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Riassunto "Pedagogia generale" identità, percorsi, funzione di Cambi, Giosi, Mariani, Sarsini, Sintesi del corso di Pedagogia

Riassunto dettagliato "Pedagogia generale" identità, percorsi, funzione di Cambi, Giosi, Mariani, Sarsini

Tipologia: Sintesi del corso

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Scarica Riassunto "Pedagogia generale" identità, percorsi, funzione di Cambi, Giosi, Mariani, Sarsini e più Sintesi del corso in PDF di Pedagogia solo su Docsity! PEDAGOGIA GENERALE Identità, percorsi, funzione PREFAZIONE La pedagogia si è imposta come un fattore – chiave della vita sociale e culturale. Si riferisce a quei processi educativi che fanno sì che ogni società sia e resti quella che è, trasmettendo alle nuove generazioni riti, credenze, etc. Quando una società entra in crisi, anche i suoi modelli di educazione devono essere modificati. La pedagogia nacque nell’età di Platone. Essa nacque come sapere riflessivo e razionale sull’educazione. si tratta di un sapere teorico, a un tempo critico e regolativo. Critico → riguardo le tradizioni sociali. Regolativo → orientato a dar corpo ai nuovi modelli. La pedagogia nasce come riflessione organica, razionale e critica sui problemi educativi. Nasce con la filosofia e resterà per due millenni ad essa accorpata. Successivamente si allontanerà dalla filosofia facendosi poi scienza. Dal Settecento in poi, fino al pieno Novecento, la pedagogia vivrà una trasformazione radicale, tenendo fermo il suo obiettivo teorico e il suo abito discorsivo riflessivo, restando in stretto contatto con la filosofia. La filosofia a sua volta resta come stile discorsivo, come libera discussione di tutti i problemi educativi. Secondo John Dewey, la pedagogia generale è il cuore stesso dei saperi dell’educazione. la pedagogia generale va coltivata, ciò va fatto rispettandone il profilo complesso e il suo imprinting attuale. La pedagogia generale sta con le scienze dell’educazione e ne tutela il senso e il focus. La pedagogia generale è un contenitore aperto e plurale, costituita da un fascio di specializzazioni interne. La pedagogia attraversa tutti i campi dell’educazione. PARTE PRIMA → L’IDENTITA’ POSTMODERNA DELLA PEDAGOGIA GENERALE (FRANCO CAMBI) 1- Una frontiera sotto inchiesta: ma da tutelare e da rilanciare Con la nascita delle scienze dell’educazione il quadro della disciplina si è profondamente mutato. Nel novecento è mutata anche la visione della pedagogia generale. Per alcuni si è fatta il vestibolo delle scienze dell’educazione → Spazio cognitivo in cui si affermano i problemi educativi da sottoporre all’analisi e alla sintesi scientifica. Per altri si è posta come sola sintesi delle scienze dell’educazione. per altri ancora è un dispositivo permanente che attraversa e deve attraversare tutti i settori del pedagogico illuminando l’oggetto comune, l’educazione e/o la formazione. La pedagogia generale si pone come l’ambito primario e chiave della pedagogia e proprio per lo stile cognitivo e per la funzione. Lo stile è quello critico e riflessivo che permette alla pedagogia generale di svolgere il suo ruolo di orientatore di massima. La funzione è quella di raccordare quel sapere di saperi che è oggi la pedagogia e di raccordarla sia al suo focus oggettuale sia al suo attuale statuto fenomenologico e culturale. La pedagogia generale ha un ruolo sia GENERATIVO sia REGOLATIVO. Le caratteristiche della pedagogia generale: • Funzione: generativa e regolativa • Ha una precisa identità critica (filosofica) • Esercita la critica sull’oggetto (educazione/formazione) e sul sistema di saperi che lo specificano • Deve permanere al centro della pedagogia e dei suoi saperi in quanto esercizio di sintesi (critica), di legittimazione (critica) e di focalizzazione (critica) • È il settore chiave della pedagogia che ne costudisce la ricchezza, la complessità, il senso Nella congiuntura storica, culturale e ideologica, come viene considerata la pedagogia generale? La congiuntura è quella contrassegnata dalla tecnica, dal dominio. La pedagogia generale viene emarginata, inteso come libero esercizio di criticità. Oggi, intorno alla pedagogia generale si è aperto un dibattito. La si fa regredire solo a preambolo, da superare in breve tempo per arrivare ai dati delle scienze. La si dichiara superflua. Non si considerava la pedagogia come funzione umana di ogni uomo (Bildung). Con l’avvento delle nuove tecnologie informatiche il congedo della pedagogia generale è stato ancora più forte. Viene vista come un freno in cui la mente, la cultura, la formazione si rimodellano secondo il principio della funzionalità, puntando sull’integrazione, la convergenza e l’efficienza. La pedagogia generale tende a scomparire e con lei la sua identità riflessiva. Comunque sia, una pedagogia come visione del mondo, orientamento axiologico e come stile di pensiero è sempre in atto. Essa va legittimata, potenziata e definita. - Percorsi di lettura → La pedagogia generale continua ad essere il centro dei saperi dell’educazione. è un centro critico perché coordina tutti i saperi educativi al loro focus, ovvero l’educazione e/o la formazione. Ma non solo. Essa discute tutti i problemi educativi/formativi in modo critico, aperto e problematico, mostrando la varietà degli approcci possibili (teorici, ideologici, axiologici) ai vari problemi affrontati. Ha un ruolo GENERATIVO dentro tutti i saperi educativi e un ruolo REGOLATIVO rispetto ad essi: li genera e li orienta. Deve essere collocata come il SETTORE-CHIAVE che guida tutti i saperi dell’educazione. 4 significati della parola educazione (GASTON MIALARET) → Il termine educazione è un vocabolo polisemico, è indispensabile definire, non solo il suo campo di applicazione, ma anche come viene inteso. Abbiamo 4 principali significati della parola educazione: ▪ Educazione come istituzione ▪ Educazione come azione ▪ Educazione come contenuto ▪ Educazione come risultato Educazione come istituzione: è l’insieme delle strutture che hanno lo scopo di educare gli alunni. Rivelano caratteristiche di una certa stabilità in un determinato periodo storico. Educazione come azione: è il significato utilizzato più comunemente fin dal 1950. L’educazione è l’azione esercitata dalle generazioni adulte su coloro che non sono ancora pronti per la vita sociale (DURKHEIM). Il suo fine è indurre nel bambino una certa quantità di prestazioni fisiche. Dopo il 1921, abbiamo un’altra definizione: l’educazione consiste nell’incoraggiare lo sviluppo più completo possibile delle attitudini di ogni persona, sia come individuo sia come membro di una società ispirata dalla solidarietà. L’educazione come azione combina molti aspetti che sono spesso confusi: quello dei fini, dei metodi e delle tecniche e l’aspetto degli aspetti psicologici implicati. Tale diagramma presenta dei vantaggi strutturali. Esso rappresenta la circolarità delle conoscenze pedagogiche, mostra la loro struttura enciclopedica, nel senso etimologico del termine “padeia” → CULTURA IN CIRCOLO, CULTURA A TUTTO TONDO. Le scienze contigue, fra di lor, presentano alcune affinità, ma le affinità vi sono anche fra le scienze contigue appartenenti a settori differenti fra di loro. Si tratta di un insieme abbastanza coerente, dotato di una notevole forza di aggregazione La filosofia dell’educazione e/o la pedagogia generale non entrano nel quadro perché non possono occuparvi una posizione particolare e determinata poiché rappresentano un momento di riflessione critica sull’insieme e sulle interrelazioni interne ed esterne. La pedagogia sperimentale non è una scienza particolare, ma un modo di utilizzare diverse scienze dell’educazione al fine di svilupparne altre. Intenzionalità della pedagogia (FRANCO CAMBI) Se dovessimo indicare la scoperta maggiore della fenomenologia dovremmo indicare il tema/problema dell’INTENZIONALITA’, nella struttura costitutiva sia della coscienza sia dell’esistenza, e del pensare e dell’agire di tutta l’esperienza dell’uomo. La fenomenologia ha studiato l’intenzionalità sottolineando la centralità, l’antinomicità, la problematicità. Intenzionale è la coscienza, è la percezione, è l’agire, è il pensare. La fenomenologia e la sua analisi dell’intenzionalità hanno investito diversi saperi. L’intentio fa parte del pensare la formazione, sia nei modelli, sia nei percorsi progetti, sia nelle azioni. La fenomenologia diviene un bacino teorico, stimolante per la pedagogia generale e la filosofia dell’educazione. Oggi però, il dialogo fra fenomenologia e pedagogia è stato poco ripercorso. Ma questo deve essere assolutamente fatto. 3- Ottica della formazione e “soggetto postmoderno” La pedagogia generale, come abbiamo già detto, è un sapere riflessivo, critico e trasversale su tutti i problemi dell’educazione. Essa si lega alle scienze dell’educazione e alla riflessione sull’educativo. Essa ha un ruolo di INTERPRETAZIONE INTENZIONALE e di COORDINAMENTO intorno al suo specifico attraverso una riflessione da riprendere costantemente. L’idea di educazione, come processo di costruzione di un soggetto secondo regole sociali e come guidato dall’inculturazione e dall’apprendimento, si è gradualmente indebolita. Da educazione si è passati alla formazione, vista ora come categoria reggente. Che cos’è la formazione? La formazione è il processo di crescita, sviluppo, orientamento personale, fa del soggetto quello che è. È un processo che si inquadra soprattutto sulle scelte interiori del soggetto, che apre il superamento della propria materialità in direzione della sua spiritualità, cioè SVILUPPO DI SÉ NELL’IO. La formazione è sviluppo del soggetto nella sua umanità (HUMANITAS) che si fa e cresce nella costante mediazione fra coscienza individuale e oggettività culturale. Già Socrate aveva fissato le strutture e il senso, ma anche la centralità in ogni vita individuale. Ogni uomo è chiamato a risvegliare la propria interiorità, a conoscersi ed entrare nella vita spirituale. Tale visione, anche se con qualche piccola differenza, restò al centro della “padeia” (pedagogia greco-romana). Fu trascritta in tedesco con la nozione di BILDUNG. La BILDUNG è la formazione dell’uomo in quanto uomo, contrassegnato da coscienza e da cultura, sinergiche fra di loro. È una formazione personale spirituale, accompagna la vita dell’uomo e ne caratterizza la specificità umana. In che rapporto la formazione sta con l’educazione? La formazione implica il possesso di una cultura, delle forme della cultura. Implica INCULTURAZIONE (possesso di una cultura, a partire dal linguaggio, dalle regole, dalle credenze comuni) e APPRENDIMENTO (di far conto a conoscenze e di competenze). Esige la socializzazione che avviene in famiglia, nella scuola. L’educazione come unità di INCULTURAZIONE/APPRENDIMENTO/SOCIALIZZAZIONE, sta alla base della formazione. SENZA EDUCAZIONE NON C’E’ FORMAZIONE. L’educazione trasmette e conforma, mentre la formazione coltiva il soggetto, nella sua autonomia, nella sua singolarità e gli offre strumenti per coltivarsi nella sua singolarità. L’educazione è sociale e produce socializzazione, la formazione è personale, crea individui originali, autonomi e creativi. Tra educazione e formazione c’è continuità, ma allo stesso tempo anche discontinuità. Quale mutamento socio-antropologico ha alle spalle? In questo nostro presente ogni soggetto deve essere capace di abitare il cambiamento, di stare in una società aperta. Deve farsi sempre più individuo, soggetto – persona, capace di guidare sé stesso, di rinnovare la propria identità. La formazione è intesa come cura e coltivazione di sé, di sé stesso, visto nella sua individualità, come COSTRUTTORE DI UN PROPRIO MONDO SPIRITUALE. - Percorsi di lettura → La pedagogia generale deve ridefinire il suo educare/formare perché sono aspetti problematici e mutano costantemente nel tempo. Differenza fra educare e formare; EDUCAZIONE: è sociale e guarda all’INTEGRAZIONE fra soggetti (attraverso inculturazione e apprendimento), FORMAZIONE: è personale e verte sulla formazione dell’Io come soggetto- persona, costituito secondo una sua “forma”. Fra le due c’è anche un’implicazione, come abbiamo già detto, non c’è FORMAZIONE SENZA EDUCAZIONE e la formazione muta l’educazione. La Bildung e Schiller (MARIO GENNARI) La Bildung traduce nelle forme della cultura e dell’educazione il linguaggio della poesia, l’unica via che riesce a smascherare e mostrare l’essenza dell’umano. La Bildung nasce con due maestri tedeschi Goethe e Schiller. Con loro la Bildung romantica giunge a una definitiva messa a punto la mediazione fra uomo e umanità viene stilizzata nell’unità originaria della cultura e del pensiero. La formazione si autentica all’autoformazione. Sono i valori esterni, quelli che costituiscono la spina dorsale della classicità in ogni tempo, a sorreggere la formazione integrale dell’uomo. nella Bildung umanistico – romantica si abbozzo lo statuto pedagogico di Geist. Il concetto tedesco di cultura aveva come nucleo una forte tendenza apolitica o antipolitica che rispecchiava un sentimento ricorrente nell’élite tedesche delle classi medie, cioè politica e Stato rappresentavano tutto ciò che costituiva per esse mancanza di libertà, mentre la cultura era l’ambito della loro libertà. Secondo Schiller l’arte descrive il viaggio nella bellezza, il prolungamento dell’armonia cosmica, la perfezione che si attua solo nel congiungimento del sensibile con il razionale. La bellezza è completamente sradicata dal sociale. L’incontro con Kant, avvia Schiller a costruire la teoria del sublime → l’infinito, che l’uomo non sa rappresentare, ma che può trascendere attraverso la libertà conoscitiva, corrisponde al sublime. L’ideale estetico dell’uomo è il risultato di una congruente fra razionalità e sensibilità. L’educazione estetica deve sapere trarre dalle differenti forme del bello la bellezza assunta quale occasione di Bildung. Formazione e “due culture” (RICHARD RORTY) Il punto di partenza sarà una differenza fra Dewey (metodo scientifico) e di Gadamer (storicità). Entrambi i tipi di educazione iniziarono come rivolte contro l’autorità. I loro schemi educativi vennero concepiti per liberare i loro studenti, la mente dell’Europa, dalla chiesa, da Aristotele, dalla scolastica. L’apprendimento umanistico e la scienza di laboratorio sono entrambi in grado di aprirci la mente. Secondo i due autori, condividere il linguaggio è mettere in comune un modo di vedere la vita, un accordo minimo su ciò che è ragionevole fare o dire in svariate circostanze. Dal punto di vista pragmatista ed ermeneutico, non esiste il metodo scientifico al di là di un insieme di virtù morali. Vedremo il tentativo di creare le scienze dell’uomo, le scienze sociali, non come tentativi di introdurre la ragione e l’oggettività nelle nostre considerazioni morali, ma come un tentativo di risolvere i nostri problemi. Bisogna dare agli studenti un’occasione per il culto intellettuale, mostrandogli la grandezza intellettuale degli eroi e la grandezza intellettuale come grandezza nel superare i problemi. Coltivare l’umanità (MATHA NUSSBAUM) Per coltivare l’umanità nel mondo attuale sono essenziali tre capacità. In primo luogo la capacità di giudicare criticamente sé stessi e le proprie tradizioni per vivere una vita esaminata. Non bisogna accettare credenze come vincolanti solo perché sono state trasmesse dalla tradizione o perché è diventata familiare con l’abitudine. In secondo luogo, cittadini che coltivano la propria umanità devono concepire sé stessi non solo come membri di una nazione o di un gruppo, ma come esseri legati ad altri esseri umani da interessi comuni e dalla necessitò di un reciproco riconoscimento. Noi tutti, trascuriamo bisogni e capacità che ci uniscono a cittadini che vivono lontano da noi o che hanno un aspetto diverso dal nostro. Neghiamo a noi stessi numerose attività di amicizia, sottraendoci da eventuali responsabilità. Spesso le esistenze lontane, le riteniamo sbagliate perché diverse dalle nostre, non mostriamo curiosità per modi di vita diversi. In terzo luogo, il terzo requisito e l’immaginazione narrativa, la capacità di immaginarsi nei panni di un’altra persona, di capire la sua storia personale. Questo non significa una mancanza di senso critico perché nell’incontro con l’altro manteniamo fermi la nostra identità e i nostri giudizi. Vivere la propria condizione di cittadini in maniera intelligente richiede anche ka comprensione scientifica. Il mondo in cui viviamo è complesso, questa impresa richiede un apprendimento sensibile alla differenza razziale, etnica e religiosa. Richiede che si raggiunga una comprensione riflessiva della sessualità umana, richiede che si apprenda come situare la propria tradizione all’interno di un mondo interdipendente. Vediamo alcuni strumenti da utilizzare. Al paradigma della disgiunzione/riduzione occorrerebbe sostituire il paradigma di distinzione che consenta di distinguere senza disgiungere. L’autore vuole sensibilizzare rispetto alle carenze del nostro pensiero, prendendo coscienza della patologia contemporanea del pensiero. Tale nuova patologia rende ciechi alla complessità del reale. Itinerari di pedagogia della differenza (FRANCO CAMBI) Il modello della pedagogia della differenza ha al suo centro proprio questa categoria intesa nel senso di pluralismo e alterità. Questa teoria, in Francia e in Italia è approdata in forme legate alle tesi filosofico – antropologico. In Francia si è delineato un modello di pedagogia anti-istituzionale. La pedagogia si è posta come una sfida al modo di fare educazione nella nostra tradizione e ne nostro presente. In Italia la condizione della pedagogia della differenza si presenta in forme diverse rispetto alla Francia. Innanzitutto non è al centro del dibattito pedagogico, in seguito il suo schieramento è stato meno compatto, la pedagogia si è per così dire sparsa. Infine, è mancato un punto di aggregazione teorica e politica che funzionasse da unificatore delle forze, che permettesse alla pedagogia di confrontarsi con il cognitivismo. In Italia tale modelli, negli anni ’60, ha interpretato da un lato il profondo malessere della società e lo ha trascritto in termini educativi, dall’altro ha richiamato la pedagogia ad un suo compito →affiancarsi ad una sfida in nome dell’uomo e dello sviluppo delle sue potenzialità. Sebbene non se ne parli più tanto, la pedagogia della differenza non è morta, la sua dignità teoretica è ancora intatta, la sua funzione politica non è ancora stata rimossa. Ecologia e educazione (ENVER BARDULLA) Aspetti educativi ed implicazioni pedagogiche dell’ecologia: gli aspetti educativi dell’ecologia si articolano in rapporto ai significati che il termine assume nel linguaggio comune. Una notevole influenza sull’attenzione ai problemi ambientali è stata esercitata dalla crisi energetica che ha colpito i paesi maggiormente industrializzati. L’interesse pedagogico per l’ecologia si collega direttamente alla denuncia, si deve cercare di sensibilizzare riguardo le problematiche ambientali. Si pensa che un’istruzione ecologica sia il rimedio più efficace, anche un intervento educativo sembra senz’altro favorito. La crisi ambientale fa emergere l’esigenza di un’azione formativa e informativa. Si ritiene fondamentale l’intervento della scuola e delle istituzioni del tempo libero. Si presuppone un’inclusione graduale. L’educazione ecologica viene a coincidere con lo studio e la ricerca d’ambiente. L’educazione ambientale rappresenta la piena valorizzazione dell’educazione quale strumento di trasmissione e innovazione delle modalità umane di interazione con l’ambiente. 6- Lo stile “saggistico” della pedagogia generale Il discorso della pedagogia generale ha caratteri riflessivi e generali, per un lato, e contrassegni critici e problematici per un altro. Fare pedagogia generale significa dar vita ad un discorso critico che investe i problemi affrontati e le soluzioni proposte dalle scienze dell’educazione, li radicalizza in senso pedagogico, li rilegge in modo riflessivo, li discute e li ridiscute. Il discorso della pedagogia generale è un DISCORSO FILOSOFICO. Non cerca certezze, ma le discute e discutendole attiva intorno ad esse una riflessività problematizzante. La pedagogia generale quindi si costruisce secondo una discorsività filosofica, discute in modo aperto i problemi e le soluzioni. Come possiamo definire il tipo di discorso filosofico che fa uso la pedagogia generale? Centralissimo è stato il discorso metafisico che dimostra un fondamento. Tale discorso è inapplicabile alla cultura attuale. È inapplicabile tuttavia alla pedagogia perché l’educare/formare ha una base che non reclama le culture dogmatiche, ma problematiche. Centrale è stato anche il modello matematico che fissa un tipo di discorso fondato su evidenza. Ma il più importate è stato il modello definito SAGGISTICO. Il saggio è un discorso critico/meta critico aperto, chiude il discorso sempre in maniera PROBABILE E PROVVISORIA, si lega più all’argomentare piuttosto che al dimostrare. Il saggismo è cresciuto. Il saggio discute da vari punti di vista, non offre soluzioni, ma orientamenti. Non offre soluzioni, ma PROSPETTIVE. Il saggismo è l’esercizio allo stato puro della riflessività. - Percorsi di lettura → La pedagogia generale discute secondo uno stile critico, filosofico. La filosofia è la forma più radicale del pensiero critico. Tale filosofia discute liberamente la discussione. Si tratta di una filosofia come saggismo, libera ricerca argomentativa sempre rinnovata, conclude in forma PROBLEMATICA Sul saggismo (FRANCO CAMBI) Un modello storico → il saggio è come se fosse un volano segreto cognitivo. Il saggio è uno spazio tra, tra arte e trattato che risente di entrambi. In quello spazio tra si attiva, non solo un genere di scrittura filosofica, ma un percorso di teoreticità che si è fatto centrale. Si tratta di una teoreticità che usa materiali cognitivo – riflessivi. Il saggio presenta una teoreticità, ma essa è costruita secondo un disegno di estrema mobilità, che si articola da vari punti di vista. Il saggio non ha metodo. Il suo obiettivo è sondare uno spazio di riflessione aperta. Il saggio ci ricorda il negativo e ci ricorda un pensare filosofico. Il saggio si colloca sul fronte dell’interpretazione, pone in azione un lavoro interpretativo più libero. Gli aspetti formali del saggio: lavora nel concetto mediandolo continuamente, pone al centro un PENSIERO (proprio di un soggetto e collocato dentro un’esperienza), pensare come interpretare, costruisce percorsi di riflessione, tende ad una verità in minore. Lavoro nel concetto → il saggio ruota intorno ad un’idea, l’articola secondo un serie di mediazioni in modo da porre in rilievo la costruzione circolare. Ogni saggio Già a partire da Montaigne) è un crocevia di approcci, di tipologie argomentative, si sottolinea la forma mentis del saggio, non offre soluzioni, ma PERCORSI DI RIFLESSIVITA’. Il concetto è centrale, ma quasi mai espresso in modo formale ed esplicito. L’agente in situazione → nel saggio, chi pensa non è solo la mente, ma è un è pensiero-attore in situazione, l’iter del saggio muove da un centro vissuto, ma si trama di altri vissuti, di altre visioni. I percorsi stellari → al suo interno il saggio mette in moto percorsi di riflessività e di argomentazione che hanno una fisionomia stellare, vanno in ogni direzione, liberamente. La verità in minore → la verità su cui verte il saggio è una verità erratica, senza traguardo, MAI GARANTITA. Qui è proprio il libero procedere verso una prospettiva di verità debole che contrassegna il tracciato. Il saggio rimette in dubbio certezze, riapre orizzonti, agisce erraticamente. Il lavoro del saggio è sempre TRASVERSALE, DECOSTRUTTIVO, RE-INTERPRETATIVO, TENDENZIALMENTE RADICALE. 7- Il modello educativo/formativo del e per il nostro tempo La pedagogia generale svolge un altro compito: mette a fuoco quale è il modello educativo e formativo più adeguato. Il modello di oggi è un modello descrittivo e prescrittivo insieme. C chiediamo quale sia il progetto presente adesso e in programma per il futuro. Si fa riferimento al nihilismo, la condizione di apertura e della valorizzazione del soggetto, nella sua capacita creativa e nella sua libertà. L’educazione reclama la formazione. La formazione intesa come coscienza di sé, cura di sé, coltivazione della propria umanità. Il nihilismo, per non essere vissuto come una crisi, esige l’impegno dell’io rispetto a sé stesso, rispetto agli altri e al mondo. La società “aperta” reclama in ogni soggetto più individuo. Desidera che sia aperta in senso democratico: società della partecipazione, dell’agire responsabile. La società ha bisogno di soggetti liberi e coltivati nella propria umanità, capaci di contrapporre la psiche alla tecnica. - Percorsi di lettura → quale è il modello educativo/formativo più idoneo, al tempo storico culturale che stiamo vivendo? Quello del soggetto-persona come singolo e come coscienza responsabile: l’io si fa sé attraverso la cura di sé stesso e coltivando la propria interiorità. La legittimazione dei saperi (JEAN-FRANCOIS LYOTARD) La piccola narrazione, resta per eccellenza la forma dell’invenzione immaginativa. Il problema è sapere se sia possibile una legittimazione fondata solo sulla paralogia. Il consenso è un orizzonte, non è mai acquisito bisogna supporre che esista una potenza che destabilizza le capacità di spiegazione e si manifesta attraverso la promulgazione di nuove forme di intelligenza. La pratica scientifica offre l’anti modello di un sistema stabile. La pragmatica scientifica è fondata sugli enunciati denotativi, è in forza di ciò che essa dà luogo alle istituzioni di conoscenza. Vi è la necessità di alcune regole. La pragmatica sociale non ha però quella semplicità che ha quella scientifica. 8- Costruire la forza del carattere Il soggetto che si forma IN e PER a società aperta deve essere un soggetto responsabile e capace di impegno e comunicazione, dotato della FORZA DEL CARATTERE, inteso come IDENTITA’ PERSONALE, disponibile a stare con gli altri e a orientare sé stesso, a qualificarsi in senso sociale. Il carattere è VOCAZIONE, è COSCIENZA DI SÉ, è la volontà di essere sé stessi e di farsi testimoni, di sé, nel mondo, di agire nel mondo. Il carattere è an che SENSIBILITA’ PERSONALE, apertura dialogica. Per fare tutto ciò bisognerebbe risvegliare negli uomini la capacità dialogica, ovvero di stare con gli altri, risvegliarli a coltivare il carattere, cioè la propria unicità personale, le proprie capacità. Per risvegliare tutto ciò che abbiamo appena detto, è centrale il contributo della famiglia, che è il luogo primario in cui il carattere si forma e si rende esplicito. Il sé dell’Io prende forma in una serie di relazioni complesse. Non solo, anche la scuola è un luogo importante, così come i media che si offrono come possibilità di creatività, di mix di linguaggi. La pedagogia oggi guarda al carattere come dispositivo chiave della formazione, ma viene letto in modo attuale. Il postmoderno non guarda alla formazione di un soggetto narcisistico, ma di uno COSCIENTE DI SÉ, attento a coltivare sé stesso e a costruirsi un proprio carattere. Il soggetto è aperto al sociale, non sono così importanti le norme. - Percorsi di lettura → la formazione di sé deve dare all’io il carattere. Il carattere non è inteso come forza dell’io, ma come CONTRASEGNO PERSONALE EQUILIBRATO, rispetto ai propri impulsi e al proprio ruolo sociale. È la CURA DI SÉ a fungere da motore per la costruzione del carattere. Vecchiaia e carattere (JAMES HILLMAN) Invecchiare non è una cosa negativa. È una necessità della condizione umana. L’invecchiamento è iscritto nella nostra fisiologia. Abbiamo bisogno di idee immaginative capaci di aggraziare il diventare vecchi. Ci chiediamo perché noi uomini viviamo così tanto a lungo, mentre gli altri mammiferi no. Ci si chiede quale sia lo scopo dell’invecchiamento. Spesso queste sono domande che sorgono nella cosiddetta crisi di mezza età. È la proiezione dell’adolescenza ad impedirci di essere nel mezzo della vita. per spiegare la vecchiaia ci rivolgiamo alla biologia, ma per comprenderla abbiamo bisogno dell’idea di CARATTERE. La vecchiaia è mediata dalle storie che si raccontano su di essa. Nel normale corso della vita la vecchiaia termina con la morte. Ciò che invecchia non sono soltanto le nostre funzioni, ma tutta quanta la nostra natura. Il carattere ha plasmato la nostra faccia, le nostre abitudini, il livello delle nostre ambizioni. Il carattere influisce sul nostro modo di dare e di ricevere. custodia. Il secondo è legato all’assecondamento dello sviluppo ed ha avuto classica espressione nella MAIEUTICA, si attua a favorire la crescita attraverso il gioco, l’esplorazione, la curiosità. Ciò che fa caratteristica educativa di tutti è l’uso orientato della conquista della maturità della persona. L’educazione esalta l’aspetto comunicativo. Tutte le azioni comunicative tendono a comunicare percezioni, pensieri e atteggiamenti. La comunicazione non si esaurisce nel trasferimento di contenuti informativi, tende ad influenzare il comportamento e a tradursi in azioni del soggetto destinatario. - L’educazione come attività comunicativa “orientata” → l’educazione rientra in un insieme categoriale ancora più vasto di attività interpersonali, le comunicazioni orientate. Sono comunicazioni orientate ad esempio quelle della pubblicità, della propaganda. L’educazione tende a rendere gli uomini capaci di ragionare. Fra le maggiori attività in cui l’uomo si trova coinvolto sono l’INCULTURAZIONE, ACCULTURAZIONE E LA SOCIALIZZAZIONE. L’educazione si distingue scegliendo una opzione verso i VALORI. L’educazione rivendica indipendenza da secondi fini al servizio della persona. - Continuità della tradizione e rinnovamento del progresso → L’educazione pone le sue basi nella tradizione, continua il passato nel presente, ponendo le premesse del suo superamento nel progresso. Per questo l’educazione, per un verso volta alla conversazione, e per l’altro al rinnovamento. Ogni progetto educativo ha sempre una grossa carica di attese e di proiezioni in avanti, non di rado esse hanno assunto, anche in grandi educatori, i tratti dell’UTOPIA. Una funzione cruciale dell’educazione è quella di “mediazione”, non dobbiamo dare rotture brusche, bensì una utilizzazione saggia del passato per costruire il futuro. - Autoeducazione e eteroeducazione → l’educazione vede il concorso di due ordini di fattori, endogeni e esogeni. I primi sono innati, derivano dal corredo ereditario, in parte sono prodotti dello sviluppo che lo possiamo definire EPIGENETICO, cioè ogni tappa prepara, ma non esaurisce le successive. I secondi sono di origine esterna provengono dall’ambiente naturale o artificiale, ma anche sociale l’esito dell’educazione difficilmente dà un risultato prevedibile e scontato. 12- la nascita della pedagogia in Grecia: Socrate e Platone Se fino al momento pre – greco l’educazione è considerata come una pratica, a partire dal miracolo greco si assiste ad un MUTAMENTO che riguarda l’organizzazione sociale e la visione del mondo che si dirige sempre più nella direzione di una cultura LAICA, RAZIONALE E UNIVERSALE. Accanto all’educazione come pratica viene a disporsi la pedagogia come SAPERE, inaugurando una stagione rinnovata e fertile che costituisce la paideia → LA RIFLESSIONE SU QUELL’UMANA FORMAZIONE DELL’UOMO GRECO. La nozione successiva di BILDUNG rende con evidenza e con sintesi il senso dello spirito pedagogico greco. La pedagogia si sviluppa come la teorizzazione di quel processo rivolto ad EDUCARE, ISTRUIRE, FORMARE i soggetti, individualmente e socialmente intesi. Socrate pone sotto analisi il soggetto come attore e destinatario della crescita, interiore, dinamica, regolata dalla maturazione di sé, dall’universalizzazione/oggettivazione di cui ognuno è possessore. A Socrate interessa a conoscenza. L’educazione socratica vuole rendere l’uomo libero di decidere da solo per divenire responsabile della propria vita. Socrate si serve dell’IRONIA (conduce l’uomo alla conoscenza mancata o smarcata), l’APORIA che valorizza quell’incertezza derivante dall’eguale validità di due ragionamenti contrari, la DIALETTICA in quanto discussione che spinge gli interlocutori nella situazione da verificare, la MAIEUTICA che attraverso domande formulate abilmente dal maestro fa partorire nel discente il pensiero costruttivo e la scoperta creativa. Platone accede all’eredità socratica e guida il dibattito con le grandi forze educative proprie del suo tempo e della sua tradizione, cioè la sofistica, la retorica, lo Stato e la legislazione, la poesia, la musica, etc. Platone restituisce un eccezionale modello di paideia nel tentativo di risolvere il problema dell’educazione umana. La politica non si limita a coordinare le attività esterne, diventa PLASMATRICE DELL’ANIMA. La pedagogia platonica non si esaurisce nella trasmissione di conoscenze attraverso l’insegnamento, ma mira ad ALLONTANARE L’UOMO DAL MONDO APPARENTE E DALLE OPINIONI MUTEVOLI PER CONDURLO ALL’AUTENTICITA’ DELLA CONOSCENZA. - Percorsi di lettura → Con la cultura greca la pedagogia si sviluppa come la teorizzazione di quel processo rivolto ad educare, istruire e formare i soggetti, individualmente e socialmente intesi. Socrate e Platone inaugurano una stagione rinnovata che concepisce la Paideia: LA FORMAZIO DELL’UOMO che giunge fino a noi. Cos’è la paideia (WERNER JAEGER) La storia comincia con l’affacciarsi dei Greci, essa oltrepassa i limiti del proprio popolo. Con l’Ellade, dobbiamo aver presente il senso speciale nel quale usiamo in questo caso il concetto di storia per storia intendiamo anche l’immagine relativa a mondi estranei, meravigliosi e misteriosi. Solo in questa sorta di storia è data una comprensione che precede dal di dentro, un contatto creativo fra il Sé e l’altro. La formazione dell’uomo greco, la paideia, nella sua peculiarità e nel suo sviluppo storico inconfondibile, non è un complesso di idee astratte, ma è la storia della stessa Grecia nella concreta realtà delle esperiene vissute. Nella forma della paideia, della cultura, i Greci trasmisero in eredità agli altri popoli dell’antichità l’insieme della propria creazione spirituale. 13- L’identità filosofica della pedagogia La pedagogia è divenuta parte integrante dell’universo culturale dei saperi, razionali e scientifici, seguendo le scansioni ideologiche e metodologiche che hanno attraversato la loro organizzazione/interpretazione. Dopo il modello socratico-platonico, si assegna alla pedagogia un preciso profilo teorico, collocato fra ETICA e POLITICA, in quanto sapere della formazione di un individuo razionalmente attivo nella società r in essa responsabile e libero. La struttura della pedagogia è SISTEMATICA, ORGANICA e DEDUTTIVA, raccorda temi affrontati, fissa i modelli, determina le coerenze. Il discorso attraverso il quale è stata elaborata la teorizzazione pedagogica è rimasto quello SPECULATIVO. Si sottolinea la stretta simbiosi tra pedagogia e filosofia, l’eccessiva dipendenza del pedagogico dal filosofico, come se il primo fosse una questione interna del secondo. - Percorsi di lettura → Dall’antichità greca fino alla prima metà del XX secolo il tipo di discorso attraverso il quale è stata elaborata la teorizzazione pedagogica è rimasto quello speculativo. La filosofia ha rappresentato una sorta di IMPRINTING che ha caratterizzato la prima identità del congegno pedagogico. La filosofia può occuparsi del problema dell’educazione e applicarsi alla pedagogia, a tal punto che questa, secondo GIOVANNI GENTILE può essere considerata come una scienza filosofica. La pedagogia come filosofia (GIOVANNI GENTILE) L’uomo è la stessa realtà universale considerata nella sua attualità, per cui è SOGGETTO. Ogni altra realtà nella quale sembra di vedere il soggetto, è una forma astratta, non corrispondente alla realtà attuale. In questa filosofia il problema dell’essere non ha quella generalità che sembra che la filosofia generale si articoli in alcune filosofie speciali e non ha neanche quella particolarità. La filosofia non considera una legge astratta della realtà, ma la realtà stessa nella sua assoluta certezza. Né la particolarità perché qui l’essere non è concepito come concretamente differente dal dover essere, i due termini sono unificati. Questa filosofia non ammette né integrazioni né specificazioni. Se il reale è uno, il suo concetto è per forza uno. Ogni disciplina, pur essendo astratta, è VERA. In questo senso puramente critico la filosofia, è capace di svolgimento o di applicazione al problema pedagogico. La filosofia si trova sempre al suo interno il problema dell’educazione. 14- la svolta scientifica Nella ricerca contemporanea il modello di sistema è entrato in crisi, si è rivelato inadeguato a fronteggiare i saperi in riorganizzazione costante: il relativismo della cultura contemporanea ha guardato a modelli più flessibili e più aperti come quello della complessità. Nella seconda metà del ‘900 il nesso pedagogia-filosofia è stato sottoposto ad un’analisi critica. Si realizzata una ricognizione attenta sulla specificità della pedagogia, sono entrati modelli teorici più dinamici, sofisticati e complessi. A partire dalla seconda metà del ‘900, con l’avvento della lunga stagione del cognitivismo e dello strutturalismo, con la crescita delle scienze dell’educazione e il loro collocarsi sempre di più al posto della pedagogia, il percorso educativo ha subito una radicale rivoluzione che si è compiuta attraverso il passaggio DALLA PEDAGOGIA ALLE SCIENZE DELL’EDUCAZIONE. Tale passaggio ha contribuito a decostruire la pedagogia, convertendola in quelle scienze empiriche. Le scienze dell’educazione hanno occupato un ruolo nevralgico nel campo di quei saperi educativi, che sono chiamati ad attingere a queste fonti e a ruotare attorno a queste strutture poiché danno apporti cruciali per la definizione di formazione, ma anche dell’educazione e dell’istruzione. Dentro la pedagogia il pluralismo metodologico anima quella comunità di ricerca che nel confronto tra i punti di vista trova il proprio strumento-guida. - Percorsi di lettura → Dalla seconda metà del XX secolo interviene il passaggio alle scienze dell’educazione: psicologia, sociologia, antropologia, etc. l’educazione è una spirale senza fine e un circolo che include in sé la scienza. Secondo John Dewey l’educazione deve uscire dal suo ambito strettamente filosofico e utilizzare il ricco materiale che le scienze particolari possono fornirle. La scienza dell’educazione (JOHN DEWEY) L’EDUCAZIONE COME SCIENZA: la parola scienza ha un vasto campo di applica. Dobbiamo intendere l’idea di scienza con una certa elasticità. Dobbiamo porre l’accento sui metodi di trattare il soggetto rispetto a ricercare le caratteristiche obiettive uniformi del soggetto stesso. Scienza: esistenza di metodi sistematici di ricerca, i quali, quando sono applicati ad un contesto di fatti, ci consentono di meglio comprendersi e dominarli. Esiste una tecnica intellettuale in virtù della quale la scoperta o l’organizzazione del materiale procedono cumulativamente. Il successo dell’insegnamento e nella guida morale degli allievi spesso non è direttamente proporzionale alla conoscenza dei principi dell’educazione. bisogna adottare metodi che ci consentono di adottare metodi che ci consentono di effettuare un’analisi di quanto il maestro attua intuitivamente. 16- la centralità della formazione oggi Educazione: insieme di quelle azioni individuali e sociali che favoriscono lo sviluppo fisico, intellettuale e morale della persona umana, verso l’autocoscienza e il dominio di sé. Il termine educare ha molti sinonimi: educare, crescere, insegnare. L’educazione assume un carattere sociale, guarda alla conformazione del soggetto, costruisce modelli formali. La storia dell’educazione è costellata da figure significative che hanno DANIELA SARSINI 18- La pedagogia come sapere teorico-pratico, plurale e complesso La pedagogia generale costituisce un corpo disciplinare che si occupa delle teorie e delle pratiche dell’educazione. Ha come oggetto di riflessione LE INTERPRETAZIONI relative alle questioni educative dello SVILUPPO UMANO. Il termine “pedagogia” deriva da PAIS bambino e AGON guidare, e indicava, nell’antica Grecia classica, la guida o la conduzione del fanciullo (l’educazione). Il pedagogo era colui che esercitava l’attività educativa. La pedagogia si caratterizza come un sapere sull’educazione, sia TEORICO che PRATICO, orientato non solo all’azione ma anche alla sua verifica critica e a una progettazione rigorosa per assicurare ai soggetti in educazione uno sviluppo connesso ai criteri pedagogici, cioè LIBERTA’, EMANCIPAZIONE e AUTONOMIA. La riflessione teorica costituisce un momento fondamentale, ha la funzione di guida e di riorganizzazione razionale delle pratiche educative. Il sapere pedagogico ha allargato le sue frontiere interne. A partire dagli anni ottanta la pedagogia si è strutturata come un SAPERE COMPLESSO, PLURALE, UNITARIO. COMPLESSO: rifiuta di ridurre la molteplicità, all’univoco e al banale. PLURALE: aperto a più metodologie investigative sia in ordine alle azioni che alle teorizzazioni. UNITARIO: ricolloca dentro un quadro generale l’aspetto della formazione. La formazione è posta al centro di ogni azione educativa sia rispetto al soggetto, come acquisizione della sua forma autentica, sia in relazione al rapporto dinamico che l’individuo stabilisce con la società. È la categoria della formazione che è lo strumento più in grado di attraversare la prospettiva pedagogica. La pedagogia sociale, la filosofia dell’educazione, la pedagogia della famiglia, del lavoro e delle organizzazioni, l’educazione degli adulti, la pedagogia dell’infanzia, della marginalità e della devianza costituiscono specializzazioni interne alla pedagogia generale. La pedagogia rappresenta il BARICENTRO, il PUNTO DI SVOLTA CRITICO con cui interpretare il pluralismo dei settori specialistici. La pedagogia generale appare come un sapere in crisi. La pedagogia è una scienza COMPLESSA e DIALETTICA. Gli ambiti di interesse della pedagogia sono complessi perché ruotano attorno al nesso individuo-società-cultura- natura e hanno a che fare con una molteplicità di soggetti connotati da profonde diversità che hanno bisogno di essere riconosciute. - Percorsi di lettura → la pedagogia generale è un sapere TEORICO – PRATCICO sui processi educativi relativi alla scuola e all’extra scuola. La sua identità svolge un ruolo di coordinamento critico/riflessivo nei confronti dei saperi dell’educazione. Le categorie di base della pedagogia (MERIELISA MUZI) La distinzione fra oggettivo e soggettivo è stata interpretata come antitesi tra una conoscenza razionale, assoluta, necessaria, universale e una pseudo conoscenza, arbitraria, privata, variabile. Il sapere pedagogico sarebbe OGGETTIVO poiché è indipendente dall’intervento di un soggetto storico, adeguerebbe la realtà oggettiva delle cose. La verità di qualcosa concerne il mondo umano in generale e l’educazione in particolare coincide sempre con l’affermazione. Il dualismo soggettivo-oggettivo accusa macroscopici segni della propria referenzialità e appartenenza ai modelli rigidi di una soggettività e oggettività inconciliabili. L’osservazione non è mai neutrale, né concettualmente né axiologicamente. Non è possibile trascurare la realtà macroscopica della pregnanza di senso soggettivo l’osservazione è un processo attivo, viene interpretato ciò che si osserva. 19- la pedagogia sociale La pedagogia generale e sociale sono due volti della stessa medaglia, due dimensioni che costituiscono le problematiche formative ed educative. L’attenzione sociale è sempre stata presente nella pedagogia sia nell’ambito dell’elaborazione riflessiva sia in quello della progettazione operativa. Nel secondo dopo guerra la pedagogia italiana ha assunto sempre di più una curvatura sociale in linea con le trasformazioni economiche e con le elaborazioni politico – ideologiche. La particolarità della pedagogia sociale consiste nella sua capacità di calibrare gli interventi educativi sulle fisionomie locali e territoriali in modo da saldare le istanze formative. La formazione deve essere realmente emancipativa per i soggetti e per le comunità. La pedagogia sociale non è indipendente ma si integra con la pedagogia generale. La pedagogia generale costituisce il supporto, il punto di riferimento di ogni indagine sociale per impedirne una lettura riduttiva sia per quanto riguarda le metodologie da utilizzare sia che la pedagogia generale declini in rapporto a oggetti e a obiettivi specifici di ricerca. La pedagogia sociale è un settore della pedagogia generale e la sua specificità è legata al fatto che PRIVILEGIA UNA LOGICA SISTEMICA E COMPLESSA, PIUTTOSTO CHE SETTORIALE NEL MODO CON CUI AFFRONTA I PROBLEMI. Esempio: se si occupa di problemi legati alla scuola, li collega alla realtà più vasta della comunità sociale. La pedagogia sociale è rivolta a individuare le domande emergenti e i bisogni dimenticati di una società in rapida trasformazione. Il compito della pedagogia sociale è costruire un SISTEMA FORMATIVO INTEGRATO, frutto dell’alleanza fra scuola, agenzie non formali e sistema informale. Inoltre la pedagogia sociale sviluppa un approccio empirico all’educazione e alla formazione, la quale riformula il nesso inscindibile teoria/prassi in cui i saperi che provengono dall’esperienza dei soggetti e dalla risoluzione dei problemi concreti vengono privilegiati e integrati con le conoscenze disciplinari. La pedagogia sociale ha contribuito e contribuisce tutt’ora elaborare questa progettualità educativa fondata sulla produzione di saperi che sono in grado di riflettere in modo critico sulle istanze emergenti nei differenti ambiti socio-culturali. - Percorsi d lettura → la pedagogia sociale costituisce l’interfaccia della pedagogia generale con la quale intrattiene rapporti stretti e continui di confronto epistemologico e metodologico. La pedagogia sociale è attenta alle emergenze sociali che indaga in funzione PARTECIPATIVA e TRASFORMATIVA. Pedagogia sociale: un progetto possibile (RAFFAELE LAPORTA) Non si può pensare ad un contesto educativo al di fuori di un contesto sociale. La pedagogia sociale è chiamata ad attrezzare ogni individuo, rendendolo funzionale al contesto sociale. La pedagogia sociale esiste soltanto attraverso l’insieme dei problemi da cui sono nate le diverse forme di educazione delle quali si è dato un incompleto catalogo. Si può configurare come lo studio scientifico delle nuove forme assunte dal fatto educativo. Il metodo della psicologia sociale è tutt’altro che facile, essa mantiene il suo carattere teorico. Si vuol cercare l’unificazione fra pedagogia generale e sociale. La pedagogia sociale appare tuttavia come un’esigenza. Il fatto che la si vada teorizzando episodicamente da qualche decennio sta a significare che tutti gli elementi di un suo disegno teorico non sono ancora stati individuati. Si necessitano ancora esperienze di riflessione. 20- L’educazione degli adulti Pedagogia e formazione in età adulta → Le problematiche relative all’educazione degli adulti si situano nello spazio della vita collettiva in quanto si riferiscono al tessuto relazionale che lega l’individuo alla collettività sia dal punto di vista educativo che lavorativo e dei vissuti quotidiani e riguardano i tre principali sistemi educativi: formale, non formale e informale. Coglie il tema/problema dell’educazione permanente e affronta problemi inerenti i processi formativi. Per vivere nella società attuale è necessario promuovere la crescita culturale dei soggetti attraverso l’acquisizione di poteri trasversali e strategici che consentono di essere tutti cittadini attivi nella società in cui vivono. La riflessione attorno ai saperi necessari all’apprendimento si incardina sul concetto di democrazia e su un’idea educativa come formazione ricca e integrale dei soggetti. Il sapere non è solo uno strumento di emancipazione che connota la specificità umana, ma è anche una risorsa in sé e una condizione inalienabile per la crescita democratica. L’educazione degli adulti valorizza le forme di apprendimento che si basano sull’esperienza professionale e biografica dei singoli, considerati come soggettività irriducibili e come costruttori di significati, trasformando la logica della formazione come addestramento funzionale al lavoro in processo dinamico. Il nuovo concetto di formazione non solo riguarda l’aumento delle risorse per accedere ai percorsi istruttivi che si svolgono sia a livello formale che non formale, ma più che altro i dispositivi che mettono il singolo in condizione di costruire percorsi significativi per sé e per gli altri per arricchire le proprie capacità di conoscenza e di apprendimento. Educazione degli adulti e apprendimento permanente → Il paradigma dell’apprendimento permanente (LONG LIFE LEARNING) costituisce il concetto cardine che l’educazione degli adulti ha elaborato a partire dagli anni 90 e riguarda la possibilità di apprendimento nel corso della vita, in tutte le età, nei diversi contesti e per una pluralità di soggetti nella convinzione che l’apprendere è l’attività dell’essere umano. Sono stati elaborati una serie di modelli formativi. Il primo di questi modelli, è legato a una condizione certa e sequenziale del rapporto scuola-lavoro, dove il ciclo di vita è scandito in maniera rigorosa tra il periodo giovanile (alfabetizzazione scolastica) e il periodo adulto (lavoro). La formazione in età adulta non è ancora diffusa a livello sociale perché ha un valore di tipo aggiuntivo e viene considerata, da parte delle aziende, come uno strumento per aumentare il dominio sulla forza lavoro e per la riproduzione sociale. Dopo gli anni ’70 questa formazione in età adulta, da attività temporale si fa elemento costitutivo dello sviluppo organizzativo. Le opportunità formative si fanno più numerose. Si passa al secondo modello che negli anni novanta sarà definito IL MODELLO DELLA QUALITA’ TOTALE E DELL’APPRENDIMENTO, auspicato dagli organismi internazionali. Nel terzo modello, l’economia non è più basata sul sistema di fabbrica ma sui servizi e sul capitale immateriale dove le prestazioni richieste sono quelle legate alla capacità di gestire le conoscenze, i contenuti simbolici e le relazioni fra soggetti. L’ultima strategia formativa si differenzia perché guarda all’educazione permanente in riferimento a tutte le realtà educative fatte dai soggetti adulti, non solo quelle a carattere lavorativo ma anche quelle familiari, di studio … si tratta di un paradigma che si lega da un lato alle tendenze della società come società ad iniziativa diffusa che ha come modello produttivo l’economia della conoscenza (elaborazione ad ogni livello occupazionale di nuove conoscenze), dall’altra si lega alla categoria pedagogica della CURA SUI come I circoli di studio sono una modalità di offerta formativa diffusa a livello internazionale. È un’attività auto formativa fondata sull’espressione della domanda di apprendimento dei partecipanti, riuniti in piccoli gruppi. Il circolo di studio è differente da un seminario o un gruppo di studio. Un gruppo di studio è caratterizzato dalla pratica del metodo e delle tecniche del lavoro di gruppo. Il lavoro di gruppo è parte di altro tipo di attività formativa, mentre il circolo di studio, oltre che per i metodi, è caratterizzato per essere il BENE EDUCATIVO fornito da un servizio. Il circolo di studio è una misura astratta, può essere utilizzato per tutti i tipi di contenuti. Esso offre ai partecipanti la possibilità di formarsi attraverso l’inclusione in una rete di apprendimento. Il circolo di studio fornisce ad un ampio numero di cittadini la possibilità di apprendere attraverso reti di apprendimento la cui qualità risponde ad alcuni standard educativi predefiniti. Attraverso il circolo di studio si può estendere il numero di perone che può avvalersi di reti di apprendimento. Si hanno vari livelli. Il livello MICRO riguarda la distribuzione dei poteri nella specifica attività educativa per risalire poi al livello della programmazione e della progettazione ed analizzare in che misura gli individui possono comporre i loro percorsi formativi. Il potere di decisione in educazione rinvia al ruolo che il soggetto assume nella determinazione del processo formativo da intraprendere. Si deve avere potere di controllo e il potere di risposta. Il potere di scelta, di controllo e di risposta, uniti insieme qualificano le condizioni di libertà nell’educazione. il potere di decisione sta alla base dell’apprendimento auto diretto. 21- la filosofia dell’educazione Un settore cardine della pedagogia generale → La filosofia dell’educazione è un settore della pedagogia generale, ma con una particolarità perché essa ha una funzione di RIFLESSIVITA’ critica e di orientamento regolativo attorno al discorso pedagogico, ovvero attorno ai metodi e gli obiettivi utilizzati, svolgendo un ruolo indispensabile nella pedagogia stessa. La filosofia dell’educazione si pone in un’ottica di riflessività più radicale, METARIFLESSIVA, essa non lascia spazio a riflessioni ulteriori, mantenendo viva la vocazione formativa che costituisce il senso e la struttura fondativa della pedagogia. Nei confronti del discorso pedagogico, questa disciplina svolge una funzione ANTIDOGMATICA e REGOLATIVA. La filosofia dell’educazione, pur stando all’interno dei saperi dell’educazione se ne distacca, assumendo un ruolo di coordinamento critico e interdisciplinare nei confronti delle prospettive che provengono dalle scienze umane. La filosofia dell’educazione si pone come il baricentro della pedagogia poiché ne salvaguarda la complessità tensionale e dialettica anche nel confronto con gli altri saperi delle scienze dell’educazione. la filosofia dell’educazione assume un ruolo particolare verso i saperi dell’educazione, ne fa parte ma sta anche per conto suo, i colloca in una posizione più defilata rispetto alle altre specializzazioni pedagogiche. La filosofia dell’educazione ha con la pedagogia generale un rapporto PRIMARIO E SECONDARIO. - Primario → svolge un’azione triplice verso i vari specialismi pedagogici, li accompagna con la riflessività, li analizza nella loro coerenza interna, infine li guida e li coordina verso la complessità, l’apertura dialettica, la vocazione educativo/formativo. - Secondario → non rappresenta tutta la pedagogia ma un suo settore specifico, la riflessività critica. La filosofia dell’educazione non ha più quel ruolo che l’assimilava alla pedagogia, ma agisce in modo direzionale, costantemente in itinere. Già nella Grecia antica, la nascita della paideia rappresenta questo passaggio della filosofia dell’educazione al piano teoretico. La filosofia dell’educazione resta al centro della riflessione pedagogica ponendosi come animatrice consapevole e critica. Ambiti della filosofia dell’educazione → la filosofia dell’educazione si pone il compito di riflettere sul sapere e sull’agire pedagogico per contrassegnare il rigore metodologico, l’identità, la logica e lo fa con la RICERCA EPISTEMOLOGICA. Lo stemma del sapere pedagogico si delinea attorno alla logica della complessità, si nutre di una pluralità di linguaggi, si costruisce introno ad un ampio ventaglio metodologico che si formalizza nella dialettica teoria-prassi-teoria. L’epistemologia contemporanea ha restituito un’identità complessa e articolata della pedagogia. Il secondo grande fronte di riflessività della filosofia dell’educazione è l’ASSIOLOGIA, relativa alla trattazione dei VALORI fondanti le regole dell’agire e del pensare, valori che la pedagogia sceglie come principi vincolanti e imprescindibili per l’elaborazione e la messa in atto della sua categoria, LA FORMAZIONE. La centralità della dimensione assiologica è determinata dal fatto che la pedagogia, non solo deve mantenere il controllo sugli obiettivi e le finalità educative, ma deve anche ricollocare il proprio senso di marcia entro le specificità storiche e temporali. I valori guida che animano la pedagogia oggi sono L’EMAANCIPAZIONE, LA LIBERTA’, L’UGUAGLIANAZA, L’INTEGRALITA’, IL DIALOGO, LA RESPONSABILITA’ E LA COMUNITA’. Questi sono i valori della pedagogia perché sono i valori della formazione dell’individuo nel suo costituirsi come soggetto unico e irripetibile • L’emancipazione è il passaggio dalla dipendenza all’autonomia che illumina e struttura tutti i saperi dell’educazione, regola ogni rapporto educativo, orientato a rendere autonomi e liberi i soggetti. L’emancipazione è CULTURALE, CONOSCITIVA, AFFETTIVA E RELAZIONALE. • Va garantita una formazione integrale che sviluppa e potenzia tutti gli aspetti della personalità umana e tutte le forme di conoscenza attraverso una relazione di scambio dialogico. • Il dialogo è la categoria reggente della tradizione pedagogica perché regola tutte le relazioni educative e agisce nella formazione per governare con razionalità argomentativa tutte le tensioni e le incomprensioni della comunicazione. • L’ontologia e il saggismo sono rivolti a mettere in luce la struttura complessa della pedagogia che va mantenuta, costantemente interpretata, sia rispetto alla prassi, sia sul piano teorico. Il piano ontologico si lega da una parte a quello assiologico e dall’altra al versante saggistico. - Percorsi di lettura → La filosofia dell’educazione è il settore più importante e centrale della pedagogia, svolge una funzione di RIFLESSIVITA’ più generale e comprensiva che orienta la pedagogia in senso unitario, pur mantenendone aperte le dinamiche plurali e complesse. La filosofia dell’educazione, oggi (FRANCO CAMBI) La filosofia dell’educazione ha subito un doppio processo: di RIDUZIONE e di SPECIALIZZAZIONE. Da ambito generale e primario della pedagogia, è passata ad essere un ambito particolare che si delinea come secondario, in quanto connesso a una disposizione di riflessività più radicale e anche di meta riflessività che riguarda tutta la pedagogia. Nel contempo, la filosofia dell’educazione si è specializzata, delineandosi come una frontiera specifica, necessaria e costante, contrassegnata da quella vocazione razionale e radicale. Il volto della filosofia si è disposto sui fronti del rigore, dei valori, dei problemi e ha dato vita a 3-4 momenti della filosofia dell’educazione → L’EPISTEMOLOGIA, L’AXIOLOGIA, IL SAGGISMO E L’ONTOLOGIA. La filosofia dell’educazione ha il compito di essere il DECANTATORE DELL’IDENTITA’ di un discorso e il REGOLATORE INTERNO DELLE SUE ARTICOLAZIONI. Gli ambiti della filosofia dell’educazione (FRANCO CAMBI) La filosofia dell’educazione deve presentare il sapere in oggetto nei suoi caratteri più generali, nella sua funzione culturale e nelle sue articolazioni interne. Essa esprime la tensione critica e riflessiva. Vi sono vari problemi ricorrenti. Essi sono sempre presenti in pedagogia, sono di base e devono essere sottoposti a discussione. Ci sono anche dei problemi emergenti. Questi problemi sono i cosiddetti temi/problemi che proprio il presente impone a una presa di posizione critico – riflessiva. La filosofia dell’educazione è la frontiera del sapere pedagogico che continua a collaborare con la filosofia, accogliendola come stile cognitivo, come metodo e modello. 22- Pedagogia della famiglia Tra le specificazioni della pedagogia generale si colloca la pedagogia della famiglia che ha l’intento di approfondire un settore di ricerca rispetto a un contesto di vita e quindi si definisce sia come ambito preciso di studio sia come intervento qualificato su quella rete di relazioni affettive, cognitive e sociali. L rapporto che intercorre fra tali specializzazioni e la pedagogia generale, non è né di subordinazione né di totale autonomia, ma di INTERSCAMBIO, di arricchimento reciproco. La pedagogia della famiglia offre a quella generale il terreno osservativo e la circolazione delle esperienze. La pedagogia generale alimenta di intenzionalità formativa/educativa le azioni operative. Si distingue anche fra educazione familiare e pedagogia della famiglia. • Educazione familiare → Indica tutti gli interventi messi in atto per contrastare i disagi che possono nascere nelle relazioni familiari ma anche per migliorarle e per favorire una maggior consapevolezza del ruolo genitoriale. • Pedagogia della famiglia → Costituisce la riflessione teorica e di ricerca sugli interventi realizzati sul campo. Le relazioni affettive e le costruzioni identitarie che si sviluppano nell’ambito familiare hanno fatto sì che la famiglia diventasse oggetto di riflessione educativa e di ricerche socio – culturali. La famiglia patriarcale del passato, fondata sull’autorità paterna e sulla trasmissione delle norme sociali, si è dissolta a partire dal ’68 che ne ha messo in discussione i valori, la naturalità del ruolo della donna, la centralità del padre, la struttura piramidale e sostanzialmente repressiva. La famiglia non è un’entità naturale, ma un’ISTITUZIONE SOCIO-CULTURALE che si evolve nelle forme e nelle funzioni in rapporto ai mutamenti economici, sociali e culturali. La famiglia di oggi non è solo radicalmente cambiata, ma profondamente differenziata al suo interno, dove le dinamiche fra genitori e figli ruotano attorno alla dimensione affettiva, amicale e della fratellanza. Oggi si rende necessaria un’educazione familiare per apprendere quei comportamenti di aiuto e di sostegno reciproco che non sono acquisiti naturalmente ma che vanno coltivati, guidati, educati, attraverso un percorso riflessivo e autoregolativo sostenuto da quei valori della comunicazione dialogica e della costruzione condivisa che sono i cardini della pedagogia. La problematicità della famiglia attuale è determinata anche dall’isolamento e dalla solitudine nella quale i genitori si trovano a vivere l’esperienza genitoriale e dalla difficoltà di mantenere in vita la famiglia, riuscendo a coniugare i bisogni di realizzazione personale con le esigenze comuni. L’educazione familiare si definisce come un laboratorio di crescita insieme, dove si sperimentano i problemi e si leggono nella complessità delle loro dinamiche. • L’esplorazione: spinge il bambino a conoscere la realtà attraverso l’osservazione. • Il movimento: ogni tipologia di gioco coinvolge sempre la totalità del corpo del bambino. • L’autonomia: tutti i giochi richiedono al bambino l’esercizio delle proprie potenzialità cognitive per imparare a fare da sé e a risolvere le situazioni problematiche. • La fantasia: consente di modificare e reinventare la realtà. • La comunicazione: il gioco è il contesto in cui il bambino impara a perfezionare il proprio linguaggio, verbale e non verbale. La scuola deve articolare dialetticamente i vissuti ludici dell’infanzia e i saperi di cui la scuola stessa è sede di costruzione ed elaborazione critica. Nella ludicità vediamo due dimensioni: DIMENSIONE COGNITIVO- IMMGINATIVA e EMOTIVA-AFFETTIVA. Di grande valore formativo appaiono i giochi liberi o guidati che favoriscono ‘esplorazione dell’ambiente e consentono al bambino di occupare lo spazio con il movimento. Il bambino sviluppa il proprio schema corporeo. Importante inoltre è la comprensione di due concetti: lo spazio persona e lo spazio comune. Lo spazio personale → è lo spazio che il bambino occupa da solo quando è in posizione stabile ed equilibrata. Spazio comune → è quello che il bambino condivide con gli altri e con gli oggetti presenti nell’ambiente quando si muove. Prima si sviluppa il gioco percettivo e successivamente quello simbolico. Il gioco simbolico si conosce anche come gioco del far finta in cui il bambino cerca di mettere in scena situazioni irreali. Nel gioco del far finta il bambino compie azioni irreali in un contesto irreale, fingendo che siano vere (dare il latte alla bambola con il biberon vuoto). Gioca come se il bambino riproducesse episodi di vita quotidiana attribuendo loro finalità diverse da quelle reali. Lo scopo è quello di creare azioni. Ed è così che la scopo diventa una moto, il bracciolo di una poltrona diventa un cavallo. 24- Pedagogia della scuola Nella sua tradizione, la pedagogia si è sempre occupata della scuola, intesa come fulcro del suo campo di studi e di ricerche, perché è attraverso la scuola e gli insegnamenti disciplinari che gli allievi apprendono il patrimonio culturale elaborato nel corso dei secoli. Tramite la scuola si educano le nuove generazioni secondo modelli e verso finalità intenzionalmente progettate. La pedagogia costituisce un punto di vista peculiare e imprescindibile per comprendere le direzioni verso le quali si muovono gli interventi realizzati nella scuola. La pedagogia, al tempo stesso, è in grado di far emergere le problematiche. La pedagogia è in grado di esplicitare l’intenzionalità educativa presente nella prassi scolastica. Intorno agli anni ’70 la pedagoga ha ripensato la propria identità rimettendola in discussione criticamente in rapporto agli eventi che hanno segnato la società italiana. La riflessione pedagogica ha messo in evidenza tre tipologie intenzionali che caratterizzano l’agire educativo e riguardano i concetti di EDUCARE, ISTRUIRE E FORMARE. Educare: ha una valenza più conformativa, più direttiva, è gestito dall’adulto ed indica trarre fuori, nutrimento e quindi guida e sostegno. L’educazione è un concetto ambiguo e complesso perché contiene in sé sia l’azione conformatrice, sia la dedizione e la partecipazione verso l’altro. L’educazione ha effetti a breve e a lungo termine perché riguarda l’acquisizione di modi di essere e di comportarsi che si riferiscono all’immediato ma che possono diventare anche delle abitudini che si protraggono nel tempo. Istruzione: è un concetto legato a quello di insegnamento/apprendimento come acquisizione di competenze conoscitive e di abilità definite all’interno di un percorso curricolare e relative a saperi specifici. Ha un andamento temporale legato alla programmazione/progettazione didattica La pedagogia ha messo in risalto come questo rapporto tra insegnamento e apprendimento sia complesso e problematico tale da non poterlo considerare né diretto né automatico, influenzato da molte dinamiche che vanno dallo stato emozionale a quello socio-culturale. La pedagogia ha voluto richiamare anche il ruolo centrale che occupa la COMUNICAZIONE nel determinare il successo scolastico in quanto tutti gli insegnati passano attraverso la comunicazione VERBALE e ANALOGICA. La comunicazione deve essere pedagogicamente pensata e orientata. La pedagogia ha individuato nel binomio scuola di massa e scuola di qualità la sfida dell’istruzione per il terzo millennio. Quale è la prospettiva pedagogica che garantisce una scuola di qualità e un tempo di massa? Prima di tutto quella scuola che progetta percorsi di apprendimento individualizzati, attenti alle peculiarità degli allievi che ne valorizza le differenze negli stili cognitivi, nei tempi di apprendimento, nelle espressioni linguistiche e culturali. In seguito quella scuola che garantisce sia l’UGUAGLIANZA DELLE OPPORTUNITA’ EDUCATIVE che il SUCCESSO FORMATIVO. In terzo luogo, quella scuola che non semplifica o riduce l’insegnamento disciplinare a sapere dogmatico, ma lo interconnette tra i diversi domini conoscitivi. Formazione: ha un’identità specifica rispetto all’educare e all’istruire in quanto è più COMPRENSIVA E COMPLESSA. Comprensiva perché in essa ci sono una serie di processi relativi alla crescita biologica, fisiologica e psicologica del soggetto che comporta trasformazioni nel piano cognitivo, metacognitivo e relazionale. La formazione si struttura in forma mobile e dinamica ma al tempo stesso unitaria poiché riguarda quell’individuo, quel soggetto, unico e irripetibile. La formazione si specifica anche in relazione alle situazioni contingenti di età, di luoghi, di contesti sociali e culturali. La formazione oscilla fra processi di condizionamento e possibilità di sviluppo. La scuola dovrebbe promuovere progetti scolastici in funzione di ogni singolo alunno, fortemente personalizzati e orientati alla coltivazione di sé nel senso di stima e rispetto per sé stessi. La formazione sollecita la scuola a impegnarsi in favore degli alunni che hanno maggiori disagi esistenziali e sociali nell’organizzazione degli spazi didattici capaci di promuovere comportamenti socialmente e democraticamente condivisi. Si parla di cittadinanza democratica la quale si esercita come cittadinanza cognitiva ovvero come capacità di comprendere, di indagare e di criticare la realtà contemporanea, creando condizioni affinché tutti possano accedere al sapere. - Percorsi di lettura → la scuola è stata da sempre il settore privilegiato della ricerca e dell’intervento operativo pedagogico perché qui si mette in atto un’educazione intenzionata. Il brano seguente indica nel rapporto fra autonomia e curricolo il modello di scuola del terzo millennio, per orientare il rinnovamento e per mantenere saldo il connubio scuola di massa e di qualità nei confronti delle sfide epocali della globalizzazione e della società complessa. La rivoluzione curricolare nella scuola dell’autonomia: una potenzialità da promuovere e da governare (FRANCO CAMBI) In tutto il corso del novecento si è arrivati a fissare un’identità di base della nuova scuola. Questo è stato fatto attraverso tre elementi: autonomia come regola, curriculum come strumento-chiave del lavoro scolastico, il POF come progetto formativo globale. Si tratta di un’autonomia non formale, ma sostanziale. Il curriculum rovescia la logica dei programmi, lega la cultura a situazioni e a progetti, salda istruzione e formazione, nasce intorno a degli obiettivi. Il lavoro scolastico si apre alla partecipazione attiva dei docenti che elaborano il progetto curricolare ad un’elaborazione continua. ISTRUZIONE E FORMAZIONE SU CONNETTONO RECIPROCAMENTE. Si apre un nuovo modello di scuola, che fa leva sull’impegno/responsabilità dei docenti. Per quanto riguarda il POF, esso realizza una formazione extracurricolare ma integrata al curriculum. Il curriculum va progettato, pensato e ripensato. Il curriculum è un modello da pensare e attivare nel luogo, è una strategia, un processo di intervento in campo disciplinare, transdisciplinare e didattico. Il curriculum SI FA, NON E’. La progettazione deve seguire alcuni criteri. Chi progetta? I progettatori sono gli insegnanti nutriti di pedagogia e capaci di fare lavoro formativo, teorico e pratico. Gli insegnanti hanno bisogno di una formazione a tre marce → DISCIPLINARE, PROGETTUALE/FORMATIVFA, DIDATTICO-RELAZIONALE. Sta anche alla scuola creare le condizioni per un lavoro di progettazione curricolare efficace, con seminari, corsi di studio per docenti … negli insegnanti va coltivata una cultura curricolare che è COMPETENZ NEL MANEGGIARE IL CURRICOLO. Il curricolo dal punto di vista pedagogico è capace di legare apprendimento e formazione, in modo dialettico. Dal punto di vista psicopedagogico perché è capace di leggere i rapporti interpersonali in classe e oltre la classe. Dal punto di vista didattico, il curricolo è capace di progettare corsi di studi efficaci sia sul piano teorico sia su quello paratico. Dal punto di vista formativo significa che è rivolto a dare una forma. La cultura curricolare è un impegno specifico e qualificante della scuola dell’autonomia. Nella nostr scuola bisogna attivare una mentalità nuova e nutrirla di una cultura professionale nuova, fissare la struttura e i compiti. 25- pedagogia di genere I movimenti femministi, iniziati già nell’ottocento in una prospettiva di lotta e di ricerca per l’emancipazione della donna e del suo riscatto sociale, hanno auto ampia diffusione a partire dal 1967, scardinando in modo radicale i fondamenti ideologico-culturali sui quali si è strutturata la società occidentale. Le donne hanno preso consapevolezza del doppio sfruttamento operato nei loro confronti, cioè nella vita quotidiana, nel mercato, nel lavoro e su quello del linguaggio, della psicologia che ha occultato per secoli la categoria femminile e quindi del dualismo del genere, in favore del predominio maschile. Alla donna si è negato il ruolo centrale nella società. La frontiera del femminismo ha sviluppato un lavoro teorico vasto e originale, di livello internazionale che ha coinvolto tutti i campi del sapere, dalla filosofia alla psicanalisi, dalla letteratura alla sociologia, dalla psicologia alla pedagogia, attorno all’orizzonte del gender come ricerca di una soggettività sessuata a salvaguardia di una diversità che si fa paradigma necessario per un’esistenza al femminile nella sfera politica, sociale, giuridica … la sfida del femminismo era quella volta a scardinare i pregiudizi sessisti sui quali si fonda la società e che guardano al modello maschile come un’entità universale e superiore. Il concetto di differenza si rende pensabile e dicibile a partire dai luoghi dove si origina ovvero nel DUALISMO DI GENERE, dove solo la donna può rompere il velo della rimozione, riconoscendosi come DIFFERENZA. Solo così è stato possibile da parte delle donne rivendicare un universo simbolico/culturale, originale e positivo, che ridefinisce in modo nuovo la stessa costruzione dell’identità, strutturata sulla differenza fondamentale fra UOMO E DONNA. Tale tensione emerge con forza dal confronto fra il tradizionale ideale di cultura, al centro del sistema di educazione e formazione, e le nuove forme della cultura di massa sempre più orientate ad alimentare, nutrire l’immaginario collettivo. Negli anni 60 la categoria della formazione prende sempre più corpo e autonomia come “critica dell’educazione”, come spietato esame dei limiti e delle possibilità del processo educativo, ma anche come una precisa intenzionalità formativa orientata a interpretare, decostruire e depotenziare il discorso dell’educazione., conferendo maggiore autonomia e libertà ai discorsi e alle narrazioni relativi alla vita del soggetto. Si arriva a definire una formazione avente un’intenzionalità, una processualità e sue finalità specifiche, articolandosi a più livelli, secondo dispositivi riconducibili alla cura di sé, alla coltivazione dell’io e alla dimensione dell’autenticità sempre più nutrita di creatività, immaginazione. Verranno analizzate una serie di nozioni pedagogiche, nel periodo compreso tra gli anni 50 e 60 come AUTORITA’, LIBERTA’, UTOPIA, CULTURA, SOGGETTO e CURA DI SÉ. 27- l’EDUCAZIONE E L’ANTINOMIA LIBERTA’-AUTORITA’ L’educazione si è sempre manifestata come una relazione ASIMMETRICA, all’interno della quale si sono collocate diverse figure, dal maestro nei confronti del discente, a colui che sa rispetto a colui che ignora, fino all’adulto nei riguardi del bambino. È un rapporto di autorità che si è espresso in molti modi: autorità del padre, del maestro, dell’esaminatore, dell’istituzione. Si tratta di un principio di autorità educativo che poggia e si sostiene su un vincolo fra il forte e il debole, all’interno appunto di una relazione asimmetrica che entrambi i soggetti della relazione contribuiscono a produrre. L’AUTORITA’ EDUCATIVA è una RELAZIONE. L’autorità è attiva nel dar forma a relazioni sociali, nella vita privata come nella sfera pubblica, in quella familiare come in quella sociale. Il rapporto educativo ha sempre richiesto la presenza di due momenti fondamentali nell’atteggiamento psicologico dell’oggetto dell’autorità: una determinata misura di libertà e soggezione e subordinazione della propria volontà a quella dell’altro. Nel rapporto educativo, la libertà e l’illibertà sono simultaneamente presenti. Esse non stanno l’una accanto all’altra, ma si pongono in un rapporto di fondazione, la libertà è la condizione dell’illibertà. L’educazione classica si ispira al modello di paideia. Gli studi liberali mirano a liberare l’individuo da un triplice obbligo. Per primo dall’obbligo sociale di conquistare la propria vita, poi dall’obbligo familiare, visto che l’educazione scolastica trasmette valori razionali che la famiglia non conosce. Ed infine, dall’obbligo interiore dei pregiudizi e delle passioni che impediscono all’individuo di essere sé stesso. Il maestro diventa il rappresentante dei modelli educativi, ed è da essi che ottiene la sua autorità: • Autorità e rispetto: ha la competenza per insegnarli • Autorità di arbitro: mantenere la disciplina, valutare e correggere. L’insegnante deve punire qualsiasi sbaglio, dall’errore di ortografia all’errore morale. Le nuove pedagogie non rifiutano qualsiasi forma di autorità, vedono nel maestro la persona risorsa che va in aiuto agli alunni e fornisce loro le spiegazioni che chiedono. Si tratta di un’autorità funzionale. Non bisogna fornire nessuna soluzione chiara e coerente alla questione dei contenuti dell’insegnamento. O non si affronta il problema, lasciando agli allievi la scelta di quello che vogliono esprimere, oppure si ritiene che nonostante tutto gli allievi debbano acquisire l’essenziale di questi contenuti. Grazie a Freud sappiamo che i fenomeni connessi all’autorità/obbedienza si costruiscono attraverso complessi meccanismi di costrizione interiorizzata da coloro che la subiscono e che subiscono grazie al loro consenso. - Percorsi di lettura → educazione: asimmetrica, VERTICALE, si è fatta sempre più operativa, tecnicizzata, segnata da violenza all’interno della quale si sono collocate differenti figure. L’antinomia autorità/libertà è sempre risultata ineliminabile. Si inizia a definire che la maturità è una maschera. L’intera vita è un continuo di nascere a se stessi, un processo che ci porterà a una nascita piena quando moriremo. Il mito dell’adulto (GEORGES LAPASSADE) La maturità è una maschera. Gli adulti aiutano il soggetto a non ritornare al di là di quel confine che lo separano dall’infanzia. In ogni momento il soggetto deve apparire un adulto. Negli incontri egli deve nascondere i tentennamenti che verrebbero considerati segni inaccettabili di immaturità. La prima cosa che l’uomo deve preoccuparsi è di non perdere la faccia, la faccia di adulto. Le qualità che fanno dell’uomo un adulto sono: la padronanza di sé stessi, la capacità di tener fede agli impegni, di essere responsabile, di fare il proprio mestiere, di trasmettere la vita. per l’adulto si tratta di un mondo fisso, i mestieri sono stabili, le tecniche si trasmettono senza grandi cambiamenti da una generazione all’altra. La psicanalisi ha compiuto un ruolo molto importante. Essa scopre nell’alienazione, un desiderio di compiutezza che può essere fonte di sofferenza. Freud ha distrutto il mito dell’adulto. La cultura prende il posto della natura. Il pensiero trova nel saggio la sua espressione più vera. È giunto il momento di arrivare a vivere la nostra incompiutezza. L’uomo è incompiuto nel suo essere. Questa incompiutezza riguarda anche il nostro sapere. 28- LA CRIICA DELL’AUTORITA’ E I MOVIMENTI DI PROTESTA: TRA FAMIGLIA, SCUOLA, SOCIETA’ Il movimento di contestazione studentesca del sessantotto, trovò nell’antiautoritarismo uno dei suoi fili conduttori, estendendo la sua critica/rifiuto a tutte quelle istituzioni fondate, su di un principio di autorità. In quella protesta veniva a immettersi l’eredità culturale della Scuola di Francoforte, facente capo all’istituto per le ricerche sociali. Il tema dell’autorità e l’indagine riguardo i meccanismi psicologici che motivano l’individuo nella sua disponibilità all’obbedienza sono al centro di molte opere. Si parla infatti di famiglia autoritaria. Essa è la tipica famiglia che riproduce ruoli già definiti. Essa reprime, forma personalità conformistiche e inclini all’autoritarismo o all’obbedienza passiva, educa all’ipocrisia. Nell’analisi di Marcuse, la famiglia costituisce l’agenzia psicologica dell’autoritarismo presente nel sistema sociale dominante. Gli antipsichiatri inglesi, lavorando in particolare sulla schizofrenia, trovano nei rapporti patologici che legano tra di loro i membri della famiglia, vista come MICROSISTEMA DI RELAZIONI, le cui figure chiave, il Padre-padrone e la madre schizofrenogena, contribuiscono a produrre al tempo stesso, normalità e follia. La famiglia, secondo David Cooper è il luogo della morte del dubbio e della morte del corpo. In quegli anni, il rifiuto della famiglia si accompagna ad un’apertura di spazi, di occasioni di formazione e di figure di riferimento che non sono necessariamente le figure genitoriali. Bisogna dare uno sguardo alle comunità beat o hippie. Sono comunità di giovani che si riuniscono e vivono insieme per realizzare esperienze relazionali sociali e interpersonali, sessuali e politiche., comunità più libera. Accanto alla famiglia, sono autoritarie anche la magistratura, la polizia, la chiesa, gli ospedali e i manicomi. - Percorsi di lettura → negli anni sessanta sono state fatte numerose critiche nei confronti delle autorità, verso le istituzioni fondate su un principio di autorità come Stato, esercito, chiesa, ospedale. Cooper attacca a fondo la famiglia come un luogo dove si manifesta una condizione di disagio da cui non si esce se non con la pazzia o con la rivolta. Ritiene che le strutture alienanti della famiglia vengono riprodotte dappertutto: ufficio, scuola, chiesa, esercito … La morte della famiglia (DAVID COOPER) Il nucleo familiare borgese è diventato in questo secolo l’estrema negazione del lutto. L’infrastruttura della famiglia blocca ogni incontro fra gli individui. Il potere della famiglia risiede nella sua funzione di mediazione sociale. Consolida il potere affettivo della classe dirigente in qualsiasi tipo di società basata sullo sfruttamento. Il modello familiare viene ripetuto nelle strutture sociali della fabbrica, dei sindacati, della scuola. Ciascuno di noi trasferisce parte della propria esperienza della famiglia originaria nella famiglia di procreazione e nell’ambito del lavoro. La famiglia rende anonimi gli individui che lavorano o vivono insieme in una qualsiasi struttura istituzionale. Dobbiamo capire pienamente ed essere consapevoli della morte della famiglia, quel sistema che, come suo dovere sociale, filtra la maggior parte della nostra esperienza e toglie alle nostre azioni ogni spontaneità. I fattori che agiscono all’interno della famiglia sono: - Stare raggruppati insieme: basato sul senso di incompletezza del singolo individuo. L’unico modo in cui gli individui, attaccati gli uni agli altri nella famiglia e nelle istituzioni sociali, possono staccarsi è con il calore dell’amore. - La famiglia stabilisce ruoli: essa non pone le condizioni per far sì che ciascun membro assuma la libera identità. La famiglia immette nel figlio ad esempio molti controlli sociali anche se egli non ne ha realmente bisogno La prima cosa che viene insegnata ad un bambino è come sottomettersi alla società. 29 – LA SCUOLA TRA AUTORITARISMO, DEMOCRAZIA, EMANCIPAZIONE Negli anni 50 e 60 si maturò una forte critica nei confronti delle strutture. Nelle università in particolare, la rivoluzione pedagogica volle proporre un modello educativo e di formazione fondato su determinati elementi: PARTECIPAZIONE, COOPERAZIONE, AUTOGESTIONE, CREATIVITA’ E AUTONOMIA, all’interno di una trasformazione in senso democratico dei luoghi dell’educazione e del sapere a causa soprattutto di un legame fra SCUOLA e SOCIETA’. Era presente, tuttavia, il processo di democratizzazione della scuola e delle università: la critica dell’autoritarismo ha sottolineato come le questioni pedagogiche hanno una dimensione politica. Attorno all’idea politica di democratizzazione dell’educazione, ruotano molti significati, anche ambigui: • C’è chi la traduce con dare più libertà, maggiori libertà ai discenti. • C’è chi invece tende a dare un significato diverso, come ad esempio dare rendere gli individui UGUALI di fronte all’insegnamento. Dare le stesse possibilità, o meglio, dare maggiori possibilità a coloro che partono svantaggiati. ➢ Per i primi l’insegnamento può anche non essere uguali per tutti, dato che la pedagogia la pedagogia può confermare le differenze, scissioni fra più e meno dotati. ➢ Per i secondi l’insegnamento può restare autoritario, ma NESSUNO DEVE ESSERE SVANTAGGIATO. JOHN DEWEY aveva dimostrato che una società è realmente democratica solo se la scuola forma dei VERI democratici. Una pedagogia autoritaria rischia di creare individui sottomessi, ribelli. Una società democratica non è votata ad un SOLO valore, ma a diversi valori. Il ruolo di uno stato democratico è di Questa tensione verso ciò che non si è ancora reca in sé una profonda critica dell’educazione, intesa come modello istituzionalizzato e conformante che anticipa la possibilità del nostro divenire persone. L’utopia presenta la capacità di agire in modo fertile sul fronte ultimo della formazione, dilatandone i confini. L’utopia pedagogica viene ad equilibrarsi sulla fluidità, sulla asistematicità del processo formativo individuale, viene a svolgere una funzione cruciale all’interno del soggetto umano. L’utopia sembra recare in sé un altrove che ha, come condizione di esistenza, l’attività immaginante come tale. L’utopia fa emergere uno scarto, una differenza, una sfasatura tra il piano dell’educazione e quello della formazione. L’utopia è espressione della sfera simbolica del pensiero, trionfa sulla naturale inerzia dell’uomo, gli conferisce la possibilità sempre aperta di riformare continuamente il suo universo. All’interno di tale dimensione la BIDUNG può ricevere, all’interno della formazione una sua riaccensione pedagogica, orientata verso il futuro piuttosto che verso l’assimilazione di valori e contenuti di una paideia predeterminata e sedimentata, concepita come compito da realizzare. - Percorsi di lettura → l’utopia reca in sé un’istanza pedagogica, in quanto trasformazione del soggetto, della società e dello stato. Tale istanza utopica si esplica come critica del presente, è in grado di aprire spazi di trasformazione dell’esistente, proiettandoci in luoghi, tempi e scenari nuovi. Nel brano seguente, l’autore assume nei confronti del pensiero pedagogico un atteggiamento nuovo. Da un lato riconosce che gli utopisti sono un gruppo di individui scarsamente concreti, dall’altro sottolinea che il loro proiettarsi verso situazioni nuove ha una valenza positiva. Il pensiero utopico assume un atteggiamento critico nei confronti di tale società e tende ad elaborare una nuova direttiva, per un’azione trasformatrice della realtà. Una mentalità utopica (KARL MANNHEIM) Una mentalità si dice utopica quando è in contraddizione con la realtà. Questo concetto è evidente quando un atteggiamento si orienta verso oggetti che non esistono nella situazione reale. Utopia: quel tipo di orientamento che trascende la realtà e spezza i legami dell’ordine esistente. Affermando tale definizione si crea una distinzione tra gli stati della mente utopici e ideologici. Uno può orientarsi verso oggetti che sono estranei alla realtà e che trascendono l’esistenza attuale. In ogni periodo della storia vi sono state idee trascendenti l’ordine esistente, ma esse non assolvevano la funzione di utopie: costituivano le ideologie più adeguate del periodo. In quanto l’uomo è una creatura vivente in un mondo storico e sociale, la realtà che lo circonda non è mai una realtà in sé, ma è sempre una concreta forma storica di esistenza sociale. L’esistenza è data da ciò che è concretamente effettivo, da un ordine sociale in atto, che non esiste solo nell’immaginazione, ma suggerisce reali modelli di comportamento. Esiste una serie di possibili tipi di mentalità ideologica: 1. Mentalità bene intenzionata: Il soggetto cosciente è trattenuto dal divenire consapevole dell’incongruenza delle sue idee con la realtà da un intero ordine di principi implicito nel suo pensiero storicamente e socialmente determinato. 2. Mentalità ipocrita: essa ha la possibilità di scoprire la contraddizione fra le sue idee e la sua attività concreta, ma la tiene nascosta per determinati motivi di vita. 3. Mentalità ideologica: fondata sull’inganno consapevole, l’ideologica deve essere determinata come menzogna deliberata. Ciò che in un caso appare utopico o ideologico dipende dallo stato e dalle condizioni della realtà. I rappresentanti di una determinata situazione indicheranno come utopiche tutte le concezioni della realtà che, dal proprio punto di vista, non potranno mai venire attuate. Il termine moderno di utopia intende un’idea che è irrealizzabile in via di principio. Il concetto di utopia si sforza di prendere coscienza del carattere dinamico della realtà. In quanto non assume come punto di partenza l’esistenza come tale, ma quel reale socialmente e storicamente determinato che è in continuo processo di trasformazione. La realtà presente dà origine alle utopie, che ne rompono i confini per lasciarla libera di svilupparsi nella direzione dell’ordine successivo. 31 – IL SOGGETTO FRA CRISI E PROGETTIUALITA’ Il tema relativo alla formazione della soggettività è da sempre al centro della pedagogia. La pedagogia ha guardato all’uomo nella sua dimensione di totalità, d’interezza, di unità dell’io, ma al tempo stesso ne ha colto gli elementi di costane processualità, di continua elaborazione, in quanto soggetto IN FORMAZIONE, sia nella sua complessità strutturale sia nel suo dinamismo, secondo una prospettiva di trasformazione/sviluppo/costruzione di sé. La pedagogia inoltre, appare segnata da un compito, da una funzione, da una vocazione naturalmente orientata a PROMUOVERE LA LIBERTA’, IL PIENO SVILUPPO E L’EMANCIPAZIONE DEL SOGGETTO STESSO. La pedagogia, in quanto scienza ha subito i contraccolpi di quella che è stata definita la CRISI DEL SOGGETTO MODERNO, UN SOGGETTO RAZIONALISTA, AUTOFONDATO, UNITARIO, DOMINATORE DELLA NATURA CAPACE DI AUTOCONTROLLO E DOMINIO DI SÉ E DELLE PROPRIE PASSIONI. Sono state alcune scienze umane a incrinare il miro del soggetto. In particolare la psicanalisi con Freud che ci ha consegnato un’immagine dell’IO strutturalmente attraversato e pervaso dall’inconscio. Ma non solo, anche la linguistica, l’antropologia, l’economia politica, etc. esse hanno indebolito la centralità del soggetto, evidenziando il primato e la priorità di istanze quali il linguaggio, le strutture dell’organizzazione sociale, il mercato e la produzione. Questa crisi epocale si protrarrà fino alla cosiddetta MORTE DELL’UOMO, teorizzata da FOUCAULT. Egli intendeva dare vita ad un ripensamento del soggetto umano, che ne analizzasse in modo problematico l’identità, lo statuto, la sua stessa funzione sociale, mettendo in evidenza tutti i limiti di un’idea di soggetto come COSCIENZA PURA e rilanciando l’idea della soggettività umana come qualcosa in costante COSTRUZIONE – RI-COSTRUZIONE → un soggetto caratterizzato da fragilità, debolezze e regressioni. Non è un uomo padrone di sé stesso. Con Foucault la critica del soggetto e dell’identità si coniuga alla riflessione sul POTERE. Il DISCORSO è per Foucault il luogo dell’articolazione produttiva di potere e sapere. soggetto, follia, sessualità si rivelano fra le costruzioni discorsive più potenti. La nascita del soggetto coincide con la comparsa di un preciso di scorso sull’uomo, quello delle scienze umane. Il processo di soggettivazione caratteristico dell’epoca moderna è visto da Foucault come un’estensione, tecnica principale di potere, una forma di potere che è rivolta all’immediata vita quotidiana che categorizza l’individuo, lo segna della sua individualità, lo fissa alla sua identità. Foucault si concentra sui modi attraverso i quali gli esseri umani vengono resi soggetti-: oltre al ruolo fondamentale delle scienze che parlano dell’uomo, si rivelano determinanti quelle che Foucault chiama PRATICHE DI DIVISIONE → CREANO IL SOGGETTO ATTRAVERSO L’ATTO DI SEPARARLO DA UNA SERIE DI “ALTRI”. Un esempio è l’istituzione della FOLLIA. Il potere – discorso ha bisogno della figura del folle come antagonista a cui contrapporre il potere della razionalità nascente, per meglio dire, alla anormalità del folle. Prima la follia era considerata qualcosa di prodigioso, ma con la nascita dell’età moderna essi vengono medicalizzati, la follia diventa una malattia da curare. - Percorsi di lettura → Foucault ci ha messo in luce la crisi del soggetto. Come afferma nel brano seguente, il sé non è un concetto strutturale, ma piuttosto uno strumento euristico. L’accesso alla verità non è da intendersi come accesso alla conoscenza, ma cammino di preparazione che l’individuo deve compiere per potersi costruire come soggetto. La centralità univoca della conoscenza, dei contenuti e delle metodologie è figlia dell’età moderna. Le tecnologie del sé (MICHEL FOUCAULT) Quando Foucault studiò le proibizioni e i doveri riguardanti la sessualità, non si preoccupava solamente di individuare quali fossero gli atti consentiti e quelli proibiti, ma di indagare anche quali fossero i sentimenti, i pensieri, i desideri in gioco … Esiste infatti una differenza molto significativa fra i divieti che riguardano la sessualità e quelli che colpiscono altre sfere del comportamento umano. I primi sono connessi all’obbligo di dire verità su sé stessi. Inoltre il comportamento sessuale è stato sottoposto a rigide regole di segretezza, di decenza e di pudore. La sessualità si connette allo stesso tempo alla proibizione della parola e dell0obbligo di dire la verità. Il tentativo di Foucault era quello di studiare non l’evoluzione del comportamento sessuale, bensì la storia del legame fra OBBLIGO DI DIRE LA VERITA’ E LE PROIBIZIONI CHE COLPISCONO LA SESSUALITA’. Arrivò a comprendere che il cuore del problema era L’ERMENEUTCA DELLE TECNOLOGIE DEL SÉ. Si tratta di pratiche assai poco conosciute, creando molti ostacoli alla ricerca. L’ ermeneutica del sé non ha mai trovato sistemazione in un corpo dottrinale come è avvenuto per l’ermeneutica dei testi. È stata confusa, tuttavia, con le tecnologie dell’anima. La sua diffusione nella cultura occidentale ha seguito canali molto numerosi. Possiamo considerare 4 tipi fondamentali di tecnologia: 1. Tecnologie della produzione → trasformare gli oggetti 2. Tecnologie dei sistemi di segni → ci consentono di far uso di significati, simboli. 3. Tecnologie del potere → regolano la condotta degli individui e li assoggettano a determinati scopi o domini esterni, dando luogo ad oggettivazione del soggetto. 4. Tecnologie del sé → permettono all’individuo di eseguire con i mezzi propri un certo numero di operazioni sul proprio corpo e sulla propria anima (pensieri, modi di essere, comportamento). Raggiungere uno stato di felicità e purezza. Ciascuno di questi quattro tipi sono associati ciascuno a una particolare forma di dominio e implicano specifici metodi di educazione: non solo come acquisizione di nuove capacità, ma anche lo sviluppo di determinati atteggiamenti. Governamentalità: espressione con cui si designa l’interdipendenza tra le tecnologie del dominio sugli altri e le tecnologie del sé. 32 – SOGGETTO, EROS E POLITICA NEGLI ANNI DELLA CONTESTAZIONE Gli anni sessanta segnano un momento di passaggio cruciale non solo in seguito alla crisi, ma anche come possibile risposta, come tentativo di rimettere radicalmente in gioco la nozione di soggetto che fino ad allora era un soggetto strutturato sulla coscienza e che fa appello alla volontà cosciente e razionale, a un progetto cosciente che discute e si confronta con tutti gli altri soggetti. Emergeva l’esigenza di un soggetto nuovo. La rivoluzione politica doveva accompagnarsi a una profonda trasformazione di sé, erano necessarie le esperienze totali, chiamate esperienze-limite da Foucault. Più che al rapporto con i partiti, si doveva pensare ad un lavoro culturale, fatto nel sociale, su sé stessi. DI ESPRESSIONE DIRETTA DELLA PROPRIA VOCE all’interno della comunità socio-politica. Si ricerca una democrazia diretta, partecipata, dove tutti abbiamo diritto di parola. Durante gli anni 60 si assiste ad una proliferazione di slogan, di nuovi linguaggi e stili espressivi. Si diffondono gerghi, codici linguistici che si presentano come il frutto di una consapevole ricerca espressiva. Assistiamo ad una ricerca di nuovi linguaggi e forme espressive che vengono a situarsi in aperta polemica e rifiuto della lingua dei padri. Si ricerca una liberazione dei linguaggi del corpo, dell’eros e della sessualità, ma ad esso si accompagna la volontà di riconfigurare i propri percorsi formativi. La musica e i testi delle canzoni, relativi alla tradizione folk statunitense, contribuiscono alla genesi di un idioma giovanile incentrato sull’oralità delle canzoni di protesta. Il caso di Bob Dylan è emblematico. Lui è molto abile nella manipolazione del linguaggio quotidiano, è capace di cogliere il senso della materialità della lingua, attraverso l’uso di riferimenti letterari, politici, culturali entro una sorta di realismo onirico scandito da allitterazioni, scioglilingua. La liberazione del corpo significa esibizione orgogliosa e fiera di esso, nella sua nudità, simbolo di recupero di una purezza e autenticità La presa della parola da parte di un’intera generazione ha assunto il significato di un rifiuto, di una contestazione e protesta nei confronti di un complesso di istituzioni che fino ad allora aveva esercitato una funzione di potere e di autorità anche sulla mancanza della parola. La conquista della parola significa esperienza diretta della democrazia, la necessità di un pensiero critico, la rivendicazione dell’autonomia e dell’autogestione. Si tratta di un’esperienza trasformatrice ed emancipatrice. - Percorsi di lettura → anni 60: RICERCA DI NUOVI LINGUAGGI. La musica assume un ruolo molto importante sia come veicolo di protesta politico-sociale e come mezzo di esplorazione ludico- immaginativa. Bob Dylan è un cantautore e chitarrista statunitense. È stato ed è tutt’ora uno scrittore, poeta, pittore e attore. La maggior parte delle canzoni conosciute risale agli anni 60 quando l’artista si è posto come figura-chiave del movimento di protesta americano. I testi delle sue canzoni affrontano temi politici, sociali e filosofici. Si appellano alla controcultura del tempo. 34-CONCLUSIONE: PER UNA FORMAZIONE POSTMODERNA La categoria della formazione è la categoria maggiormente capace di evidenziare la crescente individualizzazione dei processi educativi, sottolineando il fatto che il soggetto umano è sempre più chiamato a farsi carico del proprio divenire educativo/formativo, a essere l’attore del proprio farsi persona, ad assumersi l’impegno e la responsabilità del proprio percorso formativo, modificando continuamente la tela del proprio sé, della propria identità. Tutto ciò avviene all’interno di uno spazio pedagogico sempre più incerto, aperto a molteplici strade e sentieri formativi, ma al tempo stesso più libero e più fragile, meno prevedibile e progettabile. Al cuore della formazione oggi troviamo un incessante divenire che appare essere anche il riflesso di una dimensione comunicativa globale contrassegnata dall’istantaneità comunicativa, dalla velocità dell’informazione, dal superamento dei limiti spazio-temporali, da una dimensione di storicità sempre più appiattita. Nasce un’antinomia tra la nozione di forma e quella di processo per cui risulta assai difficile determinare e fissare la processualità del formarsi in un modello di forma tradizionalmente inteso, erede del paradigma della BILDUNG. I contenuti, i metodi, gli strumenti del processo formativo non possono e non devono essere rigidamente fissati, ma diversificati secondo un’ottica di pluralismo e interdisciplinarietà applicabile sia ai contenuti curricolari. La formazione oggi va declinata secondo un principio di INCOMPIUTEZZA che si esplichi secondo un’ottica sincronica e diacronica. Sincronicità: si colloca in uno spazio sempre più connotato in senso “trans pedagogico”, NON VINCOLATO AI LUOGHI DELLA SCUOLA O DELLA FAMIGLIA, ma dilatato ORIZZONTALMENTE APERTO AD UNA MOLTEPLICITA’ DI LUOGHI che proiettano il soggetto in un reticolo di relazioni. Diventa sempre più impegnativo per lo stesso soggetto umano pensarsi in termini di formazione e sviluppo dovendo costantemente mettere insieme esperienze del proprio incessante divenire, cercando di dare un senso al proprio sviluppo di persona. Il principio di incompiutezza mette e ha messo profondamente in crisi il tradizionale concetto di educazione a cui si assegnava la funzione di preparare gli individui ancora non compiuti. Ad entrare in crisi è il mito dell’adulto, non è più possibile dire che la maturità è tutto. La categoria della formazione è estremamente sensibile ai temi della diversità, della differenza, della contingenza senza perdere di vista un’istanza più generale del formarsi che deve declinarsi entro una dialettica critica fra particolare/generale, individuo/comunità. La categoria della formazione sembra esplicarsi in base a un decorso temporale, segnato da scarti, rotture e avanzamenti. Siamo ben lontani da una temporalità lineare ed evolutiva. Si parla di DISCONTINUITA’. IL SOGGETTO UMANO IN FORMAZIONE è sempre più chiamato a farsi carico del proprio divenire educativo/formativo, a essere l’attore del proprio farsi persona ed assumersi la responsabilità del proprio percorso formativo.