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riassunto primi capitoli libro in ascolto dei senza voce, Appunti di Filosofia

sintesi dei primi due capitoli

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 09/11/2023

maria-rita-licciardi-1
maria-rita-licciardi-1 🇮🇹

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Anteprima parziale del testo

Scarica riassunto primi capitoli libro in ascolto dei senza voce e più Appunti in PDF di Filosofia solo su Docsity! Priimo capitolo Il testo esplora il tema del "terribile amore" per la violenza, evidenziando come sia sia causa ed effetto di una forma mentale e di un modo di agire. Questo "amore" per la violenza cerca costantemente giustificazioni e legittimazioni. La violenza viene accettata come giusta a causa di spiegazioni e narrazioni che la presentano come l'unica opzione relazionale e di vita. La violenza esclude la debolezza, la vulnerabilità e si sforza di convincere le vittime della loro colpevolezza e della necessità di punizione. Si afferma che la violenza è presente in molteplici contesti interpersonali e che i violenti cercano di persuadere, educare e impartire una morale alle vittime per giustificare le loro azioni. Questa "zona di coabitazione" tra retorica educativa e violenza legittima la violenza in modo subdolo. Il testo menziona anche una favola classica, "Il lupo e l'agnello," che viene analizzata per mostrare come il lupo tenti di giustificare la sua violenza con argomentazioni insensate. Tuttavia, l'agnello usa l'arguzia per smascherare il lupo e dimostrare la sua brutalità. Il testo sottolinea l'importanza di imparare linguaggi verbali e non verbali di innocenza, non nocività, arguzia, umorismo e ironia come strumenti per affrontare la violenza. Si sottolinea anche che la violenza è autolesionista e che le vittime che si ribellano possono mettere in difficoltà il violento. Infine, si discute della differenza tra argomentazioni persuasive e convincenti e si suggerisce che il lupo non sia interessato a formulare argomentazioni convincenti. Il testo discute la figura del lupo nella favola come un simbolo di prepotenza e violenza. Si suggerisce che il lupo nella favola cerca di ottenere due indebiti "patenti": una di "ragionevolezza" per giustificare la sua retorica persuasiva fallimentare e una di "giustizia" per giustificare la sua prepotenza assassina. Tuttavia, il testo sottolinea che, nonostante sembri che il lupo possa ottenere queste patenti a causa dell'assenza di ostacoli nel testo, la "evidenza strutturale" del testo svela la ridicolaggine delle motivazioni del lupo, rendendolo ridicolo agli occhi dei lettori. Il testo afferma che l'umorismo, specialmente in questi casi, è formativo e smascherante. Esso rivela che la violenza e la sopraffazione violano anche le regole che impongono a se stesse e alle proprie vittime. La favola presenta due premesse: la violenza e la sopraffazione come premessa "orizzonte" e la volontà del lupo di accusare l'agnello ingiustamente come premessa operativa. L'accusa del lupo è falsa e ridicola, ma attraverso di essa, il lupo si dà una duplice investitura di messo del tribunale e pubblico ministero. L'accusa funge da "invito" coercitivo e crea una simulata "aula forense" da lupo. Il lupo passa dalla violenza verbale alla violenza fisica, infrangendo le regole relazionali forensi e instaurando una modalità relazionale assassina. Il testo suggerisce che lo smascheramento della retorica del lupo nella favola è una forma di persuasione alternativa rispetto a quella degli oppressori. Questo smascheramento offre una possibilità umana per l'oppresso di resistere e non cedere alla violenza e alla prepotenza, anche se ciò significa perdere la propria vita. Il testo conclude che la vittima che resiste e non cede alla violenza può svelare le menzogne del carnefice, diffondere un messaggio di libertà per gli altri e mettere alla berlina il carnefice. Il testo discute la figura del lupo nella favola come un simbolo di prepotenza e violenza. Si suggerisce che il lupo nella favola cerca di ottenere due indebiti "patenti": una di "ragionevolezza" per giustificare la sua retorica persuasiva fallimentare e una di "giustizia" per giustificare la sua prepotenza assassina. Tuttavia, il testo sottolinea che, nonostante sembri che il lupo possa ottenere queste patenti a causa dell'assenza di ostacoli nel testo, la "evidenza strutturale" del testo svela la ridicolaggine delle motivazioni del lupo, rendendolo ridicolo agli occhi dei lettori. Il testo afferma che l'umorismo, specialmente in questi casi, è formativo e smascherante. Esso rivela che la violenza e la sopraffazione violano anche le regole che impongono a se stesse e alle proprie vittime. La favola presenta due premesse: la violenza e la sopraffazione come premessa "orizzonte" e la volontà del lupo di accusare l'agnello ingiustamente come premessa operativa. L'accusa del lupo è falsa e ridicola, ma attraverso di essa, il lupo si dà una duplice investitura di messo del tribunale e pubblico ministero. L'accusa funge da "invito" coercitivo e crea una simulata "aula forense" da lupo. Il lupo passa dalla violenza verbale alla violenza fisica, infrangendo le regole relazionali forensi e instaurando una modalità relazionale assassina. Il testo suggerisce che lo smascheramento della retorica del lupo nella favola è una forma di persuasione alternativa rispetto a quella degli oppressori. Questo smascheramento offre una possibilità umana per l'oppresso di resistere e non cedere alla violenza e alla prepotenza, anche se ciò significa perdere la propria vita. Il testo conclude che la vittima che resiste e non cede alla violenza può svelare le menzogne del carnefice, diffondere un messaggio di libertà per gli altri e mettere alla berlina il carnefice. Il testo esplora il significato formativo di smascherare la retorica del lupo nella favola. Questo significa non solo resistere al sopruso immediato ma anche sfidare la visione e la concezione antropologica alla base dell'oppressione. Inoltre, si sottolinea della loro identità all'atto di valutare e formare gli individui, contribuendo così a definire la situazione di chi è sotto esame. Il testo sottolinea che chi ha emesso un giudizio negativo ha contribuito a realizzarlo, e le conseguenze di queste definizioni sminuenti possono essere tragiche. Queste etichettature influenzano l'individuo, confermando le aspettative degli educatori e portando spesso a ulteriori giudizi negativi. Chi è oggetto di una "sentenza educativa" ha poche possibilità di appellarsi a un'autorità superiore, e spesso si trova intrappolato in un circolo vizioso in cui il rifiuto del giudizio lo conferma ancora di più agli occhi degli educatori. Questo processo ha un impatto devastante sull'individuo e può portare a danni permanenti. Il testo sottolinea la responsabilità degli educatori nel non perpetuare etichette limitanti e ingiuste. Gli educatori devono incoraggiare gli individui a sviluppare la capacità di valutare e interpretare se stessi e gli altri, resistendo alle etichettature dannose. L'autoriflessione e l'auto-osservazione sono importanti per infrangere le catene etichettanti e sfuggire alla trappola dell'etichettatura negativa. L'autore evidenzia che gli educatori possono cadere nella trappola di concentrarsi sulle azioni e il comportamento altrui, trascurando l'auto-osservazione e l'auto- critica. Questa mancanza di auto-esame può contribuire alla violenza e all'oppressione, inibendo l'interazione tra l'auto-esame di ciascuno e quello degli altri. L'autoriflessione dovrebbe focalizzarsi non solo sugli aspetti di contenuto delle esistenze, ma soprattutto sui livelli relazionali in cui si sviluppano e si percepiscono gli eventi. Ogni azione umana è collegata alle altre e ogni persona influenza e viene influenzata dagli altri, creando una circolarità imprevedibile. Il brano discute l'importanza della dimensione relazionale nella vita e sottolinea che la sensibilità alle relazioni è fondamentale sia per chi giudica che per chi è giudicato. Riconosce che spesso siamo ciechi rispetto alle nostre premesse e che dobbiamo imparare a metterle in discussione per sviluppare saggezza personale e di gruppo. Si evidenzia anche il fatto che la violenza, quando è usata per sopprimere gli altri, in realtà nuoce al carnefice stess, sopprimendo la sua capacità di auto-osservarsi e auto-criticarsi. La violenza chiama altra violenza, ma chi subisce violenza ha la possibilità di non farsi coinvolgere nelle modalità oppressive e rimanere estraneo a esse. Inoltre, l'uso della forza bruta non permette l'apertura a nuove modalità d'azione e di relazione, mentre la ricerca, l'indagine e la contrattazione con gli altri creano opportunità di sviluppo relazionale. Il brano incoraggia quindi a studiare, formarsi e curare le modalità di interazione, piuttosto che affidarsi alla violenza, poiché quest'ultima limita la crescita e il progresso nella relazionalità. Secondo capitolo Il testo affronta il concetto di violenza e ingiustizia, concentrandosi sulla natura della violenza e della giustificazione che i violenti utilizzano per le loro azioni. Il termine "violentus" ha radice nella parola latina "vis," che significa forza, vigore, possanza, e il suffisso "-ulentus" indica un eccesso. Quindi, la "violentia" consiste nell'uso eccessivo di forza per commettere ingiustizia, spesso mascherandola con giustificazioni e legittimazioni fittizie. Inoltre, il testo esplora come le teorie che giustificano l'oppressione e l'ingiustizia spesso accusino le vittime di essere la causa dei loro stessi soprusi. Queste accuse vengono presentate come "motivi plausibili" ma sono in realtà calunnie e accuse false che alimentano processi di manipolazione persuasiva contro le vittime. Questo porta alla legittimazione dell'espulsione o dell'annientamento delle vittime, che vengono considerate come la fonte stessa della violenza che subiscono. Il concetto di "capro espiatorio" è anche esaminato. Secondo Girard, un capro espiatorio è un fenomeno paradossale in quanto richiede un'ignoranza completa da parte di coloro che lo usano. Le sofferenze causate dalla ricerca e dalla persecuzione di un capro espiatorio sono più gravi quanto meno sono riconosciute. Questo processo inizia con la selezione di una persona da trasformare in capro espiatorio e prosegue in modo invisibile e ignorato. Le persone coinvolte nel processo ignorano le sofferenze inflitte al capro espiatorio, rendendole ancora più gravi. Il testo sottolinea l'importanza di riconoscere e smantellare questo complesso sistema di ingiustizia e giustificazione prima che possa prendere piede. l testo esamina come i carnefici cercino di convincere le vittime a diventare complici della "verità" che le condanna, chiudendo così il cerchio per giustificare la violenza. Questo processo comporta la deumanizzazione delle vittime e la loro autoaccusa. I violenti utilizzano ragioni teoriche e tattiche per giustificare le loro azioni, sostenendo che queste siano pragmatiche e utili per raggiungere i loro scopi. Le vittime, cercando di difendersi, finiscono per diventare parte delle schiere dei carnefici e subiscono un'incessante "fagocitazione" da parte di questi ultimi. Questo processo permette ai carnefici di diffondere premesse relazionali che minano la capacità delle vittime di resistere alla violenza. Le fasi della manovra dei carnefici per arruolare le vittime nelle loro schiere includono: Nella prima fase, le vittime imitano i propri carnefici e praticano la violenza contro altri innocenti capri espiatori, seguendo pedissequamente gli oppressori. Nella seconda fase, le vittime sono manipolate in modo da non aver più bisogno di imitare i carnefici, ma diventano carnefici a pieno titolo, in grado di infliggere violenza autonomamente. Nella terza fase, le vittime passano dall'essere conformi a un maestro esterno a diventare oppressori autonomi, e colpevolizzano coloro che non si lasciano "arruolare". Il testo enfatizza l'importanza della resistenza creativa alla violenza, che implica lo smascheramento della percezione distorta e la creazione di nuove e alternative visioni nelle relazioni, anziché accettare passivamente la concezione del mondo dei carnefici. l testo esamina come i carnefici cercino di convincere le vittime a diventare complici della "verità" che le condanna, chiudendo così il cerchio per giustificare la violenza. Questo processo comporta la deumanizzazione delle vittime e la loro autoaccusa. I violenti utilizzano ragioni teoriche e tattiche per giustificare le loro azioni, sostenendo che queste siano pragmatiche e utili per raggiungere i loro scopi. Le vittime, cercando di difendersi, finiscono per diventare parte delle schiere dei carnefici e subiscono un'incessante "fagocitazione" da parte di questi ultimi. Questo processo permette ai carnefici di diffondere premesse relazionali che minano la capacità delle vittime di resistere alla violenza. Le fasi della manovra dei carnefici per arruolare le vittime nelle loro schiere includono: Nella prima fase, le vittime imitano i propri carnefici e praticano la violenza contro altri innocenti capri espiatori, seguendo pedissequamente gli oppressori. Nella seconda fase, le vittime sono manipolate in modo da non aver più bisogno di imitare i carnefici, ma diventano carnefici a pieno titolo, in grado di infliggere violenza autonomamente. Nella terza fase, le vittime passano dall'essere conformi a un maestro esterno a diventare oppressori autonomi, e colpevolizzano coloro che non si lasciano "arruolare". Il testo enfatizza l'importanza della resistenza creativa alla violenza, che implica lo smascheramento della percezione distorta e la creazione di nuove e alternative visioni nelle relazioni, anziché accettare passivamente la concezione del mondo dei carnefici. Il testo analizza il processo attraverso il quale un individuo diventa carnefice o aggressore, inizialmente sottomettendosi alla violenza altrui e poi imitandola in