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Riassunto Sociologia Generale, Sintesi del corso di Sociologia

riassunto libro "sociologia" - Maurizio Ambrosini, Loredana Sciolla - utile per la materia "sociologia generale", segue la scheda di trasparenza del prof. Ferrante.

Tipologia: Sintesi del corso

2016/2017

Caricato il 14/12/2017

Evergreen98
Evergreen98 🇮🇹

4.3

(13)

5 documenti

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Scarica Riassunto Sociologia Generale e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia solo su Docsity! PARADIGMI SOCIOLOGICI Tra la fine del 19° secolo e gli inizi del 20° due principali “paradigmi” si contendono il campo della sociologia: opposizione tra oggettivismo e soggettivismo sociologico (che rimanda sul piano del metodo) e olismo e individualismo metodologico. Emergono così due contesti diversi: - Emile Durkeim (rivista L’année sociologique) => contesto francese - Max Weber => contesto tedesco “paradigma” = secondo lo storico della scienza Thomas Kuhn, è l’insieme di teorie e metodi che caratterizzano una tradizione di ricerca all’interno della quale esiste un consenso di tutti i membri di una comunità scientifica. “scienza” = secondo lo storico la scienza procede secondo fasi discontinue: nella fase di scienza normale domina un paradigma accettato da tutti, che risolve i problemi e indirizza la ricerca. In una fase successiva emergono delle anomalie che non sono spiegabili all’interno di un paradigma; ciò mette in dubbio metodi e credenze consolidate e apre la strada a un nuovo paradigma. I paradigmi possono dunque essere molti, ma in successione temporale. In sociologia, invece, possiamo trovare più paradigmi contemporaneamente. La sociologia non è infatti una disciplina unitaria, poiché è caratterizzata da pluralità di prospettive, teorie e approcci metodologici. Nel periodo classico sono due i paradigmi che si confrontano e si scontrano: EMILE DURKEIM e l’OGGETTIVISMO SOCIOLOGICO O OLISMO: paradigma dell’azione. Durkeim si distingue nel contesto francese ed è considerato uno dei padri fondatori della sociologia per il suo contributo alla definizione dell’oggetto del metodo della sociologia. “paradigma oggettivista” = il termine oggettivismo è parso utile poiché sintetizza l’approccio di Durkeim allo studio dei fenomeni sociali, nei suoi aspetti teorici e metodologici. Per il paradigma oggettivista i fenomeni sociali hanno un’esistenza propria, indipendentemente da come gli individui li vivono e al senso che gli danno. Durkeim risponde alle domande: • Che tipo di fenomeni sono i fenomeni sociali? • Sono diversi da quelli sulla scienza della natura? • Con quali metodi bisogna studiarli? Durkeim definisce la sua immagine della scienza razionalista: ▲ Bisogna considerare i fatti sociali come “cose”; sono esterni all’individuo e gli si impongono senza che egli ne abbia veramente coscienza. ▲ La società viene prima degli individui; è una realtà sui generis. ▲ Il sociologo si deve porre di fronte ai fenomeni sociali come lo scienziato si pone di fronte quelli della natura. Il suo fine sarà arrivare a spiegazioni che connettono gli effetti sociali osservabili a cause di natura sociale. ▲ La sociologia non può ricorrere alla sperimentazione diretta, quindi ricorre alla comparazione basata sulla modalità con cui si presentano in diversi paesi, periodi e contesti sociali. L’applicazione più coerente di questi principi si trova nella ricerca svolta nel 1897 da Durkeim, Il suicidio, su impostazione oggettivistica e individualistica. Attraverso l’analisi di dati statistici, i tassi di suicidio e di come questi cambino in base a variabili come situazione familiare, politica o religiosa, Durkeim giunge a stabilire concomitanze costanti: es. il suicidio è più elevato tra le persone non sposate, senza figli, e tra i protestanti. L’individuo solo, non legato da vincoli sociali, non trovando quel sostegno che invece trova chi è più integrato, sarà più incline all’autodistruzione. MAX WEBER e il SOGGETTIVISMO SOCIOLOGICO o INDIVIDUALISMO: paradigma causuale. Secondo Weber i fenomeni sociali vanno compresi e spiegati a partire dal significato che le azioni rivestono per l’individuo che le compie; è l’individuo l’unica sede dell’azione e della decisione. L’opposizione di Weber alla sociologia francese è dovuta al diverso contesto intellettuale in cui opera. La tradizione intellettuale francese positivista considera la scienza come un’impresa unitaria a cui contribuisce anche la sociologia, la tradizione intellettuale tedesca è, invece, dualistica e oppone la scienza dello spirito alla scienza della natura. Weber elabora la cosiddetta sociologia comprendente, che propone di comprendere dall’interno l’agire sociale mediante un procedimento interpretativo, basato sullo studio del senso soggettivo che gli attori attribuiscono alle loro azioni. Il ruolo dell’interesse conoscitivo del ricercatore: ▲ Ciò che qualifica un fenomeno non è un quid che oggettivamente lo caratterizza, ma è lo specifico significato culturale che il ricercatore attribuisce a esso, in base al proprio interesse conoscitivo. ▲ La realtà sociale si riferisce a cause ed effetti concreti: le cause sono però molteplici ed il ricercatore non può coglierle tutte, dovrà quindi assumere un punto di vista e selezionare solo alcuni fattori. ▲ L’insieme di questi fattori costituisce un modello concettuale ipotetico che Weber chiama “tipo ideale”. Es: nell’intento di spiegare la nascita del capitalismo propone un modello ideale di “capitalismo occidentale moderno” che si distingue da altre forme di capitalismo. Il concetto tipico-ideale serve a orientare il giudizio di imputazione nel corso della ricerca: esso non è un “ipotesi”, ma intende indicare la direzione dell’elaborazione dell’ipotesi. PRECURSORI DELLA SOCIOLOGIA Tra i precursori, ossia quegli studiosi che hanno aperto la strada alla sociologia scientifica, un ruolo importante ebbe Karl Marx. Precursori in due scuole di pensiero, tra loro diverse ma con in comune l’idea che la scienza della società sia necessaria per conoscere e per agire sull’organizzazione della società stessa. Queste due scuole sono quella positivistica e quella che richiama il pensiero di Marx. Positivismo: è un indirizzo filosofico dominante nell’ottocento, orientato a trattare i problemi filosofici con spirito positivo, attraverso ricerche empiriche e analisi dei fenomeni sulla base di osservazioni accurate. Il pensiero positivista è animato dalla fiducia nel progresso del sapere e nell’evoluzione del genere umano. Tra i maggiori esponenti del positivismo vi sono il francese Auguste Comte e l’inglese Herbert Spencer. ▲ Comte credeva di poter riorganizzare la società su basi scientifiche, era quindi supposta una scienza della società. È stato proprio lui a chiamare questa scienza “sociologia”, non in grado di spiegare le leggi del mondo sociale ma comunque di importante posizione. Comte elabora la legge dei tre stadi secondo la quale il sapere passa attraverso tre fasi: 1) lo stadio teologico che contraddistingue l’epoca medievale in cui il pensiero è guidato dalle idee religiose, le cause della natura vengono cercate in entità sovrannaturali e i fenomeni sociali sono intesi come espressione della volontà di Dio. 2) lo stadio metafisico che va dal Rinascimento all’Illuminismo in cui la spiegazione della natura e della società fa ricorso ai Per rendere conto di come si forma e si consolida il rapporto tra individuo e realtà sociale utilizziamo i concetti di status e ruolo. Status. = posizione sociale che una persona riveste all’interno di un gruppo sociale e al grado di potere, ricchezza e prestigio associato a tale posizione. Lo status può essere attribuito in base a caratteristiche che l’individuo possiede dalla nascita (come l’età o il sesso, l’etnia) Status ascritti Oppure in base a raggiungimenti dovuti all’impegno, il merito, l’esperienza personale (status professionale) Status acquisiti Nonostante le varie differenze fra le società si può dire che ovunque esistono dei “simboli” (come l’abbigliamento, il linguaggio, il possesso di certi beni, consumi e stili di vita) che rendono palese l’appartenenza allo strato dotato di maggiore potere, ricchezza e prestigio e che vengono chiamati, dunque, Status Symbol. situazioni di Incongruenza di status. Questo termine, introdotto da Lenski (1954), indica quella situazione in cui gli individui hanno un status superiore su una dimensione della gerarchia sociale, ma uno inferiore su un’altra dimensione. Ruolo. = il comportamento atteso di un attore che occupa una certa posizione sociale, un certo status. Goffman è uno dei principali sostenitori di quanto appena detto; egli ha identificato il ruolo come una maschera che ogni attore sociale è chiamato a rappresentare secondo le proprie antipatie. Le Aspettative di ruolo sono quelle norme generalmente accettate che definiscono il comportamento di un individuo che ricopre un particolare ruolo. L'individuo può uniformarsi o meno ad esse in tutto o in parte. Le aspettative di ruolo sono più o meno limitative a seconda del grado di istituzionalizzazione. Alcune sono oggetto di specifiche norme giuridiche e il loro mancato rispetto potrebbe dar luogo a sanzioni, anche penali. Altre possono assumere grande importanza solo per il gruppo di appartenenza dell'individuo. In tutti i casi il grado di conformità o di devianza delle azioni di una persona può essere misurato confrontandolo con le aspettative di ruolo. Bisogna però distinguere le aspettative di ruolo dalla prestazione di ruolo che è il comportamento effettivo di un particolare individuo quando è in servizio nella sua posizione. Goffman, inoltre, ha osservato che chi ricopre un ruolo è consapevole che esista una distanza tra sé e il proprio ruolo. Col termine distanza dal ruolo l’autore intende rilevare che l’individuo non si identifica mai totalmente in un ruolo e in alcune circostanze può perfino violare una serie di norme che il ruolo comporta, mostrando che il proprio io non coincide con il ruolo/comportamento che gli altri si aspettano da lui. Due scuole sociologiche hanno analizzato i ruoli nelle società contemporanee: la scuola strutturalista-funzionalista e la scuola dell’interazionismo simbolico. ▲ Scuola strutturalista-funzionalista: ruolo come realizzazione conforme alle aspettative e ai bisogni della società; ▲ scuola dell’interazionismo simbolico: accentua invece l’aspetto interpretativo e negoziale dei ruoli, sottolineando che questi non implicano un modello passivo di comportamento. I Ruoli di genere, per esempio, secondo Parsons, nella prospettiva della prima scuola, seguono dei modelli fissi e separati per l’uomo e la donna, connessi alla posizione che essi ricoprono nella famiglia o nel matrimonio; per cui si avrà un ruolo strumentale maschile e un ruolo espressivo femminile. Egli credeva che il ruolo della donna completasse le funzioni “interne”, per esempio il rafforzamento dei legami tra i membri della famiglia; l'uomo, invece, sviluppava le funzioni “esterne” di una famiglia, come la fornitura di supporto monetario. Nella realtà attuale i ruoli di genere non sono più stabiliti in maniera così netta come li vedeva Parsons e dagli anni Ottanta le due scuole sociologiche sono state integrate per riconoscere ai ruoli sociali il duplice aspetto sia di limiti al comportamento sia risorse in grado di facilitare varie forme di agire sociale. Secondo le famose variabili strutturali di Parsons (patterns variables) vi sono innumerevoli ruoli nella società: ▲ RUOLI UNIVERSALISTI E RUOLI PARTICOLARISTI: l'attore deve scegliere se giudicare un oggetto fisico o sociale in base a criteri generali o in base al proprio particolare punto di vista: È la differenza tra il comportamento di un genitore e quello di un giudice. Il primo è ispirato a criteri particolaristici, che magari avvantaggiano il figlio ma non un altro individuo. Il secondo è ispirato a criteri universalistici, le regole che applica valgono per tutti indifferentemente ("la legge è uguale per tutti"). ▲ RUOLI DIFFUSI E RUOLI SPECIFICI: l'attore sceglie tra rapporti con gli altri attori giocati solo su aspetti e ruoli specifici (medico- paziente, venditore-cliente, ecc.) e rapporti globali giocati su legami molteplici che investono l'attore in quanto persona umana totale: nel primo caso l'azione è orientata a tener conto di tutti gli aspetti della personalità di chi mi sta davanti, nel secondo l'azione si basa sul ruolo: quando interagisco con un amico tengo conto dell'insieme della sua personalità; quando un commesso interagisce con un cliente tiene conto solo dell'aspetto "cliente" di quell'uomo. ▲ RUOLI AFFETTIVI E RUOLI AFFETTIVAMENTE NEUTRI: La differenza tra sistemi d'azione nei quali vi è una gratificazione affettiva (madre/figlio) o dove le relazioni si basano sul distacco affettivo (funzionario/cliente). ▲ RUOLI ASCRITTI E RUOLI ACQUISITI: È l'importanza che una società attribuisce a chi ha tratti derivatigli dalla nascita quali colore della pelle o famiglia di provenienza (ascrittivi), oppure per ciò che quell'individuo è stato capace di realizzare nel corso della sua esistenza (tratti acquisitivi). ▲ RUOLI ORIENTATI ALL’IO E RUOLI ORIENTATI ALLA COLLETTIVITA’: Il diverso orientamento nell'agire degli individui; il medico è orientato verso interessi collettivi, l'imprenditore verso interessi privati (il proprio utile). L’insieme dei ruoli associato ad un solo Status è chiamato role-set. A causa di questa molteplicità e diversificazione dei ruoli vi è spesso la possibilità che l’individuo sia esposto a dei conflitti di ruolo, cioè aduna situazione in cui un oggetto è investito da aspettative relative ad uno o più ruoli non coincidenti o parzialmente incompatibili. I gruppi. La forma più importante di interazione tra due o più persone studiata dai sociologi è il gruppo. Il gruppo si differenzia dalla folla, dalla massa, dall’aggregato e dalla categoria sociale in quanto il gruppo (come definito da Merton) è costituito da un insieme di individui che: a. interagiscono secondo determinati modelli; b. provano sentimenti di appartenenza alla collettività da loro costituita; c. si riconoscono reciprocamente come suoi membri; è particolarmente importante la distinzione tra gruppi primari e gruppi secondari. 1. Il GRUPPO PRIMARIO è costituito da un piccolo numero di persone che interagiscono direttamente tra di loro, prevalentemente in rapporti faccia a faccia, in cui la personalità di ognuno riveste la massima importanza e i membri sono, dunque, insostituibili. Es. la famiglia, una coppia, un gruppo di amici, ecc… 2. Il GRUPPO SECONDARIO è costituito da persone che non hanno tra loro legami emotivi importanti, in cui quel che conta è l’obiettivo specifico da raggiungere. I ruoli in questo tipo di gruppi risultano molto specializzati e le persone non sono importanti in quanto individui unici ma per la funzione che svolgono nel raggiungimento degli obiettivi del gruppo. Es. un gruppo di ricercatori, un reparto di vigili urbani, ecc… Ai gruppi sono state attribuite due funzioni principali: ▲ FUNZIONE STRUMENTALE: per svolgere compiti specifici che un individuo da solo non potrebbe realizzare. Es. équipe medica chirurgica, una squadra di calcio, un gruppo di ricerca scientifica; ▲ FUNZIONE ESPRESSIVA: per raggiungere un obiettivo specifico ma per il piacere, la gratificazione, il riconoscimento che il fatto stesso di partecipare al gruppo comporta. Es. gruppi di amici, bande giovanili ecc… Vi sono, però, gruppi in cui la funzione strumentale ed espressiva si intrecciano, come in un reparto scout, in una classe scolastica o in un gruppo di amici che decide di dar vita ad un’azienda. Il gruppo esercita, inoltre, un’influenza sui suoi membri. Quest’influenza spesso viene creata dalle dinamiche di gruppo. Una tra le più importanti è la pressione al conformismo, osservata dallo psicologo Solomon Asch, con cui il gruppo riesce a influenzare i cambiamenti di opinione e di atteggiamento degli individui. Di conseguenza, il forte controllo del gruppo sulle opinioni dei Nella società contemporanea sono stati osservati cambiamenti assai profondi e rapidi per quanto riguarda alcuni aspetti considerati fondamentali nel periodo precedente. Con la nascita dei mass media, dei media e l’aumento d’importanza dei gruppi alla pari, si ha l’avvento di nuovi modelli comportamentali e di nuove norme che, unite, creano nuove agenzie di socializzazione. Così, se da un lato si rileva l’importanza di queste nuove agenzie di socializzazione, si entra spesso in conflitto con quelle vecchie (es. la scuola o la famiglia). Questi vasti mutamenti sociali intervenuti sia nelle società che nel rapporto tra le generazioni, hanno allungato il processo di socializzazione ben oltre l’età adolescenziale, portando così ad una socializzazione incompiuta. I sociologi Berger e Luckmann distinguono due fasi di questa socializzazione incompiuta: la fase della “socializzazione primaria” e quella della “socializzazione secondaria”. ▲ La socializzazione primaria avviene durante l’infanzia, prevalentemente in famiglia, ed è carica di componenti emotive; ▲ Con la socializzazione secondaria, che inizia con l’ingresso nel mondo del lavoro o della scuola, l’individuo acquista le abilità e le conoscenze legate a specifici ruoli. Tra la socializzazione primaria e quella secondaria non vi è sempre continuità, ma si possono instaurare delle fratture che a volte richiedono una vera e propria risocializzazione. Particolarmente difficile è inoltre, oggigiorno, la socializzazione alla vecchiaia poiché non solo essa è, nella nostra società, priva di valore, ma la prospettiva e il riconoscimento della morte sono perlopiù dei tabù. Il cambiamento principale e dalle conseguenze più profonde riguarda le modalità e i dispositivi stessi in base ai quali la socializzazione si realizza, che non sono più basati sulla gerarchia- verticalità dei rapporti generazionali, ma sono di tipo reciproco-orizzontale. All’erosione delle strutture di autorità contribuirebbe anche il venir meno delle aspettative dei genitori e degli insegnanti per conformarsi alle norme della nuova generazione. Per far fronte alla nuova situazione la struttura verticale di autorità viene sempre più spesso sostituita da un sistema di scambio fondato sulla negoziazione e la “regolazione congiunta”, ad esempio tra genitori e figli. L’identità. La socializzazione è anche un processo di formazione personale che trasforma l’individuo in un essere morale, con una propria, specifica identità. Identità e socializzazione sono quindi due concetti inscindibili. Il concetto d'identità, nella sociologia, nelle scienze etnoantropologiche e nelle altre scienze sociali riguarda la concezione che un individuo ha di se stesso nell'individuale e nella società, quindi l'identità è l'insieme di caratteristiche uniche che rende l'individuo unico e inconfondibile, e quindi ciò che ci rende diverso dall'altro. L'identità non è immutabile, ma si trasforma con la crescita e cambiamenti sociali. L'identità riguarda, per un verso, il modo in cui l'individuo considera e costruisce se stesso come membro di determinati gruppi sociali: nazione, classe sociale, livello culturale, etnia, genere, professione, e così via; e, per l'altro, il modo in cui le norme di quei gruppi fanno sì che ciascun individuo si pensi, si comporti, si situi e si relazioni rispetto a se stesso, agli altri, al gruppo a cui afferisce e ai gruppi esterni intesi, percepiti e classificati come alterità. In tutte le società moderne, ogni individuo deve essere classificato in modo da poter essere “identificato” non come un qualsiasi individuo ma come quell’individuò lì, inconfondibile con tutti gli altri nonostante, magari, qualche caratteristica comune. Ogni nazione moderna ha sviluppato un sistema più o meno semplice di “riconoscimento” che colloca la persona in uno spazio sociale, creando appunto la sua “identità formale” che rappresenta la testimonianza pubblica della sua esistenza. Quando si intende, però, “riconoscerSI” significa che un individuo si ritrova in quell’insieme di caratteristiche che percepisce come proprie e che gli consentono di dire che, nonostante i cambiamenti possibili, si è sempre la stessa persona di sempre. I due volti di una stessa persona (identità formale e riconoscimento personale), non sempre coincidono. Si possono verificare, infatti, delle incongruenze e degli squilibri chiamati “lotte per il riconoscimento” o “politiche dell’identità” che stanno ad indicare proprio l’esistenza di un’inconguenza tra l’identità attribuita dalla società e quella rivendicata dagli appartenenti a gruppi, in genere minoritari e svantaggiati (donne, omosessuali, gruppi etnici). L’IDENTITA’ DI GENERE (Da Wikipedia, perché dal libro non mi piaceva) Il termine identità di genere indica il genere in cui una persona si identifica (cioè, se si percepisce uomo, donna, o in qualcosa di diverso da queste due polarità) e viene utilizzato in alcune correnti della sociologia sviluppatesi negli Stati Uniti d'America a partire dagli anni settanta. L'identità di genere non deriva necessariamente da quella biologica della persona e non riguarda l'orientamento sessuale. Attualmente non si è giunti ad una piena comprensione dello sviluppo dell'identità di genere nell'individuo. Sono stati suggeriti diversi fattori, biologici e sociali, che potrebbero avere un ruolo nella sua formazione. I fattori biologici che possono influenzare l'identità di genere includono i livelli ormonali sia in fase prenatale che successivamente, e la loro regolazione da un punto di vista genetico. I fattori sociali che possono influenzare l'identità di genere includono le informazioni relative al genere portate da famiglia, mass media e le altre istituzioni. Non si è definita con precisione l'età entro la quale l'identità di genere sia definitivamente formata e risulta molto variabile anche l'età in cui potrebbero sorgere eventuali disagi legati all'identità di genere. "Identità di genere" in relazione a "ruolo" e "sesso" Nella maggioranza della popolazione l'identità, il ruolo di genere e il sesso biologico corrispondono (persone "cisgender"). Ad esempio, una/un donna/uomo cisgender: • ha gli attributi femminili/maschili (sesso) • si sente donna/uomo (identità) • viene percepita/o dagli altri come donna/uomo (ruolo) L'identità di genere è il modo in cui un individuo percepisce il proprio genere: questa consapevolezza interiore porta a dire "io sono uomo" o "io sono donna". Sesso Prima del XX secolo, il sesso di una persona era determinato esclusivamente dall'apparenza dei genitali. In seguito, con la scoperta del DNA e dei cromosomi, ci si basò su questi per meglio determinare il sesso: era femmina chi aveva genitali considerati femminili e due cromosomi XX, mentre era uomo chi possedeva genitali considerati maschili insieme ad un cromosoma X e uno Y. Tuttavia alcuni individui hanno combinazioni di cromosomi, ormoni e genitali che non seguono le definizioni tradizionali di "uomo" e "donna", mentre tra un individuo e l'altro i genitali possono variare nelle forme o in alcuni casi presentarsi più di un tipo di genitali o genitali difficili da classificare. Anche gli attributi corporei correlati al sesso di una persona (forma del corpo, peli del viso, timbro della voce ecc.) non sempre corrispondono con quelli attribuiti al loro sesso basato sui genitali. Ricerche recenti suggeriscono che circa il 2% delle nascite presenta caratteristiche più o meno divergenti da quelle assolutamente maschili o femminili, ma la percentuale di casi che ricevono una chirurgia "correttiva" è stimata intorno a 0.1-0.2%. Nel caso delle persone transgender le espressioni relative al genere differiscono dai canoni tradizionali, in relazione al sesso cromosomico o basato sui genitali. La non coincidenza tra sesso e identità di genere Il caso che permette di comprendere più facilmente come sia necessario distinguere fra sesso e identità di genere è quello in cui vengano rimossi i genitali esterni: quando questo avviene, o per un incidente o intenzionalmente, la libido e la capacità di esprimersi nell'attività sessuale cambiano, ma l'identità di genere può restare invariata. Uno di questi casi è quello di David Reimer, riportato nel libro As Nature Made Him di John Colapinto: nel libro viene mostrata la persistenza di un'identità di genere maschile e la tenace aderenza al ruolo di genere maschile, in una persona che ha perso il pene subito poco dopo la nascita, per via di una circoncisione sbagliata, nonostante, per "rimediare" al danno, il soggetto fosse stato riassegnato costruendo chirurgicamente i genitali femminili. Anche in casi di persone intersessuate "corrette" alla nascita si riscontrano situazioni simili[5]. In vari casi, l'identità di genere di una persona può contrastare fortemente con la sua apparenza esteriore maschile o femminile: l'identità di genere va quindi oltre il sesso dell'individuo dedotto dall'esame dei genitali esterni e (in età adulta) dai caratteri sessuali secondari. Ruolo Il termine tuttavia può essere usato anche per riferirsi al genere che comunemente viene attribuito all'individuo, in base alle caratteristiche considerate tipiche del suo ruolo di genere (vestiti, stile dei capelli, modo di parlare e di esprimersi, atteggiamenti ecc.). Il ruolo di genere riguarda dunque un insieme di elementi che suggeriscono esteriormente, quindi agli altri, la categorizzazione sessuale di un individuo. Gli aspetti che vengono associati ad un genere piuttosto che l'altro variano sensibilmente a seconda della società, del periodo storico e del contesto culturale in cui vive una determinata persona: in alcune società la categorizzazione è particolarmente rigida e polarizzata (una certa cosa "è da femmina", un'altra cosa "è da maschio" e così via, entrambe vengono spesso contestate anziché incoraggiate), mentre la determinazione del sesso è basata esclusivamente sugli organi genitali e attributi secondari esteriori, per cui il ruolo di genere riguarda anche quel tipo di attività e modi di esprimersi che vengono ritenuti opportuni e appropriati a seconda degli organi genitali esterni degli individui (di conseguenza, se queste attività e modi di esprimersi non sono ritenuti corrispondenti ai genitali dell'individuo, vengono ritenuti inopportuni e inappropriati e possono verificarsi diversi tipi di reazioni). (Es. donne nel loro ruolo professionale vs. donne nel loro ruolo familiare) Esempi di categorizzazione degli individui Anche la lingua e la tradizione in molte società prevedono una categorizzazione degli individui o come maschi o come femmine, ma non è così ovunque. Alcuni esempi: • Nella cultura del subcontinente indiano, le persone chiamate hijra in genere non vengono considerate né uomini, né donne e hanno un ruolo di genere differente. Nella maggior parte dei casi si tratta di individui biologicamente maschi o intersessuali, ma sono presenti anche individui biologicamente femmina. • Società nella storia in cui gli eunuchi avevano dei ruoli prestabiliti.