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RIASSUNTO: Storia dell'editoria in Italia. Dall'Unità a oggi - A. Cadioli, G. Vigini, Appunti di Biblioteconomìa

Riassunto del volume "Storia dell'editoria in Italia. Dall'Unità a oggi" di A. Cadioli, G. Vigini (Editrice bibliografica, 2018): articolato in tre parti, il libro dà una panoramica generale della vicenda editoriale italiana, concentrandosi su alcuni fenomeni, personaggi o case editrici di spicco. Il riassunto si articola negli stessi capitoli del libro.

Tipologia: Appunti

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Scarica RIASSUNTO: Storia dell'editoria in Italia. Dall'Unità a oggi - A. Cadioli, G. Vigini e più Appunti in PDF di Biblioteconomìa solo su Docsity! STORIA DELL’EDITORIA IN ITALIA. Dall’Unità a oggi Alberto Cadioli, Giuliano Vigini Parte prima: verso un’editoria moderna. L’Ottocento 1. Tra vecchio e nuovo sistema editoriale A inizio Ottocento l’Italia si trova in una situazione più arretrata rispetto ad altri Paesi europei: troneggia ancora la figura tradizionale del libraio-stampatore, la letteratura si mantiene in forme consolidate destinate ai cosiddetti ‘letterati’ (anche a fronte di un analfabetismo molto diffuso) e lo stesso giornalismo è promosso per iniziativa di singoli intellettuali. Nella penisola è difficoltosa la circolazione di opere, produzione e tiratura rimangono limitate a causa di frontiere, dazi… che invece promuovono un fenomeno di pirateria. Nel 1840 Piemonte e Austria stipulano la prima Convenzione sul diritto d’autore – gradualmente estesa ad altri Stati – e nel 1861 l’Unità d’Italia permette di risolvere molti ostacoli precedenti; si delinea così la nuova figura dell’editore, un imprenditore che soddisfa le richieste del nuovo pubblico e che riconosce nel lavoro intellettuale una professione cui corrispondere un compenso. Milano da subito si presenta come capitale dell’editoria: già nel 1802 era nata la Società tipografica de’ Classici Italiani, volta alla pubblicazione degli scrittori maggiori, e nel 1808 la casa Ricordi aveva dato un nuovo impulso all’editoria musicale. Molti editori fanno affidamento su collaborazioni con intellettuali di spicco (Anton Fortunato Stella con Giacomo Leopardi, Giovanni Silvestri con Pietro Giordani); importanti le figure di Vincenzo Ferrario, editore della Ventisettana, e Nicolò Bettoni, creatore di numerose collezioni librarie raccolte sotto il nome di «Biblioteca». A Torino l’editore Pomba diffonde volumi a basso costo in formato tascabile. I letterati tradizionali sono ancora molti, ma comincia ad ampliarsi il pubblico interessato al genere del romanzo (primeggia il genere storico). L’intento è dunque quello di soddisfare le nuove richieste di lettura; inizia anche la pubblicazione a puntate di romanzi su giornali e riviste, sul modello del feuilleton francese. Milano e Firenze: due modelli Nella prima metà dell’Ottocento sono due i poli principali: a Milano l’aspetto commerciale s’intreccia con l’intento di diffondere la cultura a un pubblico nuovo (più vasto e meno tradizionale; v. principi illuministici, esperienza de «Il Conciliatore» nel 1818-19); a Firenze l’editoria è legata ai ceti intellettuali. Già promosse da Viesseux, emergono le potenzialità politiche, in chiave risorgimentale, dell’impresa editoriale; significativo soprattutto il ruolo di Felice Le Monnier, emigrato francese che nel 1837 a Firenze affianca l’attività editoriale a quella tipografica. L’imprenditore è dunque un operatore politico, mirante alla diffusione degli ideali nazionali di un’Italia ancora divisa: nel 1843 dà inizio alla «Biblioteca nazionale», collana in cui vengono pubblicati sia classici della letteratura che scrittori moderni. Col Risorgimento l’attività editoriale matura e si amplia; significativa anche l’esperienza del Canton Ticino. Ad ogni modo è evidente la necessità di una modernizzazione del sistema editoriale: oltre alla già citata Convenzione sul diritto d’autore, arrivano nuove proposte, come quella di una Fiera del libro o di un Catalogo unico delle novità. In questo clima vivace nascono alcune importanti aziende quali Sandron, Vallardi, Barbèra e UTET. 1 2. Verso un’editoria nazionale: dall’Unità a fine secolo Anche dopo l’Unità rimane difficile creare le basi del nuovo mercato nazionale: persistono i mercati locali, l’industria è ancora agli inizi, mancano capitali… Grandi migrazioni avvengono verso il Nord del Paese, in particolare verso Milano, in un graduale processo di modernizzazione dell’Italia. Solo dal 1895 si potrà parlare di un vero decollo industriale e di un’accelerazione dello sviluppo economico. In questo quadro, anche l’editoria fatica: molti dibattiti vengono portati avanti su gazzette e, dal 1888, anche sul «Giornale della libreria, della tipografia e delle arti e industrie affini»; la distribuzione è difficoltosa, i rapporti tra categorie sono instabili, i librai sono spesso impreparati, mancano regole specifiche. Tuttavia la produzione e il mercato migliorano annualmente: i titoli pubblicati crescono rapidamente, aumentano quelli storici, politici e soprattutto letterari. In particolare dagli anni Ottanta, il pubblico si allarga notevolmente, includendo anche piccola e media borghesia. Anche nuove macchine, dapprima usate solo nel giornalismo, contribuiscono a velocizzare la produzione: la Linotype (NYC, 1886) e la Monotype. Una produzione intrecciata di libri e riviste Il nuovo mercato interessa fasce medie e basse, interessando anche il proletariato operaio: Milano promuove dunque un modello di editoria imprenditoriale rivolta al consumo, alla base di un’omogeneizzazione del mercato librario in chiave giornalistico-letteraria. Aumentano infatti gli editori di giornali, narrativa e teatro, sempre attenti ai movimenti del mercato; alcune case editrici pubblicano sia libri che riviste ad alta tiratura, oppure i quotidiani danno vita a periodici («Corriere della sera», nato nel 1876, pubblica «La Domenica del Corriere» dal 1899). Tra gli editori di punta troviamo Treves, la cui attività inizia a Milano nel 1861: il vasto catalogo di narrativa, molto diffuso, può contare su autori di spicco come De Amicis e d’Annunzio; inoltre pubblica anche riviste di attualità e viaggi, creando un organico intreccio tra scrittori e giornalisti. Un sensibile rinnovamento investe anche la grafica e le strategie promozionali (v. romano Angelo Sommaruga). Il mercato del libro «popolare» Spopolano in questo contesto le opere pensate espressamente per un pubblico popolare, ottenibili con poca spesa: libri, riviste e quotidiani prodotti dalla Sonzogno (dal 1861), collane di Salani (1862), Bietti (1870), Perino (1876). Tali edizioni economiche raggiungono larghi strati di popolazione e interessano vari generi, soprattutto il romanzo d’appendice e il romanzo storico e sociale (successo di Verne). Da genere mal considerato, il romanzo arriva ovunque perché in grado di raccontare l’umanità e la città con temi e stili variegati; particolarmente apprezzati sono i romanzi illustrati. Tra divulgazione, libri scientifici, educazione politica Oltre al romanzo esistono ovviamente anche altre linee editoriali. Emigrato dalla Svizzera, Ulrico Hoepli fonda l’omonima casa editrice nel 1871: di spiccate qualità imprenditoriali, esplora nuovi ambiti e pubblica materiale variegato, soprattutto manuali di divulgazione tecnica e scientifica; quasi nessuno spazio è dato all’area letteraria, già ampiamente coperta da altre aziende. La fortuna di Hoepli deriva dall’aver sfruttato le potenzialità del ceto medio emergente. Nascono anche numerose iniziative editoriali pedagogicamente impegnate a formare nuove coscienze, a pubblicare letture socialmente utili per la classe operaia; in questo ambito si spendono case editrici già attive in altri ambiti e associazioni del mondo cattolico. Fiorisce un’editoria che diffonde testi dei maggiori esponenti del socialismo italiano e internazionale, sotto forma di opuscoli, dispense allegate a periodici e iniziative del PSI. 2 2. Gli anni Venti L’«era fascista»: aspetti generali Il dopoguerra è un periodo di difficile ripresa economica e di duri scontri sociali, che culmina con il trionfo del Partito nazionale fascista (nato nel 1921, al potere nel 1922). L’attività editoriale ricopre un ruolo importante nel regime e nelle sue iniziative culturale: è infatti designata come strumento per la conquista del consenso, nel quale quindi vengono investiti ingenti fondi statali; il Fascismo tenta di modernizzare gli impianti e la mentalità editoriale per raggiungere un pubblico sempre più ampio, ma rimane viva anche l’idea di un alto artigianato editoriale che difende il libro italiano dalla produzione straniera (cfr. prima «Festa del libro» nel 1927 in cui il libro viene considerato un’arma per il regime). Durante questo periodo vengono portati avanti anche programmi culturali più ampi, come l’iniziativa avviata nel 1925 per la realizzazione dell’Enciclopedia italiana a cura di Giovanni Treccani con l’editore Tumminelli. Il settore librario gradualmente si allinea ai programmi politico-culturali fascisti, proliferano collane espressamente dedicate all’ideologia o titoli di sicura fede fascista. A differenza della stampa quotidiana e periodica, sottoposta a censura già dagli anni Venti, il controllo sull’editoria libraria si inasprisce negli anni Trenta, senza però criteri precisi di intervento; col 1936, le leggi razziali nel 1938 e l’istituzione di una Commissione per la bonifica libraria diventa infine impossibile pubblicare autori di origine ebraica. Sviluppi editoriali nei primi anni Venti Il mercato editoriale, in controtendenza col quadro economico generale, vive un periodo favorevole, pur avendo difficoltà nel reperimento della carta e avendo subito un calo di produzione – dovendo dunque ricorrere a finanziamenti. Sorge l’esigenza di riorganizzare la distribuzione, con nuove catene di librerie (riunite in società) e la pubblicazione di periodici, col fine di raggiungere un pubblico sempre più ampio. A fronte di una crisi nel settore scientifico e in quello tecnologico-produttivo, la letteratura torna presto a salire. Le case editrici già esistenti cercano nuovi spazi soprattutto nella narrativa, mentre nascono nuove imprese come Alpes (1921-31, Milano); quest’ultima mostra nel proprio catalogo le contraddizioni del fascismo (nazionalizzazione della cultura ma molti scrittori stranieri), pubblicando testi esplicitamente fascisti ma anche attualità, collane di viaggio, biografie, letteratura (giovani scrittori ma anche autori ottocenteschi e primonovecenteschi). Il «modello» Mondadori Arnoldo Mondadori, già editore nei primi anni del Novecento di una piccola pubblicazione nel Mantovano e dal 1912 di una collezione di libri per bambini, nel 1919 fonda la Casa Editrice A. Mondadori, orientata verso letture per un ampio pubblico. Nel corso degli anni Venti la sua produzione si estende a scrittori italiani già molto noti e nel 1926 prende parte alla pubblicazione delle opere dannunziane. A cavallo degli anni Venti e Trenta, grazie alla codirezione di Luigi Rosca, Mondadori si apre alla narrativa straniera raggiungendo segmenti di pubblico differenziato. Tra le numerosissime serie di narrativa, ricordiamo la collana «Libri gialli» (1929) e «Medusa» (1933, traduzione di titoli appena usciti); al loro fianco non mancano testi di diretta emanazione delle istituzioni fasciste. Durante quel periodo spopola la lettura d’intrattenimento, con la diffusione delle prime strisce di Walt Disney e di riviste rivolte ad un pubblico femminile. Il catalogo diversificato e gli investimenti tecnici (che abbattono i costi dei volumi) rendono Mondadori un editore di punta, modello anche per le istituzioni fasciste (Franco Ciarlantini). Tra le varie case editrici di spicco nel ventennio troviamo anche Slavia, Sperling&Kupfer, Frassinelli, Modernissima e ancora Treves; la narrativa è il settore nettamente dominante. 5 L’editoria di saggistica e di cultura Anche editori di saggistica incrementano la propria attività negli anni Venti: troviamo Ricciardi (Napoli, 1907; Croce ne è collaboratore), Nuova Italia (Venezia, 1926, poi Firenze dal 1930) con titoli di filosofia e pedagogica, Lattes che dopo essersi allargata alla letteratura si specializza in campo tecnico-scientifico, UTET (Torino) con nuovi manuali scientifici e collane di saggistica e di classici di letteratura, Vallardi e Hoepli (Milano) con manuali tecnici. Molti editori aprono i propri orizzonti: oltre a Formiggini, ricordiamo Piero Gobetti, intellettuale torinese ucciso dai fascisti nel 1926; quest’ultimo persegue l’obiettivo di coniugare il movimento di idee, l’erudizione e la capacità imprenditoriale, pubblicando riviste di cultura e politica e sondando anche nuove vie per la letteratura (ex. Montale). Sorgono tante piccole case editrici di cultura, come Ribet, la maggior parte delle quali come attività editoriale delle riviste: sul modello della «Voce» troviamo le Edizioni di Solaria («Solaria», nata a Firenze nel 1926), che pubblicano giovani autori come Gadda, Vittorini e Pavese, poi «Il Convegno» (Milano, 1920), che si dedica ad autori stranieri contemporanei e ottocenteschi (ex. Gogol’), «Circoli» (Genova, 1930), con poesia e narrativa italiana (ex. Quasimodo), e infine «Letteratura». Le condizioni di tali case editrici sono tuttavia precarie, costringendo alla ricerca dell’autofinanziamento e limitando la circolazione dei libri. 3. Gli anni Trenta Gli «editori protagonisti» Gli anni Trenta vedono un considerevole aumento dei titoli pubblicati e soprattutto un grande cambiamento nei protagonisti della scena editoriale. Nascono in questo periodo le case editrici che rimarranno protagoniste anche nel secondo dopoguerra, incentrate sulla figura dell’editore protagonista, dunque fortemente personalizzate e con una ben marcata identità editorial-letteraria. Ricordiamo in particolare: - Valentino Bompiani (1929), editore di collane di narrativa volte alla valorizzazione del romanzo; l’editore ha il doppio ruolo di imprenditore e letterato e si avvale della collaborazione di Vittorini. Si dedica a molte traduzioni, non solo d’intrattenimento ma anche per sollecitare la riflessione per una nuova letteratura (ex. Steinbeck); anche le collezioni di saggistica si aprono a nuovi orizzonti culturali. In quindici anni, Bompiani pubblica 21 collane e si circonda di intellettuali di varia provenienza che diventeranno preziosi consulenti (a metà tra piccola azienda e club intellettuale). - Angelo Rizzoli (1929), tipografo di modeste origini, all’inizio si dedica a testate periodiche; nell’ottica di diversificare la propria attività, non trascura la narrativa. - Ugo Guandalini (Guanda, fondata a Modena nel 1932 e poi spostata a Parma) realizza un’impresa editoriale rigorosa: la saggistica ha una linea insieme laica e cattolica, mentre la letteratura è aperta a nuovi poeti e autori italiani e stranieri (ex. Luzi). - Giulio Einaudi (Torino, 1933) fonda la sua casa editrice insieme a Leone Ginzburg, Massimo Mila e Cesare Pavese. Individua una nuova generazione di intellettuali per i quali realizza una rinnovata produzione di saggistica storica, estetica, filosofica, economica; timidamente si affaccia anche sulla narrativa, pubblicando giovani autori (ex. Pavese, Ginzburg, Morante). - Aldo Garzanti, imprenditore chimico, rileva la Treves nel 1939, continuando a basare l’impresa editoriale sulla narrativa e la saggistica di larga diffusione. 6 L’editoria saggistica Nascono numerose case editrici di ispirazione cattolica; tra le principali c’è senz’altro Vita e Pensiero (Milano, 1918), con un contributo qualitativo su molti fronti del sapere e un numero altissimo di titoli pubblicati. Ricordiamo anche Morcelliana (Brescia, 1925), con opere di vari settori realizzate da autori di grande spessore. Le case editrici di saggistica orientate alla storia e alla filosofia politica devono fare i conti con gli interventi culturali del regime, anche se il numero di titoli pubblicati nel ventennio rimane consistente. Alcune aziende si mantengono defilate rispetto al fascismo, come Laterza che grazie alla spinta di Croce continua a difendere il liberalismo – incorrendo spesso nella censura. Altre aprono un dialogo con la politica culturale del regime: la Nuova Italia conta ad esempio su molti finanziamenti pubblici; Sansoni, una volta acquisita da Giovanni Gentile nel 1932, pubblica opere apertamente fasciste. Gentile interviene del resto in numerose attività editoriali, come Le Monnier, Vallecchi ed enti pubblici. Altro ostacolo di molte case editrici è quello del nuovo modello di industria culturale moderna: in molti infatti mantengono una dimensione familiare e artigianale di stampo ottocentesco che mal si adatta ai tempi correnti; Carabba, ad esempio, dopo un lungo periodo di crisi e un intervento dei dirigenti fascisti, fallirà definitivamente nel 1941. Il libro unico per le scuole elementari Tra gli aspetti più importanti del rapporto tra editoria e fascismo c’è senza dubbio quello del finanziamento alle aziende editoriali, che delinea una nuova relazione tra sfera pubblica e privata: il regime interviene infatti spesso sulle case editrici, caldeggiando anche una modernizzazione delle strutture industriali. Tra i vari strumenti c’è l’assegnazione delle edizioni nazionali degli scrittori italiani classici e l’aiuto alle aziende che recuperano autori del passato in chiave nazionalista e filofascista. Grande importanza ha l’appalto agli editori della stampa e distribuzione del libro unico di Stato per le scuole elementari, finalizzato all’unificazione dell’insegnamento scolastico e ad un ulteriore controllo del consenso; se tale iniziativa ha aiutato Mondadori ad assumere un ruolo di quasi-monopolio e dunque a consolidare il proprio ruolo di leadership, essa ha allo stesso tempo danneggiato gravemente numerose case editrici come Bemporad, che proprio sul libro per le elementari pubblicato in un contesto concorrenziale avevano costruito il proprio catalogo. 4. Gli anni Quaranta tra guerra e dopoguerra Gli anni della guerra comportano una serie di difficoltà per le attività editoriali italiane: l’approvvigionamento della carta, già ostacolato dalle sanzioni all’Italia per la guerra in Etiopia, durante la guerra si aggrava ulteriormente; la libertà di stampa è molto compromessa; molti stabilimenti subiscono bombardamenti; la Repubblica di Salò al nord requisisce numerose aziende; il vincolo dei prezzi di copertina sui libri scolastici impedisce agli editori di rientrare dei costi, notevolmente aumentati. La produzione cala drasticamente, soprattutto per i settori medico, artistico e scolastico. L’unica iniziativa degna di nota è la realizzazione da parte di Bompiani del Dizionario Letterario delle Opere e dei Personaggi di tutti i tempi e di tutte le letterature (uscito in venti volumi tra il 1946 e il 1950). Per una ripresa del mondo editoriale bisogna dunque attendere il dopoguerra, periodo in cui la volontà di ripresa e l’impegno culturale sovrasteranno le difficoltà economiche e sociali. Il fervore dell’immediato dopoguerra 7 2. Gli anni Sessanta Negli anni Sessanta prosegue lo sviluppo industriale, economico e culturale con un’ingente spinta ai consumi cui si adegua anche l’editoria. Tra le varie case editrici nate in quel periodo ricordiamo Marsilio (1961), Edizioni di Comunità (1963) e Dedalo (1964); particolarmente importante l’azione di Luciano Foà, già redattore di Einaudi, che nel 1962 fonda Adelphi, per recuperare autori dimenticati e valorizzare filoni letterari e culturali inesplorati (ex. edizioni critiche di Nietzsche dal 1964). Vengono pubblicate opere-pilota in settori specializzati e collane saggistiche di alta divulgazione come l’«Universale Laterza» (1964). Una nuova spinta arriva anche dalla scuola, grazie all’introduzione della scuola media unificata (1962) e dei nuovi programmi d’insegnamento (1963). Il Gattopardo lancia una stagione di alte vendite caratterizzata dai “best-seller all’italiana”: la trasformazione sociale e culturale del pubblico della narrativa offre infatti nuovi paradigmi e acquisiscono importanza le recensioni, i premi letterari e gli uffici stampa e commerciali (ex. La ragazza di Bube e Il giardino dei Finzi-Contini pubblicati da Einaudi). Altri editori si pongono su un piano intenzionalmente opposto a quello dei best-seller: tra questi ricordiamo Feltrinelli, editore del Gruppo 63. Alla ricerca di nuovi mercati: dalle dispense ai tascabili Nata negli anni Cinquanta con l’enciclopedia Motta, negli anni Sessanta di diffonde l’editoria a dispense: opere enciclopediche vengono vendute in edicola a prezzi molto bassi e con massicci investimenti pubblicitari dietro, raggiungendo un pubblico molto eterogeneo; al successo dei Fratelli Fabbri seguono le iniziative di numerose altre aziende – la situazione tuttavia porta ad una graduale saturazione del mercato. Simile l’esperienza di Mondadori, che nel 1965 lancia gli «Oscar» con la pubblicazione in edicola di Addio alle armi: nasce un nuovo modello editoriale, quello dei tascabili venduti in edicola con un ritmo periodico preciso e ad un prezzo molto basso; particolare spazio hanno i romanzi del Novecento letterario straniero. A fronte di un calo di vendite nelle vecchie collane di economici, nascono numerose collane tascabili periodiche, di diverso contenuto e destinazione. Anche in questo caso la sovrabbondanza di offerta porta presto a confusione e saturazione, comportando l’aumento delle rese e il calo delle tirature. A confronto con nuove richieste culturali, religiose e politiche I mutamenti sociali ed economici portano molte case editrici a chiudere i battenti o a ricorrere a capitale finanziario extraeditoriale; allo stesso tempo nascono nuovi editori quali Rusconi (1968), Mazzotta (1968), Sellerio (1969) e De Donato (1970). Uno spazio particolare viene assunto da Emme Edizioni di Rosellina Archinto (Milano, 1968) che conferisce una certa dignità letteraria alla letteratura per ragazzi, configurata come genere a sé stante. In ambito religioso ha molto peso il Concilio Vaticano II (1962-1965), che porta un’ondata di aggiornamento e rinnovamento alla Chiesa: nascono nuove case editrici (EDB, 1964; Queriniana, 1965; Jaca Book, 1966), vengono alimentati dibattiti, proposte e riflessioni attraverso libri e periodici; la Chiesa di fa più attenta verso problemi culturali, politici ed economici e internazionali (spec. Terzo Mondo). Particolare successo hanno le idee di don Lorenzo Milani e don Primo Mazzolari. Si delineano posizioni contrastanti interne alla Chiesa stessa, portando ad una stagione libraria molto animata nel quadro critico e polemico sessantottino. Allo stesso modo viene stravolta la saggistica sociologica e politica, storica e filosofica: la contestazione studentesca ed operaia porta molti piccoli editori a occupare spazi politici, con proposte che spesso lasciano il tempo che trovano finendo rapidamente al macero. Le case editrici maggiori allo stesso modo approfittano di questo fervore generale ma con maggior cautela, offrendo testi d’informazione e approfondimento. 10 3. Gli anni Settanta I primi anni Settanta proseguono sulla scia del decennio precedente da un punto di vista politico, culturale e sociale; compito dell’editoria è tradurre e metabolizzare i vari fermenti, anche se questo significa avere un’offerta spesso scadente e generalmente eccessiva. Il Convegno “Per una editoria democratica” tenuto a Rimini nel 1974 non fa che confermare le incongruenze e le difficoltà di un possibile percorso comune. Molti editori sono costretti dunque ad arrendersi o a riconvertirsi (ex. Mazzotta sull’arte contemporanea). Tuttavia esiste una piccola editoria specializzata in segmenti di mercato non ancora coperti: Nord (1970) per la fantascienza, Masson (1974) per la medicina, La Tartaruga (1975) per editoria e saggistica femminili… In parallelo corre un’editoria di massa in cui la narrativa ha un posto d’onore (ex. romanzo d’amore come Love story del 1971); la produzione spazia su tutti i fronti: La storia (Morante, 1974), La donna della domenica (Fruttero e Lucentini, 1973), Horcynus Orca (D’Arrigo, 1975), Il gabbiano Jonathan Livingston (Bach, 1973), Siddharta (Hesse, 1975), Lettera a un bambino mai nato (Fallaci, 1975), Paura di volare (Jong, 1975). Il tascabile viene rilanciato, la pubblicità e la promozione vengono valorizzate, così come acquisisce un ruolo importante la grafica. Si diffondono rassegne librarie (ex. «Tuttolibri» de «La Stampa», 1975), rubriche televisive e radiofoniche e iniziative di carattere bibliografico. Un freno all’espansione Tra il 1976 e il 1977 inizia una crisi economica generale che impone un freno all’espansione del mercato editoriale; tutte le case mirano al risparmio e i grandi gruppi cercavano di saldare il settore librario con quello della stampa periodica. L’ambito editoriale appare controverso, insieme in stato d’abbandono e oggetto di conquista, contesto in cui nascono numerosi nuovi editori. Mentre la saggistica culturale è in regresso, la narrativa e la manualistica danno la spinta per continuare a stare a galla. Il ritorno alla narrazione I best-seller sono solitamente dominati dalle maggiori aziende editoriali, che ricorrono anche a nomi famosi di letteratura e giornalismo. Caso unico è quello di Porci con le ali (Ravera-Lombardo Radice, 1976), pubblicato da Samonà e Savelli e ottenendo un successo mostruoso; l’effetto scandaloso garantisce le vendite, per cui ne approfitta anche Feltrinelli pubblicano Giovanni Leone nel 1978. In generale, la tiratura dei libri è in calo a fronte di un ingente aumento dei prezzi; salvo gli ambiti già nominati e l’editoria scolastica, in ripresa, il settore editoriale vive un momento molto delicato. L’editoria libraria si indirizza verso le concentrazioni, la prima delle quali avviene con l’IFI che acquista Fabbri, Bompiani, Sonzogno, Bietti ed Etas Kompass: nasce così il primo gruppo editoriale, il Gruppo editoriale Fabbri, all’interno del quale ogni editore continua a mantenere la propria programmazione autonoma. 4. Gli anni Ottanta Durante gli anni Ottanta si diffonde massicciamente una narrativa d’intrattenimento, spesso di mediocre qualità e associata a film e sceneggiati televisivi, spinta da operazioni pubblicitarie e professionali: l’interesse del pubblico è sulla macchina narrativa in sé, non molto verso lo stile e la lingua. In questo contesto si afferma il romanzo rosa con la serie «Harmony», nata nel 1981 dall’accordo tra la società canadese e Mondadori (seguita a ruota nel 1982 con «Blue Moon» di Curcio); per quanto discutibili, questi libri sanciscono per molte persone il passaggio dal fotoromanzo al libro e proprio, dunque un salto di qualità. Più in generale, la narrativa italiana perde piede (dal 25% al 13%) così come la saggistica culturale, mentre è ben affermata la manualistica in settori sempre più ampi. 11 Dalla crisi al suo superamento Agli inizi del decennio, e dal 1982 più in particolare, l’editoria vive un momento di crisi, dovendo affrontare problemi di finanziamento, riorganizzazione e mercato. L’inflazione e le dinamiche economiche portano infatti ad una paralisi, e la spinta propulsiva di allargamento della lettura che aveva caratterizzato gli anni Settanta pare ormai arrestata. Gli editori cercano quindi di limitare le perdite, trovando nuovi assetti interni ed equilibri aziendali e gestionali. In particolare giunge un afflusso di capitali e manager da settori extraeditoriali, vengono razionalizzati la produzione e gli organici, gli impianti e le strutture commerciali vengono rinnovati e potenziati. Molti editori sono legati ad emittenti televisive che permettono loro di promuovere uno stesso prodotto in più ambiti di consumo. Uno dei problemi più tangibili è quello dei costi della distribuzione: al fianco delle Messaggerie Italiane, azienda leader, si affermano piccoli distributori (inter)regionali più costosi e meno efficienti. La situazione editoriale è dunque stazionaria nella migliore delle ipotesi: benché diminuisca il numero delle case editrici, continuano a nascerne di nuove; nell’ambito delle librerie avviene un cambiamento sul piano della formazione professionale e dell’organizzazione interna. Solo dal 1985 si percepisce un recupero con risultati più incoraggianti. In questo periodo si creano società o divisioni staccate (ex. RCS Libri nel 1986, dalla fusione di Rizzoli e «Corriere della Sera»), altre come Salani vengono rilanciate. In generale, si afferma una leadership finanziaria in cui il controllo del mercato avviene da parte di holding che dettano le regole e impongono le proprie scelte; numerosi gli acquisti e le fusioni di sigle. Le innovazioni ci sono anche sul piano tecnologico, strategico e promozionale (ex. nascita del Salone del Libro di Torino nel 1988): è ormai scomparsa la figura dell’”editore-protagonista”, le competenze si frammentano all’interno dell’azienda e vengono assunte da una classe dirigente eterogenea. Alla perdita d’identità delle case editrici corrisponde anche una ricomposizione del pubblico, non più fidelizzato. Nel mercato, assieme ai best-seller si affermano dei testi dal successo garantito : solitamente narrativa straniera, hanno un’impronta popolare e seriale ben collaudata capace di arrivare a larghe fasce di pubblico. Un fenomeno analogo si estende alla saggistica (dal taglio più narrativo) con l’entrata in scena di giornalisti e uomini di spettacolo: la produzione viene spettacolarizzata per ottenere il consenso immediato delle masse, vengono cavalcati successi e mode, si punta su pochi titoli massicciamente reclamizzati e dunque l’obiettivo primario è la resa commerciale. La frammentazione riguarda anche il pubblico, si moltiplicano le richieste non più omogenee; il risultato è che le tirature sono più basse ma i volumi più mirati e le stesse collane si settorializzano. Le collezioni economiche vivono una nuova intensa stagione produttiva, con l’apertura di nuove sigle (come TEA, 1987, dall’accordo di Messaggerie e UTET), nuove collane o la riproposta o rilancio di altre. Gli investimenti promozionali hanno un ruolo decisivo nel settore dei tascabili. In sviluppo è anche l’ editoria professionale e di cultura: assieme a testi classici, filosofici, storici… ha una rapida crescita anche la saggistica economico-commerciale, turistica e la manualistica legata al mondo della tecnica e delle professioni. 5. La fine del secolo XX e l’inizio del nuovo Gli anni Novanta disegnano una parabola discendente per l’editoria, continuano ad aumentare i titoli e a diminuire le tirature; dal 1992 il mercato vive una stasi completa, cui si reagisce risparmiando su tutto, in particolare cercando di alleggerire i magazzini (libri al macero o in svendita). Nonostante questo, non mancano nuove imprese editoriali come Donzelli (1992) e Nino Aragno (1998). Molte case editrici 12 Oggi si stanno svolgendo trasformazioni sul piano culturale e sociale veramente considerevoli, soprattutto per quanto riguarda l’esperienza della lettura: sempre più spazio ha la lettura emotiva o d’impulso, basata sulla commercializzazione dell’esperienza; pubblicità, trasmissioni, talk-show, nonché testi paraletterari scritti da calciatori e personaggi famosi ci circondano. Siamo probabilmente diretti verso una lettura molto più discontinua, una sorta di lettura “zapping”. 7. L’editoria dei tempi nuovi Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da cambiamenti drastici: non ha avuto peso solo il calo delle vendite (specchio di un generale rallentamento nei consumi), ma soprattutto l’ innovazione tecnologica, parallela a ripensamenti e ristrutturazioni aziendali e riposizionamenti sul mercato. Nel 2017 sono stati registrati buoni livelli di crescita, soprattutto per quanto riguarda la narrativa e i libri per ragazzi. I movimenti in corso delineano un nomadismo editoriale particolarmente attivo: nuovi accordi e acquisizioni nei gruppi editoriali, attività di vendita online, nuove sigle editoriali, diffusione di società di editing, trasformazioni sia nelle case editrici che nelle librerie. Grande e piccola editoria I grandi gruppi editoriali contano su molti punti di forza: coperture finanziarie, più fronti d’azione (libri, periodici, radio, televisione), pluralità di mezzi, potere contrattuale, forza distributiva, ampio margine di redditività, internazionalizzazione e accordi su vasta scala, tecnologie innovative, costante rinnovamento, azioni di scouting, strategie di marketing… I loro obiettivi principali sono la conquista delle migliori posizioni di classifica e l’allargamento degli spazi commerciali. Anche la piccola editoria occupa tuttavia un posto di rilievo nel mercato italiano; essa si è trasformata, qualificata e specializzata, e con il fatturato anche della media editoria occupa un 39% del mercato complessivo. È difficile ovviamente fare un discorso unitario, dal momento che esistono numerosissimi e variegati piccoli editori, molti dei quali stentano anche a sopravvivere. Oggi una grande possibilità è offerta dalle tecnologie informatiche e digitali, che hanno dato alle piccole case editrici la possibilità di innovare le proprie strategie di produzione, comunicazione e vendita. Non è dunque la dimensione dell’editore a sancirne il successo quanto la sua capacità critica di trovare il proprio posto nel mercato. Tra i problemi principali in cui il piccolo editore incorre c’è quello della riconoscibilità a livello nazionale: egli deve offrire un’immagine chiara, coerente e solida della propria azienda, attuando le scelte giuste sul piano editoriale, distributivo e commerciale. I punti di forza sono la specializzazione (non solo a livello di contenuti) e la personalizzazione (elementi distintivi di originalità) per conquistare la fedeltà del pubblico. Ulteriore difficoltà è data dalla distribuzione: la sovrabbondanza di titoli costringe i librai a selezionare prodotti dalle alte probabilità di vendita, e il mercato bibliotecario – su cui un tempo i piccoli editori facevano affidamento per sostenersi – è ormai pressoché morto. Il ruolo-chiave della distribuzione Le strutture distributive hanno subito negli ultimi anni sostanziali cambiamenti: tecnologie e impianti ammodernati, sistemi informativi integrati, riorganizzazione del lavoro… sicché i costi di gestione e i tempi di consegna sono diminuiti in favore di un servizio più completo e funzionale. Gli editori si sono accorti dell’importanza che hanno distribuzione e promozione libraria, dalle quali dipendono il raggiungimento di più punti vendita e la permanenza al loro interno. Fondamentale è anche il ruolo della comunicazione, che ha bisogno di investimenti adeguati: hanno bisogno di spazio non solo la pubblicità e l’informazione, ma anche la grafica (non solo estetica, ma anche contenuto tagliato su misura per il pubblico). Verso nuovi modelli di librerie 15 Le librerie, soprattutto quelle indipendenti, vivono da diversi anni un periodo di crisi. Questo perché hanno subito le trasformazioni in atto tra società ed economia, rimanendo indietro: oggi il servizio librario non è quasi mai rapido ed efficace, al punto da far dubitare sulla sua effettiva utilità; molti librai cercano di far quadrare i conti puntando su opere di alta vendibilità, a scapito di autori emergenti e piccoli editori. Colpa principale è attribuibile all’utilizzo crescente dei siti internet come negozi , dal momento che il commercio elettronico offre un servizio più completo, comodo e conveniente. Le librerie, se vogliono sopravvivere, devono riprendere o valorizzare un ruolo specifico rispetto al proprio pubblico di riferimento e rispetto alla concorrenza più vicina, con la pluralità dell’offerta, qualche nicchia di specializzazione e la capacità di offrire un servizio sul territorio. Anche lo Stato, gli enti e le istituzioni dovrebbero prendere misure specifiche nel settore; l’aiuto fiscale già dato tramite la compensazione dei crediti d’imposta è evidentemente solo un punto di partenza. Una pluralità di editorie Nel futuro ci saranno probabilmente più forme di editoria e più modi di fare editoria, per cui gli editori si troveranno di fronte a nuove responsabilità e scelte. È possibile comunque azzardare qualche previsione: il pubblico generalista dell’editoria di consumo continuerà ad esistere, soprattutto grazie ai gruppi editoriali maggiori; ci sarà anche un pubblico giovanile più facilmente orientato a un’editoria di innovazione, grazie a canali digitali come i social e i siti; ci saranno senz’altro anche nicchie di specializzazione, e non si esclude nemmeno il ritorno ad un raffinato artigianato editoriale, rivolto a bibliofili e collezionisti, con libri stampati ben curati, in tirature limitate ed edizioni numerate. Le librerie si dovranno senza dubbio adattare a questi mutamenti e organizzarsi di conseguenza, monitorando attentamente la propria clientela, ad esempio offrendo opere e strumenti sempre più qualificati e aggiornati e non limitandosi alla sola lingua italiana. 16