicità e nell’accuratezza dei dettagli, traendo ispirazione dall’arte medievale. La poesia di Rossetti si nutrì di letture dantesche e dei primi lirici italiani. Il primo volume di componimenti poetici di Rossetti, Poems, fu pubblicato nel 1870. La poesia della prima fase della sua produzione è stata sovente accostata alle composizioni di Dante; mentre i suoi ritratti femminili nel corso degli anni si allontanano dal mondo dantesco e si ispirano sempre più agli opulenti ritratti rinascimentali. Le donne dell’opera di Rossetti, nate da una matrice stilnovista, vengono percorse da venature sensuali sempre più marcate, in un ideale che vorrebbe coniugare la passione erotica con l’assoluto dello spirito e che si trasformerà in un’ossessione per l’ultimo Rossetti. La tormentata sensibilità di Rossetti rilegge il mondo medievale dantesco per esplorare i turbamenti di una psiche a cui manca un’autentica esperienza religiosa. La beata donzella, così come le altre figure femminili rossettiane, è portatrice di una trasgressione e un’ossessione erotica che scandalizzò lettori e critici. Ma il sogno impossibile dell’unione fra eros e spirito si muta in incubo, e il volto dell’amore finisce per identificarsi con quello della morte. William Morris (1834-96) si distingue per i multiformi interessi che dall’arte si estendono alla politica e al sociale. L’ aspirazione alla bellezza, che egli identificava con l’arte medievale in contrasto con gli orrori della civiltà industriale, lo condusse verso la pittura e le arti decorative: fondò una società per la produzione di manufatti e una Società d’Arti e Mestieri. Poeta, pittore, cultore del Medioevo, artigiano, la sua opera può sembrare a prima vista una mescolanza di elementi eterogenei, ma in realtà può essere riassunta come: amore per ogni forma di bellezza e grande rispetto per l’uomo. Considerato uno dei padri del socialismo inglese, cantò un passato idealizzato, privo di violenza e barbarie in lunghi poemi narrativi. Il più complesso dei suoi racconti in versi, The Earthly Paradise (1868-70), comprende ventiquattro racconti, dodici dei quali basati su miti greci e romani e dodici su leggende medievali. La cornice dell’opera presenta analogie con i Canterbury Tales di Chaucer che Morris considerava un maestro.