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RIASSUNTO STORIA MODERNA CRISCUOLO, Sintesi del corso di Storia Medievale E Moderna

È il riassunto del manuale dal quale ho studiato io il Criscuolo appunto. È un libro vasto. Mi auguro vi serva in caso vogliate sintetizzare il tutto per avere il lavoro facilitato.

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023
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elisa-tammaro 🇮🇹

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Scarica RIASSUNTO STORIA MODERNA CRISCUOLO e più Sintesi del corso in PDF di Storia Medievale E Moderna solo su Docsity! 1 Riassunto manuale di Storia moderna di Vittorio Criscuolo Camilla Conte 2 Capitolo 1: l’eclissi della modernità. Il punto di partenza, ovvero il terminus a quo dell’età moderna deve essere ricondotto a uno spazio di tempo compreso tra la metà del Quattrocento e i primi decenni del Cinquecento, che fu caratterizzato da una serie di trasformazioni e di innovazioni di tale portata da far segnare, nella stessa percezione dei contemporanei, una svolta o una rottura nella continuità del processo storico. il problema del punto di arrivo si è posto quando dal tronco della storia moderna si è staccata la storia contemporanea, la quale a partire dal 1961 ha trovato posto nell’ordinamento delle università italiane, affiancandosi alle cattedre di storia del Risorgimento istituite dopo l’unificazione. Riteniamo che il trapasso dall’età moderna a quella contemporanea possa essere generalmente collocato fra la seconda metà del Settecento e i primi decenni dell’Ottocento, quando l’avvio della rivoluzione industriale in Inghilterra e la caduta dell’antico regime per opera della rivoluzione francese modificarono la realtà economico-sociale, politica e culturale dell’Europa occidentale. Il termine ‘modernus’ comparve tra la fine del V e l’inizio del VI secolo, come derivazione dall’avverbio ‘modo’, che vuol dire ‘recentemente, or ora’. Esso compare in una lettera scritta da Cassiodoro a SImmaco per la restaurazione del teatro di Pompeo; Simmaco è definito 5 caratteristico di questa età, il disciplinamento delle azioni e delle convinzioni individuali nella realtà politica e sociale, ma anche nella sfera religiosa. Foucault ci ha mostrato come in questo periodo siano sorte istituzioni come il manicomio, la caserma, il carcere, la sciola. la fabbrica, nelle quali individui vengono inseriti in meccanismi istituzionalizzati che hanno la funzione di omologare i comportamenti degli uomini e dei gruppi sociali ai modelli imposti dal potere e di emarginare o reprimere quelli che risultano devianti rispetto alla norma. Capitolo 2: la popolazione I primi passi nella direzione di porre su più solide basi lo studio dei fenomeni relativi alla popolazione e all’economia erano stati compiuti nel 1600 dalla scuola inglese della aritmetica politica, intesa come analisi ragionata su base matematica dei dati che interessano l’attività di governo. I principali esponenti di questo indirzzo furono Graunt, che nel 1662 analizzò i bollettini della mortalità pubblicati settimanalmente a Londra, e soprattutto il medico, economista e matematico William Petty, che studiò la composizione e la crescita della popolazione di Londra e Dublino. Nel secolo seguente un grande contributo fu dato dagli studiosi tedeschi e proprio in Germania nel 700 si diffuse il termine statistik, nel significato di scienza delle cose dello Stato o della società in generale. nel 1741 il teologo berlinese Johann Peter Sussmilch dimostrò la possibilità di ricavare leggi di carattere generale dall’osservazione di dati demografici (“L’ordine divino nei mutamenti del genere umano”). In tal modo gli studi sulla popolazione cominciarono a distinguersi, nell'ambito della nascente scienza statistica, come un campo autonomo di ricerca che avrebbe assunto nell’Ottocento il nome di demografia, termine introdotto per la prima volta dal francese Achille Guillard nel 1855. Nel 1798 comparve l’opera di Malthus, "Un saggio sul modo in cui il principio di popolazione condiziona il futuro sviluppo della società”, che formulò il problema del rapporto tra la popolazione e i mezzi di sussistenza. La popolazione si accresce seguendo una progressione geometrica mentre le risorse aumentano secondo una progressione aritmetica. 6 questo squilibrio è corretto periodicamente dai freni naturali, come guerre, carestie, epidemie. Alla fine del Settecento si verificarono le condizioni per un radicale cambiamento nella disponibilità di fonti per lo studio della popolazione, grazie ai tentativi di rilevazioni precise e sistematiche della popolazione per rendere più efficiente e razionale la pubblica amministrazione (censimento in Spagna 1787, negli Usa 1790). Durante la rivoluzione francese l’Assemblea nazionale costituente rivendicò allo stato il compito di registrare per mezzo di pubblici ufficiali le nascite, i matrimoni e le morti di tutti gli abitanti. Questa novità si estese poi a tutti i paesi occupati dalle armate rivoluzionarie e napoleoniche. In ogni caso nei primi anni dell’Ottocento gli stati europei organizzarono nella pubblica amministrazione appositi uffici incaricati di raccogliere le principali informazioni relative alla popolazione all'economia. L’età moderna invece rientra interamente nell’epoca che si suole definire “prestatistica” Il primo compito della demografia storica è quello di ricostruire lo stato della popolazione, vale a dire la sua entità e la sua struttura, ed esempio la sua composizion in vase al sesso, all’età e allo stato civile, ma anche l’andamento demografico. Per le epoche più antiche si può pervenire solo a una stima: si individua l’area che presumibilmente è stata abitata da quelle popolazioni, quindi si moltiplica questo dato per un indice di sopravvivenza calcolato in base alle caratteristiche dell’economia e del territorio. un procedimento analogo si usa per stimare il numero di abitanti delle città nel medioevo: si calcola l’area dello spazio compreso tra il perimetro delle mura, e si moltiplica per l’indice della densità di popolazione, che si può presumere superiore ai cento individui per km quadrato. Tra le prime forme di rilevazione della popolazione si può ricordare il Domesday Book, redatto in Inghilterra nel 1083-86 dopo la conquista normanna, nel quale erano registrate le terre con i gruppi di famiglie che ci vivevano. Poi il catasto fiorentino del 1427, che registra più di 260 mila abitanti nel territorio della repubblica con i loro beni mobili e immobili. Nel 1696 Gregory King elaborò una stima della popolazione di Inghilterra e del Galles assai vicina alla realtà. Più numerose sono le fonti di natura fiscale, che però oltre a essere spesso inattendibili censiscono a volte, come la riforma del 1443 del Regno di Napoli, i fuochi (nuclei familiari) e non gli individui (quindi bisogna usare un moltiplicatore). Per l’età pre statistica la fonte più importante è rappresentata dalle registrazioni tenute dagli ecclesiastici, che riguardano in particolare l’età moderna perche compaiono in modo frammentario e occasionale e a partire dal XV secolo diventano regolari, e progressivamente più precise e ricche di informazioni. I decreti del Concilio di Trento nel 1563 resero obbligatoria la tenuta dei libri di battesimo e di matrimonio da parte dei parroci, i quali a partire dal 1614 furono tenuti anche a redigere uno stato delle anime e il registro delle sepolture (Papa Paolo V). Gli stati delle anime, volti al controllo dell’adempimento del precetto della comunione pasquale,presentano un elenco nominativo degli abitanti inseriti nei gruppi familiari di appartenenza con l’indicazione del luogo di residenza e della professione del capofamiglia. Sono la fonte più importante per conoscere l’entità e la struttura della popolazione. Per lo studio dell’andamento demografico risultano preziosi i registri di battesimo, matrimonio e sepoltura. A partire dal secondo dopoguerra si è sviluppata, grazie soprattutto alla scuola francese, una tecnica di utilizzo dei registri ecclesiastici che ha consentito alla demografia storica di compiere straordinari progressi nella conoscenza dei comportamenti delle popolazioni dell’età moderna: la ricostruzione nominativa delle famiglie, che si concentra sui dati relativi alle vicende degli individui. Si tratta di trascrivere in una scheda le date di nascita 7 e di morte di tutti i componenti di un nucleo familiare dal momento della sua costituzione fino alla sua dissoluzione per la morte di uno dei coniugi (erano poche le nascite illegittime). A questo punto le informazioni relative ai nuclei familiari considerati vengono riaggregate per ricavarne considerazioni e calcoli di carattere generale sui processi demografici. Questa tecnica ha fornito importanti indicazioni riguardo ai tassi di fecondità e nuzialità. Se si considera un grafico che descrive l’andamento della popolazione mondiale notiamo due punti di svolta: uno a partire dal 10.000 a.C., quando l’uomo superò l’economia fondata su caccia e pesca e iniziò a lavorare stabilmente la terra e ad addomesticare alcune specie di animali. Si è passati quindi da circa 6 milioni di abitanti intorno al 10.000 a.C. a 250 milioni all’inizio dell’era cristiana. Dopo questa svolta la popolazione mondiale è aumentata a un ritmo costante ma piuttosto lento, fino alla metà del XVIII secolo, quando prese avvio una fase di crescita, tutt’oggi ancora in atto, che ha fatto segnare la seconda rottura nell’andamento demografico globale. Dall’era cristiana fino al 1750 la popolazione è aumentata mediamente dello 0,6% ogni anno, dalla metà del XVIII secolo alla metà del XX si registra un incremento del 5,9%, che diventerà un 18% nel periodo dal 1950 al 2000. Il fenomeno è sato definito dagli studiosi “transizione demografica” in quanto, modificando profondamente la mentalità, i comportamenti e le tendenze individuali caratteristici delle società pre-industriali, ha segnato la rottura dello statico sistema delle società di antico regime e aperto una fase completamente nuova per il mondo intero. Tra la metà del 300 e la metà del 700 ha prevalso lievemente il tasso di natalità su quello di mortalità (circa 40% e 35%). Ovviamente sono valori medi e il sistema demografico di antico regime era caratterizzato da un andamento per cicli e conosceva ricorrenti crisi che producevano impennate della mortalità. Le cause erano epidemie, carestie e guerre. La malattia che ebbe più impatto fu la peste, che ricomparve in Europa a metà 300 rimanendovi fino ai primi decenni del 700. La mortalità della peste bubbonica è del 70%, quella della peste polmonare del 100%. La storia demografica dell’Europa moderna è preceduta e condizionata dalla peste nera che fra il 1347 e il 1352 colpì l’intero continente provocando la morte di circa 25 milioni di individui, un terzo della popolazione. Giunse in Europa perchè i tatari, che assediavano la colonia genovese di Caffa sul Mar Nero, lanciarono all’interno delle mura i corpi di alcuni appestati; il bacillo fu portato da marinai genovesi nei porti della Sicilia e da lì si diffusero in tutto il continente. La peste sparice a metà settecento dall’Europa occidentale, le cause sono sconosciute, un’ipotesi è la diffusione di una nuova specie di ratti che avrebbe sostituito il ratto nero che portava la pulce responsabile del morbo. i progressi nella tecnica militare segnarono una profonda differenza rispetto al medioevo, e determinarono un aumento della mortalità sia per il maggiore potenziale offensivo delle nuove armi sia per l’incremento numerico degli eserciti GLi effetti della guerra sull’andamento demografico furono soprattutto indiretti: saccheggi, distruzione delle risorse con conseguente carestia, diffusione di malattie. In Germania durante la guerra dei Trent’anni scomparve tra il 20 e il 30% della popolazione. Le carestie erano gravi perché l’alimentazione della maggioranza della popolazione era basata esclusivamente sul consumo di cereali, che dominavano l’agricoltura e fornivano 10 affermavano in quel periodo come centri di potere autonomi. Molti contadini emigrarono in città, mentre i cittadini investendo in terre diedero vita a una nuova categoria di proprietari fondiari. Fra il XII e il XIII secolo decaddero quasi dappertutto le limitazioni alla libertà personale come l’obbligo di risiedere nelle terre del signore. In alcune zone, come in Italia o nelle Fiandre, le città, estendendo il loro dominio al territorio circostante (il contado) disgregano il potere delle signorie, attribuendosi l’imposizione fiscale. l’amministrazione della giustizia e il mantenimento dell’ordine. A ciò si aggiunse nel XV secolo la tendenza di principati e monarchie a richiamare nelle proprie mani quelle funzioni di ordine amministrativo e politico che nella disgregata società tardomedievale avevano delegato ai signori feudali. Proprio perché l’originaria funzione pubblica del feudo fu progressivamente svuotata di senso dall’azione politica, per l’età moderna è opportuno parlare, più che di sistema feudale, di un potere signorile sostanzialmente ridotto alla sola dimensione economica. Agli inizi del Cinquecento il serveggio era di fatto scomparso, la riserva signorile era generalmente divisa in appezzamenti affidati a contadini titolari di diversi tipi di contratti agrari per lo più di lunga durata. La maggior parte dell’azienda era invece suddivisa in unità di coltivazione chiamati mansi, sulle quali risiedevano famiglie coloniche. Era dovuto al signore il pagamento di un canone annuo, ed egli aveva il monopolio sulla caccia, sulla pesca e sull’uso dei corsi d’acqua, quindi i contadini dovevano pagare al signore diritti di bannalità anche per l’utilizzo di mulino, frantoio, forno. Questi diritti signorili potevano essere ereditati e venduti, per cui la titolarità poteva appartenere anche a un ente ecclesiastico o a un non nobile che li avesse acquistati. Al signore spettava anche la giurisdizione sul territorio. Mentre nell’Europa occidentale si determinò già nel basso Medioevo un progressivo indebolimento della signoria fondiaria, al di là dell’Elba a partire dalla metà del Quattrocento il mondo contadino, che non aveva conosciuto fino a quel momento la servitù della gleba, fu costretto a subire gravi limitazioni della libertà personale: si parla a questo proposito di “secondo servaggio”. In queste zone (POlonia, Ungheria, Boemia, Danimarca, Russia, regione balcanica, Germania orientale) c’erano distese di fertili pianure, poca manodopera e la struttura sociale era rigida e poco articolata a causa dello schiacciante predominio della nobiltà, inoltre le città erano assai poco sviluppate, non c’era un gruppo intermedio di mercanti, imprenditori, professionisti, proprietari non nobili. In questa situazione, quando l’incremento demografico determinò un aumento della domanda di prodotti agricoli, i proprietari furono indotti a garantirsi il controllo della scarsa manodopera vincolando i contadini alla terra e incrementando le condizioni del loro sfruttamento. Solo nella seconda metà del XVIII secolo alcuni sovrani riformatori si impegnarono a regolare e limitare l’asservimento dei contadini, anche se il servaggio era ancora in piedi nell’Ottocento in Ungheria, ROmania e Russia, dove Alessandro II lo abolì soltanto nel 1861. Nella società di antico regime la famiglia contadina è la cellula di base della vita economica. Si può dire che nel corso dell’età moderna vi era in molte zone dell’Europa occidentale una diffusa proprietà contadina, soggetta ai diritti dovuti alla proprietà eminente del signore. Non mancavano però le terre in piena proprietà e quindi libere da obblighi, le cosiddette terre allodiali (o allodi). La famiglia contadine viveva integrata nella comunità di villaggio, che erano sparsi in Inghilterra e nella maggior parte dell’Europa occidentale. Questi insediamenti, di solito non superiori al migliario di abitanti, contenevano le case contadine che generalmente coincidevano con la parrocchia e poi le unità di coltivazione erano disperse nei campi aperti 11 (open fields). SI trattava di un’agricoltura di tipo comunitario, vista la frammentazione e dispersione delle proprietà individuali. Molto importanti erano anche i campi comuni, i common lands, di proprietà collettiva della comunità, spesso formati da boschi o pascoli. Se si considera la situazione del mondo rurale nel corsi dell’età moderna si ha l’impressione di un’agricoltura incapace in larga misura di superare pratiche e strutture ereditate dalla tradizione. In effetti le più importanti innovazioni tecniche si erano diffuse a partire dall’XI secolo (aratro pesante, uso su larga scala del cavallo nell’aratura). Nell’età moderna non vi furono novità significative, tant’è che per far fronte all’aumento della popolazione nel Cinquecento si fece ricorso all’ampliamento del terreno coltivato attraverso dissodamenti e bonifiche, eliminazione di prati e pascoli e abbattimento delle foreste. Si utilizzava la tecnica della rotazione triennale e del maggese, non proprio ovunque perchè per esempio nelle Fiandre e nella pianura lombarda vi era una agricoltura più moderna grazie alla notevole presenza di fiumi e a una canalizzazione delle acque risalente all’età medievale. In Olanda e in Pianura Padana troviamo già alla fine del XVI secolo l’agricoltura mista, che superava il conflitto tra cerealicoltura e allevamento destinando una parte del terreno non più al maggese ma alla coltivazione di piante foraggere. Condizione importante per l’avvio di queste innovazioni era la disgregazione dell’economia di villaggio con il conseguente sviluppo dell’individualismo agrario. Ciò avvenne in Inghilterra con le enclosures. QUesti processi di razionalizzazione della proprietà erano in atto nelle campagne inglese fin dal Cinquecento e subirono una forte accelerazione nel Settecento (enclosures acts). Un agricoltura di tipo intensivo (e non estensivo) si sviluppò in molte zone dell’Europa occidentale nel Settecento. Capitolo 4; la società preindustriale: manifatture, commercio e moneta Nell’età moderna non mancarono sviluppi che crearono le premesse per la svolta economica e demografica che si ebbe a partire dalla metà del Settecento con la rivoluzione industriale. Nell’età moderna fino alla rivoluzione industriale vi furono diversi progressi nella tecnologia, ma di base le innovazioni più importanti si erano registrate nel basso medioevo: mulini ad acqua, mulini a vento, l’utilizzo della camma che consentiva di trasformare il moto rotatorio in moto alternato e che di conseguenza consentiva di utilizzare l’energia idraulica del mulino per le gualchiere (follatura della lana) e per le cartiere. All’inizio dell’età moderna bisogna ricordare due innovazioni importanti, la polvere da sparo e la stampa. Si sviluppa la lavorazione del cotone e della seta, introdotti in Europa dall’Asia già nel basso Medioevo. Novità importanti si ebbero nel settore minerario e nella siderurgia, con le ruote idrauliche si scavavano pozzi di 300 metri. Ne derivò una crescita importante della produzione di argento e di rame. Vennero realizzati altiforni in muratura nei quali mantici mossi da energia idraulica tenevano vivo il fuoco necessario alla fusione del metallo. L’energia veniva presa dal legname, usato anche nell’edilizia, nelle attività manifatturiere, oltre che nella cottura dei cibi e riscaldamento. Si può dire che le società di antico regime erano basate sul legname. 12 All’inzio del XVII secolo una crescente scarsità di legname provocò una sorta di crisi energetica ante litteram e si passò progressivamente all’impiego del carbon fossile, che creava le premesse per l’avvento della rivoluzione industriale in Inghilterra. Parliamo di manifattura per indicare le attività eseguite per trasformare una materia prima in un oggetto di consumo. Nelle campagne la famiglia tendeva a produrre da sé ciò di cui aveva bisogno, mentre la domanda di prodotti dell’artigianato e delle manifatture era alimentato soprattutto dai consumi delle classi agiate. Nel corso dell’età moderna inoltre le richieste provenienti da gruppi sociali non aristocratici ma che avevano raggiunto un livello elevato di ricchezza e prestigio sociale alimentarono la produzione di prodotti di lusso. Ma incise ancora di più in età moderna la domanda proveniente dallo Stato per le esigenze legate all’armamento e all’approvvigionamento degli eserciti e delle flotte. La maggior parte della produzione manifatturiera era localizzata nelle città e organizzata su base individuale o familiare, nella forma dell’artigianato. A partire dalla ripresa dell’XI secolo, quando le città si erano affermate come centri di produzione, i vari settori del lavoro artigianale erano organizzati nelle arti o corporazioni, nate da patti associativi giurati. Era un fenomeno prettamente urbano. Membri della corporazione erano il maestro, gli apprendisti (non stipendiati) e dei garzoni o lavoranti (salariati). Le funzioni della corporazione erano la difesa del monopolio della produzioni da possibili concorrenti esterni e la regolamentazione e riduzioni della concorrenza fra i membri in modo da garantire la stabilità degli equilibri interni.La corporazione inoltre vigilava sulla qualità della produzione, sul suo sviluppo in relazione all’andamento del mercato, sui prezzi, sui salari e sulla formazione di nuovi operatori. Essa inoltre si occupava dell’assistenza per i suoi membri, e in particolare per le vedove, i minori, gli inabili, e dell’istruzione dei figli. Dal basso Medioevo si afferma una struttura di artigianato subordinato, soprattutto nel settore tessile (artigiano che lavora su commissione di un mercante che anticipa la materia prima e si occupa dello smercio). Tra il XVII e il XVIII secolo si diffuse nella filiera della lana il modello della manifattura a domicilio, nelle campagne circostanti le città, e diede vita al sistema delle manifatture decentrate o disperse (putting out system). Un mercante imprenditore acquistava materia prima, la faceva lavare in un magazzino da lavoratori salariati, poi si passava alla filatura e tessitura che erano svolte nelle campagne presso le abitazioni dei contadini che disponevano di un filatoio. Poi si passava alla follatura nella gualchiera e alla tintura, presso la bottega di un maestro tintore. Il mercante forniva la materia prima e ritirava il prodotto alla fine per venderlo sul mercato. Lo sviluppo di questo sistema, che produceva tessuti di minore qualità, evitava i vincoli del sistema corporativo e abbatteva i costi della manodopera, per questo causò una crisi delle manifatture cittadine fiamminghe e italiane. I produttori dipendevano da un imprenditore. Può essere considerato come una fase di transizione verso la formazione dell’industria accentrata, e per questo viene indicato sovente con il nome di protoindustria. Spesso infatti accadde che il sistema evolvesse verso la centralizzazione di alcune fasi dell’attività produttiva, con la formazione di una manifattura nella quale lavorava ormai una manodopera salariata. La crescita dell’economia determinò nell’età moderna un aumento degli scambi commerciali e soprattutto lo sviluppo di nuove direttrici di traffico. Rimase prevalente il trasporto su acqua, anche grazie ai miglioramenti della tecnica marinara e dai progressi della cartografia. A partire dal XV secolo i perfezionamenti della bussola (uso del quadrante e dell’astrolabio) e i miglioramenti delle carte nautiche resero possibile l’applicazione della scienza 15 Queste monete di conto raooresentavano quindi un'unità di misura stabile nella quale tradurre e uniformare i valori delle diverse monete correnti, le nazionali e le forestiere. Dopo la rivoluzione francese, nel 1795 la Convenzione stabilì che l'unità monetaria sarebbe stata il franco di arento, diviso in centeimi, quindi si adotta il sistema decimale e sparisce il calcolo attraverso le monete di conti in lire, soldi e denari. Capitolo 5- La società di ordini: la gerarchia sociale Fino al 1789 la società fu fondata sulla tradizionale suddivisione in tre ordini distinti in base alla funzione svolta: oratores (clero), i bellatores (nobiltà) e laboratores. La società di antico regime aveva quindi una base corporativa, si poneva come un variegato universo di corpi, gruppi e comunità ciascuno con una diversa e ben definita configurazione giuridica: gli ordini cavallereschi, i corpi militari e i collegi professionali per i nobili; gli ordini ecclesiastici per i membri del clero, in città le contrade e le confraternite, le corporazioni di arti e mestieri per la varie categorie di attività, in campagna le comunità di villaggio. La rivoluzione francese, sancendo l’uguaglianza giuridica, cancellò questo particolarismo, creando le premesse per una società di individui uguali. Ciò che distingueva gli individui era lo status, che era riconosicuto in base alla nascita, al ruolo svolto nela società e alle prerogative che egli condivideva con i corpi collettivi dei quali faceva parte. In Europa occidentale già nel basso Medioevo si era formata una elite di mercanti, imprenditori, finanzieri, professionisti, proprietari terrieri non nobili, che si distingueva dalla massa dei laboratores formando un gruppo intermedio tra il popolo lavoratore e i nobili (borghesia tra mille virgolette). Era chiaro già ai contemporanei che la divisione nei tre ordini rappresentava ormai uno chema vuoto di contenuto e non corrispondeva più di tanto alla realtà, che era molto più complessa. 16 Il clero comprendeva tutti gli ecclesiastici secolari e regolari. Differente nel protestantesimo, che rifiutava il concetto di clero dotato di uno status distinto dalla classe dei fedeli. La chiesa deteneva ovunque una quota importante della proprietà fondiaria. I suoi beni, chiamati ‘manomorta’, erano inalienabili senza un permesso del papa ed erano in via di principio esenti da imposte. La Chiesa riscuoteva la decima (parte del raccolto) per il mantenimento del clero, deli edifici di culto e dei poveri. Invece non è chiaro quando si affermò una chiara condifurazione istituzionale dell’ordine nobiliare, che assunse forme assai diversificate nei vari ambiti dell’Europa. Importante nella tarda età carolingia fu l’emergere di una classe feudale votata al servizio militare: si consolidò l’idea di una categoria di persone che trovavano nella guerra la giustificazione della propria superiorità rispetto agli altri membri del corpo sociale. A questa aristocrazia di guerrieri si aggiunse poi la signoria rurale. La continuità del prestigio, del potere e della riccheza determinò la nascita di dinaastie familiari e di conseguenza alla progressiva identificazione di un ceto stabilmente insediato al vertice della gerarchia sociale. Fin da subito si delinearono le precise norme di successione ereditaria per la trasmissioe del nome, del patrimonio e del prestigio del casato. Un ruolo decisivo nella formazione del costume e della mentalità nobiliare ebbe la cultura cavalleresca, sulla cui base nacquero tra il XII e il XIII secolo i grandi ordini religioso-militari per la difesa dei luoghi santi in Palestina e la lotta contro gli infedeli. La proprietà della terra rappresentava anche il fondamento del patrimonio delle famiglie nobili, infatti la nobiltà pur essendo circa l’1% della popolazione avevano mediamente il 20% delle terre. All’interno del ceto nobiliare ci potevano essere posizioni differenziate: in Polonia esisteva una plebe nobiliare che viveva al servizio dei magnati, in Francia c’erano gli hoberaux, nobili di campagna, in Spagna gli hidalgos, diversi dai Grandi di Spagna (titolo istituito da Carlo V). Ai nobili era vietato praticare le arti meccaniche, svolgere lavori manuali e ricoprire uffici pubblici minori, di base anche le attività mercantili, meno che il commercio all’ingrosso e la gestione di vetrerie, miniere e fonderie. Si affermarono regole molto rigide per evitare la dispersione del patrimonio, come il fedecommesso: colui che faceva testamento impegnava l’erede a trasmettere il patrimonio familiare, unito e inalienabile, ai suoi successivi erede. Al fedecommesso si univa spesso l’istituto del maggiorascato o primogenitura, che restringeva la successione ad un solo figlio, di solito il primogenito, gli altri figli venivano spinti verso la carriera ecclesiastica o militare. Al rango militare erano legati privilegi onorifici come il portare la spada, e giudiziari, come il diritto di essere iudicati da tribunali composti da loro pari e non essere sottoposti alle stesse pene del popolo (decapitazione e non impiccagione). Nel corso dell’età moderna la nobiltà dovette confrontarsi con il processo di rafforzamento dell’istituto monarchico che, se si pose come garante del suo primato sociale ed economico, tese a limitarne il potere. Luigi XIV (morto nel 1715) perseguì con particolare energia questa politica. Nonostante ci fosse la convizione della superiorità di ‘razza’ dei nobili, che si trasmetteva per via generazionale (Henri de Boulainvilliers sostenne che i nobili erano i discendenti dei franchi, il popolo di ceppo germanico che aveva assoggettato glia abitanti della Gallia), in realtà c’erano diverse strade per diventare nobili: una via era offerta dalla venalità delle cariche, ovvero i plebei che disponevano di un cospicuo patrimonio potevano acqiustare alcune cariche finanziarie o giudiziarie che, nei più alti gradi, conferivano o immediatamente o in un certo tempo, una nobiltà trasmissibile con l’ufficio degli eredi→ nobiltà di toga o di roba. Un’altra possibilità era l’acquisto di un feudo in concomitanza con 17 l’acquisizione di modi di vivere nobili, così che col tempo si dimenticasse l’origine plebea della famiglia. Lo sviluppo delle città in Italia, nelle Fiandre, nella Svizera e nelle zone occidentali e meridionali dell’area tedesca determinò la progressiva affermazione di un altro ceto aristocratico di origine rubana e non legato alla funzione militare. La cronica instabilità delle istituzioni comunali provocò a partire dal XIII secolo la tendenza alla formazione di governi più forti e duraturi, in grado di disciplinare i confitti politici e sociali; emerse una classe dirigente che assunse il controllo dele magistrature cittadine formata da ristretti grippi di famiglie di grandi mercanti e banchieri (patriziati) e talora di famiglie di tradizione nobiliare. SI formarono ceti di governo esclusivi e tendenzialmente chiusi. La città rimase nella sua struttura e nella sua realtà quotidiana legata alla tradizionale frammentazione in ceti, corpi, comunità e associazioni che costituivanoo la trama della vita sociale: compagnonnages, società clandestine di mutuo soccorso tra garzoni e lavoranti, confraternite, associazioni di laici a scopo religioso. La città trovava un elemento di coesione nell’esigenza di controllare il territorio circostante allo scopo di garantire la difesa e l’approvvigionamento Nell’età medievale gli ebrei erano molto presenti nella penisola iberica, erano detti sefarditi e godevano sotto la dominazione araba di condizioni tutto sommato accettabili. La situazione peggiorava quando si trovavano sotto il controllo dei regni cristiani. Nel 1205 papa Innocenzo III affermò che la presenza degli ebrei in terra cristiana poteva essere tollerata solo a patto che essi vivessero in schiavitù. Gli ebrei che vivevano in Germania erano chiamati askenaziti, e vennero uccisi durante la crociata del 1096. Nel 1215 il IV concilio lateranense impose l’obbligo di portare un segno distintivo, nel giugno del 1242 ci fu un grande rogo a Parigi dei libri del Talmud e nel 1290 vennero espulsi dall’Inghilterra, poi nel XIV secolo anche dalla Francia. Nel basso Medioevo si determinò una progressiva evoluzione dell’identità delle comunità ebraiche dal punto di vista economico e sociale. Prima erano inseriti nel tessuto economico delle società cristiane (agricoltura, commercio, artigianato) ma il loro status giuridico peggiorò progressivamente e molte di queste attività furono vietate. Dopo il concilio lateranense del 1179 che vietò ai cristiani il prestito a interesse ad altri cristiani, gli ebrei si specializzarono nell’attività di cambiavalute e nel prestito su pegno e si dedicarono principalmente al commercio. All’alba dell’età moderna vennero cacciati dalla Spagna (1492) e dal Portogallo (1497). Per stanare i conversos o marrani nascque nel 1498 l’Inquisizione spanola. Coloro che scelsero di partire e non convertirsi si diressero nei Paesi bassi, balcanici, impero ottomano. Negli stessi anni le espulsioni dalle città tedesche provocarono un esodo verso la Polonia e l’Europa orientale. FUrono cacciati da tutti i teritori italiani soggetti alla Spagna mentre restarono in alcune parti (Ferrara, Mantova, Stato della Chiesa, Toscana) e a Venezia, dove si istituzionalizzò il ghetto nella primavera del 1516, ancora nel 1555 una bolla di papa Paolo IV Carafa dichierò che gli ebrei dovevano vivere in quartiri distinti e in tal modo la 20 attuale (De principatibus di Machiavelli, 1513), ovvero nell’accezione che indica insieme l’autorità e l’ambito territoriale e umano sul quale essa si esercita. Fra il XVI e il XVII secolo si definisce il concetto di sovranità, i cui termini essenziali si trovano nell’opera di Bodin (I sei libri sullo Stato). La principale caratteristica della sovranità viene indicata come il potere di dare leggi ai sudditi senza il loro consenso, prevalendo sulle altre fonti di diritto (consuetudinario, diritto romano) in quanto espressione della volontà del sovrano, a sua volta legibus solutus, ossia al di sopra di tutte le leggi di cui è artefice. Sempre in questo periodo si cominciò a considerare la ‘corona’ come ente distinto rispetto alla figura del re, primo passo verso l’elaborazione del concetto di Stato come persona giuridica; tuttavia rimase ben viva la tradizionale concezione patrimoniale dello Stato, per cui l’autorità del sovrano si fondava sul possesso di un certo territorio da parte di una dinastia. In definitiva agli albori dell’età moderna si colgono alcune trasformazioni nelle strutture e nei modi di esercizio del potere, tuttavia è opportuno parlare di tati di antico regime come forme intermedie fra la realtà politica medievale e lo stato ottocentesco. Alle soglie dell’età moderna i regimi di tipo monocratico prevedevano al vertice un caratteristico dualismo istituzionale: il sovrano era affiancato da orgnanismi rappresentativi a base cetuale (stati generali in Francia, Cortes in Spagna, Stande in Germania, Parlamento in Inghilterra, Dieta in Polonia). In generale queste assemblee erano formate dai rappresentanti dei tre ordini (clero, nobiltà, terzo stato) tranne che in Inghilterra, dove la Camera dei Lord era formata da vescovi arcivescovi e nobili, mentre la Camera dei comuni era elettiva. Questi organismi avevano origine contrattuale ed erano molto importanti dal punto di vista finanziario (approvavano o meno le imposte che il sovrano voleva stabilire). Per questo si parla di Stato a base cetuale (Standestaat). Il processo di rafforzamento del potere monarchico passò per il ridimensionamento di queste assemblee. Nell’età modern si affermò la tendenza dei sovrani a stabilire la propria dimora in un luogo che si poneva anche come centro della vita politica dello Stato, la corte. Essa era tuttavia il centro simbolico del potere, non il luogo all’interno del quale esso si esercitava concretamente. infatti in origine sia la cancelleria che i supremi tribunali che amministravano la giustizia nacquero per distacco dalla corte fra l’XI e il XIV secolo. Il processo di unificazione del potere nella persona del sovrano si realizzò innanzitutto riservando gli affari politici più importanti, e in particolare la direzione della politica estera, ad organismi collegiali ristretti, da cui in genere restavano esclusi gli esponenti delle grandi casate aristocratiche. Emerge la figura del segretario di Stato e di commissari nominati e dipendenti dal governo centrale che controllassero le periferie, come i governatori in Francia In origine il dominio reale non era che una signoria analoga a quella dei feudatari e l’ufficio non era che la gestione di una parte del demanio affidata dal re a qualcuno dei suoi servitori. Poi divenne la delega di una funzione pubblica. Fin dall’inizio questi uffici cominciarono ad essere considerati come un bene patrimoniale che poteva essere venduto o trasmesso in eredità. L’ereditarietà venne sancita in Francia nel 1604. L’ufficio comportava il conferimento di una funzione, con la dignità ad essa legata, e l’attribuzione di un reddito. Negli alti gradi le cariche finanziarie e giudiziarie conferivano la possibilità di nobilitarsi→ al capo dell’amministrazione si affermò una casta di ufficiali inamovibili perchè proprietari della loro carica, la nobiltà di toga. 21 Per quanto riguarda la giustizia il re emetteva ordinanze, editti, decreti e lettere patenti spesso su argomenti specifici ma non poteva stabilire leggi dotate di validità universale perchè trovava un limite nella pluralità degli ordinamenti giuridici particolari, garantiti dalla consuetudine e sanciti formalmente da statuti, che regolavano tradizionalmente la vita della società di antico regime. Il diritto era un coacervo di norme provenienti dall’accumulo secolare di fonti diverse: le leggi romane, il diritto consuetudinario, il diritto canonico, statuti cittadini. La giustizia di prima istanza era esercitata in molti casi da autorità e poteri periferici di fatto autonomi rispetto al potere centrale. La giustizia signorile rimase in vigore per le cause di minore importanza, ma c’erano anche magistrature cittadine e associazioni e corporazioni particolari (non c’era una distinzione netta tra amministrazione e giurisdizione). Il potere di questi tribunali particolari fu limitato nel corso dell’età moderna: si stabilì che tutte le sentenze dovevano essere pronunciate in nome del re e per i processi più importanti furono previsti l’appello o l’avocazione davanti ai tribunali regi Il problema finanziario rappresentò il nodo centrale dei tentativi di dare maggiore solidità e coerenza alla struttura dello stato. Tradizionalmente le imposte erano concepite come contributi straordinari, legati a una situazione contingente, ma poi le esigenze militari, il mantenimento dell’apparato burocratico, la gestione degli affaari interni e l’amministrazione della giustizia richiesero agli stati crescenti risorse che non era più possibile ricavare dal patrimonio familiare della dinastia regnante. Occorreva stabilire un prelievo fiscale sistematico e continuativo, e fu il principale terreno di scontro fra il monarca e le assemblee cetuali. Furono gli stati italiani dell’età umanistico-rinascimentale a porre le basi della diplomazia moderna, prevedendo l’invio di un rappresentante permanente presso i governi stranieri; in particolare la repubblica di Venezia diede vita a un corpo di ambasciatori di primissimo ordine. Questo precoce sviluppo delle relazioni diplomatiche fu reso necessario dal sistema di equilibrio instauratosi fra i principali stati della penisola dopo la pace di Lodi del 1454, e agli inizi del Cinquecento questo esempio fu seguito da tutti i principali paesi europei. I progressi della tecnica militare furono da un lato l’espressione delle profonde trasformazioni sociali che caratterizzarono la transizione dal Medioevo all’età moderna, e dall’altro lato furono il motivo principale che rese necessario il rafforzamento dell’amministrazione statale, richiedendo una forte crescita delle esigenze finanziarie. Si formarono eserciti interarmi, nei quali accanto alla cavalleria pesante c’erano balestrieri, arcieri a piedi e a cavallo e nuclei di fanteria. La cavalleria pesante era stata l’arma dell’età medievale, ma ad esempio durante la guerra dei Cent'anni la cavalleria francese aveva subito pesanti sconfitte (tipo Azincourt 1415) e fu decimata dagli arcieri inglesi. Fu fondamentale l’avvento delle fanterie, imposto dai trionfi conseguiti sul campo di battaglia dall’ordine svizzero. La centralità della fanteria nell’esercito impose una nuova forma di reclutamento: il re non dipendeva più dai signori feudali, ma poteva assicurarsi il monopolio delle forze armate assoldando fanterie. Le fanterie svizzere furono reputate per molto tempo invincibili e i sovrani facevano a gara per assoldarle, oppure cercavano di imitarle, come Massimiliano d’Asburgo che mise in campo truppe provenienti dalla Germania meridionale addestrate in modo analogo (lanzichenecchi). La spagna organizzò i tercios nel 1496. 22 Quando crebbe l’importanza delle armi da fuoco si determinò la necessità di un’ulteriore svolta nell’evoluzione della tecnica militare e tramontò anche il primato della fanteria svizzera. Il primato delle armi da fuoco si affermò a partire dalla metà del Cinquecento, e scomparvero dai campi progressivamente l’arco e la balestra, le picche (i fanti si dotavano di archibugi e moschetti, poi baionette che sostituirono le picche). La cavalleria veniva dotata di armi leggere, sciabole e pistole, e fu impiegata per azioni isolate di sorpresa o per l’inseguimento. Quanto all’artiglieria, nella seconda metà del Quattrocento i progressi tecnici misero a disposizione degli eserciti cannoni più robusti, leggeri e precisi, che diedero risultati notevoli nell’assalto alle fortificazioni, tant’è che si diffuse l’architettura bastionata e si andò verso la guerra statica di posizione incentrata sugli assedi. Si formarono eserciti permanenti di grandi dimensioni, i soldati erano professionisti, mercenari al soldo delle potenze impegnate nella guerra. Capitolo 7- Il sistema degli stati alle soglie dell’età moderna Il quadro politico dell’Europa all’inizio dell’età moderna è segnato dal declino irreversibile delle due autorità universali che avevano dominato lo scenario politico del Medioevo: il papato e l’impero. La chiesa di Roma aveva conosciuto la crisi quando la sede pontificale si era trasferita ad Avignone (1305-1378) e subito dopo con lo scisma di Occidente (1378-1417). Quanto all’impero agli inizi del XIV secolo si era dimostrato incapace di sostenere le sue aspirazioni verso l’Italia e aveva ristretto sempre di più il suo campo di azione all’area tedesca. Nel XV secolo entrò in uso l’intitolazione di sacro romano impero della nazione germanica, ufficializzata nel 1512. Sacro romano impero: L’impero era una confederazione che comprendeva più di 350 stati di fatto largamente autonomi. Nel 1356 venne emanata la bolla d’oro da Carlo IV di Boemia, che assegna l’elezione alla corona imperiale a sette principi: il re di Boemia, margravio di Brandeburgo, duca di Sassonia, conte del Palatinato, arcivescovi di Treviri, Colonia e Magonza. Organo 25 giudiziarie nelle città, per limitare il potere. La Chiesa doveva contribuire alle finanze statali e i regnanti influenzavano le nomine clericali più importanti. Misero una tassa indiretta su tutte le transazioni, l’alcabala e ridimensionarono il potere delle Cortes (ceti riuniti) impedendo dal 1538 la partecipazione del clero e della nobiltà; restavano solo i rappresentanti di aclcune città. In Aragona le cortes erano ancora potenti. Nel 1492 venne portata a termine la reconquista con l’assedio di Granada, dopodichè vennero cacciati li ebrei e nel 1478 venne istituito il tribunale dell’Inquisizione (anche in Aragona, Sicilia e Sardegna). Isabella muore nel 1504, la corona sarebbe spettata alla figlia dei sovrani, Giovanna, che aveva sposato FIlippo il Bello, che muore però nel 1506 e Ferdinando poté continuare a governare il regno castigliano fino alla morte, mentre nel 1512 occupa il regno di Navarra portando a compimento l’unificazione della spagna. Inghilterra Uscito vincitore dalla guerra delle due rose era Enrico VII Tudor 1485-1509). Ridimensionò la nobiltà feudale e si guadagnò il consenso delle città; governò nel Consiglio privato e si servì della Camera stellata, un tribunale che si occupava dei reati politici, straordinario certamente perchè vigeva la common law. Gli successe Enrico VIII, protagonista del distacco della chiesa innglese da Roma nel 1534. Europa orientale Nel 1386 il regno di Polonia fu unito per matrimonio al ganducato di Lituania, del quale era titolare la famiglia degli Jagelloni. La federazione polacco-lituana rappresentava il più vasto stato dell’europa orientale. La polonia sconfisse l’ordine dei cavallieri teutornici nel 1410 a Tannenberg e acquisì nel 1466 la Prussia occidentale o reale, otenendo con Danzica e Pomerania uno sbocco sul mare. La monarchia non fu mai molto solida a causa di una potente classe aristocratia e del carattere elettivo della corona. La Dieta, formata da un senato nel quale sedevano i magnati e i vescovi e da una Camera dei deputati, condizionava molto il re. Gli Jagelloni alla fine del ‘400 sistemarono Ladislao Jagellone sui troni di Boemia e Ungheria, rimasti vacanti. Russia Molti stati a est della Lituania erano sotto il controllo dei tatari dell’Orda d’oro. Agli inizi del Trecento emerse il ducato di Moscovia, che si ampliò progressivamente. Il fondatore dello stato russo fu Ivan III il Grande (1462-1505) che occupò la Repubblica di Novgorod e assunse il titolo di sovrano di tutta la Russia. Limitò il potere dell’aristocrazia (boiari) ai quali contrappose un ceto di nuovi nobili legati alla monarchia attraverso la concessione di terre che potevano essere revocate quando voleva il sovrano. Importò dall’occidente le armi da fuoco, le tecnologie militari per la costruzione delle fortezze. Di fede ortodossa, sposò una nipote dell’ultimo imperatore di Costantinopoli, ponendosi come erede spirituale della corona bizantina. Lopera di Ivan fu proseguita dal figlio Basilio III (1505-1533) e poi dal figlio di 26 questi, Ivan IV detto il terribile. Egli limitò i poteri della grande nobiltà, contrappose alla Duma (consiglio) dominata dai boiari un’assemblea composta da esponenti dei ceti, lo Zemskij Sobor. Sancì con alcuni decreti l’asservimento del mondo contadino e formò il primo nucle di un esercito di professione con soldo regolare. Sconfisse i tatari e occupò i khanati di Kazan e Astrakhan, sottoponendo al suo dominio tutto il corso del Volga fino al mar Caspio. Sul finire del regno attaccò la Livonia per dare alla Russia uno sbocco sul Baltico, ma fu sconfitto da Polonia e Svezia. Alla sua morte gli successe il figlio Fedor, instabile, sostuito dal ministro Godunov, che fu eletto zar alla sua morte. Muore nel 1605 e la Russia cade nell’anarchia, finchè nel 1613 uno Zemskij sobor elesse zar il tredicenne Michail Romanov, portando sul trono la dinastia che vi sarebbe rimasta fino al 1917. Impero ottomano Il primo nucleo era stato un piccolo emirato dell’Anatolia occidentale retto da Osman. Nel XIV secolo gli ottomani estesero i loro domini fino a comprendere gran parte dei Balcani. Nel 1453 prendono COstantinopoli che diventa capitale dell’impero con il nome Istanbul. Maometto II si impadronì in seguito della Grecia, della Serbia, Bosnia, Albania, prinicpati di Valacchia e Moldavia e sul mar Nero acquisirono il Khanato di Crimea. Il sultano Selim I combattè a est contro l’impero dei Sefawidi e occupò l’Armenia, il Kurdistan; quindi sottomise la Siria e scnfisse i mamelucchi che dominavano l’Egitto. Solimano I il Magnifico prese nel 1522 l’isola di Rodi, occupò Bagdad e nel 1521 Belgrado (unica città serba non occupata), rendendo concreta la minaccia all’Europa cristiana. Sul piano militare la potenza ottomana fu fondata fin dal XIV secolo sulla formazione di un esercito regolare il cui nucleo centrale era costituito dalla fanteria dei giannizzeri, formata da prigionieri di guerra e dalla leva coatta di bambini cristiani educati nella fede islamica. La cavalleria era composta da notabili i quali avevano in concessione il timar, un feudo non ereditario 27 Capitolo 8 - Civiltà e imperi extraeuropei Africa Molto importante nella storia del continente è stata l’espansione dellIslam, che conquistò prima il Maghreb e si diffuse poi nell’Africa occidentale e orientale. La penetrazione musulmana fu un incentivo allo sviluppo delle attività commerciali e della urbanizzazione. Lungo le rotte del commercio transahariano si svilupparono città come TImbuctu, Gao e Kano. Sulla costa orientale da colonie di mercanti islamici sorsero fin dal X secolo città stato Swahili che intrattenevano rapporti commerciali con l’India e con l’Arabia. Tuttavia le città erano presenza marginale e prevalevano società di tipo segmentario, strutturate in piccole comunità nelle quale l’elemento di coesione era un legame di tipo etnico o parentale. Su questo policentrismo si sovrapposero in alcune zone e in alcuni periodi forme di organizzazione politica più complessa che si possono definire imperi o stati. L’impulso alla formazione di un’autorità centrale nasceva dallo stato di guerra o dalla necessità di espandersi. Questi stati si fondavano comunque su un’autorità personale. Alle soglie dell’età moderna si formò il regno Songhai, sconfitto dal regno del Marocco, l’unico regno nell'Africa settentrionale a non essere islamizzato. Importante fu il regno islamizzato di Benin e il regno del Congo, il cui re Nzinga Nkuwu si fece battezzare nel 1491. 30 conquistò Dheli creando nell’India nordoccidentale un ampio dominio destinanto a rappresentare il primo nucleo dell’impero Moghul. Il consolidamento dell’Impero fu opera del nipote Akbar il grande, che si espanse a nord fino a un territorio dell’afghanistan e a sud fino al Dekkan settentrionale e al Bengala. La società era molto eterogenea, la maggioranza della popolazione era legata all’insieme di credenze risalenti all’antica letteratura dei Veda, che gli inglesi nel XIX secolo designarono con il nome di induismo, un modo di concepire la vita secondo l’ordine del cosmo e i principi universali che lo animano. Anche qui troviamo l’immodificabile ordine gerarchico in base al quale è ripartita la società, tra sacerdoti, guerrieri o governanti, artigiani e mercanti, addetti ai lavori servili; al di sotto delle caste c’erano gli impuri o intoccabili. CIrca un quarto della popolazione aderiva all’Isalm, diffusosi nel IX secolo attraverso la dominazione turca. Si diffuse il movimento sikh, che intendeva unire indù e musulmani nella fede in un unico dio, e infine con l’arrivo degli europei iniziò anche una limitata penetrazione del cristianesimo. Akbar cercò di superare queste divisioni promuovendo una riforma religiosa e sociale che sancisse la parificazione di fronte allo stato di musulmani e indu, quindi abolì la tassa per i non musulmano e praticò una larga tolleranza; infine volle stabile un nuovo culto che fondava insieme elemetni tratti dalle due religioni principali allo scopo di imporre la fede in un unico dio e di garantire l’armonia fra le diverse confessioni religiose; egli pose al centro del nuovo culto la venerazione della sua stessa persona, ma la riforma non sopravvisse alla sua morte. L’impero moghul costruì una struttura amministrativa solida, fondata sulla divisione del territorio in circoscrizioni con a capo un comandante militare e capo amministrativo chiamato faujdar. L’impero finisce quando nel 1739 Nadir Shah, imperatore di Persia, invase l’India e occupò Dehli. L’America precolombiana agli inizi del XVI secolo, quando arrivarono gli spagnoli, in America esistevano civiltà millenarie: gli aztechi e i maya nel Messico e nell’America centrale, gli inca nella regione andina. La civiltà Maya fiorisce fra il Guatemala e la penisola dello Yucatan, raggiunsero il loro massimo splendore fra il 200 e il 900 e quando arrivarono gli spagnoli erano già frantumati in una molteplicità di stati minori. Gli aztechi si erano stabiliti nella futura Città del Messico dopo varie migrazioni nel XIV secolo. Non erano uno stato unitario ma una federazione di popoli sottomessi (arrivarono a controllare tutto il Messico centro-meridionale e a estendere il proprio territorio fino alle coste del Pacifico e dell’Atlantico, penetrando anche nel territorio dei maya attraverso lo Yucatan) a cui lasciano un’ampia libertà, piuttosto controllavano il commercio e imponevano tributi. L’impero inca era il più potente dell’America precolombiana, nucleo originario dell’impero era il Perù meridionale, poi nel XV secolo si espansero sottomettendo la regione andina fino all’Ecuador; quindi occuparono la Bolivia e penetrarono in Cile e in Argentina settentrionale. Gli spagnoli arrivarono mentre era in corso una guerra civile vinta da Atahualpa. Crearono un impero centralizzato grazie a un solido apparato burocratico. Le province erano rette da governatori che amministravano la giustizia mentre in sede locale erano i capitribù a garantire l’esecuzione delle direttive, con l’obbligo di andare periodicamente a Cuzco a rendere conto delle proprie azioni, mentre i loro figli dovevano risiedere come ostaggi nella capitale. 31 Capitolo 9- Umanesimo e Rinascimento Sviluppatosi dapprima in Italia fra Trecento e Quattrocento, il movimento umanistico perseguì un programma di radicale rinnovamento culturale ed educativo incentrato sulla rinascita dei grandi modelli dell’antichità classica, nella convinzione che ciò avrebbe dato impulso a una nuova età di progresso dopo il lungo periodo intermedio che seguì alla caduta dell’impero romano. Gli umanisti trovarono nell’antichità classica il nuovo modello di formazione dell’uomo al quale intendevano ispirarsi, e per questo gli studi classici furono definiti studia humanitatis o humanae litterae. Gli umanisti individuarono le origini della nuova cultura nell’opera di Petrarca, il primo a usare il termine media aetas. L’umanesimo si sviluppò particolarmente nelle città dell’Italia centro-settentrionale e in tal senso fu l’espressione delle aspirazioni e della visione del mondo di quei ceti emergenti che animarono la civiltà comunale: cadde il monopolio della cultura detenuto dall’autorità ecclesiastica e si affermò una nuova classe intellettuale di formazione laica, formata da uomini di palazzo, segretari e funzionari delle magistrature cittadine, esperti di diritto,notai, professionisti. Vi fu di conseguenza al centro del pensiero umanistico l’idea che l’uomo di lettere dovesse partecipare attivamente alla vita politica della sua città→ umanesimo civile (soprattutto Firenze dove troviamo come cancellieri Salutati, Leonardo Bruni, Bracciolini). La crisi delle libertà comunali modificò il quadro appena descritto e fra la fine del 400 e l’inizio del 500 il centro della vita artistica si spostò da Firenze a Roma, sede dei papi rinascimentali. Letterati e artisti si affidavano al mecenatismo delle grandi famiglie e mutò la figura dell’umanista, basti vedere la descrizione di Leon Battista Alberti e quella di Castiglione nel COrtegiano. In questa involuzione vi era anche il germe della crisi del sapere umanistico, che perseguì sempre più una vuota eleganza formale. Nel frattempo la cultura umanistica si era diffusa in Europa nel corso del 400. Gli umanisti si dedicarono ad un’opera di ricerca di manoscritti nei monasteri di tutta Europa, tra cui venne riportato alla luce il De rerum natura di Lucrezio da Poggio Bracciolini che lo 32 trovò in un’abbazia in Svizzera. Venne riscoperto il greco e Salutati promosse l’istituzione a Firenze nel 1397 della prima cattedra di greco affidata a Manuele Crisolora. In totale fu recuperato quasi tutto il corpo della letteratura greca che oggi conosciamo. Si impose all’attenzione la filosofia di Platone, essa in circolazione grazie all’opera di traduzione e commento di Marsilio Ficino. Intorno alla metà del 400 Johann Gutenberg, un orafo tedesco, mise a punto a Magonza la stampa a caratteri mobili, nota in Cina sin dal X secolo. Con questa tecnica fu realizzata la Bibbia latina a due colonne o anche detta Mazzarina. Jacques le Goffe ha parlato nel suo libro Il tempo continuo della storia di un lungo Medioevo che si sarebbe concluso intorno alla metà del XVIII secolo, durante il quale ci sono state varie rinascite più o meno estese e più o meno trionfanti. Anche il medioevo ammirò e amò il mondo antico, non è che l’umanesimo è stato l’unico, ma con esso cambiò il modo di interpretare quella eredità: a segnare la differenza rispetto alla cultura medievale fu la disciplina nella quale gli umanisti erano soprattutto versati, la filologia, ossia l’analisi critica e storica del testo. In questa prospettiva si può cogliere il valore rivoluzionario del ritorno alle fonti, nodo centrale di tutta l’elaborazione dell’umanesimo. Le versioni originarie venivano innanzitutto ‘restaurate’, ovvero ripulite dagli errori, dalle deformazioni dei copisti e dei commentatori medievali. Vennero considerati i grandi autori dell’antichità non più, come avveniva nel Medioevo, come depositari di verità assolute, ma vennero collocati nel contesto storico e culturale nel quale avevano composto le proprie opere, alla luce del quale esse potevano essere intese nel loro vero significato. Ad esempio durante il Medioevo si era tentato di conciliare quanto più possibile Aristotele e il cristianesimo. Lorenzo Valla nel 1440 scrive De falso credita et ementita donatione Constantini che dimostrò la falsità del documento datato al 314 con cui Costantino dava a papa Silvestro la giurisdizione civile su Roma, Italia e Occidente, conferendogli anche poteri e dignità pari a quelle dell’imperatore. Il documento era opera della curia romana ed era stato redatto tra VIII e IX secolo Nell’età precedente anche la produzione artistica doveva essere rivolta al conseguimento della salvezza dell’anima: di qui il carattere didascalico e allegorico di tanta parte dell’arte medievale che tendeva a trasfigurare la realtà, individuando in essa la realizzazione di un disegno divino o l’immagine concreta dei principi dell’etica cristiana. Quando si fece strada una nuova sensibilità, che si può definire moderna, si iniziò a considerare la natura e l’uomo nel loro autentico significato e valore. Quindi l’artista si proponeva di ricostruire lo spazio secondo precise regole matematiche e i affermò la tecnica della prospettica elaborata da Brunelleschi e esposta nel de pictura di Alberti. Mutava la figura dell’architetto: Leon Battista ALberti riteneva che l’architettura avesse il compito di creare edifici e città ispirati a un ideale di razionalità e di armonia, luoghi in grado di favorire il pieno sviluppo delle attività dell’uomo e della sua personalità Sul piano letterario gli umanisti, rivalutando tutti quegli aspetti della vita dell’uomo che l’ascetismo medievale, nel suo disprezzo per il mondo, aveva sempre ridimensionato se non condannato, espressero una nuova concezione dell’individuo. Essa è bene esemplificata dalla celebre orazione De dignitate hominis di Pico della mirandola, dove Pico immagina che dio, dopo aver fatto nascere tutti gli esseri del creato, abbia pensato di produrre l’uomo affinchè vi fosse anhce qualcuno in grado di comprendere e ammirare la ragione, la bellezza, la vastità di un’opera meravigliosa, e che lo facesse “come opera di natura 35 In quegli stessi anni Cristoforo Colombo, genovese, chiese udienza al sovrano portoghese. Voleva sfruttare la forma sferica della terra per raggiungere, navigando verso occidente, il Giappone e il Catai di cui parlava Marco Polo. Calcolò la circonferenza terrestre tre volte più piccola della realtà e gli sembrò una buona idea. Giovanni II non volle finanziare il suo progetto e allora Colombo andò dai re cattolici spagnoli. Nominato ammiraglio del mare Oceano, vicerè e governatore delle terre scoperte, partì nel 1492 dal Porto di Palos. Dopo 36 giorni di navigazione raggiunse la terraferma, un’isola delle Bahamas che fu chiamata San Salvador; in seguito toccò Cuba,Haiti e tornò in Spagna, accolto trionfalmente. Ripartì nel 1493-96, 1498-1500 e 1502-1504. Scoprì molte delle isole caraibiche e arrivò fino in Honduras, Panama e Costa Rica, fino a toccare il continente americano nel terzo viaggio raggiungendo il Venezuela. Fino alla fine rimase convinto di trovarsi nelle indie e sulle isole del Giappone, ma apparve chiaro che dalle terre scoperte si potevano ricavare solo schiavi; fu arrestato dagli spagnoli e riportato in patria per malgoverno, poi rilasciato ma privato del titolo di vicerè e governatore. Nel maggio 1943 Ferdinando e Isabella ottennero da Alessandro VI una bolla, Inter coetera, che fissava a 100 leghe a ovest delle isole di Capo Verde una linea immaginaria da Nord a Sud assegnando alla spagna come area esclusiva di esplorazione il mare e le terre situate ad Ovest di essa. Allora Giovanni II negoziò con la Spagna il trattato di Tordesillas, ottenendo uno spostamento della linea di demarcazione fissata ora a 270 leghe a Ovest di quella stabilita dalla bolla papale. in questo modo il Brasile, allora sconosciuto, sarebbe rientrato nell’orbita portoghese. Nel 1497 Giovanni Caboto,al servizio del re di Inghilterra tentò di raggiungere le ‘Indie’ attraverso una rotta più settentrionale e raggiunse le coste dell’America del Nord, probabilmente all’altezza dell’isola di Terranova, e rivendicò quelle terre alla sovranità della corona inglese. Stessa cosa per la Francia di Francesco I con Giovanni da Verrazzano. Al successo della Spagna si affrettò a rispondere il Portogallo portando a compimento la circumnavigazione dell’Africa con Vasco da Gama, il quale doppiato il capo di buoan speranza giunse a Malindi e poi a Calicut, sulla costa indiana (1498): la via delle Indie era aperta. Il compito di consolidare questa rotta commerciale fu affidato a una nuova spedizione guidata da Pedro Alvares Cabral, il quale allontanandosi dalla costa per intercettare i venti alisei compì una grande deviazione che lo portò, una volta che puntò a sud, a toccare le coste di una terra allora sconosciuta, il Brasile. Giunse poi a Calicut e vi fondò un emporio, ma dovette far fronte all’ostilità dei mercanti arabi e locali. IN effetti la volontà dei portoghesi di imporre il proprio predominio nell’oceano Indiano urtava gli interessi dei sovrani indiani e dei mercanti musulmani che controllavano tradizionalmente i traffici con i porti orientali del Mediterraneo attraverso il Golfo persico e il Mar Rosso. I portoghesi si assicurarono il controllo di tutta la costa dell’Africa, a ovest con il sostegno del Congo, a est con l’alleanza di Malindi e Mozambico contro la resistenza di Mombasa. L'egemonia portoghese da allora si sostituì a quella musulmana. Poi si impegnarono nel dirottare i traffici commerciali attraverso la via del Capo di buona speranza, e si creò anche un'alleanza tra il sultano dello stato indiano di Gujarat, Il sovrano mamelucco dell’Egitto e il sovrano di Calicut, sostenuti dall’impero ottomano e da Venezia e dalla repubblica di Ragusa, ma questa flotta fu sconfitta nel 1509 nella battaglia navale di Diu. Nel 1510 il governatore Alfonso de Albuquerque occupò Goa, poi conquistò Malacca, quindi costrinse il sovrano di Calicut a sottomettersi e infine prese l’isola di Hormuz all’imboccatura del golfo 36 persico. Il Portogallo potè imporre un controllo militare sul libero commercio nell’Oceano Indiano attraverso un sistema di lasciapassare. Lo “Estado da India” fu un impero commerciale, con centro Goa, dove ogni anno arrivava da Lisbona la carreira da india, una flotta composta da navi che portavano mercanzie, soldati e ecclesiastici e ritornava dopo un anno e mezzo con un carico di spezie, pietre preziose, sete e tessuti orientali. Anversa divenne un importante centro di smistamento delle spezie che arrivavano via mare da Lisbona per essere distribuite in tutta Europa. Tra gli utlimi anni del 400 e i primi del 500 Amerigo Vespucci prese parte a due spedizioni, la prima organizzata dalla Spagna e la seconda dal Portogallo, che esplorarono le coste atlantiche dell’America meridionale e comprese che non si trattava dell’Aia ma di un nuovo continente. Si trattava ora di costeggiare le nuove terre alla ricerca di un passaggio che consentisse di realizzare il sogno di raggiungere le indie. L’idea di costeggiare il continente americano da Sud fu concepita dal portoghese Magellano, che si rivolse alla Spagna, la quale aveva interesse a cercare una via alternativa a quella aperta da Vasco da Gama. Magellano convinse Carlo V a finanziare la sua impresa promettendogli di rivendicare alla corona spagnola le Molucche, già raggiunte dai portoghesi. La spedizione inizia nel 1519, trova lo stretto che avrebbe preso il suo nome e passò nell’Oceano che avrebbe chiamato Pacifico. Raggiunse un gruppo di isole che si sarebbero chiamate le Filippine, dove però rimase ucciso da uno scontro con gli indigeni. La spedizione arrivò effettivamente alle Molucche (indonesia) e vi lasciarono una guarnigione, tornò attraverso l’Oceano indiano. La conquista: nel 1495 un decreto dei sovrani spagnoli concesse a tutti i loro sudditi che volevano cercare fortuna nelle nuove terre il permesso di partire con l’obbligo di riservare alla corona il 10% dei beni riportati in patria e dei profitti negli scambi commerciali. Gli spagnoli impiegarono le popolazioni delle isole caraibiche nella ricerca dell’oro, poi vennero a contatto con i maya nello Yucatan e cominciarono a sentire l'esistenza a nord di un vasto e ricchissimo impero. INizia così l’epoca dei conquistadores, che tra il 1519 e il 1550 distrussero e assoggettarono le popolazioni dell’America precolombiana. Hernan Cortes partì da Cuba per cercare l’impero azteco, sbarcò sulla costa messicana e fonda la città di Veracruz, poi inizia la marcia verso l’interno. Fu accolto come un liberatore dai popoli sottomessi dagli aztechi e poté giungere fino alla capitale Tenochtitlàn al cospetto di Moctezuma II. Lo fece prigioniero, ci fu una rivolta guidata dal fratello del sovrano e gli spagnoli si rifugiarono a Tlax Loco dove strinsero alleanza con la popolazione locale e riorganizzate le forza giunsero di nuovo nella capitale, che capitolò ad agosto 1521. Sulle rovine della capitale venne costruita Città del Messico. Francisco Pizarro si trovava a Panama, dove giungono voci sull’impero Inca, allora ottiene da Carlo V la nomina a governatore e capitano generale della provincia e parte alla conquista dell’impero inca nel 1531. Incontra Atahualpa, lo cattura e lo fa uccidere. Nel novembre la presa e il saccheggio della capitale Cuzco segnarono la fine dell’impero. Nel 1535 fece costruire la Città dei re, poi Lima, capitale del vicereame del Perù istituito nel 1542. Si servì del fratellastro di Atahualpa come re fantoccio, poi pure questo cercò di mettersi a capo di una rivolta ma il tentativo fallì e suo figlio Tupac Amaru fu decapitato nel 1572. 37 Il territorio assoggettato alla corona spagnola andava dalla California alla Florida dino al Cile, e venne chiamato “Regno delle Indie”. Il sovrano spanolo fu affiancato da un COnsiglio delle Indie, alle cui dipendenze fu posta la Casa de contratacion di Siviglia che controllava i flussi di merci e di persone fra la madrepatria e il nuovo mondo L’altra istituzione fondamentale dell’America spagnola fu l’encomienda, che esportò al di là dell’Atlantico un modello di chiara derivazione feudale. Per indurre la nobiltà spagnola a impegnarsi nella guerra contro i mori i sovrani promettevano loro lo sfruttamento dei territori che avrebbero occupato. Questi erano proprietà della corona ma l’encomendero li prendeva in usufrutto e doveva risiedere in città. Per coloro che cercavano fortuna nel nuovo mondo era fondamentale il dominio sugli uomini per sfruttare con il lavoro coatto le risorse del territorio. Dopo che si fu esaurita la caccia all’oro l’economia fu caratterizzata dall’allevamento di pecore, buoi e cavalli. La Spagna non riuscì mai a raggiungere le indie e sembrava che il nuovo continente non fosse chissà quanto ricco, ma poi furono scoperte le miniere di oro e argento e i metalli preziosi divennero la risorsa più importante del nuovo mondo, ad esempio la miniera di Potosì in Bolivia. Fin dall’inizio le spedizioni marittime dei portoghesi assunsero anche il carattere di crociata contro l’islam che stringeva l’europa cristiana in una morsa fra l’impero ottomano che avanzava nel Mediterraneo e gli stati musulmeni che occupavano l’Africa settentrionale. I due stati iberici improntano la loro missione religiosa ai metodi che avevano caratterizzato la riconquista e propagandavano un cristianesimo animato dallo spirito di crociata, propenso all’uso della forza per ottenere la conversione al proprio credo. Bartolomeo de las Casas. 40 Erasmo si schierò contro Lutero pubblicando nel 1524 il De libero arbitrio, al quale Lutero rispose con il De servo arbitrio. Erasmo era convinto che la libertà di scelta dell’uomo pur ferita dal peccato non era distrutta; alla fine fu accusato dai protestanti di non aver voluto trarre le conseguenze dal suo cristianesimo evangelico e per Roma rimase un cripto-eretico, tant’è che l’intera sua opera sarebbe stata posta nell’Indice dei libri proibiti, in quanto aveva gettato i semi coltivati da Lutero. Zwingli Importante riformatore della svizzera tedesca, cappellano alla cattedrale di Zurigo, città ricca e con una colta borghesia impegnata in attività mercantili e finanziarie, governata da un’oligarchia patrizia che controllava il Consiglio civico. Con l’appoggio di quest’ultimo Zwingli potè smantellare l’edificio della chiesa cattolica e stabilire in città il culto riformato. La riforma fu opera del Consiglio cittadino, che esautorò i vescovo attribuendosi il governo della chiesa. Tutti i principali aspetti della sua riforma si collegavano all’umanesimo di impronta erasmiana, in particolare all’antitesi tra carne e spirito, visibile e invisibile: la fede è spirituale e deve prescindere dagli aspetti materiali. Nega ogni presenza reale nell'eucaristia che concepì come una semplice commemorazione o ricordo dell’ultima cena. Da Zurigo la riforma si diffuse in molte città della Svizzera, fra cui Berna e Basilea e ciò comportò un conflitto con i cantoni originari (Uri, Schwyz e Unterwalden) rimasti cattolici. Zwingli concepì una lega europea e cercò di accordarsi con i luterani ma non fu possibile a causa delle diverse idee sull'eucaristia (colloquio di Marburgo). I cantoni protestanti combatterono da soli i cattolici e furono sconfitti nella battaglia di Kappel (1531). SI arrestò l'espansione della RIforma nella svizzera tedesca ma continuò nella francese grazie all’opera di Calvino. Calvino Nacque in Francia nel 1509, fu costretto a lasciare la patria a causa delle persecuzioni lanciate da Francesco I. Si rifugiò a Basilea, poi andò in Italia e poi Ginevra, dove restò per aiutare l’amico Guillaume Farel nel suo tentativo di consolidare la recente adesione della città alla riforma. Ginevra mirava così a staccarsi dall’influenza del vescovo sostenuto dai duchi di Savoia. Calvino si scontrò con gli orientamenti del governo cittadino e allora si recò a Basilea e poi a Strasburgo, quando nel 1541 fu richiamato a Ginevra. Dottrina della doppia predestinazione che sviluppò con consequenzialità un aspetto già implicito nella dottrina luterana: secondo tale teoria dio crea solo pochi preordinati alla salvezza mentre destina la maggior parte della popolazione alla perdizione eterna, ma i decreti divini sono insindacabili e inconoscibili e l’elezione è un atto di misericordia per il quale i prescelti non hanno alcun merito. Sarebbe inutile però macerarsi nel timore e nell’attesa del proprio destino, il quale è già deciso. La grazia divina obbliga il cristiano a vivere nella speranza che dio lo abbia scelto, impegnando ogni attimo della sua esistenza per celebrare la sua gloria. Vi sono dei segni presuntivi come l’adesione alla chiesa e l’attuazione della vocazione (beruf) che dio ci ha assegnato nel mondo: infatti dio ha stabilito per ciascuno il dovere da compiere sicché il cristiano adempie nella sua vita i disegni divini 41 e conferisce a ogni atto un valore religioso. La chiesa calvinista è militante, impegnata ad agire nel quadro della storia per la realizzazione dei disegni divini. Dopo il suo rientro in città Calvino con le Ordonnances ecclesiastiques gettò le basi dela struttura della sua chiesa, costituita da 4 ordini: pastori o ministri (responsabili del culto e della predicazione); dottori (educazione e difesa dell’ortodossia); diaconi (assistenza ai malati); dodici anziani laici scelti dal Consiglio cittadino che dovevano igilare sulla vita cristiana dei cittadini: Gli anziani e i pastori formavano il Concistoro, che esercitava un controllo penetrante su ogni aspeto dela vita morale e sociale e poteva comminare pene di natura ecclesiastica e deferire nei casi più gravi all’autorità civile. Stato e Chiesa rimasero comunque separati, il governo fu sempre nelle mani del piccolo consiglio, ma lo stato era responsabile, nella prospettiva calvinista, della realizzazione di questo grandioso progetto di rigenerazione cristiana (bibliografia). A GInevra fu bruciato vivo Miguel Serveto accusato di anabattismo e antitrinitarismo, era un medico spagnolo che era di passaggio e fu arrestato, Calvino si espresse favorevole alla pena capitale. La diffusione del luteranesimo in Germania sicuramente fu favorita dal fatto che dava la possibilità ai principi di confiscare le proprietà della chiesa e ai feudatari ecclesiastici di secolarizzare i loro beni dando vita a dei principati laici. Lo stesso Alberto di Hohenzollern secolarizzò i beni dell’Ordine dei cavalieri teutonici di cui era gran maestro costituendosi in ducato di Prussia e trasformando i cavalieri in feudatari laici. Il cattolicesimo rimase radicato nel sud. Carlo V si impegnò per superare la divisione, fattore di indebolimento della sua azione politica. Minacciò alla dieta di Spira del 1529 di rimettere in vigore gli editti contro il luteranesimo approvati dalla Dieta di Worms, allora si levarono le poteste di sei principi e 14 città, entrò allora in uso il termine protestanti. L’anno seguente alla Dieta di Augusta Filippo Melantone presentò una versione moderata dei principi dei luterani eppure non si arrivò ad un accordo a causa dell’intransigenza dei teologi cattolici, i principi luterani rifiutarono l’invito di Carlo V a sottomettersi e si unirono nel 1531 nella Lega di Smalcalda. Il luteranesimo si diffuse anche nell’Europa settentrionale. Nel 1397 l’unione di Kalmar aveva istituito sotto l’egemonia danese un legame tra i regni di Danimarca, Norvegia e Svezia. Nel 1523 la Svezia si sollevò contro il re di Danimarca Cristiano II e si dichiarò indipendente, la corona fu affidata a Gustavo Vasa e il nuovo sovrano favorì la costituzione della prima Chiesa nazionale protestante. Nel 1525 il re di Danimarca perse il trono a favore dello zia, Federico I, susseguito da Cristiano III di fede protestante che dichiarò la luteranesimo religione di stato. La fede luterana allora fu imposta con la forza alla Norvegia e l'Islanda; la Norvegia fu privata dello status di regno formalmente indipendente e ridotta a provincia danese. In Germania i calvinisti, detti riformati, penetrarono soprattutto nel Palatinato renano e nel Wurttemberg; le chiese riformate si diffusero in Francia (ugonotti) e nei Paesi Bassi, anche poi in Ungheria, Polonia e Paesi Bassi. In Scozia divenne religione nazionale. In INghilterra il distacco dalla chiesa di roma fu originato da cause politiche, con l’Atto di supremazia nel 1534 Enrico VIII si attribuì il titolo di capo supremo della chiesa anglicana→ soppressione dei conventi e introduzione della Bibbia in volgare. solo dopo la chiesa anglicana si aprì all’influenza delle dottrine protestanti. Nella seconda metà del 500 durante il regno di ELISABETTA I si diffuse una corrente ispirata ala tradizione calvinista detta puritanesimo. 42 Con il nome di riforma radicale si designa un insieme di gruppi, sette, esperienze individuali che portarono alle estreme conseguenze il principio di un ripristino del cristianesimo evangelico, come gli anabattisti. Capitolo 12- Le guerre d’Italia Dopo la pace di Lodi del 1454 in Italia si mantenne un precario equilibrio stabilitosi tra i cinque maggiori stati: - Il regno di Napoli→ il papato lo considerava un suo feudo, era passato nel 1458 a Ferdinando di Aragona, esponente di un ramo illegittimo della famiglia che reggeva lo Stato aragonese in Spagna; - Lo Stato della Chiesa→ rientrati a Roma nel 1420 dopo la fine dello scisma di Occidente, i papi si impegnarono a ripristinare il proprio dominio temporale. Nella capitale erano ostacolati dalle grandi famiglie dell’aristocrazia romana come gli Orsini e i Colonna. Avevano anche Benevento, Pontecorvo nel napoletano, Avignone, Bologna, Perugia, zone delle Marche e della Romagna dove però c’erano vicari della Chiesa di fatto signorotti autonomi. Obiettivo principale della chiesa fu mantenere un equilibrio politico in Italia e in Europa - Lo Stato di Milano, nato dal superamento dell’ordinamento comunale, che era passato dalla metà del XV secolo dai Visconti a Sforza. - Firenze, anche qui si era manifestata un’evoluzione delle istituzioni comunali verso un regime oligarchico. Porta a compimento la sua espansione in Toscana e nel 1434 si afferma l’egemonia dei Medici, che acquisì una sorta di signoria di fatto grazie all’opera di Cosimo il Vecchio, che si garantì il controllo delle magistrature repubblicane più importanti; poi ci fu Lorenzo il Magnifico, suo nipote - La repubblica di Venezia si era data una solida struttura costituzionale: c’era un Maggior consiglio composto dai maschi delle famiglie che ne facevano parte in quel momento o ne avevano fatto parte in passato, quindi un patriziato, un ceto di governo ereditario e di fato chiuso da cui uscivano le maggiori cariche dello stato. Tutte le magistrature erano collegiali e temporanee tranne il doge. Venezia conquistò nel 400 tutto il Veneto, il Friuli, Brescia e Crema, L’Istria e la Dalmazia e parte del litorale adriatico, vari stabilimenti in Grecia. 45 Doria sbarcò a Genova e se ne impadronì, rimanendo vincolato all’alleanza spagnola; diede vita a una repubblica oligarchica sul modello veneziano. 1529→ pace di Cambrai: la Francia rinunciava all’Italia ma conservava la Borgogna; Carlo V ottenne l’investitura del regno di Napoli e incorporò anche Milano alla morte di Francesco II Sforza. Carlo V si impegnò nel restaurare il dominio dei Medici a Firenze, principale obiettivo del papa. Durante il congresso di Bologna, che ratificava i risultati della pace, Carlo fu incoronato imperatore e re d’Italia (1530). Firenze dovette arrendersi nello stesso anno dopo un lungo assedio e il potere fu dato ad Alessandro de Medici, probabilmente figlio naturale del pontefice (Clemente VII). Così anche firenze diventava un principato. Capitolo 13- Il sogno imperiale di Carlo V Dopo il 1530 l’azione politica di Carlo assunse una prospettiva di più ampio respiro: garantitosi il predominio in Italia, egli si concentrò nel contrasto all’espansionismo ottomano e nel tentativo di conciliazione religiosa in Germania. Nel 1531 fece eleggere re dei romani il fratello Ferdinando, al quale aveva già affidato il governo dei domini ereditari, e fece la sorella Maria reggente dei Paesi Bassi in sostituzione di Margherita d’Austria, che era morta nello stesso anno. Per gli altri domini delegò il governo dei vicerè. Decisiva fu anche la conquista dei domini americani, che si compì interamente durante il suo regno con i due vicereami di della Nuova Spagna (Messico e America centrale) e del Perù, che conferirono al suo impero una dimensione planetaria. Solimano il Magnifico nel 1526 sconfisse l’esercito unghesere a Mohacs, dove perse la vita il re Luigi II Jagellone, anche re di Boemia. Solimano occupò gran parte del territorio ungherese, che però fu rivendicato da Ferdinando (fratello di Carlo V) che aveva sposato una sorella di Luigi II. Assunse la corona boema ma in Ungheria fu contestato da un partito nazionale magiaro ostile agli Asburgo. La vedova di Luigi, Maria, riuscì a far eleggere da una parte della nobiltà Ferdinando, ma a lui si oppose Giovanni Szapolyai, sostenuto da Solimano. L’esercito turco negli anni seguenti portò avanti l’offensiva arrivando fino alle mura di Vienna, finchè nel 1533 fu firmato un accordo dove sul trono di Buda fu mantenuto lo Szapolyai e a Ferdinando fu riconosciuto il possesso di una zona minore del territorio ungherese, Ungheria imperiale. Nel 1540 alla morte di Sz. il conflitto di riaprì e Solimano occupò la maggior parte del territorio ungherese e lo annettè all’impero ottomano. La Transilvania fu data a Giovanni Sigismondo (figlio di Szapolyai) come stato vassallo dei turchi. 46 Il problema turco si poneva anche nel Mediterraneo, dove gli stati dei paesi berberi dell’Africa settentrionale (Tripolitania, Tunisia, Algeria), detti barbareschi, erano nominalmente soggetti all’autorità del sultano e rappresentavano la base per le scorrerie sulle coste spagnole e italiane. Ferdinando il cattolico aveva conquistato Orano e imposto un protettorato su Tunis (di fronte la sicilia)i, ma questa era stata conquistata nel 1529 dai corsari con a capo Barbarossa. Un accordo tra Francesco I e il sultano spinse Carlo V a intraprendere una spedizione→ occupano La Goletta e conquistano Tunisi. Nel 1538 e 41 ci furono altre due spedizioni ma furono un insuccesso, si dovrà aspettare fino alla battaglia di Lepanto per prevalere sulla flotta ottomana. Riprende nel 1535 la guerra franco-asburgica quando Carlo occupa Milano alla morte di Francesco II Sforza→Francesco I occupa Torino→ Carlo attacca in Provenza e nei Paesi Bassi→ tregua di 10 anni 1538→1542 Francesco riprende le ostilità→ Pace di Crepy (status quo) 1544. Si prospetta un matrimonio tra il terzo figlio di Francesco I e la figlia o di Carlo o di Ferdinando, che avrebbero portato in dote i Paesi Bassi o Milano, ma il duca d’Orleans muore prematuramente nel 1545. La situazione in Italia non era priva di inquietudini: - A Firenze nel 1437 viene assassinato il duca Alessandro e successe Cosimo I, figlio di Giovanni dalle Bande nere - papa Paolo III Farnese (15334-49) tese a limitare l’egemonia spagnola nella penisola, appena eletto staccò Piacenza e Parma dal dominio pontificio e li assegnò come ducato al figlio Pier Luigi. Sembravano disposti a offrire un punto di appoggio alla Francia, allora Carlo si insospettì. Nel 1547 il governatore di Milano Ferrante Gonzaga fee assassinare Pier Luigi e occupò Piacenza. - A Siena nel 1552 la popolazione scacciò il presidio spagnolo e si pose sotto la protezione della Francia. Il concilio di Augusta aveva indotto i principi protestanti a riunirsi nella Lega di Smalcalda. Carlo, conclusa la pace di Crepy, sconfisse la lega a Muhlberg sul fiume Elba, convocò allora la Dieta di Augusta dove impose l’interim, ovvero una regolamentazione provvisoria delle relazioni fra cattolici e luterani, ma del resto al concilio di Trento erano già stati approvati decreti che chiudevano la porta a ogni dialogo con i protestanti. Propose una riforma federale dell’impero ma fu ostacolato dalla maggior parte degli stati, a favore del particolarismo dell’impero. I principi protestanti realizzarono nel 1551 un accordo segreto con il nuovo re di Francia Enrico II, al quale promettevano i vescovati di Metz, Toul e Verdun in cambio di sostegno. L’offensiva protestante costrinse Carlo a fuggire. realizzò che l’unificazione religiosa era impossibile e nel 1555 venne sancita la pace di Augusta, che stabiliva il principio regio eius cuius religio. Carlo non riuscì a recuperare i territori della Lorena, mentre a Siena veniva eliminata la repubblica e veniva annessa ai domini di COsimo de Medici. I francesi però occupavano la Savoia e il Piemonte dal 1536. Nel 1555 venne sancita una tregue quinquennale tra i due a Vaucelles. Nello stesso anno abdica alla sovranità dei Paesi Bassi, che insieme alle corone di Castiglia e Aragona lascia al figlio Filippo II. Al fratello Ferdinando riserva la dignità imperiale, poi si ritira definitivamente. Morirà nel 1558. 47 Nel 1548 Carlo indicava, nelle istruzioni per il figlio, nell’Italia e nelle Fiandre l'asse sul quale si manteneva tutto l’insieme dei suoi domini, i nodi nevralgici sui quali anche Filippo avrebbe dovuto incentrare la sua azione. L’impero d'una federazioni di domini che conservarono la propria identità politica e istituzionale e che avevano obiettivi diversi che spesso collidevano tra loro. Quando nel 1526 pretese da Francesco I la cessione della Borgogna agiva come erede dell’antico stato borgognone. Sposò la cugina Isabella d’Aviz, figlia del re del Portogallo. La Castiglia assunse un peso sempre maggiore nell’equilibrio dei domini di Carlo, da lì infatti provenivano i soldati dei formidabili tercios e molte risorse finanziarie. Si impegnò a rendere più efficiente l’amministrazione della Castiglia ponendo le basi della struttura burocratica attraverso il sistema dei Consigli come organi consultivi,e ridimensionò le COrtes escludendone il clero e la nobiltà in modo da trattare solo con i rappresentanti delle città. Rimase sempre fedele alle responsabilità legate alla corona imperiale, e solo con suo figlio l’impero divenne atlantico, incentrato sul predominio della Spagna. Capitolo 14- L’età della Controriforma Il termine ‘Controriforma’ entrò in uso alla fine del XVIII secolo per designare il processo con cui un territorio protestante viene ricondotto alla fede cattolica con la forza. Poi si ampliò andando a designare anche l’opera di rinnovamento della chiesa cattolica culminata nel concilio di Trento. Restava alla base del concetto la nozione di ‘risposta’ alla rivolta innescata da Lutero. Lo storico Hubert Jedin propone Riforma cattolica perché nell’ambito del cristianesimo erano vive aspirazioni a un rinnovamento interno molto prima di Lutero (Girolamo Savonarola, Erasmo da Rotterdam, Egidio da VIterbo nel Concilio lateranense V, Libellus ad Leonem decimum). In tal senso si dovrebbe parlare di Riforme, interpreti di un comune bisogno di rinascita della spiritualità cristiana. Prevalse sicuramente però l’azione di quegli ambienti che perseguivano innanzitutto una dura repressione dell’eresia, e per questo Criscuolo continua ad usare il termine Controriforma. Nacquero molti nuovi ordini religiosi impegnati nella società: gli oratori del divino amore , i cappuccini, i teatini, i barnabiti e le angeliche, i somaschi, le orsoline. L’ordine più importante sorto in questo periodo è quello della compagnia di Gesù, fondata nel 1534 da Ignazio di Loyola, che accanto ai voti tipici della scelta monastica (castità, povertà, obbedienza) aggiunsero l’assoluta obbedienza al papa. La loro regola fu approvata da Paolo III nel 1540. Erano molto attivi nell’istruzione, nella quale erano molto rigidi, ebbero un notevole peso politico in quanto furono spesso confessori e consiglieri di sovrani e principi, e si impegnarono nell’attività missionaria per la diffusione del cristianesimo. Abbiamo detto che Carlo V tentò più volte di far convocare un concilio che ricomponesse i conflitti religiosi d’Europa, e anche Lutero era disponibile, a patto che avvenisse in tera tedesca e non condizionato dal papa. Eppure i papi erano riluttanti, temevano una ripresa delle teorie conciliariste che minavano la sua autorità. Il clima cominciò a mutare con Paolo 50 La guerra franco-asburgica era interrotta dal 1556 con la pace di Vaucelles. Il re francese Enrico II riprese le ostilità per sostenere in Italia il movimento antispagnolo sostenuto dalla politica pontificia di papa Paolo IV Carafa. Il conflitto si spostò presto nei Paesi Bassi, dove l’esercito spagnolo comandato dal Emanuele FIliberto di Savoia ottenne nel 1557 a San Quintino una schiacciante vittoria. Sia Filippo che Enrico versavano in condizioni finanziarie disastrose; Enrico II riuscì a conquistare Calais, ultimo possedimento inglese sul continente. La morte di Maria Tudor nel 1558 privò Filippo dell’appoggio della spagna e favorì la stipula della pace di Cateau Cambrésis (1559): - Francia rinuncia a Milano, Napoli, restituisce la Corsica a Genova e i suoi stati a Emanuele Filiberto, ma conserva Tour Metz e Verdun e Calais, con alcune piazzeforti in Piemonte e il marchesato di Saluzzo. - Filippo II aveva il controllo pieno della penisola italiana dove tutti gli stati tranne Venezia vi erano legati. A garanzia della pace fu celebrato il matrimonio fra Filippo II e Isabella di Valois, figlia di enrico II. Nello stesso anno muore Enrico, e in Francia si apre una profonda crisi politica e religiosa. Filippo tornato in Spagna nel 1559 pose la capitale a Madrid e da lì governò senza muoversi dalla Spagna, esaminando le pratiche che gli somministravano i suoi segretari con non poche difficoltà. Animato da un profondo sentimento religioso, venne chiamato il “re prudente”. Nel 1580 entra in armi in Portogallo dopo la morte del cardinale Enrico subentrato a Sebastiano I, morto volendo combattere i musulmani in Marocco, e in nome di legami parentali con il Portogallo (la prima sua moglie era portoghese) ne assunse la corona, e con essa anche il suo impero coloniale. I territori erano amministrati da viceré o governatori con ampi poteri e mantenevano le loro distinte identità giuridiche e istituzionali. La struttura di governo era imperniata sul sistema dei consigli, ovvero organi collegiali che preparavano delle consute in base alle quali il re prendeva le sue decisioni. Il Consiglio di Stato era il più importante e si occupava di politica estera e affari interni di maggior rilevanza. Potevano essere competenti per materia o per territorio e ne facevano parte soprattutto i letrados, funzionari di origini non nobile. L’unità della fede in Spagna divenne un’ossessione, di qui il ruolo centrale dell’Inquisizione, l’unica istituzione veramente comune ai vari domini, che perseguitava oltre che i protestanti, i quali consegnava al braccio secolare per l’esecuzione (atto di fede) anche i moriscos, ovvero i musulmani che erano stati obbligati a convertirsi al cristianesimo, che non potevano usare la loro lingua e i loro costumi, allora nel 1568 scoppia una rivolta e nel 1609 vengono espulsi dal regno. Non meno intransigente fu l’atteggiamento nei confornti dei marrani, ebrei convertiti forzatamente. Nel 1570 il sultano Selim II attacca Cipro, possedimento di Venezia, e nel contempo gli ottomani riprendono tunisi. Si forma allora la lega santa (papa, Venezia, cavalieri di malta, duca di savoia, Genova e FIlippo II) che guidata da Giovanni d’Austria (figlio naturale di Carlo) sconfigge la flotta turca a Lepanto nel 1571. Tuttavia Venezia affermò due anni dopo con gli ottomani una pace separata in cui rinunciava a Cipro e si garantì la ripresa dei commerci con l’Oriente, e nel 1578 anche la Spagna stipulò una tregua con gli ottomani. 51 I Paesi Bassi (eredità borgognona+zone acquisite da Carlo) erano un’insieme di provincie di fatto autonome seppur formalmente unite dal 1548. Ognuna aveva un governatore (statolder). Filippo nominò reggente la sorellastra Margherita, che era coadiuvata dal cardinale di Granvelle. Egli volle l’introduzione dell’Inquisizione, dato che si erano formati nuclei di anabattisti, luterani e calvinisti, ma ciò gli costò la destituzione. Nel 1566 un gruppo di nobili fiamminghi si presentò al palazzo della reggente per presentare una petizione che chiedeva l’abolizione del tribunale e lei sospese le leggi contro gli eretici. I calvinisti si diedero al vandalismo e Filippo II fece una dura repressione che poi causò la rivolta capeggiata da Guglielmo d’Orange, che nel 1572 fu nominato governatore di Zelanda e Olanda, le uniche due province che resistevano,e l’anno seguente si convertì al calvinismo. - Capitolo 16- La guerra dei Trent’anni Francia Pacificata la Francia, Enrico IV si accinse alla ricostruzione coadiuvato dal duca di Sully. Rafforzò le finanze, la struttura amministrativa servendosi di commissari straordinari per limitare il potere dei governatori, incentivò l’agricoltura e le manifatture. Inoltre regolò in maniera definitiva la questione della venalità delle cariche: con un editto del 1604 gli officers ebbero riconosciuta l’ereditarietà degli uffici che avevano acquistato attraverso il pagamento di una tassa annuale e del pagamento al momento della cessione o trasmissione agli eredi dell’ufficio. Fu ucciso da un fanatico cattolico nel 1610 e assunse la reggenza sua moglie Maria de Medici, avendo il figlio Luigi XIII solo nove anni. La nobiltà allora impose alla reggente la convocazione degli Stati generali, che si riunirono nel 1614-15 per poi essere convocati direttamente nell’anno della rivoluzione francese. Maria era coadiuvata da Concino Concini, che impresse un indirizzo filospagnolo alla politica estera. Luigi XIII nel 1617 fa assassinare Concini e confina Maria nel castello di Blois. In questa fase si impone sulla scena politica il cardinale Richelieu. Egli pose fine all’opposizione della nobiltà feudale con diverse condanne e si guadagnò il sostegno delle città, proseguì il processo di rafforzamento della monarchia già iniziato da Enrico IV e si servì dei commissari per far eseguire nelle province le direttive del governo centrale su specifiche questioni. Affrontò il problema degli Ugonotti che si sottraevano in larga misura all’autorità regia, nel 1628 prende La Rochelle. Luigi XIII confermò gli articoli dell’editto di Nantes che concedevano la libertà di culto ai calvinisti, ma ormai senza le piazzeforti erano una minoranza religiosa priva di forza militare e politica. A partire dal 1630 R. si impegnò nel conflitto per contrastare l’egemonia 52 degli Asburgo, ma fu necessario aumentare le pressioni fiscali che provocarono una serie di rivolte, talvolta sobillate dai nobili. Spagna Filippo III ebbe la tendenza ad affidare l’esercizio del potere a un favorito, scelto di regola tra i membri dell’alta aristocrazia. In questo contesto l’alta nobiltà riprese un ruolo centrale nell’esercizio del potere. Furono stipulate una pace con l’Inghilterra nel 1604 e con pe Province unite una tregua di 12 anni nel 609, perchè era necessario restaurare le finanze. Nel 1609 furono anche cacciati i moriscos (300.000), un ulteriore colpo all’economia spagnola. Arriva Filippo IV, il quale delegò l’esercizio del potere al conte duca d’Olivares, deciso a ripristinare il ruolo imperiale della Spagna. RIteneva necessario rafforzare l’unità tra i vari domini della monarchia, legando più strettamente alla Castiglia i regni di Aragona e Catalogna. Tentò un progetto di unificazione delle forze armate, la Union de las armas, a cui avrebbero dovuto partecipare tutti gli stati della monarchia. Paesi bassi meridionali e Province unite Dopo l’assassinio di Guglielmo nel 1584, le sette province settentrionali dei Paesi bassi, che avevano proclamato la loro indipendenza nell’81, trovarono in suo figlio Maurizio di Nassau un capo militare di grande valore, che conquistò vittorie sul campo di battaglia tant’è che la Spagna fu costretta alla tregua nel 1609. Le province meridionali rimaste fedeli alla Spagna formalmente avevano un’autonomia ma di fatto erano soggette all’egemonia della Spagna completamente e divennero un baluardo della Controriforma. Tuttavia sul piano economico si avviarono ad un declino (blocco delle foci della Schelda e declino di Anversa, Gand e Bruges), mentre le sette province settentrionali crescevano. Sul piano istituzionale esse erano legate all’alleanza stipulata nel 1579 con l’Unione di Utrecht. Organo centrale erano gli Stati generali che si riunivano a L’Aja, di cui facevano parte i rappresentanti degli Stati delle sette province. In Olanza, Zelanda e nella maggior parte delle altre province veniva nominato uno statolder (governatore) al comando dell’esercito e della flotta, di solito un membro della casa d’Orange. Ad esso si contrapponeva il Gran Pensionario, che era il presidente degli Stati provinciali di Olanda e il capo della delegazione olandese agli stati generali. Polonia Nel 1569 il regno di Polonia e il granducato di Lituania, fra i quali vigeva solo un regime di unione nella persona dei sovrani, si fusero e fu ribadito che la corona sarebbe stata assegnata per elezione da parte di tutta la nobiltà polacco-lituana→repubblica nobiliare. Nel 1572 si estingue la dinastia degli Jagelloni e viene eletto re Enrico di Valois che l’anno successivo ritornò in Francia per succedere al fratello Carlo IX che era morto. Poi Stefano Bathory e Sigismondo Vasa (Svezia), re stranieri per impedire un rafforzamento della monarchia. Nel 1596 la chiesa ortodossa rutena decide di unirsi con la Chiesa di Roma. 55 (1629) e dovette rinunciare a ogni intervento nell’ambito imperiale, seppure riottenne i possedimenti perduti. A questo punto Ferdinando pensa bene di attacare i protestanti e nel 1627 impone la restituzione dei beni secolarizzati con il passaggio alla riforma dopo il 1552 e obbligò i protestanti che vivevano in territorio cattolico a riconvertirsi (editto di restituzione). Fase svedese Nel 1630 intervenne nel conflitto Gustavo Adolfo II a difesa della causa protestante ma soprattutto per perseguire il proprio progetto di egemonia sul Baltico. Ottenne l’alleanza della Sassonia e dell’elettore del Brandeburgo e fu sostenuto anche dalla Francia. Penetrato in Pomerania ottenne dei successi, tant’è che lo chiamarono “Leone del nord” o il “signore delle nevi”. Mentre un esercito sassone occupava la Boemia egli sconfisse le truppe imperiali a Breitenfeld (1631) e si aprì la strada verso la Germania meridionale, arrivando a occupare Monaco e costringendo il Duca di Baviera alla fuga. La Spagna inviò truppe a sostegno dell’esercito ma così le Province unite posero sotto assedio Maastricht. Ferdinando II richiama Wallenstein nominandolo comandante supremo con pieni poteri. W. sconfisse Gustavo Adolfo a Lutzen, presso Lipsia, ma vinsero gli svedesi anche se Gustavo muore e la condotta della guerra passa al cancelliere Axel Oxenstierna. Egli si pose a capo di una coalizione di principi tedeschi decisi a difendere la religione protestante. Wallenstein fu assassinato perché lo si accusava di intrighi con i menici. Nel 1634 gli eserciti imperiale e cattolico sconfissero a Nordlingen gli svedesi. A questo punto la Sassonia e il Brandeburgo decidono di uscire dalla guerra e stipulano con l’imperatore la pace di Praga (1635) in cambio della sospensione dell’editto di restituzione. Nel maggio 1635 la Francia decide di entrare in guerra apertamente, con accanto Svezia e Province unite. Nel 1640 il conte duca d’Olivares voleva imporre alle cortes una maggiore collaborazione alla guerra approfittando della presenza di un esercito in Catalogna, e provocò così la rivolta dei catalani, che nel 41 si pose sotto la protezione della Francia. Negli stessi anni la nobiltà portoghese, chiamata ad unirsi all’esercito che avrebbe dovuto marciare sulla Catalogna, proclamò l'indipendenza del Portogallo affidando la corona al duca di Braganza Giovanni IV. Il conte duca fu licenziato da Filippo IV; il Portogallo fu riconosciuto solo nel 1668. Pace di Westfalia Il corso della guerra divenne progressivamente sfavorevole agli Asburgo. Nel 1637 gli olandesi avevano ripreso Breda e tagliato la via di Spagna che da Milano portava a Bruxelles. Sul mare sconfissero gli spagnoli nella bataglia delle Dune. Nel 1643 l’esercito francese guidato dal Gran Condè sconfisse i tercios spagnoli. Nel 1648 vennero stipulati tra le varie potenze belligeranti dei trattati(Francia e impero; Svezia e impero; Province Unite e Spagna9 designati nell’insieme come pace di Westfalia. Francia e Impero avrebbero combattuto ancora fino al 1659. - La Spagna riconobbe le Province unite - La Francia mantenne Verdun, Toul e Metz in Lorena, parte dell’Alsazia e alcune piazzeforti sul Reno, oltre che Pinerolo in Piemonte. 56 - La Svezia ottenne la parte occidentale della Pomerania - Nell’impero si riportò al 1624 l’anno normale sanando le secolarizzazioni avvenute fino a quella data, le successive sarebbero dovute essere restituite dai principi passati alla Riforma. Le concessioni della pace di Augusta furono estese ai calvinisti; La Baviera ottenne l’alto palatinato e mantenne la dignità elettorale; il Basso palatinato fu assunto dal figlio di Federico V, Carlo Ludovico I, al quale fu restituito il titolo di elettore; I principi si videro riconosciuto il diritto di fare alleanze e promuovere guerra (non verso l’imperatore) e stipulare paci, levare milizie e imporre tasse senza il consenso della Dieta. La Germania perse un terzo della popolazione nella guerra dei Trent’anni. Capitolo 17- La prima rivoluzione inglese Nel 1603 muore Elisabetta I e salì al trono il figlio di Mary Stuart, Giacomo I Stuart, che già regnava in Scozia dal 1567. Il Parlamento inglese era foramto dalla Camera dei Lord, dove sedeva un gruppo ristretto che aveva il seggio ereditario, e la Camera dei Comuni, i cui membri erano eletti dalle 46 contee di Inghilterra e Galles e dai centri urbani. Nel corso del Cinquecento avevano acquisito un crescente rilievo. Durante il regno di Elisabetta la Chiesa anglicana aveva trovato un suo equilibrio, seppur non privo di ambiguità. I trentanove articoli approvati nel 1563 davano alla dottrina della Chiesa anglicana una netta impronta protestante, ma non si esprimeva una precisa scelta confessionale. La liturgia era rimasta cattolica e anche la struttura ecclesiastica imperniata sui vescovi. Nella seconda metà del Cinquecento si erano sviluppate correnti religiose che tendevano al superamento di questo compromesso e auspicavano una completa adesione al calvinismo, furono chiamati puritani. La società inglese era formata dai nobili titolati, che però non avevano privilegi fiscali e feudali ma solo alcune prerogative onorifiche. Nemmeno i figli cadetti avevano la possibiità di diventare cavalieri o intraprendere la carriera ecclesiastica,e non disponendo di uno status privilegiato, i cadetti non potevano mantenere nel tempo la loro origine aristocratica e spesso si davano agli affari o al commercio. In campagna c’era un ceto di proprietari terrieri che vivevano nobilmente, la gentry, che spesso facevano i giudici di pace. Questo ceto assunse un rilievo politico a livello nazionale in quanto dai suoi ranghi proveniva la maggioranza dei rappresentanti eletti nella Camera 57 dei Comuni. Nelle città al vertice della gerarchia sociale si ponevano le comunità di mercanti e uomini di affari. Giacomo I pose fine ai contrasti con la Spagna nel 1604 per far fronte alla difficile situazione finanziaria. Sarebbe stata necessaria un’imposta fondiaria permanente ma ogni proposta in tal senso era destinata a scontrarsi con il Parlamento. Il re era figlio di due cattolici e questo preoccupava un po’ i protestanti, ma nel 1605 venne scoperta una congiura, detta ‘delle polveri’ ordita dai cattolici che volevano far saltare in aria il palazzo di Westminter durante una seduta a cui doveva partecipare anche il re. Questo portò ad un inasprimento della legislazione contro i papisti. Giacomo non era disposto ad esaudire nemmeno le richieste del movimento puritano, che chiedeva l’abolizione dei vescovi e la riforma della Chiesa anglicana sul modello calvinista. Questo avrebbe sottratto alla monarchia una leva potente per controllare la società e soprattutto la popolazione rurale, attraverso la gerarchia ecclesiastica incentrata sui vescovi e attraverso la predicazione dei ministri (no bishops no king). Giacomo non aiutò Federico del Palatinato, che aveva sposato una sua figlia, come il Parlamento avrebbe voluto; inoltre non fu accolto favorevolmente il matrimonio dell’erede Carlo I con una principessa cattolica, Enrichetta Maria, sorella del re di Francia Luigi XIII. Carlo I (1625-1649) destava il sospetto di voler restaurare il cattolicesimo, cosa che cerca di dissipare dichiarando guerra alla Spagna e inviando un corpo di spedizione a sostegno degli ugonotti che stavano venendo assediati a La Rochelle. Quindi fu convocato il Parlamento per votare i sussidi richiesti dal re, e fecero prima approvare un Petition of Right. Il fallimento della spedizione di Carlo diede inizio a un periodo di governo personale nel quale non convocò più il Parlamento ed era consigliato William Laud, arcivescovo di Canterbury dal 1633. Per far rientrare le finanze rese obbligatoria in tutto il paese la ship money. Intanto perseguì, attraverso l'opera di Laud, il disegno di realizzare l'unità religiosa dei suoi domini e a tal fine l'arcivescovo adottò come dottrina della Chiesa l'arminianesimo, che negava la rigorosa concezione della predestinazione di Calvino, ed emarginò i puritani che non si uniformavano a questo indirizzo. Si diffuse nel paese la paura che si volesse restaurare il cattolicesimo e si determinò allora la saldatura tra il malumore provocato dall'indirizzo dottrinale imposto da Laud e la scelta di Carlo di governare senza un Parlamento. Nel 1638 insorsero gli scozzesi a difesa della loro chiesa presbiteriana per cui Carlo riconvocò il Parlamento per avere dei finanziamenti, la Camera dei Comuni non vota i sussidi e Carlo scioglie il parlamento (short parliament). Perde contro gli scozzesi e dovette convocare il parlamento di nuovo, nel 1640, ma questo non si scioglierà fino al 1653 (long parliament). La camera dei comuni potè dettare le proprie condizioni e varò una serie di misure che sbarravano la strada al tentativo assolutistico di Carlo. Furono arrestati Strafford e Laud, fu votato il Triennal act, fu tolto al re il diritto di sciogliere il Parlamento, furono aboliti la Camera stellata e gli altri tribunali speciali attraverso cui il re sopprimeva le opposizioni, furono esclusi dal Parlamento i Pari ecclesiastici. QUando insorse l'Irlanda nel 1641, che era cattolica, i Comuni non si fidavano di mettere le forze armate nelle mani del re, ma a questo punto Carlo decide di fare un'azione di forza: si reca in Parlamento con dei soldati per arrestare i capi dell'opposizione, accusati di tradimento, ma erano già fuggiti nella City, che si rifiutò di consegnarli. Carlo allora lascia Londra mentre i capi dell'opposizione ritornavano in Parlamento. Inizia la rivoluzione. L'Inghilterra non aveva le condizioni per l'assolutismo: mancava un esercito permanente che poteva essere la scusa per una tassazione stabile; il re non disponeva di un apparato 60 più deduttivo) e sperimentale: osservazione, dati, ipotesi e verifica→ causa del fenomeno osservato. La tecnica fece progressi importantissimi (telescopio, microscopio, barometro, termometro) e la figura del filosofo naturale assunse una sua specifica dimensione professionale. L’affermazione della scienza moderna pose le premesse per un superamento del principio di autorità e si determinò così la separazione fra il sapere scientifico e le convinzioni religiose. Si scoprì ad esempio che la terra non era nata 6000 anni prima ma diversi milioni, e che l’uomo era comparso dopo un lunghissimo periodo di tempo. Il punto di arrivo di questo processo è unanimemente individuato nella pubblicazione del 1687 dei Principi matematici di filosofia naturale, di Newton. Egli, con la legge di gravitazione universale spiegò scientificamente i movimenti dei corpi celesti. Il XVII secolo fu caratterizzato sul piano politico dall’affermazione dell’assolutismo, che a livello teorico veniva giustificato da Boussuet attraverso l’origine divina della monarchia, o da Filmer nella conformità del potere assoluto del monarca rispetto all’autorità del padre sui figli. Il contributo del pensiero seicentesco è il giusnaturalismo, secondo cui esiste un diritto naturale formato dall’insieme delle norme di condotta che si ricavano dalla natura dell’uomo, superiore e anteriore al diritto positivo dello Stato. Grozio nel suo Sul diritto della guerra e della pace pose le basi per il diritto internazionale proprio nel diritto naturale, il quale esprime norme riconosciute come valide da parte di tutti. Hobbes è il vero teorico del giusnaturalismo, che nel Leviatano, scritto durante la rivoluzione civile inglese (1651) afferma, a differenza di Grozio, che gli uomini non sono di per sè portati a vivere nella società ma lo fanno in seguito a un calcolo utilitaristico, rinunciando alla loro indipendenza (stato naturale) e cedendo i diritti a un monarca assoluto che regge la società attraverso la legge garantendo la sicurezza, ovvero la vita degli individui. Il mercantilismo è l’indirizzo di politica economica seguito da tutti gli stati in età moderna, e indica una situazione in cui il capitale commerciale domina la vita economica, in un contesto di sostanziale subordinazione dell’economia alla politica (Colbert: “il commercio è la sorgente delle finanze e le finanze sono il nerbo vitale della guerra”). La prosperità nazionale era considerata un presupposto della forza politica dello stato. La politica mercantilistica si basa sulla convinzione che la moneta metallica sia la principale forma di ricchezza per una nazione, e per questo mirava a limitare le importazioni e sviluppare all’interno manifatture non ancora presenti o sostenere quelle svantaggiate rispetto alla produzione straniera attraverso esenzioni fiscali e monopoli; per questo tutti i maggiori stati europei si lanciarono alla conquista dei territori coloniali, che rappresentavano un mercato sicuro per la produzione nazionale, visto che in linea di principio le colonie dovevano commerciare esclusivamente con la madrepatria. Nel Seicento Inghilterra, Francia e Province unite furono le protagoniste di un espansionismo che mirava a scalzare Portogallo e Spagna. Gli inglesi fondarono nel 1553 la compagnia di Moscovia, che cercava una via per le Indie che passasse a nord est (Scandinavia e Mar Bianco), molti la cercarono a nord-ovest ma c’erano i ghiacci, quindi capirono che era meglio pensare a colonizzare l’America settentrionale. 61 Colonialismo portoghese Le province unite cercarono di inserirsi nel commercio delle spezie. Per coordinare i mercanti nacque nel 1602 la Compagnia delle Indie orientali, che ricevette il monopolio dei commerci al di là del Capo di Buona Speranza. Divenne una società per azioni. Gli olandesi si stanziarono agli inizi del 600 a Celebes (Indonesia), e poi Malacca (Malesia), Ceylon (sri lanka) e Molucche (Indonesia), senza colonizzare questi territori. L’unica colonia olandese fu quella del Capo di Buona Speranza (1652). I proventi del commercio delle Spezie portoghese si ridussero dell’80%. Il centro amministrativo e commerciale della compagnia fu stabilito in una città fondata sull’isola di Giava e chiamata Batavia. Toccarono per la prima volta Australia e Nuova Zelanda casualmente. Sostituirono i portoghesi nelle relazioni commerciali col Giappone perché non svolgevano opere missionarie. Nel 1621, allo scadere della tregua di 12 anni, nasce la Compagnia delle Indie occidentali con l’obiettivo di fare la guerra all’impero spagnolo.Esso intanto aveva acquisito come nuova colonia solo le Filippine, del vicereame della Spagna. Anche i portoghesi, che dal 1580 erano uniti agli spagnoli, erano sotto attacco. Gli olandesi si proposero la conquista del Brasile, che però il Portogallo recuperò dopo essersi reso indipendente dalla Spagna. Poi andarono in Nord America e fondarono Nieuw Amsterdam, poi presa dagli inglesi che la ribattezzarono New York. Restavano agli olandesi in america solo la Guyana, l’isola di Curacao nelle Antille. Nel 1674 la compagnia venne sciolta a causa degli scarsi risultati. Colonialismo inglese La Compagnia inglese delle Indie orientali sorse nel 1600 sotto il regno di Elisabetta. Gli inglesi si impegnarono soprattutto a stabilire relazioni commerciali con l’impero persiano e Moghul. Insieme ai persiani strapparono ai portoghesi l’isola di Hormuz nel 1622, aprendosi ai commerci verso il Mar Rosso e il Golfo Persico. Nel 1584 Walter Raleigh risalì la costa della Florida fino alla Carolina del Nord, e la chiamò Virginia, in onore della regina Elisabetta. I primi insediamenti stabili furono il Massachusetts, fondato da dissidenti per motivi di religione, il Maryland sorse per iniziativa statale mentre la Giamaica fu strappata con un’azione navale alla Spagna nel 1655, New York fu tolta all’Olanda nel 1664. Colonialismo francese Si concentrarono nell’attuale Canada. Sotto Enrico IV fondarono Quebec (1608) nell’America settentrionale. Nel 1627 Richelieu sostenne la nascita della Compagnia della Nuova Francia che aveva il monopolio sul commercio delle pellicce. Montreal venne fondata nel 1642, vennero occupate la Guadalupa e la Martinica e la Guyana francese sotto Luigi XIII. Nel 1682 fondarono la Luisiana e nel 1664 viene fondata la Compagnia delle Indie orientali che creò diversi insediamenti nell’isola di Giava e in India. 62 Capitolo 19- L’Italia sotto il predominio spagnolo Dopo il trattato di Cateau Cambrésis (1559) la penisola conobbe un lungo periodo di pace che favorì la crescita demografica ed economica, fino ai primi decenni del 600, dove invece si verificò un inversione di tendenza fino circa al 1660. Nel settore laniero la produzione calò drasticamente e anche per le manifatture del settore serico si registrò un andamento negativo, diminuirono i movimenti di navi nei porti di Genova e Venezia, che era stata tagliata fuori dal commercio delle spezie negli anni trenta a favore dei portoghesi e degli olandesi. Fra le cause di questa frenata dell’economia si possono annoverare le guerra in Valtellina e Monferrato, gli effetti della guerra dei Trent’anni sull’economia della Germania, tradizionale sbocco dei prodotti italiani, le epidemie di peste che colpirono l’Italia settentrionale e la Toscana nel 1630 e il meridione nel 1656, le frequenti carestie dovute alla piccola glaciazione. Intanto i paesi dell’europa centrale e settentrionale imposero nel settore laiero prodotti di minore qualità e a più basso costo, dato che decentravano la produzione nelle campagne dove la manodopera era meno cara. Pesò negativamente in Italia il peso contrattuale delle corporazioni, che imponevano salari alti e elevati standard di qualità, e spesso si opponevano alle innovazioni per mantenere i tradizionali equilibri (corporazione dei magliai a Milano si opposero all’introduzione del telaio inglese). Resistettero solo le imprese artigianali specializzate nella fabbricazione dei prodotti di lusso. Nella seconda metà del secolo vi fu una ripresa, la popolazione raggiunse di nuovo i livelli di inizio secolo, ma l’incremento demografico interessò soprattutto le campagne. La diminuzione dei prezzi del grano per effetto della diminuzione della popolazione portò alcune trasformazioni, come la diffusione della viticoltura in Toscana, nuove culture nell’Italia 65 comprese però progressivamente che per conquistare il cuore dei nuovi cristiani occorrevano studio, preparazione e continuità nel tempo. Protagonisti di questa svolta furono soprattutto i gesuiti, che ebbero una straordinaria capacità di entrare in mondi culturali nuovi e sconosciuti. Nel 1622 venne istituita la Congregazione cardinalizia De propaganda fide, che aveva il compito di dirigere dal centro l’attività missionaria dei vari ordini religiosi. La repubblica di Venezia Sconfitta ad Agnadello (1509) e aveva perso Cipro (1571). Nel corso del 500 tra le magistrature veneziane si impose il potere del Consiglio dei Dieci, ai danni del senato, formando un’oligarchia nell’oligarchia che dal 1639, con la creazione dei tre Inquisitori di Stato, dispose di un importante strumento di controllo del patriziato e della vita cittadina. Questa tendenza fu osteggiata nel Maggior Consiglio dal gruppo dei ‘giovani’, che premevano per un ripristino dei poteri del Senato e per una politica estera più risoluta nei confronti di Spagna e Roma. Nel 1605 la Santa Sede arresta due preti colpevoli di reati comuni, ma la repubblica si rifiuta di consegnarli e Paolo V Borghese lancia contro Venezia l’interdetto (scomunica collettiva). Venezia respinse l’interdetto e cacciò i gesuiti. Si scatenò un forte dibattito pubblico al quale partecipò anche Paolo arpi a difesa delle posizioni veneziane. Era un frate servita che avrebbe scritto in seguito la Storia del concilio tridentino (1619) nella quale mostrò i danni per la cristianità del potere rivendicato dal papato sul mondo cattolico. La polemica ebbe un risalto europeo, tant’è che negli Stati generali francesi del 1614 Edmond Richer sostenne che non si dovevano accogliere in Francia i decreti tridentini, che infatti furono poi pubblicati autonomamente dal clero. Alla fine l’interdetto fu cancellato e i due preti furono dati a Roma. Economicamente Venezia non dominava più l’Adriatico, ormai conteso sal porto di Ancona e dalla repubblica di Ragusa. Andò diminuendo l’investimento nella marina e nel commercio a vantaggio delle proprietà fondiarie. Fra 1645 e 1669 la repubblica dovette affrontare una lunga guerra con l’impero ottomano a difesa dell’isola di Candia (Creta) che alla fine persero. I domini della Spagna La Spagna cercò costantemente una mediazione tra i propri interessi e le esigenze delle élite locali, che furono in vario modo affiancate alla gestione del potere. Il sovrano a Madrid era coadiuvato dal Consiglio d’Italia, dove c’erano 3 italiani. Nel ducato di Milano c’era il Senato come supremo tribunale civile e penale, composto da un ristretto numero di famiglie che avevano il monopolio delle magistrature cittadine Nel regno di Napoli il gruppo sociale più importante era la nobiltà. Quella feudale dominava nelle province e esercitava nei suoi feudi la giurisdizione civile e criminale, controllava inoltre il Parlamento, organo a base cetuale del quale facevano parte clero nobiltà e poche città demaniali. Vi era la nobiltà di seggio che controllava l’amministrazione della città di Napoli, formata da sei ‘sedili’ o ‘piazze’ dei quali cinque erano espressione delle famiglie nobili e il sesto del popolo. Una componente caratteristica della società napoletana era il ceto dei “togati”, laureati in giurisprudenza di estrazione non aristocratica provenienti dalla professione forense. 66 L’amministrazione spagnola ebbe degli effetti positivi: formazione di un apparato burocratico più moderno, capacità di limitare in parte il potere dei patriziati e delle aristocrazie, un efficace controllo sull’amministrazione dei domini italiani attraverso ispezioni periodiche. Però la situazione si aggrava nei primi anni del 600 a causa della guerra intentate da Madrid, i cui costi provocarono un aumento della pressione fiscale che colpì soprattutto l’Italia meridionale e insulare. Il moto di Palermo del 1647 obbligò il viceré ad abolire le gabelle sui beni di prima necessità e a concedere alle corporazioni una rappresentanza nel governo municipale. La rivolta napoletana iniziò il 7 luglio del 47 con il rifiuto dei venditori nella piazza del Mercato di pagare la tassa sulla frutta secca. La rivolta fu capeggiata da Masaniello, alle cui spalle si muoveva Genoino, un avvocato che intendeva saldare la protesta anti fiscale con le rivendicazioni di un fronte compatto che mirava a ottenere per la componente popolare un numero di seggi nel governo cittadino pari a quello della nobiltà. Masaniello fu ucciso da una congiura manovrata dal vicerè il 16 luglio, ma la rivolta continuò e si estese alle province dove assunse un carattere antifeudale. Genoino dovette lasciare Napoli perché non intendeva dare al moto un carattere antispagnolo. Quando la Spagna inviò nel golfo una squadra navale, gli insorti proclamarono la Real repubblica napoletana sotto la protezione della Francia (ottobre), che però in realtà non intendeva impegnarsi a Napoli, quindi ad aprile del 48 rientrarono le truppe spagnole. Dopo il 48 la politica di Madrid diede un rilievo maggiore al ceto civile e intervenne nelle province a limitare la prepotenza del baroni. Nel 72 scoppiò un’insurrezione a Messina che costrinse il governo a attribuire ai rappresentanti delle corporazioni artigiani la metà dei posti nel Senato cittadino. nel 1674 il prevalere delle forze autonomistiche portò all’espulsione dalla città delle truppe spagnole e alla richiesta di aiuto a Luigi XIV→ giunse a messina una squadra navale francese ma le altre città siciliane non aderirono alla rivolta e quando le truppe francesi partirono nel 78 rientrarono gli spagnoli e punirono duramente la città. 67 Capitolo 20- L’età di Luigi XIV Luigi XIII muore nel maggio del 1643. La reggenza viene assunta dalla vedova Anna d’Austria, sorella del re di Spagna Filippo IV. Intanto sale sulla scena il cardinale Giulio Mazzarino, consigliato al re e poi alla reggente da Richelieu. Anna si trova ad affrontare un momento molto difficile per la monarchia, che doveva fronteggiare gli intrighi e i complotti dell’alta nobiltà e una disastrosa situazione finanziaria che si innestava sulle guerre ancora in corso nelle Fiandre, in Germania e in Catalogna. Il Parlamento contestò a più riprese i provvedimenti finanziari del governo. Mazzarino propose un decreto che condizionava il rinnovo della Paulette, la tassa che garantiva l’ereditarietà degli uffici, a una trattenuta di quattro anni degli stipendi degli ufficiali. Il Parlamento di Parigi allora promosse una riunione comune con le altre tre corti sovrane e da questa assemblea fu approvato (1648) un pacchetto di 27 articoli che limitavano i poteri della monarchia tra cui: abolizione degli intendenti, illegittimità delle imposte non approvare dal Parlamento, divieto di creare uffici nuovi non necessari, un sindacato giudiziario sugli abusi e sulle malversazioni degli appaltatori. L’arresto dei capi dell’opposizione parlamentare scatenò la rivolta della popolazione di parigi (26-28 agosto). Il moto fu chiamato “Fronda parlamentare”. La reggente approvò i 27 articoli→Pace di Saint Germain 1 aprile 1649. Permanevano però le ambizioni politiche dei nobili di spada, e in particolare di Gaston d'Orléans, fratello di Luigi XIII, e di Luigi II Borbone (Gran Condé, vincitore di Rocroi) i quali miravano a conquistare il controllo del Consiglio del re. I loro progetti prospettavano un governo dell’alta nobiltà alleata con le corti sovrane. Iniziò così la Fronda dei principi, intanto Luigi XIV viene dichiarato maggiorenne nel 1651 , ma comunque la rivolta continua dal 1650 al 1653. Mazzarino fu costretto a rifugiarsi a Colonia, ma il sostegno del generale Henri de la Tour D’Auvergne visconte di Turenne, che il 2 luglio del 53 sconfisse il Condè davanti alle 70 Guerra d’Olanda Il re di Francia stipulò nel 70 un accordo segreto con Carlo II, il quale in cambio di un cospicuo sussidio finanziario annuale (lotta con i comuni) si impegnava a sostenere la Francia nella guerra con l’Olanda e a restaurare il cattolicesimo in Inghilterra. Un esercito francese occupa buona parte dell Province unite e stabilisce a Utrecht il suo quartier generale (1672). Gli eventi furono favorevoli al parito orangista, favorevole alla guerra a oltranza: Guglielmo d’Orange fu nuovamente nominato in Olanda, oltre che capitano e ammiragio generale, statolder. Fu sconfitto il ceti dei reggenti e questo segnò anche la fine di de Witt, assassinato da una folla di orangisti aizzati da predicatori calvinisti. Guglielmo riuscì a rompere l’isolamento dell’Olanda ottenendo l’alleanza dell’impero e della Spagna, mentre nel 74 i Comuni obbligarono Carlo II a uscire dal Conflitto. La pace fu stipulata a Nimega nel 1678, uscì sconfitta la Spagna che fu costretta a cedere alla Francia la Franca contea e alcuni territori dei Paesi bassi meridionali, mentre Luigi abolì i dazi doganali sulle merci olandesi e rinunciò alla maggior parte delle sue conquiste. Fu questo il punto più alto della potenza di Luigi XIV, che con generosi finanziamenti legò a sè molti principi tedeschi e diede inizio a un'escalation di forze. I pretesti gli furono forniti dalle camere di riunione, corti nelle quali esperti giuristi rispolveravano antiche consuetudini e pratiche feudali per rivendicare alla Francia vari territori. Così furono annesse 10 città dell’Alsazia e altri territori sulla frontiera orientale. Nel 1681 invece azioni militari vere e proprie portarono all’ooccupazione di Strasburgo e della fortezza di Casale Monferrato in Italia. Intanto Leopoldo I era impegnato sul fronte orientale a fronteggiare l’impero ottomano. Infatti l’impero ottomano aveva continuato l’offensiva nel Mediterraneo, dove tolse Candia a Venezia (1669) e in Ungheria contro i domini degli Asburgo. Nel 64 un’offensiva ottomana era giunta fino ale mura di Vienna e fermata dal generale Raimondo Montecuccoli, con la vittoria di San Gottardo sul fiume Raab. L’occasione per il nuovo attacco fu offerta di nuovo da una rivolta contro il dominio asburgico della nobiltà ungherese, a difesa dei suoi tradizionali privilegi e libertà religiosa. L’esercito ottomano sostenne l’Ungheria , occupò l’Ungheria imperiale e pose Vienna sotto assedio costringendo Leopoldo a fuggire. Luigi non intervenne in quanto le difficoltà dell’AUstria gli davano mano libera nelle annessioni. Giunse in soccorso dell’imperatore il re di Polonia Giovanni III Sobieski, che il 12 settembre dell’83 sconfisse a Vienna le forze turche. L’imperatore potè occupare Buda e Belgrado, poi la lega cristiana (anche Venezia e Russia) vinse a Zenta, guidata da Eugenio di Savoia. Nel 1699 venne stipulata la pace di Carlowitz→ i turchi riconoscono all’impero il regno ereditario di Ungheria e la sovranità sulla Transilvania, cedono Podolia alla Polonia. Venezia ottenne il Peloponneso che perse poco tempo dopo. Leopoldo rese la corona ereditaria nella linea maschile degli Asburgo, abolì il diritto di insurrezione e avviò in molte zone dell’Ungheria un processo di ricattolicizzazione e limitazione della presenza protestante. Dopo la sconfitta di Vienna dell’83 l’impero ottomano non rappresenta più una minaccia sul fronte orientale ed entrò in una fase di declino. Leopoldo potè impegnarsi a contrastare l’offensiva francese stipulando ad Augusta, nel 1686, una lega difensiva con la Spagna, Province unite e Svezia, primo nucleo della 71 coalizione che combattè contro la Francia nella guerra dei nove anni (1689-98) e nella guerra di successione spagnola (1702-14). Enorme sforzo finanziario (capitazione e decimo), carestia 1709-10 che provocò varie rivolte. Gli muore il figlio (Gran Delfino) nel 1711 e l’anno seguente anche il nipote duca di Borgogna. Luigi XIV muore nel 1715, con erede dinastico Luigi d’Angiò, secondo figlio del duca di Borgogna, che però aveva 5 anni, quindi si apre per la Francia un nuovo periodo di reggenza. Capitolo 21- L’Inghilterra dalla restaurazione alla rivoluzione gloriosa Con il ritorno della monarchia nel 1660, venne restaurata la Chiesa anglicana nella sua antica struttura, con i vescovi e con il monarca come capo supremo. In teoria era una chiesa di stato ma di fatto vi du tolleranza verso i dissidenti, lo stesso Carlo II aveva simpatie verso i cattolici cosa che preoccupava il Parlamento, infatti approva nel 1673 un Test act che obbligava tutti i funzionari civili e gli ufficiali a giurare fedeltà alla chiesa anglicana, escludendo di fatto i cattolici; nel 1679 votò l’Habeas corpus Act, che mirava a impedire arresti arbitrari da parte del re. In questi anni si diffusero i nomi di tories per indicare quelli che consideravano la monarchia sacra e di origine divina ed erano legati alla tradizionale struttura della chiesa anglicana, e whigs per coloro che rivendicavano la centralità del parlamento ed erano favorevoli a una politica religiosa. La successione al trono del fratello di Carlo, Giacomo II, notoriamente cattolico, acuì il conflitto con il Parlamento, infatti cominciò da subito con politiche filo cattoliche. Le figlie di primo letto di Giacomo erano sposate con principi protestanti, ma nel 1668 nasce a Giacomo un erede maschio, e lo spettro di una dinastia cattolica spinse i capi delle due correnti del parlamento a chiamare Guglielmo d’Orange (statolder olandese), marito di una figlia di Giacomo di nome Maria, che sbarca in Inghilterra costringendo il re alla fuga. Il Parlamento dichiarò il trono vacante e chiamò a regnare insieme Maria e Guglielmo III. Viene approvato il Bill of rights, che stabiliva che leggi, imposte e reclutamento dell’esercito richiedevano il consenso del Parlamento. Il Triennal Act del 94 impose l’obbligo di eleggere un Parlamento almeno ogni tre anni e nel 1701 l’act of Settlement stabilì l’ordine di successione al trono escludendo la linea cattolica. Si chiama rivoluzione gloriosa perché priva di spargimento di sangue. Gli sviluppi della lotta politica nel corso del Settecento avrebbero poi orientato i rapporti fra potere esecutivo e legislativo verso il modello del regime parlamentare. 72 La guerra della lega di Augusta o dei nove anni Durante il conflitto per le regalie il papa nominò vescovo di Colonia il candidato imperiale e non quello indicato da Luigi XIV; allora questi invase il territorio del vescovato e del Palatinato, che occupò militarmente (1688). Si formò allora un’ampia coalizione comprendente, oltre ai membri della lega di Augusta, Guglielmo d’Orange (re di Inghilterra), vari principi tedeschi, Vittorio Amedeo duca di Savoia. La Francia venne sconfitta dalla flotta inglese nella battaglia navale di La Hogue (1692). Fallì il sostegno dato al tentativo di Giacomo II di recuperare la corona francese, infatti sbarca in Irlanda alla testa di un contingente francese ma venne sconfitto da Guglielmo III. Luigi nel 1696 restituisce la fortezza di Pinerolo a VIttorio Amedeo II, e Casale al duca di Mantova. Pace di Ryswick 1697→ Luigi restituisce tutti i feudi occupati con la politica delle camere di riunione tranne Strasburgo e riconosce la legittimità a Gugliemo III guerra di successione spagnola Carlo II re di Spagna non aveva figli e potevano accampare diritti sulla successione di Madrid sia Leopoldo I sia Luigi XIV, che avevano entrambi sposato una sorella di Carlo. Prima si giunse a un accordo sul figlio dell’elettore di Baviera, ma morì; poi Carlo II nominò erede del suo regno il pronipote di Luigi XIV, duca d’ANgiò, con il nome di Filippo V, purché rinunciasse alla corona francese. Ma truppe francesi comparvero a Milano e nella Fiandre, quindi l’Austria stipulò con Olanda e Inghilterra una nuova alleanza a cui si aggiunsero poi anche Danimarca e molti principi tedeschi, tra cui Federico III, l’elettore di Brandeburgo, che in cambio si vide riconosciuto il titolo di re di Prussia. A fianco di Spagna e Francia si schierarono l’elettore di Baviera, il duca di Mantova e in un primo tempo anche Savoia e Portogallo. La guerra scoppia nel 1700 (morte Carlo II) e si combattè in Italia, nelle Fiandre, in Germania e nel Medterraneo. Nel 1703 il Portogallo e il duca di Savoia passano dall’altra parte, e Eugenio di Savoia insieme all’inglese John Churchill duca di Marlborough ottennero una grande vittoria a Bleshem che portò all’occupazione della Baviera (1704). Nel 1706 i francesi attaccano il Piemonte ma Eugenio li respinge, l’esercito imperiale occupa Milano, ducato di Mantova, regni di Napoli e Sicilia e di Comacchio; gli inglesi si impadronirono di GIbilterra, Minorca e Sardegna; la Catalogna insorse e permise alle truppe anglo-austriache di insediare a Barcellona come re di spagna il secondo figlio di Leopoldo, Carlo III. Poi però in Inghilterra era salita al trono Anna Stuart dopo la morte di Guglielmo, altra figlia di Giacomo II; In Austria morì il primo figlio di Leopoldo, Giuseppe I, per cui il secondo figlio, che era stato proclamato re di Spagna a Barcellona, Carlo III, divenne anche imperatore con il nome di Carlo VI. A questo punto Olanda e Inghilterra diedero avvio alle trattative che portarono alla pace di Utrecht 1713, l’imperatore l’anno seguente firmò la pace di Rastadt. - Filippo V (Borbone) sul trono di Madrid con l’impegno di tenere separate le due corone - L’Austria ottenne i Paesi Bassi spagnoli e in Italia lo Stato di Milano, il ducato di Mantova, la Sardegna, il regno di Napoli e lo Stato dei presidi. - Il duca di Savoia ebbe la Sicilia e il Monferrato 75 Il figlio di Alessio arrivò al potere come unico zar con un colpo di stato nel 1689. Ammiratore dell’occidente andò in Olanda, Inghilterra e Germania (“grande ambasceria”) dove visse da carpentiere e reclutò centinaia di lavoratori specializzati che fece arrivare in Russia. Riorganizzò l’esercito e creò una flotta. Stabilì una forma di reclutamento attraverso una leva di un uomo ogni venti famiglie contadine; l’addestramento fu affidato a ufficiali stranieri, tedeschi soprattutto. Esautorò la Duma creando un Senato di nove membri che doveva seguire le sue direttive e sostituirlo durante le sue assenze, istituì anche un 11 collegi competenti per materia e divise il territorio in 12 governatorati incaricati di sovrintendere alla riscossione delle imposte. Nel 1722 impose la tavola dei ranghi per legare stabilmente la nobiltà al servizio dello Stato. Al posto del Patriarca insediò un Santo sinodo presieduto da un suo procuratore, adottò il calendario giuliano e i numeri arabi, i vestiti alla tedesca per i nobili (e barba). In politica estera nel 1696 conquistò Azov sul Mar Nero, ma il principale obiettivo era lo sbocco sul Baltico, controllato però dalla Svezia. A tal fine nel 1700 attaccò insieme alla Danimarca e al duca di Sassonia il paese scandinavo dando inizio alla GUerra del Nord (1700-21). Il re di Svezia Carlo XII costrinse alla resa la Danimarca, poi sconfisse l’esercito russo presso il fiume Narva (1700).Pietro si riorganizzò e fondò nel 1703 sulle coste del Baltico San Pietroburgo e nel 1709 sconfisse a Poltava l’esercito svedese che aveva attaccato la Russia (tecnica del ritiro). Con le paci di Stoccolma e Nystadt la Russia ottenne tutta la costa baltica (Estonia, Livonia, Carelia). Lo sviluppo economico non mise in moto un’evoluzione della società con formazione di nuovi gruppi sociali, essendo interamente dedicato all’apparato militare; l’intero sistema si fondava sul servaggio dei contadini e sull’impiego di manodopera coatta per le manifatture e nei lavori pubblici (tipo la costruzione di San Pietroburgo). Le riforme avviarono però un processo per cui la Russia fu sentita da allora come parte dell’Europa (“metà eroe metà tigre -Voltaire) 76 Capitolo 22- L’età dei Lumi D’Alembert parlò di “età della filosofia” riferendosi al momento che l’umanità stava attraversando (metà Settecento). Questo mutamento era dovuto ai grandi progressi conseguiti dalle scienze naturali, che avevano imposto un nuovo metodo di analisi della realtà e avevano dato anche alla filosofia “una forma nuova”. Kant disse “l’illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a sè stesso”. Questa capacità critica dipendeva soprattutto dal metodo sperimentale che, affermatosi nelle scienze della natura, veniva esteso ora anche allo studio dell’uomo e della società, quindi alla relogione, alla morale, al diritto, all’economia, alla politica. In questo senso va inteso il termine philosophes, con il quale gli illuministi vennero definiti. Alle origini di questa rivoluzione ci sono due opere apparse alla fine del Seicento: I Prinicpi matematici della filosofia della natura, dove Newton descrive la legge di gravitazione universale che fu il modello del metodo scientifico che si doveva adottare in ogni campo, e il Saggio sull’intelletto umano di Locke, che criticava l’innatismo a favore dell’affermazione dell’esperienza come unica fonte della conoscenza e solo criterio di verità di cui sipone la ragione umana→ la conoscenza si basa solo sui fenomeni→ la ragione è l’unica guida di cui l’uomo dispone. Gli illuministi concepivano la ragione come un metodo di analisi e non come un sistema; la forma tipica dell'illuminismo fu il saggio, componimento breve che analizza scientificamente una singola questione. Il philosophe è un intellettuale militante, impegnato a elaborare programmi che garantiscano un progresso sia delle conoscenze che delle condizioni sociali, economiche e politiche della società, avendo di mira la felicità e l’utilità comuni. L’età dei lumi fu animata da una profonda fiducia nello sviluppo della civiltà: maturò allora una evoluzione dell’idea di progresso, concepita dall'illuminismo non più secondo lo schema 77 ciclico degli umanisti, ma come un moto rettilineo, destinato comunque ad affermarsi ovunque (cosmopolitismo illuministico, sentirsi parte di una comunità universale di spiriti liberi). Si diffuse la stampa periodica che favoriva la circolazione delle nuove idee in vista della formazione di un'opinione pubblica colta e illuminata. Il pensiero dei Lumi perseguì il progetto di ridurre la morale a una scienza dimostrativa, nella fiducia che l’analisi della struttura biologica e psicologica dell’uomo consenta di individuare i meccanismi che determinano le sue scelte. In campo religioso dominò in generale il deismo, religione che riconosceva l’esistenza di dio solo attraverso la ragione, a base naturale e razionale, critica al dogmatismo delle religioni positive e il formalismo di riti e cerimonie, qualunque forma di superstizione, magia, miracoli. Proponeva un nucleo di principi di valore universale nel quale tutte le fedi potevano riconoscersi. La critica delle religioni rivelate fu sviluppata in senso radicale (materialismo) da free thinkers inglesi come Collins e Toland, Alberto radicati di Passerano e Pietro Giannone in Italia, il barone d’Holbach, Diderot che pensava che la natura aveva una forza immanente volta alla creazione di sempre nuove forme di vita, posizione che prefigurava la teoria dell’evoluzione biologica della specie concepita da Lamarck intorno al settecento. Nacque l’economia politica come disciplina autonoma rispetto alla scienza dello Stato e alla politica. Il mercantilismo concepiva la crescita della ricchezza come un mezzo per dare forza allo stato, il quale doveva intervenire a controllare e regolare gli aspetti della produzione e della circolazione. Questa visione nel 700 fu respinta in nome della necessità di garantire la massima possibile libertà alla vita economica, condizione indispensabile per il progresso. Queste posizioni si affermarono dapprima nella scuola francese della fisiocrazia e poi furono esposte da Adam Smith. La fisiocrazia (Quesnay) riteneva che solo l’agricoltura fosse generatrice di ricchezza in quanto produce ogni anno un prodotto netto. Secondo i fisiocratici occorre che la terra sia coltivata in aziende ampie e compatte, gestite da un fittavolo che vi investe, con dei lavoratori che non hanno legame con la terra e solo salariati (modello precapitalistico). Quesnay elaborò nel 1756 un quadro economico che ricostruiva la rete di scambi fra i gruppi protagonisti dell’economia. Proprietari della terra che ricevono in cambio dell’affitto dei fondi una rendita; gli agricoltori, unici a produrre ricchezza, formano la classe produttiva; artigiani, manifatturieri e mercanti sono la classe sterile, il cui lavoro è utile ma non produce ricchezza. In realtà questo non è vero, la trasformazione delle materie prime genera ricchezza perché la vera misura del valore è la quantità di lavoro impiegato per farle, ma comunque il tableau économique ebbe il merito di introdurre una moderna nozione di classe, legata non ala condizione giuridica degli individui ma alla funzione dei gruppi sociali nel processo produttivo. Secono i f. l’economia è retta da leggi naturali che lo Stato non deve assolutamente intralciare, perché garantiscono da sole il raggiungimento del giusto prezzo e quindi dell’equilibrio. Rispetto alla teoria fisiocratica il pensiero di Adam Smith rifletteva il dinamismo di una società come quella ingelse. Partendo dalla teoria del valore metteva a nudo i meccanismi dell’innovazione economica innescata dalla divisione del lavoro, che permette ai lavoratori di produrre di più in un tempo minore, generando la crescita della produzione e la diminuzione dei costi. Creando profitto l’uomo accresce la propria ricchezza ma anche la crescita dell’economia e il benessere complessivo della società→”mano invisibile” (laisser faire, laisser passer). 80 continente, Inhilterra e Olanda, provocando una crescita dei consumi, incentivo al superamento dell’agricoltura di sussistenza e allo sviluppo del tessuto produttivo. agricoltura Premessa necessaria per lo siluppo economico era un aumento della produttività dell’agricoltura. A questo proposito erano state molto incentivate nel corso del XVIII secolo le enclosures, che modernizzarono le strutture agricole con la formazione di aziende capitalistiche coltivate la salariati, secondo l’interpretazione classica, pur ridimensionata dagli studi più recenti, principale premessa della rivoluzione industriale. Comunque esse resero disponibile la manodopera necessaria alla rivoluzione industriale, fornirono le materia prime attraverso nuove coltivazioni e alimentarono la domanda di manufatti. Miglioramenti dell’agricoltura si affermaronno attraverso processi diversi: in aree come le Fiandre, Germania settentrionale, nella pianura lombarda,dove si praticava un’agricoltura irrigua, una parte del fondo era destinato alla marcita che consentiva in inverno la crescita di piante foraggere. Le varie forme di agricoltura intensiva si estesero tra sette e ottocento in Germania, Francia, Paesi Bassi, in parte in Spagna, in Italia settentrionale le pratiche in uso nella pianura lombarda si estesero nel Piemonte e nel Veneto. In Inghilterra si affermò il ciclo di Nerfolk, che prevedeva l’alternanza annuale di frumento, rape, orzo e trifoglio, che consentiva di eliminare il maggese e incrementare l’allevamento Ci furono ampi miglioramenti nei trasporti terrestri grazie alla riduzione di pedaggi e dazi interni praticata dala politica mercantilistica, i governi si impegnarono nel miglioramento della rete stradale (Francia 1738 corvée sui contadini che dovevano costruire e fare manutenzione delle strade). In Inghilterra società private gestirono la rete viaria e vennero costruiti canali per il trasporto di carbone e legname, il fondo stradale venne lastricato o ricoperto di ghiaia quindi i tempi di percorrenza diminuirono. I progressi dei trasporti interni incentivarono lo sviluppo degli scambi commerciali interni e consentirono di intervenire con maggiore tempestività a combattere le carestie. commercio Si registrarono progressi nella tecnica marinara (calcolo longitudine e latitudine) che consentirono viaggi di esplorazione nel Pacifico (barone di Bougainville e James Cook, scopritore delle Hawaii). Il secolo fu caratterizzato dallo sviluppo del commercio internazionale che vide protagoniste assolute la Francia e l’Inghilterra. Riguardo ai traffici con l’Oriente si ridusse il peso delle spezie e si affermarono nuovi prodotti indiani (tessuti di cotone e seta) e cinesi (lacche, porcellane, seta). L’Inghilterra controllava già un fiorente commercio interasiatico, ad esempio fra Bengala e Canton. I francesi attraverso la Compagnia delle Indie acquisirono il controllo di alcuni insediamenti sulla costa. Nel Settecento il baricentro del commercio si spostò verso l’America. Un peso crescente acquisì lo zucchero, prodotto nelle Antille (francesi), nella Giamaica inglese e a Santo Domingo (francese). Si sviluppò infatti un’aspra concorrenza tra Francia e Inghilterra che degenerò in ripetuti scontri navali. Importanza assunsero anche il tè dalla CIna e il caffè, 81 impiantato dagli olandesi a Giava e nella Guyana e dai portoghesi in Brasile, che ne diventò il maggior produttore. Lo sviluppo dei traffici internazionali favorì l'ascesa dei grandi porti atlantici, centri del capitalismo finanziario settecentesco (Bordeaux, Londra, Liverpool, Nantes, Amburgo). GLi inglesi trassero i maggiori vantaggi dai traffici oceanici, anche prima della guerra dei sette anni: l’accordo con il Portogallo del 1703 gli diede la possibilità di servirsi del loro impero coloniale e una posizione dominante nel commercio con Lisbona e Brasile; l’asiento e il vascello di permissione concessi dal trattato di Utrecht, seppur aboliti nel 1750, gli diedero modo di inserirsi nelle linee di traffico generate dalle colonie spagnole. Fra i rami più attivi del commercio nel Settecento va inserita la tratta di schiavi neri attraverso il commercio triangolare: le navi europee si rifornivano di schiavi sulla costa africana compresa tra il Senegal e l’Angola, portando in cambio alco, armi, stoffe; dopo la traversata i negrieri vendevano gli schiavi che lavoravano nelle piantagioni e ricevevano prodotti coloniali da riportare in Europa. I centri della tratta furono soprattutto Liverpool e Nantes. La maggior parte degli schiavi era destinata alle piantagioni di zucchero delle Antille, poi in Brasile e in America spagnola. Alla base della rivoluzione industriale vi fu innanzitutto l’innovazione tecnologica. L’introduzione nel processo produttivo di innovazioni cambia il rapporto fra fattori, una modifica provoca un effetto a catena che obbliga a trasformare tutte le sue fasi, come avvenne nell’industria del cotone, dove prima venne inventata la navetta volante per intrecciare ordito e trama, poi il filatoio meccanico, poi il telaio meccanico con tutti i problemi connessi (manodopera meno qualificata e meno pagata, sparizione dei filatori come figure professionali). L’Inghilterra disponeva di grandi giacimenti di carbon fossile e sviluppò precocemente la produzione di questa fonte energetica per gli usi domestici e per le attività manifatturiere, non ancora per la lavorazione del ferro. Ci furono avanzamenti nel campo siderurgico e Watt modificò una rudimentale macchina a vapore rendendola più efficiente per aspirare l’acqua dalle miniere. L’accumulo delle innovazioni portò un cambiamento dei rapporti di produzione, sostituendo lavoro con energia e capitale. Con l’uso della macchina a vapore al posto dell’energia idraulica per muovere filatoi e telai divenne impossibile dislocare gli strumenti di lavoro al domicilio del lavoratore, per cui nacque il cotonificio, fabbrica nella quale concentrare il capitale fisso e i lavoratori. La meccanizzazione dell’industria del cotone provocò uno straordinario balzo in avanti della produzione del cotone, che soppiantò la manifattura indiana. Il cotone aveva un mercato globale, per cui aprì all’Inghilterra grandi possibilità di sviluppo. La maggior parte delle fabbriche fu impiantata nell’Inghilterra occidentale e centro settentrionale, con un rapido, tumultuoso e disordinato aumento del tasso di urbanizzazione. Nacquero quartieri miserabili nei pressi degli stabilimenti industriali, dove la non necessaria specializzazione del lavoro portava a impiegare largamente manodopera femminile e infantile. Un’influenza sul proletariato industriale fu esercitata dal metodismo, fondato da John Wesley, la cui esperienza si inseriva nel ‘risveglio’, corrente di ripresa della spiritualità cristiana nata nel protestantesimo come reazione a l'indifferentismo religioso e al 82 razionalismo del Settecento illuminista. Diede vita a un’attività missionaria per sottrarre i lavoratori alla condizione di abbrutimento morale nella quale vivevano e contribuì da un lato alla crescita morale delle classi lavoratrici, dall’altro finì per abituarle alla sottomissione e all’accettazione della loro condizione (carità, astinenza dal vizio, condanna dell’ozio). Il luddismo caratterizzò il secondo decennio dell’Ottocento (distruzione delle macchine) ma le prime organizzazioni sindacali nacquero dopo che nel 1825 fu riconosciuto dalla legge il diritto di associazione. Capitolo 24- La supremazia della Gran Bretagna In base all’Act of settlement del 1701, alla morte di Guglielmo III la corona passò all’altra figlia di Giacomo II, Anna (guerra di successione spagnola e unione parlamentare e amministrativa tra Scozia e Inghilterra→1707 nasce il Regno Unito di Gran Bretagna) e poii alla casa di Hannover, che nel 1692 aveva ottenuto la dignità di principi elettori dell sacro romano impero. Nel 1714 va al trono Giorgio I di Hannover, nel 1715 in Scozia c’è una rivolta di giacobiti, che volevano al trono la linea cattolica degli Stuart (non ho capito il motivo dato che in Scozia erano maggioranza calvinista). Nello stesso anno la vittoria nelle elezioni portò al governo i whigs. Protagonista della vita politica tra il 1721 e il 1742 fu Robert Walpole, che diede un contributo importante allo sviluppo del sistema parlamentare: si affermarono la figura del primo ministro e il governo di gabinetto; intanto i tories, inizialmente fautori della monarchia, si fecero portavoce degli interessi della grande proprietà fondiaria , mentre i whigs del mondo del commercio e della finanza. Entrambi i partiti si riconoscevano nella difesa degli interessi delle classi proprietarie. I borghi che votavano per i Comuni erano divisi in circoscrizioni elettorali risalenti al Medioevo e facilmente manovrabili e corrompibili, tant’è che l'affarismo che inquinava la vita politica fu un costante dibattito per tutto il Settecento. L’atto di tolleranza del 1689 permetteva ai protestanti la libertà, ma per assumere cariche statali si doveva giurare fedeltà alla Chiesa anglicana, mentre rimaneva vietato il culto pubblico ai cattolici. Nel 1694 nacque la Banca di Inghilterra da una cordata di banchieri che offrirono allo stato un prestito a interesse di un milione e duecento mila sterline in cambio della possibilità di emettere moneta per un valore pari all’ammontare del prestito. In politica estera Walpole non voleva guerra (intesa con la Francia, mediazione nella guerra polacca, muore e scoppia la guerra di successione austriaca) 85 le condizioni per i negoziati di pace tra Austria e Prussia (trattati di Hubertusburg) e tra Gran Bretagna e Francia (trattati di Parigi) - La Prussia conservò la Slesia - la Francia dovette cedere il Canada, la valle dell’Ohio, la riva sx del Mississippi e varie isole delle Antille alla G.B che però le restituì Guadalupa e Martinica - L’inghilterra recuperò il controllo di Minorca - La Spagna riottenne Cuna e le Filippine ma dovette cedere la Florida agli inglesi, in cambio della Louisiana da parte della Francia. mancano pagine Capitolo 25- L’età delle riforme Le monarchie riformatrici del settecento si distinsero dall’assolutismo (tipo di Luigi XIV) perché non battevano più l’accento sull’origine divina del proprio potere ma davano di quest’ultimo un’immagine desacralizzata, come strumento del bene comune. In pratica il potere restava assoluto, ma si assumeva il compito di realizzare la felicità dei suoi sudditi e si auspicava una collaborazione tra monarchi e intellettuali. Prussia Federico II fin dalla giovinezza coltivò una viva passione per la filosofia, la letteratura e la musica; entrò in relazione con Voltaire, che curò il suo scritto Antimachiavel nel quale proponeva un’immagine di monarchia illuminata e riformatrice. Sale al trono nel 1740 e in quello stesso anno occupa la Slesia; nel 72 (prima spartizione della Polonia) acquisisce la Prussia occidentale. Stabilì l’obbligo dell’istruzione elementare (1763). Berlino divenne una grande capitale sotto il suo regno (Accademia delle scienze). Sul piano giuridico promosse un codice civile portato a compimento nel 1794 che regolava in modo organico e razionale i principlai aspetti della vita sociale, aboliva la tortura e riduceva i casi in cui si poteva comminare la pena di morte, vietava la segretezza della procedura e impose ai giudici di motivare le sentenze. Istituì prove di esame per l’accesso alle funzioni giudiziarie e amministrative. 86 Maria Teresa (Austria) L’Austria con la pace di Parigi aveva perduto nel 1738 i regni di Napoli e Sicilia a favore dei Borbone, poi dovette restituire Belgrado e anche PARMA e Piacenza dopo la pace di Aquisgrana, anche la Slesia. MT si impegnò a rafforzare l’apparato dello Stato, introducendo il principio della separazione tra amministrazione e giustizia. Obbligò la nobiltà a pagare l’imposta fondiaria e fece accettare alle assemblee cetuali dei vari territori il principio per cui i contribuiti finanziari votati erano imposte decennali. Istituì un Direttorio che accentrò l’amministrazione delle imposte, esautorando le cancellerie separate di Austria e Boemia. Cancelliere di corte e stato (ministro degli esteri) dal 1753 fu Anton vvon Kaunitz-Rittberg, aperto alla cultura dei Lumi, incarnò lo spirito riformatore della cultura asburgica. Rinnovò l'ordinamento interno promuovendo nel 1760 l’istituzione di un Consiglio di Stato formato da se membri e da lui presieduto che ebbe il compito di dirigere tutti gli affari interni nel corpo austro-boemo e di coordinare i vari organi specializzati che furono creati al posto del Direttorio, abolito nell’anno seguente. alla testa dell’amministrazione fu messa una cancelleria unita di Austria e Boemia. Adottò una politica giurisdizionalistica nella lombardia. Giurisdizionalismo si definisce la politica volta ad affermare la giurisdizione dello stato sull’organizzazione del clero nell’intento di formare Chiese nazionali autonome sul piano disciplinare da Roma Giuseppe II Figlio di Maria Teresa d’Austria, sale al potere nel 1780. La stagione della sua politica è chiamata giuseppinismo. Nel 1781 emanò una patente religiosa che concedeva a protestanti e greco-ortodossi la libertà di culto e la possibilità di accedere agli impegni militari e civili; ridimensionò il clero regolare, dimezzandolo; soppresse i seminari diocesani sostituendoli con quelli regolari, riservando allo Stato il diritto di formare il clero. Mirava a creare una Chiesa nazionale ispirata a una religiosità semplice, vicina allo spirito evangelico, influenzata dal pensiero di Muratori. Per favorire la libertà del lavoro avviò una progressiva demolizione delle corporazioni; nell’81 abolì la servitù personale dei contadini e promosse la formazione di un catasto delle proprietà fondiarie sia nel blocco austro-boemo che in Ungheria, per distribuire equamente i carichi fiscali. Promulgò un codice penale nel 1787 che abolì la tortura e stabilì pene uguali per tutti i sudditi senza distinzione di rango e status. Impose il tedesco come lingua ufficiale dell’amministrazione. Quando morì, nel 1790, l’impero era in una situazione molto difficile perchè pesava sulle finanze la fallimentare partecipazione alla guerra russo-turca, l’Ungheria era agitata da venti di rivolta (ricorda che non si era fatto nominare re di Ungheria e aveva trasferito la corona di santo Stefano a Vienna), i Paesi bassi belgio si erano proclamati indipendenti da Vienna. Leopoldo II, suo successore e già granduca di Toscana, fu costretto ad annullare molti dei provvedimenti presi dal fratello e a fare ampie concessioni ai ceti dominanti e alle autonomie locali. Caterina II In Russia l’azione modernizzatrice di Pietro fu ripresa dalla figlia Elisabetta I, che favorì l’apertura della cultura russa all’influsso europeo e sostenne la fondazione dell’Università di 87 Mosca nel 1755; in politica estera combatté contro la Prussia nella guerra dei sette anni. Gli successe Pietro III, che uscì dalla guerra contro Federico II, che fu poi giustiziato da una congiura di palazzo nel 1762, ordita da Caterina II, sua moglie, principessa tedesce che divenne così zarina. Donna colta e abile, dovette sistemare le finanze disastrate dalla guerra dei 7 anni; per questo nel 64 confiscò i beni della chiesa ortodossa e con i proventi finanziò un piano di riforma dell’istruzione (scuole elementari nelle città). Fu in contatto con molti intellettuali illuministi, Diderot invitato a San Pietroburgo stese un progetto di riforma dell’istruzione. Favorì la nascita di accademie e periodici. L’iniziativa più ambiziosa fu la convocazione di una commissione legislativa incaricata di redigere un nuovo codice di leggi, che poneva come scopo della legge la pubblica felicità. Il progetto fallì e la Commissione fu sciolta nel 68. Nel 73 un cosacco del Don, Pugacev, si mise a capo di una rivolta che si accese tra i cosacchi del fiume Jaik e rapidamente si estese lungo il corso del fiume Volga; nel 74 fu catturato e giustiziato. Dal 75 la zarina spaventata dalla violenza della rivolta abbandonò ogni velleità di riforma e si impegnò a consolidare l’apparato statale, introducendo la suddivisione amministrativa del territorio in 51 governatorati retti da governatori nominati dal sovrano, a loro volta divisi in distretti alla cui testa erano posti esponenti della nobiltà locale. Alla nobiltà si rivolse facendone il pilastro del proprio potere: nell’85 emana una Carta dei nobili nella quale vengono ribaditi ed estesi i privilegi. Gli intellettuali che si erano impegnati per una rinascita culturale della Russia furono perseguitati (Novikov, Radiscev). Polonia Alla morte di Augusto III nel 1763 divenne re Stanislao II Augusto Poniatowski, che era stato amante di Caterina. Egli avviò un processo di modernizzazione che passava necessariamente per il rafforzamento della monarchia, e cercò di diffondere la cultura dei Lumi nella speranza di formare un’opinione pubblica favorevole alle riforme. Caterina era invece ostile a ogni rafforzamento dello Stato polacco e abilmente impose un regime di tolleranza per tutte le fedi, quando in polonia erano la maggioranza cattolici ferventi, quindi alcune famiglie di Magnati si associarono nella Confederazione di Bar e diedero vita a una rivolta. La Russia interviene militarmente e c’è la prima spartizione della Polonia (1772): Caterina ottiene la Bielorussia, l’Austria Galizia e Lodomiria, Federico II occupa la Prussia occidentale congiungendo Brandeburgo alla Prussia orientale; Danzica fu eretta città libera. Dopo la spartizione Stanislao continuò nel suo progetto di razionalizzazione e rinnovamento, la Dieta nel 1791 dichiarò la monarchia ereditaria e abolì il liberum vetum. Caterina intervenne di nuovo militarmente promuovendo con la Prussia un’altra spartizione (1773) e Danzica divenne prussiana insieme al territorio sottostante dove si trova Posen, mentre alla Russia tutto il territorio a est dell’Ucraina (Podonia, e più su ‘Russia bianca’ e Minsk). I polacchi reagirono dando vita a una insurrezione nazionale animata da orientamenti liberali e capeggiata da Kosciuszco, alla quale partecipò insieme a Russia e Prussia anche l’Austria. Si procedette alla terza sparticione (1795) con cui la Polonia fu cancellata dalla carta geografica, sarebbe rinata solo dopo la prima guerra mondiale; Stanislao morì in esilio a Pietroburgo nel 98. Nel 1768 Caterina dovette fronteggiare l’attacco dell’impero ottomano. Promosse una grandiosa azione navale nella quale la flotta russa, circumnavigando l’Europa per la prima volta con l’obiettivo di sostenere un’insurrezione greca contro il dominio ottomano. 90 Francia nel 1696. Nella guerra di successione spagnola orientò le sue mire verso lo Stato di Milano. All’interno stabilì nelle province dei rappresentanti del potere centrale che dovevano eseguire le decisioni sovrane, controllare e limitare i ceti privilegiati e poteri locali. Venne istitutito il Consiglio di Stato e il COnsiglio generale delle finanze e nel 1729 vennero emanate le costituzioni, raccolta ordinata di leggi che unificava la legislazione. Riservò le alte cariche dell’esercito alla nobiltà, mentre nell'amministrazione impiegò funzionari di origine borghese. Nei confronti della chiesa adottò un rigido giurisdizionalismo. Creò un forte esercito in grado di competere con le grandi potenze europee. Il figlio Carlo Emanuele III (1730-75) ottenne nuovi ampliamenti dei confini ai danni dello Stato milanese. Nel 71 viene abolita la feudalità in Savia, ridimensionato il potere dell’aristocrazia feudale e della Chiesa in Sardegna, ma non adottò una politica riformatrice. Nel Piemonte di Vittorio Amedeo un giovane nobile, Alberto Radicati di Passerano, concepì un radicale progetto di riforma: il re si doveva porre come capo assoluto di tutta la gerarchia ecclesiastica, ridurre il numero dei monaci, abolire l’Inquisizione e togliere al clero tutti i beni e i monopoli dell’insegnamento. Il progetto du osteggiato ed egli, che si trovava in Inghilterra, non potè più tornare in Piemonte. Il passaggio del regno di Napoli all’impero diede un rinnovato vigore alle posizioni anticuriali→Pietro Giannone scrive l’Istoria civile del regno di Napoli nel 73, dove rivendicava l’autonomia del potere statale rispetto a quello ecclesiastico. Nel 1740 viene fatto papa il cardinale Prospero Lambertini, con il nome di Benedetto XIV, che sembrò inaugurare una fase di apertura, limitata, al pensiero europeo. Muratori fu archivista e bibliotecario dei duchi di Modena, si ispirò a un cattolicesimo illuminato e auspicò che il popolo si rivolgesse ad una fede semplice e pura, criticando gli eccessi della religiosità controriformistica. Benedetto XIV non fu però in grado di modificare gli orientamenti conservatori della curia, come si evince dalla condanna dell’Espirit des lois di Montesquieu nel 1751. La seconda metà del settecento fu un periodo molto difficile per la Chiesa, molti sovrani limitarono i suoi privilegi (proibendo l'accrescimento delle manimorte, limitando le immunità di cui godeva il clero ovvero immunità reale, foro riservato, immunità locale; ridimensionando gli ordini regolari per incamerarne i beni). L’ostilità generale si appuntò sui gesuiti, per lo speciale voto di sottomissione al papa che li sottraeva all’autorità dei vescovi e per la funzione di educatori delle classi alte. Il Portogallo fu il primo ad espellerli nel 59, la compagnia fu sciolta da Clemente XIV nel 1773, rinacque nel 1814. Prevalse nella Chiesa un atteggiamento di difesa a oltranza del centralismo romano, culminato nella indiscriminata condanna di tutta la cultura illuministica. Nel 1734 ascende al trono napoletano Carlo di Borbone, che ripristinava così dopo più di due secoli un regno indipendente, anche se legato alla Spagna da forti vincoli familiari (figlio dei sovrani spagnoli). Non mancarono in una prima fase provvedimenti di riforma: tassazione dei beni ecclesiastici, istituzione di un tribunale del commercio, fu avviata la redazione di un catasto. Gli ultimi due provvedimenti si risolsero in un fallimento causato dalle resistenze dei baroni e delle comunità locali. Nel 1759 Carlo partì per la Spagna per assumerne la corona (Carlo III) e insediò un consiglio di reggenza guidato da Tanucci, 91 essendo il figlio minorenne. Tanucci riprese la tradizione giusnaturalista espellendo i gesuiti nel 1767. Tra il 1763-65 scoppiò una carestia. Napoli fu con Milano il centro della cultura dei Lumi, con Genovesi e Filangieri. Con la maggiore età del figlio di Carlo III, Ferdinando IV, cambiò la situazione. Influenzato dalla moglie Maria Carolina, figlia di Maria Teresa, licenziò Tanucci, ma i provvedimenti di riforma continuarono anche con il contributo di Filangieri e del vicerè Domenico Caracciolo in Sicilia, dove nel 1782 si giunse all’abolizione del Tribunale dell’Inquisizione. La cultura napoletana individuò il nodo decisivo da sciogliere per avviare la ripresa dell’economia e dellavita civile nell’enorme potere dei baroni che schiacciava i contadini (il 70% della popolazione esclusa Napoli nel 1780 era sottoposta alla giurisdizione feudale. Alla pace di Aquisgrana (1748) lo Stato milanese, unito nel 36 al ducato di Mantova a formare la Lombardia austriaca, era dimezzato rispetto al periodo spagnolo. Le riforme in una prima fase assunsero un aspetto tecnico-burocratico: fu creato un banco pubblico, il Monte di Santa Teresa; non furono più vendute le cariche e fu portato a compimento un catasto dei terreni e dei fabbricati, che, entrato in vigore nel 1760, riorganizzò su basi razionali il sistema finanziario, stabilendo un’imposta fondiaria proporzionale al valore delle terre. La cultura illuministica si affermò a Milano soprattutto attraverso l’opera di alcuni giovani patrizi che si riunivano per leggere e discutere insie,e e adottarono il nome di “accademia dei pugni”, dato loro polemicamente dagli avversari. L’ispiratore del gruppo era Pietro Verri, su cui iniziativa (e di suo fratello Alessandro) venne pubblicata tra il 1764 e il 66 una rivista chiamata “Il Caffè” che si battè per un profondo rinnovamento della tradizione linguistica e letteraria e si impegnò a diffondere i Lumi allo scopo di creare un’opinione pubblica colta e consapevole. Da questo ambiente emerse anche il libello Dei delitti e delle pene, di Cesare Beccaria (1764). A partire dal 1760 Maria Teresa e Kaunitz avviarono una seconda fase di riforme che tesero a limitare il potere dei ceti e dei corpi che impedivano un rafforzamento della struttura statale, vale a dire il patriziato e le magistrature togate, gli appaltatori delle imposte e la Chiesa. Venne esautorato il Senato, roccaforte del patriziato milanese, a cui fu lasciata solo l’amministrazione della giustizia come supremo tribunale dello Stato. Nel contempo fu esautorata la società che aveva l’appalto delle imposte indirette, la cui riscossione fu gestita direttamente dagli organi statali; fu attuata infine una politica giurisdizionalista: legge sulle manimorte, attribuzione della censura a una commissione statale, limitazione dell’Inquisizione fino alla sua abolizione. Con Giuseppe II anche nei domini italiani venne data una preminente attenzione alla politica ecclesiastica, nell’intento di creare una Chiesa nazionale sottoposta al controllo dello Stato. Egli richiamò nelle sue mani il conferimento dei benefici ecclesiastici e istituì a Pavia un seminario generale per la formazione del clero, sotto il controllo statale. Soppresse l’immunità reale e personale e ridusse il clero regolare. Nel 1786 abolì il senato, promosse lo scioglimento delle corporazioni di arti e mestieri, unificando il mercato con l’eliminazione delle dogane interne, accelerò la creazione nelle campagne di scuole elementari basate sul metodo normale (collettivo). Leopoldo II nel 1790 dovette cancellare molti provvedimenti 92 interni e restituire alle magistrature e ai patriziati locali gli spazi di influenza che erano stati loro tolti. In Toscana l’iniziativa riformatrice fu promossa da Francesco Stefano, che però nel 1745 sarebbe diventato sovrano imperatore quindi lasciò il governo a un Consiglio di reggenza, che si distinse per la politica giurisdizionalista. Nel 1743 un editto sulla stampa tolse all’autorità ecclesiastica la censura sui libri e un altro nel 1751 vietò agli enti ecclesiastici ogni acquisto di terre senza l’autorizzazione delle autorità statali. Alla morte di Francesco Stefano subentrò il figlio Pietro Leopoldo che adottò una politica liberista: stabilì la completa libertà di commercio dei grani, sciolse le corporazioni e unificò il mercato interno. Bonificò la Maremma. Fu il primo sovrano ad abolire la pena di morte e la tortura (1786). Nel 72 abolì l’Inquisizione e appoggiò il programma di riorganizzazione della Chiesa elaborato dal vescovo di Pistoia e Prato Scipione de’ Ricci, che vagheggiava il progetto di una Chiesa nazionale toscana indipendente da Roma; Nell’assemblea dei vescovi riunitasi a Firenze del 1787, la maggioranza obbligò ad abbandonare il progetto. Pietro prese in considerazione l’idea di concedere una costituzione che, prevedendo un’assemblea legislativa che, prevedendo un'assemblea rappresentativa titolare del potere legislativo insieme al sovrano, avrebbe comportato una limitazione dei poteri di questi punto il progetto non si realizzò e decadde Quando egli, nel 1790, lasciò a Firenze per succedere al fratello Giuseppe II sul trono austriaco. nell'Italia del Settecento esistevano ancora alcuni stati dei pubblicani: Genova e Venezia ( anche Lucca e San Marino ma tralasciamo). le oligarchie che governavano questi stati adottarono sul piano interno un sostanziale immobilismo volto a mantenere inalterati i delicati equilibri istituzionali sui quali si fondava il loro potere e nei rapporti internazionali scelsero un atteggiamento di neutralità. la Repubblica di Venezia andò incontro nel Settecento ad un declino sempre più evidente; Molte famiglie si estinsero e si formò un gruppo di Patrizi poveri, I barnaboti, Che fecero degenerare la vita politica. le famiglie più ricche e influenti controllavano le magistrature: il consiglio dei dieci e i tre inquisitori di Stato punto il Patrizio da Veneziano aveva ridimensionato il suo impegno nelle attività commerciali e si era trasformato in un ceto di grandi proprietari terrieri, Anche a causa della concorrenza di Trieste. a Fronte del declino politico Venezia visse una straordinaria fioritura artistica e letteraria ( Vivaldi, Goldoni) Genova nel 1713, durante la guerra di successione spagnola, acquisita l'Austria il Marchesato di finale punto il suo principale nemico era la Sardegna punto nel 1743 Maria Teresa d'Austria promise al Re di Sardegna dice degli i suoi diritti sul Marchesato di finale qualora fosse entrato in conflitto al suo fianco la Repubblica allora si schierò a fianco di Francia e Spagna punto le truppe Franco spagnole riuscirono ad occupare Milano nel 1745 Ma poi furono sconfitti e costretto ad abbandonare la penisola, per cui Genova si trovò ad essere data in pasto al comandante austriaco, ma nel 1746 il popolo genovese insorse dopo 5 giorni dovettero gli austriaci lasciare Genova. l'insurrezione di De Vita di un'assemblea del popolo che però non riuscì a creare un potere alternativo e il patriziato ripreso il controllo della situazione punto nel 1768 a Genova c'è dette alla Francia i suoi diritti sulla Corsica che, nel 1729,00 era divenuto di fatto indipendente dopo una rivolta guidata da Pasquale Paoli. 95 delle imposte stabilito da Londra. Inoltre i territori già francesi del Canada vennero sottoposti all'immediata sovranità della corona inglese, con la costituzione di una riserva indiana nella quale era vietato acquistare terre. Le popolazioni indigene in quegli anni avevano dato vita a una rivolta capeggiata da Pontiac (1766); così però veniva colpita l'esigenza delle colonie di espandersi verso ovest per dare sfogo all'incremento demografico e per cercare nuove opportunità di sviluppo economico. Altro fattore ancora era che le colonie centro-settentrionali erano colpite dalla politica mercantilistica di Londra, che ostacolava lo sviluppo di prodotti che potessero fare concorrenza a quelli della madrepatria, per questo si era aviluppato un attivo contrabbando, importando ad esempio melassa dalle Antille francesi ed esportandovi i propri manufatti. Nel 1765 venne emanato lo Stamp Act, che introdusse nelle colonie l'obbligo del bollo sui documenti e della carta stampata; si scatenarono proteste e il governo di Londra abrogò la tassa ma al contempo si strinsero i controlli, tant'è che nel 1767 vennero stabiliti nuovi dazi doganali sui prodotti inglesi importati nelle colonie, fu creato un Segretariato per le colonie americane, rafforzati i controlli per il contrabbando e fu accresciuto il contingente di truppe al di là dell'Atlantico. I coloni per opporsi ai dazi imposti dalla madrepatria fecero appello al fatto che il Parlamento inglese non aveva il diritto di emanare leggi relative alle colonie perchè queste non erano rappresentate al suo interno. Gli americani organizzarono un sistematico boicottaggio dei prodotti inglesi. Nel 1770 si insediò a Londra il governo di Lord North, fino al 1782. Il crollo delle vendite indussero il nuovo esecutivo a sopprimere tutti i dazi tranne quello sul tè. L'atto di inizio della guerra si ebbe a dicembre del 1773 con il Boston tea party: alcuni coloni travestiti da indiani gettarono in mare il carico di tè di una nave della Compagnia delle Indie orientali. Londra chiuse il porto di Boston, modificò di autorità lo statuto del Massachusetts rafforzando i poteri del governatore e fu stabilito che i responsabili sarebbero stati giudicati in Inghilterra. Si giunse così al primo Congresso continentale, apertosi nel 1774 a Filadelfia, che chiese l'annullamento della legislazione approvata dal Parlamento di Londra. Il secondo, nel 75, affermò la necessità di rispondere con le armi all'intransigenza di Londra e nominò comandante George Washington, virginiano. Gli inizi del conflitto furono favorevoli agli inglesi, che occuparono New York e Filadelfia (1776 e 77). Gli americani dal canto loro si giovarono di una migliore conoscenza del terreno e dell'enorme estensione del territorio, praticando scontri di guerriglia anche perchè rispondeva meglio al particolarismo delle colonie, disposte a difendere il proprio territorio ma restie a contribuire a uno sforzo bellico comune. Washington riuscì però a creare una struttura militare dotata di un'accettabile organizzazione strategica e logistica, tuttavia evitò battaglie campali. Nel 1778 si combattè la battaglia di Saratoga, in rfine sparso, e vinsero gli americani nonostante le loro forze erano meno addestrate, ma comunque padrone del territorio. Lo sfaldamento delle autorità coloniali provocò, fin dal 1775, la formazione nelle città e nelle contee di comitati che si assunsero il compito di gestire l'amministrazione, la giustizia e la vita economica). Nel terzo Congresso continentale di Filadelfia si giunse alla dichiarazione di indipendenza, 4 luglio 1776, opera in gran parte di Thomas Jefferson. La lotta per l'indipendenza si poneva come una guerra di tipo nuovo, in quanto combattuta da cittadini soldati e animata dalla volontà di affermare i diritti naturali del popolo. Molti europei inglesi e francesi decisero di andare in supporto (Franklin), fra questi La Fayette e Koscuszko ((capo isurrezione polacca 1794) 96 I francesi (1778) e gli inglesi (1779) intervengono con un blocco navale che ostacola l'invio di rifornimenti e rinforzi alle truppe che operavano nelle colonie. La guerra si concluse con il vittorioso assedio di Yorktown, dove il comandante inglese Cornwallis dovette arrendersi nel 1781. L'Inghilterra con i trattati di Versailles e di Parigi nel 1783 riconobbe l'indipendenza degli Stati Uniti. Ora si poneva il problema della formazione di un'organizzazione istituzionale in grado di unire i territori che si erano emancipati dalla sovranità dell'Inghilterra. Dal 1776 il Congresso aveva assuto le funzioni di un governo provvisorio e le assemblee provinciali eleggevano i delegati al Congresso continentale, che avevano preso il nome di COngressi provinciali. Nel contempo le ex colonie si erano trasformate in veri e propri Stati, dotandosi anche di costituzioni scritte. Con gli articoli di Confederazione approvati dal COngresso nel 1777 gli Stati si strinsero fra loro in uno 'stabile patto di amicizia' ma conservarono la propria indipendenza riservandosi il controllo della giustizia, dell'imposizione fiscale, del commercio e della moneta, delegando al Congresso politica estera, difesa e possibilità di contrarre prestiti. Gli articoli entrarono in vigore nel 1781. Nel 83 i particolarismo statali ripresero vigore e tesero a limitare il potere del Congresso, che pur affrontava una situazione economica difficile a causa dell'interruzione dei traffici e dell'inflazione, aveva quindi imposto tasse malviste dalla popolazione e c'era sempre il problema dell'espansione verso Ovest che causava continui contrasti tra gli Stati. Le dichiarazioni del 1776 parlavano della nascita di 13 stati sovrani e indipendenti, ma serviva un nuovo soggetto politico formato dall'unione delle ex colonie. per questo programma si batterono Madison, Hamilton e anche Franklin e Washington erano favorevoli. Allora nel 1787 si riunì a Filadelfia una Convenzione di 55 stati delegati nominati dalle assemblee legislative con il compito specifico di rivedere la costituzione del 77. Molto delicata era la contrapposizione fra gli stati maggiori che premevano per una rappresentanza proporzionale alla popolazione e gli stati più piccoli, fedeli alla rappresentanza paritaria. Il testo definitivo della costituzione si ebbe il 17 settembre 1787 e si basava su una rigorosa separazione dei poteri. Il potere legislativo fu attribuito a un Parlamento bicamerale, Il Congresso composto da Senato e dalla Camera dei rappresentanti. La camera dei rappresentanti fu composta da deputati da deputati eletti a suffragio censitario in misura proporzionale alla popolazione (Quindi stati maggiori accontentati) mentre la rappresentanza paritaria fu mantenuta per il Senato, formato da due senatori per ciascuno stato, eletto per sei anni dalle assemblee statali. Al congresso vennero estese competenze concernenti le finanze e la moneta, commercio, politica estera e la giustizia. Il potere esecutivo fu assegnato a un presidente eletto per quattro anni, eletto da collegi di delegati eletti all'interno dei singoli stati ed era rieleggibile. Poteva: nominare i ministri segretari di stato, giudici, funzionari federali, direzione della politica estera e comando delle forze armate, potere di veto sospensivo nei confronti delle leggi del Congresso. Fu istituita una corte suprema . La costituzione entrò in vigore nel 1788 e da allora ci sono stati ad oggi solo 20 emendamenti, tra cui 10 aggiunti nel 1791 (Bill of Rights). Primo presidente fu Washington (1789-97). Venne istituita una banca degli Stati Uniti nel 91 e la capitale fu messa nel distretto federale di Columbia, in nessuna delle 13 colonie. Si formarono due correnti, i federalisti e gli antifederalisti. tra i primi c'era Hamilton. Per lui la repubblica doveva essere retta da una classe dirigente selezionata, erano inclini a un avvicinamento all'Inghilterra e ostili alla Francia rivoluzionaria. I repubblicani, tra cui Thomas 97 Jefferson, (antifederalisti) si opponevano a un centralismo che gli ricordava la monarchia e sarebbero stati favorevoli alla rivoluzione francese. Jefferson fu presidente dal 1801 al 1809 e poi venne eletto un altro repubblicano, Madison, 1809-1817. Capitolo 28- la rivoluzione francese La casa immediata della Rivoluzione francese fu una grave crisi finanziaria che obbligò la monarchia a convocare dopo 175 anni gli Stati Generali. il sistema fiscale era fondato su una congerie di imposte stabilite in modi e tempi diversi: la paglia, Gravante quasi esclusivamente sui contadini, nel 1701 era stata introdotta alla captazione (imposta sul reddito) e nel 1749 il ventesimo (immobili, commercio, rendite e diritti feudali) che teoricamente dovevano gravare anche sul clero e la nobiltà, che però se ne affrancarono. per le classi popolari c'erano anche le imposte indirette sui generi di consumo e la cappella sul sale, la cui riscossione era appaltata a una società di finanzieri. nel 1783 Luigi nominò il controllore generale delle Finanze Alexandre de Calonne, che prospettò l'istituzione di una sovvenzione territoriale, imposta da pagare in natura da parte di tutti i proprietari fondiari compresi i nobili ecclesiastici. propose anche la libertà di commercio dei Grani e la cancellazione dei dazi interni. i decreti preparati da Calonne furono sottoposti all'analisi di un'assemblea di notabili composta da 144 membri esponenti Più che altro di alta nobiltà, cosa che fa trasparire una grande debolezza del re che era costretto a consultare la nobiltà invece di imporvi i suoi decreti. l'assemblea non accettò i provvedimenti e Luigi XVI licenziò Calonne e nominò al suo posto de Brienne, arcivescovo di Tolosa, il quale è ripropose la sovvenzione territoriale modificata in un contributo di importo fisso da pagare in denaro. il Parlamento di Parigi si rifiutò di registrare la sovvenzione territoriale e nel 1788 si attribuì un ruolo costituzionale, ergendosi a custode delle leggi fondamentali del regno punto A questo punto Luigi XVI fece a provare una riforma della Giustizia che arborì il parlamento di Parigi affidando la registrazione dei diritti a una corte plenaria composta di Ufficiali della Corona e ridusse le