Scarica riassunto statistica economica marinello e più Sbobinature in PDF di Statistica Economica solo su Docsity! UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ENNA “KORE” Statistica Economica Riassunto STATISTICA ECONOMICA CAPITOLO I: LA STATISTICA ECONOMICA E LE FONTI STATISTICHE LA STATISTICA ECONOMICA La statistica economica: è quella disciplina scientifica che si occupa dello studio, analisi e misura dei più rilevanti fenomeni economici di valenza collettiva, unendo lo studio dei fenomeni generali (statistica) allo studio dei problemi allocativi di risorse scarse (economia). Ogni individuo, giornalmente, provoca senza accorgersene , una serie di fatti economici (es. prende il caffè). I fatti economici, provocati da ognuno in una determinata “unità di tempo” (un anno, un mese), possono essere quantificati, oltre che con riferimento alla singola persona, anche con riferimento all’intera collettività che opera in un dato territorio (la città, la regione). Pertanto, scopo della statistica economica, è di rilevare le manifestazioni dei fenomeni economici collettivi che si registrano in una data unità territoriale e temporale. In sostanza, la statistica economica ha lo scopo di analizzare chi, come e dove si compie un’azione economica ed in cosa questa si sostanzia. Individuata l’azione economica da analizzare, il primo compito della statistica economica si concretizza nel definire i termini in cui il fenomeno va analizzato, ossia le c.d. “unità statistiche”. Dopo aver raccolto i dati provenienti da ciascuna unità statistica, bisogna definire gli strumenti più idonei per le analisi quantitative, al fine di individuare i legami funzionali che collegano le grandezze economiche rilevate. Emerge che in ogni processo economico, esiste un insieme di soggetti economici che produce beni e servizi, ed un soggetto che li utilizza. • Si definisce “operatore imprese”: l’insieme di soggetti che produce beni e servizi. • Si definisce “operatore famiglie”: l’insieme di soggetti che utilizza i beni e servizi al fine di soddisfare i propri bisogni. Le “unità territoriali di riferimento” (città, regione, Stato), secondo il luogo in cui le azioni economiche vengono svolte, si distinguono in: • Soggetti economici interni: che svolgono le loro azioni economiche all’interno dell’unità territoriale di riferimento. • Soggetti economici esterni (operatore estero): che svolgono la loro azione, fuori dall’unità territoriale di riferimento. Compito della statistica economica, è anche quello di rilevare ed analizzare le attività e le relazioni intercorrenti tra operatori economici interni ed esterni, ossia un Paese ed il Resto del Mondo. Il modello di rivelazione delle azioni economiche, attualmente adottato da tutti i Paesi della Comunità Europea, è il “sistema europeo di conti economici integrati”, il c.d. SEC95. Il SEC95 è un insieme coerente di conti, elaborato allo scopo di fornire una rappresentazione completa delle attività economiche dei Paesi della Comunità Europea. Secondo tale sistema, solo “l’operatore imprese” effettua la produzione di beni e servizi, mentre solo “l’operatore famiglie” effettua l’azione economica di impiego e consumo dei beni e dei servizi prodotti. Le funzioni fondamentali, svolte dagli operatori, sono produrre, consumare, accumulare e re-distribuire reddito e ricchezza. Solo i beni ed i servizi che transitano per il mercato, sono computati come oggetto di azione economica, escludendo da tale computo i beni ed i servizi prodotti e consumati dallo stesso operatore (es. non è da considerarsi azione economica quella della madre che cuce il vestito alla figlia, al posto di commissionarlo ad un sarto e comprarlo già confezionato). La distinzione tra imprese e famiglie è da considerarsi indispensabile nell’analisi del funzionamento dei mercati dei beni e dei servizi prodotti, nonché dei fattori della produzione: infatti, se da un lato la produzione è effettuata dalle imprese, dall’altro lato i fattori della produzione sono detenuti dalle famiglie, destinatarie della produzione stessa. Ne viene fuori un circuito di scambio tra imprese e famiglie: 1 CAPITOLO II: IL CIRCUITO DEL REDDITO E GLI OPERATORI ECONOMICI IL CIRCUITO DEL REDDITO Gli schemi della contabilità nazionale, si fondano su quattro categorie di operatori: • Famiglie • Imprese • Amministrazione Pubblica (A.P.) • Resto del Mondo Per comprendere le relazioni che intercorrono tra i diversi soggetti, è necessario definire l’attività di produzione svolta dalle imprese e dalla Pubblica Amministrazione e l’andamento del processo produttivo. CIRCUITO DEL REDDITO IN ECONOMIA CHIUSA Fattori produttivi Remunerazione dei fattori produttivi (redditi) Produttori (imprese) Utilizzatori finali (famiglie) Spesa per acquisto di beni e servizi (ricavi) Beni (di consumo e di investimento) e servizi prodotti E’ indispensabile fare una distinzione tra “circuito del reddito in economia chiusa” & “circuito del reddito in economia aperta”. 1. Il circuito di scambio in economia chiusa: si basa su un sistema economico semplificato, caratterizzato da: • Assenza di relazioni con l’esterno (manca l’operatore Resto del Mondo) • Ipotesi semplificatrici sul comportamento degli operatori economici: − Vi sono soltanto due operatori − La produzione è finale, non ha altri sbocchi Inoltre, il sistema chiuso, è quel sistema economico in cui valgono le seguenti tre identità: prodotto finale = spesa finale spesa finale = reddito nazionale reddito nazionale = prodotto finale i tre fenomeni (prodotto, spesa, reddito), hanno natura e contenuto diversi, ma identico valore monetario. 2. Il circuito di scambio in economia aperta: esso si basa su un sistema economico, che considera le relazioni con l’estero ed introduce l’operatore Pubblica Amministrazione” (il c.d. sistema aperto). Inoltre, lo stesso prevede: − Una netta distinzione tra attività di consumo ed attività di produzione − La produzione si considera effettuata solo dall’operatore impresa − Il blocco dei produttori si può considerare come un’unica impresa che consuma per produrre beni finali − Il blocco degli utilizzatori finali, è al tempo stesso consumatore ed acquirente di beni capitali − Il consumo è effettuato solo dall’operatore famiglie Vedi pag. 40 (grafico: circuito del reddito in economia aperta). 4 Il processo produttivo, in economia aperta, ha natura circolare: − Le famiglie forniscono i fattori produttivi, lavoro, capitale e terra − Le imprese remunerano i fattori produttivi con u flusso di redditi verso le famiglie − Le famiglie soddisfano con i redditi i loro bisogni, acquistando beni di consumo − Le imprese realizzano ricavi dalle vendite dei loro prodotti L’OPERATORE FAMIGLIE La famiglia è uno dei fondamentali operatori decisionali nel processo economico. Infatti, oltre a fornire i principali fattori della produzione, è il soggetto economico che utilizza tale produzione e come tale ne determina la domanda. Se si fa riferimento alle imprese, si nota come il “fattore produttivo lavoro” (L), che rappresenta la domanda di lavoro da parte dell’operatore imprese, è costituito dall’insieme delle persone che si sono presentate sul mercato del lavoro ed hanno trovato soddisfatta questa loro offerta. L’ambito nel quale viene deciso “quali e quante” persone offrire alle esigenze delle imprese, è costituito dal complesso delle famiglie, che costituisce l’operatore famiglie. Dunque, lo studio del comportamento della famiglia, è essenziale per la comprensione della realtà economica. La statistica economica analizza il comportamento dell’operatore famiglie, dal punto di vista quantitativo, dall’insieme delle famiglie. Occorre inoltre fare riferimento a diversi concetti di popolazione: − Popolazione residente: l’insieme di persone che hanno la residenza nell’unità territoriale considerata − Popolazione presente: l’insieme di persone che sono presenti nell’unità territoriale di riferimento − Popolazione potenziale economicamente attiva: ossia l’insieme di persone di età compresa tra i 15 ed i 64 anni − Popolazione effettiva economicamente attiva: la parte di popolazione potenziale che effettivamente esercita un’attività produttiva Quest’ultima definizione non assolve al compito di rappresentare il mercato del lavoro. L’ISTAT, dunque, per definire il mercato del lavoro, considera come popolazione attiva tutti i soggetti di età superiore ai 14 anni che, ad una certa età dichiarano: − Di esercitare una professione in proprio o alle dipendenze altrui, cioè le c.d.d. “persone occupate” − Di essere temporaneamente impediti ad esercitare un’attività lavorativa (militari di leva, ricoverati, detenuti in attesa di giudizio) − Di avere perduto una precedente occupazione e di essere alla ricerca di un’occupazione; sono le c.d.d. “persone disoccupate” − Di non avere mai esercitano un’attività lavorativa e di essere alla ricerca di una prima occupazione; sono le persone in cerca di “prima occupazione o inoccupati” Le persone che fanno parte delle prime tre categorie costituiscono la “popolazione attiva in condizione professionale”. L’ISTAT, definisce “popolazione non attiva”: l’insieme di persone che ad una certa data hanno dichiarato: − Di avere meno di 15 anni − Di avere un’età uguale od inferiore ai 15 anni, ma di non essere in condizione professionale (studenti, casalinghe, pensionati, benestanti) L’OPERATORE IMPRESE L’operatore imprese: costituisce l’insieme dei soggetti economici che realizza la produzione di beni e servizi scambiati sul mercato e ne determina l’offerta. Un sistema economico è tanto più sviluppato, quanto più risulta diversificata la produzione dei beni e servizi. 5 Di qui, la necessità di procedere ad una classificazione delle varie attività economiche. La più tradizionale classificazione, raggruppa le imprese in tre settori di attività economica: agricolo / industriale / terziario. Se in un Paese, la percentuale più rilevante, è quella degli occupati: − Nel settore agricolo -> il Paese si trova nella 1° fase dello sviluppo economico − Nel settore industriale -> il Paese si trova nella 2° fase dello sviluppo economico − Nel settore terziario (beni & servizi) -> il Paese si trova nella 3° fase dello sviluppo economico La seguente tripartizione, è utilizzata anche per definire lo stadio di sviluppo economico di un determinato Paese. La rilevazione di tutte le imprese operanti nel nostro Paese, viene effettuata attraverso i censimenti condotti dall’Istituto Nazionale di Statistica, il quale adotta una classificazione, la c.d. ATECOFIN, in cui i tre tradizionali settori vengono suddivisi in sezioni, gruppi, classi ecc… Le unità di rilevazione sono: − Ditta o impresa: intesa come l’organizzazione di una attività economica esercitata professionalmente , al fine della produzione di beni e servizi, destinati alla vendita − Unità locale: ossia l’impianto, nel quale materialmente viene effettuata la produzione o distribuzione di beni e servizi − Istituzione: intesa come quella unità, la cui funzione è quella di produrre beni e servizi, non destinabili alla vendita, finanziandosi o attraverso prelevamenti obbligatori effettuati presso famiglie & imprese, o attraverso versamenti volontari delle famiglie o dei soggetti che si sono organizzati per la gestione di un interesse comune Con riguardo alle “unità locali”, esse si distinguono in: − Unità locali operative: in cui avviene la produzione o lo scambio di beni e servizi − Unità locali amministrative: costituite dalla sede centrale dell’impresa, dagli uffici amministrativi, in cui si realizza la gestione dell’impresa e che devono essere distinti dalle unità operative Le imprese si dicono “uni-localizzate”: se costituite da una sola unità locale. Le imprese si dicono “pluri-localizzate”: quando sono costituite da più unità locali. Nel sistema dei conti economici integrati, SEC 95, è stata introdotta “l’unità di produzione omogenea”, ossia quelle unità che esercitano un’unica attività su un prodotto, che presentano un’unica struttura di costi, un unico processo di produzione e che realizzano prodotti omogenei, utilizzate per le analisi riguardanti i processi produttivi e le relazioni tecnico-economiche. Raggruppando le “unità di produzione omogenea”, si ottengono le branche che si distinguono in: − Branche che producono beni e servizi destinabili alla vendita − Branche che producono servizi non destinabili alla vendita; queste attività sono proprie delle famiglie, in quanto produttrici di servizi domestici retribuiti, delle Amministrazioni Pubbliche e delle istituzioni sociali I servizi prodotti dalle branche delle Amministrazioni Pubbliche e delle istituzioni sociali, costituiscono i c.d. “servizi collettivi”. Va, peraltro, precisato che le unità produttive non realizzano solo un’attività principale di produzione del prodotto, ma anche delle attività secondarie (quali amministrazione, attività di riparazione e gestione delle scorte). Le attività ausiliari, rimangono associate alle attività principali (o secondarie) da cui dipendono; le attività secondarie, invece, vengono suddivise in altre unità di produzione e classificate in voci diverse da quelle in cui è classificata l’attività principale. Le unità istituzionali sono opportunamente raggruppate in settori o sottosettori, quali: 6 Poter disporre di un codice che classifichi le imprese quando entrano in contatto con le pubbliche istituzioni, consentirà di realizzare delle sinergie che andranno a vantaggio sia dei contribuenti che delle istituzioni. La classificazione ATECO 2007, presenta le varie attività economiche raggruppate, dal generale al particolare, in categorie e sotto-categorie. Dette attività economiche vengono classificate da un codice alfanumerico, costituito dalle seguenti parti: − Alfabetico (sezioni); − Numerico a 2 cifre (divisioni); − Numerico a 3 cifre (gruppi); − Numerico a 4 cifre (classi); − Numerico a 5 cifre (categorie); − Numerico a 6 cifre (sotto-categorie); la struttura di classificazione, è ad albero. La struttura gerarchica, serve per guidare la scelta del contribuente che, partendo dalle sezioni, arriverà a classificarsi nelle specifiche sotto-categorie, che meglio descrive le sue attività. La classificazione è standardizzata a livello europeo, fino alla quarta cifra, mentre le categorie e le sotto-categorie (rispettivamente livello 5 e 6), possono differire tra i singoli Paesi, per meglio cogliere le specificità nazionali. MOTIVAZIONI DELL’ADOZIONE DELKLA NUOVA TABELLA ATECOFIN 2007 L’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT), ha pubblicato la nuova classificazione delle attività economiche, denominata ATECOFIN 2007, che scaturisce dall’esigenza di un’unica classificazione a livello mondiale definita nell’ambito ONU. La tabella ATECOFIN 2007, costituisce la versione nazionale della nomenclatura europea NACE. Nell’ambito dei progetti volti a semplificare gli adempimenti amministrativi, l’ATECOFIN 2007, viene adottata come unica e comune regola di classificazione da parte della pubblica amministrazione. FONTI STATISTICHE CORRENTI SULLE IMPRESE Le rilevazioni annuali, sui risultati economici delle imprese, sono finalizzati al soddisfacimento del Regolamento UE 58/97 per le statistiche strutturali (SBS - Structural Business Statistics). Vengono effettuate due rilevazioni integrate: − La prima si riferisce alle imprese con 1-99 addetti (rilevazione PMI – Piccole & Medie Imprese); − La seconda copre le imprese superiori (rilevazione SCI – Sistema dei Conti delle Imprese); la rilevazione PMI, è condotta mediante auto-compilazione di un questionario cartaceo inviato per posta. Essa richiede dati dettagliati o sui risultati economici delle imprese, sull’occupazione, sul costo del personale, sugli investimenti ed informazioni di natura qualitativa e quantitativa su fenomeni specifici (ad esempio: la diffusione di tecnologie dell’informazione, utilizzo del commercio elettronico, innovazione, modalità di ricerca del personale). L’unità di rilevazione e di analisi, è l’impresa. Il campionamento utilizzato è ad uno stadio stratificato. Gli starti sono definiti da tre caratteri: − Settore di attività economica; − Classe dimensionale di addetti; − Regione geografica; la rilevazione SCI, è totale e copre annualmente le principali variabili economiche delle imprese italiane con oltre 100 addetti. E’ condotta mediante auto-compilazione di un questionario cartaceo inviato per posta. Obiettivo della rilevazione, è la raccolta di informazioni dettagliate su: − Conto economico & stato patrimoniale; − Occupazione & costo del personale; − Investimenti ed altre caratteristiche rilevanti; 9 L’OPERATORE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE Nel Sistema SEC 95, la Pubblica Amministrazione è intesa come l’insieme di enti che producono servizi collettivi, non destinabili alla vendita, oppure che operano una re-distribuzione del reddito del Paese. I servizi offerti dalla Pubblica Amministrazione, non formano oggetto di compravendita, non hanno un prezzo di mercato e le risorse con cui essi sono prodotti, sono costituiti dai versamenti obbligatori effettuati dagli altri operatori economici del Paese. Restano escluse dalla definizione di Pubblica Amministrazione, le unità istituzionali che producono beni e servizi che transitano per il mercato, quali le Aziende Autonome dello Stato (Ferrovie dello Stato, Monopoli), le imprese a partecipazione statale (ENI). L’operatore Pubblica Amministrazione si articola in tre sottosettori: a. Amministrazione centrale; b. Amministrazione legale; c. Enti di previdenza: che svolgono l’attività di erogare prestazioni in denaro, mediante i contributi sociali. Essi sono: L’INPS, L’INAIL, L’IPSEMA, L’EMPAS. L’operatore Pubblica Amministrazione, ha importanza per la mole di servizi che offre e per il numero degli occupati che assorbe. Si tratta di oltre 3,5 milioni di unità, cioè circa il 15% del totale degli occupati. CLASSIFICAZIONE DEI SERVIZI PRODOTTI DALLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE Un antico criterio distingueva i servizi secondo la loro destinazione alle famiglie (i c.d.d. “servizi finali”) o alle imprese (i c.d.d. “servizi intermedi o produttivi”). La classificazione, tuttavia, poneva una serie di problemi per l’attribuzione di ciascun servizio all’una o all’altra categoria. Il criterio adottato oggi, in Italia, introdotto dal SEC 95, considera tutti i servizi della Pubblica Amministrazione come “servizi finali”. Il SEC 95, distingue i servizi collettivi in: a. Servizi generali delle Pubbliche Amministrazioni; b. Servizi per la Difesa Nazionale; c. Servizi di Ordine e Sicurezza Pubblica; d. Servizi per la Salute; e. Servizi per l’Istruzione; f. Servizi della Previdenza ed Assistenza Sociale,Opere sociali; g. Servizi per l’Abilitazione e l’Assetto Territoriale; h. Servizi Ricreativi, Culturali e del Culto; i. Servizi Economici; j. Servizi vari; L’OPERATORE RESTO DEL MONDO L’attività economica di un Paese, non si esaurisce nell’ambito dei suoi confini territoriali. Infatti, in Italia, si può osservare che una parte della produzione delle nostre imprese viene spedita all’estero ed una parte della produzione realizzata da imprese estere, viene importata in Italia. Tali relazioni sono oggetto di rilevazione circa le loro conseguenze economiche monetari e finanziarie. Di qui la necessità di introdurre un quarto operatore, il c.d. “Resto del Mondo”, che comprende le persone fisiche e giuridiche che hanno, rispetto all’Italia, la residenza all’estero. Le transazioni tra residenti e non residenti, sono importanti perché chiariscono la posizione debitoria o creditoria di un Paese rispetto a tutti gli altri. Circa il problema della residenza di persone fisiche, secondo il Fondo Monetario Internazionale (FMI), non fanno parte dei residenti del Paese considerato le seguenti categorie: a. I visitatori: tutti coloro che sono presenti nel Paese per meno di un anno, per motivi di studio, affari, vacanza, partecipazione ad eventi sportivi; 10 b. I membri delle ambasciate o dei consolati presenti nel Paese considerato ed i membri di forze armate estere; c. I dipendenti di governi stranieri o di enti internazionali in missione nel Paese per meno di un anno; d. I viaggiatori commerciali; e. I lavoratori stagionali: persone presenti nel Paese solo per un’occupazione stagionale, come il frontalieri (coloro che per motivi di lavoro attraversano la frontiera giornalmente e rientrano la sera nel loro Paese); f. I componenti del personale degli aerei e delle navi, che non vivono nel Paese e che sono solo di transito. 11 Calcoliamo: 𝐶𝐶 = 𝑟𝑟1 + 𝑟𝑟2 + 𝑟𝑟3 + ⋯+ 𝑟𝑟𝑗𝑗 + ⋯+ 𝑟𝑟𝑛𝑛 (3.1) Questa equazione sarebbe corretta se il tasso di interesse fosse nullo. Per i ≠ 0, non è corretto sommare valori appartenenti a periodi diversi: anche se: 𝑟𝑟ℎ = 𝑟𝑟ℎ+1 il loro valore attuale è diverso: 𝑣𝑣ℎ(𝑟𝑟ℎ) ≠ 𝑣𝑣ℎ(𝑟𝑟ℎ+1) si ha infatti: 𝑣𝑣ℎ+1(𝑟𝑟ℎ) ≠ 𝑣𝑣ℎ(𝑟𝑟ℎ) · (1 + 𝑖𝑖) da cui: 𝑣𝑣ℎ(𝑟𝑟ℎ+1) = 𝑣𝑣ℎ+1(𝑖𝑖ℎ+1) (1+𝑖𝑖) L’equazione corretta, al posto di 𝐶𝐶 = 𝑟𝑟1 + 𝑟𝑟2 + 𝑟𝑟3 + ⋯+ 𝑟𝑟𝑗𝑗 + ⋯+ 𝑟𝑟𝑛𝑛; è quindi: 𝐶𝐶 = 𝑖𝑖1 (1+𝑖𝑖) + 𝑖𝑖2 (1+𝑖𝑖)2 + ⋯+ 𝑖𝑖𝑗𝑗 (1+𝑖𝑖)𝑗𝑗 + ⋯+ 𝑖𝑖𝑛𝑛 (1+𝑖𝑖)𝑛𝑛 (3.2) Se i rendimenti sono tutti uguali: 𝑟𝑟1 = 𝑟𝑟2 = 𝑟𝑟3 = ⋯ = 𝑟𝑟𝑗𝑗 = ⋯ = 𝑟𝑟𝑛𝑛 = 𝑟𝑟 La (3.2) diventa: 𝐶𝐶 = 𝑖𝑖 (1+𝑖𝑖) + 𝑖𝑖 (1+𝑖𝑖)2 + ⋯+ 𝑖𝑖 (1+𝑖𝑖)𝑗𝑗 + ⋯+ 𝑖𝑖 (1+𝑖𝑖)𝑛𝑛 = r·[ 𝑖𝑖 (1+𝑖𝑖) + 𝑖𝑖 (1+𝑖𝑖)2 + ⋯+ 𝑖𝑖 (1+𝑖𝑖)𝑗𝑗 + ⋯+ 𝑖𝑖 (1+𝑖𝑖)𝑛𝑛 ] (3.3) In quest’ultima (3.3) compare la somma di n termini di una progressione geometrica di ragione 1/(1+i): 𝑆𝑆 = 1 (1+𝑖𝑖) + 1 (1+𝑖𝑖)2 + 1 (1+𝑖𝑖)3 + ⋯+ 1 (!+𝑖𝑖)𝑗𝑗 +⋯+ 1 (1+𝑖𝑖)𝑛𝑛 (3.4) Moltiplicando primo e secondo membro della (3.4) per 1/(1+i ) si ha: 𝑆𝑆 ∙ 1 (1+𝑖𝑖) = 1 (1+𝑖𝑖)2 + 1 (1+𝑖𝑖)3 + ⋯+ 1 (1+𝑖𝑖)𝑗𝑗 + ⋯+ 1 (1+𝑖𝑖)𝑛𝑛+1 (3.5) Sottraendo membro a membro la (3.5) dalla (3.4) si ha: 𝑆𝑆 − 𝑆𝑆 ∙ 1 (1+𝑖𝑖) = 1 (1+𝑖𝑖) − 1 (1−𝑖𝑖)𝑛𝑛+1 (3.6) Da cui: (3.7) 𝑆𝑆 = [ 1 (1 + 𝑖𝑖) − 1 (1 + 𝑖𝑖)𝑛𝑛+1] �1− 1 (1 + 𝑖𝑖)� Per i > 0, lim𝑛𝑛→∞( 1 (1+𝑖𝑖)𝑛𝑛+1 ) = 0 e quindi: (3.8) 𝑆𝑆 = [ 1 (1 + 𝑖𝑖)] [1 − 1 (1 + 𝑖𝑖)] Che si semplifica in 𝑆𝑆 = 1 𝑖𝑖 , da cui 𝐶𝐶 = 𝑖𝑖 𝑖𝑖 Problema: le misure del lavoro in unità fisiche, reali (occupati, numero di ore lavorative) o virtuali ( unità di lavoro), sono tra loro eterogenee come “valore economico”, e pertanto sono inadatte a misurare la potenzialità produttiva. 14 Risulta che il valore dei “beni capitali” può variare in modo notevole in relazione ai diversi criteri; in realtà la scelta dell’uno o dell’altro criterio dipende dalle finalità che si vogliono conseguire. La valutazione de un “bene capitale”, può essere effettuata con due distinte finalità: 1. La determinazione delle attività reali delle imprese: il capitale viene calcolato con il metodo dell’inventario permanente e si definisce “capitale netto”, in quanto ottenuto dal costo iniziale diminuito delle quote di ammortamento. 2. La determinazione del capitale, come fattore produttivo: la valutazione del capitale, avviene al costo storico, che rappresenta il c.d. “capitale lordo”, in quanto comprensivo delle quote di ammortamento. La distinzione tra due finalità, si rende necessaria perché non esiste coincidenza tra valore del capital, come attività reale & come fattore produttivo. Infatti, come attività reale, il bene si svaluta in conseguenza dell’introduzione nel mercato dei fattori produttivi di beni tecnologicamente più avanzati. Invece come fattore produttivo, il bene mantiene una capacità produttiva quasi uguale per l’intero arco della sua vita ( ad esempio una macchina da caffè non diminuisce la quantità di caffè fatta con il passare del tempo). Adottando i succitati criteri, con il “metodo dell’inventario comune”, si perviene ad valutazione del capitale materiale che risponde alla logica interna del processo decisionale delle imprese e non a quella richiesta dalla determinazione di una grandezza (il capitale materiale), atta a spiegare la sua capacità produttiva ed il suo contributo alla produzione di beni e servizi. Un diverso metodo di valutazione del “capitale materiale”, è il “metodo dell’inventario permanente”, basata sull’idea che lo stock di un dato istante di tempo, corrisponde alla somma degli investimenti degli anni precedenti, al netto degli ammortamenti. Esso, a differenza del “metodo dell’inventario comune”, conduce ad una valutazione del capitale senza dover ricorrere ad alcuna rilevazione censuaria dei beni capitali esistenti e senza dover definire ed introdurre alcun criterio di valutazione dei beni rilevati. Tuttavia, al contrario del precedente metodo, esso è applicabile solo al capitale materiale riproducibile, la cui valutazione viene effettuata sommando le spese per l’acquisto dei beni di investimento effettuato nel tempo, per un numero di anni pari alla loro vita media , e detraendo da tali spese le corrispondenti quote di ammortamento, cioè le corrispondenti quote di utilizzo economico e fisico degli stessi beni materiali. Va da se che, ove nel tempo si siano verificate variazioni di prezzo, prima di effettuare la somma, occorre esprimere a prezzi costanti, di un dato anno base, le spese per l’acquisto di beni capitali, effettuate per l’impresa nei singoli anni del periodo di vita media considerato. Questo criterio pone duo ordini di problemi: 1. Il calcolo delle quote di ammortamento: che devono essere determinate, tenendo conto del consumo fisico ed economico (obsolescenza) e della quota di beni capitali eliminati dal sistema produttivo, durante l’intervallo che definisce la vita media del bene. I criteri da adottare per il calcolo delle quote di ammortamento sono: − Ammortamento lineare o a quote costanti: ossia 1/n del valore iniziale del bene, dove n è la vita media del bene; − Ammortamento a quote crescenti: con il quale si ipotizza che nei primi anni di vita il bene si deprezza meno rapidamente rispetto agli ultimi anni; − Ammortamento a quote decrescenti: con cui si ipotizza che il deprezzamento di un bene assuma valori più elevati nella fase iniziale e valori trascurabili negli anni terminali della sua vita media. 2. La determinazione della vita media del bene: in tale problematica, un ulteriore inconveniente è rappresentato dal periodo di utilizzazione dei beni da parte delle imprese: si è, infatti parlato, per i beni di vita media. E’ evidente che i beni strumentali impiegati nel processo produttivo, hanno una durata che può variare in modo notevole ed è assurdo ipotizzare che uno stock di capitali prodotti nello stesso anno, esca dal processo produttivo 15 simultaneamente alla fine della propria vita media. In tal senso, una rappresentazione appare quella fornita dalla funzione normale applicata al tasso di eliminazione: secondo questa rappresentazione, nei primi anni di vita pochissimi esemplari, di uno stesso stock di capitale, vengono eliminati dal processo produttivo, il numero degli elementi cresce con l’approssimarsi della vita media dello stock di capitale in oggetto (raggiungendo il suo punto di massimo in coincidenza della vita media) per poi decrescere gradualmente, andando sempre più oltre la vita media (3.8). E’ chiaro che il tasso di sopravvivenza dei beni capitali ha un andamento sinusoidale (3.7). Il “metodo dell’inventario permanente”, si basa sull’assunzione che la consistenza del capitale a una data epoca, sia determinabile mediante il cumulo degli investimenti eseguiti nel passato. 𝐾𝐾𝐿𝐿𝑡𝑡 = 𝐹𝐹𝑡𝑡 + 𝐹𝐹𝑡𝑡−1 +⋯+ 𝐹𝐹𝑡𝑡−𝑗𝑗 + ⋯+ 𝐹𝐹𝑡𝑡−ℎ+1 (3.9) 𝐾𝐾𝐿𝐿𝑡𝑡 = 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑖𝑖𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑙𝑙𝑟𝑟𝑙𝑙𝑙𝑙 𝑣𝑣𝑐𝑐𝑐𝑐𝑣𝑣𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑙𝑙 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐′𝑐𝑐𝑎𝑎𝑎𝑎𝑙𝑙 𝑐𝑐 𝐹𝐹𝑡𝑡−𝑗𝑗 = 𝑖𝑖𝑎𝑎𝑣𝑣𝑐𝑐𝑖𝑖𝑐𝑐𝑖𝑖𝑖𝑖𝑐𝑐𝑎𝑎𝑐𝑐𝑙𝑙 𝑖𝑖𝑎𝑎 𝑏𝑏𝑐𝑐𝑎𝑎𝑖𝑖 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑖𝑖𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑖𝑖 𝑎𝑎𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐′𝑐𝑐𝑎𝑎𝑎𝑎𝑙𝑙 𝑐𝑐 − 𝑗𝑗 ℎ = 𝑣𝑣𝑖𝑖𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑣𝑣𝑐𝑐𝑖𝑖𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑙𝑙𝑐𝑐𝑖𝑖 𝑏𝑏𝑐𝑐𝑎𝑎𝑖𝑖 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑖𝑖𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑖𝑖 La (3.9) è corretta se tutti i beni dell’anno t-j sopravvivono infatti fino all’anno t. in caso contrario, occorre tenere conto della progressiva eliminazione dei beni stessi. ELIMINAZIONE − Scomparsa dei beni al termine della vita utile − Scomparsa accidentale dei beni durante la vita 𝐾𝐾𝐿𝐿𝑡𝑡 = 𝑖𝑖0 ∙ 𝐹𝐹𝑡𝑡 + 𝑖𝑖1 ∙ 𝐹𝐹𝑡𝑡−1 + ⋯+ 𝑖𝑖ℎ−1 ∙ 𝐹𝐹𝑡𝑡−𝑗𝑗 +⋯+ 𝐹𝐹𝑡𝑡−ℎ+1 (3.10) LIVELLI DI SOPRAVVIVENZA 𝑆𝑆𝐽𝐽 = 𝑞𝑞𝑣𝑣𝑙𝑙𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑙𝑙𝑖𝑖 𝑏𝑏𝑐𝑐𝑎𝑎𝑖𝑖 𝑐𝑐𝑟𝑟𝑙𝑙𝑣𝑣𝑐𝑐𝑎𝑎𝑖𝑖𝑐𝑐𝑎𝑎𝑐𝑐𝑖𝑖 𝑙𝑙𝑐𝑐𝑑𝑑𝑐𝑐𝑖𝑖 𝑖𝑖𝑎𝑎𝑣𝑣𝑐𝑐𝑖𝑖𝑐𝑐𝑖𝑖𝑖𝑖𝑐𝑐𝑎𝑎𝑐𝑐𝑖𝑖 𝑙𝑙𝑖𝑖 𝑗𝑗 𝑐𝑐𝑎𝑎𝑎𝑎𝑖𝑖 𝑐𝑐𝑟𝑟𝑖𝑖𝑖𝑖𝑐𝑐,𝑐𝑐𝑎𝑎𝑐𝑐𝑙𝑙𝑟𝑟𝑐𝑐 𝑖𝑖𝑎𝑎 𝑣𝑣𝑖𝑖𝑙𝑙 𝑎𝑎𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐′𝑐𝑐𝑎𝑎𝑎𝑎𝑙𝑙 𝑐𝑐 𝑖𝑖0 = 1,𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑖𝑖𝑐𝑐𝑙𝑙 𝑙𝑙𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐′𝑖𝑖𝑎𝑎𝑣𝑣𝑐𝑐𝑖𝑖𝑐𝑐𝑖𝑖𝑖𝑖𝑐𝑐𝑎𝑎𝑐𝑐𝑙𝑙 𝑖𝑖ℎ = 0,𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑖𝑖𝑐𝑐𝑙𝑙 𝑙𝑙𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑟𝑟𝑖𝑖𝑐𝑐𝑖𝑖𝑟𝑟𝑙𝑙 𝑐𝑐𝑒𝑒𝑒𝑒𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑖𝑖𝑣𝑣𝑙𝑙 La conoscenza dei ritiri 𝑅𝑅𝑡𝑡 dei beni nell’anno t permette di determinare lo stock di capitale lordo nell’anno t, una volta noti: − Valore dello stock iniziale dell’anno; − Investimenti realizzati nel corso dell’anno; − Ritiri effettuati nel corso dell’anno; 𝐾𝐾𝐿𝐿𝑡𝑡 = 𝐾𝐾𝐿𝐿𝑡𝑡−1 + 𝐹𝐹𝑡𝑡 − 𝑅𝑅𝑡𝑡 𝑅𝑅𝑡𝑡 = 𝑟𝑟0 ∙ 𝐹𝐹𝑡𝑡 + 𝑟𝑟1 ∙ 𝐹𝐹𝑡𝑡−1 + ⋯+ 𝑟𝑟ℎ−1 ∙ 𝐹𝐹𝑡𝑡−ℎ+1 + 𝑟𝑟ℎ ∙ 𝐹𝐹𝑡𝑡−ℎ TASSI DI ELIMINAZIONE 𝑟𝑟0 + 𝑟𝑟1 + 𝑟𝑟2 + ⋯+ 𝑟𝑟ℎ−1 + 𝑟𝑟ℎ = 1 L’eliminazione e la sopravvivenza dei beni può essere simulata mediante l’impiego di appropriate funzioni. Le dette funzioni di sopravvivenza/eliminazione, sono di quattro tipologie: − Uscita simultanea − Uscita simultanea modificata 16 USCITA A CAMPANA E’ l’evoluzione “dell’uscita lineare”. Si ipotizza che i ritiri iniziano a partire dall’anno 0, con probabilità crescente, raggiungono il massimo (valore modale) all’anno h e poi decrescono. Es: la curva Normale o di Gauss & la curva Log-normale. Tasso di sopravvivenza Funzione di sopravvivenza uscita a campana 0 anni H (vita media) 2 h Funzione di eliminazione uscita a campana Tasso di sopravvivenza 0 anni H (vita media) 2 h AMMORTAMENTO − Logorio fisico − Obsolescenza economica Se le serie degli investimenti sono immesse nel calcolo dello stock di capitale al netto, sia dei ritiri che degli ammortamenti, si ottiene lo “stock di capitale netto”. 𝐾𝐾𝐾𝐾𝑡𝑡 = 𝐾𝐾𝐾𝐾𝑡𝑡−1 + 𝐹𝐹𝑡𝑡 − 𝑅𝑅𝑡𝑡 − 𝐷𝐷𝑡𝑡 𝐷𝐷𝑡𝑡 = 𝑙𝑙1 ∙ 𝐹𝐹𝑡𝑡−1 + ⋯+ 𝑙𝑙ℎ−1 ∙ 𝐹𝐹𝑡𝑡−ℎ+1 + 𝑙𝑙ℎ ∙ 𝐹𝐹𝑡𝑡−ℎ TASSI DI AMMORTAMENTO 𝑙𝑙1 + 𝑙𝑙2 +⋯+ 𝑙𝑙ℎ−1 + 𝑙𝑙ℎ = 1 FUNZIONE DI AMMORTAMENTO − Quote costanti (lineare) : 𝑙𝑙1 = 𝑙𝑙2 = ⋯ = 𝑙𝑙ℎ = 1 ℎ − Quote crescenti :𝑙𝑙1 < 𝑙𝑙2 < ⋯ < 𝑙𝑙ℎ (𝑐𝑐𝑙𝑙 𝑐𝑐𝑖𝑖𝑐𝑐𝑖𝑖𝑐𝑐𝑖𝑖𝑙𝑙 𝑑𝑑𝑐𝑐𝑙𝑙𝑖𝑖𝑐𝑐𝑐𝑐𝑟𝑟𝑖𝑖𝑐𝑐𝑙𝑙:𝑙𝑙𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑖𝑖𝑎𝑎𝑖𝑖𝑎𝑎𝑑𝑑 𝑏𝑏𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑎𝑎𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑟𝑟𝑎𝑎,𝑐𝑐𝑐𝑐𝑟𝑟𝑐𝑐𝑐𝑐𝑎𝑎𝑐𝑐𝑣𝑣𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑙𝑙𝑖𝑖𝑐𝑐𝑐𝑐𝑎𝑎𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑙𝑙𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑣𝑣𝑐𝑐𝑐𝑐𝑙𝑙𝑟𝑟𝑐𝑐 𝑟𝑟𝑐𝑐𝑖𝑖𝑖𝑖𝑙𝑙𝑣𝑣𝑙𝑙) − Quote variabili (ad esempio in funzione dell’impiego del bene, se rilevabile) 19 MISURE DELLA CAPACITA’ PRODUTTIVA La stima del capitale è un’operazione molto difficile ed i metodi “dell’inventario permanente” e “dell’inventario comune”, non consentono di pervenire a risultati soddisfacenti. Per tale motivo, si preferisce spesso sostituire il concetto di “capitale” con quello di “capacità produttiva” ed utilizzare metodi di valutazione che si basano su detta nozione intesa come: la massima produzione ottenibile nell’unità di tempo con un dato stock di capitale utilizzato a livello normale. Sulla base della nozione di “capacità produttiva”può definirsi il “grado di utilizzazione degli impianti”: come il rapporto tra “la produzione effettivamente ottenuta” e quella “massima ottenibile”. Il concetto di “capacità produttiva”, deve essere distinto in: 1. Capacità produttiva in senso tecnico: si intende l’utilizzazione massima teorica di un impianto, misurato in termini di prodotto realizzabile nell’unità di tempo o di ore di lavoro teoricamente impiegabili per ciascun impianto. In questo senso sorgono problemi di misurazione, in quanto non è facilmente definibile cosa si intende per “livello normale & desiderabile” di sfruttamento degli impianti. E’ evidente che la piena capacità produttiva, non è una costante, in quanto può variare in funzione di molteplici fattori, quali; i tempi di manutenzione e riparazione. 2. Capacità produttiva in senso economico, è un concetto legato a due variabili: − Il comportamento degli imprenditori, condizionato dalla circostanza che un ottimo livello di produzione è associato al raggiungimento del punto minimo della curva dei costi medi e, quindi, della curva dei costi marginali; − Il funzionamento del mercato, che, in condizioni di equilibrio ed in regime di concorrenza perfetta, annulla il valore aggiunto ed il profitto. In tal senso, la “capacità produttiva massima” (che coincide con la capacità produttiva ottima) si ha quando, costo medio e costo marginale sono al minimo, il prezzo ed il ricavo marginale sono uguali e si ha la migliore utilizzazione e la più efficiente allocazione dei fattori produttivi tra tutti i possibili usi. LA MISURAZIONE DELLA CAPACITA’ PRODUTTIVA La capacità produttiva, può essere stimata in base a due diversi criteri che possono essere così schematizzati: a. Misurazioni in ordine qualitativo: misure basate su indagini dirette presso le imprese che consistono in indagini condotte, in Italia, dall’ISCO (International Standard Classification od Occupations), volte a cogliere dagli imprenditori stessi un’impressione sulla capacità produttiva della loro azienda. La domanda posta dall’ISCO, è la seguente: “tenuto conto degli ordini e/o dell’evoluzione della domanda nei prossimi 12 mesi, l’attuale capacità produttiva è considerata più che sufficiente, sufficiente o insufficiente?” risulta evidente che, trattandosi di giudizi soggettivi, i risultati sono approssimativi ed esprimono un clima di ottimismo o di pessimismo sulla capacità produttiva. b. Misurazione di ordine quantitativo: misure basate sulla elaborazione di variabili economiche connesse alla capacità produttiva. Tra questi, i più importanti metodi sono i seguenti: − Metodo del rapporto capitale-prodotto − Metodo della Banca d’Inghilterra − Metodo della Wharton School METODO DEL RAPPORTO CAPITALE-PRODOTTO Questo metodo si fonda sul presupposto che il capitale (k) sia il fattore scarso che limita la produzione. Ne deriva che il concetto di capacità produttiva è quello corrispondente al volume di produzione ottenibile dallo stock di capitale esistente oltre il quale un aumento di produzione comporti investimenti addizionali. 20 In tal senso, la capacità produttiva è un limite economico in cui l’aumento della produzione non può avvenire senza l’aggravio dei costi. Il metodo è basato sulla relazione che lega lo stock di capitale al prodotto ottenibile, a prescindere dai limiti che possono derivare dal lavoro (mancanza di professionalità e scioperi), e dalle materie prime (risorse scarse e ritardi nelle consegne. Esso fornisce una misura della capacità produttiva e del suo grado di utilizzo, riferito al capitale. Posto che 𝐾𝐾𝑡𝑡 indichi lo stock di capitale esistente all’anno t (con t=1,2,…,n) e 𝑌𝑌𝑡𝑡 , il reddito effettivamente prodotto all’anno t, si costruiscono rapporti: 𝑖𝑖𝑡𝑡 = 𝐾𝐾𝑡𝑡 𝑌𝑌𝑡𝑡 E si esamina la serie temporale dei valori 𝑖𝑖1,𝑖𝑖2, … al fine di individuare l’anno 𝑐𝑐0 nel quale il suddetto rapporto risulta più basso. Il rapporto 𝑖𝑖𝑡𝑡0 relativo a tale anno, viene assunto come quello corrispondente alla piena utilizzazione della capacità produttiva e viene usato per determinare in che misura il sistema si allontana dalla piena utilizzazione delle risorse. I valori del quoziente: 𝑖𝑖𝑡𝑡0 𝑖𝑖1 , 𝑖𝑖𝑡𝑡0 𝑖𝑖2 , … , 𝑖𝑖𝑡𝑡0 𝑖𝑖𝑡𝑡 Rappresentano gli indicatori del grado di utilizzo della capacità produttiva. Per l’applicazione di questo metodo si procede nel modo seguente: − Si calcola la sede serie storica del rapporto “capitale-prodotto” 𝐾𝐾𝑡𝑡 𝑌𝑌𝑡𝑡 da un tempo base (0) al tempo corrente (t); − Si sceglie l’anno in cui il rapporto precedente più basso, poiché in esso si suppone che il capitale abbia generato la maggiore capacità produttiva, che è quella da ritenere massima; − Si calcola la serie storica della capacità produttiva e del relativo grado di utilizzo rispetto al massimo. Si noti che l’ipotesi su cui poggia tale metodo è la costanza della produttività del capitale. In realtà, tale ipotesi non è veritiera, in quanto il progresso tecnico e la concorrenza fanno si che si realizzino impianti sempre più efficienti a costi sempre più bassi. Ciò significa che la produttività del capitale è tendenzialmente crescente, mentre il rapporto capitale-prodotto è tendenzialmente decrescente. Risulta quindi necessario depurare la serie storica del rapporto capitale-prodotto, dalla sopradetta componente tendenziale, a tal fine, uno dei metodi più usati è il metodo grafico che consiste nell’interpolare la serie storica del rapporto capitale-prodotto 𝐾𝐾𝑡𝑡 𝑌𝑌𝑡𝑡 in una funzione lineare del tipo 𝐾𝐾𝑡𝑡 𝑌𝑌𝑡𝑡 = 𝑐𝑐 + 𝑏𝑏𝑐𝑐. Determinati i parametri a & b con il metodo dei “minimi quadrati”, si calcolano i valori teorici del rapporto capitale- prodotto �𝐾𝐾𝑡𝑡 𝑇𝑇𝑡𝑡 � e si stima la componente tendenziale calcolando le variazioni tra i valori teorici e la loro media; sottraendo dai valori originari del rapporto capitale-prodotto, le stime della componente tendenziale, si ottiene la serie storica del rapporto capitale-prodotto depurata e di questa serie storica si considera l’anno in cui il rapporto capitale- prodotto è minimo, quale anno di riferimento in cui la capacità produttiva è stata utilizzata al massimo. A questo metodo sono state mosse diverse critiche: 1. Oltre quella attinente alla variabilità del rapporto capitale-prodotto (come si è visto, tendenzialmente decrescente); 2. Un’altra critica riguarda la valutazione del capitale che non sempre esprime un dato di fatto, nel qual caso la capacità produttiva risulta sovrastimata; 3. Da un punto di vista teorico non sembra sussistere alcun motivo per cui al valore minimo del rapporto K/Y debba coincidere il pieno utilizzo della capacità produttiva. 21 Popolazione non attiva: − Popolazione prescolare − Popolazione scolare − Studenti − Casalinghe − Pensionati & invalidi Tasso di occupazione = 𝑂𝑂 𝐹𝐹𝐿𝐿 = 𝑝𝑝𝑜𝑜𝑜𝑜𝑜𝑜𝑝𝑝𝑎𝑎𝑡𝑡𝑖𝑖 𝑓𝑓𝑝𝑝𝑖𝑖𝑝𝑝𝑎𝑎 𝑝𝑝𝑎𝑎𝑣𝑣𝑝𝑝𝑖𝑖𝑝𝑝 Tasso di disoccupazione = 𝐷𝐷 𝐹𝐹𝐿𝐿 = 𝑑𝑑𝑖𝑖𝑑𝑑𝑝𝑝𝑜𝑜𝑜𝑜𝑜𝑜𝑝𝑝𝑎𝑎𝑡𝑡𝑖𝑖 𝑓𝑓𝑝𝑝𝑖𝑖𝑝𝑝𝑎𝑎 𝑝𝑝𝑎𝑎𝑣𝑣𝑝𝑝𝑖𝑖𝑝𝑝 NOZIONE E MISURA DEL CAPITALE UMANO Il capitale umano come fattore della produzione corrisponde al valore della quota di popolazione in età lavorativa, compresa per convenzione tra 15 & 65 anni, che partecipa al processo produttivo e, quindi, coincide con il valore degli occupati in un dato istante di tempo. Ai fini del calcolo, esso si distingue in: − Capitale umano tangibile − Capitale umano intangibile Nelle due ulteriori configurazioni di “capitale lordo & netto”. 1. Il capitale umano tangibile (lordo e netto): rappresenta il valore della forza lavoro che in dato istante partecipa al processo produttivo. Esso si può calcolare sulla base delle spese necessarie per allevare i singoli individui dalla nascita fino all’età di ingresso nel mondo del lavoro e capitalizzando le spese per l’allevamento (spese per alimentazione, vestiario, abitazione). 2. Il capitale umano intangibile: si ottiene, invece, capitalizzando tutte le spese che migliorano la qualità e la produttività del capitale umano tangibile e che si traducono nell’aumento della capacità di produrre reddito, monetario e non (spese per l’istruzione, la formazione e l’aggiornamento professionale). Per entrambi gli aggregati, le versione al lordo ed al netto, differiscono per l’ammortamento che, in questo caso, corrisponde al consumo di capitale umano fra le età di ingresso e di uscita dal mercato del lavoro. Per stimare il valore del “capitale umano tangibile”, si utilizza un “metodo retrospettivo” che: si basa sull’assunto di base secondo il quale il valore di un individuo è uguale al costo del suo allevamento. Se, invece si utilizza un “approccio prospettivo” si fa riferimento al valore attuale dei redditi che il singolo individuo è presumibilmente in grado di realizzare in futuro. A tal fine è necessario conoscere la distribuzione delle forze lavoro per gruppi o qualifiche professionali ed il reddito medio unitario per le singole qualifiche. Quindi, indicando con 𝑐𝑐0𝑗𝑗 il numero dei lavoratori con qualifica j al tempo 0 e posto ∑ 𝑐𝑐𝑗𝑗 0𝑗𝑗 = 𝐿𝐿0 , si calcola il valore medio di un lavoratore di età x come differenza tra il valore attuale probabile dei redditi che il lavoratore riceverà in media dall’attività futura e di valore attuale probabile delle spese di consumo che dovrà sostenere. I valori attuali si determinano sulla base delle probabilità di sopravvivenza dopo l’età x e riportando al valore attuale sia i redditi che le spese. Per ciascun gruppo professionale j e per le singole età x, si determina per il tempo t un valore 𝑣𝑣𝑡𝑡𝑗𝑗𝑡𝑡 . La media di questi valori, ponderata con pesi proporzionali alle frequenze delle età o classi di età, fornisce il valore medio monetario del gruppo j e della distribuzione per età nell’ambito del gruppo. Il prodotto 𝑐𝑐𝑡𝑡𝑗𝑗 ∙ 𝑣𝑣𝑡𝑡𝑗𝑗𝑛𝑛 rappresenta il valore monetario dei lavoratori occupati al tempo t aventi la qualifica professionale j. Il criterio di valutazione che si suggerisce di adottare per la stima del capitale umano come fattore produttivo e quello basato sulla seguente uguaglianza: 24 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑖𝑖𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑣𝑣𝑖𝑖𝑐𝑐𝑎𝑎𝑙𝑙 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐′𝑐𝑐𝑎𝑎𝑎𝑎𝑙𝑙𝑐𝑐 = 𝑖𝑖𝑐𝑐𝑐𝑐𝑖𝑖𝑐𝑐 𝑖𝑖𝑙𝑙𝑖𝑖𝑐𝑐𝑐𝑐𝑎𝑎𝑣𝑣𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑟𝑟 𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑒𝑒𝑙𝑙𝑟𝑟𝑖𝑖𝑐𝑐𝑓𝑓𝑖𝑖𝑙𝑙𝑎𝑎𝑐𝑐 𝑙𝑙𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑟𝑟𝑖𝑖𝑙𝑙𝑎𝑎𝑐𝑐 𝑖𝑖𝑎𝑎 𝑐𝑐𝑐𝑐à 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑖𝑖𝑣𝑣𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐′𝑐𝑐𝑎𝑎𝑎𝑎𝑙𝑙 La cui attuazione passa per le seguenti fasi: a. Determinazione dell’età di ingresso nel mondo del lavoro – 15 anni; b. Calcolo della popolazione in termini di unità adulte di consumo; c. Calcolo dei consumi per unità adulte di consumo; d. Espressione dei valori a prezzi di uno stesso anno base; e. Somma delle spese sostenute negli anni della formazione (0/14 anni); RELAZIONI TRA DOMANDA ED OFFERTA DI LAVORO Si definisce la domanda di lavoro come il numero dei lavoratori richiesti dalle imprese per essere immessi nel processo produttivo, esistono due ipotesi sulla relazione tra domanda ed offerta di lavoro: − Ipotesi del lavoratore scoraggiato: secondo cui l’offerta di lavoro tende a diminuire, a parità di popolazione, quanto più bassa è la domanda di lavoro, e viceversa (esisterebbe dunque una relazione diretta tra domanda e offerta); − Ipotesi del lavoratore addizionale: secondo cui fra domanda ed offerta di lavoro sussiste una relazione inversa, nel senso che al crescere dell’occupazione diminuisce l’offerta e viceversa. Una spiegazione grafica delle due teorie precedenti può essere fornita ricorrendo al c.d. Mincer & Tella offerta b > 0 b < 0 domanda secondo cui il tasso di attività (FL/P) è una funzione lineare del tasso di occupazione (O/P), per cui si ha: 𝐹𝐹𝐿𝐿 𝑃𝑃 = 𝑐𝑐 + 𝑏𝑏 𝑂𝑂 𝑃𝑃 b > 0 , indica la prevalenza del lavoro scoraggiato, per cui domanda ed offerta sono in relazione diretta; b < 0 , indica la prevalenza del lavoratore addizionale, per cui la domanda e l’offerta sono in relazione inversa. LA LEGGE DI OKUN Essa studia l’elasticità dell’occupazione rispetto alla produzione, ossia come varia il livello di occupazione al variare del volume di produzione. Okun giunge alla conclusione che il livello di occupazione è funzione diretta del volume di produzione, ossia che all’aumentare della produzione si ha un aumento immediato anche dell’occupazione. Formalmente il livello degli occupati dell’industria al tempo 𝑐𝑐 (𝐿𝐿𝑡𝑡) è la funzione del valore aggiunto del settore industriale al tempo 𝑐𝑐 (𝑉𝑉𝑉𝑉𝑡𝑡) , del livello degli occupati dell’industria dell’anno precedente (𝐿𝐿𝑡𝑡−1) e gli effetti del capitale e del progresso tecnologico (T), per cui si ha 𝐿𝐿𝑡𝑡 = 𝑒𝑒 [𝑉𝑉𝑉𝑉𝑡𝑡 ,𝐿𝐿𝑡𝑡−1 ,𝑇𝑇] 25 FORZE LAVORO E CRESCITA ECONOMICA La crescita economica di un Paese trova un efficace indicatore nella crescita del reddito pro-capite (Y), in tale senso il reddito pro-capite è funzione delle seguenti variabili: a. Quota della popolazione in età produttiva (𝑥𝑥1 = 𝑃𝑃14−65 / P ) b. Tasso di attività generico (𝑥𝑥2 = 𝑃𝑃𝑃𝑃 / P ) c. Tasso di attività specifico ( 𝑥𝑥3 = 𝑃𝑃𝑃𝑃𝑖𝑖 / 𝑃𝑃𝑖𝑖 ) d. Reddito prodotto per occupato (𝑥𝑥4 = 𝑌𝑌 / O ) e. Occupai su forza lavoro (𝑥𝑥5 = 𝑂𝑂 / 𝐹𝐹𝐿𝐿 ) Quindi la funzione del reddito pro-capite è la seguente: 𝑌𝑌 = 𝑒𝑒 (𝑥𝑥1,𝑥𝑥2, 𝑥𝑥3,𝑥𝑥4,𝑥𝑥5) 26 Ovvero: 𝑃𝑃𝐼𝐼𝐿𝐿 = 𝑐𝑐𝑒𝑒 − (𝑖𝑖1 + 𝑖𝑖2) Dunque il Pil è pari alla differenza tra la “produzione finale” ed i “prodotti intermedi importati”. Poiché nella realtà, la produzione di beni e servizi finali, è costituita dai beni e servizi destinati al consumo finale (C), dai beni destinati all’investimento o alla formazione del capitale (F) e dai beni e servizi destinati all’esportazione (E), denominate (M) le importazioni, si può scrivere: 𝑃𝑃𝐼𝐼𝐿𝐿 = 𝐶𝐶 + 𝐹𝐹 + 𝐸𝐸 −𝑀𝑀 Ovvero: 𝑃𝑃𝐼𝐼𝐿𝐿 + 𝑀𝑀 = 𝐶𝐶 + 𝐹𝐹 + 𝐸𝐸 In generale, il PIL si determina come la somma del 𝑃𝑃𝐼𝐼𝐿𝐿𝑝𝑝𝑝𝑝 delle singole imprese; ma, in particolare, se si fa riferimento allo schema SEC95, si determina il 𝑃𝑃𝐼𝐼𝐿𝐿𝑝𝑝𝑝𝑝 delle singole branche. Infatti, questo schema distingue le varie unità di produzione omogenea e le raggruppa in diverse branche e settori, quali: − le branche di beni e servizi destinabili alla vendita: distinte nei settori dell’industria, agricoltura e servizi; − le branche dei servizi non destinabili alla vendita: distinta nei settori della Pubblica Amministrazione ed i servizi prodotti dal settore delle famiglie. La valutazione del PIL delle branche dei beni e servizi destinabili alla vendita è compiuta dall’ISTAT ed è pari alla somma tra le valutazioni del prodotto lordo (PL) dei singoli settori delle branche. Per contro, il calcolo del “prodotto lordo” delle branche che producono servizi non destinabili alla vendita si risolve essenzialmente nel calcolo del “prodotto lordo della Pubblica Amministrazione, in quanto il “prodotto lordo“ degli altri settori ha natura residuale. Il prodotto lordo della Pubblica Amministrazione è ottenuto dall’ISTAT, valutando direttamente gli elementi che costituiscono il valore aggiuntivo, in quanto non è possibile calcolarlo come differenza tra produzione e costi intermedi, dato che i servizi prestati da tale settore non hanno un prezzo di mercato. Analogo procedimento è seguito dall’ISTAT per il calcolo del “prodotto lordo delle istituzioni sociali private e dei servizi domestici”. A questo punto, è opportuno ricordare che il sistema SEC95, si fonda sull’assunto fondamentale secondo cui l’operatore famiglie è un operatore che effettua solo consumi; risulta, dunque, evidente che, sulla base di tale assunto, la valutazione delle risorse prodotte che formano o potrebbero formare oggetto di scambio sul mercato (unica valutazione oggetto di rilevazione del sistema SEC95) tende a non coincidere con l’effettivo ammontare di risorse prodotte ed utilizzate dalla collettività. Ciò si verifica in misura tanto più rilevante quanto maggiore è la quota di risorse prodotte e consumate all’interno dell’operatore famiglie. Circa il passaggio dal 𝑃𝑃𝐼𝐼𝐿𝐿𝑜𝑜𝑓𝑓 al 𝑃𝑃𝐼𝐼𝐿𝐿𝑝𝑝𝑝𝑝 va anche tenuto conto del fatto che, nella realtà economica, le convenzioni su cui si forma la valutazione del PIL della Pubblica Amministrazione (secondo le quali ilo valore dei servizi prodotti è uguale al costo di produzione ed i servizi prodotti dalla Pubblica Amministrazione sono prestati e consumati dalla collettività gratuitamente) non sono attendibili, in quanto tali servizi sono finanziati dalla Pubblica Amministrazione attraverso l’imposizione fiscale, che per la collettività è un costo traducibile nell’aumento generale dei prezzi e, quindi, in una disutilità. Dunque, nell’acquistare i beni ed i servizi prodotti dalle imprese, l’operatore famiglia, acquista anche una parte di servizi collettivi prodotti dalla Pubblica Amministrazione. Se si accetta questo modello interpretativo, seguono due conseguenze: − aggiungendo al 𝑃𝑃𝐼𝐼𝐿𝐿𝑜𝑜𝑓𝑓 le imposte indirette pagate dalla collettività (F), si ottiene un PIL che presenta un duplicato tanto più elevato quanto maggiore è l’ammontare dei servizi collettivi prodotti dalla Pubblica Amministrazione; 29 − quando tra due tempi i prezzi di mercato variano, la variazione può essere causata non da fattori monetari, ma da un semplice aumento delle aliquote impositive imposte dalla Pubblica Amministrazione per finanziare una maggiore quantità di servizi collettivi. In conclusione, si può dire che il 𝑃𝑃𝐼𝐼𝐿𝐿𝑝𝑝𝑝𝑝 è pari alla somma tra il 𝑃𝑃𝐼𝐼𝐿𝐿𝑝𝑝𝑝𝑝 del settore privato ed il 𝑃𝑃𝐼𝐼𝐿𝐿𝑝𝑝𝑝𝑝 della Pubblica Amministrazione. Ma, poiché la produzione è ottenuta attraverso l’impiego dei fattori produttivi lavoro e capitale, la stessa produzione deve essere ripartita tra i rispettivi detentori dei fattori produttivi. Nella realtà, ciò che viene ripartito, non sono i beni ed i servizi prodotti, ma il loro equivalente monetario: l’equivalente monetario dei beni e dei servizi finali prodotti (cioè il 𝑃𝑃𝐼𝐼𝐿𝐿𝑝𝑝𝑝𝑝) è il reddito interno lordo ai prezzi di mercato (𝑌𝑌𝐼𝐼𝐿𝐿𝑝𝑝𝑝𝑝): 𝑃𝑃𝐼𝐼𝐿𝐿𝑝𝑝𝑝𝑝 = 𝑌𝑌𝐼𝐼𝐿𝐿𝑝𝑝𝑝𝑝 Il (𝑌𝑌𝐼𝐼𝐿𝐿𝑝𝑝𝑝𝑝) fornisce l’aggregato economico che misura il complesso delle remunerazioni dei fattori impiegati nel processo produttivo realizzato dall’intero Paese, indipendentemente dalla residenza dei detentori di tali fattori. IL REDDITO NAZIONALE LORDO DISPONIBILE Il “reddito nazionale lordo ai prezzi di mercato (𝑌𝑌𝐾𝐾𝐿𝐿𝑝𝑝𝑝𝑝)", invece, è l’aggregato che misura il complesso delle remunerazioni dei fattori produttivi impiegati dai residenti di un Paese nel processo produttivo sia del proprio Paese che di tutti gli altri. Esso, è pari alla somma algebrica tra il 𝑌𝑌𝐼𝐼𝐿𝐿𝑝𝑝𝑝𝑝 ed i “redditi netti provenienti dall’estero” (𝑌𝑌𝑝𝑝) , ossia il saldo tra i redditi dei fattori impiegati all’estero da residenti del Paese considerato (𝑌𝑌𝑎𝑎) ed i redditi dei fattori impiegati nel Paese considerato dai residenti all’estero (𝑌𝑌𝑝𝑝) , quindi: 𝑌𝑌𝐾𝐾𝐿𝐿𝑝𝑝𝑝𝑝 = 𝑌𝑌𝐼𝐼𝐿𝐿𝑝𝑝𝑝𝑝 + �𝑌𝑌𝑎𝑎 − 𝑌𝑌𝑝𝑝� = 𝑌𝑌𝐼𝐼𝐿𝐿𝑝𝑝𝑝𝑝 + 𝑌𝑌𝑝𝑝 Gli operatori dei diversi Paesi possono effettuare una serie di trasferimenti unilaterali di reddito che, da un lato, riducono risorse disponibili del Paese cui appartiene l’operatore che li effettua e, accrescono le risorse disponibili del Paese cui appartiene l’operatore che li riceve. Il “reddito nazionale lordo disponibile ai prezzi di mercato 𝑌𝑌𝐾𝐾𝐿𝐿𝐷𝐷𝑝𝑝𝑝𝑝 è dato dalla somma algebrica tra il 𝑌𝑌𝐾𝐾𝐿𝐿𝑝𝑝𝑝𝑝 ed i “trasferimenti correnti netti provenienti dall’estero” (𝑇𝑇𝑜𝑜𝑝𝑝) , ossia il saldo tra i trasferimenti effettuati dai non residenti in favore dei residenti (𝑇𝑇𝑜𝑜𝑎𝑎) ed i trasferimenti effettuati dai residenti in favore dei non residenti (𝑇𝑇𝑜𝑜𝑝𝑝) , per cui si ha: 𝑌𝑌𝐾𝐾𝐿𝐿𝐷𝐷𝑝𝑝𝑝𝑝 = 𝑌𝑌𝐾𝐾𝐿𝐿𝑝𝑝𝑝𝑝 + �𝑇𝑇𝑜𝑜𝑎𝑎 − 𝑇𝑇𝑜𝑜𝑝𝑝� = 𝑌𝑌𝐾𝐾𝐿𝐿𝑝𝑝𝑝𝑝 + 𝑇𝑇𝑜𝑜𝑝𝑝 Esso, a sua volta, può essere destinato al “consumo finale nazionale” (CFN) o al “risparmio nazionale lordo” (SNL), ossia: 𝑌𝑌𝐾𝐾𝐿𝐿𝐷𝐷𝑝𝑝𝑝𝑝 = 𝐶𝐶𝐹𝐹𝐾𝐾 + 𝑆𝑆𝐾𝐾𝐿𝐿 Tra residenti e non residenti del Paese considerato si possono registrare anche i trasferimenti in “conto capitale”, che incidono sul risparmio nazionale lordo disponibile del Paese considerato. Dunque, il risparmio nazionale lordo disponibile (SNLD) è pari alla somma algebrica tra SNL ed i “trasferimenti netti in c/capitale dall’estero” (𝑇𝑇𝑜𝑜𝑜𝑜𝑝𝑝) , ossia il saldo tra i trasferimenti in c/capitale ricevuti dai residenti nel Paese considerato (𝑇𝑇𝑜𝑜𝑜𝑜𝑎𝑎) ed i trasferimenti in c/capitale erogati ai non residenti (𝑇𝑇𝑜𝑜𝑜𝑜𝑝𝑝) , per cui si ha: 𝑆𝑆𝐾𝐾𝐿𝐿𝐷𝐷 = 𝑆𝑆𝐾𝐾𝐿𝐿 + �𝑇𝑇𝑜𝑜𝑜𝑜𝑎𝑎 − 𝑇𝑇𝑜𝑜𝑜𝑜𝑝𝑝� = 𝑆𝑆𝐾𝐾𝐿𝐿 + 𝑇𝑇𝑜𝑜𝑜𝑜𝑝𝑝 LA DISTRIBUZIONE DEL REDDITO NAZIONALE LORDO DISPONIBILE Nel sistema SEC95 la rilevazione del reddito prodotto, viene riferita alle branche i8n cui è stato diviso il sistema economico. Ne consegue che per poter analizzare il reddito distribuito per settori istituzionali occorre preventivamente determinare il reddito prodotto da ciascun settore istituzionale i-esimo (𝑌𝑌𝐿𝐿𝑃𝑃𝑆𝑆𝑖𝑖). 30 Il reddito lordo disponibile dell’i-esimo settore istituzionale (𝑌𝑌𝐿𝐿𝐷𝐷𝑆𝑆𝑖𝑖) è dato dalla somma algebrica tra il reddito prodotto da ciascun settore, i “trasferimenti correnti ricevuti dal settore i da parte degli altri settori” (𝑇𝑇𝑜𝑜𝑎𝑎𝑖𝑖) e i “trasferimenti correnti effettuati dal settore i-esimo ad altri settori” (𝑇𝑇𝑜𝑜𝑝𝑝𝑖𝑖) , per cui: 𝑌𝑌𝐿𝐿𝐷𝐷𝑆𝑆𝑖𝑖 = 𝑌𝑌𝐿𝐿𝑃𝑃𝑆𝑆𝑖𝑖 + 𝑇𝑇𝑜𝑜𝑎𝑎𝑖𝑖 − 𝑇𝑇𝑜𝑜𝑝𝑝𝑖𝑖 Nei diversi conti accesi, la prima componente è rappresentata dal c.d. “risultato lordo di gestione” (RLG) pari al saldo tra il prodotto lordo ai prezzi di mercato (𝑃𝑃𝐿𝐿𝑝𝑝𝑝𝑝) , quale entrata nel settore, e le voci in uscita costituite dai redditi da lavoro dipendente (𝑊𝑊𝑝𝑝) e dalle imposte indirette nette (IIN), per cui: 𝑅𝑅𝐿𝐿𝐺𝐺 = 𝑃𝑃𝐿𝐿𝑝𝑝𝑝𝑝 −𝑊𝑊𝑝𝑝 − 𝐼𝐼𝐼𝐼𝐾𝐾 LA DISTRIBUZIONE DEL REDDITO NAZIONALE SECONDO I PERCETTORI In Italia, si procede alla rilevazione del reddito distribuito e re-distribuito. Tale rilevazione è generalmente finalizzata all’analisi della distribuzione del reddito prodotto tra i percettori per misurarne il “grado di disuguaglianza”. La rilevazione viene effettuata con riferimento al reddito monetario percepito dalle famiglie: si tratta di un aggregato che è il saldo tra il reddito disponibile per le famiglie e le imposte fiscali e parafiscali prelevate dalla Pubblica Amministrazione al netto dei trasferimenti erogati dalla Pubblica Amministrazione alle famiglie. L’indagine viene compiuta dall’ISTAT su un campione di famiglie appartenenti a tutti i Comuni capoluogo di provincia o con almeno 50.000 abitanti. L’UTILIZZAZIONE DEL REDDITO NAZIONALE LORDO DISPONIBILE Precedentemente si è illustrata la determinazione del 𝑌𝑌𝐾𝐾𝐿𝐿𝐷𝐷𝑝𝑝𝑝𝑝 espressa nel seguente modo: 𝑌𝑌𝐾𝐾𝐿𝐿𝐷𝐷𝑝𝑝𝑝𝑝 = 𝑌𝑌𝐾𝐾𝐿𝐿𝑝𝑝𝑝𝑝 + �𝑇𝑇𝑜𝑜𝑎𝑎 − 𝑇𝑇𝑜𝑜𝑝𝑝� = 𝑌𝑌𝐾𝐾𝐿𝐿𝑝𝑝𝑝𝑝 + 𝑇𝑇𝑜𝑜𝑎𝑎 Così determinato, il reddito può essere consumato o risparmiato, tale circostanza viene espressa con la seguente equazione: 𝑌𝑌𝐾𝐾𝐿𝐿𝐷𝐷𝑝𝑝𝑝𝑝 = 𝐶𝐶𝐹𝐹𝐾𝐾 + 𝑆𝑆𝐾𝐾𝐿𝐿 Il problema che si pone è la determinazione dei consumi finali nazionali privati (CFN), poiché determinati questi si ottiene, il risparmio nazionale lordo (SNL). La valutazione dei CFN può essere fatta solo dopo la loro definizione, per la quale occorre far riferimento alla convenzione fondamentale alla base del sistema SEC95, secondo cui solo l’operatore imprese effettua la produzione di beni e servizi e solo l’operatore famiglie effettua il consumo dei beni e dei servizi prodotti dalle imprese. In base a questa convenzione, i CFN coincidono con il totale delle spese effettive e figurative sostenute, dalle famiglie residenti nel Paese considerato. Tale definizione, presuppone che tutta la spesa sostenuta dalle famiglie, esprima un “consumo finale”, cioè un atto mediante il quale si soddisfa un bisogno “distruggendo” il bene o servizio utilizzato. In realtà. Se si pensa ai diversi beni di consumo durevoli acquistati dalle famiglie (auto, elettrodomestici ecc…), ci si accorge che questa convenzione non è molto veritiera. L’evoluzione del sistema econo9mico ha fatto si che la quantità di servizi prodotti dalle famiglie al loro interno è aumentata a dismisura, divenendo un aggregato molto cospieno in termini di valore; questa circostanza richiede una revisione degli schemi di contabilità nazionale e del sistema SEC95 che appare ormai improrogabile. 31 • Esportazioni: costituite dai beni (merci) e servizi, trasferiti da operatori residenti a operatori non residenti (Resto del Mondo). Rappresentano quindi la componente esterna della domanda di beni e servizi. CRITERI DI VALUTAZIONE DEL VALORE AGGIUNTO Il sistema dei prezzi in cui può essere espresso il valore aggiunto varia a seconda del tipo di aspetto che ci interessa mettere in evidenza. 1. Valore aggiunto al costo dei fattori: considera unicamente la somma delle retribuzioni dei fattori produttivi e del ammortamenti. Non comprende alcun tipo di imposta, né sui prodotti né sulla produzione. La valutazione al costo dei fattori misura, quindi, l’aggregato più adatto per le analisi sulla capacità produttiva di un sistema economico, sulla produttività e l’efficienza dell’utilizzo dei fattori. 2. Valore aggiunto a prezzi base: è il saldo tra la produzione ed i consumi intermedi, in cui la produzione è valutata ai prezzi di base, cioè al netto delle imposte sui prodotti ed al lordo dei contributi ai prodotti. I “prezzi base”: rappresentano la somma dei costi effettivamente sostenuti dal produttore, compresa la parte di costo che viene sostenuta dalle Amministrazioni Pubbliche (i contributi sui prodotti, rispondono, infatti, all’obiettivo di mantenere bassi i prezzi di vendita di alcuni prodotti, pur assicurando un adeguato rientro economico al produttore). 3. Valore aggiunto a prezzi di mercato: è il valore aggiunto ai prezzi di base aumento delle imposte sui prodotti (IVA esclusa) e al netto dei contributi ai prodotti. A livello aggregato, la somma dei valori aggiunti settoriali, rappresenta il prodotto finale, la creazione di nuove risorse reali da parte del sistema economico del Paese. Poiché gli impieghi delle risorse vengono valutati ai prezzi significativi per l’acquirente, il prodotto interno lordo viene valutato ai prezzi di mercato, per assicurare l’uguaglianza tra offerta e domanda di beni e servizi finali. CLASSIFICAZIONE DELLE OPERAZIONI ECONOMICHE I diversi soggetti economici espletano una molteplicità di operazioni, le quali possono suddividersi in tre grandi gruppi: • Operazioni su beni e servizi: in tale gruppo rientrano le operazioni che si concretizzano nella produzione, nel consumo e nella formazione del capitale. • Operazioni di distribuzione e redistribuzione del reddito e della ricchezza: sono quelle operazioni che si attuano attraverso la remunerazione dei fattori produttivi ed i trasferimenti (pensioni). • Operazioni finanziarie: tale gruppo accoglie il complesso delle operazioni che producono modificazioni nell’ammontare dei crediti e dei debiti di ciascun settore verso gli altri e/o di ciascun Paese verso il Resto del Mondo. Un’altra classificazione utilizza per le operazioni con l’estero distingue tra: • Operazioni correnti: effettuate con regolarità e continuità dagli operatori: ossia formazione, distribuzione e redistribuzione del reddito; • Operazioni in c/capitale: hanno carattere, producono mutamenti nella consistenza patrimoniale dei soggetti che le effettuano e riguardano la formazione del capitale. LA STRUTTURA DEI CONTI GENERALI DEL PAESE La conoscenza delle operazioni di produzione e distribuzione, non è sufficiente per lo studio dei circuiti attraverso i quali si formano le risorse e si accumula il risparmio. Non è neppure possibile porre in evidenza le relazioni tra i settori istituzionali interni e tra l’intero sistema economico del Paese ed il resto del mondo. Per ovviare a tele mancanza, il sistema SEC95 analizza i circuiti della distribuzione del reddito, facendo si che ciascuno dei conti si riferisca ad uno stadio del circuito economico. 34 Il “conto economico delle risorse e degli impieghi”: rappresenta il bilancio di un Paese, in quanto mostra da un lato il totale delle risorse (entrate) e dall’altro gli impieghi (uscite). Il conto in esame, riassume la situazione economica del Paese, esaminata attraverso la tavola delle interdipendenze settoriali. Il “conto della produzione” raffronta il valore della produzione totale con la somma dei costi sostenuti per ottenerla. I costi di produzione sono suddivisi in due categorie: • Costi o consumi intermedi: rappresentati dal costo sostenuto per l’acquisto di beni da reimpiegare nel processo produttivo; • Costi per l’impiego dei fattori produttivi: rappresentati dalle remunerazioni spettanti ad essi e tra cui figura anche il profitto dell’imprenditore, poiché è un costo a carico della gestione d’impresa che si incorpora nel valore complessivo della produzione. L’aggregato residuale del conto della produzione, che si ottiene sottraendo dal valore della produzione totale, i consumi intermedi, è il “prodotto finale”. Tale differenza a livello di settore o branca produttiva, prende il nome di “valore aggiunto”. Per l’intera economia, la somma dei valori aggiunti forma il “prodotto finale del Paese (PIL)” e sarà aumentato dell’IVA e delle imposte indirette sui prodotti e sulle importazioni al netto dei contributi. Il “conto della generazione dei redditi primari” mostra come il valore aggiunto delle “branche e dei settori istituzionali” ed il “prodotto interno lordo” per l’intera economia, dopo essersi formato nel conto della produzione, viene ripartito tra i fattori produttivi che hanno co9ntribuitoi a produrlo. Il “conto dell’attribuzione dei redditi primari”: illustra l’acquisizione del reddito da parte dei soggetti proprietari dei fattori produttivi. I soggetti ai quali possono essere attribuiti i redditi, sono solo le unità istituzionali, capaci di avere diritti ed assumere responsabilità. Tale conto non può essere compilato per le branche ma solamente per i settori istituzionali. Il “conto della distribuzione secondaria del reddito”: illustra il processo di conversione del saldo dei redditi primari, in reddito disponibile, tramite i trasferimenti correnti, ovvero flussi unilaterali indipendenti dall’impiego dei fattori produttivi. La “distribuzione e la re-distribuzione del reddito”: si concludono fissando l’ammontare di risorse correnti a disposizione degli operatori per gli impieghi finali. Tale aggregato prende il nome di “reddito nazionale disponibile” e viene girato al “conto dell’utilizzazione del reddito disponibile” al fine di essere impiegato per consumo immediato o differito (risparmio). Il “risparmio nazionale” passa al “conto della formazione del capitale” al fine di finanziare, principalmente, gli investimenti fissi lordi. Il saldo del presente conto, indica la capacità del Paese di finanziare i Paesi estero, in caso di segno negativo del saldo, di essere finanziato dall’estero. VEDI SCHEMA PAG. 136. I conti generali del Paese, possono essere definiti come il cuore della contabilità nazionale. I “conti”, si distinguono in: • Il conto di equilibrio dei beni e servizi: che sintetizza i conti costruibili per i singoli gruppi di prodotto scambiati sul mercato intero o importati ed esportati. • I conti delle operazioni correnti e dell’accumulazione: che riepilogano i conti dei cinque settori istituzionali. 35 Il “conto di equilibrio dei beni e servizi”: riassume tutte le operazioni di scambio; lo scopo è quello di illustrare, per gruppi di prodotti, la formazione delle risorse totali e la loro utilizzazione. Esso, inoltre, è molto utile per la capacità di dare informazioni sulle masse globali di beni e servizi scambiati, ma difetta per non dare informazioni sul processo interno di formazione del reddito. Gli “impieghi”: sono registrati nella sezione destra; le “risorse”: nella sezione sinistra. Il conto di equilibrio dei beni e servizi, è equilibrato per definizione e non presenta nessuna voce a saldo. In Italia, il “conto di equilibrio dei beni e servizi” ed il “conto della produzione” formano un unico conto, il c.d. “conto economico delle risorse e degli impieghi”, poiché non è possibile stimare con attendibilità i consumi intermedi: 𝑀𝑀 + 𝑃𝑃𝐼𝐼𝐿𝐿𝑝𝑝𝑝𝑝 = 𝐶𝐶 + 𝐹𝐹 + 𝐺𝐺 + 𝐸𝐸 CONTI DEI SETTORI INTERNI Conto delle risorse e degli impieghi finali = conto di equilibrio dei beni e servizi + conto di produzione Il conto di equilibrio dei beni e servizi, è espresso dalla seguente equazione: 𝑀𝑀 + 𝑃𝑃𝑇𝑇 = 𝐶𝐶 + 𝐹𝐹 + 𝐺𝐺 + 𝐸𝐸 + 𝑖𝑖 Dove: 𝑀𝑀 = 𝑖𝑖𝑖𝑖𝑐𝑐𝑙𝑙𝑟𝑟𝑐𝑐𝑐𝑐𝑓𝑓𝑖𝑖𝑙𝑙𝑎𝑎𝑐𝑐 𝑙𝑙𝑖𝑖 𝑏𝑏𝑐𝑐𝑎𝑎𝑖𝑖 𝑐𝑐 𝑖𝑖𝑐𝑐𝑟𝑟𝑣𝑣𝑖𝑖𝑓𝑓𝑖𝑖 𝑃𝑃𝑇𝑇 = 𝑐𝑐𝑟𝑟𝑙𝑙𝑙𝑙𝑣𝑣𝑓𝑓𝑖𝑖𝑙𝑙𝑎𝑎𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑙𝑙𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑖𝑖 = 𝑐𝑐𝑙𝑙𝑎𝑎𝑖𝑖𝑣𝑣𝑖𝑖𝑖𝑖 𝑖𝑖𝑎𝑎𝑐𝑐𝑐𝑐𝑟𝑟𝑖𝑖𝑐𝑐𝑙𝑙𝑖𝑖 𝐶𝐶 = 𝑐𝑐𝑙𝑙𝑎𝑎𝑖𝑖𝑣𝑣𝑖𝑖𝑖𝑖 𝑒𝑒𝑖𝑖𝑎𝑎𝑐𝑐𝑐𝑐𝑖𝑖 𝐹𝐹 = 𝑖𝑖𝑎𝑎𝑣𝑣𝑐𝑐𝑖𝑖𝑐𝑐𝑖𝑖𝑖𝑖𝑐𝑐𝑎𝑎𝑐𝑐𝑖𝑖 𝑒𝑒𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖 𝑐𝑐𝑙𝑙𝑟𝑟𝑙𝑙𝑖𝑖 𝐺𝐺 = 𝑣𝑣𝑐𝑐𝑟𝑟𝑖𝑖𝑐𝑐𝑓𝑓𝑖𝑖𝑙𝑙𝑎𝑎𝑐𝑐 𝑖𝑖𝑐𝑐𝑙𝑙𝑟𝑟𝑐𝑐𝑐𝑐 𝐸𝐸 = 𝑐𝑐𝑖𝑖𝑙𝑙𝑐𝑐𝑙𝑙𝑟𝑟𝑐𝑐𝑐𝑐𝑓𝑓𝑖𝑖𝑙𝑙𝑎𝑎𝑐𝑐 𝑙𝑙𝑖𝑖 𝑏𝑏𝑐𝑐𝑎𝑎𝑖𝑖 𝑐𝑐 𝑖𝑖𝑐𝑐𝑟𝑟𝑣𝑣𝑖𝑖𝑓𝑓𝑖𝑖 Tale relazione esprime l’uguaglianza tra domanda ed offerta totale di beni e servizi. Questo conto, non ragguaglia sul processo di formazione del reddito e sulla creazione di nuova utilità, poiché vi compare la produzione totale (𝑃𝑃𝑇𝑇) che è un aggregato con numerose duplicazioni per prodotti rimessi nel processo produttivo (i consumi intermedi) e non vi compare un aggregato atto ad esprimere il prodotto finale. I “conti delle operazioni correnti” si riferiscono alla formazione, alla distribuzione ed alla re-distribuzione del reddito, nonché alla sua utilizzazione sotto forma di consumi finali. Essi si compongono dei seguenti conti: 1. Il conto della produzione: illustra le operazioni relative al processo di produzione. Esso comprende, nella sezione delle risorse, la produzione e, nella sezione degli impieghi, i consumi intermedi. Il conto della produzione permette di pervenire ad uno dei saldi più importanti del sistema, il “valore aggiunto”; ossia il valore prodotto da ogni unità, che esercita un attività di produzione ed un aggregato fondamentale: “il prodotto interno lordo”. Il “valore aggiunto”, può essere calcolato al lordo ed al netto degli ammortamenti, nel caso, si parlerà di “valore aggiunto lordo” & “valore aggiunto netto”. A livello totale dell’economia, il conto della produzione comprende tra le risorse anche le imposte al netto dei contributi, permettendo di ottenere il PIL a prezzi di mercato. Dunque, al conto di equilibrio segue il “conto di produzione” espresso dalla seguente equazione: 36 Dato che i settori istituzionali svolgono un complesso di attività che danno luogo ad interessi, rendite, dividendi, l’equazione del conto del reddito è la seguente: 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐 + 𝑌𝑌𝑎𝑎 + 𝑇𝑇𝑜𝑜𝑎𝑎 + 𝑌𝑌𝐾𝐾 = 𝑅𝑅𝐿𝐿𝐺𝐺 + 𝑊𝑊𝑝𝑝 + 𝐼𝐼𝐼𝐼 + 𝑌𝑌𝑝𝑝 + 𝑇𝑇𝑜𝑜𝑝𝑝 Dove: 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐 = 𝑐𝑐𝑙𝑙𝑎𝑎𝑐𝑐𝑟𝑟𝑖𝑖𝑏𝑏𝑣𝑣𝑐𝑐𝑖𝑖 𝑙𝑙𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑟𝑟𝑙𝑙𝑙𝑙𝑣𝑣𝑓𝑓𝑖𝑖𝑙𝑙𝑎𝑎𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐′𝑖𝑖𝑖𝑖𝑐𝑐𝑙𝑙𝑟𝑟𝑐𝑐𝑐𝑐𝑓𝑓𝑖𝑖𝑙𝑙𝑎𝑎𝑐𝑐 𝑌𝑌𝑎𝑎 = 𝑟𝑟𝑐𝑐𝑙𝑙𝑙𝑙𝑖𝑖𝑐𝑐𝑖𝑖 𝑙𝑙𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑖𝑖𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑖𝑖𝑖𝑖𝑐𝑐𝑟𝑟𝑐𝑐𝑖𝑖𝑐𝑐 𝑣𝑣𝑐𝑐𝑟𝑟𝑖𝑖𝑐𝑐𝑐𝑐𝑖𝑖 𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑟𝑟𝑐𝑐𝑖𝑖𝑐𝑐𝑙𝑙 𝑙𝑙𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑖𝑖𝑙𝑙𝑎𝑎𝑙𝑙𝑙𝑙 𝑇𝑇𝑜𝑜𝑎𝑎 = 𝑐𝑐𝑟𝑟𝑐𝑐𝑖𝑖𝑒𝑒𝑐𝑐𝑟𝑟𝑖𝑖𝑖𝑖𝑐𝑐𝑎𝑎𝑐𝑐𝑖𝑖 𝑐𝑐𝑙𝑙𝑟𝑟𝑟𝑟𝑐𝑐𝑎𝑎𝑐𝑐𝑖𝑖 𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑟𝑟𝑐𝑐𝑖𝑖𝑐𝑐𝑙𝑙 𝑙𝑙𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑖𝑖𝑙𝑙𝑎𝑎𝑙𝑙𝑙𝑙 𝑌𝑌𝑝𝑝 = 𝑟𝑟𝑐𝑐𝑙𝑙𝑙𝑙𝑖𝑖𝑐𝑐𝑖𝑖 𝑙𝑙𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑖𝑖𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑖𝑖𝑖𝑖𝑐𝑐𝑟𝑟𝑐𝑐𝑖𝑖𝑐𝑐,𝑐𝑐𝑟𝑟𝑙𝑙𝑣𝑣𝑐𝑐𝑎𝑎𝑖𝑖𝑐𝑐𝑎𝑎𝑐𝑐𝑖𝑖 𝑙𝑙𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑟𝑟𝑐𝑐𝑖𝑖𝑐𝑐𝑙𝑙 𝑙𝑙𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑖𝑖𝑙𝑙𝑎𝑎𝑙𝑙𝑙𝑙 𝑇𝑇𝑜𝑜𝑝𝑝 = 𝑐𝑐𝑟𝑟𝑐𝑐𝑖𝑖𝑒𝑒𝑐𝑐𝑟𝑟𝑖𝑖𝑖𝑖𝑐𝑐𝑎𝑎𝑐𝑐𝑖𝑖 𝑐𝑐𝑙𝑙𝑟𝑟𝑟𝑟𝑐𝑐𝑎𝑎𝑐𝑐𝑖𝑖 𝑙𝑙𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑟𝑟𝑐𝑐𝑖𝑖𝑐𝑐𝑙𝑙 𝑙𝑙𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑖𝑖𝑙𝑙𝑎𝑎𝑙𝑙𝑙𝑙 Il saldo di tale conto è il seguente: 𝑌𝑌𝐾𝐾 = 𝑅𝑅𝐿𝐿𝐺𝐺 + 𝑊𝑊𝑝𝑝 + (𝐼𝐼𝐼𝐼 − 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐) + �𝑌𝑌𝑎𝑎 − 𝑌𝑌𝑝𝑝� + (𝑇𝑇𝑜𝑜𝑎𝑎 − 𝑇𝑇𝑜𝑜𝑝𝑝) Ovvero: 𝑌𝑌𝐾𝐾 = 𝑅𝑅𝐿𝐿𝐺𝐺 + 𝑊𝑊𝑝𝑝 + 𝐼𝐼𝐼𝐼𝐾𝐾 + 𝑌𝑌𝑝𝑝 + 𝑇𝑇𝑜𝑜𝑝𝑝 I redditi da capitale/impresa comprendono, oltre agli interessi, le rendite, i dividendi e gli utili. Le imposte indirette sulla produzione e sulle importazioni, rappresentano dei versamenti obbligatori a carico dei produttori sulla produzione e sugli scambi; tale imposte vengono prelevate sia dalla Pubblica Amministrazione sia dalla CEE. I contributi alla produzione vengono corrisposti dalla Pubblica Amministrazione e dalla CEE ai produttori allo scopo di contenere i prezzi di vendita. I conti delle operazioni correnti terminano con il “conto dell’utilizzazione del reddito disponibile”, che mostra come reddito disponibile a disposizione degli operatori venga utilizzato dagli stessi per impieghi finali. Il “reddito nazionale disponibile” è quella parte del reddito a disposizione degli operatori che viene utilizzato per i consumi finali e per il risparmio. Il conto dell’utilizzazione del reddito disponibile, registra, fra le Entrate, il Reddito Nazionale Disponibile e, fra le Uscite il totale dei consumi finali individuali e collettivi effettuati dagli operatori. La voce a saldo del conto è il “risparmio” (lordo & netto). Il “risparmio”, inteso come la capacità di incrementare il patrimonio, è definito come “importo” (positivo o negativo) che deriva dalle operazioni concernenti l’utilizzazione del reddito disponibile. Se il risparmio è positivo, il reddito non speso, è utilizzato per acquistare attività o estinguere passività; se il risparmio è negativo talune attività sono liquidate o alcune passività aumentano. In altre parole, esso esprime come il reddito disponibile del Paese si divide tra consumi finali e risparmio. L’equazione del conto è la seguente: 𝐶𝐶𝐹𝐹𝐾𝐾 + 𝑆𝑆𝐾𝐾𝐿𝐿 = 𝑌𝑌𝐾𝐾𝐿𝐿𝐷𝐷 Il saldo è: 𝑆𝑆𝐾𝐾𝐿𝐿 = 𝑌𝑌𝐾𝐾𝐿𝐿𝐷𝐷 − 𝐶𝐶𝐹𝐹𝐾𝐾 Dove: 𝐶𝐶𝐹𝐹𝐾𝐾 = 𝑐𝑐𝑙𝑙𝑎𝑎𝑖𝑖𝑣𝑣𝑖𝑖𝑖𝑖 𝑒𝑒𝑖𝑖𝑎𝑎𝑐𝑐𝑐𝑐𝑖𝑖 𝑎𝑎𝑐𝑐𝑓𝑓𝑖𝑖𝑙𝑙𝑎𝑎𝑐𝑐𝑐𝑐𝑖𝑖 𝑆𝑆𝐾𝐾𝐿𝐿 = 𝑟𝑟𝑖𝑖𝑖𝑖𝑐𝑐𝑐𝑐𝑟𝑟𝑖𝑖𝑖𝑖𝑙𝑙 𝑎𝑎𝑐𝑐𝑓𝑓𝑖𝑖𝑙𝑙𝑎𝑎𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑙𝑙𝑟𝑟𝑙𝑙𝑙𝑙 39 I consumi finali nazionali si ottengono detraendo dai consumi finali interni effettuati dai non residenti, i consumi finali effettuati all’estero dai cittadini residenti nel Paese considerato. Il saldo di questo conto esprime il risparmio nazionale lordo, da cui detraendo gli ammortamenti si ottiene il risparmio nazionale netto. I CONTI DELL’ACCUMULAZIONE ED I CONTI PATRIMONIALI I “conti dell’accumulazione” sono conti che registrano le diverse cause delle variazioni delle attività e delle passività delle unità, nonché la variazione del loro patrimonio netto. Tale gruppo di conto si compone del conto del capitale, del conto finanziario e del conto delle altre variazioni delle attività e passività. 1. Il “conto del capitale” evidenzia il processo di finanziamento della formazione lorda di capitale, evidenzia come il fabbisogno di investimenti sia stato finanziato dal risparmio e se si è realizzato un indebitamento o un accreditamento in conto capitale (il saldo del conto) in presenza di squilibri tra entrate ed uscite. Il conto del capitale permette di determinare la misura in cui le acquisizioni di attività non finanziarie sono state finanziate con il risparmio oppure con trasferimenti in conto capitale. Il suo “saldo”, può essere o un “accreditamento” oppure un “indebitamento”. 2. Il “conto delle variazioni del patrimonio netto dovuto al risparmio ed ai trasferimenti in conto capitale” permette di determinare le variazioni del patrimonio netto, dovute al risparmio ed ai trasferimenti in conto capitale. 3. Il “conto delle acquisizioni di attività fruttifere” registra le acquisizioni di attività non finanziarie allo scopo di passare dal concetto di variazioni di patrimonio netto, dovute al risparmio ed ai trasferimenti in conto capitale, alle nozioni di accreditamento o indebitamento. 4. Il “conto finanziario” registra le variazioni delle attività e delle passività finanziarie che compongono le voci “accreditamento o indebitamento”. Illustra i modi secondo i quali il Paese si indebita o concede prestiti agli altri Paesi. Esso rileva le transazioni monetarie e finanziarie, mediante le quali ciascun settore dell’economia assume debiti o concede crediti agli altri settori. L’equazione del conto è la seguente: 𝑂𝑂𝐹𝐹𝑉𝑉 + 𝑆𝑆 = 𝑂𝑂𝐹𝐹𝑃𝑃 Il suo saldo è: 𝑆𝑆 = 𝑂𝑂𝐹𝐹𝑃𝑃 − 𝑂𝑂𝐹𝐹𝑉𝑉 Dove: 𝑂𝑂𝐹𝐹𝑉𝑉 = 𝑙𝑙𝑐𝑐𝑐𝑐𝑟𝑟𝑐𝑐𝑓𝑓𝑖𝑖𝑙𝑙𝑎𝑎𝑖𝑖 𝑒𝑒𝑖𝑖𝑎𝑎𝑐𝑐𝑎𝑎𝑓𝑓𝑖𝑖𝑐𝑐𝑟𝑟𝑖𝑖𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑖𝑖𝑣𝑣𝑐𝑐 𝑂𝑂𝐹𝐹𝑃𝑃 = 𝑙𝑙𝑐𝑐𝑐𝑐𝑟𝑟𝑐𝑐𝑓𝑓𝑖𝑖𝑙𝑙𝑎𝑎𝑖𝑖 𝑒𝑒𝑖𝑖𝑎𝑎𝑐𝑐𝑎𝑎𝑓𝑓𝑖𝑖𝑐𝑐𝑟𝑟𝑖𝑖𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑣𝑣𝑐𝑐 𝑆𝑆 = 𝑖𝑖𝑐𝑐𝑐𝑐𝑙𝑙𝑙𝑙 𝑙𝑙𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑖𝑖𝑣𝑣𝑖𝑖𝑐𝑐à 𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑣𝑣𝑖𝑖𝑐𝑐à 𝑒𝑒𝑖𝑖𝑎𝑎𝑐𝑐𝑎𝑎𝑓𝑓𝑖𝑖𝑐𝑐𝑟𝑟𝑖𝑖𝑐𝑐, 𝑐𝑐ℎ𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑙𝑙𝑖𝑖𝑎𝑎𝑐𝑐𝑖𝑖𝑙𝑙𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑙𝑙𝑎𝑎 𝑖𝑖𝑐𝑐 𝑖𝑖𝑐𝑐𝑐𝑐𝑙𝑙𝑙𝑙 𝑙𝑙𝑖𝑖 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑟𝑟𝑐𝑐𝑙𝑙𝑖𝑖𝑐𝑐𝑐𝑐𝑖𝑖𝑐𝑐𝑎𝑎𝑐𝑐𝑙𝑙 𝑙𝑙 𝑖𝑖𝑎𝑎𝑙𝑙𝑐𝑐𝑏𝑏𝑖𝑖𝑐𝑐𝑐𝑐𝑖𝑖𝑐𝑐𝑎𝑎𝑐𝑐𝑙𝑙 𝑟𝑟𝑖𝑖𝑖𝑖𝑣𝑣𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑎𝑎𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑙𝑙𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑙𝑙𝑎𝑎𝑐𝑐𝑙𝑙 𝑙𝑙𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑒𝑒𝑙𝑙𝑟𝑟𝑖𝑖𝑐𝑐𝑓𝑓𝑖𝑖𝑙𝑙𝑎𝑎𝑐𝑐 𝑙𝑙𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑖𝑖𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐. Secondo la “partita doppia”, il conto presenta due sezioni: 1. Nella prima, vengono registrate le variazioni intervenute nelle “attività finanziarie” del Paese considerato, le c.d. “variazioni nei crediti” 2. Nella seconda sezione si scrivono, invece, le variazioni intervenute nelle “passività finanziarie”, le c.d. “variazioni nei debiti” Il saldo esprime il “finanziamento netto concesso o ricevuto” dal Paese considerato. Il metodo di calcolo impiegato nel conto, è quello della c.d. “registrazione netta”, il quale impone la registrazione della sola variazione di consistenza delle attività o delle passività nel periodo considerato. Infine, “il conto delle variazioni delle altre attività e passività”, si compone di altre due varianti: 1. Il conto delle altre variazioni di volume delle attività e passività: i cui movimenti incidono sul patrimonio netto dei conti patrimoniali delle unità, movimenti denominati “ variazioni del patrimonio netto dovute ad altre variazioni di volume delle attività e passività” 40 2. Il conto della rivalutazione delle attività e delle passività: che registra le variazioni di valore delle attività e delle passività conseguenti ad una variazione dei loro prezzi. I “conti patrimoniali”: hanno lo scopo di fotografare le attività, le passività ed il patrimonio netto delle unità all’inizio ed alla fine del periodo contabile, illustrando le variazioni tra i conti patrimoniali. I conti sono i seguenti: − Conto patrimoniale di apertura; − Conto delle variazioni patrimoniali; − Conto patrimoniale di chiusura; 1. Il conto patrimoniale di apertura: registra il valore delle attività e delle passività detenute dalle unità istituzionali all’inizio del periodo contabile. La loro valutazione è effettuata a prezzi correnti, all’inizio del periodo contabile. Il saldo è il patrimonio netto a inizio periodo. 2. Il conto delle variazioni patrimoniali: registra le variazioni di valore delle attività e delle passività nel corso del periodo contabile. 3. Nel conto patrimoniale di chiusura: infine, si registra il valore delle attività e delle passività detenute dalle unità alla fine del periodo contabile. Il saldo tra le attività e passività costituisce il “patrimonio netto”, al fine del periodo contabile. L’ISTAT, produce le informazioni di contabilità nazionale nel rispetto di regole prefissate a livello europeo, ma con tutte le stime di carattere statistico, anche queste possono risentire di fenomeni quali: − Parziale incompletezza delle informazioni − Eventuale loro non precisa classificazione − Presenza di errori di carattere campionario Il processo di affinamento e revisione dei dati, ha termine a quattro anni di distanza dall’anno di riferimento, quando le stime convergono intorno al valore definitivo, con oscillazioni di ampiezza sempre più limitata. METODI DI VALUTAZIONE DEL PIL E FONTI DI INFORMAZIONE I “metodi di valutazione del PIL” sono: a) Metodo del valore reale o del valore aggiunto: con il quale il PIL, si determina con l’equazione del conto della produzione (𝑌𝑌𝑝𝑝 = 𝑃𝑃𝑇𝑇 −𝑖𝑖), applicata alle singole branche e sommandone i diversi risultati (si ottiene il 𝑃𝑃𝐼𝐼𝐿𝐿𝑝𝑝𝑝𝑝); b) Metodo personale o del reddito: raramente usato, calcola il PIL come somma dei redditi percepiti dai fattori produttivi (𝑌𝑌𝑝𝑝 = 𝑊𝑊𝑝𝑝 + 𝑅𝑅𝐿𝐿𝐺𝐺 = 𝑃𝑃𝐼𝐼𝐿𝐿𝑜𝑜𝑓𝑓 ; c) Metodo del bilancio e della spesa: che utilizza l’equazione del conto delle risorse e degli impieghi finali �𝑀𝑀 + 𝑌𝑌𝑝𝑝 = 𝐶𝐶 + 𝐹𝐹 + 𝐺𝐺 + 𝐸𝐸 = 𝑃𝑃𝐼𝐼𝐿𝐿𝑝𝑝𝑝𝑝� Le “fonti di informazione” sul PIL sono: − Scritture contabili delle imprese con più di venti addetti; − Statistiche della Banca d’Italia e dell’ANIA (Associazione Nazionale dell’impresa assicurativa); − Bilanci della Pubblica Amministrazione; − Indagini campionarie svolte dall’ISTAT sulle imprese con meno di venti addetti. VALUTAZIONE E FONTI DELL’IMPORT E DELL’EXPORT Le importazioni di beni e servizi comprendono tutte le merci che rientrano nel territorio economico del Paese. Le esportazioni di beni e servizi costituiscono una componente esterna della domanda finale. 41 c) Operazioni finanziarie: registrate nel c.d. “conto finanziario”, in cui si effettua il saldo tra le attività e le passività di un Paese con il resto del mondo. L’equazione di questo conto è la seguente: OFPE = OFAM + B Il cui saldo è: B = OFPE – OFAM LA BILANCIA DEI PAGAMENTI ED IL CONTO ED IL CONTO RESTO DEL MONDO La “bilancia dei pagamenti”: è quel prospetto contabile che registra tutte le transazioni intercorrenti tra un Paes ed il Resto del Mondo. Essa può assumere due configurazioni: − Configurazione di competenza: nella quale le transazioni economiche vengono rilevate nel momento in cui si verificano, a prescindere dalle modalità e dalle forme di pagamento. Il prospetto contabile che rappresenta le operazioni si definisce “bilancia economica”. − Configurazione di cassa: nella quale le transazioni intercorse tra operatori residenti e non, si registrano nel momento del loro regolamento, cioè quando le operazioni si concludono con il pagamento del corrispettivo monetario. In tale configurazione il prospetto contabile, si definisce “bilancia valutaria”, comprendente i movimenti di valuta, avvenuti da e per un Paese estero. LA BILANCIA ECONOMICA In linea teorica, il “saldo della bilancia dei pagamenti economica”, deve coincidere con il “saldo del conto della formazione del capitale del resto del mondo” e con il “saldo del conto finanziario”. Tuttavia, tale coincidenza raramente si verifica in quanto la Banca d’Italia, quale organo preposto alla redazione della bilancia dei pagamenti, non segue i criteri dettati dal sistema SEC 95, ma quelli dettati dal FMI che si discostano leggermente. Il Conto Resto del Mondo (RdM), registra le operazioni tra unità residenti ed unità non residenti. Esso è definito come l’insieme delle unità non residenti che effettuano operazioni o hanno relazioni economiche con unità istituzionali residenti. Il conto del RdM, costituisce un importante strumento di analisi, in quanto fornisce una visione generale delle relazioni economiche internazionali dell’Italia che vanno dall’interscambio di beni e servizi, alle operazioni di distribuzione e redistribuzione del reddito. Il riferimento per la compilazione del conto del RdM da parte dell’ISTAT, è costituito dalla Bilancia dei Pagamenti elaborata dalla Baca d’Italia (BdI). Grazie al lavoro di armonizzazione, compiuto dalle diverse organizzazioni internazionali, le definizioni del FMI (Fondo Monetario Internazionale) coincidono quasi interamente con quelle del SEC 95. Tali conti sono elaborati secondo al visuale dell’estero; pertanto, quella che per il RdM è una risorsa, per l’economia interna costituisce un impiego e viceversa. 1. Il primo è il “conto dei beni e dei servizi”. In tale conto le importazioni di beni e servizi sono registrate nella sezione delle “Risorse” e le esportazioni di beni e servizi in quella degli “Impieghi”. − Le importazioni di servizi comprendono: i consumi all’estero degli italiani e le esportazioni di servizi da parte degli stranieri sul territorio italiano. − Le importazioni e le esportazioni: sono valutate a prezzi “fob”, ossia alla frontiera del Paese esportatore. − La voce a saldo è denominata “saldo degli scambi di beni e servizi con il Resto del Mondo”. 2. Il secondo è il “conto dei redditi primari e dei trasferimenti correnti”. 44 Tale conto presenta, nella sezione delle Risorse, il saldo degli scambi di beni e servizi e registra tutte le operazioni di distribuzione e redistribuzione che possono riguardare il RdM, fatta eccezione per i trasferimenti in conto capitale. Tale conto determina il saldo delle operazioni correnti con il RdM, che corrisponde al risparmio dei settori istituzionali. 3. Il terzo è il “conto del capitale”. Esso registra le acquisizioni nette di attività non finanziarie non prodotte e misura le variazioni del patrimonio netto dovute al risparmio ed ai trasferimenti in conto capitale. Il saldo è: l’accreditamento (+) / indebitamento (-) del Resto del Mondo. Esso rappresenta le risorse che il RdM mette a disposizione del totale dell’economia (se positivo) o che riceve (se negativo). Così come si è fatto nei conti del Resto del Mondo, anche nella bilancia dei pagamenti economica, si distinguono tre tipi di operazioni: − Operazioni correnti − Operazioni in conto capitale − Operazioni finanziarie Le operazioni correnti e quelle in conto capitale: vengono registrate nella bilancia dei pagamenti economica fra le partite correnti. Le operazioni finanziarie: vengono registrate fra i movimenti finanziari o di capitale. La “bilancia dei pagamenti”, è divisa in 5 sezioni: nelle prime quattro si iscrivono le “partite correnti”, e nell’ultima si iscrivono i “movimenti monetari o di capitale”. Analiticamente, l’uguaglianza posta tra il saldo della bilancia dei pagamenti economica (SBPE) ed il saldo dei conti del Resto del Mondo (STI = B), può essere posta come segue: SBPE = STI = B Da cui 𝑆𝑆𝑆𝑆𝑃𝑃𝐸𝐸 = (𝐸𝐸 + 𝑌𝑌𝑎𝑎 + 𝑇𝑇𝑜𝑜𝑎𝑎 + 𝑇𝑇𝑜𝑜𝑜𝑜𝑎𝑎) − (𝑀𝑀 + 𝑌𝑌𝑝𝑝 + 𝑇𝑇𝑜𝑜𝑝𝑝 + 𝑇𝑇𝑜𝑜𝑜𝑜𝑝𝑝) Se si scompone la quinta sezione della bilancia dei pagamenti economica nelle due sottosezioni dei movimenti monetari (MM) e dei movimenti di capitale (MC), si ha: SBPE = (MC + MM) Cioè il saldo generale della bilancia dei pagamenti è uguale in valore assoluto, ma con segno contrario, alla sommadei saldi dei movimenti monetari e di capitale, può iscriversi anche che: 𝑆𝑆𝑆𝑆𝑃𝑃𝐸𝐸 = (𝐸𝐸 + 𝑌𝑌𝑎𝑎 + 𝑇𝑇𝑜𝑜𝑎𝑎 + 𝑇𝑇𝑜𝑜𝑜𝑜𝑎𝑎) − �𝑀𝑀 + 𝑌𝑌𝑝𝑝 + 𝑇𝑇𝑜𝑜𝑝𝑝 + 𝑇𝑇𝑜𝑜𝑜𝑜𝑝𝑝� = −(𝑀𝑀𝐶𝐶 + 𝑀𝑀𝑀𝑀) Tale equazione evidenzia l’uguaglianza tra il saldo dei trasferimenti internazionali (STI = B) e la somma algebrica dei saldi dei movimenti monetari e di capitale. Alla luce di tale equazione, si definisce saldo della bilancia dei pagamenti, in senso stretto la somma algebrica, tra STI e MC(= MM), cioè si può scrivere: 𝑆𝑆𝑆𝑆𝑃𝑃𝑆𝑆𝑆𝑆 = (𝐸𝐸 + 𝑌𝑌𝑎𝑎 + 𝑇𝑇𝑜𝑜𝑎𝑎 + 𝑇𝑇𝑜𝑜𝑜𝑜𝑎𝑎) − �𝑀𝑀 + 𝑌𝑌𝑝𝑝 + 𝑇𝑇𝑜𝑜𝑝𝑝 + 𝑇𝑇𝑜𝑜𝑜𝑜𝑝𝑝�+ 𝑀𝑀𝐶𝐶 = −𝑀𝑀𝑀𝑀 Dalla quale emerge chiaramente che MM esprime i movimenti monetari e finanziari che le istituzioni monetarie nazionali (BI,UIC) e sistema bancario, effettuano per compensare lo squilibrio che si determina nel conto del resto del mondo e nei movimenti di capitale. 45 − Se risulta SBPSS > 0 : significa che il complesso delle entrate è maggiore del complesso delle uscite, per cui si determina un afflusso di valuta estera nel nostro Paese e si registra, quindi, un aumento delle attività o una diminuzione delle passività nei confronti dell’estero. − Se, invece, risulta SBPSS < 0 : significa che il complesso delle entrate è inferiore del complesso delle uscite, per cui si determina un deflusso di valuta estera nel nostro Paese e si registra una diminuzione delle attività o un aumento delle passività nei confronti dell’estero. Il saldo della BPSS è un fondamentale indicatore per il governo della liquidità del Paese considerato, infatti: − Se SBPSS > 0: vuole dire che aumentano le “riserve valutarie” del Paese e, poiché esse vengono acquistate dalle autorità monetarie cedendo agli operatori che le detengono moneta nazionale, si determina un allargamento della base monetaria, che fa lievitare il livello generale dei prezzi del Paese considerato. In una diversa lettura, tale saldo attivo indica che il Paese considerato risparmia per l’estero. − Se SBPSS < 0: vuol dire che diminuiscono le riserve valutarie del Paese e si restringe la base monetaria, evento che comporta per le attività produttive del Paese delle difficoltà di reperimento di mezzi di finanziamento, per cui il Paese utilizzerà il risparmio proveniente dall’estero. Sul “mercato dei cambi”, risulta evidente che il SBPSS è anche un immediato indicatore delle tensioni sul “mercato dei cambi”generate dall’eccesso di offerta di valuta (se SBPSS > 0) che spinge la moneta nazionale verso la rivalutazione, o dall’eccesso di domanda di valuta (se SBPSS < 0) che spinge la moneta nazionale verso la rivalutazione. LA BILANCIA VALUTARIA Essa è definita dalla Banca d’Italia come uno schema di presentazione della bilancia dei pagamenti in cui sono esposti i regolamenti valutari delle transazioni con l’estero. La “bilancia valutaria”: si compone dei movimenti di valuta convertiti in moneta nazionale che riguardano incassi e pagamenti, errori od omissioni ed il saldo globale. Il saldo della bilancia valutaria coincide con la somma algebrica delle posizioni nette sull’estero delle aziende di credito, della variazione delle riserve ufficiali e dell’aggiustamento di cambio. Tale saldo, integrato delle variazioni delle posizioni nette delle banche sull’estero e degli aggiustamenti di cambio, esprime l’entrata o l’uscita netta delle c.d. “riserve ufficiali” (oro, valute estere convertibili). Esso assume rilievo per l’influenza che esercita sulla base monetaria del Paese. Infatti: − un saldo attivo: determina un aumento delle riserve ufficiali ed una contestuale emissione di base monetaria; − mentre un saldo passivo: determina effetti contrari. IL CONTO DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E LA FINANZA PUBBLICA La Pubblica Amministrazione è costituita dall’insieme di unità istituzionali che producono servizi non destinabili alla vendita o che attendono alla re-distribuzione del reddito o della ricchezza. Da tale definizione sono esclusi quegli enti che, pur facendo capo all’operatore pubblico (sono cioè a capitale pubblico), producono beni e servizi che vengono scambiati sul mercato. La Pubblica Amministrazione è presente in tutti i momenti del circuito del reddito. Infatti: 1. nel momento della produzione: la sua presenza si manifesta attraverso l’imposizione fiscale ed attraverso i contributi alla produzione erogati per sostenere e/o attivare il processo produttivo delle imprese; 2. nel momento della formazione dei prezzi: la Pubblica Amministrazione è presente con l’imposizione fiscale, gravante sugli scambi di beni e servizi; 46 Il conto finanziario del RdM è consolidato per definizione. I livelli di consolidamento dipendono dal dettaglio dell’informazione disponibile. I conti finanziari ed i conti economici forniscono il quadro completo dell’evoluzione del reddito e della ricchezza consentendo l’analisi dell’impiego del risparmio delle Famiglie, delle Imprese e della Pubblica Amministrazione, nei diversi tipi di attività e passività finanziarie. E’ evidente che esiste una differenza notevole di base informativa tra i conti reali e quelli finanziari. • I conti reali: utilizzano le informazioni derivanti dalle statistiche sulle imprese. • I conti finanziari: utilizzano le informazioni indirette costituite dalle segnalazioni del sistema bancario. Entrambi i conti hanno come obiettivo la coerenza e la corrispondenza delle informazioni per l’insieme dei settori istituzionali che compongono l’economia (Amministrazioni Pubbliche, imprese, famiglie), ma l’oggetto della rilevazione è completamente diverso. Pertanto, è necessario istituire dei raccordi tra i vari aggregati e definire in modo chiaro le procedure statistiche utilizzate. Il lavoro di revisione dei conti dei settori istituzionali secondo il SEC 95 è stato svolto parallelamente al lavoro di revisione dei conti finanziari effettuato dalla BdI. Nel settore dei conti finanziari è presente una stretta collaborazione tra ISTAT e BdI, che riguarda l’applicazione di nuove metodologie e lo scambio dei dati. La Banca d’Italia attualmente ha la responsabilità della compilazione di tutte le poste del conto finanziario (depositi, prestiti, titoli, azioni) ad eccezione della posta di raccordo con i conti economici, che è compilata dall’ISTAT (“altri conti attivi e passivi”). Le transazioni finanziarie registrate in questi conti riguardano: a) Transazioni economiche, che determinano due flussi reciproci: uno reale e l’altro monetario (ad esempio prestazione contro moneta); b) Trasferimenti senza corrispettivi, che determinano un unico flusso di natura reale o monetaria (ad esempio contributi dello Stato alle imprese agricole); c) Transazioni costituite da un unico flusso monetario contro il sorgere di un credito o di un debito (ad esempio prestiti concessi dagli istituti di credito alle imprese). Le transazioni economiche e quelle senza corrispettivi possono essere a loro volta distinte in due gruppi: • Transazioni correnti: che riguardano la formazione, distribuzione e la destinazione del reddito; • Transazioni in conto capitale: che riguardano la formazione del capitale. Le transazioni correnti determinano un flusso di entrate ed uscite monetarie che a saldo può determinare: • Avanzo: se le entrate sono maggiori delle uscite. Esso si configura come un risparmio che può essere ceduto ad altre unità economiche dando luogo a dei crediti. • Pareggio: se le entrate e le uscite sono uguali. • Disavanzo: se le entrate sono minori delle uscite. In tal caso il disavanzo dovrà essere coperto con un’ulteriore entrata monetaria che fa sorgere un debito nei confronti di altre unità economiche. Con riferimento ad una unità economica, il risparmio è dato dalla seguente equazione: 𝑆𝑆 = 𝐹𝐹 + (𝐶𝐶2 − 𝐶𝐶1) − (𝑐𝑐2 − 𝑐𝑐1) Dove: 𝑆𝑆 = 𝑟𝑟𝑖𝑖𝑖𝑖𝑐𝑐𝑐𝑐𝑟𝑟𝑖𝑖𝑖𝑖𝑙𝑙 𝐹𝐹 = 𝑒𝑒𝑙𝑙𝑟𝑟𝑖𝑖𝑐𝑐𝑓𝑓𝑖𝑖𝑙𝑙𝑎𝑎𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑙𝑙𝑟𝑟𝑙𝑙𝑐𝑐 𝑙𝑙𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑖𝑖𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐 49 (𝐶𝐶2 − 𝐶𝐶1) = 𝑣𝑣𝑐𝑐𝑟𝑟𝑖𝑖𝑐𝑐𝑓𝑓𝑖𝑖𝑙𝑙𝑎𝑎𝑐𝑐 𝑙𝑙𝑐𝑐𝑖𝑖 𝑐𝑐𝑟𝑟𝑐𝑐𝑙𝑙𝑖𝑖𝑐𝑐𝑖𝑖, 𝑙𝑙𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑎𝑎𝑣𝑣𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑙𝑙𝑖𝑖𝑐𝑐 𝑙𝑙𝑖𝑖𝑒𝑒𝑒𝑒𝑐𝑐𝑟𝑟𝑐𝑐𝑎𝑎𝑓𝑓𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑟𝑟𝑐𝑐 𝑖𝑖 𝑐𝑐𝑟𝑟𝑐𝑐𝑙𝑙𝑖𝑖𝑐𝑐𝑖𝑖 𝑐𝑐𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑐𝑐𝑐𝑐𝑎𝑎𝑐𝑐𝑖𝑖 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑒𝑒𝑖𝑖𝑎𝑎𝑐𝑐 𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐′𝑖𝑖𝑎𝑎𝑖𝑖𝑓𝑓𝑖𝑖𝑙𝑙𝑙𝑙𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐′𝑐𝑐𝑎𝑎𝑎𝑎𝑙𝑙 (𝑐𝑐2 − 𝑐𝑐1) = 𝑣𝑣𝑐𝑐𝑟𝑟𝑖𝑖𝑐𝑐𝑓𝑓𝑖𝑖𝑙𝑙𝑎𝑎𝑐𝑐 𝑙𝑙𝑐𝑐𝑖𝑖 𝑙𝑙𝑐𝑐𝑏𝑏𝑖𝑖𝑐𝑐𝑖𝑖, 𝑙𝑙𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑎𝑎𝑣𝑣𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑙𝑙𝑖𝑖𝑐𝑐 𝑙𝑙𝑖𝑖𝑒𝑒𝑒𝑒𝑐𝑐𝑟𝑟𝑐𝑐𝑎𝑎𝑓𝑓𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑟𝑟𝑐𝑐 𝑖𝑖 𝑙𝑙𝑐𝑐𝑏𝑏𝑖𝑖𝑐𝑐𝑖𝑖 𝑐𝑐𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑐𝑐𝑐𝑐𝑎𝑎𝑐𝑐𝑖𝑖 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑒𝑒𝑖𝑖𝑎𝑎𝑐𝑐 𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐′𝑖𝑖𝑎𝑎𝑖𝑖𝑓𝑓𝑖𝑖𝑙𝑙 𝑙𝑙𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐′𝑐𝑐𝑎𝑎𝑎𝑎𝑙𝑙 Da questa equazione si ottiene: 𝐹𝐹 − 𝑆𝑆 = (𝑐𝑐2 − 𝑐𝑐1) − (𝐶𝐶2 − 𝐶𝐶1) Essa esprime la formazione netta di capitale se risulta: F – S > 0 -> significa che l’unità economica ha contratto debiti; F – S < 0 -> significa che l’unità economica ha concesso crediti. Inoltre, tale equazione può riferirsi ad aggregati più ampi attraverso “operazioni di consolidamento”, fino ad arrivare all’intero sistema economico considerato, per il quale l’equazione è: S = F + 𝑆𝑆� Ossia il risparmio complessivo del paese (S) è uguale alla somma tra formazione netta reale del capitale (F) ed il saldo generale della bilancia dei pagamenti 𝑆𝑆� . CRITERI DI COMPILAZIONE DEI CONTI FINANZIARI Nella compilazione dei conti finanziari, particolarmente delicato risulta il raggruppamento delle unità economiche in settori. Tale raggruppamento pone due ordini di problemi: • Scelta delle unità economiche da classificare; • Scelta del criterio di classificazione. 1. La “scelta delle unità economiche da classificare”: cade sullo stabilimento; tale scelta, in verità, non sembra la più adatta, infatti le decisioni in materia finanziaria sono prese dall’impresa nel suo complesso e non dallo stabilimento. Tuttavia, nella pratica, la scelta quale unità economica di classificazione dell’impresa o dello stabilimento perde significato, poiché generalmente esse coincidono. 2. Il “criterio di classificazione”: deve ispirarsi all’uniformità di comportamento delle unità economiche nell’attività economica finanziaria. Dunque la differenza tra i diversi settori deve dipendere dal loro comportamento, il quale determina una diversa struttura delle situazioni patrimoniali. Un criterio ispirato a tale regola è quello secondo cui si distinguono le unità economiche in tre gruppi: − Le famiglie: la cui situazione patrimoniale è caratterizzata dall’assoluta prevalenza di attività finanziarie su quelle reali. − Le imprese: la cui situazione patrimoniale è caratterizzata dalla prevalenza di attività reali su quelle finanziarie. − La Pubblica Amministrazione: la cui situazione è piuttosto varia in quanto la sua attività è libera dai vincoli cui sono soggetti gli altri operatori, vincoli che sono loro imposti dalla Pubblica Amministraszione. Un problema, si pone circa il considerare o meno il Resto del Mondo come un settore dell’economia (in senso finanziario). 50 − Se il Resto del Mondo si considera un settore dell’economia, scompare il debito o il credito netto del Paese verso il Resto del Mondo (in quanto si ha una compensazione tra i rapporti di debito e/o credito ei due settori); − Se, invece, il Resto del Mondo non si considera come un settore dell’economia, l’indebitamento o l’accreditamento netto del Paese risulta uguale (ma di segno opposto) al saldo della bilancia dei pagamenti. LA FORMAZIONE DEGLI INVESTIMENTI NETTI ED I DIVERSI STRUMENTI DI CREDITO “L’investimento netto finanziario” di un’unità economica è dato dal saldo del conto finanziario (credito o debito); l’analisi di tale investimento è molto utile per conoscere i comportamenti degli operatori ne3i riguardi dei diversi strumenti di credito. Gli “strumenti di credito”, infatti, sono molti e possono distinguersi secondo criteri diversi (giuridici o economici). Uno dei più comuni criteri di classificazione economica è quello che fa riferimento al grado di liquidità, ossia alla loro attitudine ad essere utilizzati immediatamente come mezzi di pagamento. Secondo tale criterio è possibile distinguere: − Strumenti di credito dotati di massima liquidità (oro, divise, depositi). − Strumenti di credito mediamente liquidi (cambiali, obbligazioni e azioni). − Strumenti di credito dotati di minima liquidità (partecipazioni e prestiti). I CONTI ECONOMICI REGIONALI Questo importante argomento è il frutto di uno studio finalizzato ad estendere il campo di osservazione della contabilità regionale in grado di rispondere a nuove esigenze informative e di cogliere gli aspetti rilevanti per l’impostazione delle politiche economiche. A tal proposito, lo SNA 93, essendo consapevole delle nuove esigenze di informazione, ha prospettato che il sistema di contabilità si evolva verso un sistema integrato di conti socio-economici che comprenda un sistema di informazioni satellite, connesso al corpo centrale. Un sistema di questo tipo è stato denominato SESAME (System of Econimics and Social Accounting Matrices and Extensions) e R-SESAME (Regional SESAME), inteso come strumento di monitoraggio della rispondenza delle politiche regionali agli obiettivi, tramite la derivazione di un insieme di indicatori territoriali a livello economico, sociale ed ambientale. LA CONTABILITA’ COME SUPPORTO ALLE POLITICHE REGIONALI Uno degli obiettivi che si è posta l’Unione Europea è quello di ridurre le disparità regionali, di modo che le diverse aree europee siano in grado di cooperare nel campo economico. Il ruolo svolto dalla contabilità regionale, ad oggi, si limita sostanzialmente alla misurazione del PIL regionale la cui comparazione viene utilizzata come indicatore3 dei divari strutturali tra le regioni europee. La caratterizzazione delle economie regionali richiederebbe, anche la disponibilità di informazioni sugli stock di offerta di risorse, in termini di capitale umano, di composizione della popolazione attiva e non attiva, da collegare alle principali caratteristiche del mercato del lavoro regionale; in secondo luogo, in termini di dotazione infrastrutturale, possibilmente mettendo in relazione gli aspetti quantitativi delle disponibilità territoriali con elementi utili per valutarne qualità e funzionalità. I dati di contabilità, integrati con altre fonti informative, sono stati utilizzati come base conoscitiva per la formulazione di politiche regionali nell’ambito di piani di programmazione in paesi in via di sviluppo. Lo strumento originario di analisi si basava sull’approccio dell’analisi delle interdipendenze settoriali. Diversi interventi, sostennero che lo strumento statistico adeguato fosse la matrice di contabilità sociale. 51 − L’efficienza viene migliorata in quanto medesimi concetti vengono utilizzati in tutto il sistema, comprendendo quindi sia statistiche economiche che statistiche sociali. Un vantaggio in questa armonizzazione è dato dalla maggiore facilità di confronto fra indagini diverse. L’UTILIZZAZIONE DEL SESAME Le proposte di costruzione di un SESAME si sono concentrate sulla individuazione di misure legate al benessere della popolazione. Utilizzazioni dell’utilizzazione del SESAME, che hanno trovato larga adesione nell’ambito dei sistemi di contabilità nazionale, riguardano la contabilizzazione delle esternalità della produzione e del consumo. L’applicazione più sviluppata è certamente la misurazione degli effetti sull’ambiente attraverso l’integrazione dei conti ambientali con la contabilità nazionale, che prende il nome di NAMEA (National Accounting Matrix Including Enviromental Accounts). Allo stato attuale, è da segnalare che uno studio di fattibilità di un sistema multi-regionale basato sulle SAM è ancora prematuro. La progettazione di un sistema multi-regionale SESAME, un R-SESAME, richiede uno sforzo ancora più intenso di organizzazione e conciliazione dei dati esistenti, nonché di raccolta delle informazioni mancanti. La costruzione di un R-SESAME, permetterebbe di avere un quadro coerente di statistiche economiche e sociali dalle quali ricavarne un set di indicatori territoriali sulla base dei quali condurre attività di programmazione e di valutazione. In effetti uno dei principali problemi dell’uso di indicatori è che indicatori diversi possono fornire indicazioni tra loro incomparabili o condurre a conclusioni errate se i dati sottostanti non sono coerenti tra loro. Un insieme affidabile di indicatori economici e sociali può essere ottenuto se gli stessi sono tratti da un unico sistema statistico. Per i modelli di politica economica, le politiche relative alla distribuzione del reddito o alla struttura industriale richiedono analisi a livello settoriale o persino di micro-dati, che rispettino il vincolo di coerenza con le analisi macro-economiche. Una SAM può allora costituire la base contabile per realizzare modelli economici che incorporino sia fenomeni macro sia micro in una prospettiva centrata sugli individui (gli attori) e sui flussi (le transazioni) ma tuttavia inquadrata a livello dell’intera economia. Estensione al SESAME, consentirebbe di utilizzare lo schema contabile per modellizzare le ricadute sugli aggregati economici di interventi in ambiti non completamente definibili in termini monetari. I CONTI SATELLITI E LA CONTABILITA’ SOCIALE DOMANDA D’ESAME LA MATRICE DI CONTABILITA’ SOCIALE SAM La lettura integrata dell’economia ha stimolato il graduale processo di costruzione di sistemi informativi integrati, in cui informazioni di diversa natura e provenienti da fonti diverse possano essere poste in correlazione reciproca, senza rischi di incoerenze o di disomogeneità. Va assumendo crescente rilievo l’esigenza di effettuare una lettura integrata di variabili relative a campi differenti, ma riferibili ad una medesima materia o oggetto di analisi, nella consapevolezza che la realtà economica è complessa e gli strumenti necessari per la sua interpretazione non possono non essere altrettanto complessi. Il Sistema dei conti nazionali elaborato dalle Nazioni Unite (SNA) e il sistema europeo dei conti nazionali (SEC) elaborato dall’EUROSTAT, mettono in risalto l’esigenza di interconnessione fra le statistiche, dando indicazioni di procedere nello sviluppo dei conti satellite e di strumenti per l’analisi integrata, come la Matrice di contabilità sociale (Social Accounting Matrix-SAM) in cui l’integrazione delle fonti informative deve avvenire riconducendo le stesse a classificazioni omogenee, definizioni comuni e coerenza nei riferimenti temporali o spaziali. 54 La Matrice di contabilità sociale è la descrizione integrata, in un’unica grande matrice quadrata, di tutti i flussi che si verificano nel sistema economico, con particolare attenzione al ruolo della distribuzione del reddito. In generale, una Matrice di contabilità sociale, registra le transazioni che si svolgono tra categorie significative di istituzioni e di individui nelle fasi della vita economica quali: la produzione, la distribuzione, il consumo finale e l’accumulazione. Ogni fase del processo economico è descritta, nel contesto di una matrice, utilizzando una riga ed una colonna: nelle righe sono registrate le entrate e nelle colonne le uscite del conto che esprime la specifica fase. Ogni cella all’intersezione di righe e colonne, rappresenta un solo tipo di transazioni ed i totali per riga e per colonna sono uguali. La SAM, ha il suo nucleo centrale nei conti nazionali espressi in forma matriciale (National Accounting Matrix- NAM), a partire dai quali alcune fasi del circuito del reddito sono oggetto di particolare approfondimento attraverso l’analisi dei flussi economici attivati dalle istituzioni e l’esplicitazione dei collegamenti con le sottostanti variabili sociali e demografiche. La SAM permette dunque l’analisi dei processi di distribuzione primaria e secondaria del reddito, individuando il legame tra attività produttiva e settori istituzionali. I CONTI DELL’AMBIENTE Fra i conti satellite, che in Italia e negli altri paesi europei hanno trovato concreta applicazione, rientrano quello della protezione sociale e dell’ambiente. I conti dell’ambiente (NAMEA), consistono nell’integrazione del sistema dei conti nazionali espresso in forma matriciale (SAM) con un modulo ambientale contenente variabili di tipo fisico e monetario legate all’ambiente. La NAMEA italiana costituisce una versione semplificata del modello originario, ideato dall’istituto di statistica olandese: la semplificazione operata riguarda sia il modulo economico, in cui sono inclusi i conti della distribuzione del reddito ed i conti finanziari e patrimoniali, sia il modulo ambientale che in linea teorica può comprendere gli scarichi del sistema idrico, la produzione di rifiuti. I CONTI ECONOMICI TRIMESTRALI I conti economici trimestrali costituiscono parte integrante del sistema dei conti nazionali e risultano molto importanti, ai fini dell’analisi dell’anno in corso e del calcolo delle stime provvisorie per l’anno precedente. Tali conti costituiscono un insieme coerente di operazioni sia in campo non finanziario che finanziario, rilevanti a cadenza trimestrale. Essi adottano gli stessi principi della contabilità annuale. L’importanza dei conti economici trimestrali, deriva dalla considerazione che essi costituiscono il solo insieme coerente di indicatori, capace di fornite un’immagine globale a breve termine dell’attività economica, tanto finanziaria quanto non finanziaria. L’intervallo di tempo cui si fa riferimento nella contabilità trimestrale e la necessità di disporre rapidamente di informazioni attendibili, determinano alcune loro caratteristiche peculiari. Tra queste figurano: − Metodi statistici specifici di elaborazione dei conti; − Stagionalità e suo trattamento; − Coerenza tra contabilità trimestrale e contabilità annuale; − Particolarità contabili connesse al periodo di riferimento. i metodi statistici utilizzati per l’elaborazione dei conti trimestrali possono differire anche in maniera considerevole da quelli utilizzati nel contesto della contabilità annuale. Essi possono essere classificati in due grandi categorie: − Metodi diretti − Metodi indiretti 1. I metodi diretti: si basano sull’impiego a intervalli trimestrali, delle stesse fonti utilizzate per l’elaborazione delle grandezze economiche considerate nella contabilità annuale. 55 2. I metodi indiretti. Sono invece imperniati sulla disaggregazione temporale dei dati di contabilità annuale sulla base di principi matematici o statistici, con l’ausilio di indicatori di riferimento che consentono l’estrapolazione per l’anno in corso. La scelta tra metodi dipende, dalle informazioni disponibili a livello trimestrale. Molto spesso le serie di contabilità nazionale trimestrale presentano variazioni di brevissimo periodo dovute a fattoti meteorologici, consuetudinari e legislativi, normalmente definite come “fluttuazioni stagionali”. Se da un lato la stagionalità costituisce parte integrante dei dati trimestrali, essa rappresenta spesso un ostacolo alla corretta individuazione ed analisi dell’andamento congiunturale. Da ciò consegue che è necessario elaborare conti economici trimestrali sia grezzi che destagionalizzati. La coerenza contabile dei dati destagionalizzati deve essere garantita. Nel corso degli anni, si pone un problema di priorità tra dati trimestrali e dati annuali, in quanto i dati trimestrali sono normalmente disponibili prima dei dati annuali. Il problema può essere risolto convenendo che le stime provvisorie dei dati annuali siano ottenute per aggregazione dei dati trimestrali. Ogni qual volta nuove informazioni si rendano disponibili a cadenza annuale, i dati trimestrali devono essere rivisti di conseguenza. La contabilità annuale rappresenta dunque un sottoprodotto della contabilità trimestrale. 56 Notevoli vantaggi si ottengono dall’impiego della media geometrica che gode di particolari proprietà che consentono: − Lo slittamento della base di una serie di numeri indici dividendo semplicemente ciascun indice della serie originaria per l’indice relativo alla situazione che si vuole assumere come nuova base; − Di determinare la misura delle variazioni del potere di acquisto della moneta rispetto all’insieme dei prodotti considerati. SCELTA DI UN SISTEMA DI PONDERAZIONE La scelta delle “ponderazioni”, assume particolare importanza. Il sistema dei pesi contrassegna il c.d. “tipo” dell’indice e deve essere suggerito dallo scopo per il quale si procede al calcolo degli indici stessi. Tali ponderazioni possono essere: “fisse o variabili”, “con” o “senza” “concatenamento”. Nel caso di indici di pressi o di produzioni, si adotta un sistema di ponderazioni che rifletta l’importanza dei singoli beni sul mercato. I pesi possono, corrispondere al valore delle quantità prodotte, consumate o importate. GLI INDICI DI LASPEYERES, PAASCHE, FISHER Le formule più utilizzate nella costruzione dei numeri indici dei prezzi e delle quantità sono: − La forma di Laspeyeres − La formula di Paasche − La formula di Fisher Gli indici di Laspeyeres e di Paasche, si possono costruire in due modi diversi: − Il numero indice dei prezzi di Laspeyeres è configurabile, come rapporto tra le medie aritmetiche dei prezzi degli n beni e/o servizi nelle due situazioni considerate, ponderati con le rispettive quantità del periodo base, oppure come media aritmetica ponderata degli indici elementari di prezzo per gli n beni e/o servizi, con pesi pari ai valori del periodo base (𝑐𝑐0, 𝑞𝑞0). − Il numero indice di Paasche equivale, sia al rapporto tra le medie aritmetiche degli n prezzi nelle due situazioni, ponderati con le quantità del periodo corrente, sia alla media armonica degli indici semplici di prezzo ponderati con i valori del periodo corrente (𝑐𝑐0,𝑞𝑞1). Analogamente si può dire per i corrispondenti indici di quantità. In particolare, se si vuole trovare un indice di prezzi che consideri l’incremento dei prezzi di un insieme di beni tra il tempo 0 ed il tempo 1 considerando come base la produzione al tempo base (0) (𝑞𝑞0) , si avrà: ∑𝑐𝑐1 ∙ 𝑞𝑞0 ∑𝑞𝑞0 ÷ ∑𝑐𝑐0 ∙ 𝑞𝑞0 ∑𝑞𝑞0 = ∑𝑐𝑐1 ∙ 𝑞𝑞0 ∑ 𝑐𝑐0 ∙ 𝑞𝑞0 𝐼𝐼𝑎𝑎𝑙𝑙𝑖𝑖𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑙𝑙𝑖𝑖 𝐿𝐿𝑐𝑐𝑖𝑖𝑐𝑐𝑐𝑐𝐿𝐿𝑐𝑐𝑟𝑟𝑐𝑐𝑖𝑖 Se, invece, la ponderazione avviene con le quantità prodotte al tempo corrente (𝑞𝑞1) , si avrà: ∑𝑐𝑐1 ∙ 𝑞𝑞1 ∑𝑞𝑞1 ÷ ∑𝑐𝑐0 ∙ 𝑞𝑞1 ∑ 𝑞𝑞1 = ∑𝑐𝑐1 ∙ 𝑞𝑞1 ∑𝑐𝑐0 ∙ 𝑞𝑞1 𝐼𝐼𝑎𝑎𝑙𝑙𝑖𝑖𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑙𝑙𝑖𝑖 𝑃𝑃𝑐𝑐𝑐𝑐𝑖𝑖𝑐𝑐ℎ𝑐𝑐 Per il calcolo di un indice di prezzo di quantità, si può ricorrere anche alla media di rapporti. Con questo metodo, si adotta come peso il valore effettivamente scambiato al tempo base (𝑐𝑐0𝑞𝑞0) o il valore virtualmente scambiabile al tempo corrente (𝑐𝑐1𝑞𝑞1), ottenendo così, rispettivamente: ∑𝑐𝑐1𝑐𝑐0 ∙ 𝑐𝑐0 ∙ 𝑞𝑞0 ∑ 𝑐𝑐0 ∙ 𝑞𝑞0 = ∑𝑐𝑐1 ∙ 𝑞𝑞0 ∑𝑐𝑐0 ∙ 𝑞𝑞0 𝐼𝐼𝑎𝑎𝑙𝑙𝑖𝑖𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑙𝑙𝑖𝑖 𝐿𝐿𝑐𝑐𝑖𝑖𝑐𝑐𝑐𝑐𝐿𝐿𝑐𝑐𝑟𝑟𝑐𝑐𝑖𝑖 ∑𝑐𝑐1𝑐𝑐0 ∙ 𝑐𝑐0 ∙ 𝑞𝑞1 ∑𝑐𝑐0 ∙ 𝑞𝑞1 = ∑𝑐𝑐1 ∙ 𝑞𝑞1 ∑ 𝑐𝑐0 ∙ 𝑞𝑞1 𝐼𝐼𝑎𝑎𝑙𝑙𝑖𝑖𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑙𝑙𝑖𝑖 𝑃𝑃𝑐𝑐𝑐𝑐𝑖𝑖𝑐𝑐ℎ𝑐𝑐 59 Gli indici di Laspeyeres o di Paasche sono stati sinora considerati quali indici di prezzo, ma essi possono considerarsi anche quali indici di quantità, nella forma: 𝐼𝐼𝑞𝑞𝐿𝐿 = ∑𝑐𝑐0 ∙ 𝑞𝑞1 ∑𝑐𝑐0 ∙ 𝑞𝑞0 𝐼𝐼𝑞𝑞𝑃𝑃 = ∑𝑐𝑐1 ∙ 𝑞𝑞1 ∑𝑐𝑐1 ∙ 𝑞𝑞0 In entrambi i casi si tratta di due distinti indici complessi: l’indice di Laspeyeres che considera come pesi i prezzi e le quantità al tempo base (𝑐𝑐0𝑞𝑞0) e l’indice di Paasche che considera come pesi i prezzi al tempo base e le quantità al tempo corrente (𝑐𝑐0𝑞𝑞1). Dall’applicazione statistico-matematica dei suddetti indici, si evince che il valore che si ottiene utilizzando la formula di Laspeyeres è più elevato rispetto a quello che si otterrebbe qualora si utilizzasse la formula di Paasche Pertanto, si dice che l’indice di Laspeyeres così ottenuto ha tendenziosità positiva rispetto all’indice di Paasche perché sopravvaluta gli aumenti di prezzo e sottovaluta le rispettive diminuzioni. Al contrario l’indice di Paasche sottovaluta gli aumenti di prezzo e sopravvaluta le diminuzioni. − Un altro indice che effettua una stima più equilibrata sia degli aumenti sia delle diminuzioni di prezzo è il c.d. indice di Fischer (𝐼𝐼𝐹𝐹) , che è la media geometrica degli indici di Laspeyeres e di Paasche: 𝐼𝐼𝐹𝐹 = �� ∑𝑐𝑐1 ∙ 𝑞𝑞0 ∑𝑐𝑐0 ∙ 𝑞𝑞0 ÷ ∑𝑐𝑐1 ∙ 𝑞𝑞1 ∑ 𝑐𝑐0 ∙ 𝑞𝑞1 � Le formule di Laspeyeres, di Paasche e di Fischer godono di alcune proprietà formali, a cui si ricorre quando si deve operare una scelta tra formule diverse. Si tratta delle c.d. proprietà di: a) Identità: secondo la quale il numero indice relativo al periodo base è uguale a 1 o ad una potenza di 10; b) Commensurabilità: vale a dire che l ‘indice è indipendente dall’ unità di misura delle quantità e , quindi , non varia se cambia l’ordine di grandezza dell’unita di misura impiegata per esprimere la quantità di beni su cui si commisura il prezzo unitario; c) Determinatezza: nel senso che l’indice non si annulla, né tende ad infinito o diventa indeterminato se si annulla un termine compreso nella formula; d) Proporzionalità: che significa che se tutti i prezzi (o tutte le quantità) variano nella stessa proporzione passando da 1 a r l’indice varia secondo lo stesso coefficiente di proporzionalità. Oltre a questo, solo la formula di Fischer soddisfa anche la proprietà di: e) Reversibilità (o di inversione): delle basi, secondo la quale l’indice calcolato per la situazione r con base 1 coincide con il reciproco dell’indice calcolato rispetto alla situazione 1 con base r, cioè 𝐼𝐼𝑖𝑖 ∙ 𝐼𝐼1 = 1𝑖𝑖1 ; infatti: �� ∑𝑐𝑐1 ∙ 𝑞𝑞0 ∑𝑐𝑐0 ∙ 𝑞𝑞0 ∙ ∑𝑐𝑐1 ∙ 𝑞𝑞1 ∑𝑐𝑐0 ∙ 𝑞𝑞1 �𝑋𝑋�� ∑𝑐𝑐0 ∙ 𝑞𝑞1 ∑𝑐𝑐1 ∙ 𝑞𝑞1 ÷ ∑𝑐𝑐0 ∙ 𝑞𝑞0 ∑𝑐𝑐1 ∙ 𝑞𝑞0 � = 1 f) Reversibilità dei fattori (o di decomposizione delle cause): secondo cui l’indice del valore o della spesa è uguale al prodotto dell’indice dei prezzi e di quello delle quantità, da cui: 𝐼𝐼𝑉𝑉 = 𝐼𝐼𝑝𝑝1 0 𝐹𝐹 ∙ 𝐼𝐼𝑞𝑞1 0 𝐹𝐹 Tali proprietà consentono di rifiutare quelle formule che mancano di un requisito importante ai fini di una applicazione specifica, come ad esempio il requisito della “transitività”. Nessuna delle tre formule soddisfa infatti la proprietà di “circolarità (o transitività)”, molto importante quando si devono effettuare controlli multilaterali. Detta proprietà è espressa dall’uguaglianza: 𝐼𝐼𝑑𝑑 ∙ 𝐼𝐼𝑖𝑖 = 𝐼𝐼𝑖𝑖0𝑑𝑑0 60 Ciò significa che, dati due numeri indici 𝐼𝐼𝑑𝑑 𝑐𝑐 𝐼𝐼𝑖𝑖𝑑𝑑0 , sotto tale condizione è possibile portare la base del secondo da s a 0 moltiplicando i due indici fra loro. Grazie a questa proprietà è possibile passare dagli “indici a base mobile” agli “indici a base fissa” e viceversa. Poiché nessuna delle formule considerate soddisfa contemporaneamente tutte le proprietà indicate, a seconda delle circostanze e dei fini conviene ricorrere a formule ed a sistemi di ponderazione differenti. GLI INDICI A CATENA Gli indici a catena, il cui impiego è stato raccomandato dal nuovo sistema dei conti economici nazionali, si basano sulle ipotesi che le variazioni di prezzo e di quantità tengono conto non soltanto dei valori assunti dalle variabili considerate in due tempi precisi (il tempo base 0 ed il tempo corrente t), ma anche dei movimenti dei prezzi e delle quantità all’interno dell’intervallo. Indicando un indice a catena al tempo t a base o con 𝐼𝐼𝑡𝑡𝑜𝑜0 , esso si ottiene dal prodotto dei successivi indici 𝐼𝐼10 , 𝐼𝐼21 , 𝐼𝐼32 , … , 𝐼𝐼𝑡𝑡𝑡𝑡−1 riferiti ai sub-intervalli (0,1) , (1,2) , … , (t-1,t) : 𝐼𝐼𝑡𝑡𝑜𝑜0 = � 𝐼𝐼𝑑𝑑𝑑𝑑−1 𝑡𝑡 𝑑𝑑=1 Il vantaggio di una rappresentazione a catena degli indici, sta nel fatto che essa incorpora tutte le variazioni economiche che sono verificate nel periodo in esame, cioè detto indice riesce a rinnovare il paniere di beni ad ogni sub-intervallo, garantendo in questo modo un soddisfacente grado di attendibilità alle ipotesi dell’offerta invariata dei beni e della struttura dei consumi. Un altro aspetto positivo legato all’utilizzo dei indici a catena è rappresentato dal fatto che, dato che i concatenamenti di riferiscono ad intervalli temporali brevi, la scelta della formula di sintesi (Laspeyeres, Paasche e Fischer) diventa meno decisiva. I limiti di tale indice sono da ricondurre alla quantità di informazioni necessarie nel loro procedimento di costruzione e dal fatto che non gode della proprietà dell’additività. VALUTAZIONE DEI FLUSSI ECONOMICI A PREZZI COSTANTI E A PREZZI CORRENTI Allo scopo di consentire un’analisi delle modificazioni quantitative reali subite, si costruiscono alcuni indicatori del tipo: 𝑉𝑉𝑡𝑡 = �𝑐𝑐𝑡𝑡 ∙ 𝑞𝑞𝑡𝑡 𝑛𝑛 𝑡𝑡=1 Esso esprime il valore nominale di un paniere di n beni al tempo t. 𝑉𝑉𝑡𝑡 = �𝑐𝑐0 ∙ 𝑞𝑞𝑡𝑡 𝑛𝑛 𝑡𝑡=1 Esso esprime, invece, il valore reale di un paniere di n beni a prezzi costanti (𝑐𝑐0). Ma poiché, in generale, le informazioni necessarie al calcolo di tali8 indici non sono facilmente reperibili, si adottano due metodi: a) Metodo indiretto per deflazionamento: secondo cui il valore reale a prezzi costanti di un paniere di n beni si ottiene dal rapporto tra valore nominale ed un indice di variazione dei prezzi (i); per cui: �𝑐𝑐𝑡𝑡 ∙ 𝑞𝑞𝑡𝑡 𝑛𝑛 𝑡𝑡=1 /𝑖𝑖 = 𝑣𝑣𝑐𝑐𝑐𝑐𝑙𝑙𝑟𝑟𝑐𝑐 𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑟𝑟𝑐𝑐𝑓𝑓𝑓𝑓𝑖𝑖 𝑐𝑐𝑙𝑙𝑖𝑖𝑐𝑐𝑐𝑐𝑎𝑎𝑐𝑐𝑖𝑖 61 Questa operazione determina l’inserimento di quei prodotti che hanno assunto maggiore importanza nella spesa effettiva delle famiglie e, al contrario, l’esclusione di altri il cuoi consumo è divenuto marginale. Passando, invece, a considerare le variazioni nella composizione del paniere, nel 2011 entrano le seguenti posizioni rappresentative: • Tablet PC; • Ingresso ai parchi nazionali; • Fast food etnico; • Salmone affumicato. Esce invece dal paniere la posizione “Noleggio DVD”. Per l’anno 2011, complessivamente sono state modificate le informazioni relative a denominazioni, descrizioni ed unità di misura di 126 posizioni rappresentative. L’AGGIORNAMENTO DELLA BASE DI RIFERIMENTO DEGLI IDNCI NIC E FOI Gli indici dei prezzi al consumo vengono calcolati utilizzando la formula a catena di Laspeyeres, in cui il paniere dei prodotti ed il sistema di pesi vengono aggiornati annualmente. A partire dai dati relativi al mese di gennaio 2011, l’ISTAT avvia la diffusione degli indici NIC e FOI con la nuova base di riferimento 2010 = 100. L’aggiornamento della base riguarda sia gli indici nazionali sia quelli calcolati a livello territoriale. Tale operazione assicura una maggiore accuratezza nella misura dell’inflazione. L’indice IPCA, invece, continua ad essere calcolato e diffuso con base di riferimento 2005 = 100, in linea con gli altri paesi dell’Unione europea ed in conformità al Regolamento (CE) n. 1708/2005 del 20 ottobre 2005. INDICE DEI PREZZI ALLA PRODUZIONE DEI PRODOTTI INDUSTRIALI Questo indice ha lo scopo di misurare l’evoluzione dei prezzi dei prodotti industriali al primo stadio della fase di commercializzazione. Su ciascun prodotto si calcola un “indice semplice”; successivamente i prodotti vengono raggruppati in categorie, per poi ottenere come somma un unico indice generale di prezzi alla produzione dei prodotti industriali. In pratica, dalla media degli indici semplici, si ottiene l’indice per categoria; dalla media degli indici di categoria, si ottiene l’indice per “branca”; infine, dalla media degli indici per branca, si ottiene l’indice “generale”. INDICE DEI PREZZI ALL’INGROSSO Questo indice ha lo scopo di misurare le variazioni dei prezzi che emergono dalle transazioni tra grossisti e venditori futuri. Sui prezzi all’ingrosso, come sui prezzi alla produzione, si calcolano: a) Indici semplici di prodotto; b) Indici di categoria; c) Indici di branca; d) Indice generale, che coincide con l’indice di Laspeyeres. CONFRONTO TRA INDICE DEI PREZZI ALL’INGROSSO E INDICI DEI PREZZI AL CONSUMO Un confronto tra questi due indici è da ritenersi improponibile, in quanto hanno diverso significato, diversa composizione merceologica, diversi mercati, diversi criteri tecnici di rilevazione. INDICE SINDACALE DEL COSTO DELLA VITA Tale indice fa riferimento ad un paniere di beni e servizi che si ritiene rappresenti il consumo medio di una famiglia di quattro persone, il cui capofamiglia è un lavoratore dipendente. Le rilevazioni sono compiute in 16 capoluoghi di 64 provincia e l’indice che ne viene fuori è periodicamente utilizzato (ogni sei mesi), quale strumento di riferimento per l’adeguamento automatico dei redditi da lavoro dipendente e delle pensioni. Va precisato che l’adeguamento non è totale, nel senso che l’aumento di pensioni e stipendi avviene sempre in una percentuale inferiore all’indice. INDICE DELLE RETRIBUZIONI CONTRATTUALI PER DIPENDENTE Esso misura la variazione nel tempo delle retribuzioni annue spettanti al lavoratore dipendente nell’ipotesi che sia presente al lavoro in tutte le giornate lavorative previste dal contratto di lavoro. INDICE DELLA PRODUZIONE INDUSTRIALE Misura la variazione nel tempo delle quantità fisiche di beni prodotti dalla c.d. industria in senso stretto, cioè da quelle imprese raggruppate nei tre rami di gas, energia, estrazione, manifatturiere. E’ un indice di importanza notevole, in quanto il volume della produzione è uno strumento essenziale per l’analisi dell’evoluzione di un sistema economico. INDICE DEI PREZZI DEI BENI IMPORTATI ED ESPORTATI Esso è uguale al rapporto tra il valore delle singole merci e le rispettive quantità importate ed esportate, quali risultano dalle statistiche del commercio con l’estero. In realtà non si tratta di un vero e proprio indice di prezzo, ma di un indice dei valori medi unitari dei beni importati ed esportati. INDICI IMPLICITI ED INDICI IMPLICITI RELATIVI: L’INFLAZIONE L’inflazione è quel fenomeno che descrive l’aumento dei prezzi tra tempi successivi, ovvero è un processo generalizzato di aumento dei prezzi che riguarda l’insieme dei beni e servizi. Oggi l’inflazione è un fenomeno connaturato ai sistemi economici. Tuttavia, esso non si abbatte su tutti i beni in eguale misura: così, ad esempio, un bene può aumentare il suo prezzo del 10%, un altro del 5% oppure i prezzi di altri beni possono anche diminuire. 1. Indice implicito di prezzo: si ottiene attraverso il rapporto tra i valori di un paniere di n beni a prezzi correnti con i corrispondenti valori a prezzi costanti. Esso esprime di quanto è variato in media il prezzo di quel determinato paniere di n beni (cioè esprime l’inflazione media subita dagli n beni costituenti il paniere). 2. Indice implicito relativo del prezzo: si ottiene considerando il rapporto tra due indici impliciti di prezzo relativi a due diversi panieri di beni. Esso esprime la misura dell’aumento dei prezzi subito dal primo paniere di beni rispetto al secondo. L’esigenza delle autorità di politica economica e monetaria e degli operatori è di disporre di un indicatore: − A frequenza alta (mensile); − Tempestivo. La prassi consolidata a livello internazionale vuole utilizzare come indicatore dell’inflazione “l’indice dei prezzi al consumo (IPC)”. L’indice misura propriamente la dinamica dei prezzi dei consumi finali delle famiglie originati da transazioni monetarie. L’IPC: è una media delle variazioni dei prezzi di uno stesso paniere di beni e servizi, rappresentativo della spesa per consumi finali delle famiglie, tra il tempo 0 (base) ed il tempo t (corrente): 𝐼𝐼𝑃𝑃𝐶𝐶 = ∑ 𝑖𝑖𝑘𝑘0,𝑡𝑡 ∙ 𝑐𝑐𝑘𝑘0𝑞𝑞𝑘𝑘0 ∑(𝑐𝑐𝑘𝑘0𝑞𝑞𝑘𝑘0) = ∑𝑐𝑐𝑘𝑘𝑡𝑡𝑞𝑞𝑘𝑘0 ∑𝑐𝑐𝑘𝑘0𝑞𝑞𝑘𝑘0 65 Dove: 𝑖𝑖𝑘𝑘0,𝑡𝑡 = 𝑐𝑐𝑘𝑘𝑡𝑡 𝑐𝑐𝑘𝑘0 𝑖𝑖𝑎𝑎𝑙𝑙𝑖𝑖𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑐𝑐′𝑖𝑖𝑎𝑎𝑙𝑙𝑖𝑖𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑖𝑖𝑐𝑐𝑎𝑎𝑐𝑐𝑐𝑐𝑟𝑟𝑐𝑐, 𝑐𝑐𝑖𝑖𝑙𝑙è 𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑣𝑣𝑐𝑐𝑟𝑟𝑖𝑖𝑐𝑐𝑓𝑓𝑖𝑖𝑙𝑙𝑎𝑎𝑐𝑐 𝑙𝑙𝑖𝑖 𝑐𝑐𝑟𝑟𝑐𝑐𝑓𝑓𝑓𝑓𝑙𝑙 𝑙𝑙𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑏𝑏𝑐𝑐𝑎𝑎𝑐𝑐 𝑘𝑘 𝑐𝑐𝑟𝑟𝑐𝑐 𝑖𝑖𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑖𝑖𝑐𝑐𝑙𝑙 0 𝑐𝑐 𝑐𝑐; 𝑐𝑐𝑘𝑘0𝑞𝑞𝑘𝑘0 ∑(𝑐𝑐𝑘𝑘0𝑞𝑞𝑘𝑘0) IPC: che cosa misura? L’IPC simula la variazione media della “spesona” di una grande famiglia composta da 58 milioni di persone. I prezzi di quali beni e servizi? Il prezzo di un paniere di beni e servizi acquistabili sul mercato, attraverso transazioni monetarie: − Il paniere: è una riduzione in scala dei consumi delle famiglie italiane; − I prezzi al consumo: sono quelli effettivamente pagati. IPC: come si misura? a) Di quali beni si rilevano i prezzi? Paniere di beni individuato dall’ISTAT. Per ciascun prodotto, in ogni città vengono individuati: − Differenti punti di vendita presso i quali rilevarne i prezzi; − Numerose “referenze” UCS (Uffici Comunali di Statistica): − Rappresentatività dei punti di vendita -> piano di campionamento; − Comparabilità dei prezzi -> stesse referenze, stesso controllo dei rilevatori. b) Come si rilevano i prezzi? In ciascuna città in cui si svolge la rilevazione, processo di calcolo degli indici elementari: − Indice elementare per ogni prezzo (referenza); − Indice elementare del prodotto = media geometrica degli indici elementari dei prezzi pertinenti; − Per le aggregazioni successive -> pesi. Perché i pesi? Per aggregare gli indici di prodotto tenendo conto della diversa importanza: − Che ciascun bene ha in sé e come rappresentante di altri beni, nella spesa complessiva (il pane pesa più del pepe nero); − Che gli acquisti fatti in una determinata città (regione) hanno sui consumi nazionali (la Lombardia pesa più del Molise) c) Come si costruiscono i Paesi? − Il riferimento principale per la definizione del sistema dei paesi, sono le stime dei consumi finali delle famiglie (la spesona) prodotte dalla contabilità nazionale: • Indagini sui bilanci delle famiglie (BF); • Numerose altre fonti − Si calcolano i pesi per ciascuna componente, come rapporto tra la spesa stimata per quella componente e la spesa totale. − I dati nazionali sono regionalizzati per tener conto dei differenti comportamenti di consumo (informazione da indagine BF); − I pesi sono rivisti annualmente e l’IPC per l’anno t ha pesi riferiti all’anno t-1 -> indici a catena. 66 𝛿𝛿𝑌𝑌 𝛿𝛿𝐾𝐾 = 𝑅𝑅 𝑐𝑐 (6.5) Dalla (6.2) e (6.3) si ha che: 𝛿𝛿𝑌𝑌 𝛿𝛿𝐿𝐿 = 𝛼𝛼 𝑌𝑌 𝐿𝐿 𝛿𝛿𝑌𝑌 𝛿𝛿𝐾𝐾 = 𝛽𝛽 𝑌𝑌 𝐾𝐾 Da cui, uguagliando membro a membro: 𝛼𝛼 𝑌𝑌 𝐿𝐿 = 𝑊𝑊 𝑐𝑐 → 𝛼𝛼 = 𝑊𝑊 𝑐𝑐 𝐿𝐿 𝑌𝑌 (6.6) 𝛽𝛽 𝑌𝑌 𝐾𝐾 = 𝑅𝑅 𝑐𝑐 → 𝛽𝛽 = 𝑅𝑅 𝑐𝑐 𝐾𝐾 𝑌𝑌 (6.7) g) Il tasso tecnico di sostituzione tra capitale e lavoro 𝛿𝛿𝐾𝐾 𝛿𝛿𝐿𝐿 è proporzionale all’intensità del capitale 𝐾𝐾 𝐿𝐿 . 𝛼𝛼 𝛽𝛽 = 𝛿𝛿𝑌𝑌 𝛿𝛿𝐿𝐿 ∙ 𝐿𝐿 𝑌𝑌 ∙ 𝛿𝛿𝐾𝐾 𝛿𝛿𝑌𝑌 ∙ 𝑌𝑌 𝐾𝐾 = 𝛿𝛿𝐾𝐾 𝛿𝛿𝐿𝐿 ∙ 𝐿𝐿 𝐾𝐾 → 𝛿𝛿𝐾𝐾 𝛿𝛿𝐿𝐿 = 𝛼𝛼 𝛽𝛽 ∙ 𝐾𝐾 𝐿𝐿 h) In concorrenza perfetta l’elasticità di sostituzione tra capitale e lavoro è pari ad 1. L’elasticità di sostituzione 𝜎𝜎 misura la variazione relativa dell’intensità di capitale 𝐾𝐾 𝐿𝐿 al variare dei prezzi relativi, cioè indica in che misura gli imprenditori sostituiscono il fattore lavoro con il capitale in presenza di aumenti del prezzo relativo del lavoro rispetto a quello del capitale. 𝜎𝜎 = 𝛿𝛿 �𝐾𝐾𝐿𝐿� 𝐾𝐾 𝐿𝐿 𝛿𝛿 �𝑊𝑊𝑅𝑅 � 𝑊𝑊 𝑅𝑅 = 𝛿𝛿 �𝐾𝐾𝐿𝐿� 𝛿𝛿 �𝑊𝑊𝑅𝑅 � ∙ 𝑊𝑊 𝑅𝑅 𝐾𝐾 𝐿𝐿 (6.8) Considero il tasso tecnico di sostituzione e moltiplico e divido per 𝛿𝛿𝑌𝑌 : 𝛿𝛿𝐾𝐾 𝛿𝛿𝐿𝐿 = 𝛿𝛿𝑌𝑌 𝛿𝛿𝐿𝐿 ∙ 𝛿𝛿𝐾𝐾 𝛿𝛿𝑌𝑌 Usando la (6.4) e (6.5) : 𝛿𝛿𝐾𝐾 𝛿𝛿𝐿𝐿 = 𝑊𝑊 𝑐𝑐 ∙ 𝑐𝑐 𝑅𝑅 = 𝛼𝛼 𝛽𝛽 ∙ 𝐾𝐾 𝐿𝐿 → 𝑊𝑊 𝑅𝑅 = 𝛼𝛼 𝛽𝛽 ∙ 𝐾𝐾 𝐿𝐿 Sostituendo nella (6.8), si ottiene la seguente formula: 𝛿𝛿 �𝐾𝐾𝐿𝐿� 𝛿𝛿 �𝛼𝛼𝛽𝛽 𝐾𝐾 𝐿𝐿� ∙ 𝛼𝛼 𝛽𝛽 𝐾𝐾 𝐿𝐿 𝐾𝐾 𝐿𝐿 = 𝛿𝛿 �𝐾𝐾𝐿𝐿� 𝛼𝛼 𝛽𝛽 𝛿𝛿 � 𝐾𝐾 𝐿𝐿� ∙ 𝛼𝛼 𝛽𝛽 𝐾𝐾 𝐿𝐿 𝐾𝐾 𝐿𝐿 = 1 Da cui si evince che al variare dei prezzi relativi l’intensità di capitale varia in egual misura, cioè c’è completa sostituibilità fra lavoro e capitale (IPOTESI IRREALISTICA). i) La funzione di produzione Cobb-Douglas, pur non essendo lineare, può essere resa lineare ricorrendo ai logaritmi: log𝑌𝑌 = log𝛼𝛼 + 𝛼𝛼 log𝐿𝐿 + 𝛽𝛽 log𝐾𝐾 69 In questa espressione, eventuali mutamenti di scala nelle unità di misura delle variabili Y, L e K non hanno alcuna conseguenza sui termini dell’equazione, fatta eccezione per la costante α. Inoltre, calcolare i coefficienti della funzione di produzione Cobb-Douglas nella sua trasformazione logaritmica, equivale a stimare i parametri di un modello di regressione multipla con il metodo dei minimi quadrati. Nonostante sia una funzione di produzione molto utilizzata, essa non sfugge a varie3 critiche sul significato e l’interpretazione economica della relazione di dipendenza della produzione dai suoi fattori. 1. In particolare, viene criticata la validità dell’ipotesi si concorrenza perfetta, da cui deriva che tutte le imprese dello stesso settore spuntano gli stessi prezzi e, quindi, scelgono lo stesso mix degli input della produzione utilizzando la stessa tecnologia. 2. Un’altra critica riguarda la pretesa, insita nella funzione, di spiegare le quote di prodotto destinate ai fattori produttivi in base alle loro elasticità. Ciò vale solamente se la funzione è lineare omogenea, il che impone il vincolo assunti tra i parametri (𝛼𝛼 + 𝛽𝛽) = 1. 3. Un altro problema di carattere statistico nasce quando si vogliono stimare i parametri della funzione di produzione, anche se le stime in esame non sono sempre idonee a determinare vere e proprie leggi statistiche di comportamento. La stima dei parametri della funzione di produzione, può essere effettuata in base a dati provenienti da campioni in cross-section o da serie temporali. Modello di regressione lineare multivariato: 𝐿𝐿𝑗𝑗 = 𝛼𝛼 + 𝛼𝛼𝑐𝑐𝑗𝑗 + 𝛽𝛽𝑘𝑘𝑗𝑗 + 𝜀𝜀𝑗𝑗 (𝑙𝑙𝑖𝑖𝑟𝑟𝑐𝑐 𝑖𝑖𝑙𝑙𝑐𝑐𝑙𝑙 𝑐𝑐ℎ𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑙𝑙𝑖𝑖′è, 𝑖𝑖𝑙𝑙𝑐𝑐𝑙𝑙 𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑒𝑒𝑙𝑙𝑟𝑟𝑖𝑖𝑣𝑣𝑐𝑐𝑐𝑐) 𝑖𝑖𝑎𝑎 𝑞𝑞𝑣𝑣𝑐𝑐𝑖𝑖𝑐𝑐𝑙𝑙 𝑖𝑖𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙 𝑖𝑖 𝑙𝑙𝑐𝑐𝑐𝑐𝑖𝑖 𝑎𝑎𝑙𝑙𝑎𝑎 𝑖𝑖𝑙𝑙𝑎𝑎𝑙𝑙 𝑐𝑐𝑙𝑙𝑎𝑎𝑙𝑙𝑖𝑖𝑓𝑓𝑖𝑖𝑙𝑙𝑎𝑎𝑐𝑐𝑐𝑐𝑖𝑖. 𝑗𝑗 = �𝑖𝑖 = 1, … ,𝐾𝐾 → 𝑙𝑙𝑐𝑐𝑐𝑐𝑖𝑖 ∙ 𝑐𝑐𝑟𝑟𝑙𝑙𝑖𝑖𝑖𝑖 − 𝑖𝑖𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑖𝑖𝑙𝑙𝑎𝑎 𝑐𝑐 = 1, … ,𝑇𝑇 → 𝑙𝑙𝑐𝑐𝑐𝑐𝑖𝑖 ∙ 𝑐𝑐𝑖𝑖𝑖𝑖𝑐𝑐 − 𝑖𝑖𝑐𝑐𝑟𝑟𝑖𝑖𝑐𝑐𝑖𝑖 Stima coefficienti OLS (Ordinary Least Squares), ossia minimi quadrati ordinari -> indifferenza sulle elasticità dal campione 𝛼𝛼 � ,𝛽𝛽 . LA PRODUTTIVITA’ La “produttività” si definisce: come il rapporto tra la produzione ottenuta ed i fattori produttivi impiegati. Essa costituisce un indicatore molto importante, in quanto consente di impostare l’analisi della struttura e del funzionamento di un sistema economico, valutandone gli obiettivi raggiungi o da raggiungere in rapporto ai mezzi utilizzati o da utilizzare. Sia la produzione ottenuta che i fattori produttivi impiegati possono essere misurati in unità fisiche o in valore; si preferisce solitamente esprimere questi termini in valore al fine di omogeneizzare i termini del rapporto che esprime la produttività. Di norma si definiscono i seguenti concetti di produttività: a) Produttività globale (o totale): data dal rapporto tra valore della produzione (Y) e valore dei fattori produttivi impiegati (K, L), per cui: 𝑃𝑃𝑇𝑇 = 𝑌𝑌 𝐾𝐾 + 𝐿𝐿 b) Produttività parziale generica del lavoro: data dal rapporto tra il valore della produzione realizzata (Y) e il valore o la quantità di lavoro impiegato (L): 𝑃𝑃𝑃𝑃𝐿𝐿 = 𝑌𝑌 𝐿𝐿 c) Produttività parziale generica del capitale: data dal rapporto tra il valore della produzione realizzata (Y) ed il valore o la quantità di capitale impiegato (K): 𝑃𝑃𝑃𝑃𝐾𝐾 = 𝑌𝑌 𝐾𝐾 70 d) Produttività parziale specifica del lavoro: data dal rapporto tra la quota del valore della produzione che remunera il lavoro (αY) ed il valore o la quantità di lavoro impiegato (L), per cui: 𝐿𝐿𝑃𝑃 = 𝛼𝛼𝑌𝑌 𝐿𝐿 e) Produttività parziale specifica del capitale: data dal rapporto tra la quota del valore della produzione che remunera che il capitale (βY) ed il valore o la quantità di capitale impiegato (K), per cui: 𝐾𝐾𝑃𝑃 = 𝛽𝛽𝑌𝑌 𝐾𝐾 LA PRODUTTIVITA’ PARZIALE GENERICA DEL LAVORO La variazione nel tempo del “prodotto per unità di lavoro” (PULL) fornisce una misura dei progressi realizzati nella produzione. Si tratta, di una misura composita influenzata non solo dal lavoro impiegato ma anche dalla qualificazione dei lavoratori, nonché dall’aumento del capitale investito per addetto, dalla migliore combinazione dei fattori produttivi impiegati e dal progresso tecnico. Uno dei metodi più semplici per la determinazione delle variazioni del PULL consiste nel combinare opportunamente numeri indici della produzione industriale con indici del volume di lavoro impiegato nella produzione. Così, ad esempio, per un dato settore industriale la produttività generica del lavoro (sopra indicata con 𝑃𝑃𝑃𝑃𝐿𝐿 ed ora solo con P, per brevità) al tempo 0 è data dalla seguente espressione: 𝑃𝑃0 = ∑ 𝑄𝑄𝑖𝑖0 ∙ 𝑉𝑉𝑖𝑖0𝑖𝑖 ∑ 𝐻𝐻𝑖𝑖0𝑖𝑖 Dove: 𝑄𝑄𝑖𝑖0 = 𝑎𝑎𝑣𝑣𝑖𝑖𝑐𝑐𝑟𝑟𝑙𝑙 𝑙𝑙𝑖𝑖 𝑣𝑣𝑎𝑎𝑖𝑖𝑐𝑐à 𝑙𝑙𝑖𝑖 𝑐𝑐𝑟𝑟𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑐𝑐𝑐𝑐𝑙𝑙 𝑖𝑖 𝑟𝑟𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑖𝑖𝑓𝑓𝑓𝑓𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑖𝑖𝑐𝑐𝑙𝑙 0; 𝑉𝑉𝑖𝑖0 = 𝑣𝑣𝑐𝑐𝑐𝑐𝑙𝑙𝑟𝑟𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑑𝑑𝑑𝑑𝑖𝑖𝑣𝑣𝑎𝑎𝑐𝑐𝑙𝑙 𝑐𝑐𝑙𝑙𝑟𝑟𝑟𝑟𝑖𝑖𝑖𝑖𝑐𝑐𝑙𝑙𝑎𝑎𝑙𝑙𝑐𝑐𝑎𝑎𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑖𝑖𝑐𝑐𝑖𝑖𝑐𝑐𝑣𝑣𝑎𝑎𝑐𝑐 𝑣𝑣𝑎𝑎𝑖𝑖𝑐𝑐à 𝑙𝑙𝑖𝑖 𝑐𝑐𝑟𝑟𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑐𝑐𝑐𝑐𝑙𝑙 𝑖𝑖 𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑖𝑖𝑐𝑐𝑙𝑙 0; 𝐻𝐻𝑖𝑖0 = 𝑎𝑎𝑣𝑣𝑖𝑖𝑐𝑐𝑟𝑟𝑙𝑙 𝑙𝑙𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑙𝑙𝑟𝑟𝑐𝑐 𝑙𝑙𝑖𝑖 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑣𝑣𝑙𝑙𝑟𝑟𝑙𝑙 𝑎𝑎𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑖𝑖𝑖𝑖𝑐𝑐𝑟𝑟𝑖𝑖𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑟𝑟 𝑐𝑐𝑟𝑟𝑙𝑙𝑙𝑙𝑣𝑣𝑟𝑟𝑟𝑟𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑣𝑣𝑎𝑎𝑖𝑖𝑐𝑐à 𝑙𝑙𝑖𝑖 𝑐𝑐𝑟𝑟𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑐𝑐𝑐𝑐𝑙𝑙 𝑖𝑖 𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑖𝑖𝑐𝑐𝑙𝑙 0; in tale espressione il numeratore rappresenta il valore aggiunto complessivo al tempo 0 del settore considerato, mentre il denominatore indica il numero delle ore di lavoro svolte. Supponendo che il valore aggiunto unitario (𝑉𝑉𝑖𝑖) resti costante nel tempo (ipotesi plausibile nel breve periodo, in quanto postula l’invarianza delle tecnologie impiegate nella produzione), al tempo 1 la “produttività parziale generica del lavoro” sarà: 𝑃𝑃1 = ∑ 𝑄𝑄𝑖𝑖1 ∙ 𝑉𝑉𝑖𝑖0𝑖𝑖 ∑ 𝐻𝐻𝑖𝑖1𝑖𝑖 Dal rapporto tra 𝑃𝑃1 𝑐𝑐 𝑃𝑃0 si ottiene la “variazione della produttività generica del lavoro” tra il tempo 0 ed il tempo 1(𝐼𝐼𝑃𝑃), che si può così esprimere: 𝐼𝐼𝑃𝑃 = 𝑃𝑃1 𝑃𝑃0 = ∑ 𝑄𝑄𝑖𝑖1 ∙ 𝑉𝑉𝑖𝑖0𝑖𝑖 ∑ 𝐻𝐻𝑖𝑖1𝑖𝑖 ÷ ∑ 𝑄𝑄𝑖𝑖0 ∙ 𝑉𝑉𝑖𝑖0𝑖𝑖 ∑ 𝐻𝐻𝑖𝑖0𝑖𝑖 = ∑ 𝑄𝑄𝑖𝑖1 ∙ 𝑉𝑉𝑖𝑖0𝑖𝑖 ∑ 𝑄𝑄𝑖𝑖0 ∙ 𝑉𝑉𝑖𝑖0𝑖𝑖 ÷ ∑ 𝐻𝐻𝑖𝑖1𝑖𝑖 ∑ 𝐻𝐻𝑖𝑖0𝑖𝑖 In tale forma l’indice può essere interpretato come rapporto tra un indice di produzione del tipo di Laspeyeres e la variazione delle ore lavorate. Pur se stilisticamente perfetto, questo indice ha una significatività limitata in quanto, come tutti gli indici che si rapportano ad una sola componente tra tante, può essere falsato dal variare delle componenti non considerate. 71 E che: 𝑌𝑌1∗ = 𝛼𝛼𝑌𝑌0 ∙ 𝐿𝐿1 𝐿𝐿0 + 𝛽𝛽𝑌𝑌0 ∙ 𝐾𝐾1 𝐾𝐾0 Si può scrivere che: 𝑌𝑌1∗ − 𝑌𝑌0 = 𝛼𝛼𝑌𝑌0 ∙ 𝐿𝐿1 𝐿𝐿0 + 𝛽𝛽𝑌𝑌0 ∙ 𝐾𝐾1 𝐾𝐾0 − 𝑐𝑐𝑌𝑌0 − 𝛽𝛽𝑌𝑌0 = = 𝛼𝛼𝑌𝑌0 � 𝐿𝐿1 𝐿𝐿0 − 1� +𝛽𝛽𝑌𝑌0 � 𝐾𝐾1 𝐾𝐾0 − 1� = = 𝛼𝛼𝑌𝑌0 � 𝐿𝐿1 − 𝐿𝐿0 𝐿𝐿0 � +𝛽𝛽𝑌𝑌0 � 𝐾𝐾1 − 𝐾𝐾0 𝐾𝐾0 � 𝑌𝑌1∗ − 𝑌𝑌0 = 𝛼𝛼𝑌𝑌0 ∙ ∆𝐿𝐿0 𝐿𝐿0 + 𝛽𝛽𝑌𝑌0 ∙ ∆𝐾𝐾0 𝐾𝐾0 Dove: ∆𝐿𝐿0 = 𝐿𝐿1 − 𝐿𝐿0 𝑐𝑐 ∆𝐾𝐾0 = 𝐾𝐾1 − 𝐾𝐾0 Da questa equazione si ricava che la differenza tra il reddito teorico al tempo 1 ed il reddito effettivo al tempo 0 è uguale alla somma del prodotto tra la quota del reddito spettante al lavoro al tempo 0 e la variazione relativa del fattore lavoro, e il prodotto tra la quota del reddito spettante al capitale al tempo 0 e alla variazione relativa del fattore capitale. Ciò significa che la variazione teorica del reddito tra il tempo 1 ed il tempo 0, dipende dalle variazioni dei fattori capitali e lavoro impiegati nel processo produttivo. D’altra parte, l’incremento effettivo del reddito dal tempo 0 al tempo 1, può scriversi nella seguente forma: 𝑌𝑌1 − 𝑌𝑌0 = (𝑌𝑌1∗ − 𝑌𝑌0) + (𝑌𝑌1 − 𝑌𝑌1∗) Ossia: 𝑌𝑌1 − 𝑌𝑌0 = 𝛼𝛼𝑌𝑌0 ∙ ∆𝐿𝐿0 𝐿𝐿0 + 𝛽𝛽𝑌𝑌0 ∙ ∆𝐾𝐾0 𝐾𝐾0 + (𝑌𝑌1 − 𝑌𝑌1∗) Quest’ultima equazione evidenzia il fatto che la variazione del reddito determinata fra i tempi 0 e 1 risulta scomposta in tre parti, che corrispondono: − All’incremento del fattore lavoro (restando invariati le produttività specifiche, il valore monetario e la struttura per età e qualifica professionale delle forze lavoro); − All’aumento del fattore capitale (nell’ipotesi di invarianza della produttività del prezzo e della composizione del capitale); − Alla maggiore produttività congiunta dei fattori, ovvero all’aumentata efficienza del sistema economico (progresso tecnico). IL METODO DI SOLOW Esso consente di separare le variazioni del prodotto per occupato (PUL) dovute al progresso tecnico da quelle derivanti da cambiamenti nella quantità di capitale impiegato per occupato. Le ipotesi fondamentali in tale metodo sono tre: - Che si operi su mercati di concorrenza perfetta; - Che la somma delle quote di reddito spettanti al capitale e al lavoro siano costantemente uguale all’unità (ossia α + β = 1); - Che la funzione di produzione sia di tipo lineare omogeneo e, dunque, con rendimenti di scala costanti. Solow considera inizialmente una funzione di produzione del tipo: 𝑌𝑌 = 𝑒𝑒(𝐾𝐾, 𝐿𝐿, 𝑐𝑐) 74 Dove t è l variabile tempo considerata al fine di tener conto degli effetti complessivi del progresso tecnico. Posto: 𝐿𝐿 = 𝑌𝑌 𝐿𝐿 (𝑐𝑐𝑣𝑣𝑐𝑐) 𝑐𝑐 𝑘𝑘 = 𝐾𝐾 𝐿𝐿 (𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑖𝑖𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑟𝑟 𝑙𝑙𝑐𝑐𝑐𝑐𝑣𝑣𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑙𝑙) Solow giunge alla determinazione che la funzione di produzione (in forma ridotta) può essere espressa partendo da una funzione del tipo Cobb-Douglas: 𝑌𝑌 = 𝛼𝛼 ∙ 𝐿𝐿𝛼𝛼 ∙ 𝐾𝐾𝛽𝛽 Integrando l’equazione differenziale: 𝑙𝑙𝐿𝐿 𝐿𝐿 = 𝑙𝑙𝑉𝑉 𝑉𝑉 + 𝛽𝛽 𝑙𝑙𝑘𝑘 𝑘𝑘 , 𝑐𝑐𝑖𝑖𝑙𝑙è 𝐿𝐿 = 𝑉𝑉 ∙ 𝐾𝐾𝛽𝛽 Con 𝛼𝛼 + 𝛽𝛽 = 1 la stessa diventa: 𝑌𝑌 = 𝑉𝑉(𝑐𝑐) ∙ 𝐿𝐿𝑎𝑎 ∙ 𝐾𝐾𝛽𝛽 Dove A è un fattore moltiplicativo che rappresenta l’effetto cumulato nel tempo dei mutamenti intervenuti nella stessa struttura produttiva in conseguenza del progresso tecnico. ANALISI DELLE INTERDIPENDENZE SETTORIALI La contabilità nazionale considera i flussi finali che si realizzano nell’intero sistema economico, trascurando i flussi di natura intermedia. La tavola input-output, o tavola delle interdipendenze settoriali, o matrice di Leontief, consente di analizzare i processi intermedi che si realizzano tra le diverse unità economiche. L’analisi delle interdipendenze settoriali riguarda il funzionamento globale dell’economia che emerge da un insieme dettagliato di processi di formazione e distribuzione delle risorse nei diversi mercati di beni e servizi. Essa nasce dall’impossibilità di costruire un insieme completo di conti per tutte le branche del sistema economico ed integra la contabilità nazionale fornendo un’efficace analisi del valore aggiunto, dei redditi da lavoro dipendente, delle imposte indirette, dei contributi alla produzione, degli investimenti fissi e dell’occupazione. Da un punto di vista tecnico tale tavola input-output è la combinazione dei primi tre conti della contabilità nazionale: - Il conto di equilibrio di beni e servizi (che presenta il bilancio delle risorse e degli impieghi di ogni branca); - Il conto di produzione (che illustra il modo in cui l’output di ogni branca si forma a partire dagli input di beni e servizi intermedi e di fattori produttivi); - Il conto della distribuzione del valore aggiunto (che esprime come il reddito prodotto si distribuisce ai fattori della produzione impiegati in ciascuna branca). Il sistema contabile della tavola input-output rappresenta i flussi di beni e servizi di un’economia in una tavola a doppia entrata, che nella riga di destra riporta l’indicazione delle branche che impiegano i suddetti flussi, mentre il fianco sinistro riporta l’indicazione delle branche da cui provengono le risorse. Più in dettaglio, nella tavola si distinguono tre sezioni: - Le sezioni delle branche produttive (che mostra la transazione tra le diverse branche riguardanti i beni e servizi intermedi che dalla branca di origine affluiscono alla branca di impiego per essere qui utilizzati come input di produzione); - La sezione degli impieghi finali (formata dalle colonne situate a destra della tavola intestata ai consumi, agli investimenti ed alle esportazioni. In questa sezione sono riportati i flussi di beni e servizi che, varcata la frontiera delle imprese vengono destinati, rispettivamente al consumo, alla formazione del capitale ed all’esportazione); - La sezione delle risorse primarie (i flussi che riguardano la formazione del reddito), situata in basso della tavola, costituita dalle righe intestate al valore aggiunto ed alle sue componenti. In quest’ultima si registrano i flussi di reddito primario corrisposti ai fattori della produzione come remunerazione dei servizi resi nel processo produttivo. 75 LETTURA DELLE TAVOLE INPUT-OUTPUT La tavola se letta nel senso delle righe, consente di analizzare la produzione delle varie branche secondo la destinazione; la tavola, invece, se letta nel senso delle colonne, mostra per ciascuna branca il processo di formazione delle risorse e la struttura dei costi di produzione. Ne consegue che il valore della produzione di ogni singola branca può essere ottenuto sia come somma dei valori indicati in ciascuna colonna (costi intermedi e costi primari) sia come somma dei valori indicati in ciascuna riga (impieghi intermedi e impieghi finali). Formalizzando quanto detto, con riferimento alla sezione delle branche produttive per un generico input della branca j proveniente dalla branca i si definisce: 𝑋𝑋𝑖𝑖𝑗𝑗 = 𝑒𝑒𝑐𝑐𝑣𝑣𝑖𝑖𝑖𝑖𝑙𝑙 𝑙𝑙𝑖𝑖 𝑐𝑐𝑟𝑟𝑙𝑙𝑙𝑙𝑣𝑣𝑓𝑓𝑖𝑖𝑙𝑙𝑎𝑎𝑐𝑐 𝑖𝑖𝑎𝑎𝑐𝑐𝑐𝑐𝑟𝑟𝑎𝑎𝑐𝑐;𝑝𝑝 𝑋𝑋𝑖𝑖𝑗𝑗 = 𝑒𝑒𝑐𝑐𝑣𝑣𝑖𝑖𝑖𝑖𝑙𝑙 𝑙𝑙𝑖𝑖 𝑖𝑖𝑖𝑖𝑐𝑐𝑙𝑙𝑟𝑟𝑐𝑐𝑐𝑐𝑓𝑓𝑖𝑖𝑙𝑙𝑎𝑎𝑐𝑐;𝐼𝐼 𝑋𝑋𝑖𝑖𝑗𝑗 =𝑇𝑇 𝑋𝑋𝑖𝑖𝑗𝑗 +𝑝𝑝 𝑋𝑋𝑖𝑖𝑗𝑗 = 𝑒𝑒𝑐𝑐𝑣𝑣𝑖𝑖𝑖𝑖𝑙𝑙 𝑐𝑐𝑙𝑙𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐.𝐼𝐼 Per ciascuno di tali flussi si indica con 𝑥𝑥𝑖𝑖 = ∑ 𝑥𝑥𝑖𝑖𝑗𝑗𝑗𝑗 i “flussi di beni e servizi prodotti dalla branca i ed impiegati come input intermedi dall’insieme delle branche produttive”; si indica con 𝑥𝑥𝑗𝑗 = ∑ 𝑥𝑥𝑖𝑖𝑗𝑗𝑖𝑖 il “totale dei costi intermedi della generica branca j”. Nella sezione degli impieghi finali posti: C = consumi finali; I = investimenti fissi lordi; G = variazione delle scorte; E = esportazioni. Con riferimento alla generica branca di origine i , il “totale della domanda finale soddisfatta dalla produzione interna” sarà: 𝑍𝑍𝑖𝑖𝑝𝑝 = 𝐶𝐶𝑖𝑖𝑝𝑝 + 𝐼𝐼𝑖𝑖𝑝𝑝 + 𝐺𝐺𝑖𝑖𝑝𝑝 + 𝐸𝐸𝑖𝑖𝑝𝑝 76 strettamente proporzionale al volume dell’output conseguibile (ipotesi di tecnologia lineare). Si definiscono i coefficenti: 𝒂𝒂𝒊𝒊𝒊𝒊 = 𝒙𝒙𝒊𝒊𝒊𝒊 𝑿𝑿𝒊𝒊 ; 𝒊𝒊, 𝒊𝒊 = 𝟏𝟏,𝟐𝟐, … ,𝒏𝒏 Denominati: - Coefficienti tecnici di produzione, se le grandezze al secondo membro sono espresse in unità fisiche. Esso indica le unità fisiche del bene (o servizio) proveniente dalla branca i sono necessarie per produrre un’unità fisica nella branca j; IPOTESI DI LINEARIETA’ INTRODOTTA DA LEONTIEF 𝑋𝑋𝑖𝑖𝑗𝑗 = 𝑐𝑐𝑖𝑖𝑗𝑗𝑋𝑋𝑗𝑗 + 𝐾𝐾𝑖𝑖𝑗𝑗 → 𝑖𝑖𝑐𝑐𝑙𝑙𝑐𝑐𝑖𝑖𝑓𝑓𝑖𝑖𝑐𝑐𝑖𝑖𝑙𝑙 𝑐𝑐ℎ𝑐𝑐: 𝐾𝐾𝑖𝑖𝑗𝑗 = 0 𝑞𝑞𝑣𝑣𝑖𝑖𝑎𝑎𝑙𝑙𝑖𝑖: 𝑐𝑐𝑖𝑖𝑗𝑗 = 𝑋𝑋𝑖𝑖𝑗𝑗 𝑋𝑋𝑗𝑗 → 𝐶𝐶𝑙𝑙𝑐𝑐𝑒𝑒𝑖𝑖𝑐𝑐𝑖𝑖𝑐𝑐𝑎𝑎𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑇𝑇𝑐𝑐𝑐𝑐𝑎𝑎𝑖𝑖𝑐𝑐𝑙𝑙 𝑙𝑙𝑖𝑖 𝑃𝑃𝑟𝑟𝑙𝑙𝑙𝑙𝑣𝑣𝑓𝑓𝑖𝑖𝑙𝑙𝑎𝑎𝑐𝑐 (𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑣𝑣𝑟𝑟𝑐𝑐 𝑖𝑖𝑐𝑐 𝑑𝑑𝑟𝑟𝑐𝑐𝑙𝑙𝑙𝑙 𝑙𝑙𝑖𝑖 𝑙𝑙𝑖𝑖𝑖𝑖𝑐𝑐𝑟𝑟𝑖𝑖𝑏𝑏𝑣𝑣𝑖𝑖𝑓𝑓𝑖𝑖𝑙𝑙𝑎𝑎𝑐𝑐) Il sistema si riscriverà: 𝑋𝑋 = 𝑉𝑉𝑋𝑋 + 𝑍𝑍 𝐿𝐿′𝑐𝑐𝑖𝑖𝑐𝑐𝑟𝑟𝑐𝑐𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑙𝑙𝑎𝑎𝑐𝑐 𝑖𝑖𝑖𝑖𝑑𝑑𝑎𝑎𝑖𝑖𝑒𝑒𝑖𝑖𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑐𝑐ℎ𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑟𝑟𝑙𝑙𝑙𝑙𝑣𝑣𝑓𝑓𝑖𝑖𝑙𝑙𝑎𝑎𝑐𝑐 𝑣𝑣𝑖𝑖𝑐𝑐𝑎𝑎𝑐𝑐 𝑣𝑣𝑐𝑐𝑖𝑖𝑐𝑐𝑖𝑖𝑓𝑓𝑓𝑓𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑖𝑖𝑎𝑎 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑟𝑟𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑟𝑟 𝑖𝑖𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑖𝑖𝑖𝑖𝑒𝑒𝑐𝑐𝑟𝑟𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑙𝑙𝑙𝑙𝑖𝑖𝑐𝑐𝑎𝑎𝑙𝑙𝑐𝑐 𝑒𝑒𝑖𝑖𝑎𝑎𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐( 𝑍𝑍 ) 𝑐𝑐 𝑖𝑖𝑎𝑎 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑟𝑟𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑟𝑟 𝑑𝑑𝑐𝑐𝑟𝑟𝑐𝑐𝑎𝑎𝑐𝑐𝑖𝑖𝑟𝑟𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑖𝑖𝑖𝑖𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑟𝑟𝑙𝑙𝑙𝑙𝑣𝑣𝑐𝑐𝑖𝑖𝑏𝑏𝑖𝑖𝑐𝑐𝑖𝑖𝑐𝑐à 𝑖𝑖𝑎𝑎 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑟𝑟𝑖𝑖𝑖𝑖𝑎𝑎𝑐𝑐 𝑙𝑙𝑖𝑖 𝑖𝑖𝑖𝑖𝑐𝑐𝑣𝑣𝑐𝑐 𝑎𝑎𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑖𝑖𝑖𝑖𝑐𝑐𝑟𝑟𝑖𝑖 ( 𝑋𝑋) Matrice INVERSA di Leontief: 𝑋𝑋 = 𝑉𝑉𝑋𝑋 + 𝑍𝑍 𝑋𝑋 − 𝑉𝑉𝑍𝑍 = 𝑍𝑍 (𝐼𝐼 − 𝑉𝑉)𝑋𝑋 = 𝑍𝑍 𝑋𝑋 = 1 𝐼𝐼 − 𝑉𝑉 𝑍𝑍 𝑿𝑿 = (𝑰𝑰 − 𝑨𝑨)−𝟏𝟏𝒁𝒁 La matrice inversa da un unto di vista economico è detta matrice dei coefficienti di fabbrisogno diretto e indiretto dei flussi di produzione interna Coefficienti diretti di spesa, se le grandezze al secondo membro sono espresse in valori. Esso, invece, indica quante unità monetarie relative ad un bene o servizio proveniente dalla branca i sono necessarie per produrre un’unità monetaria della branca j. (Misura il grado di dipendenza economica). Con riferimento alla trasformazione della tavola dei flussi in tavola di coefficienti si possono costruire tre diverse matrici di coefficienti di spesa: - Matrice dei coefficienti di fabbisogno diretto degli input di produzione interna; - Matrice dei coefficienti di fabbisogno diretto degli input di importazione; 79 - Matrice dei coefficienti di fabbisogno diretto degli input primari. I coefficienti diretti di spesa possono essere utilizzati per esprimere sotto altra forma le equazioni di bilancio delle singole branche. Altra categoria di coefficienti sono i cosiddetti coefficienti di attivazione che esprimono l’impulso trasmesso da un incremento unitario della domanda finale della branca j sull’output totale della branca i; In particolare ricordiamo che: ∑ 𝑋𝑋1𝑗𝑗 + 𝑍𝑍1 = 𝑋𝑋1𝑛𝑛 𝑗𝑗=1 𝐸𝐸𝑞𝑞𝑣𝑣𝑐𝑐𝑓𝑓𝑖𝑖𝑙𝑙𝑎𝑎𝑐𝑐 𝑙𝑙𝑖𝑖 𝑆𝑆𝑖𝑖𝑐𝑐𝑐𝑐𝑎𝑎𝑐𝑐𝑖𝑖𝑙𝑙 𝑋𝑋 = 𝑉𝑉𝑋𝑋 + 𝑍𝑍 𝐿𝐿′𝑐𝑐𝑖𝑖𝑐𝑐𝑟𝑟𝑐𝑐𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑙𝑙𝑎𝑎𝑐𝑐𝑖𝑖𝑖𝑖𝑑𝑑𝑎𝑎𝑖𝑖𝑒𝑒𝑖𝑖𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑐𝑐ℎ𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑟𝑟𝑙𝑙𝑙𝑙𝑣𝑣𝑓𝑓𝑖𝑖𝑙𝑙𝑎𝑎𝑐𝑐 𝑣𝑣𝑖𝑖𝑐𝑐𝑎𝑎𝑐𝑐 𝑣𝑣𝑐𝑐𝑖𝑖𝑐𝑐𝑖𝑖𝑓𝑓𝑓𝑓𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑖𝑖𝑎𝑎 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑟𝑟𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑟𝑟 𝑖𝑖𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑖𝑖𝑖𝑖𝑒𝑒𝑐𝑐𝑟𝑟𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑙𝑙𝑙𝑙𝑖𝑖𝑐𝑐𝑎𝑎𝑙𝑙𝑐𝑐 𝑒𝑒𝑖𝑖𝑎𝑎𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐( 𝑍𝑍 ) 𝑐𝑐 𝑖𝑖𝑎𝑎 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑟𝑟𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑟𝑟 𝑑𝑑𝑐𝑐𝑟𝑟𝑐𝑐𝑎𝑎𝑐𝑐𝑖𝑖𝑟𝑟𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑖𝑖𝑖𝑖𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑟𝑟𝑙𝑙𝑙𝑙𝑣𝑣𝑐𝑐𝑖𝑖𝑏𝑏𝑖𝑖𝑐𝑐𝑖𝑖𝑐𝑐à 𝑖𝑖𝑎𝑎 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑟𝑟𝑖𝑖𝑖𝑖𝑎𝑎𝑐𝑐 𝑙𝑙𝑖𝑖 𝑖𝑖𝑖𝑖𝑐𝑐𝑣𝑣𝑐𝑐 𝑎𝑎𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑖𝑖𝑖𝑖𝑐𝑐𝑟𝑟𝑖𝑖 ( 𝑋𝑋) 𝐼𝐼𝑎𝑎 𝑒𝑒𝑙𝑙𝑟𝑟𝑖𝑖𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑙𝑙𝑖𝑖𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑖𝑖𝑖𝑖 𝑐𝑐𝑣𝑣𝑟𝑟à [𝐼𝐼 − 𝑉𝑉]𝑋𝑋 = 𝑍𝑍 in cui: I = la matrice unità in cui gli elementi posti sulla diagonale principale sono pari 1 e tutti gli altri elementi sono pari a 0; A = la matrice dei coefficenti di spesa 𝑐𝑐𝑖𝑖𝑗𝑗 [𝐼𝐼 − 𝑉𝑉] =la matrice quandrata dei coefficenti delle incognite ottenuta sottraendo alla matrice unità I quella dei coefficienti di spesa A; X = il vettore colonna (m righe e 1 colonna) della produzione; Z = il vettore colonna della domanda finale Risolvendo per volumi di produzione, cioè moltiplichiamo la matrice inversa per il vettore della domanda finale si ottiene il vettore della produzione, otteniamo X = [𝐼𝐼 − 𝑉𝑉]−1𝑍𝑍 in cui 𝛼𝛼𝑖𝑖𝑗𝑗è 𝑖𝑖𝑐𝑐 𝑑𝑑𝑐𝑐𝑎𝑎𝑐𝑐𝑟𝑟𝑖𝑖𝑐𝑐𝑙𝑙 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑖𝑖𝑐𝑐𝑎𝑎𝑐𝑐𝑙𝑙 𝑙𝑙𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑖𝑖𝑐𝑐𝑐𝑐𝑟𝑟𝑖𝑖𝑐𝑐𝑐𝑐 [𝐼𝐼 − 𝑉𝑉]−1 Esempio: Supponiamo di fare riferimento ad un sistema economico formato da sole 2 branche produttive: l’agricoltura e l’industria. Supponiamo che ma matrice A dei coefficienti di fabbisogno diretto degli input intermedi di produzione sia data da: 𝑉𝑉 = 0 0,3 0,5 0 Gli 0 indicano che i re-impieghi sono nulli; il coefficiente 0,5 indica che sono necessarie 0,5 unità monetarie di prodotti industriali per produrre una unità di prodotti agricoli e il coefficiente 0,3 che occorrono 0,3 unità di prodotti agricoli per produrre una unità di prodotti industriali. 𝑆𝑆𝑖𝑖 𝑟𝑟𝑖𝑖𝑐𝑐𝑐𝑐𝑣𝑣𝑐𝑐 𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑖𝑖𝑐𝑐𝑐𝑐𝑟𝑟𝑖𝑖𝑐𝑐𝑐𝑐 [𝐼𝐼 − 𝑉𝑉]: 𝐼𝐼 − 𝑉𝑉 = � 1 −0,3 −0,5 1 � La matrice i cui elementi sono costituiti dai complementi algebrici dei rispettivi elementi delle matrici [𝐼𝐼 − 𝑉𝑉] è data da: [𝐼𝐼 − 𝑉𝑉]𝑜𝑜𝑎𝑎 = � 1 0.5 0,3 1 � Dalla quale si ricaverà la matrice aggiunta: [𝐼𝐼 − 𝑉𝑉]+ = � 1 0,3 0,5 1 � 80 La matrice I – A ha per determinante: 𝐷𝐷 = 1 𝑥𝑥 1 − 0,3 𝑥𝑥 0,5 = 0,85. Dividendo ciascun elemento della matrice aggiunta per 0,85 si ottiene la matrice inversa [𝐼𝐼 − 𝑉𝑉]−1: [𝐼𝐼 − 𝑉𝑉]−1 �1,17647 0,35294 0,58824 1,17647� I RAPPORTI CARATTERISTICI DELL’ECONOMIA Oltre al prodotto netto pro-capite, nelle analisi economiche sono utilizzati numerosi altri indicatori che è possibile classificare, secondo la natura degli aggregati che intervengono nella loro definizione, in: - Rapporti caratteristici della produzione, di natura economica, utilizzati per processi di crescita e sviluppo; - Rapporti demo–economici, tenendo conto dei fattori demografici, risultano particolarmente utili nelle analisi delle caratteristiche e dell’andamento del mercato del lavoro. In tale contesto si pone l’attenzione sui rapporti della produzione I RAPPORTI CARATTERISTICI DELLA PRODUZIONE Essi si fondano sul tradizionale schema della contabilità nazionale, espresso dalla relazione : 𝑌𝑌 + 𝑀𝑀 = 𝐶𝐶 + 𝐼𝐼𝑛𝑛 + 𝐸𝐸 → 𝑌𝑌 = 𝐶𝐶 + 𝐼𝐼𝑛𝑛 + (𝐸𝐸 −𝑀𝑀) Dove Y è il prodotto nazionale netto; M sono le importazioni; C i consumi; 𝐼𝐼𝑛𝑛 investimenti netti; E le esportazioni. In questa relazione il primo membro rappresenta l’ammontare delle risorse disponibili, mentre il secondo rappresenta gli impieghi. Ipotizzando che il saldo della Bilancia dei Pagamenti sia presocchè nullo (E- M) = 0, la Y = C + 𝐼𝐼𝑛𝑛 + (𝐸𝐸 −𝑀𝑀) 𝑙𝑙𝑖𝑖𝑣𝑣𝑐𝑐𝑎𝑎𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑌𝑌 = 𝐶𝐶 + 𝐼𝐼𝑛𝑛; Supponendo ce il reddito non viene totalmente impiegato, ma una parte i esso viene risparmiato ( S ), possiamo scrivere: Y = C + S; Ed ancora che C + S = C + 𝐼𝐼𝑛𝑛 → 𝐼𝐼𝑛𝑛 = S, cioè gli investimenti netti (𝐼𝐼𝑛𝑛), coincidono con il risparmio ( S ) ( condizione di equilibrio del sistema). Sulla base dell’equazione Y = C + S, possiamo definire i rapporto caratteristici della produzione tra cui: a) Rapporto consumo- reddito C/Y ( o propensione media al consumo), che indica la quota di reddito destinata ai consumi; tale rapporto , in periodi di forte depressione economica, può assumere valori superiori all’unità, indicando che il paese ha consumato più di quanto ha prodotto attingendo ad una parte del capitale. b) Rapporto risparmio reddito S/Y (o propensione media al risparmio) che al contrario di quello precedente, poichè al numeratore del rapporto figura la parte di reddito risparmiata, costituisce una delle componenti più flessibili dell’economia. c) Rapporto investimento reddito 𝐼𝐼𝑛𝑛 / Y( o saggio di accumulazione del capitale) che rappresenta la propensione all’investimento del capitale. Nel caso in cui il saldo della bilancia dei pagamenti sia pari a zero (E – M) = 0 e, quindi 𝐼𝐼𝑛𝑛 = 𝑆𝑆 , il rapporto risulta uguale al rapporto risparmio / reddito. Gli investimenti netti esprimono la variazione (ΔK) dello stock di capitale in un intervallo temporale. d) Rapporto capitale-prodotto K / Y (o acceleratore), che indica la quota di capitale necessaria per ottenere una unità di prodotto. Sulle tendenze di lungo periodo, secondo alcuni si mantiene costante; secondo altri è una funzione costantemente decrescente dello sviluppo economico; secondo altri durante il processo di sviluppo , il rapporto capitale/prodotto attraverserebbe tre fasi: è basso nelle economie arretrate per diventare molto alto nelle economie in via di sviluppo, e quindi ritornare molto basso nelle economie mature. Ciò è dovuto al fatto che nella prima fase, in economie di carattere prevalentemente artigianale, il capitale è un fattore scarso rispetto agli altri; successivamente, nella fase di sviluppo, diventa sempre più sentita la necessità di frequenti investimenti in infrastrutture, la cui redditività 81 I METODI DI PREVISIONE QUALITATIVI Sono utilizzati quando non si dispone di dati storici (es. prevedere le entrate di una nuova attività produttiva). Si tratta di metodi altamente soggettivi che vengono impiegati per supportare i metodi quantitativi. Tra i metodi qualitativi più diffusi possiamo trovare: - La discussione faccia a faccia o tavola rotonda, in cui il dibattito si svolge all’interno di un gruppo di persone che sostengono o si oppongono all’opinione degli altri membri del gruppo o introducono nuovi elementi, l’unico inconveniente sta nella possibilità di influenzare l’opinione altrui. Lo scopo di tale metodo è quello di agevolare il formarsi di interazioni tra i componenti per approfondire la conoscenza del fenomeno oggetto di studio e di arrivare ad una soluzione conclusiva; - L’armonizzazione passiva, in essa non c’è un confronto diretto tra i partecipanti poiché si svolge in assenza di comunicazione tra gli esperti, proprio al fine di evitare possibili condizionamenti di opinione, infatti, il coordinatore viene scelto esternamente al gruppo; questi significa che le domande siano state interpretate correttamente dagli esperti. È necessario che le valutazioni degli esperti siano quantificabili, al fine di verificare la convergenza o la divergenza all’interno del gruppo; - Il metodo Delphi consiste nel sottoporre per iscritto (anonimo) ad un gruppo di esperti uno o più quesiti sui quali essi devono fornire appropriate valutazioni. Il confronto tra il gruppo di esperti avviene attraverso la rilevazione delle opinioni a mezzo di questionari individuali le cui risposte sono anonime. L’obiettivo è quello di pervenire ad un’unica soluzione finale che sia il frutto del consenso condiviso tra i partecipanti. Al contrario di quanto avviene nel brainstoring gli esperti non si confrontano direttamente e non comunicano tra loro. Tale metodo tende ad ottenere una risposta di gruppo attraverso il feedback caratterizzato da una strutturazione del processo di comunicazione che consente ad un insieme di persone di interagire come gruppo nella trattazione di un problema complesso. Il problema sta nella scelta degli esperti e nella conduzione del procedimento. I responsi vengono sintetizzati attraverso informazioni statistiche quali media, mediana, distribuzione di frequenza delle risposte fornite ai questionari. I METODI DI PREVISIONE QUANTITATIVI Essi si basano sull’impiego di dati storici, dai quali si cerca di comprendere la struttura sottostante del fenomeno per poi utilizzarla a scopi previsionali. I metodi di previsione quantitativi si distinguono in due macrocategorie: - Quella dei metodi basati sulle serie storiche, essi consistono nell’effettuare previsioni sull’andamento futuro di una variabile sulla base delle realizzazioni passate e presenti della variabili in questione, assumendo che una serie storica altro non è che un insieme di dati numerici registrati ad intervalli regolari di tempo. In statistica, per serie storica o temporale, s’intende un insieme di dati risultanti da una sequenza di osservazioni relative ad uno specifico fenomeno di interesse Y, effettuate in istanti (per le variabili di stock) o intervalli (per le variabili di flusso) di tempo consecutivi e, solitamente, anche se non necessariamente, equispaziati o della stessa lunghezza; - Quella dei metodi aleatori: sono così detti in quanto consistenti nella determinazione di fattori legati alla variabile di cui si vuole effettuare la previsione, includono la regressione multipla con variabili ritardate, in modelli econometrici e degli indici di diffusione SERIE STORICHE Statistica classica: si suppone che n osservazioni indipendenti provengano da un’unica variabile aleatoria. Serie economiche: si suppone che esistano n osservazioni provenienti da altrettante variabili aleatorie dipendenti. L’inferenza della serie storica si configura come un procedimento che tenta di riportare la serie storica al suo processo generatore. I momenti di una serie storica sono: - Media o valore atteso E(Yt); - Varianza temporale Var(Yt); - Covarianza temporale Cov(Yt, Ys). I movimenti delle serie storiche sono i seguenti: 84 - Movimento tendenziale o trend, mostra un andamento (crescente, decrescente o costante) con fluttuazioni più o meno regolari; i metodi più utilizzati sono: minimi quadrati e il metodo delle medie mobili; - Movimento ciclico, impronta all’evento delle fluttuazioni periodiche e non periodiche attorno alla curva del trend, in momenti di 4 fasi (prosperità, recessione, crisi e ripresa) definiti nel ciclo economico (movimenti congiunturali) con durata pluriennale; • Prosperità: aumento maggiore dell’aumento dell’anno precedente; • Recessione: aumento minore dell’aumento dell’anno precedente; • Crisi: aumento negativo maggiore dell’anno precedente; • Ripresa: aumento negativo minore dell’anno precedente. - Movimento stagionale, determina variazioni che avvengono negli stessi mesi in anni successivi. I metodi con il quale vengono analizzati sono: metodo della serie ideale 12 mesi, e metodo della media mobile 12 mesi; - Movimento casuale o accidentale, piccole oscillazioni dovute ad eventi casuali (scioperi, elezioni); - Movimento occasionale, è raro, causato da eventi bellici, importanti innovazioni tecnologiche, crisi politiche ecc. Se tale evento si risolve rapidamente e non produce variazioni al trend, quel dato statistico viene escluso e sostituito da un dato “fittizio” ottenuto tramite interpolazione. Se invece, il trend rimane cambiato, si spezzano le serie in due parti e si analizzano separatamente le due parti, dette periodi osservazionali. ANALISI DELLE SERIE STORICHE ECONOMICHE Nelle analisi delle serie storiche ci sono dei fattori che hanno influenzato l’andamento della serie nel passato, così come nel presente e continueranno nel futuro. Sarà necessario individuare e isolare tali fattori utilizzando diversi modelli per mezzo dei quali disgregare la serie nelle proprie componenti costitutive. Fra questi; ricordiamo: - I modelli auto-regressivi; - L’approccio metodologico alle serie storiche; - Le tecniche di livellamento. I modelli auto regressivi Vengono utilizzati per poter affrontare il problema della previsione in relazione ad una serie storica annuale in cui si osserva una forte correlazione fra valori consecutivi di una serie (autocorrelazione), che può essere di primo ordine, quando si considerano valori adiacenti, del secondo ordine quando ci si riferisce alla relazione che intercorre tra i valori della serie a distanza di due periodi; i modelli autoregressivi consentono, quindi, di sfruttare tali legami di dipendenza nell’intento di ottenere utili previsioni del comportamento futuro delle serie. APPROCCIO METODOLOGICO DELLE SERIE STORICHE Nell’analisi delle serie storiche si distingue: - L’approccio di analisi moderno che considera la serie storica come una parte finita di un processo stocastico, cioè come una successione di valori osservati di un insieme di variabili casuali componenti di un modello parametrico (natura probabilistica); - L’approccio d’analisi classico, concepisce i valori osservati di una serie storica come il risultato dell’aggregazione di una componente deterministica, alla quale è possibile dare una diretta interpretazione economica, e di una componente casuale, di natura residuale. APPROCCIO CLASSICO Seguendo l’approccio classico, una serie storica si scompone in una parte deterministica ed una casuale. La parte deterministica si compone: - Della componente tendenziale, ovvero la presenza di una tendenza di fondo legata all’andamento di lungo periodo del fenomeno (trend); - Di una componente ciclica, definita stagionalità. 85 Secondo l’approccio classico la combinazione delle componenti menzionate, dà luogo a tre diversi modelli: additivo, moltiplicativo e misto. In tutti i modelli si presuppone che le componenti siano fra loro indipendenti. Ma mentre nel modello additivo tutte le componenti sono espresse nella stessa unità di misura dei dati originari, nel modello moltiplicativo solo la componente tendenziale è espressa nella stessa unità di misura dei dati originari, poiché le altre componenti (ciclo, stagionalità e componente accidentale) sono semplici numeri indice. 𝑌𝑌𝑡𝑡 = 𝑇𝑇𝑡𝑡 + 𝐶𝐶𝑡𝑡 + 𝑆𝑆𝑡𝑡 + 𝜀𝜀𝑡𝑡 O moltiplicativa: 𝑌𝑌𝑡𝑡 = 𝑇𝑇𝑡𝑡 ∙ 𝐶𝐶𝑡𝑡 ∙ 𝑆𝑆𝑡𝑡 ∙ 𝜀𝜀𝑡𝑡 Ed infine mista: 𝑌𝑌𝑡𝑡 = 𝑇𝑇𝑡𝑡 ∙ 𝐶𝐶𝑡𝑡 + 𝑆𝑆𝑡𝑡 ∙ 𝜀𝜀𝑡𝑡 Di cui 𝑇𝑇𝑡𝑡 è la componente tendenziale, detta trend (componente più regolare); 𝐶𝐶𝑡𝑡 è la componente legata al ciclo economico (fasi ascendenti e fasi discendenti legate al sistema economico); 𝑆𝑆𝑡𝑡 è la componente di un periodo noto detto stagionalità (spiega l’influenza delle stagioni e tendono a ripetersi nel medesimo periodo) ; 𝜀𝜀𝑡𝑡 è la componente irregolare residua (non ha una sistematicità, quindi è totalmente casuale); Altre componenti che possono essere presenti nelle serie storiche sono: - La c.d. componente del calendario; - Valori anomali (outliers): additivi o innovativi; - Cambiamenti di struttura: cambi di livello o di pendenza. L’analisi di una serie storica può avere diversi obiettivi: - Descrivere sinteticamente l’andamento nel tempo del fenomeno; - Spiegare il fenomeno, individuando il suo meccanismo generatore ed eventuali relazioni con altri fenomeni; - Filtrare la serie; - Prevedere l’andamento del fenomeno. Prima di qualsiasi analisi, si esaminano i dati grezzi e si apportano spesso alcuni aggiustamenti per depurare i dati da discontinuità o dagli effetti della diversa durata degli intervalli o periodi di tempo considerati, oppure per tenere conto di valori anomali. Esempi di discontinuità sono i cambiamenti di base nelle serie storiche di numeri indice, oppure la presenza di metriche diverse per le variabili economiche. Se non è possibile eliminare tali discontinuità è preferibile limitare l’analisi a dati omogenei. La diversa durata dei periodi incide sui valori osservati nei medesimi periodi di anni diversi, producendo variazioni non ascrivibili all’andamento del fenomeno. Tali perturbazioni sono eliminabili in vari modi: - Aggregando i dati in periodi più lunghi; - Passando a dati medi giornalieri, ossia sostituendo il dato mensile grezzo con il rapporto tra valore osservato ed il numero di giorni rilevanti nel mese cui si riverisce; - Applicando coefficienti correttivi, es. sostituendo il valore mensile con un valore aggiustato, pari al prodotto del valore grezzo per il rapporto tra la media mensile dei giorni rilevanti in tutto l’anno ed il numero di giorni del mese cui il valore si riferisce. VALORI ANOMALI (OUTLIER) Essi sono di due categorie: - Si ha una brusca variazione nella serie in un dato istante, dopo il qual però la serie stessa ritorna immediatamente (c.d. outlier additivo) o gradualmente (c.d. cambiamento temporaneo) all’andamento precedente. In questo caso si preferisce ignorare il valore anomalo; - Si ha una brusca variazione che permane nel tempo, provocando un cambiamento del livello o dello stesso andamento della serie. In questo caso è preferibile spezzare la serie ed analizzare separatamente i dati anteriori e posteriori alla variazione. 86 Con valori bassi di W, infatti, vengono meglio evidenziate le tendenze di lungo periodo della serie, mentre valori elevati consentono più precise previsioni di breve periodo. Quindi quando si usano le medie mobili, si perdono alcuni dei valori finali della serie storica. LIVELLAMENTO ESPONENZIALE SEMPLICE (PAG. 309) I METODI DI HOLT- WINTERS Si tratta di modelli molto flessibili in quanto consentono di tener conto di trend non polinomiali e di stagionalità non costanti. VALUTAZIONE DELLE QUALITÀ DELLE PREVISIONI Misure di qualità: - La media degli errori assoluti; - La media dei quadrati degli errori; - La radice quadrata del precedente; Si usa anche il confronto tra i “punti di svolta” (test di Kendall). Per “punto di svolta” intendiamo un punto in cui una serie da ascendente diventa discendente o viceversa. Si contano i punti si svolta presenti nella serie rilevata ed in quella stimata o livellata e si calcolano: - Indice di errore di prima specie, dato dal rapporto tra il numero dei punti di svolta non coincidenti perché presenti solo nella serie stimata ed il numero totale dei punti di svolta della serie stimata; - Indice di errore di seconda specie, dato dal rapporto tra il numero dei punti si svolta non coincidenti perché presenti solo nella serie rilevata ed il numero totale dei punti di svolta della serie rilevata. APPROCCIO MODERNO Nell’approccio moderno a differenza di quello tradizionale, si assume che il processo alla base della serie storica, sia stato generato da un processo stocastico, descrivibile mediante un modello probabilistico di tipo parametrico. In particolare, in questo approccio si ipotizza che la parte sistematica sia stata eliminata e si studia la componente stocastica μt. Ricordando che una variabile aleatoria può essere definita come una funzione misurabile a valori reali su uno spazio probabilistico. Si può definire un processo stocastico X come una successione di variabili aleatorie indicizzate da un parametro. Nell’analisi delle serie storiche, questo parametro è il tempo, che si può considerare discreto oppure continuo. Da qui si può derivare la nozione di serie storica, che sarà la realizzazione di un processo stocastico, indicata con la notazione Xt(1,….,N) dove N tende all’infinito. DETERMINAZIONE DEL TREND IN ASSENZA DI STAGIONALITÀ In una serie storica il trend è sicuramente la componente oggetto di maggiore attenzione. Lo studio del trend ci consente di effettuare previsioni sull’andamento della serie nel medio e nel lungo periodo; ma anche, una volta eliminata la sua influenza sulla serie, di fare previsioni si breve periodo sull’andamento ciclico generale del mercato. Si distinguono: - Modello statistico di tipo lineare o trend lineare (utilizza l’applicazione del metodo dei minimi quadrati al problema di determinazione del trend di una serie storica). - Modello statistico di tipo non lineare: il trend esponenziale e il trend quadratico (nel caso in cui i valori di una serie sembrano aumentare ad un tasso crescente, si rivela utile applicare un modello esponenziale); MODELLO STATISTICO DI TIPO LINEARE O TREND LINEARE Esso si caratterizza per l’applicazione del metodo dei minimi quadrati al problema si determinazione del trend di una serie storica, in cui la variabile indipendente è il tempo. Se il numero delle osservazioni è dispari, per semplicità di calcolo, è possibile centrare la serie storica, in altre parole, attribuire valore 0 nel tempo centrale della serie statistica. MODELLO STATISTICO DI TIPO NON LINEARE: IL TREND ESPONENZIALE 89 Nel caso in cui i valori di una serie sembrano aumentare a un tasso crescente, in modo tale che la differenza percentuale fra le osservazioni sia costante nel tempo, si rivela utile applicare un modello esponenziale. MODELLO STATISTICO DI TIPO NON LINEARE: IL TREND QUADRATICO Esso è basato su un polinomio di secondo grado, tale equazione può essere utilizzata a scopi previsionali, semplicemente sostituendo il valore di X assegnato all’anno per il quale interessa una previsione della serie e calcolando il corrispondente valore Y PROBLEMA DELL’INDIVIDUAZIONE DEL MODELLO MIGLIORE Esistono delle tecniche basate sul calcolo e sull’analisi delle differenze prime, seconde e percentuali fra i valori della serie. Questi metodi offrono una buona indicazione circa il modello da specificare ex-ante. È tuttavia utile verificare la bontà di un modello attraverso una verifica ex-post (differenza valori teorici e valori empirici). A tal fine è necessario utilizzare l’andamento dei residui; i residui del modello si ottengono come differenza fra i valori osservati e i valori ottenuti con il modello stesso. Tale analisi potrebbe risultare insufficiente, si andrà ad utilizzare l’analisi delle regressione, ovvero il coefficiente di determinazione. DETERMINAZIONE DEL TREND IN PRESENZA DI STAGIONALITA’ Siamo di fronte all’analisi di serie storiche di carattere economico che sono registrate con una cadenza infra-annuale (mensile, trimestrale, quadrimestrale). Quando i dati sono disponibili con questa cadenza, è necessario considerare un ulteriore componente della serie: la componente stagionale. 90 CAPITOLO VIII: ECONOMIA SOMMERSA, DISUGUAGLIANZA DEI REDDITI ED ANALISI DEI CONSUMI CRITERI DI MISURA DELL’ECONOMIA SOMMERSA L’economia sommersa è costituita da: - lavoro a nero, - costruzioni abusive, - servizi resi ai vicini, - commercio non autorizzato; - lavoro a domicilio non regolarizzato. Per definire l’economia sommersa occorre stabilire: • quali sono le attività umane che formano l’economia; • dov’è la linea di demarcazione tra economia apparente ed economia sommersa. Secondo il SEC 95 rientrano nel concetto di economia tutte le attività per le quali si realizza un complesso monetario dei fattori della produzione, per cui, per convenzione si aggiungono: - tutte le attività di auto-investimento; - produzione ad opera di operatori non agricoli di altri prodotti non primari da vendere; - attività di produzione agricola alimentari per l’autoconsumo; - uso diretto dell’abitazione di proprietà. Restano invece escluse da queste attività: - produzione domestica; - lavoro volontario non retribuito. In tale definizione sono incluse le attività illegali e le operazioni che produzione beni e servizi scambiati su base consensuale (scommesse clandestine, prostituzione, produzione e spaccio di droga); sono invece escluse le attività criminali quali furti, estorsioni e truffe perché producono un semplice trasferimento di ricchezza. Il SEC 95 definisce invece l’economia apparente, come quella economia che produce, scambia, consuma, risparmia, investe e distribuisce reddito nel rispetto completo delle norme regolamentari, degli obblighi di legge e fiscali e delle regole vigenti di sicurezza sociale. L’economia sommersa invece è costituita da una miriade di piccoli produttori (lavori autonomi e dipendenti) che, al di fuori del sistema normativo, instaurano un intreccio di posizioni lavorative con l’intento di ottenere dei vantaggi economici, riducendo gli oneri fiscali e para-fiscali o accrescendo il numero di ore dedicate al lavoro. Da questa definizione, si evince che, all’economia sommersa è strettamente legato il problema dell’evasione fiscale. IL CONTENUTO DELL’ECONOMIA SOMMERSA L’economia sommersa consiste in una serie di attività esercitate al di fuori delle regole quali: - Attività imprenditoriali non registrate; - Lavoro autonomo, svolto da lavoratori dipendenti fuori dall’orario di lavoro; - Lavoro alle dipendenze non registrato; - Impiego del capitale non registrato. METODI DI VALUTAZIONE DELL’ECONOMIA SOMMERSA Si distingue in: - Metodi diretti (indagini famiglie, imprese e individui sulla partecipazione attiva e passiva all’economia sommersa e controlli d’ufficio sull’evasione fiscale); - Metodi indiretti: valutazione delle discrepanze tra le diverse fonti; - Metodi misti (che sono la sintesi dei due metodi precedenti). 91 Gli indicatori del livello di povertà possono essere costruiti secondo due approcci: - Approccio uni-dimensionale: la povertà si misura in base al reddito o in base ad un altro carattere indicativo dei mezzi disponibili; - Approccio multi-dimensionale: la povertà si misura non solo in base alle condizioni economiche ma anche in base al grado di partecipazione dell’individuo alla vita politica e sociale. Con riferimento al concetto di povertà come privazione assoluta, nasce il concetto di “minimo di sussistenza” che è un limite di reddito ritenuto convenzionalmente sufficiente a procurarsi il minimo necessario per il mantenimento dell’efficienza fisica ed al disotto del quale l’individuo è definito povero. In questo modo si delineano le c.d. linee o soglie di povertà, a seconda della composizione del nucleo familiare. Il metodo utilizzato in Italia, fissa la soglia di povertà di una famiglia di due componenti, definendo povere quelle famiglie che hanno una spesa procapite non superiore alla metà della spesa pro-capite della generalità delle famiglie. Successivamente si individua il rapporto K tra le spese alimentari e la spesa totale e si utilizza questo rapporto come parametro guida per individuare le soglie di povertà anche per le famiglie aventi un numero di componenti diverso di due. Nell’approccio unidimensionale, gli indici di povertà sono: - Indici di diffusione della povertà - Indici dell’intensità della povertà ANALISI STATISTICA DEI CONSUMI La misurazione della “qualità della vita” dipende da 3 fattori: - L’appagamento delle esigenze materiali - L’appagamento delle esigenze morali - E dal fatto che sia minime le disuguaglianze sociali L’attenzione viene posta sui consumi in quanto rappresentativi di quella quota di reddito che le famigli impiegano nell’acquisto di beni e servizi per il soddisfacimento dei loro bisogni. I consumi finali costituiscono la domanda complessiva per consumi, espressa dalle famiglie residenti, delle amministrazioni pubbliche e dalle istituzioni sociali private. - La “spesa per consumi finali”: è definita come la spesa sostenuta dalle unità istituzionali residenti (famiglie, pubblica amministrazione, istituzioni sociali private) per beni e servizi utilizzati per il diretto soddisfacimento di desideri e bisogni, individuali e collettivi, dei membri della società. Può essere sostenuta all’interno del paese o all’esterno. Accanto agli acquisti veri e propri, rientra in questa categoria: - “L’autoconsumo”: • Di prodotti agricoli • I fitti figurativi delle abitazioni occupate dagli stessi proprietari • Le retribuzioni in natura corrisposte ai dipendenti dai datori di lavoro Rientrano nella spesa dei consumatori anche i beni usati; ne rimangono esclusi gli oggetti di valore che escono dal confine del consumo ed entrano in quello dell’accumulazione. - I “consumi finali effettivi”: esprimono il valore dei beni e servizi utilizzati dalle unità istituzionali residenti per il diretto soddisfacimento dei desideri o bisogni individuali o collettivi, indipendentemente dal soggetto che ne ha sostenuto la spesa. - Il “consumo finale effettivo”: è registrato una volta dal punto di vista di chi spende e un’altra volta dal punto di vista dei bisogni soddisfatti. Detto aggregato risulta scomposto sia secondo il settore che finanzia, sia secondo la categoria di bisogni che, come detto precedentemente, si distinguono in “individuali & collettivi”. - I “consumi individuali”: sono attribuiti all’operatore famigli ed individuabili attraverso tre caratteri distintivi: • Possibilità di osservare l’acquisizione del bene o servizio da parte di una singola famiglia (o persona) ed il momento di verifica; • La famiglia deve avere assentito alla fornitura del bene e intrapreso ogni azione necessaria per renderla possibile, ad esempio frequentando una scuola; 94 • Il bene deve avere natura tale che la sua acquisizione da parte di una famiglia, o anche di un ristretto numero di famiglie, ne precluda l’utilizzo ad altre famiglie. - I “consumi collettivi”: sono attribuiti all’operatore amministrazioni pubbliche ed i caratteri distintivi che li definiscono sono: erogazione contemporaneamente ad ogni membro della collettività od a sue particolari sottocategorie, come i residenti di una particolare regione o località; • La fruizione è normalmente passiva e non richiede esplicito assenso o l’attiva partecipazione tutti gli individui in questione; • L’erogazione di un servizio collettivo a favore di un unico individuo, non riduce la quantità disponibile per gli altri membri della collettività o di una categoria specifica di persone. Non c’è antagonismo per la sua acquisizione. SPESA PER CONSUMI FINALI DELLE FAMIGLIE La spesa per consumi finali delle famiglie, include: - Beni e servizi acquistati dalle famiglie; - Autoconsumi di prodotti agricoli; - Fitti figurativi delle abitazioni occupate dai proprietari; - Retribuzioni in natura; - Servizi domestici retribuiti; - Spese affettuate all’estero dai residenti (esclusi viaggi di lavoro); - Beni usati, esclusi gli oggetti di valore; - Occorrente per piccole riparazioni alla casa; - Beni durevoli acquistati dalle famiglie; - Acquisiti di beni e servizi alle AA.PP. anche a prezzi non significativi (musei, tasse scolastiche, ticket sanitari); - Spese per rilascio certificati, passaporti e licenze. METODI DI CALCOLO - 40% disponibilità (flusso di prodotti) P + M = C + F + E C = P + (M – E) – F 35%: • alimentari, autoveicoli, abbigliamento, mobilio, libri e giornali. • Vendite. • Servizi telefonici, elettricità, gas. 25% spesa • Beni alimentari, ristorazione. SPESA ER CONSUMI FINALI DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE La spesa per consumi finali delle Amministrazioni pubbliche include: - Il valore dei beni e dei servizi non market prodotti dalla PA stessa, al netto degli investimenti per uso proprio e degli eventuali introiti connessi alla loro fornitura; tali servizi possono essere sia di tipo individuale, come l’istruzione e la sanità erogate direttamente dalla Pubblica Amministrazione, sia di tipo collettivo, come la difesa, l’ordine e la sicurezza. - Gli acquisiti da parte della PA di beni e servizi prodotti dalle Imprese, e forniti senza alcuna trasformazione alle Famiglie, come prestazioni sociali in natura. SPESA PER CONSUMI FINALI DELLE ISTITUZIONI SOCIALI PRIVATE (ISP) La spesa per consumi finali delle (ISP) include tutti i beni e servizi di loro produzione. 95 INVESTIMENTI FISSI LORDI Gli “investimenti lordi” sono beni durevoli che i produttori acquisiscono durante il periodo contabile (anno solare), ma che non includono nei consumi intermedi. Essi si compongono di tre flussi: - Investimenti fissi; - Variazione delle scorte; - Acquisizioni meno cessioni di beni. Gli “investimenti fissi” rappresentano il valore dei beni strumentali acquisiti dai produttori per impiegarli nei processi di produzione più volte. Si possono raggruppare in tre classi: a) Beni materiali b) Beni immateriali c) Miglioramenti ai beni non prodotti La “variazione delle scorte” è il flusso dell’aggregato in questione, va intesa come la differenza tra il valore finale e quello iniziale delle scorte e corrisponde al capitale circolante fisico aziendale destinato ad alimentare la produzione e gli scambi in futuro. Essa comprende: - Materiali acquistati dai produttori; - Beni fabbricati dai produttori valutati ai prezzi base; - Prodotti in corso di lavorazione valutati ai costi di produzione; - Scorte di servizi, attualmente, non valutate dall’ISTAT. Le “acquisizioni meno cessione di beni di valore” sono beni non finanziari che non sono normalmente utilizzati ai fini di produzione o consumo e che in condizioni normali non si deteriorano nel tempo, acquistati e detenuti soprattutto come “bene rifugio”. Rientrano in questa classe l’oro non monetario e metalli analoghi (pietre preziose e gioielli, opere d’arte…). Gli indirizzi di ricerca empirici, verso cui la dottrina economica si è orientata, possono così riassumersi: a) Analisi dell’influenza del prezzo sulla domanda nell’intento di stabilire in che direzione e misura i consumi di un dato bene variano al variare del prezzo; b) Analisi della relazione tra domanda e reddito dei consumatori per stabilire i modi in cui e famiglie distribuiscono il proprio reddito per l’acquisto di beni di consumo; c) Studio dei sistemi completi di domanda che osserva il consumatore nel momento in cui effettua le sue scelte simultanee di allocazione del proprio reddito tra i diversi beni, in relazione alla spesa totale consentigli; d) Stime di funzione aggregante del consumo, allo scopo di determinare delle leggi statistiche utili per la previsione della domanda delle famiglie nel quadro dei modelli macro-economici. METODI DI VALUTAZIONE DEI CONSUMI I metodi di valutazione dei consumi sono essenzialmente di due tipi: - Metodo delle disponibilità globali: è un metodo indiretto. Si procede alla valutazione del consumo di un singolo prodotto calcolandone la quantità disponibile. Occorre conoscere: • il consumo finale del prodotto considerato (C); • la produzione realizzata in un dato intervallo temporale (X); • la quantità importata (M); • la quantità esportata (E); • gli impieghi intermedi e gli investimenti fissi (N); • la variazione delle scorte (G). il conto della disponibilità è il seguente: X + M = E + C + N + G Dove C sono i consumi finali del prodotto considerato. Da questa equazione si ottiene che: C = (X + M) – (E + N + G) 96