Scarica Riassunto Storia Romana Geraci Marcone e più Appunti in PDF di Storia Romana solo su Docsity! 1 ROMA Le origini di Roma La storia di Roma arcaica è avvolta nel mistero perché le fonti letterarie spesso contengono elementi leggendari che rendono il racconto inverosimile. Inizialmente gli storici davano per attendibili le tradizioni letterarie su Roma, ma all’inizio dell’800, con Niebuhr si evidenzia il problema di una possibile ricostruzione della storia→attraverso la critica delle fonti. Sempre nel corso dell’800, grazie anche alle scoperte archeologiche, si è giunti alla conclusione che in tutte le leggende c’è un fondo di verità. Nel testo Storia dei Romani, 1907 di Gaetano De Sanctis, per la prima volta le leggende vengono confrontate con i risultati degli scavi archeologici. Le fonti letterarie Rappresentano il primo e fondamentale blocco di informazioni con cui confrontarsi. -Verso la fine del 7° secolo, a Roma compare la scrittura, ma non determina cambiamenti fondamentali. -Nel periodo regio la tradizione orale deve aver giocato un ruolo di rilievo nella trasmissione dei ricordi storici. I primi storici che ci forniscono narrazioni su Roma arcaica vissero nel I a.C. (Tito Livio di Padova, Dalla fondazione della città; Dionigi di Alicarnasso, greco, Antichità romane). La versione più nota e diffusa della leggenda delle origini di Roma è quella riportata dall’ENEIDE: Enea fonda Lavinium, la città a cui diede il nome della moglie Lavinia; Trent’anni dopo, il figlio di Enea Ascanio/Iulo, fondò Alba Longa; Secondo la leggenda, il fondatore e primo re di Roma è Romolo, figlio di Marte (dio della guerra) e di Rea Silvia (figlia di Numitore, ultimo re di Alba Longa). I sette re di Roma Secondo la tradizione, il PERIODO MONARCHICO della storia di Roma va dal 754 al 509 a.C. (nascita di Roma/ instaurazione della Repubblica). In questo periodo avrebbero regnato SETTE RE: ROMOLO: fondatore di Roma a cui sono state attribuite le prime istituzioni politiche tra cui il senato (di 100 membri); NUMA POMPILIO: creatore dei primi istituti religiosi; TULLO OSTILIO: promotore di alcune campagne militari di conquista, tra cui la distruzione di Alba Longa; ANCO MARCIO: fondatore della colonia di Ostia; TARQUINIO PRISCO: con lui inizia la seconda fase della monarchia romana, dove gioca un ruolo importante la componente etrusca (era di origini etrusche). A lui sono attribuite importanti opere pubbliche; SERVIO TULLIO: costruì le prime mura della città e soprattutto istituì i comizi centuriati (più importante assemblea elettorale romana); TARQUINIO IL SUPERBO: ultimo sovrano, lui assume i tratti tipici del tiranno che infligge vessazioni ai cittadini. I primi storici romani basavano i loro racconti su: 1) Annales: opere storiche oggi perdute di autori chiamati ‘’annalisti’’ (materiale in ordine cronologico, successione anno per anno). Il primo romano a narrare la storia di Roma in greco è stato Fabio Pittore, mentre in latino, Catone ‘il Censore’; 2) Tradizione familiare: in età repubblicana le principali famiglie aristocratiche erano in competizione tra loro e cercavano di dimostrare la propria superiorità celebrando le glorie degli antenati; 3) Tradizione orale: tipica dei canti celebrativi delle imprese di personaggi illustri durante banchetti. Si pensa che varie leggende legate all’origine di Roma siano state tramandate oralmente di generazione in generazione. Il problema della tradizione orale è che è soggetta a distorsioni; 4) Documenti d’archivio: consentono di apprendere i principali eventi di anno in anno e i magistrati principali in carica (Annali dei pontefici, pubblicati nel 130 a.C. da Mucio Scevola, Annales Maximi). La storiografia moderna La ricostruzione storica basata sulla ‘tradizione’ ha posto alla storiografia moderna diversi problemi interpretativi e a tal proposito l’archeologia ha fornito elementi preziosi, che in molti casi sembrano confermare la veridicità della tradizione. Sembra oggi accertato che nel racconto tradizionale devono essere state fuse due versioni di diverso tipo sulle origini di Roma: ● una GRECA, che ricollega la fondazione di Roma alla leggenda di Enea; ● una INDIGENA, nella quale Romolo rappresentava un mitico re-fondatore autoctono. Va sottolineato che nonostante il racconto sia prevalentemente leggendario, presenta alcuni elementi che si possono definire sicuramente storici, come: -la compresenza di popolazioni diverse, i Latini e i Sabini (il ‘ratto delle Sabine’); -la fase di predominio etrusco nel periodo finale della monarchia. La fondazione di Roma I dati più problematici della tradizione riguardano la fondazione di Roma e la figura del suo fondatore: è difficile infatti pensare che Roma sia sorta dall’oggi al domani, la nascita di questa città fu il risultato di un processo formativo lento e graduale. Si suppone ci fossero già delle popolazioni che vivessero sui singoli colli: sappiamo infatti dell’esistenza di alcuni villaggi sul Palatino che possono essere considerati il nucleo originario della futura Roma, la cui storia inizia intorno all’8° secolo. Le origini di Roma si comprendono meglio considerando la posizione della città stessa: sorse in una posizione di confine tra due aree etnicamente differenti, separate dal corso del Tevere: la zona etrusca e il Lazio antico (Latium vetus). Per quanto riguarda invece l’origine del nome ‘Roma’, secondo alcuni è ricondotta al fondatore Romolo, in realtà è più probabile sia il contrario. Il termine Roma potrebbe derivare dal termine latino “ruma” che significa mammella, oppure da “Rumon” (latino arcaico) per indicare il fiume Tevere. Secondo la leggenda Romolo fu esposto nel Tevere insieme al fratello Remo. I due furono salvati da una Lupa che li allevò. La leggenda suggerisce che l’area di Roma fosse sostanzialmente disabitata Servio Tullio e Tarquinio il Superbo Il successore di Tarquinio Prisco fu Servio Tullio, identificato a volte con il nome di Mastarna. La figura di questo sovrano è circondata nella tradizione latina di elementi eroici: era nato da una schiava di nome Ocresia e da Tullio signore di Cornicoli. Servio era molto caro a Tanaquilla, moglie di Tarquinio Prisco e fu educato alla corte del re. Sposò inoltre una delle sue figlie. Tarquinio fu assassinato dai figli di Anco Marcio e Servio Tullio assunse i poteri regi senza che la successione fosse pienamente legittima (principio della monarchia elettiva entra in conflitto con principio dinastico). Servio Tullio fu subito benvoluto dal popolo, così dopo circa una settimana fu rivelata la morte effettiva di Tarquinio e Servio diventò ufficialmente re. Invece, la figura di Tarquinio il Superbo possiede i connotati tipici del tiranno greco. Fu promotore di grandi opere pubbliche e di una politica espansionistica, ma fu sempre malvisto dal popolo. Secondo la tradizione fu cacciato da una congiura capeggiata da Publio Valerio detto ‘Publicola’ che avrebbe poi instaurato la Repubblica. La documentazione archeologica La dedica di un calice di bucchero nel santuario di Veio, che presenta incisa attorno al centro dello stelo l’iscrizione etrusca mine ma luv (an) ece Avile Vipiennas (‘mi dedicò Avile Vipienna’), attesta un possibile passaggio di Aulo Vibenna in questa città verso la metà del 6° secolo. Il nome dei Vibenna (Vipina) compare in Etruria su numerosi documenti arcaici: i Vibienna, per diventare oggetto di mitizzazione, dovevano appartenere a una famiglia potente nel VI a.C., probabilmente di Vulci, la cui storicità non può essere messa in discussione. Essi giocarono un ruolo importante nelle lotte che a quell’epoca opposero Vulci alle altre città etrusche, tra cui anche Roma. Quanto a Publio Valerio la storicità di questo personaggio ha avuto un riscontro, almeno a livello onomastico, nel tempio di Mater Matuta, una divinità laziale, a Satricum: iscrizione ‘a Marte dedicarono i compagni di Publio Valerio’ (si deduce che Publio Valerio fosse il capo di una banda di armati). Rafforzamento della monarchia Il predominio etrusco su Roma portò a un rafforzamento dell’istituto monarchico: lo provano le insegne stesse del potere regio, quali la corona, il trono, il manto, lo scettro, i fasci. -In questo periodo dovette essere costruito nei pressi del tempio di Vesta, l’edificio sede ufficiale del re, detto appunto regia (termine usato anche in seguito). -Nel frattempo nella parte nord-occidentale del Foro viene definita l’area riservata all’attività politica del popolo e del senato: l’indagine archeologica ha dimostrato come tra il 7° e il 6° secolo sia stato creato il comitium, luogo dove il popolo si riuniva per deliberare. Di fronte ad esso fu costruita la curia Hostilia, prima sede delle assemblee del senato. -E’ probabile che già in questa fase la comunità civica fosse organizzata secondo raggruppamenti basati sul censo, e non su fattori gentilizi o locali; il censo fu anche il criterio con cui si arruolavano i componenti del nuovo esercito serviano (classis; infra classem). -L’Esquilino e forse il Celio entrarono a far parte di questa grande Roma che avvertì la necessità di dotarsi di una prima cerchia di mura (Servio Tullio). Tradizione orale e storiografica Nella ricerca odierna il ruolo giocato dalla tradizione orale nell’elaborazione storiografica gode di maggior credito. Le tradizioni orali variano a seconda degli usi e dell’ambiente sociale che le conserva, elabora e trasmette: le tradizioni gentilizie sono molto differenti da quelle appartenenti agli strati popolari. Gli antichi stessi erano consapevoli del rischio della deformazione inerente una tale forma di trasmissione; tuttavia il limite alla possibile falsificazione era costituito dal controllo del gruppo sociale. Il nocciolo del problema, per lo storico, riguarda il modo in cui è stata operata la selezione del materiale trasmesso, vale a dire il significato ultimo di tale selezione. A Roma la letteratura, la narrativa e il dramma sorsero nella seconda metà del III a.C., ma non possono non aver riflettuto anche in precedenza sulle origini e sulla natura della loro comunità dunque, per quanto problematica sia, la natura dell’oralità in Roma arcaica non è del tutto al di fuori dell’ambito della congettura razionale. Niebuhr all’inizio del 19° secolo infatti elaborò una nota teoria secondo cui le leggende e le tradizioni di Roma arcaica erano state create nei canti recitati ai banchetti (carmina convivialia; uso del symposion aristocratico era stato adottato anche dalle élites del Lazio e dell’Etruria). Secondo un’altra ipotesi, di Wiseman, all’atto degno di memoria di un personaggio seguiva la celebrazione del suo successo attraverso pubblici onori e nel trionfo; questo episodio veniva recepito e tramandato su due piani distinti: per il pubblico colto (carmina) e per gli illetterati ballate di cantastorie itineranti. Un esempio di elaborazione storiografica: Servio Tullio Nella tradizione sui re di Roma ha un risalto particolare (quasi un rifondatore). Da una parte abbiamo un racconto che ha una base folklorica, simile a una saga: Tullio nato schiavo, figlio di una schiava, cresce nel palazzo di Tarquinio Prisco; un evento prodigioso lo segnala come predestinato; da allora gode di particolare protezione a corte soprattutto grazie a Tanaquilla; collaboratore di Tarquinio, ne sposa la figlia; quando muore Tarquinio Servio ne fa le veci ma ufficialmente solo dopo qualche giorno emerge l’immagine di un re votato a esigenze di giustizia sociale e impegnato nella difesa della gente modesta. La famiglia La famiglia è la prima forma di aggregazione che si sostituisce al primitivo legame basato sui vincoli di sangue. La ‘famiglia romana’ (familia) era un raggruppamento sociale molto ampio, diverso dal concetto di famiglia nucleare odierno. La familia era presieduta dal capofamiglia, il paterfamilias, che possedeva autorità su tutti i membri della famiglia e dei suoi beni. Il vincolo principale della famiglia era il potere (potestas) esercitato dal pater sulle persone che riconoscevano la sua autorità. Nella forma più antica la famiglia romana presentava caratteri tipici di una società prestatale: era un’unità economica, religiosa e politica, influsso sull’evoluzione delle norme giuridiche. In età arcaica il primo diritto del padre nei confronti dei figli era quello di rifiutarli al momento della nascita, persino i figli legittimi potevano divenire parte della famiglia solo mediante atto formale. Tra i diritti c’era quello di diseredare i figli. Tra i vincoli fondamentali della famiglia c’era quello religioso: infatti i riti familiari (sacra privata) si trasmettevano di padre in figlio e la loro osservanza era doverosa (manes ‘anime dei defunti’). Un aspetto particolare del diritto romano prevedeva che un genitore provvedesse al mantenimento economico del figlio (peculium) in proporzione al suo patrimonio e alle sue aspettative, sino a quando esso era in vita. La donna Il ruolo della donna aristocratica, che riceveva un’educazione intellettuale varia (letteratura, arti, musica, danza) non si esauriva nella sola vita domestica (sorveglianza lavoro delle schiave, svolgimento lavori più fini, ricamo tessitura). La moglie accompagnava il marito nella vita pubblica e condivideva con lui il compito dell’educazione dei figli. La donna era soggetta all’autorità dell'uomo→il potere del marito sulla moglie si chiama manus (non potestas) e non conosce limiti (punizioni per comportamenti disdicevoli, uccisione per adulterio). La legge proibiva alle ragazze di prendere marito prima dei dodici anni, ma i matrimoni venivano comunque combinati molto prima dai padri, attraverso un’apposita cerimonia di fidanzamento detta sponsalia. Lo scopo di norme così austere è legato al concetto di matrimonio finalizzato al solo scopo di avere figli legittimi. Una sposa poteva essere ripudiata se non dava figli. Un istituto alternativo fu l’adozione, che serviva sia per garantirsi discendenza sia per concretizzare strategie politiche o fare precise scelte patrimoniali. Il matrimonio, almeno in età arcaica, era fondamentalmente un’istituzione privata, una situazione di fatto più che di diritto; Esistevano diverse forme per contrarre un matrimonio: 1. Confarreatio: divisione di una focaccia di farro tra i due sposi; 2. Mancipatio: una sorta di atto di compravendita; 3. Usus: convivenza dei coniugi per un anno. Il matrimonio poteva essere interrotto attraverso: 1. Divorzio: un atto informale e consensuale; 2. Ripudio: consisteva nella separazione di fatto dei coniugi, di solito quando la moglie veniva cacciata. Agricoltura e alimentazione Tra 10° e 8° secolo, nella penisola italica si verificò il passaggio da un regime di seminomadismo (transumanza disorganizzata) a uno di sedentarietà: regolare trasferimento del bestiame in altura con modalità e in spazi meglio definiti (soprattutto per i popoli dell’Italia centrale, genti umbro-sabelliche). -Roma sorge su un’area di frontiera (Tevere): a nord etrusca, a sud laziale; l’importanza del sito della futura città deriva dal suo essere punto di incontro di vie che andavano in più direzioni (mare-interno, lungo la costa); un prodotto importante come il sale andava dalle saline alla foce del Tevere verso l’interno (futura Salaria). L'agricoltura di Roma nell'età arcaica era un’agricoltura di sussistenza, limitata dalle condizioni sfavorevoli del terreno e dalla bassa qualità delle tecniche agricole e consisteva I Fasti I Fasti sono liste di magistrati eponimi della Repubblica, cioè quei magistrati che davano il nome all’anno in corso (secondo il computo cronologico dei Romani). I Fasti ci sono giunti sia attraverso la tradizione letteraria (Livio e Diodoro Siculo) sia attraverso alcuni documenti epigrafici (i Fasti Capitolini sono riflesso della cronologia elaborata nel I a.C. da Marco Terenzio Varrone, ’varroniana’: fondazione di Roma nel 753 a.C. e primo anno Repubblica 509 a.C.; porta a qualche sfasatura con altre cronologie per gli avvenimenti del V e IV a.C.; nell’antichità le datazioni varroniane assunsero un valore quasi canonico e generalmente, per praticità, forniscono anche l’ossatura cronologica degli studi moderni sul primo periodo repubblicano). Ci sono alcuni dubbi sull’attendibilità dei Fasti a causa di incongruenze tra le diverse versioni: ci sarebbe stata la comparsa di presunti plebei fra i consoli del V a.C., mentre dalle fonti letterarie sappiamo che fu riservata ai patrizi fino al 367 a.C.. Questo si può spiegare in vari modi: gentes omonime; confini tra patriziato e plebe ancora non delineati con nettezza; il patriziato riuscì a stabilire il monopolio sulla massima magistratura solo verso la metà del V a.C. La fine della monarchia e la creazione della Repubblica: evento traumatico o passaggio graduale? La storia della violenza subita da Lucrezia contiene elementi di drammatizzazione che ricordano le vicende della caduta di diverse tirannidi greche e che ne minano la credibilità. Che sia vera o meno, non spiega i motivi profondi della caduta del regime monarchico: il ruolo preminente di un gruppo ristretto di aristocratici ebbe nella caduta dei Tarquini e il ruolo di rilievo che il patriziato ebbe nei primi anni della Repubblica, induce a pensare che la fine della monarchia sia da attribuire a una rivolta del patriziato romano contro il carattere autocratico della monarchia nei suoi ultimi anni. L’odio che l’aristocrazia romana dimostrò nel corso di tutta la storia repubblicana contro l’istituto monarchico sembra indicare che il mutamento di regime non sia avvenuto in modo graduale e indolore (rivoluzione). Alcuni elementi suggeriscono che alla cacciata del Superbo sia succeduto un breve e confuso periodo in cui Roma fu in balia di re e condottieri (Porsenna di Chiusi, Mastarna e i fratelli Vibenna). Fu probabilmente grazie alla sconfitta che i Latini e l’alleato Aristodemo di Cuma inflissero a Arunte figlio di Porsenna presso Aricia, che Roma ebbe occasione di dare sviluppo alle nuove istituzioni repubblicane al riparo dalle velleità di egemonia etrusca. La data della creazione della Repubblica Gli antichi avevano fissato una curiosa coincidenza cronologica tra la storia di Roma e quella di Atene: infatti il 510 a.C. corrisponde all’anno in cui il tiranno Ippia, dei Pisistratidi, era stato cacciato da Atene. Dal momento che si possono rintracciare altre analogie tra la fine dei Tarquini e quella dei Pisistratidi, il sospetto che la cronologia della fondazione della Repubblica a Roma sia stata adattata per creare un parallelismo con Atene non è illegittimo. Alcuni studiosi hanno perciò proposto di datare la nascita della Repubblica qualche decennio più tardi, intorno al 470-450 a.C. (la documentazione cronologica proveniente da Roma infatti dimostra un’interruzione dei contatti culturali con l’Etruria). Altri elementi tuttavia inducono a ritenere che la datazione tradizionale non sia lontana dalla verità: Livio racconta che nel tempio di Giove Capitolino ogni anno per l’anniversario veniva infisso un chiodo; pare che il tempio fosse stato solennemente inaugurato nel primo anno della Repubblica; nel 304 a.C. l’edile Gneo Flavio, nell’inaugurare il tempio di Concordia poté datare l’evento 204 anni dopo la consacrazione del tempio di Giove Capitolino, riportandosi al 508 a.C. Un altro elemento: l’edificio dei Regia nel Foro romano presenta verso la fine del VI a.C. una pianta caratteristica di un edificio templare e non di una residenza reale: proprio in questo periodo dunque la Regia sarebbe divenuta la sede del rex sacrorum, il sacerdote che aveva ereditato alcune delle competenze del monarca. I supremi magistrati della Repubblica, i loro poteri e i loro limiti La tradizione storiografica è concorde nell’affermare che i poteri appartenenti al re sarebbero passati immediatamente in blocco a due consules o meglio praetores (Livio), cioè i massimi magistrati della Repubblica. Eletti dai comizi centuriati, ai consoli spettava: ● il comando l'esercito, ● il mantenimento dell'ordine all'interno della città, ● l’esercizio della giurisdizione civile e criminale, ● il potere di convocare il senato e le assemblee popolari, ● la cura del censimento e della compilazione delle liste dei senatori; ● la funzione eponima; ● controllo degli auspici. Solo alcune delle funzioni religiose dei monarchi sarebbero state trasferite ai consoli, le altre spettavano a un sacerdote di nuova istituzione, il rex sacrorum (re delle cose sacre) che non poteva rivestire alcuna carica politica, ma solo quella religiosa. Al rex sacrorum vennero poi affiancati altri sacerdoti di maggior peso politico come i pontefici e gli àuguri (o già esistenti?). I poteri autocratici di cui erano dotati i due consoli erano sottoposti ad alcuni importanti limiti, in primo luogo la loro carica era limitata a un anno (annualità). Inoltre, ciascuno dei magistrati aveva eguali poteri e poteva quindi opporsi all'azione del collega se ritenuta dannosa per lo Stato (collegialità), in più erano legati al volere del popolo che li aveva eletti: ogni cittadino, in caso di condanne capitali inflitte dai consoli, poteva appellarsi alla provocatio ad populum, cioè il giudizio di un’assemblea popolare che poteva revocare la condanna stessa. La versione tradizionale sull’origine dei consoli è stata messa in dubbio, poiché alcuni studiosi ritengono che i poteri del re siano stati trasferiti inizialmente ad un solo magistrato affiancato da alcuni assistenti. Solo dopo il Decemvirato del 450 a.C. o le leggi Licinie Sestie del 367 a.C. sarebbe stata creata la magistratura collegiale del consolato (argomento: cerimonia di affissione nel tempio di Giove capitolino ad opera del praetor maximus). Le altre magistrature Le crescenti esigenze dello Stato indussero alla progressiva creazione di nuove magistrature, caratterizzate da annualità e collegialità. Al primo anno della Repubblica risalirebbero i questori: due magistrati che assistevano i consoli nella sfera finanziaria, in un primo tempo venivano scelti dai consoli stessi e poi in seguito a elezione. -I quaestores parricidii istruivano i processi per delitti di sangue che coinvolgevano i parenti; -I duoviri perduellionis avevano competenza sul reato di alto tradimento. Nel 443 a.C. il compito di tenere il censimento fu sottratto alle competenze dei consoli e fu affidato a due nuovi magistrati, i censori. Tra fine IV e inizio III anche la redazione delle liste dei membri del senato (da questa si sviluppò la cura morum): eletti ogni 5 anni e la loro carica durava 18 mesi. La dittatura In caso di necessità, i supremi poteri della Repubblica potevano essere affidati a un dittatore, ovvero un magistrato che veniva nominato a propria discrezione da un console, da un pretore o da un interrex su istruzione del senato. Il dittatore non era affiancato da colleghi con eguali poteri, ma era assistito da un magister equitum (comandante della cavalleria) da lui personalmente scelto e a lui subordinato. Contro il volere del dittatore non valeva l’appello al popolo o l’opposizione del veto da parte dei tribuni della plebe. Dati i poteri straordinari di questa magistratura, la sua durata venne limitata a un massimo di sei mesi, anche se, quasi sempre, il dittatore deponeva la carica non appena la situazione di crisi per la quale era stato nominato veniva risolta. In origine il dictator era noto col titolo di magister populi=‘comandante dell’esercito’: questo suggerisce che venisse nominato soprattutto per fronteggiare crisi militari. I sacerdozi e la sfera religiosa A Roma la stessa persona poteva rivestire contemporaneamente una magistratura e un sacerdozio. Tranne il rex sacrorum e i flamini, che venivano considerati la personificazione terrena del dio stesso, in particolare le tre supreme divinità a Roma: Giove, Marte e Quirino, rappresentate dai flamines Dialis, f. Martialis e f. Quirinalis. Vi erano poi 12 flamini minori addetti al culto di altrettante divinità; limitati da tabù religiosi. I tre più importanti collegi religiosi, quello dei pontefici, àuguri e duoviri sacris faciundis, avevano dei poteri che superavano ampiamente la sfera cultuale, fino ad arrivare a quella politica: ● Il collegio dei pontefici: (massima autorità religiosa dello Stato) guidato dal pontefice massimo, nominava i tre flamini maggiori e, al di fuori dalla sfera religiosa, aveva il controllo sulla tradizione e l'interpretazione delle norme giuridiche; calendario; cooptazione e a vita. ● Il collegio degli àuguri aveva invece la funzione di assistere i magistrati nel compito di trarre gli auspici e di interpretare la volontà degli dei attraverso l’osservazione del volo degli uccelli o di altri fenomeni naturali, come ad esempio tuoni e fulmini. Il problema politico Gli strati più ricchi della plebe erano meno interessati alla crisi economica e rivendicavano invece equità sul piano politico, in particolare veniva chiesta una parificazione dei diritti politici tra i due ordini e la stesura di un codice scritto di leggi, che ponesse i cittadini al riparo dalle applicazioni arbitrarie delle norme da parte di coloro che fino a quel momento erano depositari del potere giuridico: i patrizi riuniti nel collegio dei pontefici. Le strutture militari e la coscienza della plebe Col passare del tempo i plebei presero coscienza della propria importanza all'interno della società rivendicando equità anche sul piano civile. A Roma l’esercizio dei diritti civili era direttamente connesso alle capacità di difendere lo Stato con le armi (ciascuna centuria doveva fornire il medesimo numero di reclute per l’esercito, e siccome le prime erano numericamente limitate, su di loro ricadeva il peso più consistente nelle guerre; cfr. capite censi). La definitiva presa di coscienza della plebe infatti, si verificò proprio durante il 5° secolo, quando si affermò definitivamente un nuovo modello di combattimento chiamato oplitico-falangitico, in cui i fanti con armatura pesante (opliti) combattevano l'uno al fianco dell'altro in una formazione chiusa chiamata falange. Questo sistema proveniente dal mondo greco, eclissa il modello di combattimento aristocratico fondato sulla cavalleria. La fanteria pesante è il perno dell’esercito romano. È importante il fatto che la legione fosse reclutata su base censitaria, dunque senza fare distinzione tra patrizi e plebei→Dunque era impensabile che degli uomini decisivi sul campo di battaglia potessero essere esclusi dalla vita politica, economica e sociale dello Stato. La prima secessione e il tribunato della plebe Il conflitto tra i due ordini si apre nel 494, quando la plebe esasperata dalla crisi economica, organizza uno sciopero generale lasciando la città priva della sua forza lavoro e indifesa contro le aggressioni esterne. Questa forma di protesta viene attuata dalla plebe ritirandosi sull’Aventino (secessione dell’Aventino o prima secessione). La plebe si dette propri organismi politici: ★ Un’assemblea generale chiamata concilia plebis tributa che poteva emanare dei provvedimenti che prendevano il nome di plebiscita, non vincolanti per lo Stato ma solo per la plebe stessa (decisioni della plebe). ★ il meccanismo di voto assicurava la prevalenza dei proprietari terrieri iscritti nelle tribù rustiche più numerose ★ Furono scelti dei rappresentanti, i tribuni della plebe, che inizialmente erano due, poi col passare del tempo, crebbero fino a dieci. I tribuni della plebe possedevano diversi poteri tra i quali: Ius auxilii→diritto di intervenire a favore di un cittadino contro l'azione di un magistrato; Ius intercessionis→diritto di porre il veto su qualsiasi provvedimento di un magistrato; Ius sacrosanctitas→ossia di inviolabilità personale (chi avesse commesso violenza contro i rappresentanti della plebe dopo un regolare voto del concilium plebis sarebbe divenuto sacer, consacrato alla divinità, cioè messo a morte). I tribuni assunsero il potere di convocare e presiedere l'assemblea della plebe e di sottoporre ad essa le proprie proposte. Il tribuno aveva obblighi nei confronti della plebe, infatti non poteva trascorrere la notte al di fuori della città e la porta della sua casa doveva sempre essere lasciata aperta in caso di necessità di assistenza ai plebei (ius agendi cum plebe). ★ Gli edili plebei, altri due rappresentanti della plebe affiancati ai tribuni, che avevano il compito di organizzare i giochi, sorvegliare i mercati, controllare le strade, i templi e gli edifici pubblici (in origine forse custodi del tempio di Cerere, Libero e Libera dove erano conservate le multe e copia dei plebisciti, mercato). La prima secessione approda a un risultato essenzialmente politico: il riconoscimento da parte dello Stato a guida patrizia dell’organizzazione interna della plebe. Il problema dei debiti rimase invece per il momento irrisolto. Della crisi economica cercò di approfittare Il console Spurio Cassio nel 486 proponendo una legge che ridistribuisse le terre, egli venne accusato di aspirare alla tirannide e condannato a morte (con la collaborazione della plebe stessa). Da questa vicenda possiamo supporre che il disagio economico della plebe povera sia stato in qualche misura strumentalizzato dalle famiglie plebee più facoltose ed influenti per raggiungere le conquiste politiche alle quali maggiormente erano interessate. Il Decemvirato e le leggi delle XII Tavole Dopo aver ottenuto il riconoscimento di una propria organizzazione politica interna, la plebe cominciò a premere affinché fosse redatto un codice di leggi scritto. Venne nominata una commissione nel 451, composta da dieci uomini, unicamente patrizi, chiamata decemvirato e incaricata di stendere il primo codice giuridico scritto. Nel corso del primo anno di attività (451), i decemviri compilarono un complesso di norme che vennero pubblicate su dieci tavole di legno esposte nel Foro (451, prima commissione decemvirale). Rimanevano tuttavia dei punti irrisolti perciò nel 450 a.C. venne convocata una seconda commissione decemvirale in cui vi erano anche i plebei. La nuova commissione aggiunse altre due tavole alle precedenti, portandole a un totale di XII Tavole (incluso il divieto di matrimoni misti tra patrizi e plebei) l’originale perduto ma citazioni sparse di autori posteriori (spr. diritto privato; influsso codici giuridici città greche Italia meridionale e Sicilia, ma ambasceria nel 454 a.C. per Solone). La commissione, sotto la spinta del suo membro più influente, Appio Claudio, cercò di prorogare i propri poteri assoluti. Il tentativo si scontrò con l’opposizione della plebe e degli elementi più moderati del patriziato. Come ai tempi della caduta della monarchia, è la violenza nei confronti di una giovane a far precipitare la situazione: la violenza di Appio Claudio nei confronti di Virginia, figlia di un valoroso centurione, provoca una seconda secessione a seguito della quale i decemviri furono costretti a deporre i loro poteri. Leggi successive a favore della plebe: -i consoli del 449 a.C. M. Orazio e L. Valerio fanno approvare: inviolabilità dei rappresentanti della plebe, divieto di creare cariche contro le quali non vale diritto di appello, i plebisciti diventano vincolanti per l’intera cittadinanza (sembra anticipazione di provvedimenti posteriori, soprattutto validità plebisciti); -nel 445 a.C. il plebiscito Canuleio abolisce norma che vieta i matrimoni misti. Tribuni militari con poteri consolari Il plebiscito fatto votare da Caio Canuleio, nel 445 a.C., era volto a riconoscere la legittimità dei matrimoni misti tra patrizi e plebei, vietati precedentemente dalle XII tavole. Il sangue plebeo poteva dunque legittimamente mescolarsi con quello patrizio, diventava così difficile escludere un plebeo, nelle cui vene scorresse almeno un po’ di sangue patrizio, dal consolato. Il patriziato, vedendo minacciato il suo monopolio al consolato, ricorre, a partire dal 444 a.C., a un espediente: i due consoli, esclusivamente patrizi, sarebbero stati assistiti nei loro compiti da alcuni tribuni militum, che potevano essere anche plebei, dotati di poteri equiparati a quelli dei consoli. Tuttavia, almeno fino al 401 a.C. tutti i tribuni militari furono comunque di provenienza patrizia. Ancora però gravi difficoltà economiche della plebe povera: episodio di Spurio Melio, ricco plebeo che nel 440 a.C. intervenne per rimediare effetti carestia distribuendo a proprie spese una forte quantitativo di grano ai poveri misura ritenuta demagogica per assumere tirannide, quindi viene giustiziato sommariamente. Le leggi Licinie Sestie Nel 387 a.C. per rispondere al bisogno di terre da coltivare dalla plebe indigente, parte del territorio di Veio e di Capena, conquistato pochi anni prima, viene suddiviso in piccoli appezzamenti e distribuito ai cittadini romani. La produttività dei campi restava però tuttavia insufficiente per l'auto-sussistenza di una sola famiglia; per questa ragione, i contadini romani, speravano di poter coltivare, oltre ai terreni di loro proprietà privata, anche porzioni di ager publicus (campi pubblici). Nel 376 a.C. i tribuni della plebe Caio Licinio Stolone e Lucio Sestio Laterano, presentano una serie di proposte riguardanti il problema dei debiti, la distribuzione delle terre e l'accesso dei plebei al consolato. I patrizi si oppongono e scoppia il caos politico, ma nel 367 a.C. Marco Furio Camillo, eroe della guerra contro Veio e vendicatore sacco gallico, viene chiamato alla dittatura per sciogliere la situazione e le proposte di Licinio e Sestio assumono valore di legge (leggi Licinie Sestie): 1. La prima legge facilitava il pagamento dei debiti eliminando gli interessi e prevedendo che il debito stesso potesse essere restituito in tre rate annuali. 2. La seconda legge consentiva una migliore distribuzione delle terre a favore dei plebei più poveri. Massima estensione di terreno di proprietà statale (ager publicus) che poteva essere occupato da un privato (500 iugeri). 3. La terza prevedeva l’abolizione del tribunato militare con potestà consolare e completa reintegrazione alla testa dello Stato dei consoli, uno dei quali doveva essere plebeo (in realtà sembra che ‘poteva’ essere plebeo). Nel 366 vennero inoltre create due nuove cariche riservate ai patrizi, considerate come una sorta di compenso per la perdita del monopolio sul consolato: il pretore, che aveva compito di amministrare la giustizia tra i cittadini romani e poteva, in caso di necessità, essere messo alla testa di un esercito, anche se i suoi poteri erano subordinati a quelli dei consoli. E due edili curuli, che avevano il compito di organizzare i Ludi maximi e i Ludi romani, i giochi connessi al culto di Giove Ottimo Massimo che in precedenza erano gestiti dai consoli. Si occupavano inoltre, come gli edili plebei, dell’ordine pubblico, della sicurezza, delle strade, degli edifici pubblici e dell’approvvigionamento dei mercati. La battaglia del lago Regillo e il foedus Cassianum Nel 496 a.C. i romani sconfissero la lega sul lago Regillo e nel 493 a.C. stipularono un trattato chiamato Cassiano (foedus Cassianum) perché sigillato dal console spurio Cassio che avrebbe regolati i rapporti tra Roma e latini per i successivi 150 anni: le due parti si impegnavano a mantenere la pace e creare un’alleanza difensiva (prestarsi aiuto reciproco se fossero stati attaccati). Inoltre, l’eventuale bottino delle campagne di guerra comuni sarebbe stato equamente diviso, sia per quanto riguardava i beni mobili che per quanto riguarda le terre. Tra gli strumenti più efficaci grazie ai quali gli alleati riuscirono a consolidare le proprie vittorie e conquiste fu la fondazione di colonie sul territorio strappato ai nemici: i cittadini dei nuovi centri provenivano sia da Roma sia dalle altre comunità latine; si tratta di colonie latine perché entravano a far parte della Lega latina e godevano dei diritti corrispondenti. Nel 486 Roma completò il proprio sistema di alleanze stringendo un accordo con gli Ernici, popolazione che abitava a sud-est di Roma, tra gli equi e i volsci. I conflitti con Sabini, Equi e Volsci L'alleanza stretta da Roma con la Lega latina e gli Ernici si rivelò preziosa per fronteggiare 3 popolazioni che dagli Appennini premevano verso Occidente, a causa delle scarse condizioni di sopravvivenza nel loro territorio: Sabini, Equi e Volsci. Assume la forma della cosiddetta ‘’primavera sacra’’ (ver sacrum): in anni di carestia i bambini nati quell’anno avrebbero dovuto migrare in altra regione seguendo indicazioni di un animale (es. Piceni da picus; Apuli, Lucani, Bruzi, Sanniti). Le fonti riportano che nel V secolo i conflitti tra Roma e le popolazioni appenniniche furono moltissimi e finirono per logorare le forze di Roma, tanto da essere considerati come una delle concause della crisi economica che colpì la città nel V sec. a.C. -I Volsci occuparono tutta la parte meridionale del Lazio, un tempo parte del regno di Tarquinio il Superbo (pianura Pontina, Terracina, Circei, Anzio, Cora, Velletri). -Gli Equi riuscirono a conquistare i monti Prenestini e alcune importanti città latine come Tivoli e Preneste. Roma, insieme ai suoi alleati Latini ed Ernici, riuscì a bloccare questa popolazione ai Colli Albani (passo del monte Algido contro Equi e Volsci alleati 431 a.C.). -I Sabini minacciarono direttamente Roma (460, Appio Erdonio) e furono i primi ad essere integrati nell'impero: tale integrazione possedeva sia un volto pacifico sia uno minaccioso, infatti i romani organizzarono una serie di campagne contro la Sabina. Il conflitto con Veio Veio era una potente città etrusca a 15 km a nord di Roma, rivale per il controllo delle vie di comunicazione lungo il basso corso del Tevere e delle saline che si trovavano alla foce del fiume. Il contrasto tra Roma e Veio durò per tutto il V secolo a.C. e si sviluppò in particolare in tre guerre. 1. Prima guerra veiente (483-474 a.C.): i veienti riuscirono ad occupare un’importante città sulla riva sinistra del Tevere chiamata Fidene. Il tentativo di reazione di Roma finì con una tragedia: un esercito di circa 300 soldati, composto esclusivamente da membri della gens Fabia e dai loro clienti (ultimo esempio di guerra aristocratica), venne annientato sul fiume Cremera, piccolo affluente di sinistra del Tevere (nelle fonti il modello è l’eroica resistenza degli Spartani di Leonida). A seguito della vittoria, Veio si vide riconoscere il possesso su Fidene. 2. Seconda guerra veiente (437-426 a.C.): i romani riuscirono a vendicare la sconfitta grazie a Aulo Cornelio Cosso che uccise in duello il tiranno di Veio, Lara Tolumnio e Fidene venne conquistata e distrutta dai romani. 3. Terza guerra veiente (405-396 a.C.): Veio (invidiabile posizione difensiva:collina, torrenti) fu assediata per 10 anni dai romani (nelle fonti il modello letterario è Troia) e infine distrutta e conquistata da Marco Furio Camillo (vennero in soccorso di Veio solo Capena e Falerii, ma non le altre città-stato etrusche). La presa di Veio segnò una grande svolta per Roma infatti a causa del lunghissimo assedio venne introdotta una paga, lo stipendium, al fine di assicurare il sostentamento dei soldati e dei loro familiari. Fu poi introdotta anche una tassa straordinaria chiamata tributum per spese militari, che gravava in misura proporzionale sulle diverse classi dell’ordinamento centuriato (classi di censo più facoltose). Il territorio di Veio venne inglobato nello stato romano: in parte fu distribuito a coloni a titolo di proprietà privata, in parte lasciato indiviso in qualità di ager publicus. L’invasione gallica I risultati ottenuti da Roma con il successo su Veio furono messi in crisi dalla Calata dei Galli in Italia intorno alla metà del 6° secolo. Nel 390 a.C. i Senoni guidati da Brenno invasero l'Italia centrale per nuove risorse o semplici razzie. Puntano e conquistano la città etrusca Chiusi e da qui si dirigono verso Roma. L’esercito romano arruolato per affrontare i Senoni fu sconfitto al primo contatto sull’Allia (affluente Tevere) e si rifugiò tra le rovine di Veio, lasciando la città indifesa. Roma verrà così saccheggiata dai Galli che poi scompariranno rapidamente (sacco di Roma) (assoldati dal tiranno Dionisio di Siracusa come mercenari). Cosa dicono le fonti: la storiografia tradizionale romana tentò di salvare l’onore immaginando che il Campidoglio avesse resistito agli invasori, difeso da Manlio Capitolino e che, quando i difensori, stremati dall’assedio, si erano decisi a pagare un riscatto, Camillo fosse piombato sui Galli mettendoli in rotta→poco credibile. La ripresa Dopo il saccheggio gallico, Roma si riprese abbastanza rapidamente: iniziarono a sentirsi gli effetti positivi della conquista e della distribuzione del vasto e fertile territorio di Veio ai cittadini romani, organizzato nel 387 a.C. in quattro nuove tribù. Negli stessi anni saranno anche costruite le mura Serviane, sfruttando il tufo di Grotta Oscura nei pressi di Veio (Roma estensione vastissima). Nonostante la costruzione di questa grande opera difensiva, dopo il sacco gallico, l'atteggiamento di Roma è decisamente offensivo: Sul fronte sud-orientale, gli Equi furono rapidamente annientati, sotto la guida di Furio Camillo (pochi anni dopo il sacco gallico); Più dura e difficile fu invece la guerra contro i Volsci, che trovarono appoggio negli Ernici e in altre città latine (alleate). Nel 381 a.C. Tuscolo fu annessa al territorio romano: la città conservò le sue strutture di governo e autonomia interna, ma agli abitanti furono assegnati i medesimi diritti e doveri dei cittadini romani (primo municipium = comunità indipendente incorporata nello Stato romano); Nel 358 a.C. i Volsci furono costretti a cedere la piana Pontina, gli Ernici invece, parte dei territori nella valle del Sacco: in entrambi insediati cittadini romani, iscritti in due nuove tribù; Nel 354 a.C. cessa la resistenza di due potenti città latine, Tivoli e Preneste; negli stessi anni gli Etruschi di Tarquinia e Cere costretti a siglare lunga tregua, insieme con il centro falisco di Falerii. Il primo confronto con i Sanniti (343-341) Roma nel 354 a.C. conclude un trattato con i Sanniti nel quale viene fissato il confine tra le zone di egemonia delle due potenze che combacia con il fiume Liri. I Sanniti occupavano un territorio prevalentemente montuoso, il Sannio, che era relativamente povero e incapace di sostenere una forte crescita demografica: l’unico rimedio alle carestie era la migrazione verso terre più fertili. Il Sannio era privo di strutture urbane, era organizzato in pagi (cantoni), entro i quali si trovavano uno o più villaggi (vici), governati da un magistrato elettivo (meddiss). Più pagi costituivano una tribù (touto) alla testa del quale si trovava un meddiss toutiks. Le quattro tribù dei Carecini, Pentri, Caudini e Irpini formavano la Lega sannitica, che possedeva una sorta di assemblea federale e poteva nominare un comandante supremo. Durante il IV secolo a.C. alcune popolazioni sannitiche si allontanarono dal Sannio e occuparono alcune regioni della Campania adottando la politica della città stato e alcune di queste città stato si riunirono nella Lega campana, che aveva il suo centro nella città di Capua e era in forte contrasto con la Lega sannitica. Nel 343 a.C. scoppiò quella che poi verrà definita prima guerra sannitica. I Sanniti attaccarono la città di Teano occupata dai Sidicini (campani) che chiesero aiuto a Roma. Quest'ultima decise di intervenire nonostante il trattato stipulato poco prima (accordo con Sanniti 354), poiché giudicava imperdibile l’occasione di impadronirsi della Campania. La prima guerra sannitica (343-341 a.C.) si risolse rapidamente con il successo parziale dei romani che acconsentirono alle richieste di pace avanzate dai Sanniti nel 341 a.C. rinnovando l'alleanza del 354 a.C. e riconoscendo a Roma la Campania e ai Sanniti Teano. La grande guerra latina L'accordo del 341 a.C. portò ad un ribaltamento delle alleanze costringendo Roma a combattere contro i vecchi alleati: Latini, Campani, Sidicini, Volsci e Aurunci. Il conflitto 341-338 noto come ‘Grande guerra Latina’ fu durissimo ma alla fine il successo fu dei Romani. ● La lega Latina viene disciolta: alcune città vennero incorporate nello Stato romano in qualità di municipi, altre conservarono la propria indipendenza formale e i diritti di connubium, commercium, migratio con Roma ma non poterono intrattenere alcuna relazione tra loro. ● Altre città colonie furono fondate ex novo e quindi acquisirono una nuova concezione dello status latino divenendo soci cioè alleati. ● Latini vecchi e nuovi furono obbligati a fornire truppe a Roma in caso di necessità; I Latini ottengono il diritto di voto nelle assemblee popolari di Roma; Lo scontro decisivo con Roma avvenne nel 275 a.C. a Benevento dove le truppe di Pirro, in grave inferiorità numerica, furono messe in fuga da Manio Curio Dentato Console. Pirro morirà nel 272 a.C. nel Peloponneso. Taranto fu costretta a diventare alleata romana mentre le città greche meridionali non subirono danni. 5 LA CONQUISTA DEL MEDITERRANEO La prima guerra punica 264-241 Nel 264 Roma, che controllava tutta l’Italia peninsulare fino allo stretto di Messina, entrò in conflitto con Cartagine (regime oligarchico, grandi eserciti e potenti flotte, vasto impero dalle coste dell’Africa settentrionale a quelle della Spagna meridionale, dalla Sardegna alla parte occidentale della Sicilia). I Mamertini erano mercenari italici che si erano impadroniti con la forza di Messina e saccheggiavano le città vicine. I Siracusani, comandati da Lerone, si mobilitarono e sconfissero i Mamertini, accettando l’aiuto dei cartaginesi, che lasciarono in città una guarnigione. Presto i Mamertini si stancarono della tutela cartaginese e chiesero aiuto a Roma per liberarsene. A Roma ci fu un serrato dibattito per decidere se intervenire o meno, ma alla fine Roma inviò un esercito in soccorso ai Mamertini, perché aveva paura che Cartagine conquistasse la zona strategica dello stretto se non l’intera Sicilia. Nei primi anni Cartagine alleata con i Siracusani riuscì ad avere la meglio senza nemmeno combattere, ma presto Siracusa comprese che l’alleanza con Cartagine era pericolosa perciò si schierò dalla parte di Roma siglando un trattato di pace 263 che prevedeva il pagamento di un indennizzo. I romani ebbero la meglio ad Agrigento nel 262 e anche nel 260 a.C. a Milazzo con il console Caio Duilio con flotta. Roma pensò di vincere definitivamente attaccando i possedimenti africani di Cartagine nel 256 a.C.: all’inizio il comandante romano Attilio Regolo ebbe la meglio (Ecnomo) ma propose un trattato con condizioni durissime che Cartagine non accettò. Nel 255 a.C., a guerra ripresa, Regolo fu sconfitto e la flotta romana fu distrutta. Fu persa anche la flotta di Publio Claudio Pulcro a Trapani. Roma non possedeva il denaro per poter creare nuovamente una nuova flotta. Ci riuscì soltanto anni dopo grazie ad un prestito dei cittadini più facoltosi. Lo scontro finale che imputò la vittoria ai Romani fu alle isole Egadi nel 241 a.C. i romani impongono ai cartaginesi il pagamento di un indennizzo, la restituzione dei prigionieri di guerra e lo sgombero dell’intera Sicilia (isole lipari e egadi). La prima provincia romana Fino ad ora, le popolazioni o città conquistate dai romani erano state direttamente incorporate nello stato romano oppure legate da trattati che prevedevano l’invio di truppe in aiuto di Roma, ma non il pagamento di una tassa in denaro e lasciavano alle comunità sociae una larga autonomia interna. La conquista della Sicilia segna una svolta perché viene adottata una soluzione amministrativa diversa, venne creata una provincia: ● venne imposto un tributo annuale in cereali (decima parte del raccolto); ● I nuovi possedimenti siciliani vennero affidati a un magistrato romano inviato annualmente sull’isola, il quale doveva garantire il mantenimento dell’ordine e la difesa di questi territori; nei primi anni probabilmente uno dei questori della flotta, quaestores classici, poi furono istituiti due nuovi pretori. In breve, il termine provincia, che originariamente indicava semplicemente e genericamente la sfera di competenza di un magistrato, assunse un significato più specifico: territorio soggetto all’autorità di un magistrato romano. In Sicilia esistevano ancora Stati formalmente indipendenti tra i quali il regno siracusano di Ierone e la città alleata di Messina. Tra le due guerre Nel periodo che va dalla fine della prima guerra punica (241 a.C.) e lo scoppio della seconda (218 a.C.) Roma e Cartagine consolidarono le proprie potenze in vista dello scontro decisivo. I romani: ● conquistarono la Sardegna e la Corsica che diventano la seconda provincia romana dopo la Sicilia (237 a.C.) poiché i cartaginesi non avevano la possibilità di sostenere una nuova guerra, quindi accettarono di cederle. ● pochi anni dopo, sull’Adriatico, i pirati illiri stavano arrecando danni alle città greche, che chiesero aiuto a Roma. Il senato romano inviò proteste alla regina degli Illiri, Teuta, la quale però le rifiutò causando una dichiarazione di guerra da parte di Roma. Iniziava così la prima guerra illirica (229 a.C.) che vide presto la vittoria di Roma. ● qualche anno dopo, Roma intervenne di nuovo in illiria contro Demetrio di Faro e Filippo V di Macedonia; Anche la seconda guerra illirica (219 a.C.) dal punto di vista militare fu un’impresa di poco conto per i Romani. ● Negli anni tra le due guerre puniche Roma avviò la conquista dell’Italia settentrionale, che fu invasa dai Galli nel 236, fino alla colonia latina di Rimini. I Galli dichiararono guerra a Roma, riuscirono a penetrare in Etruria ed ottenere qualche successo ma nel 225 a.C. vennero annientati dai romani a Telamone e nel 222 a.C. a Casteggio contro Galli Insubri: conquista varie colonie in pianura padana, tra cui Mediolanum e Aquileia nel 181 a.C. ● Venne creata anche una fitta rete stradale: nel 220 a.C. fu creata la Via Flaminia che collega Rimini e Roma, nel 187 a.C. la via Emilia che collega Rimini e Piacenza, e nel 148 a.C. la via Postumia che collega Genova ad Aquileia. Cartagine invece: ● cercava di costruire una nuova base in Spagna, affidandola alla famiglia Barca (prima Amilcare, poi il genero Asdrubale e infine Annibale, figlio di Amilcare). ● Nel 226 il senato romano concluse con Asdrubale un trattato, detto trattato dell’Ebro, per cui Il fiume Ebro rappresentava la linea di confine tra l’area di egemonia cartaginese e quella romana . ● Roma però, aveva fatto un trattato di alleanza con la città di Sagunto, che si trovava a sud dell’Ebro. La questione di Sagunto venne sfruttata da Annibale per far esplodere la seconda guerra punica. La seconda guerra punica 218-201 Il conflitto esplose a causa della questione di Sagunto: ● Alle prime minacce dei Cartaginesi i Saguntini chiesero aiuto a Roma che si mobilitò però solo dopo che Annibale aveva già espugnato Sagunto. Nel 218 Annibale parte da Nuova Cartagine con un imponente esercito, valicò i Pirenei e le Alpi, perdendo molti uomini ma riuscendo ad ottenere il sostegno dei Galli Boi e Insubri. Vinse le prime battaglie sui fiumi Ticino e Trebbia nel 218 e al Lago Trasimeno nel 217. Roma, sotto la spinta di Quinto Fabio Massimo nominato dittatore (detto il Temporeggiatore) escogitò una strategia attendista, quella di evitare tutti i possibili scontri. Questa strategia avrebbe sicuramente nel lungo periodo sfiancato l’esercito di Annibale, ma nel frattempo avrebbe causato la distruzione dell’Italia da parte dei cartaginesi. Per questo motivo, scaduti i sei mesi della dittatura di Fabio Massimo, si decise di passare nuovamente all’offensiva: ma nel 216 a.C. Annibale riuscì ad annientare gli eserciti romani congiunti di Marco Terenzio Varrone e Lucio Emilio Paolo a Canne (in Puglia). Alcune comunità alleate dell’Italia meridionale abbandonarono Roma, tra cui Siracusa (dopo la morte di Ierone, il nipote si schiera con Cartagine). Nello stesso anno Annibale strinse un’alleanza con Filippo V di Macedonia. ● Dopo Canne, Roma riuscì a riprendersi principalmente grazie al mantenimento della fedeltà degli alleati dell’Italia centrale e grazie alla strategia attendista di Fabio Massimo, riesce a riguadagnare le posizioni perdute nel Mezzogiorno: Nel 212 a.C. Roma riuscì a conquistare e saccheggiare Siracusa riprendendone il controllo; E nel 211 a.C. anche Capua fu riconquistata. ● Contemporaneamente Roma combatte la prima guerra macedonica, riuscì a fronteggiare l’invasione di Filippo V in Italia che si concluse nel 205 a.C. con la pace di Fenice. ● La svolta decisiva per la seconda guerra punica si ebbe in Spagna. Publio Cornelio Scipione e il fratello Cneo riuscirono per diversi anni a impedire l’arrivo di rinforzi ad Annibale dalla Spagna. Il figlio omonimo di Publio Cornelio Scipione, detto l’Africano si impadronì di Nuova Cartagine e nel 209 sconfisse Asdrubale (fratello di Annibale), nella località di Baecula. ● Successivamente, Scipione l’Africano progettò l’invasione dell’Africa e in questo contesto fu essenziale l’alleanza con Massinissa re dei Massili. Lo sbarco in Africa avvenne nel 204 a.C. ma la battaglia decisiva ci fu nel 202 a.C. dove i romani vinsero a Zama. Nel 201 a.C. fu firmato il trattato di pace che imponeva a Cartagine di: consegnare tutte le navi, eccetto dieci; pagare una forte indennità; consegnare prigionieri di guerra; cedere tutti i possedimenti eccetto l’Africa, riconosce confine regno di Numidia e le fu vietato di dichiarare guerra senza il permesso di Roma (questa grave limitazione mise Cartagine in difficoltà di fronte alla crescente aggressività di Massinissa). La seconda guerra macedonica 200-197 Filippo V di Macedonia aveva creato una rete di relazioni con alcuni stati greci tra i quali la lega etolica, il regno di Pergamo e Atene. Nel 201 scoppia la guerra tra Filippo V e Pergameni e Rodii (largo di Chio) che però compresero che da soli non sarebbero riusciti ad allontanare la minaccia macedone, quindi si rivolsero a Roma. Roma decise di inviare un ultimatum a Filippo chiedendogli di ripagare i danni di guerra inflitti agli alleati di Roma e di astenersi dall’attaccare gli Stati greci. Filippo però ignora l’ultimatum. La terza guerra punica 149-146 Dopo la sconfitta della seconda guerra punica, Cartagine si era ripresa rapidamente e a Roma c’era chi voleva distruggerla (Catone il vecchio), sia per paura che per desiderio di conquista. Cartagine entra in conflitto con la Numidia di Massinissa che si stava espandendo a sue spese. In base alla pace della seconda guerra punica, Cartagine non poteva dichiarare guerra senza il consenso di Roma, che non gli permise più volte di attaccare Massinissa, ma a Cartagine prevalse il partito della guerra e fu inviato contro Massinissa un esercito capitanato da Asdrubale. L’esercito cartaginese fu clamorosamente sconfitto e a Roma si decise per la definitiva distruzione di Cartagine. Nel 149 a.C. un esercito romano sbarco in Africa e p0er evitare la guerra, Cartagine consegnò volontariamente una notevole quantità di armamenti e ostaggi ma si rifiutò di abbandonare la città, resistendo all’attacco dei romani che si trasformò in un lungo e difficile assedio. La situazione si sbloccò nel 146 a.C. sotto il comando di Publio Cornelio Scipione Emiliano, quando la città fu rasa al suolo, saccheggiata e trasformata nella nuova provincia d’Africa con capitale Utica. La Spagna Roma era riuscita ad annientare Cartagine ma non aveva ancora risolto la situazione in Spagna, dove Roma aveva creato due nuove province: Spagna Citeriore (a Nord) e Spagna Ulteriore (a Sud) governate da due pretori; le due province dovevano pagare un tributo a Roma e fornire truppe ausiliarie all’esercito romano. La penetrazione all’interno della penisola fu però difficile a causa di continue ribellioni delle tribù celtibere, in particolare i Lusitani guidati da Viriato 147-139, questa guerra generò molto malcontento tra i soldati. Il console Caio Ostilio Mancino sconfitto a Numanzia nel 137 a.C. è costretto a una pace umiliante; Nel 134 a.C. viene eletto console per la seconda volta (in deroga alla legge) Scipione Emiliano e gli viene affidata la spedizione contro Numanzia; L’Emiliano conquista e distrugge la città nel 133 a.C. 6 DAI GRACCHI ALLA GUERRA SOCIALE L’età dei Gracchi 133-121: una svolta epocale? La tradizione storiografica aristocratica, dominante nelle nostre fonti, con la sua polemica contro il tribunato della plebe, considerato la ‘più eversiva’ di tutte le cariche, ha canonicamente identificato nell’età dei Gracchi l’origine della degenerazione dello Stato romano e l’inizio del tempo delle guerre civili. Si tratta di una schematizzazione senz’altro eccessiva, ma è indubbio che in questo periodo vennero a maturazione fenomeni e problemi tra loro connessi e preesistenti che affondavano le loro radici nell’espansione del dominio romano. Mutamento degli equilibri sociali Cause: ● La guerra annibalica aveva inferto profonde ferite all’agricoltura nella Penisola. ● le continue campagne belliche oltremare avevano tenuto i Romani e gli alleati lontano dalle proprie case e dai poderi; ● le conquiste esterne avevano comportato consistente afflusso di ricchezze (caduti però nelle mani di pochi), un ampliamento di orizzonti e di occasioni di sfruttamento e di mercato, un’enorme massa di schiavi, una massiccia penetrazione di schemi e idee greche a Roma e in Italia; ● bottini di guerra consistenti erano caduti in possesso di Roma, dei generali, dei soldati; ● nutrici e precettori di cultura greca allevano i giovani ricchi romani, schiavi greci colti amministrano case, proprietà (segretari), servizio domestico (maggiordomi), aspetto e salute fisica (barbieri) Conseguenze: ● i Romani e gli Italici entrarono nel grande commercio (olio, vino, grano, beni di lusso, schiavi) come negotiatores e si installano nelle province acquisite; ● Erano diventati amministratori bancari favorendo la fortuna di molti senatori, tramite dei prestanome (essendo il grande commercio interdetto loro dalla lex Claudia del 218 a.C.) e favoriscono l’ascesa degli equites (cavalieri: hanno ricchezza fondiaria, finanziaria, mobiliare per una base di censo di 400.000 sesterzi; sono esclusi dalle cariche pubbliche); ● potente diffusione dell’ellenismo in Italia e a Roma. Crisi della piccola proprietà fondiaria e inurbamento Lo sviluppo degli scambi commerciali aveva modificato la fisionomia dell’agricoltura italica: Cause: ● massiccio ricorso alla mano d’opera; ● importazione di grandi quantità di grano (soprattutto dalla Sicilia) e materie prime; ● spinta verso colture più speculative; Conseguenze: ● I piccoli proprietari terrieri trattenuti a lungo lontani dai propri campi, furono costretti a vendere i propri terreni e a divenire schiavi di grandi proprietari terrieri. ● Si diffonde la grande azienda agricola (villa rustica) basata sullo sfruttamento intensivo del personale schiavile e diretta da schiavi-manager (vilici); ● I piccoli proprietari terrieri spesso sono costretti a vendere le loro proprietà perché non riescono a sostenere la concorrenza; ● Grandi masse di ex piccoli proprietari affluiscono a Roma in cerca di un’occupazione o attirati dalle possibilità che la città offre. Roma crebbe di dimensioni iniziando la sua trasformazione in grande metropoli, con tutti i problemi di sussistenza e di approvvigionamento che di lì a poco cominciarono a rivelarsi in tutta la loro gravità. Rivolte servili Il moltiplicarsi di queste grandi tenute a personale schiavile e il dilatarsi delle zone destinate al pascolo in cui il bestiame era difeso e vegliato da schiavi-pastori armati, crearono i presupposti per lo scoppio di rivolte servili. La prima rivolta si verificò nel 140 in Sicilia, nelle tenute del proprietario terriero Damofilo, al seguito dello schiavo Euno, si diffuse poi in tutta l’isola. I mezzi ordinari non furono sufficienti ad arginare la ribellione e Roma fu costretta ad inviare nell’isola tre consoli e solo l’ultimo, Publio Rupilio, riuscì nel 132 a.C. a domare la ribellione. Nel 104-100 a.C. ci fu una nuova rivolta, sempre in Sicilia. Optimates e populares I mutamenti sociali ebbero ripercussioni sull’equilibrio che regolava la stabilità della classe dirigente romana, la nobilitas, che si divise in due fazioni: ● Optimates: che si richiamavano alle tradizioni degli avi e si autodefinivano boni, cioè “gente da bene”. Questa fazione cercava di ottenere l’approvazione dei benpensanti, sostenendo l’autorità del Senato. ● Populares: che si proponevano come difensori del popolo, auspicando una serie di riforme in campo politico e sociale. Un esempio di questa tendenza è l’approvazione di tre leggi tabellarie: lex Gabinia tabellaria 139 a.C. (comizi elettorali), lex Cassia tabellaria 137 a.C. (giudizi popolari), lex Papiria tabellaria 131 a.C. (comizi legislativi). La questione dell’ager publicus e il tentativo di riforma agraria di Caio Lelio Le guerre di conquista avevano fatto crescere a dismisura l’ager publicus=terreno demaniale di proprietà collettiva dello stato romano: parti di esso erano spesso concesse in uso a privati a titolo di occupatio, dietro il pagamento di un canone. Lo Stato restava proprietario di questi terreni e si riservava la facoltà di revocarne il possesso a sua discrezione. Il canone preteso dallo stato (vectigal) era irrisorio e non sempre veniva riscosso. La crisi della piccola proprietà fondiaria fece sì che la maggior parte dell’ager publicus si concentrasse nelle mani dei grandi proprietari terrieri accentuando lo sfruttamento dei più piccoli: era necessaria una serie di norme che regolasse la dimensione dell’ager publicus. L’ultima di tali leggi è attribuita a Caio Lelio 140 o 145 (amico di Scipione Emiliano), il suo progetto attirò però l’opposizione dei senatori tanto che egli si ritirò. Tiberio Gracco Nell’anno del suo tribunato della plebe, 133 a.C., propose una riforma agraria per limitare la quantità di terreno pubblico posseduto. Il progetto di legge agraria (proposta ai comizi tributi) ● fissava il limite massimo di occupazione dell’agro pubblico a 500 iugeri (125 ettari) + 250 iugeri per ogni figlio, fino a un massimo di 1000 iugeri (250 ettari) per famiglia; ● istituì un collegio di triumviri, tresviri agris dandis iudicandis adsignandis, eletto dal popolo e composto da Tiberio, il fratello Caio e il suocero Appio Claudio Pulcro princeps del senato, il cui compito sarebbe stato quello di ripartire i lotti e recuperare i terreni in eccesso; ● questi ultimi sarebbero stati distribuiti ai cittadini più poveri in lotti forse di 30 iugeri (7,5 ettari) per persona e inalienabili; ● i fondi necessari alla riforma sarebbero stati ricavati dal tesoro del re di Pergamo Attalo III lasciato in eredità al popolo romano. Lo scopo della legge era quello di ricostruire e conservare un ceto di piccoli proprietari per garantire una base stabile al reclutamento dell’esercito. Conseguenze: ● il progetto sollevò le proteste dei grandi proprietari che vedevano le proprie terre espropriate; ● il giorno della presentazione del progetto, un tribuno della plebe, Marco Ottavio, pose il suo veto impedendo l’approvazione del progetto; Tiberio chiese all’assemblea di destituire Ottavio perché, con il suo veto, stava venendo meno al suo mandato di difensore del popolo. Ottavio fu rimosso e la riforma approvata. L’arruolamento dei nullatenenti e la fine della guerra giugurtina Mario che necessitava nuove truppe per far fronte alle perdite nella guerra giugurtina, apri l’arruolamento volontario ai capite censi, cioè coloro senza il minimo bene patrimoniale: i nullatenenti. Con il suo nuovo esercito ritorna in Africa e dopo tre anni di guerra, tramite trattative diplomatiche Mario riesce a rompere l’alleanza di Giugurta col suocero Bocco, re di Mauretania: Bocco lo tradisce e lo consegna ai Romani nel 105. La Numidia orientale fu assegnata a un nipote di Massinissa, la parte rimanente a Bocco, suocero di Giugurta, con cui venne stipulato un trattato di alleanza. Caio Mario fu rieletto console nel 104 a.C. Cimbri e Teutoni; ulteriori trasformazioni nell’esercito Nel frattempo due popolazioni germaniche: i Cimbri (dalla Danimarca) e i Teutoni (dall’Holstein), stavano migrando verso sud, per sovrappopolamento e maree rovinose. Oltrepassato il Danubio e furono affrontati a Noreia, qui i romani subirono una disastrosa sconfitta, nel 113 a.C. Cimbri e Teutoni comparvero poi in Gallia, e anche qui i romani furono sconfitti dai germanici, nel 105 a.C., a Arausio (attuale Orange). Caio Mario, nel 104 a.C. (al 100) venne rieletto console e gli fu affidato il comando della guerra, egli in attesa che i barbari si facessero vivi di nuovo riorganizzò l’esercito: ogni legione fu articolata in 10 coorti di circa 600 uomini ciascuna, ognuna delle quali poteva operare con una certa autonomia. Il suo lavoro di riorganizzazione riguardò anche l’addestramento, l’equipaggiamento, l’armamento, le insegne e la logistica degli approvvigionamenti. Non appena i Germani comparvero Roma sterminò prima i Teutoni ad Aquae Sextiae (l’attuale Aix en Provence)102 e poi i Cimbri ai Campii Raudii (Veneto) 101. Eclissi politica di Mario; Saturnino e Glaucia Mentre era impegnato in campagne militari e Mario aveva creduto utile appoggiarsi a Lucio Appuleio Saturnino (nobile entrato in rotta con le fazioni conservatrici del senato) e lo fa eleggere tribuno della plebe nel 113 a.C. In cambio, Saturnino fa approvare la distribuzione di terre in Africa ai veterani di Mario, propone la legge frumentaria, approva la lex de maiestate che punisce reato di lesioni dell’autorità del popolo romano compiuto dai magistrati (collegio giudicante fatto di cavalieri). Nel 100 a.C. Mario fu eletto al suo sesto consolato, Saturnino come tribuno della plebe per la seconda volta e Caio Servilio Glaucia, pretore. Contando sulla legge di Mario, Saturnino presentò una legge agraria che prevedeva assegnazioni di terre nella Gallia meridionale e la fondazione di colonie in Sicilia, Acaia e Macedonia. Nel 99, durante le elezioni scoppiarono dei tumulti in cui un competitore di Glaucia finì assassinato. Il senato non attendeva altro per proclamare il senatus consultum ultimum. Mario, in qualità di console, fu costretto ad applicarlo contro i suoi stessi alleati politici e Saturnino e Glaucia furono uccisi. Il prestigio di Mario fu fortemente compromesso dalla vicenda tanto che egli preferì allontanarsi da Roma per intraprendere ufficialmente una missione diplomatica nel Ponto. Pirati; schiavi; Cirenaica In Oriente era divenuta sempre più manifesta e pericolosa per la navigazione l’azione dei pirati che erano attivi nei mari greci, di Creta e dell’Egeo orientale (oltre che razzie nel porto franco di Delo). Nel 102 a.C. Roma decise di intervenire inviando nella zona il pretore Marco Antonio, con il compito di distruggere le basi dei pirati e impadronirsene. L’azione si protrasse per un paio d’anni accompagnata dalla costituzione della provincia costiera di Cilicia 102-101 con la funzione di proteggere il commercio marittimo d’Asia. Nel 104-100 a.C., un nuova rivolta servile sconvolge la Sicilia→repressa con molte difficoltà e gravi perdite. Marco Livio Druso e la concessione della cittadinanza agli Italici Il decennio successivo al 100 a.C. fu caratterizzato da forti tensioni politiche e sociali. Nel 98 a.C. un provvedimento rese obbligatorio un intervallo di tre nundinae (giorni di mercato a cadenza settimanale) tra affissione di una proposta di legge e sua votazione; vietata la formulazione di una lex satura; In questa atmosfera fu eletto tribuno della plebe Marco Livio Druso, nel 91 a.C. Egli tentò di fare da intermediario tra le varie parti che in quegli anni si scontravano all’interno della politica romana, da un lato promulgò provvedimenti di evidente contenuto popolare come la legge agraria volta alla distribuzione di nuovi appezzamenti e alla deduzione di nuove colonie, e una legge frumentaria che abbassava il prezzo politico delle distribuzioni granarie; dall’altro restituì ai senatori i tribunali per i reati di concussione, proponendo però l’ammissione dei cavalieri in senato, che venne aumentato da 300 a 600 membri. Inoltre volle proporre la concessione della cittadinanza romana a tutti gli alleati italici destando una vasta opposizione, tanto che egli fu assassinato e tutte le sue leggi dichiarate nulle. La guerra sociale 90-88 Con l’espansione di Roma nel Mediterraneo, i suoi domini si erano sempre più unificati sotto una matrice ellenistica e ciò fece sì che la concessione della cittadinanza diventasse un problema sentito. Inoltre vi era una forte disparità di trattamento tra coloro che erano cittadini e chi non godeva di questo privilegio: gli Italici non beneficiavano delle distribuzioni agrarie e frumentarie, non sfruttavano economicamente le province, non avevano parte nelle decisioni politiche, economiche, militari, pagavano l’imposta per il soldo dei soldati, minor parte del bottino, punizioni più gravi, no comando dell’esercito; L’assassino di Druso fece scattare la rivolta delle popolazioni italiche contro Roma, chiamata guerra sociale perché combattuta contro i socii di Roma, cioè i suoi stessi alleati. Le ostilità partirono da Ascoli nel 90 a.C. dove un pretore e tutti i romani residenti furono massacrati. L’insurrezione si estese sul versante adriatico, sull’Appennino centrale e in quello meridionale. Solo Etruschi, Umbri, città latine e quelle della Magna Grecia non aderirono. A Roma già dal 90 a.C. si cercò una soluzione politica del conflitto, con la lex Iulia de civitate: concede cittadinanza romana agli alleati rimasti fedeli e alle comunità che avessero deposto rapidamente le armi. L’anno successivo, 89, con la lex Plautia Papiria la cittadinanza fu estesa agli Italici che si fossero registrati entro 60 giorni presso il pretore di Roma. La lex Pompeia de Transpadanis attribuisce il diritto latino alle comunità alleate a nord del Po. Nell’88 a.C. assedio dell’ultima roccaforte, Nola, ad opera del console Lucio Cornelio Silla. Conseguenze: La concessione della cittadinanza fu estesa a tutta l’Italia fino alla Transpadana, inaugurando sia un processo di unificazione politica dell’Italia, sia una nuova fase della storia delle istituzioni di Roma -le aristocrazie italiche erano riuscite a fondare i presupposti per un loro accesso alle magistrature e un successivo ingresso in senato; -per esercitare i loro diritti i neocittadini dovevano recarsi a Roma per partecipare personalmente alle assemblee→gli interessi di molti cominciarono a convergere verso la città; -Roma si avviò ad assumere sempre più i caratteri di una grande metropoli cosmopolita. 7 PRIMI SCONTRI TRA FAZIONI IN ARMI Mitridate VI Eupatore Nel 112 Mitridate VI Eupatore diventa re del Ponto e approfittando della guerra sociale intraprese una politica espansionistica facendo invadere la Cappadocia dal genero Tigrane, re d'Armenia e spodestando dalla Bitinia il nuovo re Nicomede IV, che chiede aiuto a Roma. Verso la fine del 90 a.C. Mitridate dichiarò guerra a Roma: egli intraprese un’opera di propaganda antiromana rivolta al mondo greco. Egli si presentò come un benefattore che ripristinava le autonomie locali e concedeva l’immunità dai tributi. Dilaga in Cappadocia e riuscì presto a conquistare tutta l’Asia (fa massacrare oltre ottantamila tra Romani e Italici, inclusi donne e bambini). -l’isola di Delo ed Atene fanno causa comune con il ‘liberatore’, alleandosi con lui; solo Rodi rimane fedele a Roma; -nell’88 attraversa la Tracia, la Macedonia, la Tessaglia, invade la Grecia centrale e ottiene l’adesione della Beozia, di Sparta e del Peloponneso; Sempre nell’88, Roma manda il console Lucio Cornelio Silla (che al tempo era impegnato nell’assedio di Nola→guerra sociale) Il tribunato di Publio Sulpicio Rufo e il ritorno di Mario; Silla marcia su Roma Mentre Silla accelerava le operazioni intorno a Nola per poi marciare contro Mitridate, nel frattempo a Roma il tribuno della plebe Publio Sulpicio Rufo si adopera per privarlo del comando della guerra e riprende in mano il problema dell’inserimento dei cittadini italici nelle tribù romane. Ma il fatto che essi, al pari di tutti gli altri cittadini, dovessero venire iscritti nelle tribù, poteva produrre mutamenti radicali. Il loro numero infatti era tale che, se fossero stati ripartiti tra tutte e 35 le tribù e si fossero recati in massa a Roma per votare, sarebbero stati in maggioranza in ciascuna tribù, si era cercato allora di immetterli in un numero limitato di tribù. In questo modo, poiché nei comizi tributi i cittadini votavano entro la tribù e si contava un voto per ogni tribù, i neocittadini avrebbero potuto influire soltanto sul voto di poche tribù mentre i vecchi cittadini avrebbero continuato a mantenere la prevalenza complessiva dell’organismo. La guerra sociale e la campagna contro Mitridate avevano prodotto una profonda crisi economica. Per far fronte a questo problema Rufo propose una serie di provvedimenti: ● Inserimento dei neo cittadini in tutte le 35 tribù, L’ultima resistenza mariana; Sertorio 80-72 Nell’82 a.C. Quinto Sertorio (distintosi nelle mariane contro i Cimbri e i Teutoni e nella guerra sociale) era giunto in Spagna Citeriore col ruolo di governatore, qui aveva creato una sorta di stato mariano in esilio. Tutti i tentativi di abbatterlo si erano rivelati vani. Nel 77 a.C. alcune truppe superstiti di Lepido al comando di Perperna, si erano unite a Sertorio. Sceglie Osca come capitale e qui crea un senato di 300 membri e una scuola. A Roma il senato decise di ricorrere a Pompeo che fu inviato in Spagna Citeriore con l’attribuzione di un imperium straordinario. Egli arrivato in Spagna, subì alcune sconfitte da Sertorio, tanto che fu costretto a richiedere al senato l’invio di rifornimenti e rinforzi. Nel 74 a.C. la situazione migliorò e riuscì a vincere anche grazie ai dissapori creatisi contro Sertorio che fu assassinato a tradimento nel 72 da Perperna. Quindi nel 71 a.C. Pompeo sconfigge e giustizia Perperna e abbatte le ultime sacche di resistenza. La rivolta servile di Spartaco 73-71 Nel 73 a.C. scoppia la terza rivolta di schiavi, a Capua in una scuola di gladiatori, dove una settantina di essi si ribellarono e rifugiarono sul Vesuvio. Là furono raggiunti da gladiatori, schiavi, e uomini ridotti in miseria dall’Italia meridionale (soprattutto Traci, Galli, Germani, Orientali) e la rivolta si estese a tutto il sud Italia. A capo della rivolta furono posti tre gladiatori: Spartaco, un trace, Crisso ed Enomao, celti, ma non avevano un piano preciso: Spartaco intendeva condurre i rivoltosi al di là delle Alpi e farli tornare nei propri paesi di origine, gli altri preferivano darsi alla razzia e al saccheggio. Il senato decise di affidare il comando a Marco Licinio Crasso, console, che riuscì a bloccare Spartaco e i suoi in Calabria (i ribelli sono traditi dai pirati che avrebbero dovuto portarli in Sicilia). Nel 71 ci fu la battaglia decisiva in Lucania: Spartaco cade e migliaia di prigionieri furono fatti crocifiggere da Crasso lungo la via Appia tra Roma e Capua. Pompeo, di ritorno dalla Spagna, per caso intercetta in Etruria i superstiti e li annienta. Il consolato di Pompeo e Crasso e lo smantellamento dell’ordinamento sillano 70 -nel 75 a.C. il console Caio Aurelio Cotta abolisce divieto per tribuni di ricoprire cariche successive; -nel 73 a.C. la lex Terentia Cassia ripristina distribuzioni di grano a prezzo politico. Pompeo (pur non avendo l’età e non avendo affrontato l’iter di carriere necessario) e Crasso furono eletti consoli nel 70 a.C. e smantellarono la riforma sillana: ● Restaurano la pienezza dei poteri dei tribuni della plebe; ● Distribuiscono il grano a prezzo politico; ● Eleggono nuovamente i censori che epurarono il senato da 64 membri (sillani) definiti indegni e condussero il censimento. Il pretore Lucio Aurelio Cotta ripartisce le giurie dei tribunali permanenti tra senatori, cavalieri e tribuni aerarii. Pompeo in Oriente; operazioni contro i pirati; nuova guerra mitridatica Negli anni tra l’80 e il 70 a.C. in Oriente erano riemerse le minacce dei pirati e di Mitridate. La pirateria, che Roma aveva scacciato dal Mediterraneo, era ancora libera in oriente, le sue basi principali erano disseminate lungo l’Asia Minore e minacciava i commerci navali. Così nel 74 a.C. fu inviato Marco Antonio per sedare la pirateria: egli si concentrò su Creta dove fu sconfitto, così le operazioni furono affidate a Quinto Cecilio Metello che riconquistò l’isola. Sempre nel 74 a.C. si riaprì la guerra con Mitridate, quando, alla morte di Nicomede IV il suo regno di Bitinia fu lasciato in eredità ai romani, con un documento che si sospettava essere falso. Mitridate decise di invadere la Bitinia e contro di lui furono inviati Marco Aurelio Cotta e Lucio Licinio Lucullo che costrinse Mitridate a fuggire in Armenia. Lucullo sospese momentaneamente le operazioni per ristabilire la situazione in Asia per poi procedere ancora verso Mitridate ma sua marcia fu fermata dai suoi stessi soldati e dai finanzieri romani (contrari alle sue riforme in Asia) che vollero destituirlo. Mitridate e Tigrane ne approfittarono per riaprire le ostilità. Nel 67 a.C. il tribuno della plebe Aulo Gabinio propose una soluzione drastica contro i pirati: attribuendo per tre anni a Pompeo un imperium infinitum su tutto il Mediterraneo. Pompeo risolse la questione dei pirati, cacciandoli dal Mediterraneo occidentale, e assunse il comando contro Mitridate costringendolo a fuggire nel Mar Nero dove si uccise. Pompeo intanto creò una provincia romana in Siria, giunse poi in Palestina e conquistò Gerusalemme costituendo uno stato autonomo. per poi rientrare nel 62 a Roma trionfante. Il consolato di Cicerone e la congiura di Catilina Durante l’assenza di Pompeo, a Roma si era verificata una grave crisi: Lucio Sergio Catilina (discendente famiglia aristocratica decaduta) si era arricchito durante gli eccidi dell’età sillana, ma aveva speso somme enormi per il suo elevato tenore di vita e per la sua campagna politica. Si candidò per il consolato fallendo per tre anni (65, 63, 62). Nel 63 a.C. venne battuto da Marco Tullio Cicerone, homo novus (proponeva un programma basato sulla cancellazione dei debiti e rivolto agli aristocratici rovinati dalle dissipazioni, dalle campagne elettorali e dalle speculazioni sbagliate, agli indebitati, ai figli dei proscritti). Catilina l’anno dopo 62 decise di intraprendere una cospirazione che mirava a sopprimere i consoli, terrorizzare la città e impadronirsi del potere. Organizzò un esercito in gran parte di veterani sillani in Etruria, ma il piano fu scoperto da Cicerone che con la Prima Catilinaria pronunciata in senato, fece emettere il senatus consultum ultimum che costrinse Catilina ad allontanarsi da Roma. Cicerone arrestò cinque capi della congiura che furono condannati a morte (secondo il volere di Cicerone e Marco Porcio Catone). Catilina fu affrontato da un esercito consolare a Pistoia, dove viene sconfitto e muore. Egitto, Cipro, Cirenaica Alla morte di Tolomeo VIII Evergete II (116 a.C.) il suo regno (Egitto, Cirenaica e Cipro) fu contesa tra i suoi successori. Ciò fece sì che alcuni di questi si rivolgessero ai Romani come garanti del trono. Il problema egiziano divenne attuale per Roma dal 64-63 a.C. quando Pompeo ridusse la Siria a provincia romana e regolò il territorio palestinese. Nel 63 a.C. con una legge agraria, l’Egitto fu incluso in un progetto di assegnazione di terre, questa legge fu combattuta strenuamente da Cicerone che riuscì a farla annullare. Nel 58 a.C. seguì la rivendicazione di Roma su Cipro che fu annesso. 8 DAL 1° TRIUMVIRATO ALLE IDI DI MARZO Il ritorno di Pompeo e il cosiddetto ‘’primo triumvirato’’ Nel 62 a.C. Pompeo, sbarcato a Brindisi, smobilitò l’esercito convinto di ottenere dal senato la ratifica degli assetti territoriali e provinciali da lui decisi in Oriente e le concessioni di terre ai suoi veterani. In senato però i suoi avversari politici (Metelli, Lucullo e Catone) lo umiliarono rimandando. Pompeo, Crasso e Cesare, nel 60 a.C., stringono un accordo segreto e privato, di sostegno reciproco, chiamato “primo triumvirato”, in base al quale, Cesare eletto console per il 59 a.C. avrebbe goduto degli appoggi necessari per esercitare a pieno il suo mandato e inoltre avrebbe dovuto varare una legge agraria che sistemasse i veterani di Pompeo; Crasso avrebbe ottenuto vantaggi per i cavalieri e le compagnie di appaltatori che gli erano legati. L’accordo fu cementato con il matrimonio tra Pompeo e la figlia di Cesare, Giulia. Caio Giulio Cesare console 59 a.C. L’accordo diede i suoi frutti durante il consolato di Cesare: egli fece votare due leggi agrarie che prevedevano la distribuzione di tutto l’agro pubblico rimanente in Italia (ad eccezione della Campania) ai veterani di Pompeo e altre terre acquistate da privati utilizzando i bottini di guerra di Pompeo; poi incluso anche l’agro campano, dove furono insediati anche i cittadini nullatenenti padri di famiglie numerose; -Furono poi fatte ratificare tutte le decisioni prese da Pompeo in Oriente. -Fu ridotto di un terzo il canone d’appalto delle imposte della provincia d’Asia (desiderio di Crasso). -Fu approvata la lex Julia de repetundis per i procedimenti di concussione. -Un altro provvedimento prevedeva la pubblicazione dei verbali delle sedute senatorie e delle assemblee popolari. Verso la fine del consolato, il tribuno della plebe Publio Vatinio fece votare un provvedimento che conferiva a Cesare il proconsolato della Gallia Cisalpina e dell’Illirico per 5 anni, con tre legioni e il diritto di nominare i propri legati e fondare colonie. Successivamente, su proposta di Pompeo, venne assegnato a Cesare anche il proconsolato della Gallia Narbonese, con una quarta legione. Il tribunato di Publio Clodio Pulcro 58 a.C. Cesare, prima di partire per la Gallia (58 a.C.), appoggiò insieme a Pompeo e Crasso, la candidatura al tribunato della plebe di Publio Clodio Pulcro (ex patrizio che, successivamente ad uno scandalo per il quale non avrebbe più potuto concorrere alle magistrature della sua classe di appartenenza, si fece adottare da una famiglia plebea per potersi presentare al tribunato della plebe). Eletto tribuno approvò una serie di leggi: -limita il potere dei censori di espellere i membri del senato; -nessun magistrato può interrompere le assemblee pubbliche adducendo l’osservazione di auspici sfavorevoli; -legalizza di nuovo i collegia (soppressi nel 64 a.C.); -rende completamente gratuite le distribuzioni frumentarie di grano ai cittadini romani residenti a Roma; Con una di queste si comminava l’esilio a chiunque condannasse o avesse condannato a morte un cittadino romano senza concedergli di appellarsi al popolo. Conseguenze: -i collegia diventano prima gruppi di pressione poi bande armate; -notevole incremento delle immigrazioni verso Roma; -Cicerone viene esiliato per aver fatto giustiziare i catilinari. ● Il senato votò il senatus consultum ultimum affidando ai consoli e a Pompeo il compito di difendere lo stato. Appresa questa decisione Cesare varcò il Rubicone, che segnava il confine tra la Gallia Cisalpina e il territorio civico di Roma, dando inizio alla guerra civile. Pompeo fuggì (diretti a Brindisi per imbarcarsi per l’Oriente) con i consoli e buona parte dei senatori. Cesare lo rincorse invano. ● Cesare sconfigge le truppe pompeiane concentrate in Spagna (Llerda). ● Cesare riuscì, nell’inverno del 48 a.C. a porre l’assedio a Durazzo ma fu duramente respinto. Avanzò allora verso la Tessaglia inseguito da Pompeo. Lo scontro decisivo fu proprio in Tessaglia (a Durazzo e a Farsalo) nel 48 a.C. e si tradusse nella disfatta di Pompeo che fuggì verso l’Egitto, dove contava di trovare rifugio presso i figli di re Tolomeo XII Aulete. Ma in Egitto era in corso una contesa dinastica tra il giovane Tolomeo XIII e la sorella maggiore Cleopatra VII (che il padre aveva destinato a succedergli). I consiglieri del re, giudicando compromettente l’accogliere Pompeo, lo fecero assassinare a Pelusio. ● Cesare, arrivato anch’egli ad Alessandria, si trattenne il Egitto per un anno (48-47 a.C.) allo scopo di dirimere le lotte tra i due fratelli e di assicurarsi l’appoggio di quel regno ricchissimo e grande produttore di grano. Assediato dai partigiani di Tolomeo ad Alessandria, fu costretto ad attendere rinforzi prima di poter affrontare in battaglia il re che, sconfitto, fu ucciso. Cleopatra VII fu confermata regina d’Egitto insieme a suo fratello minore Tolomeo XIV e, partito Cesare, diede alla luce un figlio di lui, a cui impose il nome di Tolomeo Cesare. ● Nel 47 a.C. Cesare giunse a Roma per poi ripartire subito per l’Africa dove si erano rifugiati Catone e i pompeiani vinti. Cesare conseguì la vittoria a Tapso (in Tunisia) nel 46 a.C., proclamando in queste terre la provincia di Africa nova. Tornato a Roma, Cesare, celebrò i suoi trionfi e poco dopo organizzò una spedizione per la Spagna, dove avevano ripreso fiato i suoi avversari, sotto la guida dei figli di Pompeo, li affrontò a Munda (nel 45 a.C.) dove vinse. Cesare dittatore perpetuo Nel 48 a.C. Cesare viene nominato dittatore per un anno, nel 46 a.C. dittatura reipublicae constituendae per riformare lo Stato per dieci anni, nel 45 a.C. quarto consolato; Nel 44 a.C. a Cesare venne conferito il titolo di dittatore a vita (dictator perpetuus). Gli fu riconosciuta la facoltà di sedere tra i tribuni della plebe che gli conferiva tutte le prerogative proprie dei tribuni come l’inviolabilità personale e il diritto di veto, pur senza ricoprirne la carica che, in quanto patrizio, non poteva esercitare; e ancora gli fu attribuito il potere di fare trattati di pace o dichiarazioni di guerra senza consultare il senato e il popolo, di presiedere all’attribuzione delle magistrature e di designare i suoi candidati alle elezioni, di assegnare a propri legati le province pretorie; e infine gli vennero offerti gli onori del primo posto in senato, del titolo di imperator (detentore dell’imperium) a vita e di quello di padre dalla patria (parens patriae). Già dal 49 aveva ideato una serie di riforme: ● Il senato fu portato da 600 a 900 membri con l’immissione di un grande numero di seguaci di Cesare, ricchi cavalieri ed elementi provenienti dalle colonie e municipi italici e dalle regioni dell’impero; ● Aumentati da 20 a 40 i questori, da 4 a 6 gli edili, da 8 a 16 i pretori per dare maggiori possibilità di carriera politica ai suoi sostenitori, ● Abbassato il censo minimo per l’ammissione all’ordine equestre, ● Reintrodotte le giurie tribunali equamente distribuite, tra senatori e cavalieri ● Legge suntuaria per porre freno agli sperperi e all’ostentazione di ricchezza ● Disciolte le associazioni popolari che avevano contribuito alle guerre civili degli anni precedenti (collegia). ● Distribuzioni gratuite di grano (il numero dei beneficiari fu ridotto a 150.000 tramite il depennamento degli abusivi), ● Fu realizzato un programma di colonizzazione e distribuzione delle terre per i veterani di Cesare e i cittadini meno abbienti, ● Intraprese attività urbanistiche e di edilizia, che contribuì a fornire lavoro ad abbondante manodopera, ● Riformato il calendario civile con l’aiuto dell’astronomo Sosigene, introducendo l’alternarsi di anni ordinari e bisestili. -Lex Iulia municipalis: raccorda le norme di governo e di amministrazione pubblica dei municipi e di Roma; Le idi di marzo L’eccessiva concentrazione di poteri, il moltiplicarsi di onori senza precedenti, il fatto che ogni carriera politica potesse svolgersi solo sotto il consenso di Cesare, l’arrivo di Cleopatra col figlioletto a Roma, parvero rivelare un’inclinazione verso la regalità e finirono per creare allarme a Roma, anche tra i sostenitori di Cesare. Nei primi mesi del 44 a.C. Cesare aveva preparato una grande campagna militare contro i Parti per ristabilire l’egemonia romana in Asia. A Roma circolò un oracolo secondo cui i Parti potevano essere sconfitti solo da un re e, anche a causa di questo oracolo aumentarono le voci sulle aspirazioni monarchiche di Cesare. Questo evento sommato all’accentrarsi di potere su Cesare fece sì che si spargessero dissapori sul suo conto infatti il 15 marzo del 44 a.C. (idi di marzo) Cesare fu ucciso da una congiura organizzata da Marco Giunio Bruto, Caio Cassio Longino e Decimo Bruto Albinio, nella curia di Pompeo (Campo Marzio). 9 AGONIA DELLA REPUBBLICA L’eredità di Cesare e la guerra di Modena Ucciso Cesare, i cesaricidi non si erano preoccupati di eliminare anche i suoi principali collaboratori Marco Emilio Lepido e Marco Antonio. Inoltre, non avevano alcun programma, così si ritirarono sul Campidoglio per discutere sul da farsi: Lepido voleva assalire immediatamente i congiurati sul Campidoglio, ma prevalse la linea di Marco Antonio che mirava ad ottenere un compromesso: amnistia per i congiurati, convalida degli atti del defunto Cesare e consenso ai suoi funerali di Stato. I successori al consolato di Cesare sarebbero stati Publio Cornelio Dolabella insieme ad Antonio. Dopo il consolato Antonio prese la Macedonia, Dolabella la Siria. Antonio si assicurò una grande popolarità e si fece continuatore ed erede spirituale di Cesare, facendo approvare i suoi progetti di legge. I Cesaricidi abbandonarono Roma. Alla lettura del testamento di Cesare, si scoprì che il dittatore aveva lasciato tre quarti dei suoi beni a un giovane di soli 18 anni, il figlio adottivo Caio Ottavio (suo pronipote) e la parte restante ad altri due parenti. Ottavio, appena saputo del testamento, da Apollonia giunse a Roma per ottenere l’eredità e celebrare il padre, ottenendo l’appoggio dei cesariani e del senato (che voleva arginare lo strapotere di Antonio). Antonio, per controllare più da vicino l’Italia, nel 43 si era fatto assegnare il controllo della Gallia Cisalpina e Gallia Comata al posto della Macedonia. Quando poi mosse verso la Gallia Cisalpina, il suo originario possessore Decimo Giunio Bruto Albino si oppose e si richiuse a Modena, assediata da Antonio, dando inizio alla guerra di Modena (43 a.C.). Il senato ordinò ai due consoli di muovere a favore di Bruto Albino; ad essi venne associato con un imperium propretorio Ottavio. Antonio fu battuto e costretto a ritirarsi verso la Narbonese. Il triumvirato costituente (cosiddetto ‘secondo triumvirato’); le proscrizioni; Filippi Poiché entrambi i consoli erano scomparsi, Ottavio chiese al Senato il consolato per sé e ricompense per i suoi soldati ma gli fu negato, così marciò su Roma. Nell’agosto 43 a.C. fu eletto console: fece revocare le misure di amnistia e istituire un tribunale speciale per perseguire gli assassini di Cesare. In Gallia, Antonio si era unito a Lepido e altri governatori (Planco e Pollione). Decimo Giunio Bruto Albino isolato e abbandonato dai suoi soldati, fu ucciso. Nell’ottobre del 43 a.C. Antonio, Ottaviano e Lepido stipulano un accordo nei pressi di Bologna, sancito da una legge votata dai comizi tributi, la lex Titia, in base al quale veniva istituito un Triumvirato Costituente per la riorganizzazione dello stato dalla durata di 5 anni (fino alla fine del 38 a.C.). ● Antonio avrebbe conservato il governatorato della Gallia Cisalpina e Comata, Lepido la Gallia Narbonese e le due Spagne, Ottaviano l’Africa, la Sicilia, Sardegna e Corsica (l’Oriente era ormai in mano a Bruto e Cassio). ● Vennero riaperte le liste di proscrizione (Cicerone), con i nomi degli assassini di Cesare e dei nemici dei Triumviri e dei loro seguaci. ● si provvide alla divinizzazione di Cesare e all’istituzione del suo culto (Ottaviano Divi filius). ● Nel 42 Antonio e Ottaviano partirono alla volta della Grecia, lo scontro decisivo ebbe luogo a Filippi, in Macedonia, dove sconfissero Cassio e Bruto. Le guerre civili e le battaglie, avevano decimato la vecchia aristocrazia senatoria più conservatrice, il suo posto fu preso da una nuova aristocrazia, composta in larga parte da membri delle classi dirigenti italiche e da persone di fiducia dei Triumviri (élite assai più incline a rapporti di dipendenza politica e personale, premessa indispensabile per il passaggio al regime imperiale). Consolidamento di Ottaviano in Occidente; la guerra di Perugia; Sesto Pompeo; gli accordi di Brindisi, di Miseno e di Taranto; Nauloco Dallo scontro con i cesaricidi esce rafforzato il prestigio militare di Antonio, che conservò il possesso sulle Gallie al quale si aggiunse il comando su tutto l’Oriente, Lepido invece ottenne l’Africa, Ottaviano ebbe le due Spagne oltre al compito di sistemare in Italia i veterani delle legioni e contrastare Sesto Pompeo in Sicilia. L’incarico di riassegnare le terre ai veterani era molto difficile perché non essendoci più agro pubblico a disposizione era necessaria l’espropriazione di terreni italici, venivano colpiti soprattutto gli interessi di piccoli e medi proprietari terrieri. Nel 41 a.C., a causa di questa La riorganizzazione statale non era tuttavia sinonimo di abolizione delle istituzioni repubblicane, il loro funzionamento divenne anzi più regolare. Magistrature ordinarie, senato e comizi mantennero la propria funzione elettorale e legislativa, nessuno metteva più in discussione l’opportunità che il potere venisse detenuto da un solo individuo. In tale sistema, tuttavia, si era imposta la figura del princeps che si pone come punto di riferimento ed equilibrio fra le componenti della nuova realtà ‘imperiale’: esercito, province, senato, plebe urbana. La crisi del 23 a.C. -tra il 27 e il 25 a.C. Augusto in Gallia e Spagna settentrionale contro Asturi e Cantabri; -alternerà periodi circa triennali di permanenza nelle province a periodi circa biennali di permanenza a Roma, in modo che l’assestamento del nuovo ordine potesse compiersi gradualmente e da rispettare l’usuale prassi secondo cui a Roma governavano il senato, il popolo e i magistrati, mentre lui, come promagistrato, si recava nelle province da pacificare; -la mancanza di precedenti e di una prassi per la successione creava i presupposti per un vuoto di potere nel caso che Augusto fosse prematuramente scomparso. Nel 23 a.C. si verificò una grave crisi: 1. In Spagna Augusto si era ammalato gravemente e, pensando di essere sul punto di morte, cercò delle soluzioni per una sua eventuale successione; non aveva figli maschi, dunque puntò sulla figlia Giulia, che aveva sposato il cugino Marco Claudio Marcello (figlio di Ottavia, sorella di Augusto). Marcello però poco dopo morì e Giulia fu data in moglie ad Agrippa che diventa successore designato. 2. Motivo di irritazione per molti fu che a partire dal 31 a.C. Augusto aveva occupato stabilmente un posto nel consolato, limitando le ambizioni di molti. Nel 23 a.C. Augusto depose il consolato e ottenne un imperium proconsolare a vita (poteva agire anche sulle province pacificate). Augusto inoltre ottenne tutti i diritti dei tribuni della plebe più quello di convocare il senato. Le elezioni potevano essere influenzate da Augusto attraverso due procedure: la nominatio cioè l'accettazione delle candidature da parte del magistrato che sovrintendeva alle elezioni; la commendatio cioè la raccomandazione da parte dell'imperatore. ruolo marginale delle assemblee popolari: i comizi ratificavano i candidati scelti da 10 apposite centurie miste di cavalieri e senatori, che li designavano d’accordo con l’impero Il perfezionamento della posizione di preminenza Negli anni successivi Augusto assunse altre cariche: ● Nel 23 a.C. Agrippa assunse un imperium proconsolare per 5 anni per potersi recare in Oriente e risolvere diversi problemi. ● Nel 22 a.C. a seguito di una carestia, Augusto rifiutò la dittatura offertagli dal popolo e assunse la cura annonae cioè l’incarico di provvedere all’approvvigionamento pubblico. ● Tra il 22 e il 19 a.C. Augusto recupera, attraverso una trattativa diplomatica, le insegne delle legioni di Crasso e Marco Antonio; intanto Agrippa sposa Giulia; ● Nel 19 e nel 18 a.C. Augusto esercita i poteri del censore, ottenendo privilegi legati al consolato (sella curulis, 12 littori con fasci); ● Nel 18 a.C. rinnovo dell’imperium proconsulare per 5 anni di Augusto e di Agrippa; Agrippa ottiene la tribunicia potestas; ● Nel 17 a.C. Augusto adotta i figli di Agrippa e Giulia, Lucio Cesare e Caio. Non ci sono variazioni nei poteri fino al 12 a.C., quando morì Lepido e ad Augusto viene conferita la carica di pontefice massimo che lo poneva anche alla guida della vita religiosa. ● L’ultima espressione di riconoscimento ufficiale fu il conferimento del titolo di pater patriae (padre della patria) che senato, cavalieri e popolo gli attribuirono nel 2 a.C. I ceti dirigenti (senatori ed equites) L’attribuzione dell’imperium proconsolare e del potere tribunizio, insieme alle altre prerogative che esaltavano la figura di Augusto, crearono a fianco dell’ordinamento repubblicano, un potere personale più forte della somma di tutte le magistrature repubblicane da cui esso era costituito: sia nell’iniziativa politica a Roma sia nel governo dell’Impero (province) si ebbe una duplice sfera di competenza: quella tradizionale repubblicana e quella specifica del princeps. Il Senato negli ultimi anni di Repubblica aveva visto una profonda trasformazione della sua composizione tradizionale con un notevole aumento dei membri, in seguito all’inclusione dei seguaci di Cesare e, poi, dei triumviri: era cresciuto da 600 a 1000 membri. Augusto agì su questa situazione attraverso dei provvedimenti volti a ripristinare la dignità e il prestigio del Senato, favorendo l’accesso delle élite provinciali più fortemente romanizzate. Augusto nel 29/28 si fece conferire la potestà censoria e procedette con la lectio senatus, cioè alla revisione delle liste dei senatori espellendo dall’assemblea le persone indegne. Nel 18 a.C. condusse una più radicale revisione del Senato, portando il numero di senatori di nuovo a 600 e rese la dignità senatoria una prerogativa ereditaria. Crea una distinzione netta tra ordo equester e senatorius attraverso precisi regolamenti. Durante la Repubblica chi possedeva un censo pari a 400.000 sesterzi e rispondeva ad alcune caratteristiche che ne definivano la dignità (nascita libera, esercizio di professioni non disonorevoli) apparteneva al ceto equestre. Quindi anche i figli dei senatori, finché non accedevano alla questura, erano semplici cavalieri. I senatori si distinguevano dagli equites solo perché avevano intrapreso una carriera politica che assicurava loro l’ingresso in senato e avevano la possibilità di mostrarlo esteriormente portando il laticlavio (una larga striscia color porpora sulla toga). Augusto innalzò il censo minimo per entrare in senato ad un milione di sesterzi, separando definitivamente i due ceti in base al censo. In alcuni casi Augusto concesse l’ingresso in senato a chi non apparteneva ad una famiglia senatoria (tramite l’adlectio). Augusto realizzò così una distinzione netta tra ordo equestre e senatus creando un vero e proprio ordo senatorius formato dalle famiglie senatorie da cui l’assemblea poteva scegliere i propri membri. Si definiscono in modo rigoroso i due raggruppamenti da cui veniva reclutata la classe dirigente dello Stato romano, gli amministratori militari e civili e i più importanti ufficiali dell’esercito. I senatori possedevano tutte le più importanti magistrature a Roma e le principali posizioni di comando civile e militare in provincia. Ma il loro numero non era sufficiente, quindi furono impiegati anche i membri dell’ordo equestre nell’ambito giudiziario e degli appalti pubblici, in campo militare e nelle cariche amministrative. Roma, l’Italia e le province Augusto cercò di migliorare Roma sia dal punto di vista monumentale che da quello dei servizi. Per quanto riguarda la parte monumentale: ● Non diede particolare rilievo alla propria abitazione sul Palatino, e accanto ad essa fece costruire un tempio ad Apollo ● Proseguì i progetti nel foro romano: costruì un tempio per Cesare divinizzato. Tribuna per gli oratori (rostri Azio). Nell’arco partico furono esposte le lastre dei fasti consolari e trionfali. Restaurò la sede del senato. ● Costruì un nuovo foro, il forum augusti con al centro il tempio di Marte Ultore, ● Modificò il campo marzio, dove fu edificato il Pantheon ● Costruì un proprio mausoleo davanti al quale furono incise le Res Gestae (autobiografia) ● Costruì l’Ara Pacis, ● Molti acquedotti, terme, teatri, edifici pubblici e mercati (grazie ad Agrippa). Per quanto riguarda servizi: ● Servizi per approvvigionamento alimentare e idrico per la protezione da incendi e inondazioni. ● Mantenimento degli edifici pubblici e sacri, cura delle strade e delle rive del Tevere a collegi di senatori. ● Divise la città in 14 regiones (circoscrizioni) a loro volta suddivise in vici (quartieri) che servano ad articolare il sistema di gestione della città: più vivi insieme eleggevano i propri magistri, che si occupavano dell’ordine pubblico e della vita religiosa e culturale del quartiere. ● Istituì un servizio di rifornimento granario dalle province con a capo un prefetto equestre. ● Creò un corpo di vigili del fuoco (a capo un prefetto di ordine equestre). ● Il governo era attribuito ad un praefectus urbi appartenente all’ordine senatorio. L’Italia non fu interessata da riforme amministrative: Augusto divise semplicemente l’Italia in 11 regioni che servivano per il censimento delle persone e delle proprietà. Vennero redatti dei provvedimenti per l’organizzazione di un sistema di strade e un servizio di comunicazioni affidato ai magistrati municipali e organizzato da un praefectus vehiculorum equestre. Inoltre ci fu un rinnovamento edilizio nelle città della Penisola: porte, mura, strade, acquedotti. L’amministrazione delle Province vide un cambiamento di natura politica: le province non pacificate venivano governate da appositi legati, scelti tra i senatori, ex consoli o ex pretori per un periodo a discrezione di Augusto. Governavano la provincia e comandavano le legioni ma non riscuotevano tasse, compito affidato a procuratori di rango equestre. Nelle province pacificate, i governatori erano senatori scelti a sorte tra i magistrati e restavano in carica solo un anno, comandavano le forze militari assistiti dai questori. Unica eccezione era l’Egitto assegnato a un prefetto equestre nominato da Augusto che comandava le legioni ed era responsabile dell’amministrazione e della giustizia. L’esercito, la ‘pacificazione’ e l’espansione Dopo la battaglia di Azio i soldati nell’esercito erano troppi, superavano di gran lunga le necessità e i mezzi dell’impero, ma Roma non poteva permettersi di pagare la liquidazione dei veterani poiché era un costo troppo elevato: all’inizio furono affrontati con il bottino di guerra e il patrimonio personale di Augusto, ricevettero poi terre (Italia e province) e ● Nel 26 a.C. Tiberio lasciò definitivamente Roma per trasferirsi a Capri lasciando maggior spazio d’azione a Seiano. ● Nel 31 Seiano dichiara Agrippina nemico pubblico e imprigiona i figli, così Antonia madre di Germanico, risveglia Tiberio che fa giustiziare Seiano). Gli ultimi anni del principato di Tiberio non furono felici perché scoppiò una crisi finanziaria e i rapporti con il Senato si incrinarono, fu un Periodo di terrore (Agrippina si suicida e figli uccisi). Tiberio morì nel 37 d.C. a Capri e fu subito riconosciuto come successore il maggiorenne Caio, detto Caligola, figlio di Germanico. Caligola (37-41 d.C.) Il principato di Caligola durò poco, è ricordato per le sue stravaganze senza limite. Egli fu ben accolto dall’esercito e dal popolo, mentre era mal visto dal senato. Inaugurò una politica di grandi spettacoli e ambiziosi piani edilizi, per questo esaurì le riserve finanziarie lasciate da Tiberio. Le fonti lo ritraggono come un folle tiranno poco interessato al governo e con inclinazione verso forme di dispotismo orientale. -Nel 40 d.C. fa uccidere il re Tolomeo di Mauretania, ultimo discendente di Antonio e Cleopatra→inizio guerra civile che si concluse solo sotto Claudio; -In Oriente ripristina un sistema di stati cuscinetto affidati a principi con i quali aveva stretto legami di amicizia (es. Erode in Galilea). -Vi fu un pesante conflitto con gli ebrei causato dalla sua pretesa di inserire nel tempio di Gerusalemme una propria statua (violenti scontri tra Ebrei e Greci nelle città della Giudea e dell’Oriente). Nel 41 a.C. fu ucciso da una congiura organizzata dai pretoriani (episodio premonitore dei rischi inerenti alla struttura stessa del Principato, esposto, malgrado la prudente organizzazione augustea, ai rischi di involuzione autocratica e assolutistica). Claudio (41-54 d.C.) le fonti lo descrivono come uno sciocco ed inetto, ma in realtà dimostrò notevoli abilità. Ripristinò i rapporti con il senato che rese più credibile e vivo. Riformò l’amministrazione che divenne centrale, organizzata in quattro uffici: ● Un segretario generale ● Uno per le finanze, ● Uno per le suppliche e la corrispondenza istituzionali ● Uno per i procedimenti da tenersi davanti all’imperatore. A capo di essi vi erano i liberti, che acquisivano un potere immenso (per questo motivo il suo impero è ricordato come “regno dei liberti”). L’imperatore migliorò molti servizi per risolvere il problema dell’approvvigionamento granario e idrico: costruì il porto di Ostia; migliorò il sistema delle distribuzioni dei granai affidate al prefetto dell’Annona, costruì due nuovi acquedotti e bonificò la piana del Fucino (Abruzzo) per aumentare la superficie coltivabile in Italia. Concede il diritto di accedere al senato ai notabili della Gallia Comata; fondazione di colonie in Britannia, Germania, Mauretania; concessione della cittadinanza ad alcune popolazioni alpine. Pone fine alla guerra in Mauretania creando due province Intervenne in Oriente e modificò l’assetto di regni clienti creati da Caligola: ristabilisce i privilegi delle comunità ebraiche nelle città orientali. L’impresa militare più rilevante fu nel 43 d.C. la conquista della Britannia ridotta a provincia. Claudio prese come terza moglie Messalina che in sua assenza si legò in modo manifesto ad un giovane console e nel 48 venne uccisa; la quarta moglie fu Agrippina minore che costrinse Claudio ad adottare il figlio del precedente matrimonio, Nerone. Claudio morì misteriosamente nel 54 d.C. e Agrippina fu accusata di avvelenamento per garantire al figlio la successione. La società imperiale Alla base della società romana vi era l’assunto per cui vi doveva essere una articolazione e una differenza formalmente riconosciuta dello status giuridico delle persone. La schiavitù costituiva il 40% della popolazione in Italia; grandi quantità di schiavi erano impiegati in agricoltura ma vi era anche una notevole presenza di schiavi domestici impiegati in attività artigianali e nell’ambito dei servizi (istruttori, medici, segretari, amministratori). Potevano raggiungere alti livelli di ricchezza e potere ma ricchezza non equivale a status giuridico. Lo schiavo che riusciva ad acquistare la propria libertà diventava liberto, però rimaneva legato all’ex padrone da un rapporto di clientela e aveva limitazioni nella vita pubblica e per l’accesso alle magistrature, rappresentano il ceto economicamente più attivo in vari settori dell’economia. I provinciali liberi, è una categoria articolata che comprendeva abitanti delle polis greche e quelli dei villaggi dei britanni o nomadi del deserto. Il princeps poteva concedere la cittadinanza a singoli individui,a città o a categorie di persone, per merito, così alcuni gruppi godevano di uno status giuridico privilegiato. Nerone (54-68 d.C) Nerone assunse il principato a soli 16 anni e fu affiancato dal prefetto del pretorio Afranio Burro, dal suo maestro Seneca e dalla madre Agrippina. All’inizio seguì i loro consigli, poi se ne distaccò rendendo il suo principato completamente diverso da quello ideato da Augusto: qui la res publica era nelle mani di un solo individuo. provocò una forte opposizione Lui era un imperatore vicino alla plebe, che ne apprezzava l’istrionismo e la demagogia (esenzioni fiscali alla Grecia); Nerone commise gravi delitti: fa uccidere il fratello Britannico poi la madre Agrippina Nel 64 d.C. Roma fu bruciata per due terzi della sua estensione: Nerone che si trovava ad Anzio tornò immediatamente a Roma e cercò di risolvere la crisi ma venne accusato di essere il responsabile quindi per discolparsi accusò il popolo Cristiano che venne severamente perseguito. Nella ricostruzione furono costruiti nuovi edifici tra cui la sfarzosa Domus Aurea (motivo per cui Nerone fu accusato). Inoltre La ricostruzione costò molto e causo una crisi finanziaria contribuì ad incrinare i rapporti con il senato e la plebe. Per rimpinguare le casse dello Stato Nerone ricorse a processi e confische attirando su di sé i dissapori del Senato che organizzò nel 65 d.C. una congiura detta congiura dei Pisoni perché fu ispirata da Pisone che si poneva come obiettivo quello di assassinare Nerone in pubblico: il complotto fu scoperto e i congiurati furono uccisi (Seneca, Petronio, Lucano). In politica estera, il generale Corbulone riporta l’Armenia sotto l’influenza romana scontrandosi coi Parti; -tournée artistica e agonistica in Grecia (ai giochi di Corinto proclama la libertà delle città greche). Nel 68 scoppiano una serie di ribellioni (in Giudea, in Gallia Lugdunensis (Vindice), in Spagna (Galba), in Africa, sul Reno), i pretoriani abbandonarono Nerone e il senato lo dichiara ‘nemico pubblico’ riconoscendo come nuovo princeps Galba; Nerone si suicidò e la sua fine segnò anche quella della dinastia giulio-claudia. 12 ANNO DEI 4 IMPERATORI E I FLAVI L’anno dei quattro imperatori: il 68/69 d.C. Si erano create le condizioni per una nuova guerra civile che vide contrapporsi senatori, truppe urbane, governatori di provincia e comandanti militari che forti del sostegno dei loro eserciti, assunsero il titolo di “imperatore”. Secondo lo storico Tacito, quest'anno svelò un ‘caposaldo del potere’ (arcanum imperii), cioè che la proclamazione di un imperatore poteva avvenire anche fuori di Roma ed essere appannaggio dell’esercito, e che il Principato poteva essere rivestito anche da un uomo di origini modeste. Galba, Otone, Vitellio e Vespasiano si combatterono per il titolo imperiale. Galba Sostegno dell’aristocrazia senatoria Governatore della Spagna Tarraconense. I suoi soldati lo avevano proclamato imperatore ma egli rifiutò quel titolo ritenendo che essi non avessero diritto a conferirlo. Ciò nonostante cercò di avvicinarsi agli oppositori di Nerone (tra cui l’ex marito di Poppea, Marco Salvio Otone), ottenendo l’appoggio dei pretoriani e venendo riconosciuto imperatore del Senato. Galba non seppe tuttavia guadagnarsi la popolarità e gli appoggi necessari per mantenere il suo potere: non rispettò la promessa di un donativo ai pretoriani, si rese impopolare sia alla plebe sia ai soldati per i tagli alle spese con cui cercò di rimediare alla crisi finanziaria creatasi sotto Nerone, si accanì nell’epurazione dei suoi veri e presunti oppositori. All’inizio del 69 d.C., in occasione del rinnovo annuale del giuramento di fedeltà all’imperatore, due delle tre legioni della Germania Superiore si rifiutarono di prestarlo e si ribellarono. Il loro esempio fu seguito dall’esercito della Germania Inferiore che proclamò imperatore il proprio legato, Aulo Vitellio. A tale designazione aderirono tutti gli eserciti delle Germanie. Galba cercò di mantenere il proprio ruolo assumendo un collaboratore, Lucio Calpurnio Pisone, ma la nomina non fu gradita ai pretoriani e soprattutto a Marco Salvio Otone (che lo aveva aiutato nella sua ascesa al potere). Dopo pochi giorni i pretoriani acclamarono Otone imperatore e massacrarono Galba, Pisone e i loro seguaci. Otone Sostegno dei pretoriani e dell’ordine equestre Amico di infanzia di Nerone Marco Salvio Otone era popolare soprattutto tra i pretoriani e l’ordine equestre. Dopo il linciaggio di Galba nel foro fu riconosciuto imperatore dal Senato e da molte province (Danubiane, Africa, Oriente). Fu proclamato imperatore il 15 gennaio e il suo principato durò tre mesi. Fu subito costretto con ciò che era accaduto in Germania (acclamazione di Vitellio), l’avanzata delle armate germaniche verso l’Italia era iniziata nel segno della ribellione a Galba; ma non si fermò alla notizia della morte dell’imperatore e della successione di Otone. Vitellio Sostegno degli eserciti della Germania inferiore, della Rezia, della Gallia e della Spagna Sottopose a processi i senatori e presunti simpatizzanti delle religioni ebraica e cristiana; Domiziano processò tutti coloro che avrebbero potuto sottrargli la carica Nel 96 d.C. cadde vittima di una congiura, cui partecipò forse anche la moglie; Il senato dopo la morte ne proclamò la damnatio memoriae, cioè la cancellazione del suo nome e volto dalle iscrizioni e dai monumenti finalizzata a cancellarne il ricordo. Fu proclamato imperatore Marco Cocceio Nerva. Nel 84-85 d.C. Domiziano affrontò il problema della Dacia in cui il re Decebalo aveva unificato diverse tribù: Domiziano respinse i daci oltre il fiume Reno e torno a Roma affidando le operazioni al prefetto del pretorio Cornelio che nel 86 d.C. condusse una spedizione ma fu attaccato e ucciso insieme a parte del suo esercito. Nell’88 d.C. la guerra riprese e Roma conseguì la vittoria. Domiziano celebrò a Roma il trionfo ma Decebalo ottenne la pace anche a causa della rivolta di Lucio Antonio Saturnino, governatore della Germania Superiore, proclamato imperator dalle sue legioni, sollevazione che costrinse Domiziano a stipulare una tregua provvisoria. Decebalo firmò un foedus (trattato di pace) che gli permetteva di mantenere tutto il suo territorio sottomettendosi al dominio romano e ricevendo in cambio un sussidio in denaro. Domiziano, successivamente alla rivolta di Saturnino (legato della Germania Inferiore), si sentì sempre più minacciato e inaugurò un’epoca di persecuzioni ed eliminazioni di persone sospettate di tramare contro di lui. Il sorgere del cristianesimo Tra il primo e il secondo secolo si sviluppa il cristianesimo derivato dall’ebraismo è scaturito dalla predicazione di Gesù ritenuto il Cristo venuto in terra a portare il messaggio universale di salvezza. Le prime comunità cristiane sorsero grazie all’annuncio degli apostoli della morte e resurrezione di Gesù. Nel corso del II secolo prevalse la struttura di comunità guidate da un singolo responsabile detto episcopos. I rapporti tra cristiani e impero furono travagliati, infatti l’autorità imperiale aveva affrontato la questione giudaica non distinguendo tra ebrei e cristiani, considerandola un problema di nazionalità piuttosto che di religione. Augusto aveva concesso alle comunità ebraiche libertà di culto, a conservare i propri costumi e di mantenere il proprio legame con il tempio di Gerusalemme. Le comunità ebraiche furono però spesso avvertite come elemento estraneo, gli ebrei che furono espulsi da Roma sotto Tiberio, Claudio poi ristabilì la tolleranza di Augusto, ma anch’egli nel 49 d.C. espulse gli ebrei da Roma, sotto Nerone, divenne evidente il contrasto tra l’autorità imperiale e la nuova religione cristiana, la quale veniva considerata come sovversiva e pericolosa, in quanto non poteva integrarsi in nessun modo con la religione tradizionale e il culto imperiale, anche l’opinione pubblica riteneva che i seguaci della setta fossero dediti a pratiche mostruose. Nerone né approfittò per accusare i cristiani dell’incendio di Roma avvenuto nel 64 d.C. Sotto Vespasiano e Tito fu distrutto il tempio di Gerusalemme e stroncata la rivolta, ma non furono poste limitazioni di culto. Ebrei e cristiani subirono invece l’ostilità di Domiziano che per attuare una politica di legittimazione religiosa volle promuovere la figura del principe come rappresentante di Giove sulla terra. Nel corso del II secolo d.C. il cristianesimo mise salde radici in tutto l’Impero, diventando un fenomeno che non poteva più essere ignorato dalle autorità. 13 II SECOLO Il II secolo è considerato come l’età più prospera per l’impero romano che gode di uno sviluppo economico e culturale notevole, perché fu sicuro entro i suoi confini e soprattutto grazie alla figura di Nerva che ha instaurato la successione per adozione (governo del migliore). Nerva 96-98 d.C. Il principato di Nerva durò solo due anni (breve ma efficace) e vide ripristinati i buoni rapporti tra imperatore e Senato (scelto per la sua mitezza di carattere e la sua estraneità ai gruppi di potere precedenti). Il primo pensiero di Nerva fu quello di controllare le reazioni successive alla morte di Domiziano e fece subito in modo di ottenere i giuramenti delle truppe provinciali e fece abolire le misure più impopolari di Domiziano, richiamando gli esiliati e avvallando in senato la damnatio memoriae del tiranno, fece inoltre sospendere l’accusa di lesa maestà riportando la pace interna, i delatori subirono la pena di morte. Successivamente fu votata una legge agraria per assegnare lotti di terreno ai nullatenenti, emanò il programma delle istituzioni alimentari per sostentare i fanciulli bisognosi. Trasferì alla cassa imperiale il costo del mantenimento delle strade (cursus publicus). Inoltre, riorganizzò il sistema di approvvigionamento idrico di Roma (Frontino). Nel 97 d.C. vi furono alcuni problemi economici e politico-militari. Sul versante politico i pretoriani chiesero la punizione degli assassini di Domiziano, Nerva acconsente, ma in questo modo venivano però puniti coloro che lo avevano portato al potere, compromettendo la sua immagine e il suo prestigio. Nerva, consapevole che il suo successore avrebbe dovuto affermarsi militarmente e essere in grado di opporsi ai pretoriani, adottò Traiano (governatore Germania superiore) che salì in carica tre mesi dopo, quando Nerva morì. Traiano 98-117 d.C. Egli univa nella sua persona le caratteristiche di esperienza militare e senso di appartenenza e fu considerato dell’opinione pubblica, optimus princeps. Le fonti letterarie a nostra disposizione su Traiano sono favorevoli all’imperatore (Cassio Dione e Panegirico ed epistolario di Plinio il Giovane). Il principato di Traiano segna un cambiamento importante nella politica estera: l’espansione territoriale ha avuto un posto di rilievo nei suoi programmi. ● In Dacia (89 d.C.) Decebalo non aveva cessato di rafforzarsi. Nel 101 Traiano avanzò rapidamente verso la Dacia, e dopo una serie di scontri i daci furono sconfitti, Decebalo si uccise e la Dacia fu annessa e ridotta a provincia romana. Il bottino ricavato contribuì a risanare le casse dello Stato Romano. ● annessione regno dei Nabatei (Petra e Bosra città carovaniere) creata provincia d’Arabia controllo via commerciale di mare per l’India; ● campagna contro i Parti occupazione Armenia, Assiria, Mesopotamia, presa di Ctesifonte; ● Traiano occupò poi tutta la Mesopotamia costituendo la provincia di Mesopotamia. Contemporaneamente era scoppiata una rivolta ebraica che indusse Traiano ad abbandonare le operazioni. Grazie al bottino della Dacia fece costruire opere pubbliche e sociali e attuò la stabilizzazione del denario d’argento; Inoltre dà piena attuazione al programma di sussidi alimentari ideato forse già da Nerva; Traiano morì nel 117 d.C. sulla via del ritorno verso Roma e le truppe acclamarono imperatore Adriano (parente spagnolo dell’imperatore). Adriano 117-138 d.C. Adriano abbandonò la politica espansionistica di Traiano arrestando la frontiera sull’Eufrate. ● affida le province orientali create da Traiano a sovrani clienti; ● fa moltissimi viaggi (regioni danubiane, renane, Britannia, Gallia, Spagna, Mauretania, Africa, Asia Minore, Grecia, Oriente); ● 121-125 d.C. inizia la costruzione del vallo in Britannia (istmo Tyne-Solway); ● 125-129 d.C. inizia costruzione del fossatum Africae (una serie di fortificazioni che avevano lo scopo di controllare gli spostamenti delle popolazioni nomadi e le attività economiche legate alla transumanza); ● nel 132, dopo il suo passaggio in Palestina, scoppia una gravissima rivolta sotto Simone Bar Kochba per l’intenzione di Adriano di fondare colonia Aelia Capitolina su Gerusalemme, con Tempio dedicato a Giove dove lui stesso sarebbe stato oggetto di culto→repressione spietata. Per acquistare la simpatia del Senato e dell’opinione pubblica Adriano alleviò il malessere economico: ● cancellò i debiti con la cassa Imperiale, fece donazioni al popolo, reintegrò il patrimonio dei senatori che erano stato privati del loro censo, potenziò il programma alimentare già inaugurato da Traiano. ● Riorganizzò l’esercito e la disciplina militare e favori il reclutamento dei provinciali. Adriano fu inoltre un uomo di grande cultura e favorì l'arte, la letteratura e l’architettura, costruendo palazzi e fondando nuove città, edificò un mausoleo per sé stesso (odierno Castel Sant’Angelo). Il principe vuole restituire splendore alle poleis greche. Nel 136 d.C. Adriano ebbe un tracollo di salute,Si aprì la questione della successione: Adriano scelse come proprio successore Tito Aurelio Antonino che sali in carica nel 138 d.C. alla morte di Adriano, e fu detto Antonino Pio. Antonino Pio 138-161 d.C. Egli si propose come continuatore del predecessore Mantenne rapporti di collaborazione con il senato. -riesce a far divinizzare il suo predecessore; -coscienzioso e parsimonioso amministratore. Politica estera: -ribellione in Mauretania; -sposta il vallo di Adriano fin nella Scozia meridionale (vallo di Antonino). Elio aristide descrive il suo governo come quello ideale: processo di integrazione dei ceti dirigenti provinciali attraverso il conferimento della cittadinanza romana + il valore attribuito alla vita cittadina nella quale la cultura greca trovava la sua più compiuta espressione. Lo statuto delle città Le città costituiscono il punto di riferimento delle attività economiche e i nuclei della vita culturale, fungono da raccordo tra Roma e le disperse realtà locali dell’Impero, dove le condizioni di vita urbana e il rapporto tra città e territorio erano molto diversi da provincia a provincia. Nell’impero romano vi erano diverse tipologie di città: ● Città peregrine: preesistenti alla conquista e riorganizzate nell’impero, con uno status giuridico nei confronti di Roma che le poteva rendere: Tendenze assolutistiche È al nuovo ruolo dell’esercito, in particolare, che si deve la trasformazione dell’ideologia del potere imperiale verso forme sempre più marcatamente assolutistiche. Cambia nello stesso tempo anche il rapporto tradizionale tra l’imperatore e il senato: ormai l’imperatore riconosceva al senato solo la funzione di organismo burocratico soggetto alla propria autorità assoluta, che dipende sempre più dall’appoggio dell’esercito come base essenziale del potere. L’adozione del culto solare da parte degli imperatori ‘illirici’ si spiega col fatto che era molto popolare nell’esercito ed era quello che si adattava meglio al rafforzamento del potere imperiale in chiave assolutistica. Il cristianesimo -la progressiva sfiducia nei valori religiosi e civili tradizionali favorisce il manifestarsi di nuove tendenze religiose che si propongono di soddisfare i bisogni esistenziali dell’uomo in quella che è stata definita ‘un’epoca di angoscia’; -mentre la nuova fede cristiana conquista consensi sempre più ampi presso la gente bisognosa di nuovi punti di riferimento, si fa più dura l’avversione da parte dell’autorità politica. La dinastia dei Severi 193-235 Dopo la morte di Commodo, ci fu un periodo di regni effimeri, poi la scelta ricadde su un anziano senatore, Pertinace, che tentò una restaurazione in senso filosenatorio. Tuttavia la soluzione non ebbe successo. Fu seguito da Didio Giuliano: appoggia richieste dei pretoriani, Pescennio Nigro, governatore della Siria e Clodio Albino, governatore della Britannia. Subentrò poi Settimio Severo 197-211 Settimio Severo trascorse gran parte del suo regno in spostamenti continui dovuti principalmente a campagne militari→infatti con lui inizia una sorta di monarchia militare. -vittoriosa spedizione partica (Ctesifonte; titolo di Partico Massimo); spedizione britannica, muore a York; -accresce il soldo dei soldati; carattere assolutistico; proclama Augusto il figlio maggiore Caracalla (associato al trono) e il figlio minore, Geta, lo proclama Cesare Caracalla 212-217 -politica interna: nel 212 Constitutio Antoniniana concede la cittadinanza romana a tutti gli abitanti dell’Impero, ad eccezione dei dediticii, anche per motivi ragioni di carattere fiscale -maggior numero di contribuenti); conia una nuova moneta, l’ ‘antoniniano’ per fronteggiare la forte inflazione; -politica estera: campagna contro i Parti; vittima di congiura in Siria →prese il controllo della situazione Macrino (che non era nemmeno membro del senato)→Poi girò voce che il pronipote di severo Elagabalo era figlio naturale di caracalla, così fu acclamato imperatore. ELAGABALO 218-222 Il suo regno segna dei momenti più oscuri di tutta la storia imperiale. A parte le sue innumerevoli stranezze, che comportarono lo sperpero di ingenti risorse, Elagabalo è ricordato soprattutto per il suo intenso misticismo e per il tentativo di imporre come religione di Stato un culto esotico e stravagante, quello del dio Sole. Nel 222 d.C. Elagabalo fu assassinato dai pretoriani, che proclamarono imperatore Alessandro Severo. Alessandro Severo 222-235 -politica interna: aveva 13 anni quindi il governo diretto dal grande giurista Ulpiano, che ristabilisce rapporti collaborativi col senato; -politica estera: blocca offensiva dei Sasanidi/Persiani e dei barbari; fu assassinato insieme alla madre dai militari. La minaccia persiana In Persia, alla testa del regno partico alla dinastia degli Arsacidi succedette quella dei Sasanidi. Da tempo il regno partico non era stato più in grado di opporre un’efficace resistenza a Roma. Questa serie di insuccessi fu all’origine di una ribellione che si concluse con la conquista del potere di Ardashir che nel 226 d.C. si fece incoronare Re dei Re a Persepoli, dando vita alla nuova dinastia. Ardashir promosse immediatamente una grande campagna al fine di riconquistare tutti i territori persi a favore di Roma. Severo Alessandro reagì muovendo incontro al nemico nell’estate del 232 d.C. alla testa di tre diversi eserciti. La mancanza di fiducia che i soldati avevano in lui gli fu fatale. All’inizio del 235 d.C. un soldato di modeste origini, a quel che narrano le nostre fonti dall’aspetto fisico terrorizzante, noto con il nome di Massimino Il Trace, fu proclamato imperatore dalle reclute che gli erano state affidate da addestrare. Severo Alessandro e la madre furono strangolati nella loro tenda a Magonza. L’anarchia militare 235-284 La dinastia dei Severi aveva accentuato la forza dell’esercito, inizia così un cinquantennio di lotte militari e civili, in cui il potere fu detenuto da venti imperatori. Uno di questi fu MASSIMINO IL TRACE 235-238 il suo regime fu molto duro e caratterizzato da una fortissima pressione fiscale; il senato lo dichiara hostis publicus (nemico dello stato) e aderì subito alla proclamazione dell’anziano Gordiano che si associa il figlio, ma furono entrambi uccisi. Il senato affida il governo agli Augusti Pupieno e Balbino, ma anche loro furono uccisi dai pretoriani che proclamano Gordiano III. GORDIANO III 238-244 -politica interna: governo in mano al valoroso prefetto del pretorio Timesiteo; Politica estera: campagna contro i persiani durante cui muore, i soldati acclamano imperatore Filippo, detto l’Arabo per le sue origini. FILIPPO L’ARABO 244-249 -politica estera: pace con re persiano Sapore; -politica interna: nel 248 celebra il millenario di Roma; ucciso in una congiura. L’esercito proclamò imperatore al posto di Filippo il suo prefetto urbano, il senatore Messio Decio. DECIO 249-251 -politica estera: difesa delle frontiere imperiali: morirà nei Balcani combattendo contro i Goti; -politica interna:rafforza l’osservanza dei culti tradizionali tra cui quello ufficiale dell’imperatore, inteso come strumento di coesione interna. editto imperiale che obbliga gli abitanti dell’Impero a dimostrare la propria fedeltà ai culti imposti con una dichiarazione: chi si rifiutava era condannato a morte, fu responsabile di una violenta persecuzione contro i cristiani 250-251 Dal 251-253 effimeri imperatori e invasioni VALERIANO 253-260 anziano senatore, si associa immediatamente al figlio Gallieno e decentra il governo dell’impero. Fece una campagna contro i Persiani che finì tragicamente, fu fatto prigioniero e morì in cattività nel 260 d.C. GALLIENO 260-268 blocca l’avanzata degli Alemanni e dei Goti, Gallieno dovette tollerare che all’interno dell’Impero si formassero due regni separatisti: quello delle Gallie, retto da Postumo (esteso anche alla Spagna e alla Britannia) e quello di Palmira di Odenato (comprendente la Siria, la Palestina e la Mesopotamia). Gallieno, affidò il comando delle legioni ai cavalieri. nuova strategia militare: concentra alcuni contingenti all’interno del territorio come unità mobili di difesa. Gli imperatori illirici 268-284 Claudio II (268-270 d.C.) è il primo di una serie di imperatori detti “illirici” perché originari di questa regione. Successi contro gli Alamanni (pianura padana) e i Goti (Atene). Muore di peste. Aureliano (270-275 d.C.) riuscì definitivamente a respingere le popolazioni barbariche che erano penetrate di nuovo nella pianura padana. Aureliano fece circondare Roma con un’imponente cinta muraria. Egli riuscì a sottomettere i due stati autonomi che si erano formati negli anni precedenti: Siria e Gallie. Aureliano promosse una decisa riorganizzazione dello Stato e diede impulso al processo di divinizzazione del monarca. Inquadramento alle dipendenze dello stato delle associazioni professionali, riforma monetaria (nuovo antoniniano). In campo religioso l’introduzione del culto ufficiale di Sol invictus, una divinità particolarmente cara ai soldati, era funzionale al rafforzamento dell’autorità imperiale. Tacito 275-276 rango senatorio Probo 276-282 si ebbe una rinnovata pressione barbarica sulle frontiere renana e danubiana. Probo riuscì ad ottenere significativi successi su questi fronti, ma fu ucciso. Caro 282-283 condusse a felice compimento tale campagna conquistando la capitale nemica Ctesifonte. anch’egli morì ucciso nel corso di una congiura militare. Alla fine, l’esercito proclamò imperatore l'illirico diocleziano. Diocleziano e il Dominato il suo regno segna l’inizio di un’età di rinnovamento complessivo che si vuole designare come Tarda Antichità. Il regno di Diocleziano è contraddistinto da una forte volontà restauratrice dello Stato a tutti i livelli, politico-militare, amministrativo ed economico. Diocleziano stabilì la propria sede in Oriente, a Nicomedia, la capitale della Bitinia. Concepì un sistema originale in base al quale al vertice dell’impero c’era un collegio imperiale di 4 monarchi (due Augusti e due Cesari), con corrispondente ripartizione territoriale e introdusse il principio di ‘cooptazione’. Diocleziano nomina Massimiano (Milano) come Cesare e poi come Augusto e come Cesari Costanzo Cloro (Occ.) e Galerio (Or.); ● fa crescere burocrazia statale; proclamato imperatore dall’esercito gallico (rischio conflitto fratricida). Costanzo muore nel 361 d.C. Giuliano 361-363 dovette combattere una campagna contro i Persiani. Il suo regno è ricordato soprattutto per un effimero tentativo di reintrodurre la religione pagana, infatti è soprannominato l’Apostata. Dalla morte di Giuliano a Teodosio Magno Gioviano 363-364: pace poco onorevole coi Persiani Valentiniano 364-375 + Valente -si associa subito al potere il fratello Valente, cui affida l’Oriente; -Valentiniano sceglie di risiedere a Treviri; -reprime rivolta di Firmo, capo di una tribù maura (Africa); -alla morte nel 375 gli succede il giovanissimo figlio Graziano. Graziano (Augusto anche Valentiano II, fratello, 4 anni) 375 + Valente -in Oriente Valente affronta gli Unni: 378 sconfitta ad Adrianopoli, dove Valente perde la vita. Graziano (e il piccolo Valentiniano II) + Teodosio -in Oriente Teodosio fa un accordo (382) con il capo dei Goti, Fritigerno (il primo di questo tipo): i Goti ricevevano delle terre all’interno dell’Impero come popolazione autonoma (foederati con i loro capi e leggi, tenuti a fornire soldati in caso di necessità); -in Occidente quadro complicato: usurpazione in Britannia di Magno Massimo (383) Graziano si suicida (governo provvisorio di Giustina, madre); Massimo invade l’Italia ma intervento di Teodosio che lo sconfigge nel 388; il generale franco Arbogaste fa assassinare Valentiniano II (392) e fa nominare imperatore un retore, Eugenio Teodosio interviene nuovamente e lo sconfigge al Frigido (394). Teodosio -380: emana un editto che rende il cristianesimo religione dell’Impero; -381: convoca un concilio ecumenico a Costantinopoli: ribadisce credo niceno + legislazione severa contro i seguaci del paganesimo; -intreccio tra religione cristiana e vita politica: il vescovo di Milano Ambrogio (figlio di un prefetto al pretorio) affronta con successo tentativi dell’ariana Giustina di ottenere riconoscimenti per la sua confessione e riesce a imporre la propria autorità su Teodosio (Natale 390 penitenza pubblica di Teodosio). La vittoria del cristianesimo e la risposta pagana Tappe del trionfo del cristianesimo: -‘conversione’ di Costantino; -legislazione antipagana degli imperatori successivi. Risposta pagana: -prevalentemente culturale: portata avanti dall’aristocrazia senatoria, che difende il paganesimo anche per tutelare la propria identità politica; -il tentativo di ripristinare l’antica religione da parte di Giuliano insiste sulla polemica culturale nei confronti del cristianesimo. La crisi economica Fenomeni di II-III secolo che ebbero ripercussioni sull’economia: -trasformazione nei sistemi di gestione delle aziende agrarie tra II e III secolo: la villa schiavistica fu gradualmente sostituita dal colonato (coltivatore di stato libro ma di fatto vincolato alla sede in cui lavora); -incursioni barbariche chiusura dei circuiti commerciali mediterranei (sostituzione della Betica con l’Africa settentrionale per il rifornimento oleario); -istituzione di più capitali; -riforme amministrative di Diocleziano; Conseguenze sull’economia nel corso del III secolo: -maggiore pressione coercitiva sulla società; -irrigidimento a tutti i livelli dell’articolazione sociale (es. il colono); -perdita da parte dell’Italia della sua posizione privilegiata dal punto di vista fiscale e la sua equiparazione di fatto alle altre province; -su Milano, nuova capitale, si indirizzerà buona parte delle risorse prodotte nella cosiddetta ‘Italia Annonaria’(settentrionale); -la frammentazione politica seguita alle invasioni barbariche provocò nel V secolo la definitiva rottura delle relazioni commerciali all’interno del Mediterraneo conseguente abbassamento delle condizioni di vita e netto declino demografico. Che cosa si intende per ‘Tarda Antichità’ Aspetti di rivalutazione (ultimi decenni): -maggior considerazione degli elementi di continuità nel passaggio tra Antichità e Medioevo; -coscienza dei caratteri originali e distintivi propri della Tarda Antichità, epoca portatrice di valori positivi. Il problema terminologico: -Bas-Empire: XVIII secolo; -Spätantike: fine XIX secolo, Alois Riegl, storico dell’arte che indica con questo termine una nuova fase nell’evoluzione artistica (‘nuovo senso dello spazio’ determinato da un’originale ‘intenzione artistica’) a partire da Costantino. Periodizzazione: -come momento conclusivo dell’età tardoantica si è accettata in genere l’invasione longobarda per l’Occidente (568) e la fine del regno di Giustiniano per l’Oriente (565); -più controversa la fissazione del momento iniziale: l’età severiana, la tetrarchia, il regno di Costantino. L’ideologia dell’imperatore tardoantico Rapporto con il popolo e cerimoniale: -dopo la crisi del III secolo si trattava di trovare una sorgente di legittimità alternativa al senato cui ci si potesse appellare per tenere a freno gli eserciti il popolo poteva fornire un sostegno diretto con acclamazioni e manifestazioni di consenso di vario tipo; -era necessario trovare uno strumento che fissasse in termini chiari e stabiliti origine e finalità di chi deteneva il potere il cerimoniale acquista così il ruolo delicato di riassumere in un codice di comportamento quello che il popolo si attendeva dal sovrano; -secondo le teorie ellenistiche, il sovrano, immagine dell’ordine divino sulla terra, governava come ‘legge vivente’, quale incarnazione della perfetta giustizia; il re è necessariamente colui che si conforma in massimo grado alle leggi e che per conseguenza è giusto; d’altra parte, il potere del sovrano è ‘irresponsabile’. La sacralizzazione della figura dell’imperatore: -aveva una lunga storia dietro di sé: già il Principato augusteo aveva un fondamento carismatico (‘Augusto’); -Diocleziano utilizza un fondamento teologico del potere monarchico per ridare vigore all’Impero romano vacillante per l’anarchia interna e la pressione dei barbari; -nella ricerca di sacralizzazione stanno le radici profonde della ‘svolta costantiniana’. La fisiognomica: -la bellezza del monarca, immune dalle umane manchevolezze, era un criterio, di derivazione orientale, cui Costantino aveva dato importanza nell’immagine che desiderava che circolasse di lui (celebrato dai panegiristi come ‘imperatore giovane, lieto e bellissimo’; portamento maestoso, eccezionale forza fisica). Costantino: una figura controversa Il fallimento del progetto politico di Costantino: -crisi dinastica alla sua morte; -conflitti di natura religiosa alla morte. Il successo di Costantino dal punto di vista ideologico: -il fallimento del disegno politico è oscurato dal merito di aver cristianizzato lo Stato romano; -la stessa santificazione di Costantino (chiesa greca, insieme alla madre Elena, 21 maggio) era un modo per mettere tra parentesi ogni questione politica e creare un modello definitivo di sovrano sottratto alla contingenza storica; -formarsi di leggende su Costantino: Inventio Crucis di Elena (fine IV). Una società repressiva La tortura, pena detentiva e condanna a morte: -estensione a chiunque, anche di rango elevato, fosse accusato di magia, astrologia, divinazione, tradimento (in età repubblicana solo schiavi); -Costantino la estendeva ai membri dell’élite provinciale, i cosiddetti curiali, in caso di falsificazione dei documenti privati e pubblici; -la pena detentiva, anche a vita, cominciò a essere comminata per reati per i quali ci si sarebbe potuti attendere l’esilio o una multa; -per la condanna a morte si andarono elaborando forme più crudeli di esecuzione: si perseguiva la sofferenza del condannato, come se fosse una forma indispensabile di espiazione. Cause dell’inasprimento delle pene: -parallelismo tra progressi delle tendenze assolutistiche nel governo e sviluppo del culto imperiale; -difficoltà dell’amministrazione centrale nell’applicare le leggi. Miglioramenti di condizione: -miglioramento nella posizione di donne e mogli, figli e schiavi è constatabile in modo abbastanza sicuro;