Scarica riassunto parti principali tfa sostegno edizione simone 2019 e più Dispense in PDF di TFA Sostegno solo su Docsity! SEZIONE I Le reti di scuole La rete di scuole è un particolare istituto giuridico introdotto dall'articolo 7 del D.P.R. 8 marzo 1999 n. 275. Le istituzioni scolastiche nell'ambito della propria autonomia e nell'espletamento delle loro funzioni educative istituzionali, possono stipulare accordi di rete al fine di ampliare la loro offerta formativa, o aderire ad eventuali accordi già costituiti. Gli accordi di rete possono intervenire tra due o più scuole, a cui possono partecipare anche privati, gli stessi privati che possono tra l'altro farsi promotori di fronte alle istituzioni scolastiche di tali iniziative. Tali accordi sono deliberati dal Consiglio d’Istituto ma nel caso in cui tale accordo prevede attività didattiche o di ricerca devono essere approvati anche dal Collegio docenti. ll comma 3 stabilisce che l'accordo possa prevedere lo scambio temporaneo di docenti fra le istituzioni che partecipino alla rete, purché questi abbiano uno status giuridico omogeneo e che acconsentano liberamente. Agli accordi possono aderire tutte le istituzioni scolastiche che intendano parteciparvi; gli accordi devono favorire la partecipazione alla rete di scuole che presentano situazioni di difficoltà. I partenariati educativi Il partenariato è un patto tra soggetti diversi (soggetti pubblici o privati, forze economiche e sociali) che, coinvolti nello stesso settore, cercano una soluzione comune per la realizzazione di interventi . Le scuole possono promuovere o aderire a partenariati già costituiti a diversi livelli: -locale, - regionale, -nazionale, -europeo Il partenariato educativo è uno strumento di cooperazione tra diverse istituzioni per la gestione dell’offerta formativa sul territorio. CAPITOLO V Il sistema di valutazione e di autovalutazione delle scuole L’autonomia scolastica ha imposto un sistema di controlli e valutazioni esterne per verificare che l’azione delle scuole sia efficiente ed efficace. La valutazione esterna è effettuata dal SISTEMA NAZIONALE DI VALUTAZIONE (SNV), e ha come contropartita, sempre in attuazione della piena autonomia didattica delle scuole, il sistema di valutazione interno dalle stesse effettuato, detto di auto-valutazione. Il sistema nazionale di valutazione (SNV) esterno è articolato a tre livelli : 1)INVALSI (istituto nazionale di valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione) Ente di ricerca, soggetto alla vigilanza del Miur. -Elabora le c.d. prove invalsi, attraverso le quali le istituzioni scolastiche sono obbligate a periodiche rilevazioni nazionali sugli apprendimenti e sulle competenze degli studenti. -Svolge attività di formazione docenti e D.S. -Verifica le cause dell’insuccesso e dispersione scolastica. 2)INDIRE (istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa) Ente di ricerca (il più antico del Miur) -Si occupa della formazione e aggiornamento sulle innovazioni dei docenti, dei non docenti, personale ata e del D.S.; -Interviene soprattutto a supporto dei P.D.M., adottati autonomamente dalle singole scuole. 3) NEV Il processo di valutazione e autovalutazione si compone di 3 fasi: 1 fase: AUTOVALUTAZIONE (affidata al D.S.): RAV ( in formato elettronico su modello predisposto da invalsi); PdM 2 fase: VALUTAZIONE ESTERNA: NEV (NUCLEI DI VALUTAZIONE ESTERNA). Costituita da ispettori ( dirigenti tecnici) che ne assumono il coordinamento. Vengono sottoposte a controllo il 10% delle scuole, quelle in difficoltà sulla base degli indicatori definiti dagli INVALSI. 3 fase: AZIONE DI MIGLIORAMENTO Riguarda tutte le scuole. Si realizza mediante la definizione e attuazione di interventi migliorativi, anche con il supporto dell’INDIRE. RAV (Rapporto di autovalutazione) art. 6 d.p.r. 80 / 2013 é un documento che tutte le istituzioni scolastiche devono compilare sia statali che paritarie. In formato elettronico secondo un quadro di riferimento predisposto dall’invalsi. Descrive la scuola e il suo funzionamento E’ il punto di partenza per l’individuazione delle priorità su cui fondare il P.d.M. 3) IL CONSIGLIO DI CLASSE: proprio della scuola secondaria. E’ composto dai docenti di ogni singola classe ( ivi compresi i docenti di sostegno): si occupa dell’andamento generale della classe; da due rappresentanti dei genitori e da 2 rappresentanti degli studenti. E’ presieduto dal D.I consigli di intersezione, interclasse e di classe hanno il compito di formulare al collegio dei docenti proposte in ordine all’azione educativa e didattica Al consiglio di classe spettano anche altre competenze quali deliberazioni sull’accogliento delle domande degli alunni che chiedono di trasferirsi all’istituto nel corso dell’anno scolastico; è competente anche a disporre le sanzioni disciplinari fino alla sospensione non superiore a 15 gg. 4) IL COLLEGIO DEI DOCENTI E’ un organo collegiale composto esclusivamente dal personale insegnante con esclusione di soggetti estranei. La sua formazione è automatica, poiché per rivestire la qualità di membro è sufficiente la qualifica di insegnante di ruolo e non di ruolo, in servizio nel circolo o nell’istituto. E’ presieduto all’inizio di ogni anno scolastico e ogni volta che il D.S: ne ha la necessità. Ha poteri deliberanti; elabora il Ptof che viene poi deliberato dal C.d.i. Programma e attua le iniziative per il sostegno degli alunni disabili. Potere esclusivamente tecnico pratico 5) IL CONSIGLIO DI CIRCOLO O D’ISTITUTO E’ L’organo a cui è affidato il governo economico- finanziario della scuola. E’ composto da 14 membri negli istituti con popolazione scolastica fino a 500 alunni e da 19 membri negli istituti con popolazione superiore a 500 alunni.Fanno parte i rappresentanti dei docenti e del personale non docente, i rappresentanti dei genitori degli alunni; i rappresentanti degli studenti nonché il D.S. Dura 3 anni scolastici nel corso dei quali i membri perdono requisiti di elegibilita’ Approva il Ptof Approva il bilancio preventivo e il conto consuntivo Adotta il Regolamento d’Istituto ( che disciplina la vita quotidiana nella scuola). 6) ASSEMBLEA DEI GENITORI Possono essere di classe o d’istituto: alle prime partecipano i genitori degli alunni iscritti alla classe; alle seconde partecipano i genitori degli alunni iscritti alla scuola. CAPITOLO VIII OFFERTA FORMATIVA E PROGRAMMAZIONE L’autonomia scolastica delle scuole si estrinseca attraverso la realizzazione della propria offerta formativa e quindi con l’approvazione del Ptof. IL Ptof, originariamente, ex art. 3 D.P.R. 275/1999 era Piano Offerta formativa. POF. Con la legge 107/2015 il Pof, è stato sostituito dal Ptof: rispetto al Pof la progettazione formativa deve guardare ad un triennio. Il Ptof è la carta d’identità della scuola; la scuola presenta alle famiglie la propria attività e i propri obiettivi per questo deve essere adeguatamente pubblicizzato per il principio di trasparenza. IL contenuto: -la programmazione curricolare ed extracurricolare _la programmazione educativa e didattica e organizzativa Il vecchio Pei (Progetto educativo d’istituto) ex D.P.C.M. 7 giugno 1995 può dirsi confluito del Ptof. Tutte le scuole devono predisporre entro ottobre dell’anno scolastico precedente al trienni odi riferimetno il Ptof. E’ elaborato dal Collegio dei docenti sulla base delle scelte di gestione amministrazione e indirizzi del D.s., è approvato dal Consiglio di circolo o d’istiuto, è pubblicato sul sito della scuola. La sua struttura si compone di 4 parti: 1) Le fonti: in cui si descrivono la situazione dell’istituto , l’esperienza passata e le prospetive di svilupo Deve permettere all’utente di farsi un quadro preciso della scuola: punti di forza e criticità. 2) Le offerte e i programmi: è la parte centrale del Ptof.Racchiude le offerte e i programmi delle scuole: didattica, orario, curricolo, integrazione, impegni relazionali e strutturali. 3) Il regolamento 4) La valutazione: vengono elencati i metodi le modalità di verifica e le valutazioni delle prestazioni scelte. Se durante l’anno emergono criticità è possibile apportare delle modifiche entro il 30 ottobre di ogni anno sul presupposto che l’analisi del Rav già predisposto e del relativo P.d.M. La legge 107/2015 individua alcuni OBIETTIVI FORMATIVI che le istituzioni dell’autonomia possono inserire nel Ptof, avvalendosi a tal fine dell’organico dell’autonomia.t.1 co VII l Valorizzazione e potenziamento delle competenze linguistiche, con particolare riferimento all’italiano, inglese, anche con l’utilizzo della metodologia clil Potenziamento delle competenze matematico-logico-scientifiche; conoscenza in materia giuridico-economica; dell’inclusione scolastica e del diritto allo studio degli alunni con Bes; delle metodologie laboratoriali; nella pratica e cultura musicale. Sviluppo delle competenze in materia di cittadinanza attiva e democratica attraverso la valorizzazione della educazione interculturale e della pace il rispetto delle differenze. Il Ptof non ha un format prestabilito ( diversamente dal Rav e PdM) IL Miur detta delle semplici linee guida ciò per evitare di ingabbiare l’autonomia delle scuole in parametri troppo rigidi. Con nota 11-12-2015 n.2805, il Miur ha fornito alcune indicazioni operative per la redazione del Ptof. Il Ptof deve essere coerente col Rav: deve contenere le altre priorità, gli stessi obiettivi e traguardi da realizzare anche con forme di flessibilità didattica (che si manifesta nel curricolo) e organizzativa. Il documento compilato sul modello della piattaforma può essere stampato in formato pdf e sottoposto alla delibera del Consiglio d’istituto. IL CURRICOLO ART.8 DPR 275/1999: nel Ptof le scuole determinano il curricolo obbligatorio per i propri alunni. Il curricolo è il percorso educativo e didattico che la scuola nel Ptof progetta per garantire il successo formatico degli alunni. E’ elaborato dal Collegio docenti in sinergia con le famiglie e le componenti civili e sociali del territorio Può essere costituito: In verticale In orizzontale In verticale per vedere come si articola gradualmente il percorso per raggiungere le mete In orizzontale : tra le varie discipline E’ a discrezione della scuola E’ il piano di studi della scuola; c’è una quota obbligatoria di attività e discipline stabilite a livello nazionale, uguale per tutti gli alunni dello stesso ordine di scuole; e una quota definita autonomamente (c.d. riservata) da ogni istituto come ampliamento dell’fferta formativa. Si articola: -campi d’esperienza nelle scuole d’informazione - discipline nelle scuole del I ciclo - traguardi per lo sviluppo delle competenze - obiettivi d’apprendimento. Nel Ptof, una volta definito il curricolo i docenti collegialmente programmano le attività didattiche e individuano le strategie più idonee per le diverse classi. L’attività di programmazione si articola in Programmazione d’istituto: dal C.d’ist. che individua le finalità educative generali Programmazione educativa: dal Collegio docenti , si riferisce agli obiettivi che riguardano lo sviluppo della personalità sociale. Programmazione didattica: elaborata e approvata dal Consiglio d’intersezione, di interclasse e classe. Consiste in una serie di operazioni compiute dall’insegnante per organizzare il proprio lavoro didattico in un tempo definito e funge da collegamento con la programmazione educativa. La progettazione didattica La progettazione didattica è l’insieme di tutte le strategie formative messe in atto dalle scuole e dal singolo docente per raggiungere gli obiettivi. IL Ptof è il primo livello di progettazione detta anche macro-progettazione. E si pone a monte della micro-progettazione. E’ un obbligo di legge, ma anche espressione dell’autonomia didattica che attraverso essa esplicitano la migliore offerta formativa. Si esplica nella elaborazione di tutti i documenti che formalizzano le strategie didattiche. Nella macro-progettazione rientrano la programmazione annuale, e la singola lezione. I docenti elaborano la programmazione didattica individualmente per le discipline che insegnano e collegialmente nell’ambito dei collegi docenti e consigli di classe. Con la legge 118/1971 si introduce per la prima volta il principio secondo il quale per i minori invalidi civili l’istruzione obbligatoria debba avvenire nelle classi normali della scuola pubblica. Il DOCUMENTO FALCUCCI nella forma di Relazione conclusiva della Commissione Falcucci sui problemi degli alunni handicappati fu allegato al C.M. 227/1975. Per la prima volta si parlava di progetto Educativo un modello d’insegnamento che superava il concetto di unicità del rapporto insegnante – classe attribuendo a un gruppo d’insegnanti interagenti la responsabilità globale verso un gruppo di alunni, con la conseguente necessità di programmare, attuare e verificare il progetto educativo, servendosi della collaborazione degli specialisti. L517/1997, è il primo a disciplinare in modo completo l’integrazione degli alunni portatori di handicap. Prevede, sulla base del documento falcucci, che tutti gli alunni in situazioni di handicap, accedano alle scuole elementari e medie inferiori. L270/1982 stabilisce che ciascuna sezione di scuola materna è costituita con un massimo di 30 bambini e un minimo di 13 bambini, ridotti, rispettivamente a 20 e 10 per le sezioni che accolgono i bambini portatori di handicap. Ha stabilito che gli insegnanti di sostegno sono di ruolo e si ricoprono con concorsi L104/1992, è la legge per l’assistenza, integrazione dei diritti delle persone handicappate. La legge ribadisce il principio dell’integrazione scolastica e sociale impegnando lo Stato a rimuovere le condizioni invalidanti che ne impediscono lo sviluppo. In particolare per quanto concerne il diritto all’istruzione e all’educazione rappresenta un riferimento fondamentale per il raggiungimento della qualità dell’integrazione scolastica: -art.12 diritto all’educazione e all’istruzione; -art.13 integrazione scolastica; -art.14 modalità di attuazione dell’integrazione; -art 15 gruppi di lavoro per l’integrazione scolastica; -art 16 valutazione del rendimento e prove d esame; Art. 14, in particolare si occupa del ruolo degli insegnanti di sostegno. Individua poi gli strumenti per attuare l’integrazione: -diagnosi funzionale; -proflo dinamico funzionale; -piano educativo individualizzato Tali documenti, redatti in collaborazione con il Servizio Sanitario Nazionale hanno lo scopo di riscontrare le potenzialità funzionali dell’alunno con disabilità per costruire adeguati percorsi di autonomia, di socializzazione e di apprendimento. Sono stati applicati fino al 1 gennaio 2019 data a partire dalla quale è entrato in vigore il nuovo regime previsto dal Dlgs 66/2017 che sostituisce la diagnosi funzionale e il profilo dinamico funzionamento con il nuovo profilo di funzionamento. Sulla base del Pei vengono realizzati progetti personalizzati a cura rispettivamente delle asl degli enti locali e delle istituzioni scolastiche: tra cui il piano degli studi personalizzato. Con la legge quadro del 1992 lo Stato ha definito forme e criteri per consentire ai portatori di qualsivoglia forma di handicap di realizzare i diritti di cittadinanza e di pari opportunità nei diversi momenti di vita, di studio, di lavoro, e di relazione. Le disposizioni contenute nella L104/1992 sono state riprese in seguito nel TU istruzione DLGS 297/1994 in particolare dall’art.314 che recepisce integralmente il contenuto della legge 104. Con l’autonomia scolastica, prefigurata dall’art. 21L 59/1997 ed attuata con il DPR 275/1999 è stato introdotto il principio della flessibilità oraria dei docenti e il concetto di autonomia progettuale della formazione come garanzia del pluralismo culturale e di libertà di insegnamento. L’attività di progettazione si riferisce anche all’attivazione di percorsi didattici individualizzati per gli alunni portatori di handicap ai sensi della L104/1992.Tale autonomia trova la sua massima espressione nel POF, oggi Ptof a seguito della legge 107/2015, che consente alle scuole di prevedere anche dei percorsi formativi individualizzati e caratterizzati sulle esigenze degli allievi con handicap. Sulla base delle scelte dei progetti educativi per alunni con handicap, vengono poi attivati i gruppi composti da docenti insegnanti di sostegno genitori operatori asl che partecipano alla definizione delle modalità di integrazione dell’ alunno e degli strumenti piu’ adatti alle caratteristiche del caso. L 107/2015 DLGS 66/2017: è dlgs di attuazione della delega contenuta nella legge 107/2015 è incentrato sull’inclusione scolastica degli alunni e degli studenti con disabilità certificata ai sensi della legge 104/1992 che modifica direttamente in alcuni punti fondamentali con decorrenze diverse. Vi si ribadisce che l’inclusione scolastica, perché sia effettiva interessa tutte le componenti scolastiche e non solo il docente di sostegno, ovvero i dirigenti scolastici, i docenti, personale ata, studenti e famiglie nonché tutti gli operatori istituzionali. In particolare il decreto: introduce il modello bio-psicosociale della classificazione internazionale del funzionamento della disabilità e della salute (icf) nell’ambito del nuovo profilo di funzionamento ; riordina e rafforza i gruppi di lavoro per l’inclusione scolastica; IL Pei diventa parte integrante del Progetto Individuale. L 170/2010 sui DSA e BES.( vedi parte III) CAPITOLO II Attualmente la modalità organizzativa più adatta a favorire l’integrazione dei diversamente abili è la scuola a tempo pieno; la tendenza a separare il meno possibile le iniziative di recupero e di sostegno dalle normali attività scolastiche. Si prevede un’organizzazione didattica a classi aperte. Alle attività di classe si aggiungono le attività di gruppo nell’ambito sia della classe che di classi diverse, per la realizzazione di attività didattiche adeguate alle esigenza di apprendimento dei singoli alunni c.d. interventi individualizzati. Affinchè la scuola possa configurarsi come scuola di tutti essa deve organizzarsi come scuola per tutti compresi diversamente abili in altre parole scuola su misura. Essa deve darsi un’organizzazione flessibile adeguata alle esigenze e ai ritmi ed alle modalità di apprendimento di ogni alunno che la frequenta. La nascita della pedagogia speciale per gli alunni diversamente abili è strettamente collegata all’elaborazione di specifici interventi di didattica differenziata e alla messa a punto di particolari sussidi. Tuttavia i metodi e i sussidi predisposti per gli alunni portatori di handicap sono rimasti a lungo confinati nelle scuole speciali e hanno incontrato notevoli difficoltà ad entrare nella quotidiana prassi didattica delle scuole comuni. Più specificamente un piano educativo individualizzato per studenti diversamente abili dovrebbe orientarsi chiaramente allo sviluppo delle potenzialità di base e al rafforzamento delle abilità residue. In linea di massima il diversamente abile dovrebbe partecipare integralmente ai momenti dell’attività comune e, in particolare a quelli che non presuppongono abilità competenze e conoscenze di livello superiore alle sue. Particolare significato assumono poi le attività che gli alunni diversamente abili debbono svolgere al di fuori della comune attività didattica della classe. Infatti se per un certo numero di attività è possibile la partecipazione dei diversamenti abili alle attività collettive della classe per altre attività il loro percorsi didattici non possono che essere differenziati e svolgersi secondo i tempi e modalità diversificate, nell’ambito dei lavori di gruppo o individuali programmati. Il Piano Per l’inclusività (PI) L’Art.8 del dlgs 66/2017, che riprende la circolare M.8 dicembre 2013, inserisce tra le funzioni del GLI anche la elaborazione di una proposta di piano annuale inclusività PAI, oggi PI, per gli alunni con bes presenti nella scuola. Il P.I è un documento molto dettagliato interno al Ptof. Illustra i progetti riferiti a tutti i bes che la scuola si accinge a fare per l’inclusione scolastica e progetta interventi di miglioramento. E’ uno dei documenti fondamentali insieme al progetto individuale e al pei che il D.S. invia al Git per la richiesta delle ore di sostegno all’urs. Deve essere redatto dal Gli entro giugno. CAPITOLO III I GLI ( GRUPPI LAVORO PER L’INCLUSIONE) All’unità di valutazione multidisciplinare (UVM) fanno parte: -Un medico specialista, -uno specialista in neuropsichiatria infantile -un terapista in riabilitazione -un assistente sociale Che nell’ambito delle risorse disponibili fa una valutazione sulla base della certificazione di disabilità di quali sono gli interventi migliori per la persona disabile e le competenze professionali richieste. E’ uno dei documenti più importanti per attuare l’inclusione scolastica delle persone disabili sottoposte a valutazione. Viene redatto secondo il modello bio-psico sociale ICF dell’OMS (novità del dlgs 66/2017) (disabilità e potenzialità) E’ propedeudico alla redazione del pei. . CAPITOLO IV DALL’ACCERTAMENTO DELLA DISABILITA’ AL PIANO EDUCATIVO INDIVIDUALIZZATO La segnalazione dell’alunno disabile all’UVM può essere fatta ai sensi dell’art.2 DPR 20-04.1994, anche dal D.S. Pur non facendo riferimento alla famiglia il DPR, è opportuno che questa scelta sia sempre fatta coinvolgendo i genitori dell’alunno per non violare i diritti del minore e la tutela parentale. L’UVM procede alla redazione del Profilo di funzionamento con la collaborazione dei genitori del bambino studente alunno e un rappresentante dell’istruzione scolastica. IL PDF è un documento propedeutico alla redazione del PEI. PEI IL PEI, piano educativo individuale o individualizzato è il progetto di vita scolastica di ogni alunno con disabilità. In questo documento vengono descritti gli interventi finalizzati alla piena realizzazione del diritto all’educazione, all’istruzione, all’integrazione scolastica. IL pei è un documento che riporta gli interventi didattico- educativi, riabilitativi, di socializzazione integrati ed equilibrati tra loro, predisposti tra operatori della scuola, dei servizi sanitari e sociali, in collaborazione con i familiari dell’alunno con disabilità , ai fini della realizzazione del diritto all’educazione e all’istruzione di cui ai primi 4 commi dell’art. 12 l 104/1992. Viene redatto all’inizio di ciascun anno scolastico, dopo un periodo di osservazione e di analisi della situazione di partenza. Per elaborarlo è necessario indagare su: -profilo dinamico funzionale -Determinare gli obiettivi le attività i metodi di lavoro le strategie e i materiali da utilizzare nel processo integrativo -Verificare la corrispondenza tra gli obiettivi programmati e gli obiettiv i raggiunti. IL Pei è redatto dal GLHO (gruppo operativo per l’inclusione del singolo allievo) composto da: Gli insegnanti del consiglio della classe frequentata dall’alunno; L’insegnante di sostegno se già assegnato; I genitori; L’insegnante operatore psico-pedagogico Operatori del distretto socio-sanitario che anno in carico l’alunno. L’insegnante specializzato e tutti gli attori responsabili della progettazione del Pei definiscono gli obiettivi del Pei e decidono la tipologia di programmazione che l’alunno potrà seguire. Vengono individuate, le azioni , le strategie i percorsi i mezzi e i materiali le tipologie di prove e definiti i tempi degli apprendimenti. Si possono stabilire anche dei percorsi individualizzati all’interno delle singole aree disciplinari. I genitori sottoscrivono il Pei e ne ricevono una copia. La fase della progettazione del pei spetta all’insegnante di sostegno. L’insegnante di sostegno progetta il pei. A tal fine, raccoglie tutte le info e il materiale relativo all’alunno e compila la parte didattica del pei che consta: -profilo di funzionamento che sostituisce la diagnosi funzionale e il profilo dinamico funzionale Che contiene la definizione delle attività, dei materiali, dei metodi di lavoro. Per elaborare un progetto efficace e funzionale occorre sapere cosa l’alunno sa fare, cosa non sa fare e cosa potrebbe fare. L’insegnante di sostegno sin dal primo momento deve fornirsi di tute le info necessarie alla buona riuscita del progetto e soprattutto deve coinvolgere i docenti della classe e tutto il personale che opera nella scuola nel progetto d’integrazione scolastico. Nel caso del passaggio da un grado di scuola all’altro, il DS deve prendere accordi con la scuola che successivamente prenderà in carico l’alunno per garantire la continuità. In questo caso il pei deve essere realizzato con la collaborazione dei docenti del ciclo precedente. il Pei differenziato agli alunni con disabilità frequentanti le scuola di I e II grado. Per alcuni alunni con disabilità è possibile prevedere un pei differenziato in funzione di obiettivi didattici e formativi non riconducibili ai programmi ministeriali. In tal caso l alunno con disabilità sarà sottoposto durante gli esami del ciclo scolastico a prove differenziate. Ai sensi dell’art. 7 del dlgs 66/2017, a decorrere dell’anno scolastico 2019-20: -viene elaborato e approvato dai docenti contitolari o dal consiglio di classe con la partecipazione dei genitori; - tiene conto della certificazione di disabilità e del profilo di funzionamento, - è redatto all’inizio di ogni anno scolastico di riferimento a partire dalla scuola dell’infanzia, - è soggetto a verifiche periodiche nel corso dell’anno scolastico. PARTE II SEZIONE I LA PERCEZIONE È il processo cognitivo che consente all’individuo di trarre informazioni dal mondo esterno attraverso l’integrazione tra le sensazioni raccolte mediante gli organi di senso e le esperienze pregresse. E’ impossibile una coincidenza piena tra la realtà fisica e quella esperita: esiste uno scarto dovuto all’intervento di variabili soggettive durante i processi di elaborazione. Si tratta in larga misura di processi inconsapevoli ma fondamentali per la costruzione del nostro mondo. Il processo percettivo è un meccanismo complesso, in cui entrano in gioco molti aspetti che coinvolgono non solo l’elaborazione sensoriale ma anche l’intelligenza, l’affettività, ovvero l’intera personalità di individuo. La percezione è stata oggetto di ricerca delle principali scuole psicologiche. La prospettiva psicofisiologica. Uno dei temi affrontati dagli psico-fisiologi è la capacità di discriminare i colori. La teoria sulla percezione dei colori fu formulata dal tedesco Hermann von HELMHOLTZ che sostenne l’esistenza nell’uomo di recettori differenti, sensibili agli spettri cromatici del rosso, dell’azzurro e del verde. Helmholtz considerava fondamentale per l’esperienza percettiva, a parte la specificità dello stimolo, l’attività di organizzazione dei dati sensoriali: un oggetto non è solo il semplice risultato di sensazioni, ma anche l’effetto implicito delle esperienze passate. Il cervello opererebbe delle inferenze inconscie a partire dalle sensazioni elementari componendo i dati semplici in una unità grazie ai processi superiori del pensiero. La prospettiva gestaltica. per orientare lo sguardo: il cervello non riesce a scegliere l’interpretazione corretta dei dati attestandone cosi la sostanziale indecidibilità. Le illusioni ottiche Sotto questa dicitura sono raggruppati quei fenomeni percettivi che presentano una forte discordanza dalla realtà fisica. Illusione in senso generale, consiste in una distorsione di un oggetto esterno reale, accompagnata però da senso critico. Tra le varie illusioni percettive: -le nuove creazioni, che comprendono la presenza di aspetti fenomenici che di fatto mancano nel campo percettivo, ma che si formano a partire da caratteristiche degli oggetti stessi Un caso è l’immagine di Kanitzsa. - le trasformazioni: si riferiscono ad una mutazione percettiva delle dimensioni o della forma, o della forma, o di entrambe come nell’illusione di Ponzo in cui le due linee orizzontali sono della stessa lunghezza ma quella superiore appare più lunga perché più vicino al punto di convergenza dei segmenti che li contengono. Nell’illusione ottico – geometrica di Muller- Lyer i due segmenti proposti pur essendo della stessa lunghezza ci appaiono diversi a causa dell’orientamento delle frecce Un caso che evidenzia distorsioni nella figura è quello delle rette parallele (o illusioni di Hering) poste orizzontalmente rispetto alla figura di sfondo che appaiono restringersi ai lati e distanziarsi al centro o viceversa a seconda della convergenza delle linee del disegno retrostante. L’ATTENZIONE L’attenzione si può definire come la capacità cognitiva di mettere a fuoco specifici contenuti e all’opposto inibire informazioni valutate come irrilevanti. L’attenzione opera come un filtro sull’informazione in entrata (input) selezionandola in base ad interessi e ad aspettative. La metafora del filtro si diffuse alla fine degli anni 50 nel ‘900 dopo le ricerche dello psicologo Broadbent. Il filtro opererebbei n relazione alle finalità, compiti, aspettative del soggetto. Tale azione avverrebbe selezionando gli stimoli rilevanti e scremando quelli irrilevanti. Questa selezione sarebbe avvenuta dopo una prima analisi delle caratteristiche fisiche degli stimoli. Tuttavia molti esempi ci dimostrano che siamo capaci di eseguire nello stesso tempo compiti diversi. Le ricerche della psicologia cogniitva si sono quindi spostate gradualmente a cominciare dagli anni ’80 dallo studio dell’attenzione come selezione di nformazione attenzione selettiva, al problema dell’attenzione distribuita su più compiti attenzione divisa. Tra le ricerche più interessanti ci furono quelle di Hirst e Kalmar, che dimostrarono che i soggetti potevano prestare attenzione simultaneamente a due compiti di natura diversa ( es. grammatica e aritmetica), compiendo un minor numero di errori che nella situazione in cui due compiti erano uguali ( due compiti aritmetici). In questa situazione si parla di interferenza strutturale: l’esecuzione di un compito interferisce sull’altro se essi si condividono lo stesso tipo di elaborazione ad esempio verbale. E’ questo un caso in cui interverrebbe l’attenzione selettiva: l’attenzione si sposta ora su un compito ora su un altro .L’attenzione può essere distribuita più facilmente e con minor ricaduta sulla prestazione, se i compiti riguardano abilità diverse, o se vengono utilizzate risorse cognitive differenti. Se nel modello di Broadbent l’attenzione costituisce un sistema di filtraggio dell’informazione in entrata, nei modelli più recenti essa è considerata un sistema di controllo delle operazioni cognitive. Secondo il modello più noto, quello di Tim Shallice, l’attenzione interviene nella selezione tra un processo cognitivo e l’altro qualora questi siano in conflitto tra loro, la cosiddetta selezione competitiva. Un’operazione cognitiva può imporsi su un’altra in base al valore maggiore di attenzione che essa ha in un determinato momento rispetto ad altre operazioni . Secondo Shallice si tratta di una scelta automaticamente effettuata dal cosiddetto sistema attenzionale supervisore. La memoria La memoria è generalmente definita come la struttura psichica che conserva e organizza le informazioni. In una prima fase, quella dell’acquisizione, il soggetto incontra le infomazioni. Si tratta di un processo che coincide generalmente con un atto percettivo molto semplice: il cosiddetto registro sensoriale (RS). Atkinson e Shiffrin proposero, sul finire del secolo scorso, un modello in cui, a questa prima fase dell’acquisizione, segue quella della ritenzione, cioè la capacità di conservare le tracce per un periodo più o meno lungo: ciò da origine alla memoria a breve termine (MBT) e a quella a lungo termine (MLT). Per far si che un’informazione percepita ad esempio un numero di telefono, passi dalla memoria a breve termine a quella a lungo termine occorre un processo di codifica ad esempio il ripasso per memorizzare il numer. L’effettiva presenza della traccia in memoria si riscontra nella fase di recupero o anche della riattivazione o del ricordo. Per spiegare il funzionamento della memoria umana sono stati proposti diversi modelli nel tempo. 1) Modello associativo di HERMANN EBBINGHAUS. La facoltà di ricordare viene favorita dalle relazioni associative. Le tracce si ricordano meglio se possono essere associate tra loro per contiguità, somiglianza o per contrasto. Ebbinghaus si propose di studiare la memoria come capacità pura, cioè non influenzata dalle conoscenze pregresse né dalle strategie organizzative del soggetto. Egli introdusse l’uso delle liste di sillabe senza senso la cosiddetta presentazione seriale, per verificare la sua capacità di trattenerle in mente e riprodurle. Usando gruppi di lettere senza senso suoi esercizi lo studioso voleva valutare la capacità della memoria di ricordare informazioni neutre ovvero dati che non avessero per il soggetto alcun valore ne di significato ne affettivo. In questo modo non sarebbero intervenuti fattori che avrebbero potuto facilitare il computo. Questo tipo di tecnica mostrò che l’esercizio favoriva in modo significativo l’apprendimento Egli imparava a mente delle triplette di sillabe senza significato verificando quotidianamente il suo potere di ricordarle Dopo la prima lettura non riusciva a ricordarne più di sete. Aveva bisogno di leggere la lista sedici volte per ricordare dodici sillabe, leggerla quarantaquattro volte per ritenerne 24. Ebbinghaus considerò come momento del ricordo esatto quello in cui poteva riprodurre tutta la lista senza dimenticare nessuna sillaba. Egli verificò che con la ripetizione si riduceva contemporaneamente sia il tempo dell’ apprendimento si a il fenomeno della dimenticanza. Lo studioso notò pure che associando gli elementi tra loro, il ricordo era facilitato. I metodi di studio sull’apprendimento e della memoria che sono seguiti nel ‘900 hanno approfondito la presenza seriale di Ebbinghaus. Tale tecnica consiste nel presentare ai soggetti nomi, sillabe, numeri in modo costante e nell’invitarli a riprodurre i singoli stimoli nello stesso ordine in cui sono stati presentati. Si chiede poi ai soggetti dopo un intervallo di tempo stabilito dal ricercatore di riapprendere la stessa serie finche non viene riprodotta correttamente. Emerge allora un fenomeno definito risparmio e consistente nella riduzione rispetto alla prima acquisizione del tempo e del numero delle prove richieste ai soggetti per svolgere il compito. Ciò significa che apprendere di nuovo un compito che si era già imparato in passato costa meno fatica che studiare uno ex novo. 2) Modellopluri-componenti. I sostenitori di questo modello affermano che la memoria non ritiene gli stimoli in una traccia univoca ma ne conserva anche le differenti componenti ad esempio quella temporale spaziale di frequenza. Alcuni esperimetni hanno dimostrato come informazioni a cui sono associate delle immagini siano piu facilmente ricordate rispetto ad altre che seppur molto significative abbiano un basso livello di immagine. Questo fenomeno viene spiegato supponendo l’esistenza di due sistemi di codifica: il sistema verbale e il sistema per immagini. Se associamo il nome di una persona con l’immagine del suo viso abbiamo la possibilità di ricordarla meglio perché è possibile attribuire a quell’informazione una doppia codifica : verbale e immaginativa. 3) Il modello HIP ( HUMAN INFORMATION PROCESSING) di ATKINSON e SHIFFRIN. Si tratta di un modello di memoria che considera quest’ultima come una funzione psichica attiva e non come un semplice contenitore di dati. Questo modello è sorto nell’ambito dell’approccio cognitivista, che promuoveva l’analogia tra la psiche umana e il computer. Sulla scia di questa analogia, si sostenne una differenziazione tra fasi o livelli nell’elaborazione dell’informazione. La memoria opera sull’informazione che proviene dall’esterno decodificandola elaborandola e codificandola a sua volta proprio come farebbe animismo infantile che procede per gradi secondo cui il bambino è portato a credere che tutti gli oggetti anche quelli inanimati siano vivi producendo pensieri. - la seconda fase dello stadio pre-operatorio quella del pensiero intuitivo che va dai quattro ai sette anni. L’animismo infantile si evolve e il bambino proietta solo verso gli oggetti in movimento come i fiumi o il fuoco ‘idea che siano vivi, pensando ad esempio che il sole tramonta perché ha sonno. Lo sviluppo del pensiero pre-logico intuitivo porta il bambino ad interpretare le situazioni in base alle caratteristiche presenti momento per momento e non come l’esito di un insieme di processi. Il bambino riesce a percepire gli aspetti qualitativi e quantitativi di un oggetto solo in maniera separata e non contemporaneamente cosi come pure le azioni mentali sono irreversibili poiché composte da rappresentazioni mentali isolate. Cio’ comporta per esempio che il bambino non riesca a percepire la conservazione del volume - 3)stadio operatorio concreto.va dai 7 agli 11 anni. L’animismo si evolve e il bambino attribuisce la vita solo agli oggetti dotati di movimento proprio come il mare che, ad esempio usa le onde per giocare e non agli oggetti dotati di movimento indotto come la bicicletta. Verso la fine di questo stadio si passa dall’animismo all’artificialismo caratterizzato dalla convinzione che tutte le cose siano il risultato dell’opera dell’uomo il quale ha creato le stelle e le ha lanciate in cielo oppure che ha creato i laghi scavando grossi fossi e riempiendoli d’acqua. In questa fase il bambino sottoposto all’esperimento di conservazione del volume con bicchieri di forma diversa comprende che la quantità di acqua nei bicchieri è la stessa seppur visivamente risulti diversa grazie alla capacità di ragionamento e all’acquisizione del concetto di reversibilità - 4)stadio operatorio formale. Che va dagli 11 anni all’adolescenza e che in definitiva chiude lo sviluppo cognitivo. L’animismo infantile è totalmente superato E’ in grado di pensare astrattamente secondo il sillogismo logico, laddove il pensiero da induttivo diventa deduttivo andando dal generale al particolare come tutti i peluche sono morbidi. Teddy è un peluche. Teddy è morbido. Embriologia mentale: lo sviluppo mentale avviene come un embrione attraverso stadi che si sviluppano uno alla volta fino alle loro completa maturazione. VYGOTSKIJ Filosofo russo, muore giovane a 37 anni Fondatore della scuola storico culturale, esponente massimo della teoria socio- culturale (cioè la teoria che vede lo sviluppo della psiche guidata e influenzato dal contesto di riferimento, diversamente da Piaget che affermava che lo sviluppo della psiche del bambino non ha alcun effetto l’ambiente esterno, il bambino impara interagendo da se sugli oggetti). Lo sviluppo del pensiero cognitivo è possibile secondo V. grazie all’interazione sociale, ambientale. Lo sviluppo del pensiero cognitivo non procede dalla spontaneità alla scientificità, ma concetti spontanei e scientifici sono costantemente collegati e si influenzano reciprocamente attraverso l’interazione sociale e ambientale. Lo sviluppo del pensiero cognitivo avviene tramite la relazione tra età stabile ed età critiche. Le età stabili, sono periodi in cui i cambiamenti sono minimi. Le età critiche sono periodi in cui i cambiamenti sono molti: sono crisi che se superate correttamente garantiscono lo sviluppo cognitivo corretto del bambino, consentendo il passaggio allo stadio successivo. Per V. l’educatore deve lavorare sulle potenzialità del bambino: ogni bambino ha un potenziale che gli permette di acquisire nuove conoscenze nel momento in cui entra in contatto con soggetti aventi una maturazione cognitiva superiore. Lo stimolo mezzo. V. accetta l’ipotesi che la struttura base dei processi psichici sia la sequenza stimolo reazione ma in merito ai processi psichici superiori., pensiero, linguaggio, ragionamento, inserisce un nuovo elemento: lo stimolo mezzo. Lo stimolo mezzo è uno stimolo creato dall’uomo utilizzato per instaurare un nuovo rapporto stimolo risposta indirizzando il comportamento verso una determinata direzione. Gli stimoli-mezzo che non sono soltanto oggetti fisici, come in questo caso, a qualunque stimolo proveniente dall’ambiente, sono fondamentali per l’acquisizione dei processi psichici superiori. Per diventare funzione psichica superiore è necessario l’intervento degli stimoli-mezzo che provengono dall’ambiente esterno senza i quali il bambino non potrebbe mai passare dal possedere l’attenzione naturale a quella volontaria. Ogni funzione psichica superiore appare due vote nello sviluppo del bambino : dapprima sul piano interpsicologico e in un secondo tempo sul piano intrapsicologico La zona di sviluppo prossimale: è un concetto introdotto per la prima volta da Vygotsky, serve per spiegare lo sviluppo dell’apprendimento nel bambino, e indica l’area in cui si può osservare cosa il bambino è in grado di fare da solo e quali sono i potenziali apprendimenti possibili nel momento in cui è sostenuto da un adulto competente. E’ una sorta di ponte tra le capacità di sviluppo attuali del bambino e quelle potenziali attraverso l’interazione con una persona più esperta (tra livello di sviluppo effettivo e livello di sviluppo potenziale). Lo sviluppo cognitivo si ha quando il bambino impara a padroneggiare il problema da solo : la zona di sviluppo effettivo si incrementa includendo quelle che prima era prossimale. Processo di interiorizzazione: è un processo con cui il bambino acquisisce grazie all’interazione sociale, delle nuove competenze interiorizzandole, determinando il progredire dello sviluppo cognitivo. Individua 4 stadi del processo di interiorizzazione durante il primo dei quali il bambino risponde alle stimolazioni dell’ambiente in modo immediato successivamente usa segni esterni, in seguito diviene consapevole del significato e del ruolo dei segni e in fine giunge a una interiorizzazione. L’interiorizzazione è un processo di passaggio dall’interpsichico (relativo ai rapporti con gli altri) all’intrapsichico (relativo ai rapporti tra più parti di sé) ed è un processo sociale, perché avviene tra bambino ed adulto ed è mediato dall’uso del linguaggio. La prospettiva di V. ha influenzato lo sviluppo della psicologia contemporanea, in particolare il modello ecologico, e la teoria dell’attività. .. BRUNER Uno dei più importanti psicologi contemporanei, morto nel 2016 Condivideva il concetto di apprendimento come processo attivo e costruttivo (teoria di Piaget); e l’importanza attribuita all’ambiente durante l’apprendimento (Vygotskj). Fondatore della Teoria del culturalismo : considera l’importanza dell’influenza che i contesti sociali e culturali condivisi hanno sui processi di apprendimento Il soggetto proprio attraverso i rapporti interpersonali, costruisce le prime basilari competenze che in un secondo tempo interiorizza attraverso il pensiero e il ragionamento: attraverso l’utilizzo di amplificatori culturali, come ad esempio il linguaggio, un soggetto può sviluppare e potenziare le proprie capacità. Intersoggettività : è il principio base della psicologia culturale, consistente nella condivisione degli stadi mentali soggettivi con quelli altrui Lo sviluppo cognitivo non si realizza attraverso una serie fissa di stadi ma l’intelligenza è piuttosto la capacità di mettere in atto una serie di strategie e procedure per risolvere i problemi, per analizzare le informazioni e codificarle. Egli attribuisce da questo punto di vista grande importanza alla situazione e al contesto in cui si affrontano i problemi, i fattori sociali, ma anche alle spinte motivazionali, fattori individuali. Non essendoci una rigidità biologica da rispettare lo schema di Bruner prevede la possibilità di anticipare lo sviluppo di alcune competenze attraverso la stimolazione ambientale. Lo sviluppo cognitivo procede passando da sistemi poveri a sistemi sempre più ricchi ed efficaci nell’elaborazione delle informazioni. Tale passaggio avviene attraverso tre rappresentazioni della realtà: l’azione, l’immagine e il linguaggio cui corrispondono tre diversi tipi di elaborazione cognitiva: esecutiva, iconica e simbolica. La rappresentazione esecutiva è caratteristica del primo anno di vita in cui il bambino utilizza la manipolazione. Il bambino fa una conoscenza motoria della realtà ossia apprende e comprende agendo La rappresentazione iconica si basa su rappresentazioni mentali e immagini interne: che costituiscono una riorganizzazione mentale della realtà. La fase della rappresentazione iconica che si serve di immagini permane fino ai 6-7 anni, ma GOLEMAN E L’INTELLIGENZA EMOTIVA ,psicologo statunitense, contemporaneo Intelligenza emotiva : è la capacità di motivare se stessi, di persistere nel perseguire un obiettivo nonostante le frustrazioni, di controllare gli impulsi, rimandare le gratificazioni, evitare che le sofferenze ci impediscano di essere empatici. Nei suoi scritti Goleman prima dimostra i limiti del QI, riportato alle tradizionali capacità logico-matematiche, verbali e spaziali, quando viene adoprato quale indice del successo di una persona, dopo di che descrive il concetto di intelligenza emotiva, già illustrato da Gardner nelle sue forme intrapersonale e interpersonale, differenziando le competenze personali da quelle sociali: le prime concernono l’attitudine ad afferrare i differenti aspetti della vita emozionale, mentre le seconde attengono a come si comprendono gli altri e ci si relazione con essi. Le 5 caratteristiche base dell’intelligenza emotiva sono: -consapevolezza di sé (saper ottenere risultati riconoscendo le proprie emozioni) -Dominio di sé( saper adoperare i propri sentimenti per uno scopo) -Motivazione (conoscere la vera e profonda motivazione che muove all’azione) -empatia (saper ascoltare gli altri entrando in un flusso di contatto= -abilità sociale (sapere comprendere i movimenti che avvengono tra le persone quando si sta con loro) La teoria dell’elaborazione dell’informazione Alla fine degli anni ’50 negli Stati Uniti e in Inghilterra si diffuse, nell’ambito della psicologia dello sviluppo cognitivo, l’approccio dell’elaborazione dell’informazione, HIP: human information Processing. I sostenitori della teoria dell’informazione focalizzano l’attenzione sulle modalità con cui il sistema cognitivo mette in atto nell’elaborazione delle informazioni provenienti dall’ambiente, ovvero su come l’informazione viene memorizzata ovvero codificata e immagazzinata. I ricercatori utilizzano la metafora del computer per comprendere i processi cognitivi messi in atto dal soggetto nella sua interazione col mondo. I computer, infatti, sono macchine che elaborano informazioni trasformando gli input in output. Gli input consistono in dati di arrivo; gli output consistono in dati derivati dall’elaborazione dei precedenti e che assumono forme tali da essere memorizzate, stampate e visualizzate su uno schermo. Tale elaborazione avviene per mezzo di programmi che consistono in una serie ordinata di istruzioni, ovvero in un algoritmo il cui linguaggio è riconoscibile dal computer stesso. Oltre a servirsi della stessa metafora del computer i ricercatori dell’ elaborazione dell’ informazione condividono le seguenti caratteristiche: -l’individuo considerato come strumento dell’elaborazione dell’informazione -lo sviluppo considerato come un’auto-modificazione L’individuo come il computer elabora le informazioni trasformando l’input in output. A partire da questo presupposto, l’obiettivo della psicologia dello sviluppo consiste nel capire come è programmato l’organismo umano per riconoscere codificare e immagazzinare il flusso delle informazioni provenienti dall’esterno. Per tale ragione la ricerca che si è avvalsa di questo fondamento teorico ha orientato le proprie indagini su funzioni cognitive come la memoria, il pensiero, l’ attenzione le strategie per la risoluzione di problemi. Atkinson e Shiffrin hanno focalizzato l’ attenzione sulle modalità attraverso cui il flusso d’informazione viene trasformato. Essi hanno messo in evidenza l esistenza di registri sensoriali capaci di trattenere solo per frazioni di secondo le informazioni che arrivano agli organi di senso e di magazzini in cui l’ informazione può essere conservata, essi sono rappresentati dalla memoria a breve termine e dalla memoria a lungo termine. (La memoria a breve termine può mantenere solo un numero limitato di info e per un breve periodo che corrisponde ad una durata di circa 15-30 secondi. La memoria a lungo termine invece ha una capacità molto ampia e conserva le informazioni per un tempo indefinito attraverso un’organizzazione estremamente complessa). L’individuo ha un proprio programma di elaborazione dei dati mediante il quale si rappresenta le informazioni ai fini della memorizzazione, delle risoluzione dei problemi .Si parla di auto-modificazione nello sviluppo : nel senso che il bambino come il computer si autocorregge mediante feedback che riceve, e modifica il proprio programma di elaborazione di dati, rigettando metodi inutili. L’analisi del compito risulta per i teorici dell’elaborazione dell’informazione uno strumento principe per la valutazione delle strutture cognitive di un soggetto e quindi per la valutazione del mutamento. CAPITOLO III LE NEUROSCIENZE Alcuni antropologi come Arnold Gehlen, hanno definito l’uomo come un animale indebolito , il suo rapporto col mondo non è istintuale come gli animali poiché il suo corredo istintuale è insufficiente. Vive per questo un a condizione di forte mediazione cognitiva e simbolica con l’ ambiente circostante. Nella metà del ‘900 si sviluppano ricerche su come funziona la mente umana. Le neuroscienze: approfondiscono la struttura del cervello per analizzarne il funzionamento, sono infatti un insieme di studi sul sistema nervoso. Alla base delle neuroscienze c’è il riconoscimento dell’interazione tra discipline solo apparentemente distanti quali la biologia e la psicologia. La psicologia cogntiva: è quella parte della psicologia che si occupa di studiare il pensiero del comportamento umano non osservabile, mentale. Quindi quali idee giungono alla mente e come influiscono sulla risposta emotiva e comportamentale. L’obiettivo consiste nello stabilire una connessione tra lo studio dei comportamenti e delle capacità cognitive negli esseri umani e nella riproduzione di questi sistemi artificiali. La psicologia cognitiva è uno dei più importanti movimenti della psicologia contemporanea secondo il quale la mente umana funziona elaborando attivamente informazioni che giungono tramite gli organi sensoriali in analogia con i meccanismi di tipo cibernetico. A differenza di altri modelli precedenti ad esempio il comportamentismo, il cognitivismo non costituisce un sistema teorico organizzato e coerente: la sua prima formulazione teorica è stata realizzata dallo psicologo statunitense di origine tedesca Ulrich Neissen Fino agli anni ’50 il paradigma era la psicologia comportamenale o dell’apprendimento, che spiegava solo ciò che è osservabile. Due furono le correnti di pensiero che diedero origine alla psicologia cognitiva: - Teoria dell’informazione (SHANNON: l’informazione è una scelta, una riduzione delle alternative); - Cibernetica Queste forniscono un modello dell’organismo umano come sistema complesso in grado di ricevere informazioni (input) di elaborarle compiendo una selezione tra gli elementi in entrata. , e di porre in atto sui dati selezionati una serie di trasformazioni, e un immagazzinamento rapido ed efficace, di raggiungere decisioni dipendenti dai risultati dell’elaborazione compiuta e non predeterminate in partenza. I primi esperimenti vengono condotti in Inghilterra e dimostrano che la mente umana si comporta come un meccanismo capace di autocorrezione a determinati intervalli, che la mente può selezionare in modo moto preciso le informazioni in arrivo (teoria del filtro) che il soggetto conoscente interagisce con l ambiente circostante non limitandosi a percepire passivamente le sollecitazioni ma continuamene verificando la congruenza fra il proprio progetto comportamentale e le condizioni oggettive esistenti. Negli anni successivi si differenziano diversi filoni ( il c.d. problem solving) e soprattutto il linguaggio (Chomsky) Negli anni ’70 del ‘900 ci fu il superamento della concezione dualista della mente e del cervello. L’irruzione della complessità in campo epistemologico. L’uso di applicazioni informatiche simulate. Tutto questo portò al superamento delprincipio per cui la mente è il software del cervello ma a ritenere che mente e corpo umano vanno studiate insieme : il modo in cui un pensiero si determina dipende da due elementi ; la struttura genetica e l’ambiente. I neuroni specchio di Giacomo Rizzolatti Nel corso di una pausa di lavoro, una scimmia, il macaco stava tranquillamente seduta su una sedia in attesa del nuovo compito. Qualcuno dei ricercatori fece qualcosa prese un gelato o delle noccioline per mangiare e all’improvviso senti una scarica di attività prodursi nel computer collegato agli elettrodi che erano stati chirurgicamente Il linguaggio da funzione inter-psichica che consente di rapportarsi con le altre persone, diventa una funzione intrapsichica che permette di regolare dall’interno i propri processi cognitivi e il proprio comportamento organizzando l’insieme di regole, strategie, strutture e contenuti che stanno alla base di qualsiasi attività psichica. All’inizio esso assolve una funzione sociale, ma progressivamente compare un uso intrapsichico che svolge una funzione intrapersonale: alla sua originaria funzione comunicativa si correla quella strumentale del pensiero ( questo processo di interiorizzazione si verifica dai tre agli 8 anni). Il linguaggio egocentrico è strutturalmente diverso da quello sociale perché non deve essere esplicito per un interlocutore esterno: è ellittico e ricco di omissioni e aumenta nelle situazioni difficili. Una volta interiorizzato questo tipo di linguaggio diventa sempre meno dipendente dall’azione in corso, perde il carattere di commento dell’ azione attuale e acquisisce la funzione di guida del comportamento e del pensiero. In particolare V. aveva notato che dai 2 ai 6 anni il linguaggio si espande e si arricchisce nel lessico, soprattutto si articola in due piani diversi, di cui uno conserva la funzione di contatto sociale e di normale comunicazione con gli altri, mentre l'altro diventa linguaggio egocentrico volto a soddisfare i bisogni dell’ egocentrismo individuale, ancora incapace di concepire qualsiasi forma di decentramento al di fuori del proprio io. Ebbene questo linguaggio è in transito dall’esterno verso l’interno in fase di trasformazione da linguaggio sonoro a linguaggio silenzioso interiore. Poi, intorno al 7 anno di vita, quando l’individuo acquista il concetto della conservazione della sostanza e della reversibilità dell’azione, questo linguaggio non scompare o si atrofizza come voleva Piaget, ma va in profondità diventa linguaggio per se e serve per ordinare le idee categorizzare la realtà e formulare concetti. Per completare il discorso sul linguaggio, bisogna descrivere le tesi di V. riguardante le tre forme di linguaggio (interiore, parlato, scritto) secondo cui esse sono strutturalmente diverse tra loro, differenza che dipende dalla diversa situazione comunicativa. Le caratteristiche del linguaggio interiore sono: l’abbreviazione, la frammentarietà, la condensazione. L aggregazione, la predicazione assoluta . Siccome il ricevente e l emittente coincidono la comprensione avviene senza equivoci. Nel linguaggio parlato invece, il ricevente è una persona diversa dall’emittente ma è fisicamente presente durante la comunicazioe che, in tal caso, racchiude sia la comunicazione verbale che quella non verbale e ciò permette al ricevente di comprendere facilmente il senso. Nel linguaggio scritto il ricevente è una persona diversa dall’emittente ed è per il piu assente durante la comunicazione per cui l uso del linguaggio deve essere altamente preciso e formale,, con una sintassi maggiore e complessa per raggiungere la piena espressione di ogni pensiero e per poterne garantire la comprensione. LA COMUNICAZIONE NON VERBALE A differenza del linguaggio che prevede una riflessione e, quindi una possibilità di controllo dei contenuti, la comunicazione non verbale è spesso involontaria. Ray Birdwhistell ha individuato una cinquantina di movimenti e di posizioni elementari del corpo cinemi, che costituiscono il repertorio di cui una persona può avvalersi nel corso della comunicazione. Paul Ekman, sostiene che esistono determinate espressioni facciali, relative alle emozioni, che son comuni in tutto il mondo, e che non variano al variare della cultura e del contesto di riferimento. Paul Watzlawick, sostiene che non si può non comunicare, nel senso che anche un o sguardo, un movimento o un semplice inarcare le sopracciglia veicolano un messaggio a chi o quanti ci stanno di fronte. La prossemica Il termine prossemica è stato coniato dall’antropologo statunitense Edward T Hall per indicare le modalità con cui l’uomo percepisce lo spazio personale e sociale nell’ambito della comunicazione interpersonale. Gli elementi oggetto di studio della prossemica ( distanza, vicinanza, contatto fisico) assumono significati diversi a seconda della cultura e dell’ambiente sociale considerati. La prossemica mostra che la disposizione dei corpi nello spazio fisico può avere valore comunicativo. Se ad esempio tra le persone c’è una relazione intima, esse tendono a ridurre al minimo la distanza tra di loro. Tenere qualcuno a distanza vuol dire invece che la relazione interpersonale è tata in qualche modo minacciata. La condotta prossemica è interpretabile come un’evoluzione del comportamento territoriale degli animali. Il contatto oculare, l’orientazione e la postura mettono a disposizione strumenti efficaci del linguaggio silenzioso con cui ciascuno segnala all’altro le forme dell’interazione possibile. Secondo Hall si possono individuare 4 livelli di distanza: - La distanza intima va da 0 a 45 cm comporta un coinvolgimento notevole con l'altro con il quale vi è un contatto fisico - La distanza personale v da 45 a 120 cm in genere ei rapporti di amicizia - La distanza sociale da 120 a 360 cm che intercorre nelle situazioni di lavoro - La distanza pubblica da 360 cm in su La cinesica Indaga la mimica e la gestualità. CAPITOLO 5 SVILUPPO PSICODINAMICO, SOCIALE ED EMOTIVO Le teorie di Freud ed Erikson hanno apportato un notevole contributo alla psicologia dello sviluppo ( la psicologia dello sviluppo è una disciplina che, all’interno delle scienze psicologiche si occupa dello studio dei continue cambiamenti che si verificano nell’uomo nelle diverse stagioni della vita, a livello fisico, emotivo, relazionale, cognitivo e comportamentale), centrando la loro ricerca sui fattori che spingono un comportamento al raggiungimento di una meta, fattori che sono soprattutto motivazionali. La teoria di Freud Fondatore della psicanalisi ritiene che durante i primi anni di vita vengano gettate le basi per la costruzione della personalità di un individuo adulto. In particolare la personalità di un individuo si svilupperebbe attraverso il superamento o meno dei conflitti che si incontrano nelle varie fasi della vita: questi conflitti si manifestano come sequenza invariante e dipendono dalla facoltà di saper scaricare o meno l’energia pulsionale su oggetti esterni o interiorizzati attraverso specifiche zone che cambiano a seconda della fase dello sviluppo psicosessuale in cui si trova l’individuo. Perché sorgono questi conflitti? La libido, l’energia pulsionale che è energia sessuale, presenta diverse fasi evolutive, localizzandosi in altrettante zone erogene: se quest’energia pulsionale crescendo non si riesce a scaricarla su oggetti esterni o interiorizzati si crea a fissazione e la regressione che rispettivamente, impediscono lo sviluppo psichico o lo riportano indietro a fasi pregresse, con conseguente formazione di sintomi nevrotici. 1) fase orale (0-18 mesi) 2) fase anale (18- 3 anni) 3) fase fallica (3-5 anni) 4) fase di latenza (6-12 anni) 5) fase genitale (12-15 anni Lo sviluppo psicosociale di Erikson Psicoanalista statunitense estende il campo di indagine della concezione freudiana, elaborando una serie di stadi di sviluppo che vanno dalla prima infanzia all’età matura in cui alla dimensione psico-sessuale di freud va aggiunta la dimensione psicosociale. Sono 8 gli stadi dello sviluppo psicosociale di Erikson che si ripetono in tutti gli individui. Tra un ciclo e l’altro, l’individuo si trova a dover affrontare costantemente delle specifiche “crisi” psico- sociali, il superamento delle quali porta allo sviluppo della personalità. La grande novità rispetto a Freud consiste nel ritenere che lo sviluppo psico-sociale continui oltre l’adolescenza e prosegua per tutta la vita dell’individuo. 1) Fase inizia con la nascita ed è centrata sull’acquisizione di una fiducia di base e della sua controparte la sfiducia di base Questa continuità d’essere è importantissima perché consente al bambino appena nato di non subire l’urto con l’ambiente esterno. Per garantire che, nel delicatissimo passaggio dalla condizione di onnipotenza in cui il bambino protetto nell’holding immagina di vivere i primi mesi di vita, alla condizione di separazione, dunque alla prima strutturazione della soggettività, c’è bisogno che si instauri tra mamma e bambino uno spazio simbolico ludico/creativo. E’ lo spazio del gioco, in cui si inseriscono i cosiddetti oggetti transizionali : animali di peluche, pezzi di stoffa che il bambino tiene con se nei momenti di angoscia, nelle situazioni di distacco. Secondo W. nel percorso dell’individuazione, cioè nel passaggio dalla fase fusionale a quella della soggettività, il bambino scopre l’esistenza del mondo esterno. Nel periodo fusionale il bambino pensa invece che tutti gli oggetti esterni compresa la madre sono una sua proiezione soggettiva. Nel periodo di passaggio alla fase della soggettività, il periodo transizionale, la madre avrà un ruolo importantissimo perché dapprima stimolerà l’illusione del bambino che gli oggetti sono ancora una sua illusione, dopo stimolerà quella del disincanto senza che subisca un urto nello scoprire l’esistenza del mondo esterno. In questa fase importantissimi sono lo sviluppo ad opera della madre delle prassi simboliche del bambino originando quella dimensione di prassi ludica che negli adulti diventerà arte lavoro e cultura Il percorso verso il riconoscimento della sua soggettività è il riconoscimento degli oggetti pensati come esterni e non sue creazioni interiori avviene gradualmente passando alla cosiddetta fase transizionale. In questa fase, il bambino abbandona gradualmente l’idea che la realtà sia una sua creazione e comincia a riconoscere l’esistenza di alcuni oggetti transizionali, come i peluche, ecc. Sono oggetti che sono assimilati dal bambino come non me. Fondamentale è la presenza di una madre sufficientemente buona per garantire la costruzione del vero se della sua personalità, cioè la madre buona, riesce grazie alle sue risposte istintive ai gesti del neonato, a garantire la costruzione della sua personalità. Nel caso opposto si creeranno delle angosce e il bambino crea un falso se’. La teoria di Spitz Attraverso una serie di sperimentazioni constatò che esistono determinate esperienze esistenziali che costituiscono veri e propri criteri organizzatori di alcune tappe dello sviluppo psicologico dell’individuo. -fase preoggettuale: alla nascita il bambino vive in una sorta di condizione di autismo, durante la quale risulta completamente ripiegato in sé stesso e di indifferenziazione identitaria, in cui non esiste alcuna distinzione tra sé e il mondo esterno, in particolare tra sé e la madre. -fase dell’oggetto precursore: Nel corso del terzo mese il piccolo inizia a riconoscere il volto umano, specialmente la zona degli occhi e del naso (zona che Spitz ricostruisce in laboratorio con delle maschere) alla quale indirizza sorrisi. Ciò significa che riconosce il viso (della madre) come altro da sé, in virtù di un principio di interrelazione con il mondo esterno che comporta l’uscita dall’autismo dei primi mesi di vita. -fase dell’oggetto libidico: (angoscia dell’8 mese). In questo periodo il piccolo comincia ad esprimere gioia quando sta insieme alle persone che conosce e timore verso quelle che non conosce, la qual cosa dimostra che non solo individua l’altro da se, ma che, in ciò che è altro, distingue la madre dai soggetti estranei. Successivamente, intorno ai 2 anni, il bambino comincia a dire di no alla madre, mostrando di far valere la propria volontà in contrapposizione a quella materna. Ciò denota il distacco, la definitiva separazione identitaria del figlio dalla madre, la quale, d’ora in avanti, verrà identificata dal bambino come persona diversa da sé. Margaret Mahler: la teoria si basa sul cosiddetto processo di separazione – individuazione che consiste in due sviluppi complementari: la separazione avviene con l’emergere del bambino da una fusione simbiotica con la madre, mentre l’individuazione riguarda la graduale assunzione da parte del piccolo delle proprie caratteristiche individuali La teoria di Stern: specializzato nell’infant research, ha il merito di essere riuscito a cogliere e caratterizzare le fasi di sviluppo del sé descrivendo i comportamenti in maniera particolareggiata. Nei primi mesi di vita il piccolo si impegna attivamente nel costruire un sé emergente mediante la coordinazione e la stabilizzazione del ciclo del sonno/veglia, giorno / notte e fame/sazietà. Il rapporto con la madre svolge principalmente una funzione di regolazione fisiologica. Il sé viene definito “emergente” perché comincia una lenta ma progressiva e continua distinzione dal coacervo di sensazioni e azioni percepite. Il culmine della fase emergente giunge intorno alle 8 settimane, quando il piccolo instaura un contatto di tipo oculare con il sorriso che non è più un mero riflesso bensì una risposta sociale che inizia ad accompagnarsi all’emissione di suoni gutturali. Dall’inizio del terzo mese circa nei bambini avviene una rilevante trasformazione in quanto essi si concentrano maggiormente nelle azioni sugli oggetti e nell’interazione sociale, cominciando in tal modo a formare un nucleo distinto dal mondo esterno e dagli altri. Inizia codi la fase di sviluppo del sé nucleare, nella quale emerge la capacità di percepirsi come agenti. Successivamente tra il 7 e il 9 mese di vita, ha luogo lo sviluppo di un sé soggettivo riscontrabile nel momento in cui il bambino capisce di avere una mente, che anche gli altri la hanno e soprattutto che i contenuti delle menti si possono condividere.Tale consapevolezza è alla base di ogni processo empatico. Nei confronti delle figure primarie ha luogo il passaggio dall’intimità fisica quella psichica. L’ultima tappa è costituita dallo sviluppo del sé verbale L’individuo e l’ambiente : Bowlby e Bronfenbrenner Agli inizi degli anni 70 si è imposta una corrente di ispirazione etologica la quale sostiene che tra l’individuo e l’ambiente si crea un rapporto di interdipendenza che influenza il processo evolutivo del soggetto nelle diverse tappe oltre che lo sviluppo della sua personalità . La concezione etologica segna il passaggio da un modello di lettura incentrato sull’individuo a una concezione aperta interattiva tra soggetto e contesti di vita. John Bowlby rappresenta lo studioso che maggiormente ha inciso con il suo lavoro nel condurre l’etologia, ovvero lo studio di una specie nel proprio ambiente naturale all’attenzione della psicologia dello sviluppo Osservando i neonati separati precocemente e per lungo tempo dalla madre, evidenziò che un attaccamento sociale precoce tra il neonato e chi se ne prende cura è alla base di uno sviluppo normale. A partire da questo nuovo presupposto Bowlby sviluppo una serie di critiche alla teoria psicoanalitica. In prima istanza, valorizzava il ruolo dell’ambiente nello studio e nella comprensione dei disturbi psichici piuttosto che il ruolo delle fantasie inconsce, criticò inoltre la teoria degli istinti e delle pulsioni, secondo lui durante l’infanzia il conseguimento del piacere non avviene attraverso una scarica pulsionale, ma attraverso esperienze che favoriscono l’attaccamento come l’affetto, l’amore, la protezione; lo sviluppo del soggetto non dipende dal soddisfacimento sessuale ma dall’appagamento del bisogno di instaurare legami di affetto . Uno degli aspetti più importanti della teoria di Bowlby è il riconoscimento della componente biologica del legame di attaccamento. Il tipo di legame con la figura di riferimento caregiver (letteralmente colui che porta cura) definisce la sicurezza d’attaccamento e la formazione id modelli operativi interni i quali determinerebbero i comportamenti relazionali futuri. Esistono differenti tipi di attaccamento: attaccamento di tipo sicuro e attaccamento di tipo insicuro. BRONFENBRENNER E LA SCUOLA ECOLOGICA. Costituisce la figura più rappresentativa della scuola ecologica, concependo il soggetto in fase di svilupppo non come una tabula rasa plasmata dall’ambiente circostante bensì come entità dinamica che si sviluppa e agisce in una propria struttura in interazione con l’ambiente. Nell’ambiente ecologico distingue una serie di strutture concentriche inserite una nell’altra che egli identifica con microsistema mesosistema e macrosistema: all’interno di ognuna di esse il ruolo è dato dal complesso delle attività e delle relazioni delle persone facenti parte di un determinato contesto sociale . La crescita del bambino è agevolata dall’interazione con individui che assumono ruoli diversi in quanto è il bambino stesso ad interagire con diversi ruoli in modo da costruirsi una nuova identità. (vedi capitolo sulla relazione educativa) Le teorie dello sviluppo emotivo: Sroufe, Izard, Bandura Entrambi fanno fortemente intervenire l’intelligenza. L’attività intellettuale non ha tanto lo scopo di risolvere i problemi imposti dalla realtà quanto di vigilare in modo costante sui processi istintuali, per cui si verifica la trasformazione in pensieri astratti di quanto viene percepito dalle nuove esigenze istintuali. Le sfide dell’adolescenza Negli anni ’60 alcuni psicanalisti come Peter Blos vengono ad ampliare quanto teorizzato da Anna Freud. Nel periodo adolescenziale emergono quattro sfide che l’individuo deve affrontare la cui soluzione integrata segna la fine dell’adolescenza 1 sfida: riguarda il secondo processo di individuazione Il processo di individuazione significa di separazione- individuazione . Il primo avviene intorno al 3 anno di vita quando il soggetto infante è evoluto da un’indifferenziata esistenza di se a uno stato di separazione Nella II fase di individuazione il soggetto allenta fortemente i legami con il genitore interiorizzato che lo ha sostenuto nel periodo fallico e di latenza dello sviluppo psicosessuale, e sarà questo disimpegno dell’adolescente dalle rappresentazione parentale interiorizzata che gli consentirà di stabilire nuovi attaccamenti etra-familiari. Se il processo di separazione individuazione non si è compiuto in maniera adeguata nell’infanzia, esso si presenterà più difficoltoso nell’adolescenza. 2. sfida concerne la rielaborazione e il controllo dei traumi infantili. 3 sfida riguarda la continuità dell’io quella particolare istanza della personalità la cui funzione è di mediare i rapporti con la realtà esterna. Nell’adolescenza il soggetto deve stabilire un rapporto di continuità temporale tra gli eventi del passato che lo riguardano e le trasformazioni che sta subendo 4 sfida riguarda la formazione dell’identità sessuale e la capacità dell’individuo di allacciare rapporti affettivi e amorosi all’infuori della famiglia. L’ADOLESCENZA COME PRODOTTO CULTURALE E FENOMENO STORICO Secondo alcuni autori la condizione giovanile è un prodotto culturale e anche un fenomeno storico il cui contenuto non rimane fisso e immutabile ma cambia in funzione della struttura e delle condizioni socio – economiche della società. CAPITOLO VII CREATIVITA’ E PENSIERO DIVERGENTE Edward De Bono Fondatore della teoria del pensiero laterale, fine anni’70 Pensiero laterale= modalità di risoluzione d problemi logici attraverso un approccio che osserva il problema da diverse angolazioni escludendo la soluzione più ovvia che deriva dalla logica. Il principio alla base è che per ogni problema esistono sempre diverse soluzioni alcune delle quali emergono solo prescindendo da quello che appare l’unico percorso possibile.. In questo senso il pensiero laterale è generativo perché genera nuove idee nuovi concetti è esplorativo perché puo’ fare dei salti e consente di essere creativo. Si contrappone al pensiero logico detto verticale in quanto quest’ultimo è selettivo e seleziona le idee. Nel suo libro il “ Meccanismo della mente “ propone i 6 cappelli per pensare. Secondo De Bono di fronte ad un problema logico non riusciamo a vedere altre soluzioni perché il flusso di pensieri si affastella nella mente e ci impedisce di vedere la questione sotto diverse angolazioni. Edward propone le tecniche metacognitive, tra le quali i “6 cappelli per pensare “. Un metodo che consente di organizzare i diversi tipi di pensiero utilizzato anche dalle grandi aziende. Si immagina di indossare anche solo metaforicamente dei cappelli che a seconda del colore esprimono uno stato d’animo che deve dare l’ottica di risoluzione del problema. IL cappello bianco = serve per la raccolta dei dati oggettivi (neutrale) Il cappello blu= razionale Il cappello nero = negativo Il giallo= positivo Il rosso= emotivo Il verde= creativo, fantasia L’espressione pensiero divergente è quella più connessa all’atto creativo= è la capacità di produrre una gamma di possibili soluzioni alternative per una data questione in particolare per un problema che non prevede un’unica risposta corretta. Il pensiero convergente è misurato da tre indici: -la fluidità: si basa sulla quantità di idee prodotte -la flessibilità: la capacità di cambiare strategia e l’elasticità nel passare da un compito ad un altro -l’originalità: l’attitudine a formulare soluzioni uniche e personali Guilford si sofferma su un secondo modello di pensiero quello che lui chiama pensiero convergente, tramite il quale gli individui convergono appunto invece che discostarsene sull’unica risposta accettabile a un problema e producono efficacemente la soluzione. E’ il ragionamento logico e sequenziale. Bruner E’ importante che gli insegnanti incoraggino il pensiero divergente dei loro allievi. Bruner sostiene che tendiamo a ricompensare solo le risposte giuste e a liquidare quelle sbagliate ; questo rende gli studenti riluttanti ad azzardare soluzioni nuove e originali a un determinato problema considerato che le probabilità di sbagliare. Secondo Bruner il pensiero creativo è olistico produce cioè risposte che hanno un’ampiezza superiore alle loro parti, mentre il pensiero convergente razionale è algoritmico: Entrambi i tipi di pensiero dovrebbero essere usati per completarsi e non venire considerati incompatibili CAPITOLO VIII CENNI DI PSICOLOGIA SOCIALE Psicologia sociale: è lo studio scientifico id come i pensieri, i comportamenti e le sensazioni delle persone sono influenzati dalla presenza reale o immaginaria di altre persone. (Allport) Studia una grande varietà di aspetti del comportamento e del pensiero umano come: le relazioni sociali, l’aggressività, l’altruismo, l’identità sociale, il conflitto tra gruppi, i processi di leadership. Per questo motivo, la psicologia sociale trova applicazione anche in ambito scolastico. Il giudizio sociale guida i comportamenti delle persone. I concetti fondamentali sono: atteggiamenti, pregiudizio; formazione delle impressioni. Definizione di atteggiamento: Allport, Rosenmberg e Hovland, e Fazio danno definizioni di atteggiamento. Sin dal’900 gli studiosi hanno cercato di misurare gli atteggiamenti. Gli atteggiamenti si misurano attraverso metodi espliciti: in cui si richiede apertamente una valutazione sull’oggetto dell’atteggiamento e metodi impliciti: in cui la valutazione del soggetto si deduce da altri indicatori non esplicitati direttamente dal soggetto. I metodi espliciti sono costituiti da un set di domande sottoposte al soggetto. Il lato positivo delle domande esplicite risulta essere la precisione nella raccolta dei dati: Il lato negativo è che il soggetto ha il totale controllo nella raccolta dei dati. DESIDERABILITA’ SOCIALE: il soggetto potrebbe dare delle risposte non veritiere solamente per soddisfare un’immagine di se socialmente accettabile. Esistono due metodi espliciti principali: -le domande su scala Likert -l’utilizzo del differenziale semantico. Le domande su scala Likert sono un insieme di affermazioni valutative in base alle quali si chiede alle persone di esprimete il loro grado di accordo in base a una scala da 5 a 7 punti. I cui estremi sono ancorati a queste due valutazioni: completamente in attivazione è chiamata salienza. Quando l’appartenenza ad un gruppo diventa saliente, rilevante, si attiva dunque l’identità sociale e la persona agisce in quanto membro di un gruppo. I tratti tipici dell’appartenenza a un gruppo diventano dunque più accentuati per la persona. Effetti negativi delle dinamiche di gruppo L’adesione di un gruppo, specialmente nelle sue forme più estreme determina un processo di depersonalizzazione che può facilitare effetti negativi sia all’interno che all’esterno del gruppo. -depersonalizzazione: determina aggressività e discriminazione dei gruppi estremi. L’esperimento della Prigione di Stanford (Zimbardo) ha dimostrato che i comportamenti aggressivi possono essere anche molto importanti se la depersonalizzazione è sufficientemente accentuata. In questo studio erano stati reclutati studenti di Stanford con una personalità sana e sottoposti ad una condizione sperimentale singolare. Erano introdotti all’interno di una finta prigione e suddivisi in due gruppi: poliziotti e carcerati. Lo studio era realistico e tuti i partecipanti subivano un processo di depersonalizzazione ( indossavano divise, usavano occhiali retroriflettenti per ridurre il contatto visivo diretto, non utilizzavano il nome di persona). Durante l’esperimento i partecipanti avevano coinciato a comportarsi in modo estremo con atti di aggressivita fisica e verbale contro i membri del gruppo opposto. Lo studio dunque è stato interrotto, avendo prodotto un effeto molto piu estrremo di quanto ci si aspettava. Diffusione di responsabilità: quando si è in un contesto sociale e si è l’unico ad aver osservato un’infrazione o un comportamento pericoloso ci si sente in qualche misura corresponsabili e pronti ad agire per risolvere il problema. Nella condizione di gruppo i membri tendono a deresponsabilizzarsi in quanto ogni altra persona può di fatto agire contro l’infrazione. -Bullismo -group thinking: riduzione del contraddittorio e della discussione di gruppo. La riduzione del confronto all’interno del gruppo annulla la normale dialettica che può animare un gruppo e facilitare il pensiero critico ed una buona presa di decisione. SEZIONE II CAPITOLO II I PRINCIPALI APPROCCI TEORICI Cattolicesimo e scuola popolare APORTI: attenzione rivolta al popolo e ai contadini. Concepì l’ asilo come un’opera di difesa sociale e di prima educazione dei fanciulli, una vera e propria scuola collegata a quelle elementare, ma con una propria specificità metodologica e curricolare. Il fanciullo avrebbe dovuto raggiungere lo sviluppo armonioso e graduale della sua personalità dal punto di vista fisico, intellettuale, etico -religioso. Le lezioni dovrebbero essere svolte in modo chiaro e vario e non si prolunghino oltre i tempi dell’attenzione infantile e che si accompagnino sempre al concetto di amore visto come un insieme di comprensione simpatia e indulgenza. I limiti: -mancanza di comprensione della psicologia infantile; -scarso rilievo accordato al gioco: -apprendimento di preghiere troppo lunghe e in latino. L’oratorio di Don Bosco Fonda il primo nucleo di oratorio a Valdacco, Torino. Ottenuta l’approvazione vaticana nel 1869, la congregazione di don Bosco si allarga in tutto il territorio italiano e successivamente anche all’estero. Il pensiero pedagogico di Don Bosco esposto nei Regolamenti per i suoi oratori e nel Sistema preventivo per l’educazione della gioventu’ nel 1877, è orientato in senso caritativo e pastorale in una realtà sociale in cui la condizione dei poveri si mostrava estremamente precaria sia dal punto di via materiale che morale. L’oratorio è il luogo dove prevale il gioco, sotto l’assistenza costante degli educatori che, facendo vita comune con i bambini troveranno anche le occasioni per richiamarli e farli riflettere. Don bosco individua nel gioco una delle possibilità per attrarre bambini ed educarli in un ambiente a loro misura. In questo contesto l’educatore diventerà una sorta di genitore capace di guidarli. IL sistema repressivo nella scuola e nei collegi consisteva nel far conoscere il regolamento e il programma delle scuole poi sorvegliare per conoscere i trasgressori e infliggere il relativo castigo. ≠ Don Bosco è contrario a questa linea e giunge ad affinare il suo metodo: nel sistema preventivo si impone la presenza di un educatore in grado di svolgere le funzioni di sorveglianza IL sistema preventivo si articola in tre momenti: ragione, religione e amorevolezza, escludendo ogni tipo di castigo. Don Bosco ritiene che l’allievo deve essere lasciato libero e on deve essere obbligato in nulla. L’educatore deve presentarsi come espressione della ragione: egli propone cosi di far conoscere le regole e attuare al tempo stesso una sorveglianza costante che ne impedisce la violazione ( sistema di prevenzione) Quella di Don Bosco è un’educazione di stampo religioso perché le pratiche religiose giocano un ruolo decisivo nel processo di formazione. Segna una svolta nella pedagogia cristiana superando la consuetudine educativa fondata sulla severità e sugli obblighi appellandosi alla ragionevolezza dell’allievo. L’ATTIVISMO PEDAGOGICO E LE SCUOLE NUOVE Nel 1917 il pedagogista Bovet indicò con l’espressione “scuola attiva” l’esperienza delle scuole nuove sorte in Europa e in America a fine ‘800, dove l’educazione non era più intesa come trasmissione di un sapere oggettivo dall’insegnante all’allievo, ma come formazione autonoma della personalità dell’allievo. Le scuole nuove erano tuttavia quasi esclusivamente private e orientate alla formazione della futura classe dirigente e avrebbero dovuto rispondere all’esigenza secondo i loro ideatori di rivedere l’organizzazione i contenuti e i metodi di una scuola che non appariva più rispondente a una realtà in rapida trasformazione. La loro nascita avvenne in Inghilterra. Ferriere e le scuole nuove Ferriere rappresenta la figura di riferimento fondamentale dell’attivismo pedagogico europeo. Nel 1899 fondò l’ufficio internazionale delle scuole nuove al fine di stabilire rapporti di reciproco aiuto fra le varie sscuole nuove di raccogliere documenti della loro vita mettere in valore le esperienze fatte da questi laboratori della pedagogia dell’avvenire. I punti che stavano a fondamento della sua scuola nuova: -espressione della energia vitale del fanciullo; -rispetto della individualità singolare; -spontanea espressione degli interessi e esperienza diretta -attenzione alle fasi di sviluppo -atteggiamento cooperativo; -coeducazione IL METODO GLOBALE DI OVIDE DECROLY Altro illustre esponente dell’attivismo pedagogico. Fondatore del metodo globale dell’apprendimento: prevede che l’insegnamento della lettura e della scrittura avvenga partendo da frasi compiute e non da singole lettere. Al bambino vengono insegnate frasi che vengono scardinate per estrapolarne le sillabe ed infine le singole lettere. Mentre il metodo analitico si basa sull’insegnamento delle singole lettere, vocali e consonanti, che vengono dapprima acquisite e memorizzate, poi unite per formare le sillabe e, procedendo per gradi, si formano le parole e per finire frasi di senso compiuto. Nel metodo globale il bambino parte a ritroso, ossia, memorizza una frase compiuta, ne comprende il significato, poi la scompone in sillabe, ed infine le frammenta in lettere. Si parte da un concetto complesso per giungere a concetti più semplici attraverso l’intuito. Il metodo potrebbe sembrare copernicano, perché ribalta completamente l’idea dell’insegnamento classico, ma soprattutto rovescia la considerazione arcaica riguardo l’intelletto del bambino: con il metodo analitico, basato sull’apprendimento mnemonico, il bambino viene considerato un soggetto dalle che mira a conservarsi intatto e a ristabilire gli equilibri infranti. Il bisogno è definito da Claparède proprio come la rottura degli equilibri, un fatto che determina le azioni dell’uomo Egli sottolineava il legame tra biologia e psicologia e adottava un punto di vista definito funzionale. Le attività mentali sono per lui delle funzioni che rispondono a dei bisogni e che consentono all’uomo di adattarsi all’ambiente. La legge fondamentale della vita umana è infatti la legge del bisogno: ogni attività è sempre suscitata da un bisogno e risponde a un interesse. Egli individua cinque leggi che stanno alla base dell’educazione funzionale: Legge della successione genetica; Legge dell’esercizio genetico; Legge dell’adattamento funzionale; Legge dell’autonomia funzionale; Legge dell’individualità. 1. Legge della successione genetica: lo sviluppo del fanciullo segue un certo numero di stadi che hanno un ordine costante. 2. Legge dell’esercizio genetico: il bambino è orientato a svolgere quelle attività e a sviluppare quelle funzioni che sono coerenti con lo stadio di sviluppo che gli è proprio; inoltre, le funzioni ulteriori possono svilupparsi solo se quelle precedenti hanno già avuto un sufficiente sviluppo. 3. Legge dell’adattamento funzionale: l’educatore deve stimolare il bambino in base alla sua età in base al principio che ogni azione si realizza quando ha una natura tale da rispondere a un bisogno o a un interesse del momento. La conseguenza è che l’attività stessa del bambino può essere suscitata se il bambino è posto nella condizione di provare un bisogno. Secondo Claparède, questa è la legge più importante dal punto di vista pedagogico. 4. Legge dell’autonomia funzionale: il bambino non è un adulto o un essere imperfetto, ma un individuo che ha una sua autonomia e la sua attività mentale è adeguata alle circostanze che gli sono proprie. Con questa legge Claparède polemizza con la scuola tradizionale che tendeva a confrontare il fanciullo con l’adulto e a rilevare delle mancanze nel primo rispetto al secondo. Per Claparède, invece, il bambino va valutato esclusivamente a partire dal suo punto di vista. Ogni essere, infatti, in ogni fase del suo sviluppo, è una unità funzionale autonoma. 5. Legge dell’individualità: ogni individuo differisce dagli altri, in misura minore o maggiore, sia dal punto di vista fisico che psicologico. Da questa legge deriva la necessità di osservare e di conoscere gli allievi nella consapevolezza dell’unicità di ciascuno. Ripensamento radicale della scuolaTutte queste leggi impongono un ripensamento radicale della scuola, la cui impostazione tradizionale è fortemente criticata da Claparède. Secondo la sua concezione, infatti, la scuola dovrebbe essere caratterizzata da: centralità del bambino e dei suoi bisogni; rispetto dei ritmi di sviluppo dell’allievo; sviluppo delle capacità intellettuali e morali del bambino; importanza fondamentale data al gioco. La scuola dovrebbe mirare a sviluppare le funzioni intellettuali e morali del bambino: punto di partenza è stimolare l’interesse e creare un bisogno che il bambino intenda soddisfare. L’educatore deve sapere entusiasmare e incuriosire il bambino, prestare attenzione all’ambiente educativo (un importante ruolo è svolto dal gioco), non essere autoritario, rispettare i tempi di sviluppo di ciascun allievo. La scuola su misura La scuola su misura è la scuola che sa valorizzare le attitudini, quindi le disposizioni individuali e le specificità di ciascun allievo. Nel testo La scuola su misura, egli riflette sul tipo di organizzazione che dovrebbe caratterizzare la scuola superiore. Esclusi i sistemi delle classi parallele, delle classi mobili e delle sezioni parallele, egli ritiene che il modello di scuola più efficace nel valorizzare le attitudini individuali e quindi nell’offrire il massimo beneficio in termini di educazione e sviluppo ai giovani sia rappresentato dalla scuola costruita sul sistema delle opzioni (corsi comuni a tutti gli studenti per metà delle ore obbligatorie, corsi liberamente scelti dagli allievi per la restante metà delle ore). L’attivismo di Dewey La teoria pedagogica di Dewey ha costituito un momento rivoluzionario della metodologia educativa, in grado di rispondere concretamente al mutamento sociale e culturale prodotto dalla rivoluzione industriale. L’uomo ha bisogno di cultura e di tecnica, di teoria e di pratica, di scuola e di lavoro. Innanzi tutto il lavoro è diventato il punto centrale della formazione di base: i bambini apprendono gli aspetti elementari del leggere, dello scrivere e del far di conto mediante lavori domestici, agricoli e artigianali; il lavoro viene considerato come uno strumento di formazione, mediante il quale l’allievo può svolgere attivamente la sua professione di alunno. La scuola diventa un luogo intenzionale d’istruzione dove si utilizzano materiali didattici concepiti come strumenti di lavoro che garantiscono apprendimenti significativi, in quanto garantiscono all’alunno di guidare e di stimolare l’esperienza infantile senza imposizioni e forzature. Questa nuova scuola superando la tradizionale separazione tra cultura tecnica sarà in grado di garantire un’educazione democratica destinata a tutti. Per Dewey, una persona per partecipare ad una Democrazia deve avere questi quattro requisiti: alfabetizzazione : secondo l'autore il saper leggere e scrivere poteva fornire le stesse possibilità anche alle classi meno abbienti; competenze culturali e sociali le quali portano ad un maggior interesse per la vita pubblica; pensiero indipendente, requisito fondamentale della democrazia che non può vivere con un pensiero unico (indottrinamento); predisposizione a condividere con gli altri. Per questi motivi, l'Educazione ha un ruolo preponderante nella creazione della società democratica. La scuola di Dewey è chiamata anche progressiva in quanto l'attività che si svolge al suo interno, presuppone uno sviluppo progressivo. La scuola deve rappresentare per il bambino un luogo di vita: quella vita sociale che deve svilupparsi per gradi, partendo dall'esperienza acquisita in famiglia e nell'ambiente sociale in cui egli vive. Un ruolo fondamentale nel pensiero di D. occupa l’apprendimeno facendo learning by doing. Anche Dewey, come la maggior parte dei pedagogisti moderni divide l'età evolutiva in tre fasi: 1. Dai 4 agli 8 anni prevalgono nel bambino gli istinti e i bisogni in modo spontaneo che si manifestano con il gioco e l'attività ludica. 2. Dai 9 ai 12 anni il bambino frequenta la scuola primaria che è basata sul lavoro per permettere al soggetto di acquisire le abitudini culturali della società in cui vive. 3. Dai 12 ai 14 anni all'alunno viene data la possibilità di ampliare le sue conoscenze astratte attraverso lo studio in biblioteca e laboratorio all'interno della scuola media MARIA MONTESSORI (1870-1952) Con Maria Montessori l’Italia si colloca a pieno titolo nella grande linea del movimento attivista europeo. Il metodo M. è un metodo scientifico che consiste nel dare impulso attraverso strumenti didattici ( che sono scientifici) allo sviluppo della sensibilità infantile. Quest’ultima è attività energetica che deve essere stimolata per o sviluppo cognitivo. La M. rivaluta l’energia latente di ogni individuo che si sviluppa in maniera autonoma è può essere solo stimolata ma non generata da interventi didattici. Ideò la “Casa del bambino”, struttura dove gli spazi sono organizzati e definiti a misura di bambino: -privi del tradizionale arredo scolastico; -le suppellettili sono scientificamente fabbricate rispettando le dimensioni fisiche e motorie dei bambini -l’aula diventa una autentica sala da lavoro: v’è forte la presenza di materiali sedie, tavoli, scaffali a portata dei bambini; il banco è eliminato - il materiale didattico: oggetti solidi da incastrare, blocchi, tavole, figure e forme geometriche da sistemare secondo diversi criteri, colore, dimensione, peso, campanellini da porre in scala secondo criteri diversi ( colore, dimensione, altezza, peso, incastro). - si comincia a conoscere le lettere dell’alfabeto riprodotte in dimensioni grandi , seguendone il profilo - comporre le parole utilizzando alfabeti mobili oppure disegnando le lettere per imitazione, Uno stimolo incondizionato (SI)come un pezzo di carne, inserito nella bocca di un cane, determina automaticamente un flusso di saliva, cioè riflesso incondizionato o risposta incondizionata (RI). Si definisce in questo modo qualsiasi risposta che dipende solo dalle condizioni naturali dell’individuo, risposta spontanea. Uno stimolo neutro (per esempio il suono di un campanello) che normalmente non determina il flusso di saliva viene presentato poco prima della somministrazione del cibo. Dopo arie presentazioni dei 2 stimoli posti in successione otteniamo che lo stimolo neutro determina la risposta incondizionata (la salivazione) anche in assenza dello stimolo incondizionato (il cibo). La nuova risposta viene definita riflesso condizionato o risposta condizionata perché non è spontanea ma frutto di un apprendimento. Il condizionamento è un processo di sostituzione dello stimolo, per cui uno stimolo neutro diventa capace di produrre la risposta originariamente prodotta dallo stimolo incondizionato. Esso avviene per via associativa e l’associazione tra i due stimolo che produce il condizionamento. Questa teoria fu estesa allo studio del comportamento umano in base all’assunto che i processi fondamentali dell’acquisizione dei riflessi condizionati fossero comuni agli animali e all’uomo. Le teorie comportamentista trovano uno dei loro primi fondamenti negli studi di Pavlov. Watson: il comportamentismo nasce nel 1913 anno di pubblicazione dell’articolo di Watson “la psicologia così come la vede il comportamentista”. Lo studioso americano rivoluzione l’idea di psicologia che passa dalla disciplina che ha per oggetto l’anima, a studio del comportamento osservabile. L’aspirazione è quella di far rientrare la psicologia nelle cosiddette scienze naturali. Il COMPORTAMENTISMO DI THORNDIKE E SKINNER. Gli studi di Thornidike e Skinner si differenziano da quelli di Pavlov poiché mentre nel condizionamento classico la risposta prodotta dall’animale è un’azione che l’organismo compie automaticamente in seguito a uno stimolo, nel tipo di condizionamento di T. e S. la risposta è un’operazione che l’organismo compie sull’ambiente in vista di uno scopo ( il soggetto apprende in modo attivo). Tale condizionamento fu definito da T. strumentale, operante da S. THORNDIKE: APPRENDIMENTO PER PROVE ED ERRORI Egli elabora la legge dell’effetto: cioè quella legge per la quale n comportamento che ha una conseguenza positiva, verrà ripetuto, mentre un comportamento che ha una conseguenza negativa non verrà ripetuto. (mise un gatto in una gabbia= puzzle box piene di leve e pulsanti) SKINNER.: IL CONDIZIONAMENTO OPERANTE. Dimostrò l’influenza dei premi, rinforzi positivi, e di punizioni , rinforzi negativi, nell’apprendimento Skinner box : il comportamento dell’animale era funzionale a procurarsi premi o all’evitare le punizioni. Mise un topo affamato nella skinner box all’interno della quale era libero di muoversi. Dopo vari percorsi esploratori il topo cominciava a premere una levetta collocata nella scatola e ogni volta che la premeva otteneva un pezzetto di carne che l’animale consumava (premio a fronte di un comportamento eseguito per caso). Dopo una serie di volte che il topo riceveva una ricompensa il ratto cominciò a premere la levetta intenzionalmente Rinforzi positivi e rinforzi negativi. Si attiva il fenomeno del modellamento che consiste nel premiare progressivamente tutte le azioni che man mano portano al comportamento voluto dallo sperimentatore. Nel condizionamento classico sembra realizzarsi indipendentemente dalla volontà del soggetto, nel condizionamento operante l’individuo produce volontariamente quella risposta. IL MODELLAMENTO: quel fenomeno che consiste nel premiare in maniera progressiva tutte le azioni che man mano portano al comportamento voluto dallo sperimentatore. APPRENDIMENTO IMITATIVO: BANDURA. L’apprendimento non è dato dalla semplice imitazione ma è un processo attivo che comprende l’osservazione di un modello, l’immagazzinamento delle informazioni in memoria e la scelta di cosa tradurre in comportamento. Celebre l’esperimento dell’esposizione dei bambini a messaggi aggressivi (vedi dietro). KOHLER: APPRENDIMENTO PER INSIGHT O INTUIZIONE Uno dei maggiori esponenti della Gestalt. Molte volte possiamo risolvere rapidamente un problema attraverso un’intuizione. E’ quella che di solido viene definita la lampadina che si accende. Insight vuol dire intuizione. Notò che questa comprensione immediata istantanea della soluzione di un problema era un processo diverso dal graduale avvicinamento alla soluzione per prove ed errori. Ciò implica la ristrutturazione degli elementi percepiti, una ristrutturazione dei dati . Apprendere per insight significa individuare soluzioni creative per risolvere problemi Uno dei max esponenti del gestalt, corrente psicologica incentrata sulla risoluzione dei problemi più che sull’apprendimento. TOLMEN: APPRENDIMENTO PER MAPPE COGNITIVE Condusse una serie di esperimenti sui topi chiusi in un laboratorio alo scopo di valutare la capacità degli animali di elaborare delle mappe mentali, utili a portare a termine più velocemente il percorso. Notò che i topi acquisiscono una conoscenza spaziale del labirinto e potevano servirsene in modo intelligente. Ha elaborato anche la teoria dell’apprendimento latente ( un apprendimento che non necessariamente si traduce in un comportamento caratterizzato da due aspetti: non necessita di alcuna ricompensa per realizzarsi; quanto appreso può non esprimersi e restare a lungo latente. IL COSTRUTTIVISMO Consente ai docenti di mettere in atto strategie fortemente innovative in ambito scolastico. Per lungo tempo si è considerato l’apprendimento come un processo passivo da parte dello studente che non vedeva far altro che ascoltare. Nella metà del ‘900 la corrente del costruttivismo ribalta questo concetto, intendendo l’apprendimento un processo dinamico e no n più come una pura accumulazione di informazioni da parte dell’allievo. L’individuo acquisisce abilità e conoscenze mediante l’interazione con gli altri. La conoscenza diviene costruzione dell’esperienza personale anziché rispecchiamento di una realtà indipendente . I maggiori esponenti sono Jean Piaget, Lev Vygotskij e Jerome Bruner. Sono considerati i maggiori esponenti della psicologia dello sviluppo del ‘900. KELLY : I COSTRUTTI PERSONALI Secondo Kelly ciascuno di noi elabora dei costrutti sulla base dell’esperienza che ha, che utilizza per comprendere a suo modo la realtà oggettiva. I costrutti sono degli schemi che costruisce p r comprendere la realtà. I costrutti sono schemi che l’individuo costruisce per conoscere gli eventi. Dipendono dalla capacità creativa. I costrutti sono delle -modalità di percezione/di interpretazione/di anticipazione dei fatti. Sono dinamici non statici. Sono delle astrazioni mentali in base alle quali l’individuo attribuisce significati alle proprie esigenze. La realtà come dato di fatto che può essere compreso o modificato in modo diverso da individuo ad individuo. L’individuo come lo scienziato : così come lo scienziato nella sua attività di ricerca, l’uomo deve mirare a definire le condizioni di verità controllo e verifica delle sue ipotesi. E la loro teoria e ipotesi confermabili dall’esperienza sperimentale o falsificabili alla luce di nuovo IL SOCIO-COSTRUTTIVISMO E’ quella corrente teorica secondo la quale l’interazione con le persone ( le relazioni sociali) avrebbe un ruolo determinante con l’apprendimento. Infatti, interagendo con gli altri si avrebbe un arricchimento della propria prospettiva con quella altrui: ciò porterebbe ad un arricchimento delle proprie performance ed abilità. La conoscenza è una costruzione che scaturisce dal confronto. L’apprendimento dell’individuo è il risultato di 2 fattori: -la cooperazione con gli altri (fattore sociale) _le caratteristiche del compito (fattore ambientale) da svolgere. Si distingue: - Stile di apprendimento sintetico, che predilige le visioni d’insieme - -stile di apprendimento analitico che si sofferma sui dettagli Ciascun individuo si specializza in uno dei due stili ma deve essere in grado di sviluppare anche l’altro A seconda del carattere di ciascuno si privilegia l’uno o l’altro stile. Oggi le teorie più condivise ritengono che l’apprendimento sia un processo continuo e progressivo lungo tuta la vita, che non esclude momenti in cui l’apprendimento è istantaneo, immediato e creativo. La prima concezione è sostenuta dai comportamentisti la seconda dai gestaltisti. LO STILE COGNITIVO È la strategia adottata da ciascuno per cercare d’imparare, il modo id elaborare le info che ognuno attua quando apprende GLOBALE/ANALITICO -GLOBALE: preferisce avere una visione d’insieme per poi muovere verso il particolare -ANALITICO: preferisce partire dai dettagli per ricostruire man mano il quadro DIPENDENTE/INDIPENDENTE dal campo: chi adotta lo stile dipendente tende a studiare l’argomento facendo collegamenti tra il contesto e l’argomento; chi adotta lo stile indipendente isola i concetti e gli argomenti dal resto. VERBALE/VISUALE VERBALE: chi adotta questo stile predilige l’uso del codice linguistico ossia testi registrazioni sonore e impara per lettura e ripetizione (studia ripetendo ad alta voce) VISUALE: chi adotta questo stile, predilige l’uso del codice visivo-spaziale, ossia immagini schemi riassuntivi, diagrammi, tabelle CONVERGENTE/DIVERGENTE: chi adotta lo stile convergente, quando studia cerca di imparare solo ciò che è indispensabile ad ottenere un buon voto all’esame. ( parto dalle informazioni indispensabili per convergere verso una soluzione del problema) Chi adotta lo stile divergente: quando studia cerca di approfondire li argomenti per una cultura personale ( parte dalla informazioni e procede in modo creativo generando una varietà di soluzioni.) RISOLUTORE/ASSIMILATORE: chi adotta lo stile risolutore privilegia l’azione e la concretezza nell’affrontare un problema, e cerca soluzioni soddisfacenti col minimo dispendio di tempo e risorse. Chi adotta lo stile assimilatore, privilegia la ricerca di soluzioni esaustive ed articolate non necessariamente di utilità pratica. SISTEMATICO/INTUITIVO: chi adotta lo stile sistematico quando studia cerca anche altri testi che spieghino per fila e per segno tutto; intuitivo: quando studia gli piace fare ipotesi personali, cercando di intuire il brano IMPULSIVO/RIFLESSIVO: chi adotta lo stile impulsivo ha bassi tempi decisionali, soluzioni precipitose e non ottimali; chi adotta lo stile riflessivo risponde in modo più lento e accurato. METODO FEUERSTEIN teoria della modificabilità cognitiva strutturale: si fonda sulla convinzione che l’intelligenza di ogni individuo è modificabile e può potenziare i propri processi cognitivi attivando risorse ancora latenti. Si basa sulla teoria della plasticità dell’intelligenza ( DIVERSA DALLA TEORIA INNATISTA perché la teoria della plasticità ritiene che l’apprendimento vada lungo tutto l’arco della vita: questa +è la più importante intuizione di F ). Questo percorso è reso possibile dalla presenza di un mediatore che facilita il processo dell’imparare ad imparare): il mediatore stimola l’apprendimento, stimola la riflessione metacognitiva, ovvero fa riflettere su come la persona apprende. PAS: programma di arricchimento strumentale MEDIAZIONE MODIFICAZIONE COGNITIVA SVILUPPO Il pas è il metodo elaborato da Feuerstein: è detto pas, e porta a uno sviluppo cognitivo. Bisogna rispettare rigorosamente 3 vincoli: -il tempo: occorre un tempo lungo affinchè chi riceve stimoli possa recepirli svilupparli -il metodo: solo formatori esperti possono stimolare ed apprendere : mediatori esperti -il contesto: deve esistere un ambiente favorevole e collaborativo Questo metodo può essere applicato a tutti gli individui perché si basa sul presupposto che tutti possono migliorare. Viene usato anche per bambini con ritardi cognitivi. Esempio di bambino con ritardo che a scuola faceva fatica a stare seduto , ad accettare le autorità ecc. Con in metodo F. il bambino cominciò ad accettare l’autorità a chiedere aiuto quando non riusciva a risolvere da solo i compiti e si forzava in classe per controllarsi) La preparazione dei mediatori didattici garantisce uno svolgimento adeguato e pertinente dell’esperienza. Se i formatori non sono in grado di proporre correttamente i processi di apprendimento mediato il metodo non può che fallire. APPRENDIMENTO SIGNIFICATIVO AUSUBEL: psicologo statunitense. Solo l’apprendimento significativo è degno di attenzione cioè qual tipo di conoscenza che si aggancia a informazioni pregresse e crea una rete di conoscenza associazioni mappe mentali. Avviene per scoperta :il docente non deve limitarsi a trasferire i contenuti ma deve indurre lo studente a comprendere da dsolo le dinamiche che regolano i fenomeni oggetto di studio EXPERIENTAL LEARNING KOLB L’apprendimento si realizza a seguito della teorizzazione dell’esperienza fatta. Si impara a partire dalla pratica, in un processo circolare, learning circle, che viene sintetizzato in 4 fasi: -esperienza concreta -osservazione riflessiva -concettualizzazione astratta -sperimentazione attiva TECNICHE PER INDIVIDUARE GLI STILI COGNITIVI Per realizzare apprendimenti che siano per loro significativi 1) Il docente deve fare un lavoro metacognitivo su se stesso per individuare il suo stile cognitivo 2) 2) Individuare gli stili cognitivi degli studenti, cosi da valorizzare le potenzialità di ciascuno -questionari mirati sulle abitudini di studio; -osservazione delle modalità di svolgimento dei lavori di gruppo - approccio multisensoriale: è un metodo d’insegnamento che parte dall’idea che sollecitando i vari sensi contemporaneamente il docente ha maggior possibilità di andare in contro ai diversi stili dei suoi allievi. Es. di metodo multisensoriale: VAK VAK: visivo, audtivo, kinestetico (fare) Fleming e MIlls (fine anni ’90) Stimolando la vista (fgure, disegni e mappe) e auditivo (apprende con narrazioni , filmati e audio ) kinesetico (impara facendo) Quest’approccio conente di andare incontro anche ad alunni con bes modello Felder – Silverman: modello didattico per migliorare i percorsi formativi degli studenti universitari Gli stili di apprendimento individuati dai due docenti sono suddivisi in 5 coppie. -sensoriale/intuitivo: i primi prediligono la concretezza e la pragmaticità, mentre i secondi tendono alle soluzioni creative e a un apprendimento più veloce seppur impreciso. conoscitiva. Mediante l’attività motoria l’individuo costruisce l’immagine di se come persona fisica e come individuo dotato di capacità e potenzialità. Soprattutto nel caso della disabilità, l’esperienza motoria risulta un fondamentale processo di facilitazione di altri apprendimenti, un luogo privilegiato dell’apprendimento che si costruisce e prende forma in base alle sensazioni e alle percezioni tattili, visive, e uditive e si realizza e si evolve attraverso la manualità e la precisione motoria. Il corpo e il movimento costituiscono le dimensioni chiave di accesso nei processi di sviluppo dell’autonomia di soggetti diversamente abili, nei contesti scolastici e nelle relazioni didattiche ed educative. LE STRATEGIE DI INSEGNAMENTO ALTERNATIVE E LA MEDIAZIONE DIDATTICA DIVERSE STRATEGIE PER LO SVILUPPO DELLE VARIE INTELLIGENZE La didattica inclusiva prende le mosse dai bisogni e dalle risorse personali, facendo in modo che l’alunno diventi protagonista e costruttore del percorso di apprendimento. Essa valorizza le capacità, le attitudini e le potenzialità di ciascuno per cui si concretizza nel rispetto degli stili dei tempi e dei ritmi di apprendimento di ognuno. Esplorando le caratteristiche di ogni studente e comprendendone le specificità si possono porre le basi per pensare all’integrazione realizzando una scuola inclusiva per tuti, una scuola capace di differenziare la didattica, individualizzando i percorsi di apprendimento. Prendendo in considerazione le diverse intelligenze cosi come sono state enucleate da Gardner, si possono proporre attività varie e differenti allo scopo di stimolarne la consapevolezza, lo sviluppo, l’uso critico in rapporto ai vari compiti. E’ preliminare individuare quale forma di intelligenza l’alunno è disponibile ad utilizzare, se è possibile favorire un’interazione tra le varie intelligenze e quale forma intellettiva usa in maniera privilegiata. Per valorizzare l’intelligenza logico-matematica possono essere proposti esercizi o problemi logici, attività di classificazione/categorizzazioni, calcoli e quantificazioni, presentazioni logiche e sequenziali e incentivato il pensiero scientifico- sperimentale. Parole, dibattiti e controversie, l’invito a raccontare e inventare storie. L’intelligenza linguistica andrà valorizzata con letture, discussioni in piccolo/grande gruppo, giochi di parole, dibattiti e controversie. L’intelligenza spaziale andrà stimolata con l’immaginazione visiva nelle attività si utilizzeranno cartine grafici diagrammi schemi diapositive video film . L’intelligenza corporea/cinestetica, saranno prediletti attività laboratoriali. costruzioni trasformazioni attività sportive e attività di consapevolezza motoria giochi dei mimo volti a stimolare il linguaggio del corpo. L’intelligenza interpersonale richiede l’insegnamento reciproco, il tutoring, l’apprendimento cooperativo, giochi da tavolo, attività volte a stimolare ruoli sociali nella gestione della classe. L’intelligenza intrapersonale va valorizzata con lo studio autonomo e auto progettato la riflessione i diari personali attività di autostima/identità/ttività emozionali. Con l’intelligenza musicale va associato il cantare, suonare, proponendo anche musiche legate alle emozioni, ritmi, colonne sonore. L’intelligenza naturalistica potrà essere valorizzata mediante l’osservazione la ricostruzione di habitat, attività volte a stimolare collegamenti e stabilire relazioni o a prendersi cura di animali piante uscite didattiche. Nel caso delle disabilità sensoriali le diverse intelligenze avranno bisogno di piste diverse per esprimersi, modalità originali per interagire efficacemente. Per la disabilità visiva nell’elaborazione di un progetto didattico sarà necessario collegare il concreto all’astratto utilizzando tutte le forme intelligenti attivabili grazie ai sensi vicarianti. Lo studente che ha un deficit visivo infatti, vede gli spazi in cui si muove grazie ai suoi piedi, i suoi muscoli e le sue articolazioni gli danno l’immagine del rapporto tra il proprio corpo e l’ambiente, i suoi muscoli e le sue articolazioni gli danno l’immagine del rapporto tra il proprio corpo e l’ambiente, i suoni gli forniscono la misura della distanza tra se e gli oggetti e le persone le sue mani sono come un pennello che dipinge il mondo dando una forma alle cose che tocca. La didattica destinata ad alunni ciechi deve comprendere itinerari esperienziali basati sul concreto per pervenire all’astratto ovvero ad un pensiero che sia fatto di immagini sensoriali che si aggregano intelligentemente. Nel caso di deficit uditivo, nella costruzione di una didattica dell’integrazione dovrà tenersi in debito conto che l alunno si relaziona con l esterno elaborando messaggi alternativi a quelli sonori, utilizzando canali di comunicazione diversi da quello verbale e sviluppando meccanismi di apprendimento pluri-sensoriali legati principalmente al canale visivo e basati sull’uso trasversale dell’intelligenza spaziale. UTILIZZO DEI MEDIATORI DIDATTICI I mediatori didattici per una didattica inclusiva. E’ ogni strumento, dispositivo che rende efficace la relazione tra insegnamento e apprendimento. Elio Damiano: 4 tipi di mediatori didattici: -attivi: es. l’esperimento scientifico. Fanno ricorso all’esperienza diretta , al learning by doing. -iconici: le caratteristiche della realtà sono rappresentate mediante immagini, foto e video. -Analogici: cercano di rifarsi alle possibilità di apprendimento insite nel gioco e nelle simulazioni. Si tratta di attività ludiche di gruppo in cui i partecipanti ricreano particolari situazioni e interpretano personaggi. -simbolici: sono quelli che si allontanano di più dalla realtà di riferimento e sono considerati meno validi soprattutto dei sostenitori del principio dell’apprendimento diretto. GLI APPROCCI INCLUSIVI NELLE INDICAZIONI NAZIONALI Quali sono le metodologie suggerite dalle indicazioni nazionali per sostenere l’inclusione ? fanno riferimento all’attivazione di processi volti a favorire l’apprendimento attivo, cooperativo, metacognitivo e orientato ala competenza. LA RICERCA AZIONE RA IN CLASSE MAPPE CONCETTUALI CAPITOLO 5 METODI E METODOLOGIE DI INSEGNAMENTO /APPRENDIMENTO La didattica inclusiva, le metodologie Con metodologia si intende la riflessione critica sui metodi usati. Le metodologie suggerite dalle indicazioni devono essere tese a favorire l’esperienza e la conoscenza degli studenti, per ancorarvi nuovi contenuti, incoraggiare l’apprendimento collaborativo. Il cooperative learning o metodo cooperativo è un metodo didattico che utilizza piccoli gruppi per far si che gli alunni lavorino insieme migliorando reciprocamente il loro apprendimento. In tale contesto trovano spazio le attività didattiche in forma laboratoriale. AL centro della didattica vi è l’alunno e il docente stesso assume il ruolo di mediatore didattico. La ricerca azione (RA) in classe E’ un metodo che costruisce la conoscenza partendo da un problema: non si parte da un sapere già codificato, ma si agisce e riflette sull’azione e poi la si formalizza. Le mappe concettuali Servono per rappresentare in un grafico le conoscenze intorno ad un argomento. Lo scopo delle mappe concettuali è quello di contribuire alla realizzazione di un apprendimento significativo, in grado di modificare realmente le strutture cognitive del soggetto e contrapposto all’apprendimento meccanico. METODI E METODOLOGIE DI INSEGNAMENTO/ APPRENDIMENTO TERMINOLOGIA La didattica è la scienza che definisce i metodi e le metodologie tecniche per insegnare. Con il termine metodo didattico s’intendono i concetti e i principi che stanno alla base di un’azione formativa, ovvero l’insieme delle scelte operative che un docente adotta per facilitare la trasmissione delle conoscenze. Insegnare: significa fare un sogno dentro qualcuno Nella fase preliminare è essenziale individuare il problema o il bisogno che spinge amuoversi. E’ necessario che tutti gli alunni partecipino alla sua realizzazione. Nella fase della negozioazione: è opportuno che la proposta iniziale di un progetto sia poco strutturata in modo che possa poi accogliere tutte le interpretazioni in modo che possa poi accogliere tutte le interpretazioni che si ritengono necessarie in corso d’opera. Una sorta di cornice all’interno della quale sia i docenti che gli allievi possono muoversi con grande libertà. E’ il consiglio di classe ( composto da tutti i docenti di una classe due rappresentanti dei genitori, e due rappresentanti degli studenti presieduto dal D.S. o dal docente delegato). Il vero destinatario della proposta progettuale, in modo che tutti i docenti possano integrarla. Analogamente occorre che tutti gli alunni facciano sentire le loro osservazioni e proposte e che queste vengano prese in considerazione. La fase della negoziazione o contratto si configura come un processo di conoscenza di incontro scambio messa in comune di ipotesi, idee. I progetti possono essere classificati a seconda della tipologia dell’intervento dall’insegnante in: -progetti strutturati: completamente strutturati dagli alunni -progetti non strutturati -progetti semistrutturati A seconda delle tecniche usate per la raccolta dei dati: -progetti di ricerca: dove le info sono raccolte nelle biblioteche -progetti di interazione: dove le info sono raccolte tramite le interviste A seconda delle modalità e tecniche di presentazione: -progetti di produzione: gli studenti lavorano per un prodotto finale: film, guida turistica -progetti di performance: progetti finalizzati a uno spettacolo, o dibattito finale. 4)DIDATTICA COLLABORATIVA O COOPERATIVE LEARNING (didattica basata sulla relazione) Si rifà alla teoria del socio costruttivismo, secodno la quale la conoscenza è il prodotto di una costruzioe attiva del soggetto ed è ancorata al contesto in cui si svole. Può essere definita un metodo di insegnamento /apprendimento in sui la variabile significativa è la cooperazione tra gli studenti o un insieme di tecniche di classe nelle quali gli studenti lavorano in piccoli gruppi e ricevono valutazioni in base ai risultati raggiunti. La didattica cooperativa punta al miglioramento dei processi di apprendimento e socializzazione attraverso la mediazione del gruppo, i cui membri devono agire sentendosi positivamente interdipendenti tra di loro in maniera tale che il successo di uno sia il successo di tutti. Vygotskj diceva diventiamo noi stessi attraverso gli altri. Per V. ogni individuo possiede potenzialità cognitive latenti che si possono esprimere solo attraverso l’interazione con gli altri. E’ questo quello che V. chiama zona di sviluppo prossimale. Nella didattica collaborativa, il docente assume il ruolo di tutor, favorisce l’interazione tra gli studenti, stimola la discussione. Nelle metodologie di insegnamento/ apprendimento a mediazione sociale, come appare l’apprendimento cooperativo, le risorse e l’origine dell’apprendimento sono soprattutto li allievi, che is aiutano reciprocamente, fissano i ritmi di lavoro , si correggono e si auto-valutano sono corresponsabili del loro apprendimento. Modeling: nel cooperative learning è utile che gli insegnanti diano l’esempio, facendo vedere concretamente alcuni comportamnti da adottare nella discussione. 5)DIDATTICA PER PROBLEMI O PROBLEM SOLVING. Possiamo definire questo tipo di didattica come la possibilità di dare risposte a situazioni problematiche. Con il termine problem solving si intende infatti il processo cogniito messo in atto per analizzare una situazione data e trovare una soluzione. Nel problem solving si individuano 5 momenti: -comprensione -previsione ( si chiede di cosa si ha bisogno) -pianificazione ( la fase di risoluzione) -monitoraggio ( si chiede se sta raggiungendo la soluzione) -valutazione Una delle discipline in cui è più facile usare il Problem solving è la matematica. Ma può essere applicata anche nella narrazione di una storia come di una fiaba. Ad esempio l’insegnante può interrompere la lettura di un racconto e chiedere di prevedere lo sviluppo che prenderà la storia: cosa succederà adesso? Il procedimento del problem solving viene schematizzzato in vari modi. Uno dei più noti è : FARE FOCALIZZARE ANALIZZARE RISOLVERE ESEGUIRE La seconda schematizzazione altrettanto famosa risale a Laswell ed era usata fin dagli anni ’30 del giornalismo. Si base su 5 W e 2 H che schematizzano i passi necessari per affrontare la soluzione di un problema. Who What Where When Why How How much Le risposte, la ricerca di soluzioni a un dato problema , alimentano il pensiero produttivo, la creatività intellettuale, danno al sapere carattere di organicità. 6)L’INSEGNAMENTO CAPOVOLTO: FLIP TEACHING E’ una metodologia didattica, un modello pedagogico in cui si attua una inversione delle modalità di insegnamento tradizionale: normalmente il docente insegna e l’alunno ascolta per poi studiare e ripetere a casa. Nella lezione flipped, invece lo studente attinge l’informazione a casa. Spesso l’insegnante seleziona, o prepara molto attentamente risorse video , multimediali, libri, ebook che devono essere catalogati all’interno di una apposita piattaforma on line creata per gli studenti. L’insegnante assegna per casa agli alunni video o le risorse su un argomento. Gli studenti a casa si collegano allo spazio virtuale. Successivamente a scuola l’insegnante forniscono chiarimenti. Gli alunni in classe riferiscono le conoscenze acquisite, l’insegnante testa il livello raggiunto attraverso quiz on line. Gli studenti diventano responsabili del proprio apprendimento. I punti di debolezza: sono penalizzati i rapporti interpersonali. Le registrazioni della lezione richiede molto tempo. 7)EDUCAZIONI TRA PARI O PEER EDUCATION E’una metodologia didattica basata sulla relazione in cui gli alunni più preparati (peer education) insegnano a quelli che hanno bisogno di supporto e tempi più lunghi per l’apprendimento. Al docente spetta il ruolo di supervisione. IL peer education: -rende più maturo il peer educator che ripete anche cui i concetti -facilita l’apprendimento poiché il peer educator utilizza naturalmente il linguaggio più consono consente di sviluppare in maniera armonica la personalità degli alunni. Il compito dell’insegnante si concretizza nel sapere rendere gli allievi protagonisti attivi della propria esistenza. L’efficacia della relazione educativa dipende in larga misura dalla relazione che si instaura tra insengante e allievo. Roger scriveva nel 1968 che la scuola non fa sufficiente educazione per la vita, invece contrano per gli allievi, che si integrano nel loro progetto di vita, cose che gli stessi allievi giudicano importanti e investono di carica emozionale e affettiva.Roger propone la realizzazione di un apprendimento che non essendo focalizzato unicamente sugli aspetti cognitivi, stimoli un coinvolgimento globale delle personalità degli allievi. Un apprendimento che coniughi il piano cognitivo, affettivo, ed esperenziale. I requisiti che dovrebbe avere l’insegnante deve avere sono : fiducia sincerità capacità di comprendere le reazioni degli studenti. L’INSEGNANTE RIFLESSIVO La riflessione in azione di Donald Schon permette all’insegnate di apprendere in corso d’opera di dedurre dalla pratica nuove cognizioni, sulla base delle quali poter ristrutturare il proprio sapere. La riflessione e la metacognizione, il docente deve riflettere sulle pratiche e da queste trae spunto per orientare il suo lavoro. LA COMUNICAZIONE INTERSOGGETTIVA Friedman von Thun propose a tal riguardo un modello comunicativo che mette in primo piano la rivelazione di sé: ogni volta che qualcuno si esprime rivela sempre qualcosa del suo privato che diventa essenziale per il suo interlocutore. Nella comunicazione il peso del contenuto del messaggio rispetto ad altri elementi come la gestualità il tono della voce è per certi versi secondario, il che significa che come si comunica può essere più efficace di come si cosa si comunica. Per facilitare un rapporto comunicativo è necessario: -un rapporto empatico -ridondanza, ripetere con modalità diverse sempre la stessa informazione L’INSEGNANTE AFFETTIVO E LA RELAZIONE EDUCATIVA Tra i processi emotivi e apprendimento esiste una profonda connessione poiché quest’ultimo, come ha sostenuto il pedagogista austriaco Martin Buber, sostenitore dell’importanza del dialogo in tutte le relazioni umane, si sviluppa sempre all’interno di una relazione affettiva. L’essere umano secondo Buber, non si realizza senza comunicare con gli altri. Anche tra insegnante e alunno è necessario che si crei un dialogo profondo fondato su un sentimento di reciproca fiducia. Questo perché l’apprendimento non può essere una passiva assimilazione di contenuti preconfezionati ma deve avvenire nell’ambito di un contesto relazionale nel quale anche la qualità delle interazioni comunicative diventano variabili che influenzano lo stesso processo di apprendimento. Alcune forme di disagio sociale, il successo o l’insuccesso scolastico, l’insorgere di stati d’ansia e di problemi di autostima e insicurezza, spesso sono riconducibili proprio alle prime esperienze di apprendimento. Alcuni studiosi tra cui Bloom sostengono che affettività , motivazione e apprendimento siano tra loro interconnessi poiché il ruolo dell’affettività nei processi di conoscenza, comprensione e socializzazione che avvengono nell’ambiente scolastico è sempre rilevante e talvolta determinante. Nell’ultimo decennio si è registrato perciò nei contesti scolastici un crescente interesse per temi quali l’intelligenza emotiva, l’alfabetizzazione emozionale e socio affettiva, l’affettività argomenti un tempo considerati di pertinenza di psicologi e limitati nella scuola alla cosiddetta didattica speciale. L’insegnante affettivo è colui che si pone in maniera equidistante sia nei confronti degli autoritarismi che dei permissivismi e si propone come guida autorevole riconosciuto dagli alunni come persona che possiede competenze oggettive. L’insegnante non autoritario, ma autorevole, non genera paure, ma promuove fiducia e si rende protagonista di una relazione stimolante e rassicurante che favorisce nell’alunno l’acquisizione dell’autonomia e dell’autostima. Compito fondamentale del docente diventa creare un setting di apprendimento in cui la scelta e l’utilizzazione delle strategie didattiche più idonee al raggiungimento dei vari obiettivi pedagogici avvengono nell’ambito di una relazione di aiuto e incoraggiamento. Ma per poter attuare un vero setting operativo è necessario che l’insegnante possieda tre tipi essenziali di capacità: -ascolto attivo, cioè ascolto empatico -comprensione delle dinamiche di gruppo -introspezione Il PROFILO DEL DOCENTE INCLUSIVO Nel 2012 l’Agenzia Europea per lo Sviluppo dell’Istruzione degli Alunni Disabili ha pubblicato il profilo dei docenti inclusivi, un documento nato da un progetto triennale realizzato per individuare le competenze il bagaglio formativo e culturale, i comportamenti e i valori necessari a tutti coloro che intraprendono la professione docente a prescindere dalla materia e dal grado di scuola. Il profilo si fonda su 4 aree fondamentali: -valorizzare le diversità -sostenere gli alunni -Lavorare con gli altri, ovvero con il team docente, le famiglie, le istituzioni -sviluppo e aggiornamento professionale ( lifelong learning) . SEZIONE III MEDIA E TECNOLOGIA A SCUOLA CODING A SCUOLA: è un progetto per educare i più piccoli al pensiero computazionale, cioè un processo mentale per la risoluzione di problemi con metodi usati solitamente nelle applicazioni software. Steve Jobs: tutti dovrebbero imparare a programmare un computer perché è un’attività che ti insegna a pensare. Programma il futuro: è un progetto promosso dal MIur dal 2014 -2015 per introdurre nelle scuole concetti di base dell’informazione attraverso il coding. SCRATCH: è un ambiente di programmazione intuitivo da bambini di 8-16 anni ( per programmare giochi) PNSD: piano nazionale della scuola digitale. La necessità di una adeguata diffusione delle tecnologie digitali nella scuola ha la sua origine nella Raccomandazione U E del 18 dicembre 2006 che dettava le cosiddette competenze chiave dello studente europeo e che inseriva le competenze digitali fra le otto competenze necessarie. Ai sensi della Racc. la competenza digitale consiste nel saper utilizzare con dimestichezza e spirito critico le tecnologie della società dell’informazione per il lavoro, il tempo libero, la comunicazione, specificano poi che da un punto di vista strettamente pratico ciò significa usare adeguatamente i mezzi informatici per reperire, valutare, conservare, produrre presentare e scambiare informazioni anche attraverso un uso consapevole di internet. In Italia è possibile ricondurre il processo di digitalizzazione delle scuole ai due piani nazionali 2008 e 2015 : si tratta di documenti di indirizzo non vincolanti normativamente ma che manifestano l’orientamento del Governo sul tema e che necessitano di provvedimenti di attuazione. Sono stati elaborati del miur. Il piano nazionale della scuola digitale del 2008 è il documento che ha dato avvio al processo di digitalizzazione della scuola attraverso i seguenti interventi: -azione Lim -Azione Cl@ssi 2.0 Azione WI fi…..ecc. Il pnsd 2015 nasce nell’ambito del piu ampio progetto di riforma attuato dalla legge 107/2015 e mira attraverso l’analisi dei risultati raggiunti del Piano 2008 a rafforzare il potenziamento della diffusione degli strumenti tecnologici e laboratoriali nella scuola e a perfezionare lo sviluppo delle competenze digitali di tuti gli attori coinvolti. La didattica multimediale Negli anni 70 inizia a diffondersi l’uso dei Mass Media nella scuola e si usano prevalentementeutilizzo di tablet Negli anni 70 inizia a diffondersi l’uso dei Mass Media nella scuola e si usano prevalentementelibri di testo in formato pdf Negli anni 70 inizia a diffondersi l’uso dei Mass Media nella scuola e si usano prevalentementelezioni multimediali e interattive Negli anni 70 inizia a diffondersi l’uso dei Mass Media nella scuola e si usano prevalentementeapprofondimenti ed integrazioni al libro scaricabili da Internet (o dal sito della scuola) Negli anni 70 inizia a diffondersi l’uso dei Mass Media nella scuola e si usano prevalentementeappunti presi sul tablet (e/o condivisi sul web) Negli anni 70 inizia a diffondersi l’uso dei Mass Media nella scuola e si usano prevalentementetest di verifica auto valutativi DIDATTICA 2.0 Negli anni 70 inizia a diffondersi l’uso dei Mass Media nella scuola e si usano prevalentementeassegnazione dei compiti a casa direttamente in modalità e-learning Negli anni 70 inizia a diffondersi l’uso dei Mass Media nella scuola e si usano prevalentementeesercitazioni e verifiche al computer Negli anni 70 inizia a diffondersi l’uso dei Mass Media nella scuola e si usano prevalentementedubbi o argomenti non chiari possono, essere chiariti dal docente attraverso mail o altre risorse di Internet(siti web, blog etc) Negli anni 70 inizia a diffondersi l’uso dei Mass Media nella scuola e si usano prevalentementele lezioni possono essere “riviste” anche da casa in modalità e-learning Negli anni 70 inizia a diffondersi l’uso dei Mass Media nella scuola e si usano prevalentementeApprofondimenti o ricerche di contenuti multimediali disponibili in tempo reale, etc Utilizzo del computer in modalità STAND ALONE ON LINE Modalità stand alone Il computer e’ utilizzato come strumento isolato,non connesso in rete Modalità online Il computer e’ collegato ad Internet Utilizzo in modalità stand alone •Consultazione di dizionari, opere tematiche, enciclopedie a carattere interattivo e multimediale. •Software di office-automation •Programmi di grafica •Software per la generazione di mappe concettuali •Software per la costruzione e somministrazione di test •Produzione di Ipertesti ed Ipermedia •Produzione filmica (videoclip). •Software didattici Utilizzo in modalità on line •Ricerca con utilizzo di motori di ricerca(es. Google,Altavista,Yahoo,etc ) •Ricerca condivisione di immagini, video documenti, presentazioni (es. Youtube,Flickr,Scribd,Slideshare) •Progetti in rete •Comunicazione interpersonale (e-mail, chat, video conferenze,forum …). con fini didattici •Risorse educative aperte (repository di learning object) •Blog •Wiki( es.Wikipedia) •Podcast(Es.Podcastnet, PodOmatic, iTunes) •E-Learning o Fad(Formazione a Distanza) es Moodle •Social network(Facebook) •Sistemi digitali di Georeferenziazione(es.Google Earth) I BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI La direttiva ministeriale 27 dicembre 2012 è la c.d. Direttiva Bes: si riferisce all’area di quegli alunni che soffrono di uno svantaggio scolastico dovuto a problematiche diverse, raggruppati nell’area dei Bisogni Educativi Speciali. In quest’area sono ricomprese tre grandi sottocategorie: quella della disabilità, quella dei disturbi evolutivi specifici quella dello svantaggio socioeconomico, linguistico, e culturale. Nella direttiva ministeriale si legge che per disturbi evolutivi specifici si intendono oltre ai disturbi specifici dell’apprendimento: - DSA, (dislessia, disortografia, disgrafia, discalculia ),( il dsm5 definisce il DSA come un disturbo del neurosviluppo con un’origine biologica che è alla base delle anomalie di tipo cognitivo. IL dsa si manifesta inin presenza di capacità cognitive adeguate, assenza di deficit sensoriali e patologie neurologiche, ma possono costituire una limitazione importante per alcune attività della vita quotidiana soprattutto relative all’area dell’apprendimento scolastico) -si intendono altri deficit quali quelli del linguaggio, delle abilità non verbali, della coordinazione motoria, dell’attenzione e dell’iperattività ( ddai o adhd= disturbo da deficit dell’attenzione o iperattività). Spesso si tratta di problematiche non certificabili dalla l104 del 1992 che non determinano per l’alunno il diritto all’insegnante di sostegno ma la direttiva prevede che, la scuola, con determinazione assunta dal consiglio di classe possono avvalersi per tutti i bes degli strumenti compensativi e delle misure previste dalla l.170/2010 per i dsa.. Quali sono queste misure=? La legge 170 del 2010 per i dsa tutela il diritto allo studio in maniera diversa dalla legge 104 del 1992 concentrando l’attenzione su: -interventi didattici personalizzati (P.D.P.= piano didattico personalizzato) -strumenti compensativi -misure dispensative -adeguate forme di verifica e valutazione Il dm 12-7-2011 n.5669 ha dettato le norme attuative della l.170 del 2010. Le istituzioni scolastiche possono esplicare le attività didattiche anche attraverso la redazione di un PdP con l’indicazione degli strumenti compensativi e delle misure dispensative che si intendono adottare . Le istituzioni didattiche attuano ogni strategia didattica per consentire ad alunni e studenti con dsa l’apprendimento della lingua straniera sono progettate secondo le modalità compatibili con le difficoltà connesse con i dsa. Le certificazione dsa attestante la gravità del disturbo deve recare esplicita e motivata richiesta di dispense dale prove scritte di lingua straniera. Art. 6 co 6 D.m. 5669/2011 “ solo in caso di particolari gravità del disturbo di apprendimento anche in comorbilità con altri disturbi o patologie risultanti da certificato diagnostico, l’alunno puo su richiesta delle famiglie e conseguente approvazione del consiglio di classe essere esonerati dall’insegnamento della lingua straniera e seguire un percorso didattico personalizzato. L’esonero totale dallo studio della lingua inglese nella secondaria di secondo grado, non consente il rilascio del diploma. Quali sono gli strumenti compensativi? Per gli alunni con dsa , sono strumenti didattici e tecnoliogici che sostituiscono o facilitano la prestazione richiesta nell’abilità deficitaria. -sintesi vocale, che consente di tradurre un compito di lettura in un compito di ascolto, -la registrazione, che evita allo studente l’onere di scrivere appunti, -programmi di video-scrittura, con correttore ortografico