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Riassunto -Unione Europea, Dispense di Diritto dell'Unione Europea

riassunto schematico di diritto dell'unione europea

Tipologia: Dispense

2016/2017

Caricato il 20/08/2017

nicolacalvano
nicolacalvano 🇮🇹

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Scarica Riassunto -Unione Europea e più Dispense in PDF di Diritto dell'Unione Europea solo su Docsity! UNIONE EUROPEA CAPITOLO PRIMO Gli sviluppi della integrazione europea Le tappe fondamentali del processo di integrazione europea possono essere così sintetizzate: A. La nascita delle Comunità europee Il 18 aprile 1951 venne firmato a Parigi da Germania, Francia, Italia, Belgio, Lussemburgo e Paesi Bassi il Trattato di Parigi con il quale fu creata la Comunità Europea del Carbone e del’Acciaio (CECA) che costituisce la prima forma di cooperazione europea su di un settore chiave per lo sviluppo dell’industria. A questa Comunità -che ha esaurito la propria durata cinquantennale nel luglio 2002- si sono affiancate la Comunità economica europea (CEE) e la Comunità europea dell’energia atomica (CEEA o Euratom), istituite con il Trattato di Roma del 25 marzo 1957. Obiettivo principale del Trattato istitutivo della Comunità economica europea è consistito nella realizzazione di un’area economica unica fra gli Stati membri in cui si possa realizzare la libera circolazione delle merci, delle persone, servizi e capitali e su politiche comuni. Tale risultato poteva essere conseguito solo gradualmente e, pertanto, si decise di far precedere all’unione economica una fase intermedia nella quale istituire un’unione doganale, vale a dire un’area nella quale: - è vietato applicare dazi o altre tasse o introdurre qualsiasi altra regolamentazione che limiti dalla libera circolazione delle merci provenienti dal territorio di uno degli Stati membri; - è prevista l’istituzione di una tariffa doganale comune che si applica ai prodotti importati da Stati terzi. Nei primi anni 60 fu possibile avviare i negoziati per l’adesione di nuovi Stati: Regno Unito, Irlanda, Danimarca e Norvegia (tuttavia in Norvegia si tenne un referendum che bocciò il progetto di adesione dello Stato scandinavo). 20 20 Negli anni 80 entrarono a far parte della Comunità anche la Grecia, la Spagna e il Portogallo. Nel 1995 entrarono a far parte delle Comunità europee anche Austria, Finlandia e Svezia. Ora, sebbene gli Stati membri avessero conseguito l’unione doganale, sussistevano ancora barriere ai fini della effettiva realizzazione del mercato integrato ed è proprio per eliminare tali ostacoli che nel giugno del 1985 fu presentato a Milano il famoso “Libro bianco sul completamento del mercato interno” contenente un programma di azioni per il conseguimento dell’obiettivo di realizzazione del mercato interno e che, quindi, individuava gli interventi necessari per garantire uno spazio senza frontiere nel quale fossero effettivamente assicurate le 4 libertà di circolazione. Il contenuto del Libro bianco fu in seguito richiamato nell’Atto unico europeo del 1986 che costituisce un primo tentativo di revisione dei trattati precedenti; l’Atto unico europeo introduce due previsioni fondamentali: - la definizione della nozione di mercato interno (destinata a sostituire la denominazione di mercato comune, utilizzata nel Trattato di Roma), inteso come “spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali”; - l’introduzione di un efficace meccanismo decisionale in seno al Consiglio, consistente nella regola della maggioranza qualificata in luogo dell’unanimità, in particolare per quanto concerneva la modifica dei dazi della tariffa doganale comune, la libera prestazione di servizi e di capitali, il riavvicinamento delle legislazioni nazionali. Il 7 febbraio 1992 gli Stati membri firmarono il Trattato sull’Unione europea, meglio noto come Trattato di Maastricht che ha esteso le competenze della Comunità anche a settori non strettamente economici, come la 20 20 Nel dicembre 2000 venne emanata a Nizza la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (cd. Carta di Nizza) che sancisce il formale interesse del sistema comunitario verso la tutela dei diritti dell’uomo, tematica tradizionalmente riservata alle Costituzioni nazionali. Essa rappresenta un documento di fondamentale importanza anche se soltanto con il Trattato di Lisbona, firmato il 13 dicembre 2007, è stata incorporata nel diritto comunitario primario, assumendo forza giuridica vincolante. Trattato di Lisbona Il 13 dicembre 2007 i rappresentanti dei 27 Paesi membri dell’Unione hanno firmato il Trattato di Lisbona (entrato in vigore il 1° Dicembre 2009), la cui approvazione segna la fine della “lunga pausa di riflessione” aperta dal Consiglio europeo dopo la bocciatura del progetto di Costituzione europea del 2004. Il Trattato di Lisbona riforma i precedenti Trattati, vale a dire il Trattato sull’Unione europea (TUE) che conserva la sua denominazione, e il Trattato che istituisce la Comunità europea (TCE), ridenominato Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE). -Il Trattato sull’Unione europea (TUE), il cui primo articolo stabilisce che “L’Unione sostituisce e succede alla Comunità europea”, diventa un trattato base che contiene, cioè, le norme essenziali e stabilisce i valori, i principi fondamentali, le competenze e l’assetto istituzionale dell’Unione; -Il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) si caratterizza, invece, come trattato applicativo che fissa le regole di funzionamento delle istituzioni, degli organi e degli organismi e disciplina sia le politiche interne sia l’azione esterna dell’Unione. Con il Trattato di Lisbona: 20 20 c.1.vengono incrementati i poteri del Parlamento europeo e il ruolo dei parlamenti nazionali 2)viene introdotta una chiara ripartizione di competenze tra Unione e Stati membri 3)viene riconosciuta agli Stati membri la possibilità, in qualsiasi momento, di recedere dall’Unione 4. quanto alla tutela dei diritti fondamentali, la Carta di Nizza viene inserita tra il diritto comunitario primario e viene prevista l’adesione dell’Unione europea alla CEDU (Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali) 5. viene consacrato espressamente il primato del diritto dell’Unione sul diritto interno di ciascuno Stato membro. Il procedimento di adesione Ai sensi dell’art. 49 TUE, così come riformulato dal Trattato di Lisbona, ogni Stato europeo che garantisce il rispetto della dignità umana, dei principi di libertà e uguaglianza, della democrazia, dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali dell’uomo può chiedere di diventare membro dell’Unione. La domanda di ammissione deve essere trasmessa al Consiglio che si pronuncia all’unanimità previa consultazione della Commissione e con la approvazione del Parlamento europeo a maggioranza dei membri che lo compongono. Le condizioni di ammissione e gli eventuali adattamenti tecnici da apportare ai trattati in conseguenza dell’adesione del nuovo Stato sono stabilite con un accordo tra lo Stato richiedente e gli Stati membri, che viene sottoposto alla ratifica di tutti gli Stati contraenti conformemente alle rispettive norme costituzionali. Il diritto di recesso Facoltà introdotta dal Trattato di Lisbona. L’art. 50 TUE stabilisce che lo Stato interessato deve notificare la sua intenzione di ritirarsi dall’Unione al Consiglio europeo; quest’ultimo formula degli orientamenti in materia sulla base dei quali 20 20 l’Unione avvia i negoziati e conclude con lo Stato recedente un accordo che definisce sia le modalità di recesso, sia i suoi futuri rapporti con l’Unione. L’accordo deve essere approvato dal Parlamento europeo e concluso dal Consiglio a maggioranza qualificata. Non sono previste ne la ratifica, ne l'approvazione diretta da parte degli Stati membri. A seguito del recesso, i trattati cessano di essere applicabili allo stato recedente a decorrere dalla data di entrata in vigore dell'accordo di recesso o, in mancanza di tale accordo, due anni dopo la notifica dell'intenzione di recedere CAPITOLO SECONDO LA STUTTURA INTERNA DELL’UNIONE EUROPEA Le istituzioni dell’Unione possono essere distinte in: -ISTITUZIONI POLITICHE: Parlamento europeo, Consiglio e Commissione che svolgono funzioni di politica attiva, partecipando all’adozione di atti legislativi e/o amministrativi che modificano o integrano l’ordinamento comunitario; -ISTITUZIONI DI CONTROLLO: Corte di giustizia e Corte dei Conti, che svolgono funzioni di controllo giurisdizionale e contabile. La Banca centrale europea costituisce, invece, un’istituzione specializzata, atteso il suo circoscritto ambito di operatività: agisce, infatti, soltanto nell’ambito dell’Unione economica e monetaria (UEM); in particolare, esercita le competenze -attribuite all’Unione in forma esclusiva- in materia di politica monetaria degli Stati membri che hanno adottato l’euro. Principi regolatori Il quadro istituzionale dell’Unione è regolato da tre principi riguardanti i rapporti tra le istituzioni: -il PRINCIPIO DI COERENZA richiede che nei settori di competenza dell’Unione le istituzioni agiscano in modo coordinato tra loro; -il PRINCIPIO DI EQUILIBRIO ISTITUZIONALE attiene ai rapporti tra le istituzioni, imponendo a ciascuna istituzione di esercitare le competenze ad essa spettanti nel rispetto di quelle attribuite alle altre istituzioni; -il PRINCIPIO DI LEALE COLLABORAZIONE impone la cooperazione reciproca, sia nei rapporti tra le varie istituzioni, sia nelle relazioni tra le istituzioni e gli Stati membri. Il Parlamento europeo Ai sensi del’art. 14 TUE, il Parlamento europeo è composto di rappresentanti dei cittadini dell’Unione. 20 20 Anche i Parlamenti nazionali contribuiscono attivamente al buon funzionamento dell’Unione; essi: -vigilano sul rispetto del principio di sussidiarietà -partecipano alla procedura di revisione dei trattati -sono informati sulle domande di adesione all’UE -ricevono i progetti di atti legislativi dell’Unione CAPITOLO TERZO Il Consiglio europeo Soltanto con il Trattato di Lisbona il Consiglio europeo è stato riconosciuto quale vera e propria istituzione dell’Unione. Esso è composto dai capi di Stato e di governo degli Stati membri, dal suo Presidente e dal Presidente della Commissione e si riunisce due volte a semestre su convocazione del Presidente, che può eventualmente convocare anche riunioni straordinarie. Presidente eletto a magg. Qualificata in carica due anni e mezzo ed è rinnovabile una volta, il quale invia una relazione al Parlamento al termine di ogni riunione Il Consiglio europeo può essere considerato il titolare del potere di indirizzo politico dell’Unione, specie nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune (PESC). Tale istituzioni NON esercita funzioni legislative, sicché il potere decisionale all’interno dell’Unione resta affidato al triangolo istituzionale formato da Commissione, Parlamento europeo e Consiglio dell’Unione europea. Sebbene rivestano carattere preminentemente politico, gli atti del Consiglio europeo sono divenuti, con il Trattato di Lisbona, suscettibili di impugnazione innanzi alla Corte di giustizia dell’UE mediante il ricorso di annullamento. Se non è diversamente previsto dai trattati, il Consiglio europeo delibera per consenso: il consenso si forma, senza necessità di votazione, quando nessun componente si oppone al testo presentato dal Presidente dell’istituzione. CAPITOLO QUARTO 20 20 Il Consiglio dell’Unione europea Esso è composto da un rappresentante di ciascuno Stato membro scelto nell’ambito del rispettivo governo, a livello ministeriale, in funzione delle materie trattate. Il Consiglio non è un organo permanente, in quanto esso si riunisce di volta in volta e di regola gli Stati membri designano il ministro competente per la materia iscritta all’ordine del giorno, anche se non sussiste un obbligo in tal senso. È l’organo decisionale dell’Unione, pur condividendo la funzione legislativa e di bilancio con il Parlamento europeo. Le principali funzioni del Consiglio sono: -esercizio del potere legislativo e di bilancio, unitamente al Parlamento europeo; -coordinamento delle politiche economiche generali degli Stati membri; -conclusione di accordi internazionali tra l’Unione ed uno o più Stati ovvero organizzazioni internazionali; -elaborazione della politica estera e di sicurezza comune dell’Unione europea sulla base degli orientamenti generali del Consiglio europeo; -coordinamento tra i tribunali e le forze di polizia in materia penale. La Presidenza è esercitata dai rappresentanti degli Stati membri nel Consiglio secondo un sistema di rotazione paritaria. Più in dettaglio, essa -ad eccezione della formazione “Affari esteri” che è presieduta dall’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza- è esercitata da gruppi predeterminati di 3 Stati membri per un periodo di 18 mesi, a turno nelle varie formazioni x 6 mesi. 20 20 I sistemi di votazione in seno al Consiglio variano in base alle materie oggetto di discussione. Le deliberazioni inerenti l’organizzazione interna del Consiglio richiedono la maggioranza semplice; in genere si vota a maggioranza qualificata (è cioè necessario un certo numero di voti per l’adozione di un atto). Il sistema introdotto dal Trattato di Lisbona a decorrere dal 1° novembre 2014 prevede che “per maggioranza qualificata si intende almeno il 55% dei voti dei membri del Consiglio, con un minimo di 15, rappresentanti Stati membri che totalizzino almeno il 65% della popolazione dell’Unione”. Su prop. Commissione 72% membri e rappresentanti Stati membri che totalizzino almeno il 65% della popolazione dell’Unione”. In base al regime introdotto dal Trattato di Lisbona, si prevede un sistema di doppia maggioranza capace di riflettere, in seno al Consiglio, la duplice legittimazione dell’Unione, intesa come insieme di Stati ma anche come unione di cittadini: -si attribuisce un voto ad ogni Stato, superando il meccanismo della ponderazione applicato nel sistema previgente(che attribuiva un valore diverso a ciascuno Stato, a seconda della sua importanza demografica e politica all’interno dell’Unione); -al contempo si impedisce, introducendo il parametro fondato sul dato demografico, che quindici Stati di ridotta dimensione possano da soli adottare una decisione in seno al Consiglio. L’unanimità è prevista solo per alcune materie quali, ad esempio, la politica fiscale e la politica estera e di sicurezza comune. 20 20 -in via contenziosa, sui ricorsi presentati da uno Stato membro, da una istituzione o da una persona fisica o giuridica. È poi chiamata a pronunciarsi , anche irrogando sanzioni pecuniarie, sulle violazioni degli Stati membri ad obblighi ad essi incombenti in virtù dei trattati: si tratta della cd. procedura di infrazione, che può essere instaurata su impulso della Commissione o di qualunque Stato membro. La Corte è composta da un giudice per ciascuno Stato membro e 11 avvocati generali. I giudici e gli avvocati sono nominati di comune accordo dai governi degli Stati membri, previa consultazione di un comitato speciale (cd. comitato di valutazione, composto da sette personalità scelte tra ex membri della Corte e del Tribunale, membri dei massimi organi giurisdizionali nazionali e giuristi di notoria competenza) istituito appositamente per fornire pareri sull’adeguatezza dei candidati. Gli avvocati generali presentano pubblicamente, con assoluta imparzialità ed in piena indipendenza, conclusioni motivate sulle cause che, conformemente allo Statuto della Corte di giustizia, richiedono il loro intervento. I giudici e gli avvocati generali restano in carica 6 anni; sono previsti inoltre un Presidente ed un Vicepresidente eletti per la durata di 3 anni ed il loro mandato è rinnovabile. Ogni tre anni rinnovo Di regola la Corte si riunisce in sezioni (composte da 3 e 5 giudici) o in grande sezione (composta da 15 giudici) qualora lo richieda uno Stato membro o una istituzione dell’Unione che è parte in causa. La Corte è adita attraverso istanza trasmessa al cancelliere, che deve contenere il nome ed il domicilio dell’istante, le sue conclusioni, la designazione della parte contro cui è proposto il ricorso, l’oggetto della controversia ed una esposizione sintetica dei motivi invocati. (Annullamento…..allegato l’atto che si chiede di annullare Carenza…….. un document che certifichi la data in cui sia richiesto ad un ist. Organo di pore in essere un atto dovuto) 20 20 Le sentenze della Corte devono essere motivate e lette in pubblica udienza previa convocazione delle parti; hanno efficacia vincolante per le parti in causa e forza esecutiva all’interno degli Stati membri. Competenze Le principali attribuzioni della Corte riguardano: 1. l’esame dei ricorsi per infrazione, proposti avverso uno Stato membro accusato di aver violato gli obblighi derivanti dai trattati; 2. l’esame dei ricorsi di annullamento con cui si contesta la legittimità degli atti adottati dalle istituzioni dell’Unione; 3. l’esame dei ricorsi in carenza che mirano alla constatazione del carattere illegittimo delle omissioni addebitabili ad una istituzione dell’Unione; 4. ’esame dei ricorsi per il risarcimento dei danni derivanti da responsabilità extracontrattuale dell’Unione; 5. le controversie tra l’Unione e i suoi agenti 6)i ricorsi contro le sanzioni pecuniarie. Le attribuzioni della Corte sono tassative nel senso che, al di fuori dei casi espressamente previsti dai trattati, la competenza spetta ai giudici nazionali anche qualora debba essere parte in giudizio l’Unione che, pertanto, potrà essere convenuta in giudizio (rappresentata in questo caso dalla Commissione) ed eventualmente condannata davanti ai giudici dei vari Stati membri. La Corte non è competente per quanto riguarda le disposizioni relative alla PESC, né per quanto riguarda gli atti adottati in base a dette disposizioni. Il tribunale dell’Unione Il TFUE non indica il numero esatto dei giudici che compongono il Tribunale, spettando allo Statuto della Corte di giustizia la determinazione di tale numero. 20 20 Quello attualmente in vigore prevede che i giudici del Tribunale siano 47. I membri dei Tribunale sono nominati di comune accordo dai governi degli Stati membri per un periodo di 6 anni. Il Tribunale siede in sezioni composte di 3 o 5 giudici; può statuire nella persona di un giudice unico o, ancora, riunirsi in seduta plenaria qualora “la difficoltà in diritto o l’importanza della causa o circostanze particolari lo richiedano”. Il quorum minimo richiesto per l’adunanza plenaria di 9 giudici. Competenze Il Tribunale è competente a conoscere in primo grado: -dei ricorsi per annullamento; -dei ricorsi per carenza; -dei ricorsi per il risarcimento dei danni derivanti da responsabilità extracontrattuale dell’Unione; -delle controversie tra l’Unione e i suoi agenti. Lo Statuto precisa che sono di COMPETENZA ESCLUSIVA DELLA CORTE i ricorsi per annullamento e i ricorsi per carenza presentati dagli Stati membri e dalle istituzioni dell’Unione. Va ricordato che c’è sempre la possibilità di impugnare dinanzi alla Corte di giustizia le decisioni del Tribunale; il riesame è possibile per i soli motivi di diritto ed alle condizioni ed entro i limiti previsti dallo Statuto. Il Tribunale funge, inoltre, da giudice d’appello per i ricorsi attribuiti ai tribunali specializzati; avverso le decisioni del Tribunale sarà possibile richiedere un riesame della Corte di giustizia. I tribunali specializzati Trattasi di organismi incaricati di conoscere in primo grado di alcune categorie di ricorsi proposti in materie specifiche determinate dallo Statuto. Le loro decisioni possono essere oggetto di impugnazione dinanzi al Tribunale. 20 20 Il bilancio dell’Unione “è finanziato integralmente tramite risorse proprie”; l’attuale sistema sancisce il principio di autonomia finanziaria, in quanto l’Unione, a differenza delle altre organizzazioni internazionali, non dipende dai contributi degli Stati membri, ma dispone di finanze autonome. Potere ispezione e consultivo I principi fondamentali che riguardano il bilancio sono: -unità e verità di bilancio -annualità -pareggio: entrate e stanziamenti di pagamento devono risultare in pareggio -unità di bilancio: il bilancio è formato ed eseguito in euro -universalità -specializzazione: gli stanziamenti sono specificati per titoli e capitoli -sana gestione finanziaria: gli stanziamenti devono essere utilizzati secondo i principi di economia, efficienza ed efficacia -trasparenza: il bilancio è oggetto di rendiconto ed è inoltre pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’UE a cura del Presidente del Parlamento europeo. LA BANCA EUROPEA PER GLI INVESTIMENTI (BEI) Detta istituzione è al tempo stesso un organismo dell’Unione e una banca. Ha una propria personalità giuridica e il suo compito è quello di contribuire allo sviluppo del mercato interno nell’interesse dell’Unione. La BEI si occupa essenzialmente di concedere prestiti volti a finanziare iniziative economiche all’interno degli Stati membri che i singoli governi nazionali non sono in grado di finanziare, ma la cui realizzazione si rivela di volta in volta opportuna. 20 20 CAPITOLO NONO Le fonti primarie dell’ordinamento dell’Unione europea Il diritto dell’Unione Europea si distingue in: -diritto originario che rappresenta una fonte di primo grado e che comprende i Trattati istitutivi nonché gli atti successivi che ne hanno operato una modifica o li hanno completati; a questi atti, che formano insieme al diritto derivato il diritto scritto, devono aggiungersi la Carta dei diritti fondamentali dell’UE, i principi generali del diritto enucleati ad opera della Corte di giustizia dell’UE e quelli che discendono dalla CEDU del 1950. -diritto derivato che costituisce fonte di secondo grado e comprende tutti gli atti giuridici emanati dalle istituzioni europee. Si distingue tra atti tipici, quali regolamenti-direttive- pareri e decisioni, e atti atipici quali proposte, atti di autorizzazione e concessione, richieste, ecc. Il diritto comunitario primario 20 20 Tra le fonti del diritto dell’Unione si collocano, quindi, in posizione di vertice i Trattati istitutivi ed i successivi atti di modifica. Attualmente, a seguito delle modifiche apportate dal Trattato di Lisbona, il soggetto giuridico europeo di riferimento è soltanto l’Unione europea –che ha sostituito l’originaria Comunità europea- e i Trattati in vigore sono: il Trattato sull’Unione europea (TUE) e il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) che si differenziano per la disciplina ivi contenuta: mentre nel TUE sono confluite le disposizioni di natura costitutiva ed organizzativa, nel TFUE sono confluite sia le disposizioni applicative del TUE sia le disposizioni per le singole politiche dell’Unione. Procedimento di revisione dei Trattati I Trattati istitutivi sono veri e propri accordi internazionali e, in quanto tali, possono essere modificati nel loro contenuto per volontà concorde di tutti gli Stati partecipanti. L’art. 48 TUE distingue due procedure: -la procedura di revisione ordinaria -la procedura di revisione semplificata. La prima ordinaria prevede che il potere di iniziativa spetti agli Stati membri, al Parlamento europeo o alla Commissione. Il progetto di modifica è presentato al Consiglio, il quale lo trasmette al Consiglio europeo. Quest’ultimo, qualora sia favorevole alle proposte di modifica presentate, dopo aver consultato il Parlamento europeo e la Commissione, adotta una decisione a maggioranza semplice e convoca una convenzione composta dai rappresentanti dei parlamenti nazionali, dei capi di Stato o di governo degli Stati membri, del Parlamento europeo e della Commissione, col compito di esaminare i progetti di modifica presentati. 20 20 CAPITOLO DECIMO Il diritto derivato dell’Unione Con tale espressione si indicano gli atti che gli organi dell’Unione sono abilitati ad emanare per attuare e rendere concretamente operative le previsioni contenute nei trattati. Precisamente, gli atti delle istituzioni espressamente previsti dall’art. 288 TFUE sono: regolamenti, direttive, decisioni, raccomandazioni e pareri. Detti atti si distinguono in: -atti vincolanti: regolamenti, direttive e decisioni. Essi sono denominati atti legislativi in quanto adottati mediante la cd. procedura legislativa; -atti non vincolanti: raccomandazioni e pareri. Con la riforma di Lisbona sono stati, infine , introdotti i cd. atti non legislativi, così definiti perché adottati senza ricorrere ad alcuna procedura legislativa. Si tratta de: -atti di attuazione, di portata generale, diretti alla integrazione o alla modifica di taluni elementi non essenziali dell’atto legislativo; -atti di esecuzione, finalizzati alla attuazione degli atti giuridicamente vincolanti. 20 20 Gli atti di attuazione o di esecuzione sono legati all’atto base da un rapporto di dipendenza, essendo adottati in forza di una delega o del conferimento di poteri, disposti con l’atto di base in favore della Commissione o eccezionalmente in favore del Consiglio; di conseguenza, gli atti di attuazione o di esecuzione rinvengono nell’atto base le regole ed i limiti di esercizio del potere attribuito in forza della delega di attuazione o del conferimento delle competenze di esecuzione. Regolamenti Il regolamento: 1.ha portata generale in quanto ha come destinatari tutti i soggetti giuridici dell’Unione: Stati membri e persone fisiche e giuridiche degli Stati stessi. Tale carattere distingue il regolamento dalle direttive, che hanno come destinatari gli Stati membri, e da quelle decisioni che, designando i propri destinatari, si rivolgono esclusivamente ad essi. 2.è obbligatorio in tutti i suoi elementi e, pertanto, deve essere applicato in modo completo. Diversamente la direttiva è obbligatoria solo nel fine che intende perseguire. 3.è direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Esso acquista infatti efficacia negli Stati membri senza che sia necessario alcun atto interno di recepimento da parte dei singoli ordinamenti statali. Ciò non toglie che talune sue disposizioni possano richiedere, per la loro applicazione, l’adozione di misure di esecuzione che possono essere adottate sia dalla stessa istituzione che ha emanato il regolamento, sia da altra istituzione (la Commissione, come sappiamo, ha tale funzione). Il regolamento ha dunque validità automatica in tutto il territorio dell’Unione: esso conferisce diritti e impone obblighi agli Stati membri, ai loro organi ed ai privati, con ciò attribuendo ai singoli dei diritti che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare. 20 20 I regolamenti, a prescindere dal loro carattere legislativo (cioè quando sono adottati secondo la procedura legislativa) o meno, sono firmati dal Presidente dell’istituzione che li ha adottati. Essi si inseriscono direttamente negli ordinamenti legislativi. Essi, infatti, entrano in vigore, per il semplice fatto della loro pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, alla data da essi stabilita oppure, in mancanza di data, il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione. Le direttive Esse vincolano lo Stato membro cui sono rivolte per quanto riguarda il risultato da raggiungere, ferma restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi necessari per conseguirlo. Dunque le direttive: -non hanno portata generale, ma hanno come unici destinatari gli Stati membri. Si distingue tra direttive generali, indirizzate a tutti gli Stati membri, e direttive individuali o particolari, indirizzate ad uno o ad alcuni di essi. -non sono obbligatorie in tutti i loro elementi, poiché vincolano lo Stato solo per il risultato da raggiungere, lasciando libero lo stesso di adottare le misure ritenute opportune. Tale libertà è però limitata da una serie di obblighi incombenti sugli Stati membri, enucleati nel corso degli anni dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’UE; essi, infatti, devono scegliere le forme e i mezzi più idonei a garantire la reale efficacia della direttiva alla luce della lettera e dello scopo della stessa. La direttiva impone, dunque, agli Stati membri un obbligo di attuazione dello scopo in essa stabilito, che deve essere adempiuto entro il termine fissato dalla direttiva stessa. Pertanto la direttiva, richiedendo un’attività di adattamento del diritto interno degli Stati membri, non può ritenersi connotata dal requisito della 20 20 È importante ricordare che, mediante il parere, sia il Parlamento europeo che le altre istituzioni partecipano alla procedura legislativa speciale. CAPITOLO UNDICESIMO Le procedure di adozione degli atti dell’Unione Va preliminarmente chiarito il ruolo che ciascuna istituzione svolge nelle procedure di adozione degli atti: -la COMMISSIONE è l’istituzione cui è di regola affidato il compito di proporre l’adozione di un atto (cd. funzione di iniziativa legislativa); -il CONSIGLIO è l’istituzione cui è demandata l’adozione dell’atto (da sola o in posizione di parità con il Parlamento); -il PARLAMENTO EUROPEO che, a seconda della procedura adottata, può essere fondamentale per l’adozione dell’atto o limitarsi all’emanazione di pareri, vincolanti e non; -ALTRI ORGANI possono partecipare attraverso l’emanazione di pareri. La Commissione è l’istituzione cui spetta di regola il potere di proporre l’adozione di atti dell’Unione: “Un atto legislativo dell'Unione può essere adottato solo su proposta della Commissione, salvo che i trattati non dispongano diversamente”. Vi sono tuttavia dei casi in cui l’esercizio di questo potere è indotto da una richiesta esterna alla Commissione: -può essere determinato da una richiesta formulata dal Parlamento europeo: “a maggioranza dei membri che lo compongono, il Parlamento europeo può chiedere alla Commissione di presentare adeguate proposte sulle questioni per le quali reputa necessaria l'elaborazione di un atto dell'Unione ai fini dell'attuazione dei trattati. Se la Commissione non presenta una proposta, essa ne comunica le motivazioni al Parlamento europeo”. Si parla in tal caso del cd. potere di iniziativa dell’iniziativa. -può essere determinato da una richiesta formulata dal Consiglio, deliberando a maggioranza semplice. Se la Commissione non presenta una proposta, ne comunica le motivazioni. 20 20 La richiesta del Consiglio non è, tuttavia, vincolante per la Commissione. -può essere determinato da una richiesta formulata da un milione di cittadini dell’Unione, che abbiano la cittadinanza di un numero significativo di Stati membri. LA PROCEDURA LEGISLATIVA ORDINARIA Detta procedura interessa molti settori dell’Unione e consiste nell’adozione congiunta dell’atto da parte del Parlamento e del Consiglio. La Commissione presenta una progetto di atto legislativo al Consiglio ed al Parlamento europeo. Il Parlamento europeo adotta la sua posizione in prima lettura e la trasmette al Consiglio, il quale può approvarla o meno. • Se l’approva, l’atto in questione è adottato nella formulazione che corrisponde alla posizione del Parlamento europeo; • se non l’approva, il Consiglio adotta la sua posizione in prima lettura e la trasmette al Parlamento europeo. A questo punto il Parlamento può: -approvare la posizione del Consiglio o non pronunciarsi. In entrambi i casi l’atto si considera adottato nella formulazione che corrisponde alla posizione del Consiglio; -respingere la posizione del Consiglio a maggioranza dei membri che lo compongono; in tal caso l’atto si considera non adottato; -proporre emendamenti alla posizione del Consiglio a maggioranza dei membri che lo compongono. Se entro 3 mesi dal ricevimento degli emendamenti del Parlamento europeo il Consiglio li approva tutti a maggioranza qualificata, l’atto in questione si considera adottato. Diversamente, se il Consiglio non approva tutti gli emendamenti, il presidente del Consiglio convoca entro 6 settimane il comitato di conciliazione. 20 20 Detto comitato, che riunisce i membri di entrambe le istituzioni, ha il compito di giungere ad un accordo su un progetto comune; se entro 6 settimane dalla convocazione il comitato approva un progetto comune, il Parlamento e il Consiglio dispongono ciascuno di un termine di 6 settimane a decorrere dall’approvazione per adottare l’atto in questione in base al progetto comune. Il Parlamento delibera a maggioranza dei voti espressi e il Consiglio a maggioranza qualificata. In mancanza di una decisione, l’atto si considera non adottato. LE PROCEDURE LEGISLATIVE SPECIALI L'adozione di un regolamento, di una direttiva o di una decisione da parte del Parlamento europeo con la partecipazione del Consiglio o da parte di quest'ultimo con la partecipazione del Parlamento europeo costituisce una procedura legislativa speciale. Le procedure legislative speciali sono varie e, quindi, di volta in volta specificate dal Trattato. Più numerosi sono i casi in cui è il Consiglio a decidere su consultazione o approvazione del Parlamento. La consultazione del Parlamento può essere obbligatoria o facoltativa, ma mai vincolante ed è richiesta in tema di diritto di voto, mercato della concorrenza, armonizzazione fiscale. Laddove, invece, il Trattato prevede l’approvazione del Parlamento (es. ammissione di nuovi Stati), si tratta nella sostanza del cd. parere conforme: il Consiglio non può validamente legiferare se il Parlamento, che delibera a maggioranza dei suoi membri, non concorda pienamente con l’adozione dell’atto. In mancanza di un parere favorevole del Parlamento, l’atto non può essere adottato. APPROVAZIONE ANNUALE DEL BILANCIO DELL’UNIONE Essa avviene congiuntamente ad opera del Parlamento europeo e del Consiglio. 20 20 La politica estera e di sicurezza comune è attuata dall'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e dagli Stati membri in conformità dei trattati. Il ruolo specifico del Parlamento europeo e della Commissione in questo settore è definito dai trattati. Ai sensi dell’art. 30 TUE, “Ogni Stato membro, l'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, o l'Alto rappresentante con l'appoggio della Commissione, possono sottoporre al Consiglio questioni relative alla politica estera e di sicurezza comune e possono presentare rispettivamente iniziative o proposte al Consiglio”. Nei casi che richiedono una decisione rapida, l'Alto rappresentante convoca, d'ufficio o a richiesta di uno Stato membro, una riunione straordinaria del Consiglio, entro un termine di quarantotto ore o, in caso di emergenza, entro un termine più breve. LA PROCEDURA PER LA INSTAURAZIONE DI UNA COOPERAZIONE RAFFORZATA Il Trattato di Amsterdam sancì per la prima volta il diritto, per quegli Stati intenzionati a perseguire determinate politiche comuni, di avviare tra di loro una cooperazione rafforzata. Con la riforma di Lisbona si è previsto che le cooperazioni rafforzate possono essere attivate solo nei settori in cui l’Unione europea dispone di una competenza non esclusiva; esse sono dirette a promuovere la realizzazione degli obiettivi dell’Unione, a proteggere i suoi interessi e a rafforzare il suo processo di integrazione. Le cooperazioni rafforzate devono rispettare le competenze, i diritti e gli obblighi degli Stati non partecipanti che, a loro volta, hanno il dovere di non ostacolarne l’attuazione. Gli Stati membri che desiderano instaurare una cooperazione rafforzata trasmettono una richiesta alla Commissione precisando gli obiettivi perseguiti dalla cooperazione prevista; la Commissione valuta in merito alla presentazione della relativa proposta al Consiglio, svolgendo un ruolo 20 20 di filtro. Il Consiglio, previa approvazione del Parlamento europeo, è competente ad autorizzare simili forme di cooperazione, deliberando a maggioranza qualificata. Diversamente, nel quadro della politica estera e di sicurezza comune la richiesta degli Stati è presentata direttamente al Consiglio; al contempo tale richiesta è trasmessa all’Alto rappresentante, che esprime un parere sulla cooperazione rafforzata, alla Commissione, che esprime un parere -in particolare- sulla coerenza della stessa con le altre politiche dell’Unione, e al Parlamento europeo per conoscenza. L’autorizzazione a procedere ad una cooperazione rafforzata in questo settore è concessa dal Consiglio che delibera all’unanimità. CAPITOLO DODICESIMO Il quadro delle competenze: Unione europea e Stati membri Ripartizione di competenze Il TFUE determina e chiarisce le competenze dell’Unione rispetto agli Stati membri dividendone in tre categorie. In particolare, secondo l’art. 2 TFUE l’Unione dispone di: -competenze esclusive, limitate a determinati settori in cui spetta unicamente ad essa legiferare e adottare atti giuridicamente vincolanti. In tali casi l’intervento degli Stati membri è consentito previa autorizzazione dell’Unione oppure per dare attuazione agli atti da questa emanati. L’Unione ha competenza esclusiva nei seguenti settori: a)unione doganale; b)politica monetaria per gli Stati membri la cui moneta è l’euro; c)definizione delle regole di concorrenza necessarie al funzionamento del mercato interno; d)conservazione delle risorse biologiche del mare; e)politica commerciale comune. 20 20 Ha inoltre competenza esclusiva per la conclusione di accordi internazionali allorché tale conclusione sia prevista in un atto legislativo dell’Unione o sia necessaria per consentirle di esercitare le sue competenze a livello interno. -competenze concorrenti con gli Stati membri nei seguenti settori: a)mercato interno; b)politica sociale; c)coesione economica, sociale territoriale; d)agricoltura e pesca; e)ambiente; f)protezione dei consumatori; g)trasporti; h)reti transeuropee; i)energia; l)spazio di libertà, sicurezza e giustizia; m)problemi comuni di sicurezza in materia di sanità pubblica. In tali settori l’Unione e gli Stati membri possono legiferare e adottare atti giuridicamente vincolanti; in particolare, in questi casi gli Stati membri potranno esercitare la loro competenza nella misura in cui l’Unione non abbia già esercitato la propria o allorquando l’Unione decida di recedere dall’esercizio della propria. La portata degli interventi legislativi dell’Unione nell’ambito delle competenze concorrenti è tuttavia delimitata: il campo di applicazione di questo esercizio di competenza copre, infatti, unicamente gli elementi disciplinati dall’atto dell’Unione e non copre, pertanto, l’intero settore. Ciò comporta la possibilità per gli Stati membri di continuare a legiferare nella stessa materia per la parte non coperta dall’intervento dell’Unione. -competenze di sostegno, coordinamento e completamento dell’azione degli Stati membri, senza tuttavia la possibilità di sostituirsi alla loro competenza nei settori interessati e cioè: 20 20 -l’Unione può intervenire a condizione che l’azione da porre in essere abbia una dimensione europea (in caso contrario sono tenuti ad agire il singolo Stato o il gruppo di Stati interessati); -devono sussistere la presunzione dell’insufficienza degli Stati a risolvere lo specifico problema, nonché la presunzione che sia necessario l’intervento dell’Unione per una migliore soluzione dello stesso. Al principio di sussidiarietà, si affianca il principio di proporzionalità destinato ad operare nelle materie attribuite alla competenza, in qualsiasi forma, dell’unione: regola, pertanto, le modalità di esercizio dei poteri di azione spettanti all’Unione anche nei settori di competenza in forma esclusiva. Anch’esso è previsto dallo stesso art. 5 TUE ai sensi del quale “In virtù del principio di proporzionalità, il contenuto e la forma dell'azione dell'Unione si limitano a quanto necessario per il conseguimento degli obiettivi dei trattati”. Si tratta di un principio in base al quale l’Unione deve utilizzare mezzi legislativi adeguati e proporzionali agli scopi prefissati, salvaguardando, in tal modo, le competenze degli Stati membri. Sul rispetto di tali principi vigila in modo continuo ciascuna istituzione. In particolare, la Commissione trasmette i progetti di atti legislativi e i progetti modificati ai parlamenti nazionali; ciascuno dei parlamenti nazionali può, entro un termine di 8 settimane a decorrere dalla data di trasmissione di un progetto, inviare ai presidenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione un parere motivato che espone le ragioni per le quali ritiene che il progetto in causa non sia conforme al principio di sussidiarietà. 20 20 CAPITOLO TREDICESIMO Rapporto tra ordinamento dell’Unione e ordinamento degli Stati membri L’art. 4 TUE sancisce l’obbligo per gli Stati membri di adottare “ogni misura di carattere generale o particolare atta ad assicurare l'esecuzione degli obblighi derivanti dai trattati o conseguenti agli atti delle istituzioni dell'Unione. Gli Stati membri si astengono da qualsiasi misura che rischi di mettere in pericolo la realizzazione degli obiettivi dell'Unione” (obbligo di leale cooperazione). Detto principio nasce dalla consapevolezza che l’ordinamento dell’Unione, diversamente dagli ordinamenti nazionali, non costituisce un sistema chiuso ed autosufficiente, ma ha bisogno, per potersi realizzare, dell’integrazione con gli ordinamenti degli Stati membri. 20 20 Tale integrazione implica una necessaria opera di coordinamento che, tuttavia, non sempre risulta attuata nella pratica, dando vita a fenomeni di contrasto tra le diverse disposizioni dettate dai due ordinamenti. Due le questioni: d.1. quali disposizioni del diritto dell’Unione europea debbano considerarsi ad efficacia diretta d.2. quali disposizioni debbano prevalere nelle situazioni conflittuali. Entrambe le questioni sono state affrontate dalla Corte di giustizia che ha enucleato due principi di fondamentale importanza: 1. IL PRINCIPIO DELLA DIRETTA EFFICACIA 2. IL PRIMATO DEL DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA L’efficacia diretta si sostanzia nell’attitudine della norma dell’Unione ad attribuire diritti o imporre obblighi in capo ai soggetti dell’ordinamento interno (persone fisiche o giuridiche) anche in assenza (eventuale) di trasposizione da parte del legislatore nazionale. Essa si risolve nella possibilità per il singolo di far valere innanzi al giudice nazionale la posizione giuridica vantata in forza della norma dell’Unione, nonché di pretenderne l’applicazione da parte dell’Amministrazione nazionale.; parimenti, comporta il dovere del singolo di adempiere agli obblighi sanciti dalla norma dell’Unione nei rapporti con gli altri soggetti privati o nei rapporti con l’Amministrazione. Invero, secondo il principio della diretta efficacia, se un atto dell’Unione impone ai destinatari un comportamento preciso e non condizionato da alcuna riserva e contiene una disciplina completa che non necessita di normativa derivata da parte degli organi statali o dell’Unione, detto atto crea diritti ed obblighi a favore dei privati, i quali sono legittimati ad esigere, davanti alle giurisdizioni nazionali, la stessa tutela riconosciuta per i diritti di cui sono titolari in base alle norme dettate dall’ordinamento 20 20 La configurazione di una ipotesi di responsabilità a carico dello Stato mira ad assicurare la compensazione della perdita patrimoniale subita dal privato per effetto del comportamento tenuto dal legislatore nazionale, consistente nella violazione del termine previsto per il recepimento della direttiva comunitaria (omesso, tardivo o erroneo recepimento della direttiva nell’ordinamento interno), diretta all’attribuzione in favore del privato di diritti o benefici identificati in modo chiaro e definito. Sul regime di prescrizione del diritto del privato al risarcimento del danno sofferto per il mancato recepimento di una direttiva è intervenuto il Legislatore nazionale stabilendo che “la prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante da mancato recepimento nell’ordinamento dello Stato di direttive o altri provvedimenti obbligatori comunitari soggiace alla disciplina di cui all’art. 2947 del codice civile (termine di prescrizione quinquennale) e decorre dalla data in cui il fatto, dal quale sarebbero derivati i diritti se la direttiva fosse stata tempestivamente recepita, si è effettivamente verificato” (art.4, Legge 12 novembre 2011, n. 183 – Legge di stabilità 2012). Il primato del diritto dell’Unione europea Cosa accade se una norma europea contrasta con una disposizione interna? Soccorre un altro principio di derivazione giurisprudenziale: il primato del diritto dell’Unione, conformemente al quale in caso di conflitto, di contraddizione o di incompatibilità tra norme di diritto dell’Unione e norme nazionali, le prime prevalgono sulle seconde. Il giudice nazionale ha l’obbligo di garantire la piena efficacia del diritto europeo, disapplicando all’occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale, anche posteriore, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante procedimento costituzionale. 20 20 Detto principio è oggi consacrato nella Dichiarazione allegata al Trattato di Lisbona in cui è chiarito che i trattati e il diritto adottato dall’Unione prevalgono sul diritto degli Stati membri. CAPITOLO QUATTORDICESIMO Ordinamento dell’Unione e ordinamento italiano In Italia si decise di dare esecuzione ai Trattati istitutivi delle Comunità mediante leggi ordinarie, scelta legittima nella misura in cui venga data ad essa una “copertura costituzionale”, ossia venga rintracciata nella Costituzione una norma che ne costituisca il fondamento giuridico. Tale norma è stata individuata nell’art. 11 Cost. ove si stabilisce che “l’Italia consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”. Si ritenne che, con il riferimento alle 20 20 “limitazioni di sovranità”, la norma si prestava ad essere invocata anche per consentire le forti limitazioni di competenza introdotte dai trattati comunitari. Tale interpretazione ha trovato l’avallo della giurisprudenza costituzionale, impegnata a ricostruire i rapporti tra ordinamento interno e ordinamento europeo. L’orientamento seguito dalla giurisprudenza costituzionale, relativamente ai rapporti tra normativa comunitaria –oggi dell’Unione- e le leggi interne contrastanti, si è inizialmente posto in senso contrario alle posizione assunte dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea; ai principi elaborati da quest’ultima, primo fra tutti quello della preminenza del diritto europeo su quello interno, la nostra Corte Cost. si è adeguata solo dopo un lungo cammino, attraversando 4 FASI: 1. In una prima fase la Corte affermò che le norme comunitarie erano da porre sul medesimo piano delle norme ordinarie, dal momento che i trattati istitutivi erano stati recepiti appunto con legge ordinaria. In tale prospettiva, il rapporto tra legge nazionale e norma comunitaria era ricondotto alla logica della successione delle leggi nel tempo, con la conseguenza che una norma italiana successiva doveva prevalere su una norma comunitaria precedente. In sostanza, il contrasto tra le due fonti veniva risolto facendo applicazione del criterio cronologico; 2. Un’importante evoluzione della giurisprudenza della Corte Cost. si è avuta con la sentenza Frontini; in quella occasione la Corte riconobbe il primato del diritto comunitario sul diritto interno e l’efficacia diretta dei regolamenti. Tuttavia la Corte escluse che il giudice italiano potesse disapplicare la norma interna contrastante con quella comunitaria: affinché potesse essere disapplicata, la norma nazionale doveva essere doveva essere abrogata o dichiarata costituzionalmente illegittima dall’organo costituzionale competente; 3. Con la fondamentale sentenza Granital c/ Ministero delle Finanze, la Corte Cost. ha riconosciuto al giudice italiano il potere di disapplicare 20 20 1. entro il 28 febbraio di ogni anno, la legge di delegazione europea,deputata all’attuazione delle direttive, che conferisce al governo le deleghe legislative per il recepimento delle stesse; 2. senza nessuna indicazione riguardo alla scadenza temporale, la legge europea che contiene: -le disposizioni modificative o abrogative di disposizioni statali vigenti in contrasto con gli obblighi dell’UE; -le disposizioni necessarie per dare attuazione agli atti dell’UE diversi dalle direttive; -le disposizioni necessarie per dare attuazione ai trattati internazionali conclusi dall’UE. CAPITOLO QUINDICESIMO Le Regioni e l’attuazione del diritto dell’Unione europea Con la ratifica dei trattati istitutivi il nostro Paese ha accettato limitazioni della propria sovranità in determinate materie, trasferendo i relativi poteri in materia agli organismi comunitari. Ovviamente tali limitazioni si impongono anche alle Regioni nelle materie di loro competenza. Il primo riferimento all’ordinamento europeo è rintracciabile nel comma 1 dell’art. 117 Cost. laddove è prevista una clausola generale di compatibilità della legislazione nazionale e regionale con “i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario”. Il secondo comma dell’art. 117 riserva alla competenza esclusiva dello Stato “i rapporti dello Stato con l’Unione Europea”, mentre rientra nella potestà legislativa concorrente la disciplina dei rapporti tra le Regioni e l’Unione Europea. La disposizione più innovativa è rappresentata dal quinto comma dell’art. 117 ai sensi del quale “Le Regioni e le Province autonome di Trento e di 20 20 Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza”. È la legge n. 234/2012 che disciplina i poteri delle Regioni nell’attuazione del diritto dell’Unione precisando che le Regioni e le Province: -nelle materia di propria competenza (piena o residuale) possono provvedere alla immediata attuazione delle direttive, senza dover attendere una previa legge statale di recepimento; -nelle materie di competenza concorrente possono dare attuazione alle direttive dell’Unione, anche se in questo caso resta riservato allo Stato il compito di definire i principi fondamentali ai sensi dell’art. 117, comma 3, Cost. Il potere sostitutivo Il potere sostitutivo dello Stato, inteso come facoltà per gli organi statali di adempiere direttamente ad obblighi che normalmente sono di competenza degli organi regionali e da questi non rispettati, trova il suo fondamento costituzionale nel secondo comma dell’art. 120 Cost. secondo il quale “Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria”. L’art. 41 della legge n. 234/2012 riconosce, in conformità con il dettato costituzionale, un ampio potere sostitutivo in capo allo Stato, al fine di porre rimedio all’eventuale inerzia di Regioni e Province nel dare attuazione ad atti dell’UE. Tuttavia, tali provvedimenti statali perdono efficacia a partire dalla data di entrata in vigore delle norme di attuazione di ciascuna regione e provincia autonoma. 20 20 Il ricorso alla Corte di giustizia su richiesta delle Regioni Una disposizione particolarmente innovativa contenuta nell’art. 5 Legge n. 131/2005 è quella che attribuisce alla Regioni il potere di chiedere al Governo di proporre ricorso alla Corte di giustizia contro gli atti dell’UE ritenuti illegittimi secondo la procedura prevista dall’art. 263 TFUE che attribuisce il potere di ricorrere alla Corte di giustizia contro gli atti dell’UE ritenuti illegittimi a tre categorie di soggetti: -le istituzioni quali Parlamento, Consiglio, Commissione, gli Stati membri che sono definiti ricorrenti privilegiati poiché possono agire in qualunque situazione; -la Corte dei Conti, la BCE e il Comitato delle Regioni che possono proporre ricorso ma solo per salvaguardare le proprie prerogative; -le persone fisiche e giuridiche che possono proporre ricorso, peraltro al Tribunale e non alla Corte, solo contro atti adottati nei suoi confronti o che la riguardano direttamente ed individualmente. Come detto, con la legge n. 131/2005 è stata introdotta la facoltà anche per le Regioni e Province autonome di richiedere l’azione del Governo avverso atti considerati illegittimi. La richiesta può essere rivolta: -dalla singola Regione o da più Regioni; -dalla Conferenza Stato-Regioni con una votazione adottata a maggioranza assoluta. Solo in questo caso il Governo è tenuto a presentare il ricorso richiesto collettivamente, non godendo di alcun margine di discrezionalità. CAPITOLO SEDICESIMO La responsabilità dello Stato per violazione del diritto dell’Unione Il diritto dell’Unione europea si basa sul principio della diretta applicabilità delle norme, che conferisce anche ai singoli individui una serie di diritti ed obblighi. È stato dunque necessario predisporre un sistema di garanzie in grado di consentire al singolo di far valere in giudizio i propri diritti e di ottenere il risarcimento per l’eventuale violazione subita. La disciplina della responsabilità per illecito extra contrattuale è in gran parte frutto della giurisprudenza della Corte di giustizia. L’unica disposizione in materia presente nei trattati è relativa ai danni causati dalle istituzioni dell’Unione o dagli agenti di quest’ultima 20 20 Occorre distinguere una fase precontenziosa, che si instaura davanti alla Commissione, ed una fase contenziosa, innanzi alla Corte. La prima è caratterizzata dalla lettera di messa in mora e dal parere motivato. Con la prima la Commissione mette in evidenza la violazione commessa dallo Stato e fissa per quest’ultimo una scadenza entro la quale deve presentare le sue osservazioni in proposito. Dopo la lettera di messa in mora, ricevute le osservazioni oppure in assenza delle stesse, la Commissione indirizza allo Stato un parere motivato, allo scopo di invitare lo stesso a conformarsi agli obblighi derivanti dai trattati e, con ciò, ad eliminare il comportamento illecito. Qualora lo Stato interessato non si sia conformato in tempo utile al parere motivato, viene avviata la fase contenziosa. Il ricorso alla Corte non ha come oggetto l’inosservanza del parere motivato, ma l’inadempimento dello Stato agli obblighi dei trattati. B)Procedura promossa da uno Stato membro Il ricorso per inadempimento può essere promosso anche da uno Stato membro, qualora reputi che un altro Stato membro abbia violato gli obblighi derivanti dai trattati. Lo Stato deve rivolgersi prima alla Commissione, pena la irricevibilità del ricorso, esponendo le ragioni sulle quali è fondata la richiesta di intervento della stessa che ha, dunque, il compito di far conciliare le posizioni contrastanti degli Stati. La Commissione nel suo parere motivato può assumere diverse posizioni: -può appoggiare la tesi dello Stato imputato di inadempimento; -può non essere in grado di assumere una posizione decisa; -può condividere la tesi dello Stato che ha presentato il ricorso. Nei primi due casi è sempre possibile il ricorso alla Corte, dal momento che il parere non è vincolante; 20 20 nel terzo caso il giudizio avrà luogo solo se lo Stato non si sia conformato, entro il termine prestabilito, al parere. La Commissione può anche non formulare alcun parere, il che non costituisce impedimento al ricorso dinnanzi alla Corte di giustizia. Gli effetti della sentenza della Corte La sentenza della Corte è di mero accertamento dell’esistenza o meno della violazione; essa, in altri termini, non può indicare le misure necessarie per far cessare l’inadempimento o stabilire misure per il risarcimento dell’eventuale danno: lo Stato è solo tenuto a garantire, attraverso la libera scelta dei mezzi da adottare, l’effettiva riparazione dell’illecito. La mancata adozione, da parte dello Stato, delle misure necessarie a conformarsi alla pronuncia di accertamento della Corte legittima la Commissione ad avviare un secondo procedimento di infrazione nei confronti dello Stato membro: l’infrazione risulta, infatti, integrata dalla violazione dell’obbligo di conformarsi all’accertamento contenuto nella pronuncia della Corte, incombente sullo Stato membro in virtù dell’art. 260 TFUE. Pertanto, la Commissione può adire la Corte precisando l’importo della somma forfettaria o della penalità che ritiene adeguato alle circostanze; la Corte, ove constati la mancata conformazione dello Stato alla sentenza di accertamento dell’infrazione, può comminare il pagamento di una sanzione pecuniaria. Detto procedimento rappresenta, quindi, uno speciale procedimento giurisdizionale di esecuzione delle sentenze della Corte, configurandosi come mezzo di esecuzione delle pronunce stesse. LA GIURISDIZIONE AVENTE AD OGGETTO IL COMPORTAMENTO DELLE ISTITUZIONI: IL RICORSO DI ANNULLAMENTO & IL RICORSO PER CARENZA Si tratta della giurisdizione contenziosa della Corte avente riguardo al comportamento delle istituzioni dell’Unione nell’emanazione di atti 20 20 vincolanti; una violazione dei trattati può concretarsi nell’emanazione di atti illegittimi oppure nell’astensione dall’emanazione di atti dovuti. A. Il controllo sulla legittimità degli atti e il ricorso di annullamento Ai sensi dell’art. 263 TFUE, “La Corte di giustizia dell'Unione europea esercita un controllo di legittimità sugli atti legislativi, sugli atti del Consiglio, della Commissione e della Banca centrale europea che non siano raccomandazioni o pareri, nonché sugli atti del Parlamento europeo e del Consiglio europeo destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi. Esercita inoltre un controllo di legittimità sugli atti degli organi o organismi dell'Unione destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi”. Gli atti impugnabili, dunque, sono tutti quelli che hanno effetti vincolanti, ovvero tutti quegli atti miranti a produrre effetti giuridici; restano esclusi raccomandazioni, pareri, i regolamenti interni delle istituzioni e gli atti emanati nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune. La legittimazione a proporre ricorso alla Corte di giustizia è attribuita a: -Parlamento europeo, Consiglio, Commissione e Stati membri, che sono ricorrenti privilegiati in quanto possono agire in qualunque situazione, non essendo necessario che un atto illegittimo li tocchi direttamente; -Corte dei Conti, Comitato delle Regioni e BCE, legittimati a proporre ricorso solo per la salvaguardia delle proprie prerogative; -persone fisiche e giuridiche (ricorrenti non privilegiati), che possono proporre ricorso, peraltro non alla Corte ma al Tribunale specializzato, solo nell’ipotesi in cui gli atti le riguardino direttamente e individualmente. Il ricorso è sottoposto ad un termine di decadenza di due mesi dalla pubblicazione dell’atto sulla Gazzetta Ufficiale, ove prevista, o dalla notificazione dello stesso. 20 20 richiamata non nella sua interezza, ma solo in relazione ai principi comuni ai vari Stati in materia di responsabilità extra contrattuale. Gli elementi fondamentali su cui si basa detta responsabilità sono stati stabiliti dalla Corte come principi generali comuni ai diritti degli Stati membri: -dal punto di vista soggettivo, la Corte evidenzia l’importanza del comportamento colposo e ha rilevato che, per potersi riscontrare una responsabilità extra contrattuale, devono essere soddisfatte varie condizioni: A.1. illegittimità del comportamento tenuto dalle istituzioni (o agenti) dell’Unione; A.2. reale esistenza del danno; 3)nesso di causalità tra il comportamento stesso ed il danno lamentato. -dal punto di vista oggettivo, si presuppone, ai fini della determinazione della responsabilità extra contrattuale, un danno certo e reale oltre che il rapporto di causalità diretto. Prescrizione 5 anni LE CONTROVERSIE TRA L’UNIONE E I SUOI AGENTI Organo competente è il Tribunale della funzione pubblica dell’UE; le materie oggetto di controversia variano dalla fissazione della retribuzione al risarcimento dei danni per il ritardo nella corresponsione degli arretrati da questioni di carriera a quelle relative ai benefici sociali. I ricorsi possono essere presentati: -dai dipendenti contro le istituzioni dell’Unione; -dall’Unione contro i suoi dipendenti. L’INTERPRETAZIONE PREGIUDIZIALE (rinvio pregiudiziale) La Corte di giustizia dell'Unione europea è competente in via esclusiva a pronunciarsi, in via pregiudiziale: a. sull'interpretazione dei trattati; b. sulla validità e l'interpretazione degli atti compiuti dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell'Unione (cd. diritto derivato). 20 20 Si tratta di una giurisdizione non contenziosa, il cui scopo è quello di assicurare l’uniforme interpretazione del diritto dell’UE per una sua corretta ed uniforme applicazione. La competenza pregiudiziale implica che, nell’ipotesi in cui sorga un dubbio sull’interpretazione di una disposizione di diritto dell’UE o sulla validità di un atto in un processo nazionale, è necessaria una pronuncia della Corte prima che un giudice nazionale possa concretamente risolvere una controversia. In questi casi si prevede che il giudice nazionale sospenda il processo e operi un rinvio alla Corte di giustizia. Solo dopo che sia stata emanata la sentenza, viene riaperto il processo inverso e il giudice nazionale decide con propria sentenza il caso, conformandosi alla sentenza della Corte di giustizia. Con riferimento alle pronunce pregiudiziali sulla validità degli atti emessi dalle istituzioni, organi e organismi dell’Unione, la procedura richiama il ricorso di annullamento previsto dall’art. 263 TFUE; gli elementi di differenziazione riguardano: -i soggetti legittimati a proporre ricorso, giacché le persone fisiche e giuridiche (cd. ricorrenti non privilegiati) possono impugnare l’atto giuridico anche quando non ne siano investite direttamente ed individualmente; -gli effetti della sentenza. Nell’ipotesi prevista dall’art. 263 TFUE l’atto viene annullato ed eliminato direttamente dell’ordinamento giuridico europeo; nel caso del rinvio pregiudiziale, invece, l’atto viene dichiarato invalido e gli effetti di tale pronuncia sono limitati alla controversia in esame. L’art. 267 TFUE precisa che “quando una questione di interpretazione e validità degli atti dell’Unione è sollevata dinanzi ad un organo giurisdizionale di uno degli Stati membri, tale organo giurisdizionale può (ha la facoltà), qualora reputi 20 20 necessaria per emanare la sua sentenza una decisione su questo punto, domandare alla Corte di pronunciarsi sulla questione”. La valutazione del giudice non di ultima istanza sulla necessità o meno di operare un rinvio pregiudiziale alla Corte è, dunque, pienamente discrezionale. DIVERSAMENTE, “quando una questione del genere è sollevata in un giudizio pendente davanti a un organo giurisdizionale nazionale, avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno (giudice di ultima istanza), tale organo giurisdizionale è tenuto (DEVE) a rivolgersi alla Corte”. Tuttavia l’obbligo per il giudice di ultima istanza di rivolgersi alla Corte non è assoluto ed inderogabile; alcune sentenze della Corte hanno, infatti, attribuito dei margini di discrezionalità quando: -un’identica questione sia già stata oggetto di pronuncia da parte della Corte in un precedente procedimento o si sia formata sul punto una giurisprudenza costante; -le norme hanno un senso chiaro ed univoco, che rende non necessario richiedere un’interpretazione pregiudiziale della Corte. Si tratta della cd. teoria dell’atto chiaro. Per quel che riguarda il rinvio avente ad oggetto una questione di interpretazione, va rilevato che alla Corte spetta unicamente l’interpretazione dei trattati e degli atti dell’Unione, mentre ai giudici nazionali spetta l’applicazione degli stessi; una volta avutasi l’interpretazione pregiudiziale, la causa torna al giudice interno per la decisione sul caso. GLI EFFETTI DELLE SENTENZE Per ciò che riguarda gli effetti della sentenza interpretativa, è opportuno chiarire che: -la sentenza vincola il giudice nazionale, che è tenuto a decidere il caso in conformità alla pronuncia della Corte; 20 20 Il ruolo del Parlamento europeo Tranne quando l'accordo riguarda esclusivamente la politica estera e di sicurezza comune (PESC = secondo pilastro = metodo intergovernativo, non comunitario), il Consiglio adotta la decisione di conclusione dell'accordo 1. previa approvazione del Parlamento europeo nei casi seguenti: -accordi di associazione; -accordo sull'adesione dell'Unione alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali; -accordi che creano un quadro istituzionale specifico organizzando procedure di cooperazione; -accordi che hanno ripercussioni finanziarie considerevoli per l'Unione; -accordi che riguardano settori ai quali si applica la procedura legislativa ordinaria oppure la procedura legislativa speciale qualora sia necessaria l'approvazione del Parlamento europeo. 2. previa consultazione del Parlamento europeo, negli altri casi; il Parlamento europeo formula il parere entro il termine stabilito dal Consiglio. In mancanza di parere entro il detto termine, il Consiglio può comunque deliberare. Il parere della Corte di giustizia Uno Stato membro, il Parlamento europeo, il Consiglio o la Commissione possono domandare il parere della Corte di giustizia circa la compatibilità di un accordo previsto con le disposizioni dei trattati. In caso di parere negativo della Corte, l'accordo previsto può entrare in vigore solo dopo aver proceduto alle necessarie modifiche dei trattati europei secondo la procedura prevista dall’art. 48 TUE (revisione dei trattati). In alternativa si può procedere ad una rinegoziazione dell’accordo al fine di eliminare o sostituire le disposizioni ritenute incompatibili. RANGO DEGLI ACCORDI INTERNAZIONALI Gli accordi conclusi dall’Unione sono vincolanti sia per le istituzioni dell’Unione che per gli Stati membri; ciò implica che sia 20 20 le istituzioni che gli Stati membri sono tenuti a garantire la compatibilità dei loro atti con le disposizioni dell’accordo internazionale. CAPITOLO DICIOTTESIO LE POLITICHE DELL’UNIONE L’azione dell’Unione si sostanzia nel compimento di attività e nella conduzione di politiche nei settori assegnati alla sua competenza, che mirano al conseguimento degli obiettivi fissati nei trattati. In base al sistema delineato nei trattati, l’attività esercitabile dall’Unione sul piano interno assume i seguenti contenuti: -adozione di misure destinate all’instaurazione ed al funzionamento del mercato interno, fondato sulla libertà di circolazione delle merci e sull’unione doganale; -definizione ed attuazione di una politica comune in materia di agricoltura e di pesca; -attuazione delle misure necessarie per assicurare la libertà di circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali; -definizione ed attuazione di una politica comune in materia di trasporti; -attuazione della disciplina in materia di concorrenza; -fissazione di obiettivi comuni in materia di politica economica. Tale azione comprende la definizione e la conduzione di una politica monetaria unica; -sviluppo di una strategia coordinata in materia di occupazione; -contributo al pieno sviluppo delle culture degli Stati membri; -conduzione di una politica in materia di ambiente; -conduzione di una politica nel settore dell’energia; -sviluppo e proseguimento di un’azione tesa a realizzare il rafforzamento della coesione economica, sociale e territoriale dell’Unione, etc. Viceversa, l’azione esterna dell’Unione assume i seguenti contenuti: -conclusione di accordi internazionali (vedi cap. diciassettesimo) e cura delle relazioni con le altre organizzazioni internazionali; 20 20 -conduzione di una politica commerciale comune e di una politica nel settore della cooperazione con i Paesi terzi e di aiuto umanitario; -definizione ed attuazione della politica estera e di sicurezza comune; -attuazione della clausola di solidarietà ex art. 222 TFUE che prevede la prestazione di assistenza da parte dell’Unione in favore di uno Stato membro qualora questi sia oggetto di un attacco terroristico o di una calamità naturale. LE LIBERTÀ DI CIRCOLAZIONE: MERCI, PERSONE, SERVIZI E CAPITALI Le quattro libertà di circolazione rappresentano le basi per la instaurazione ed il mantenimento del mercato unico. La libertà di circolazione delle merci riguarda i prodotti scambiati a livello interno (tra gli Stati membri) o verso l’esterno (prodotti scambiati con gli Stati terzi). L’art. 28 TFUE stabilisce che “L'Unione comprende un'unione doganale che si estende al complesso degli scambi di merci e comporta il divieto, fra gli Stati membri, dei dazi doganali all'importazione e all'esportazione e di qualsiasi tassa di effetto equivalente, come pure l'adozione di una tariffa doganale comune nei loro rapporti con i paesi terzi”. La libertà di circolazione delle merci si fonda essenzialmente su 3 aspetti: -unione doganale che si sostanzia nel divieto di dazi doganali negli scambi tra gli Stati membri. Nei rapporti esterni, l’unione doganale determina la fissazione di una tariffa doganale comune, la cui misura è stabilita dal Consiglio su proposta della Commissione; -divieto di restrizioni quantitative tra gli Stati membri, ovvero di misure aventi carattere di proibizione di importazione, esportazione o di transito di determinate merci -divieto di imposizioni (sul piano fiscale) interne discriminatorie o protezionistiche, ed in tal senso l’art. 110 TFUE stabilisce che “Nessuno Stato membro applica direttamente o indirettamente ai prodotti degli altri Stati membri imposizioni interne, di qualsivoglia natura, superiori a 20 20 -la promozione di una politica comune in materia di asilo (art. 78 TFUE: “L'Unione sviluppa una politica comune in materia di asilo, di protezione sussidiaria e di protezione temporanea, volta a offrire uno status appropriato a qualsiasi cittadino di un paese terzo che necessita di protezione internazionale e a garantire il rispetto del principio di non respingimento”), immigrazione (art. 79 TFUE: “L'Unione sviluppa una politica comune dell'immigrazione intesa ad assicurare, in ogni fase, la gestione efficace dei flussi migratori, l'equo trattamento dei cittadini dei paesi terzi regolarmente soggiornanti negli Stati membri e la prevenzione e il contrasto rafforzato dell'immigrazione illegale e della tratta degli esseri umani”) e controllo alle frontiere esterne; -l’adozione di misure di prevenzione e lotta contro la criminalità e sviluppo di forme di cooperazione e coordinamento tra forze di polizia e autorità giudiziarie (cd. cooperazione di polizia e cooperazione giudiziaria penale); - l’agevolazione dell’accesso alla giustizia, che include altresì la cooperazione giudiziaria in materia civile fondata essenzialmente su due aspetti: -il principio di riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie ed extragiudiziarie; -la possibilità di adottare misure intese al riavvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri. LA POLITICA IN MATERIA DI CONCORRENZA L’instaurazione ed il funzionamento del mercato interno postulano il mantenimento di un regime di libera concorrenza all’interno del mercato: la concorrenza costituisce, pertanto, uno strumento per la creazione e la conservazione del mercato interno. Si tratta di un settore attribuito alla competenza esclusiva dell’Unione, chiamata alla definizione delle regole di concorrenza necessarie al funzionamento del mercato interno. La disciplina in materia di concorrenza contempla due profili: -le regole applicabili alle imprese; -il regime degli aiuti pubblici alle imprese. Le regole applicabili alle imprese si sostanziano in due ipotesi: 20 20 1. il divieto di intese che concerne qualsiasi accordo o comportamento di consapevole collaborazione tra imprese, volto ad impedire, restringere o falsare la concorrenza: “Sono incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato interno” (art. 101 TFUE). Gli accordi o decisioni, vietati in virtù del detto articolo, sono nulli di pieno diritto. Il divieto di intese non è, tuttavia, assoluto: il divieto può essere dichiarato inapplicabile se l’accordo può contribuire a migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti o a promuovere il progresso tecnico o economico, pur riservando agli utilizzatori una congrua parte dell'utile che ne deriva; 2. il divieto di abuso di posizione dominante concerne lo sfruttamento abusivo di una posizione dominante da parte di un’impresa; in particolare, “È incompatibile con il mercato interno e vietato, nella misura in cui possa essere pregiudizievole al commercio tra Stati membri, lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato interno o su una parte sostanziale di questo” (art. 102 TFUE). Il divieto di abuso di posizione dominante, a differenza di quello relativo alle intese, presenta carattere assoluto: non sono infatti previste eccezioni alla sua applicazione. È la Commissione che vigila perché siano applicati i principi fissati dagli articoli 101 e 102 TFUE. Essa istruisce, a richiesta di uno Stato membro o d'ufficio ed in collegamento con le autorità competenti degli Stati membri che le prestano la loro assistenza, i casi di presunta infrazione ai principi suddetti. Qualora essa constati l'esistenza di un'infrazione, propone i mezzi atti a porvi termine. Qualora non sia posto termine alle infrazioni, la Commissione constata l'infrazione ai principi con una decisione motivata. Essa può pubblicare tale decisione e autorizzare gli 20 20 Stati membri ad adottare le necessarie misure, di cui definisce le condizioni e modalità, per rimediare alla situazione. La Commissione è dunque titolare di poteri di indagine conoscitiva, accertamento e di decisione; l’applicazione dei principi di cui agli art. 101 e 102 TFUE è demandata agli atti di diritto derivato, in particolare a regolamenti e direttive, la cui adozione è rimessa al Consiglio con l’obbligo di consultazione del Parlamento europeo. Quanto al regime degli aiuti pubblici alle imprese, esso si sostanzia nel divieto di aiuti destinati a favorire talune imprese, alterando la libera concorrenza nel mercato interno: “Salvo deroghe contemplate dai trattati, sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza” (art. 107 TFUE). Il concetto di aiuto non si identifica con la sovvenzione in senso stretto, ossia con l’erogazione di una somma di denaro, ma coincide con qualsiasi beneficio, di origine pubblica, che determini un vantaggio per l’impresa. L’art. 107 TFUE contempla una serie di ipotesi in cui gli aiuti pubblici alle imprese non rientrano nel campo di applicazione del divieto, distinguendo tra: -aiuti compatibili (automaticamente) con il mercato interno, tra cui si segnalano gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali; -aiuti che possono considerarsi compatibili, previa valutazione ad opera della Commissione. La vigilanza sul rispetto delle disposizioni in materia di aiuti di Stato è attribuita alla Commissione che può adottare una decisione con cui impone allo Stato interessato di sopprimere (o modificare) l’aiuto entro un termine stabilito. 20 20 Allo stato attuale, dei 28 Stati membri dell’Unione europea hanno aderito all’eurozona 19 paesi (da ultimo: la Lettonia con decorrenza dal 1° gennaio 2014 e la Lituania con decorrenza dal 1° gennaio 2015). La partecipazione all’eurozona postula il controllo delle politiche di bilancio degli Stati membri, secondo quanto stabilito dal Patto di stabilità e crescita, consistente in un accordo tra gli Stati aderenti (stipulato nel 1997 ed entrato in vigore nel 1999), teso al rafforzamento delle politiche di vigilanza sui livelli di deficit e debito pubblico nazionali. La politica monetaria mira al raggiungimento di 2 obiettivi: -il mantenimento della stabilità dei prezzi; -il sostegno delle politiche economiche generali dell’Unione. La politica monetaria involge la partecipazione della Banca centrale europea, quale istituzione specializzata, che svolge 2 funzioni essenziali: -ha il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione dell’euro; -partecipa alla conduzione della politica monetaria dell’Unione, in seno al Sistema europeo di banche centrali (SEBC, composto dalla Banca centrale europea e dalle banche nazionali degli Stati membri che adottano l’euro). Le tendenze nel sistema attuale Nell’ambito della recentissima crisi economica e finanziaria che ha investito l’Europa, l’Unione ha avvertito l’esigenza di rafforzare la governance economica, superando i limiti del sistema accolti in materia di politica economica, che non assicura un controllo adeguato sulle politiche di bilancio degli Stati membri. In tale ottica, tra il 2011 e il 2012 sono state assunte 4 importanti iniziative finalizzate ad assicurare la stabilità di tutta la zona euro. Istituzione di un meccanismo di stabilità In primo luogo si è proceduto ad una modifica dell’art. 136 TFUE, mediante l’aggiunta di un terzo paragrafo. In particolare, la nuova disposizione consente agli Stati che adottano l’euro di “istituire un meccanismo di stabilità da attivare ove indispensabile per salvaguardare la stabilità della zona euro nel suo insieme”. 20 20 Pertanto, in attuazione della previsione contenuta nel riformato art. 136 TFUE, è stato istituito un meccanismo di stabilità permanente mediante l’adozione del Trattato istitutivo del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES), firmato il 2 febbraio 2012 ed entrato in vigore in data 8 ottobre 2012. Il MES costituisce una istituzione finanziaria internazionale con sede a Lussemburgo, volta a fornire sostegno alla stabilità della zona euro attraverso strumenti di assistenza finanziaria in favore di quegli Stati membri colpiti o minacciati da seri problemi di finanziamento. Adozione del cd. Fiscal compact Il 2 marzo 2012 tutti i Paesi membri dell’UE, ad eccezione del Regno Unito e della Repubblica Ceca, hanno firmato un trattato fondamentale che introduce l’obbligo dell’equilibrio di bilancio negli Stati del’Unione: è il Fiscal Compact o Patto di bilancio, entrato in vigore il 1° gennaio 2013. Tra le misure contenute nel fiscal compact, è previsto l’impegno dei singoli Stati ad introdurre nel sistema giuridico nazionale, tramite disposizioni vincolanti, permanenti e preferibilmente di natura costituzionale, il principio del pareggio di bilancio. Proprio in attuazione dell’obbligo contenuto nel cd. patto di bilancio, l’Italia con legge costituzionale 17 aprile 2012 n. 1 ha introdotto a livello costituzionale il principio del pareggio di bilancio, ossia di equilibrio tra entrate e spese del bilancio pubblico, che tenga conto delle diverse fasi - avverse o favorevoli- del ciclo economico. Unione bancaria A partire dalla seconda metà del 2012 ha poi preso avvio un percorso diretto alla creazione di un’unione bancaria fondata su 3 pilastri: -un meccanismo unico di vigilanza sulle banche, istituito con il regolamento del 15 ottobre 2013 n. 1024, che si sostanzia nella attribuzione alla BCE di compiti specifici in materia di vigilanza sugli enti creditizi; -un quadro unitario per quanto concerne i sistemi di garanzia dei depositi; 20 20 -un meccanismo unico europeo per la risoluzione delle crisi bancarie, istituito con regolamento del 15 luglio 2014 n. 806, con l’obiettivo di preservare la stabilità finanziaria dell’eurozona mediante una gestione centralizzata delle procedure di risoluzione delle banche in crisi, affidata ad una autorità unica (Comitato di risoluzione unico) con decorrenza dal 1° gennaio 2016. LA POLITICA IN MATERIA DI OCCUPAZIONE E LA POLITICA SOCIALE La politica in materia di occupazione, al pari della politica economica, si sostanzia in un mero coordinamento tra le politiche nazionali, teso ad assicurare il raggiungimento di un elevato livello dell’occupazione. Tale aspetto è evidenziato nelle disposizioni dei trattati: “Gli Stati membri e l'Unione si adoperano per sviluppare una strategia coordinata a favore dell'occupazione, e in particolare a favore della promozione di una forza lavoro competente, qualificata, adattabile e di mercati del lavoro in grado di rispondere ai mutamenti economici” (art. 145 TFUE); “Gli Stati membri considerano la promozione dell'occupazione una questione di interesse comune e coordinano in sede di Consiglio le loro azioni al riguardo” (art. 146 TFUE); “L'Unione contribuisce ad un elevato livello di occupazione promuovendo la cooperazione tra gli Stati membri nonché sostenendone e, se necessario, integrandone l'azione. Sono in questo contesto rispettate le competenze degli Stati membri” (art. 147 TFUE). Il coordinamento è realizzato mediante la definizione di orientamenti comuni ad opera del Consiglio. La politica sociale, al pari di quella economica e della politica in materia di occupazione, si sostanzia in un mero coordinamento delle politiche nazionali, inteso ad assicurare la promozione dell'occupazione, il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, una protezione sociale adeguata, il dialogo sociale, lo sviluppo delle risorse umane atto a consentire un livello occupazionale elevato e duraturo e la lotta contro l'emarginazione. 20 20 Nell’ambito dell’azione esterna dell’Unione, assume particolare rilevanza la politica esterna e di sicurezza comune (PESC). Prima dell’intervento del Trattato di Lisbona, tale settore rientrava nel II pilastro e, come tale, era regolato in base al metodo della cooperazione intergovernativa. Il Trattato di Lisbona, nell’eliminare la distinzione formale tra i pilastri, conferma l’assoggettamento del settore della PESC ad un regime speciale: la sua disciplina è, infatti, prevista nel TUE anziché nel TFUE. L’azione dell’Unione nel settore della PESC assume i seguenti contenuti: -definizione degli orientamenti generali -adozione di decisioni dirette alla definizione delle azioni e delle posizioni dell’Unione nonché delle relative modalità di attuazione; -rafforzamento della cooperazione sistematica tra gli Stati membri per la conduzione della loro politica. La competenza dell’unione nel settore della PESC non esclude, pertanto, il potere di intervento degli Stati membri; in particolare: -gli Stati membri sono tenuti ad evitare comportamenti difformi dalla linea di azione intrapresa dall’Unione (obbligo di coerenza); -gli Stati membri sono tenuti a consultarsi reciprocamente sia su questioni di interesse generale per la definizione di un approccio comune sia in via preliminare all’avvio di azioni o all’assunzione di impegni ove potenzialmente lesivi degli interessi dell’Unione (obbligo di coordinamento). Le peculiarità connaturate alla competenza nel settore della PESC riguardano, altresì, la natura degli atti e le procedure decisionali. La politica estera e di sicurezza comune è infatti soggetta a norme e procedure specifiche. Essa è definita e attuata dal Consiglio europeo e dal Consiglio che deliberano all'unanimità, salvo nei casi in cui i trattati dispongano diversamente; è esclusa l'adozione di atti legislativi. L’attuazione della PESC postula l’intervento di una carica istituzionale appositamente deputata alla guida di tale settore (l'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza) quale soggetto 20 20 nominato dal Consiglio europeo e destinato ad agire, nel ruolo di responsabile dell’attuazione della PESC, come “mandatario” del Consiglio stesso. POLITICA DI SICUREZZA E DIFESA COMUNE Nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune è prevista la politica di sicurezza e di difesa comune che costituisce parte integrante della PESC. Essa mira ad assicurare all'Unione la disponibilità di una capacità operativa, rappresentata da mezzi civili e militari; l'Unione può avvalersi di tali mezzi in missioni al suo esterno per garantire il mantenimento della pace, la prevenzione dei conflitti e il rafforzamento della sicurezza internazionale, conformemente ai principi della Carta delle Nazioni Unite. La politica di sicurezza e di difesa comune comprende la graduale definizione di una politica di difesa comune, che si attuerà su decisione del Consiglio europeo da assumere all'unanimità. 20 20