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riassunto unione europea, Sintesi del corso di Diritto dell'Unione Europea

essenziale per un ripasso prima dell'esame di unione europea! Vengono affrontati i principali temi del diritto dell'UE: le competenze, gli atti dell'unione, le istituzioni, i vari ricorsi e le varie procedure.X qualsiasi problema non esitate a contattarmi

Tipologia: Sintesi del corso

2011/2012

Caricato il 29/05/2012

smarti120989
smarti120989 🇮🇹

4.6

(25)

18 documenti

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Scarica riassunto unione europea e più Sintesi del corso in PDF di Diritto dell'Unione Europea solo su Docsity! 1 LEZIONE 20/02/2012 L’ UE è un ordinamento giuridico tale e quale a come è un ordinamento giuridico nazionale. Come viene istituito l’ordinamento comunitario, dell’unione europea? Il primo tassello avviene nel 1951 con 6 stati europei, che erano Francia, Germania, Italia,Paesi Bassi,Belgio e Lussemburgo e il progetto era quello di creare un’integrazione economica del carbone e dell’acciaio. Nel 1951 viene istituita dunque la prima comunità europea, Comunità del carbone e dell’acciaio, detta anche CECA e questa comunità serviva per creare un unico mercato del carbone e dell’acciaio. Questo passo è stato fondamentale per creare una successiva integrazione economica. Questi Stati istituiscono la CECA attraverso un’integrazione, un trattato, un accordo internazionale, perché gli Stati nell’ambito dei rapporti internazionali si muovono attraverso gli accordi cosiddetti accordi internazionali; attraverso dunque un accordo internazionale, che aveva per oggetto l’istituzione della comunità europea del carbone e dell’acciaio è stata istituita questa prima comunità europea. Nel 1957 vengono istituite altre due comunità la CEE e la CEEA (Euratom), la prima, la comunità economico europea, e la seconda, la comunità europea dell’energia atomica. Con la CEEA l’obiettivo era un utilizzo comune e pacifico dell’energia nucleare. La CEE, che è la terza comunità che viene istituita è la più importante. Con questa comunità, con il Trattato di Roma del 1957 venne istituito un mercato comune dei fattori di produzione economica: si voleva realizzare un unico mercato in cui i fattori di produzione, le merci, i servizi, i capitali, i lavoratori potessero circolare liberamente all’interno dello spazio comune stabilito, quindi un unico mercato privo di barriere doganali, di restrizioni alla libera circolazione di questi fattori di produzione. Oltre all’abolizione delle barriere doganali e di restrizioni, questi 6 Stati decisero anche di affiancare delle politiche comuni, la politica ad esempio dell’agricoltura, la politica commerciale ecc. La CEE è una integrazione limitata si al campo economico, ma non limitata a settori specifici di questo campo economico, come poteva essere per la CECA. Queste tre comunità, CECA,CEE E CEEA insieme furono definite le tre comunità europee. La CECA è l’unica comunità che si è estinta. Si è estinta perché? Perché nel momento in cui gli stati hanno deciso di istituirla attraverso il trattato internazionali, nel trattato internazionale è stato posto anche un termine e questo termine è il 2002. Quindi mentre ancora continuiamo a parlare di comunità europea di Euratom, non abbiamo più la CECA perché si è estinta nel 2002. 1 Il discorso centrale è l’istituzione del mercato comune che mettesse insieme i principali fattori di produzione che sono la libertà di circolazione delle merci, dei servizi, dei capitali e dei lavoratori, le 4 libertà fondamentali della comunità economica europea. La nascita della comunità economico europea è preordinata ad una funzione che è l’integrazione del mercato economico, ora invece questo elemento appare quasi desueto. Se all’inizio l’istituzione della comunità europea era finalizzato all’integrazione dei fattori di produzione all’istituzione di un mercato comune economico, la competenza negli anni si è estesa a tante materie che prima non erano previste. Queste tre comunità europee sono state istituite da tre diversi trattati. Parallelamente a questo, da una parte si assiste ad un allargamento dei paesi, una progressiva adesione dei paesi (da 6 a 27 paesi). L’introduzione dei paesi all’UE è avvenuto mediante successivi trattati di adesione, cioè lo stato che voleva aderire, stipulava,con gli Stati che avevano istituito le tre comunità, dei successivi accordi di adesione con i quali hanno aderito alle comunità europee; questo processo è avvenuto con ciascuno degli stati che fanno parte dell’UE che sono tuttora 27. Un secondo tipo di processo è avvenuto con la successiva modifica di questi trattati che ha comportato a una estensione delle competenze attribuite alle allora comunità europee, ad una modifica istituzionale; questo è per capire che i trattati così come li avevamo nel 1957 non esistono più perché sono stati modificati nel corso del tempo, attraverso altrettanti accordi internazionali che sono stati stipulati. Nel 1957 abbiamo il Trattato di Roma (perché i capi di governo si sono riuniti a Roma) con il quale è stata istituita la Comunità economico europea. La prima tappa importante di questo percorso avviene con l’ Atto Unico Europeo del 1986, che è un trattato internazionale intercorso tra gli Stati che avevano istituito le tre comunità europee; questo atto è un accordo con il quale viene modificato il Trattato di Roma. Le modifiche più importanti hanno toccato essenzialmente le competenze, sono cioè state attribuite alla comunità economica europea maggiori competenze rispetto a quelle che erano state attribuite con il trattato istitutivo di Roma del 1957. Questione di attribuzione di competenze? Di uno Stato non si può parlare di competenze che ha/non ha poiché lo Stato è uno stato sovrano e può far tutto purchè rispetti il principio di costituzionalità; lo stato può far tutto e l’unico limite è dato dalla Costituzione. Un organizzazione internazionale come lo è la comunità europea, in quanto tale non può fare tutto quello che vuole perché ha dei poteri limitati in 2 Dal 1993 noi abbiamo due trattati che disciplinano l’ordinamento dell’UE nella sua complessità: il vecchio trattato TCE che esiste dal Trattato di Roma, e il trattato sull’UE, il TUE, introdotto dal Trattato di Maastricht. Nel 1999 entra in vigore una nuova modifica con il Trattato di Amsterdam, firmato nel 1997, che modifica il TCE e il TUE. Tra le modifiche più importanti, trasferisce una parte delle materie, che erano state attribuite al terzo pilastro a giustizia e affari interni, alla comunità europea, in particolare quella parte di trattato che verrà inserito in un apposito capitolo che verrà chiamato visti, asilio e immigrazione. Dunque quello che gli stati nel 1993 avevano deciso di attribuire al metodo intergovernativo, e quindi al terzo pilastro, nel 1999 decidono di sottoporlo al metodo sovranazionale e quindi di attribuirlo alla competenza della comunità. Un'altra modifica che fa è che il terzo pilastro, seppure si chiamerà sempre GAJ, non sarà più giustizia ed affari interni ma si occuperà di cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale. 5 PESCCGAJ CECA CEEA La disciplina è regolata dal TUE UEIL TRATTATO DI MAASTRICHT 1993: • Da CEE a CE • Allarga le competenze • Modifica il trattato di Roma (chiamato TCE) • Introduce un altro trattato che è il TUE (trattato Un'altra tappa è rappresentato dal Trattato di Nizza entrato in vigore nel 2003; le modifiche non sono state di grande rilievo, e da molti è stato commentato come un trattato che già quando è entrato in vigore era vecchio, vecchio perché nel 2003 inizia a farsi largo l’idea di mutare gli strumenti che fino a quel momento avevano disciplinato, regolamentato l’ordinamento dell’UE, innanzi tutto perché gli stati erano sempre di più e quindi per rendere meno gravose le procedure decisionali, per rendere appunto più snelli i procedimenti legislativi ecc, per unificare in un unico strumento i due trattati il TCE e il TUE. Quindi già all’indomani dell’entrata in vigore del Trattato di Nizza si iniziò a parlare di costituzione europea: ci furono grandi lavori, fu firmato un testo di costituzione europea che non entrò mai in vigore per la bocciatura in seguito al referendum, in Francia e in Olanda. Questo testo venne bocciato non perché le modifiche fossero al loro interno di grande rilievo, ma quello che fece paura fu la denominazione di Costituzione e a molti era sorta l’idea che attraverso una costituzione europea fossero soppiantate o assumessero una dimensione marginale le costituzioni degli stati membri. All’indomani della bocciatura della costituzione europea venne approvato ed entrò in vigore il 1 dicembre 2009 il Trattato di Lisbona; questo trattato è importante perché c’è stato una rivoluzione nell’architettura fino ad allora vigente. Il trattato di Lisbona riprende i contenuti inseriti nel trattato di Nizza, ma ha meno pretese rispetto a ques’ultimo, elimina il riferimento alla legge e gli atti continuano a chiamarsi come prima. Il Trattato di Lisbona riprende i contenuti del trattato costituzionale e cosa fa? Noi eravamo rimasti ai tre pilastri del tempio greco; dal 2009 in poi noi non abbiamo più la struttura a pilastri che viene eliminata ma rimane solo un unico ordinamento, l’UE, e dunque non c’è più CE, non esiste più un’architettura a tre pilastri. Quali trattati vanno a disciplinare questo unico ordinamento,che continua a utilizzare la denominazione di UE? Non abbiamo più il TCE ma il TFUE, mentre il TUE rimane invariato. Perché un unico ordinamento con due Trattati? La profonda modifica non significa che le varie anime che prima componevano la variegata struttura dell’UE siano poi scomparse perché all’interno di questo ordinamento continuiamo a trovare dei regimi differenziali; quello che prima era la CE ci rimane il metodo sovranazionale disciplinato dal TFUE e le politiche che vengono disciplinate all’interno di questo settore non si chiameranno più politiche comunitarie ma politiche materiali. In più dall’altra parte continua a convivere il metodo intergovernativo che è disciplinato dal TUE che andrà a disciplinare non completamente il secondo e terzo pilastro, ma solo il secondo pilastro la PESC, mentre il terzo pilastro viene assorbito nel primo. Quindi anche quella parte che dopo 6 il Trattato di Amsterdam continuava ad appartenere al terzo pilastro con il trattato di Lisbona penetra nell’ambito delle politiche materiali, quindi nell’ambito del metodo sovranazionale e nell’ambito del TFUE, mentre la politica estera e sicurezza comune continuano ad essere soggette al metodo intergovernativo, questo tutto nell’ambito di un unico ordinamento. Quindi dal punto di vista formale c’è una semplificazione, che non abbiamo più una struttura complessa e articolata come lo era prima, ma ora abbiamo un unico ordinamento che è l’UE nel quale ancora l’anima intergovernativa continua a coesistere con quella sovranazionale,quindi quella che era la CE ora fa parte delle politiche materiali, disciplinata dal TFUE, mentre la PESC, soggetta al metodo intergovernativo, è disciplinata dal TUE. Questi due Trattati hanno lo stesso valore giuridiche, l’uno non è soggetto all’altro; mentre il TFUE è un trattato di dettaglio, il TUE detta le norme basilari e quindi si può applicare ad entrambe le parti, mentre il TFUE si applica solamente alla parte delle politiche materiali. L’inesattezza precedente era riferita al TUE, per capire che il settore della PESC è inserito solo nel TUE. Il TUE essendo un trattato di base è costituito da una parte di disposizioni comuni e finali che si applicano a tutto quanto l’ordinamento, poi vi è una parte centrale dedicata alla PESC che va a disciplinare il metodo intergovernativo. 7 UEPolitiche materiali (non più comunitarie TFUEUE Esiste poi una norma del Trattato sull’unione europea, l’articolo 40 che ci dice: “ l’attuazione della politica estera e sicurezza comune lascia impregiudicata l’applicazione delle procedure e la rispettiva portata delle attribuzioni delle istituzioni previste dai trattati per l’esercizio delle competenze dell’UE di cui agli articoli 3 e 6 del TFUE”. Il secondo paragrafo recita: “l’attuazione delle politiche previste in tali articoli lasciano parimenti impregiudicata l’applicazione delle procedure e la rispettiva portata delle attribuzioni delle istituzioni previste dai trattati per l’esercizio delle competenze dell’unione a titolo del presente capo.” Questa disposizione ci vuole dire che l’esercizio delle competenze materiali non deve intaccare, non deve pregiudicare, non deve incidere sulle competenze attribuite all’UE dalla PESC, quindi non deve incidere sulla PESC. Il secondo paragrafo in termini rovesciati ci dice la stessa cosa, cioè che le attribuzioni nel settore della PESC devono lasciare impregiudicate le competenze materiali dell’UE. Questo ci ribadisce non solo questa divisione formale attuata dai trattati all’interno dell’ordinamento dell’UE tra questi due settori di competenza separati e divisi, ma oltre a questo il trattato stabilisce che questa divisione, separazione si ripercuote anche sulla necessità che l’esercizio di un settore non vada a compromettere l’esercizio dell’altro settore e viceversa. L’articolo 40 non è nuovo perché lo si ritrova già nella precedente versione del TCE; l’unica novità che ha portato il Trattato di Lisbona sull’articolo 40 è dovuto al fatto che questo articolo è stato bilateralizzato: mentre era previsto che solo la PESC non interferisse con le politiche materiali, ora è previsto che anche le politiche materiali non interferiscano con la PESC. PRINCIPIO DI ATTRIBUZIONE O DEI POTERI ATTRIBUITI Questo è un aspetto fondamentale per capire poi l’intera portata delle strutture istituzionali dell’UE. Questo principio è molto ricorrente nei trattati. Nell’articolo 4 abbiamo letto che in conformità dell’articolo 5, qualsiasi competenza non attribuita all’UE nei trattati appartiene agli stati membri. Questo principio viene ribadito poi nell’articolo 5 dove si dice che la delimitazione delle competenze dell’unione si fonda sul principio di 10 attribuzione. In virtù del principio di attribuzione l’unione agisce esclusivamente nei limiti delle competenze che le sono attribuite dagli stati membri nei trattati per realizzare gli obiettivi da questi stabiliti. Qualsiasi competenza non attribuita all’unione nei trattati appartiene agli stati membri. In questi due articoli si gira sempre sullo stesso concetto, il principio di attribuzione o dei poteri attribuiti, e ciò significa che l’unione può esercitare esclusivamente le competenze che le vengono attribuite dai trattati istitutivi. Se una competenza non viene attribuita, questa competenza si deve ritenere che rimanga in capo agli stati membri. Dunque c’è un limite all’attività dell’UE, e oltrepassato questo limite la competenza appartiene agli stati. Da sottolineare che in entrambi gli articoli del TUE c’è la stessa previsione ribadita (articolo 4: qualsiasi competenza non attribuita all’unione nei trattati appartiene agli stati membri; articolo 5: qualsiasi competenza non attribuita all’unione nei trattati appartiene agli stati membri), questo perché ovviamente gli stati hanno timore ad elargire sempre di più competenze all’UE, e a ribadire il concetto che l’ordinamento dell’UE si basa sul principio dei poteri attribuiti, e questo anche perché la Corte di Giustizia è sempre stata volta a dare un’interpretazione estensiva delle competenze dell’UE, oltrepassando in certi casi anche la lettera dei trattati. Articolo 5 paragrafo II: “In virtù del principio di attribuzione l’unione agisce esclusivamente nei limiti delle competenze che le sono attribuite dagli stati membri nei trattati per realizzare gli obiettivi da questi stabiliti” COMPETENZE ED OBIETTIVI Questo paragrafo pone due conseguenze: • 1 CONSEGUENZA: le competenze che vengono attribuite dall’unione non possono essere esercitate per qualsiasi tipo di fine; io ho una competenza e questa competenza posso esercitarla esclusivamente per realizzare i fini, gli obiettivi, gli scopi indicati dal trattato • 2 CONSEGUENZA: gli obiettivi che sono indicati dal trattato non possono essere perseguiti se non attraverso l’esercizio di quelle competenze; io non posso utilizzare competenze differenti Esistono quindi competenze che i trattati stabiliscono all’UE il cui esercizio serve per perseguire obiettivi allo stesso modo indicati dai trattati. Questo rapporto che sussiste tra competenze e obiettivi determina le due conseguenze sopraindicate. Questo rapporto che sussiste tra competenze e obiettivi non significa che tutte le competenze attribuite dal trattato possono essere utilizzate indifferentemente per il 11 perseguimento di qualsiasi scopo indicato dal trattato, e analogamente il principio di attribuzione non significa che gli obiettivi indicati dal trattato possono essere perseguiti utilizzando qualsiasi tipo di competenza, cioè non vi è una relazione generale tra competenze ed obiettivi ma esiste una relazione specifica tra competenze e obiettivi: io posso utilizzare una competenza per realizzare esclusivamente un determinato fine in cui viene connessa quella competenza, non posso utilizzare quella competenza per realizzare fini sempre indicati dal trattato ma che non sono collegati all’esercizio di quella competenza. COMPETENZE OBIETTIVI A X B Y C Z Il Trattato ci dice una cosa ben precisa e cioè che io non posso utilizzare la competenza A per perseguire indifferentemente lo scopo X,Y,Z perché ad ogni competenza è riconnesso un fine e conseguentemente ad ogni fine è riconnessa una competenza, e quindi potrò utilizzare la competenza A solo per un certo fine X; c’è dunque un rapporto biunivoco tra competenza ed obiettivi. Posto che le competenze e gli obiettivi sono indicati dai trattati, io non posso interscambiare competenze ed obiettivi, cioè una competenza potrà essere utilizzata solo per il fine cui è riconnessa, collegata quella competenza, e non potrò utilizzare quella competenza per fini, pur indicati dal Trattato, che non sono collegati all’esercizio di quella competenza. Tutto questo ci viene dato dalla Base Giuridica. Che cos’è la base giuridica? Nella nostra legge, nei nostri atti legislativi abbiamo il preambolo e poi il corpo della legge; nella legge non è indicato il riferimento ad una norma, ad una base giuridica, perché il nostro legislatore può fare quello che vuole, nei limiti della Costituzione. Questo non esiste invece nell’ambito dell’UE, dove nell’atto, regolamento, direttiva vi è indicata la base giuridica, c’è cioè un articolo del trattato che attribuisce alle istituzioni competenti per l’adozione di quel determinato atto i poteri necessari per adottarlo. Dunque nell’UE l’adozione dell’atto è sempre accompagnata dall’indicazione della base giuridica su cui quell’atto si fonda. La base giuridica è importante perché è un articolo del trattato che ci indica quali sono i poteri, quindi la competenza che può essere esercitata dall’unione per il perseguimento di quali fini (è la base giuridica che ci indica le competenze e i fini, e la base giuridica è l’articolo del trattato che viene generalmente evocato all’inizio di un atto normativo). 12 Se le istituzioni potessero attivarsi esclusivamente nei limiti di quello che richiede la base giuridica, in certi casi non potrebbero fare tante altre attività, che pur non indiciate, si rivelassero necessarie per completare una determinata azione. La nozione dei poteri impliciti è stata elaborata nell’ambito delle organizzazioni internazionali per poter dotare le organizzazioni internazionali dei poteri leggermente più ampi rispetto a quelli stabiliti dai vari trattati. I poteri impliciti sono quei poteri implicitamente ricavabili dalle disposizioni dei trattati istitutivi che sono funzionali per completare l’azione indicata dai poteri espliciti, cioè sono poteri posti a garanzia del funzionamento dei poteri espliciti, cioè sono ricavabili dai poteri espliciti e sono funzionali a far si che l’azione delle istituzioni sia il più completa possibile. I poteri impliciti sono quei poteri dedotti, deducibili che possono essere estrapolati dall’esistenza di poteri espressi e che sono funzionali per l’esercizio di questi poteri. La base giuridica per i poteri impliciti sarà la stessa che viene utilizzata per l’esercizio dei poteri esplicitamente conferiti alle istituzioni comunitarie. Con i poteri impliciti non si ha il superamento del principio di attribuzione ma solo un suo affievolimento, si ha un primo allargamento delle competenze dell’UE. Poniamo un caso: Non esiste una base giuridica per fare una determinata azione, però le istituzioni vorrebbero realizzare degli scopi che sono indicati dal trattato. In questo caso in base al principio dei poteri attribuiti le istituzioni non potrebbero far nulla. Per supplire a questa carenza è stato previsto l’articolo 352 TFUE che è la cosiddetta CLAUSOLA DI FLESSIBILITA’. Questa clausola consente alle istituzioni di adottare atti normativi per il perseguimento di finalità indicate dal trattato in settori in cui non è stata conferita un’espressa competenza (vi sono le finalità indicate ma non le competenze). L’articolo 352 TFUE supplisce alla carenza di una base giuridica e consente alle istituzioni di adottare atti normativi per il perseguimento di finalità indiciate dai trattati, anche se i trattati non conferiscono nel caso gli specifici poteri d’azione. Nell’atto in questo caso come base giuridica troveremo l’articolo 352 (quando non vi è base giuridica troveremo l’articolo 352 che fa da base giuridica). Questa clausola esisteva già nel vecchio Trattato TCE ex articolo 308, e ancor prima nel Trattato di Roma ex articolo 235. In passato questa clausola è stata molto utilizzata anche perché le competenze attribuite all’UE inizialmente erano molto limitate. Ad esempio la competenza in materia di ambiente che dall’atto unico europeo è stata espressamente attribuita all’UE nel 1957 non era una competenza attribuita alla comunità e i primi atti in relazione a questa materia sono stati compiuti dalle istituzioni sulla base dell’articolo 352. La tutela dell’ambiente nei trattati 15 istitutivi non era considerata, e solo nei primi anni 70 si iniziò a consolidare questa idea di tutela dell’ambiente. La tutela dell’ambiente rappresenta un costo per lo stato e uno stato che vuole pertanto tutelare l’ambiente, va incontro a dei costi per adottare misure che preservino l’ambiente; se io voglio produrre un prodotto e allo stesso modo voglio anche tutelare l’ambiente, il prodotto mi costerà di più, e in questo caso verrà ad essere lesa la concorrenza tra i produttori del prodotto X degli stati membri. Se in Italia si tutela l’ambiente e in Spagna no, il prodotto X all’Italia costa di più rispetto alla Spagna quindi viene leso il principio della libera concorrenza. Proprio per ovviare questo problema la Commissione ha inteso iniziare ad armonizzare misure alla disciplina relative all’ambiente; quindi l’ambiente che era un settore completamente estraneo alla competenza dell’UE si è però rivelato funzionale per perseguire fini del trattato tra cui la tutela della concorrenza. Attualmente l’articolo 352 viene si utilizzato, ma il suo utilizzo è inversamente proporzionale ai poteri attribuiti: più sono i poteri esplicitamente attribuiti, più sono i poteri che implicitamente riesco a trarre dai poteri esplicitamente attribuiti, meno sarà necessario avvalersi della clausola di flessibilità per adottare atti normativi. Quindi l’utilizzo della clausola ora non è più comparato all’utilizzo che se ne faceva negli anni 70 e cioè all’utilizzo in modo massiccio. Se ci sono altre basi giuridiche pertinenti devono essere utilizzate quelle basi giuridiche; la clausola di flessibilità può essere utilizzata solo se è necessaria per la realizzazione di quei fini, cioè se quei fini non possono essere altrimenti realizzati attraverso l’utilizzo di competenze espressamente attribuite all’UE. Nel caso ci fossero basi giuridiche cosiddette concorrenti cioè che potrebbero essere utilizzate al posto della clausola di flessibilità, la Corte ha stabilito che si devono utilizzare quelle basi giuridiche. Quindi di fronte ad una base giuridica e ad una clausola di flessibilità la Corte ha ritenuto illegittimo l’utilizzo della clausola di flessibilità, poiché devono essere utilizzate le basi giuridiche essenzialmente preposte per quella determinata azione. Quindi i presupposti per l’utilizzo della clausola di flessibilità sono: • Necessari età dell’azione • Assenza di poteri espressamente attribuiti • Realizzazione di fini indicati dal trattato L’atto che scaturirà dall’esercizio della clausola di flessibilità avrà come base giuridica l’articolo 352. 16 Andiamo ora a vedere la procedura richiesta. Le istituzioni coinvolte, protagoniste della procedura normativa, sono: • Consiglio • Commissione • Parlamento Europeo Le misure vengono adottate su proposta della Commissione; la Commissione è l’istituzione deputata a presentare nella maggior parte dei casi le proposte di atti normativi. Gli step della procedura sono: • Proposta della commissione dell’atto normativo • Previa autorizzazione del Parlamento Europeo (novità del trattato di Lisbona) • Delibera del Consiglio alla unanimità Prima del Trattato di Lisbona il ruolo del parlamento europeo era più attenuato poiché al Parlamento Europeo si chiedeva un mero parere, un parere cioè che non è vincolante,e quindi un parere negativo di fatto non avrebbe ostacolato l’iter normativo e quindi anche in presenza di una parere negativo il Consiglio avrebbe potuto deliberare l’atto. Ora non è più richiesto un parere ma una previa autorizzazione, e la mancanza di autorizzazione blocca il procedimento; dunque con l’autorizzazione il ruolo del Parlamento Europeo è stato rafforzato maggiormente. Se il Parlamento Europeo autorizza l’adozione dell’atto il consiglio delibererà ad una unanimità. In genere il Consiglio delibera ad una maggioranza; perché in questo caso delibera ad unanimità? Perché tutti gli Stati devono essere d’accordo. La Corte ha stabilito però che in presenza di una base alternativa la clausola di flessibilità non può essere utilizzata. L’unanimità rappresenta un’eccezione rispetto alla possibilità per le istituzioni di utilizzare una modalità di voto che è in genere a maggioranza, e nella maggior parte dei casi infatti le basi giuridiche prevedono una voto a maggioranza. Poniamo allora che vi sia una base alternativa all’articolo 352 e poniamo che questa base giuridica preveda un voto a maggioranza. Quali di questi due voti sarà preferito dalla Corte di Giustizia? Preferirà il metodo sovranazionale ovvero la maggioranza, quindi se c’è un’alternativa tra voto a maggioranza e ad unanimità bisogna sempre preferire il voto a maggioranza. 17 Dunque si va prima a vedere se c’è una base giuridica; se non è completamente sufficiente la base giuridica per giustificare l’azione di un’istituzione si va a vedere se da quella base giuridica possono essere tratti i poteri impliciti; se poi questi poteri impliciti si rivelano insufficienti per l’azione intrapresa, si va a verificare se questa azione può essere intrapresa sulla base della clausola di flessibilità con tutte le condizioni che la clausola di flessibilità prevede. 3° LEZIONE 02/03/2012 Riepilogo precedente lezione - Sistema delle competenze: principio di attribuzione. Le competenze sono attribuite dai Trattati. C’è una relazione biunivoca tra competenze e obiettivi conseguenze molto rigide, ma smorzate dalla dottrina dei poteri impliciti e dalla clausola di flessibilità. La clausola di flessibilità è l’ultima ratio quando non c’è la base giuridica, è prevista dall’art. 352 TFUE. Nella dichiarazione n° 42 la Corte di Giustizia ha stabilito che la clausola di flessibilità non estende le competenze all’UE, ma deve essere utilizzata quando non sussistono i poteri. 20 SETTORI DI COMPETENZE DELL’UNIONE Le competenze si individuano attraverso la base giuridica, per cui le competenze possono differire le une dalle altre. La Corte di Giustizia e il Trattato sul Funzionamento hanno introdotto una novità, una CLASSIFICAZIONE DI COMPETENZE per inserirle in tre tronconi. Questa classificazione è stata introdotta dal Trattato di Lisbona, prima non c’era una classificazione rigorosa, non c’era una descrizione di ogni singola competenza. 1. COMPETENZE ESCLUSIVE art. 2 TFUE paragrafo 1 Da questo articolo si evince che spetta solo all’UE legiferare. Questo avviene perché gli Stati membri, trasferendo poteri all’UE, hanno trasferito la competenza solo all’UE, privandosene loro stessi. Quindi gli Stati non possono più interferire con queste competenze. Qual è il ruolo degli Stati? Gli Stati hanno un ruolo residuale perché possono agire solo in due ipotesi espressamente previste dalla Corte di Giustizia. • Delega dell’UE il potere è delegato quindi il titolare della competenza rimane l’UE; • Funzione Esecutiva l’atto non può essere eseguito se prima non è stato legiferato. Art. 3 TFUE paragrafo 1 elenca le materie che sono soggette alla competenza esclusiva dell’UE. Questo articolo è stato introdotto dal Trattato di Lisbona perché prima del 2009 non erano indicate le materie. Erano indicate dalla Corte di Giustizia solo: - conservazione delle risorse biologiche del mare… (lettera d); - politica commerciale europea (lettera e). Queste due materie erano competenze esclusive della CE. Conseguenze della competenza esclusiva della UE: anche in mancanza di normative dell’UE, gli Stati membri non possono intervenire senza delega. Questo però potrebbe comportare la formazione di lacune normative. L’elencazione dell’art. 3 TFUE paragrafo 1 è una elencazione tassativa due conseguenze: • l’elencazione può essere ampliata solo con un nuovo Trattato; • se la Corte volesse affermare che una competenza, per il suo atteggiarsi, sia di competenza esclusiva non lo può fare. La Corte non può estendere il novero delle competenze considerate esclusive. 2. COMPETENZE CONCORRENTI art. 2 paragrafo 2 21 La competenza concorrente è quella concorrenza che si ha contemporaneamente. Possono adottare atti legislativi o più genericamente normativi vincolanti sia l’UE, sia gli stati membri. Come interviene l’UE e come intervengono gli Stati? Occorre un meccanismo regolatore che regoli l’esercizio concreto PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETA’: si stabilisce chi debba intervenire tra UE e gli Stati membri. Sulla base di questo principio spetta all’UE esercitare la competenza l’UE compie una OCCUPAZIONE di SPAZIO = PRE-EMPTION. Da questo principio sembrerebbe che gli Stati non potrebbero intervenire, ma così sembrerebbe la competenza esclusiva dell’UE. Per chiarire è stato fatto il PROTOCOLLO n° 25 l’esercizio di competenze dell’UE copre solamente gli elementi dell’atto che viene adottato e non copre l’intero settore. Quindi lo Stato non può intervenire sugli elementi contenuti nell’atto adottato dall’UE. L’intervento dell’UE non preclude l’intervento degli Stati membri poiché questi possono intervenire, ma non sugli elementi trattati dall’UE. Art. 2 paragrafo 2 (ultima disposizione): Se l’UE abroga un atto, il settore torna ad essere libero, quindi gli Stati membri, se il principio di sussidiarietà lo consente, possono adottare un atto sulla stessa materia. Il confine tra quello che può fare l’UE e quello che possono fare gli Stati non è un confine netto. Se c’è una occupazione di competenze da parte dell’UE: c’è una ritrazione delle competenze degli Stati; Se l’UE abroga un atto: ripresa possesso dello spazio da parte degli Stati. RIEPILOGO: • competenze concorrenti occorre meccanismo di regolazione: principio di sussidiarietà. • Gli Stati membri non possono adottare atti normativi sulla materia nella quale ha legiferato l’UE: protocollo 25 l’adozione di competenze della UE non preclude l’intervento degli Stati, i quali non intervengono solo negli elementi trattati dalla UE. 22 L’esercizio delle competenze dell’UE si basa sui principi di sussidiarietà e proporzionalità. Paragrafo 3 Enuncia il campo applicativo del principio di sussidiarietà: competenza concorrente, competenza di sostegno e coordinamento. L’UE in questi settori interviene soltanto se…l’azione degli Stati membri non sia sufficiente questo esplicita che il Trattato predilige l’azione degli Stati membri (lo Stato viene visto nella sua interezza, Regioni…nel caso dell’Italia si prende in considerazione l’art. 117 Cost.). L’UE ha una azione residuale. Quindi se l’azione degli Stati non risulta sufficiente per raggiungere gli obiettivi perseguiti: interviene l’UE. Ma come si capisce se l’ Stato non raggiunge gli obiettivi con la sua azione? • GIUDIZIO PROGNOSTICO EX ANTE è un giudizio comparativo tra l’azione degli Stati e l’azione della UE. Se si pronostica che l’azione dello Stato non realizzi l’obiettivo, interviene l’Unione. Il principio di sussidiarietà è stato introdotto dal Trattato di Maastricht per controbilanciare la sempre maggiore estensione delle competenze della UE. 4 LEZIONE 5/O3/2012 PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETA’: art 5 TUE paragrafo 3 il principio di sussidiarietà è un meccanismo che regola l’esercizio di quella competenza che non è di esclusiva appartenenza dell’UE. In applicazione del principio di sussidiarietà si stabilisce nel caso concreto se nell’ambito di una competenza concorrente debba intervenire l’UE o gli Stati membri. Il principio di sussidiarietà determina chi debba adottare l’atto normativo, nell’ambito di una competenza che appartiene sia all’UE sia agli stati membri, quindi la titolarità è dell’Unione e degli Stati membri; il principio non stabilisce la titolarità ma aiuta a stabilire nel caso concreto a chi spetti l’esercizio. Questo principio si applica sia alle COMPETENZE CONCORRENTI e forse alle COMPETENZE DI SOSTEGNO E COORDINAMENTO. 25 Il principio di sussidiarietà non è un principio nuovo, nel senso che è stato già introdotto nel trattato istitutivo dal Trattato di Maastricht; questo principio era stato introdotto per controbilanciare l’ estensione dell’esercizio delle competenze da parte dell’UE cui erano state oggetto determinate materie. Se gli obiettivi possono essere conseguiti in maniera adeguata dagli Stati membri l’Unione europea si deve astenere; quindi l’Unione interviene solamente quando è necessario per conseguire determinati obiettivi dell’Unione che per la loro portata/ effetto non potrebbero essere adeguatamente realizzati nell’ambito di un’azione adottata dagli Stati membri. Come si fa a stabilire se sono gli Stati che devono intervenire o l’Unione? Attraverso un giudizio prognostico, ex ante; si è tentato di delineare questo giudizio però è rimasto molto fumoso, prima di tutto perché gli elementi da prendere in considerazione sono molti, come ad esempio fattori politici, fattori economici, fattori sociali e quindi tante questioni devono essere prese in considerazione. La complessità di questo giudizio si riflette sulla difficoltà della Corte di Giustizia di accertare se il principio di sussidiarietà sia stato rispettato nel momento in cui un’istituzione adotta un atto; è per questo che la Corte di Giustizia si astiene tendenzialmente da un sindacato penetrante su questo giudizio ma valuta in superficie se questo principio sia stato rispettato. Cosa va a vedere la Corte di Giustizia? Va a vedere se è presente innanzitutto una motivazione. Negli atti dell’UE noi troviamo un preambolo e in quest’ultimo sono racchiuse le motivazioni (questo avviene anche nei nostri atti nazionali). La Corte va a verificare se sulla base di queste motivazioni si possa ritenere rispettato il principio di sussidiarietà. Il principio di sussidiarietà generalmente viene menzionato dalle istituzioni Quindi la Corte verifica: • Se è presente una motivazione • Se nell’ambito di questa valutazione le istituzioni non abbiano ecceduto quel margine di valutazione che in genere è a loro attribuito Una motivazione potrebbe in certi casi non pertinente, irragionevole; in questo caso pur in presenza di una motivazione la Corte di Giustizia potrebbe ritenere non rispettato il principio di sussidiarietà in quanto le istituzioni hanno oltrepassato quel margine di apprezzamento che in genere hanno quando si tratta dell’adozione di un atto. 26 Il Trattato preferisce a parità di obiettivi l’azione degli Stati membri piuttosto che quello dell’Unione, però nel caso concreto come si fa a stabilire se gli obiettivi da raggiungere per portata siano meglio conseguibili a livello di Unione o Stati membri? La valutazione è una valutazione molto articolata ed estremamente complessa; pensiamo ad esempio un’azione che incide sull’ambiente, è preferibile che avvenga da parte dell’UE o degli Stati membri? Dipende bisogna tener presente diversi fattori, bisogna vedere innanzi tutto quali sono i problemi politici all’interno degli Stati membri (alcuni stati possono essere sensibili all’ambiente, altri un po meno), questioni economiche (la tutela dell’ambiente potrebbe richiedere degli oneri finanziari notevoli, quindi magari gli Stati membri non potrebbero da soli sopportare questi costi), l’impatto sociale. Un giudizio ex ante, fatto dall’Istituzione, soprattutto dalla Commissione, deve tenere in considerazione il principio di sussidiarietà; poiché ancora l’atto non è stato adottato il giudizio è un giudizio prognostico, cioè non sappiamo se nella sua portata sia preferibile un’azione dell’UE o degli Stati membri, quindi un giudizio prognostico fondato su tanti elementi la cui valutazione richiede un margine di apprezzamento notevole. In relazione pertanto ad un giudizio che si rivela così complesso, qual è poi il controllo che può esercitare la Corte di Giustizia? La Corte di Giustizia può verificare se l’atto adottato dalle istituzioni sia legittimo, e tra gli elementi per verificare questa legittimità vi è anche il principio di sussidiarietà. La Corte vede se il principio di sussidiarietà sia stato rispettato dalla motivazione; se un atto è privo di motivazione o se dalla motivazione non si riesce a capire se sia o meno stato preso in considerazione il principio di sussidiarietà, allora la Corte avrà un margine per poter annullare l’atto (deve essere un’azione grave e manifesta). La Corte può altresì annullare l’atto quando si accorge che le Istituzioni abbiano fatto un uso irragionevole del margine di apprezzamento che in genere tutte le Istituzioni politiche hanno; se le Istituzioni nella motivazione dicono una cosa e poi nell’atto invece adottano una disciplina che non si concilia con quanto affermato la motivazione sarà irragionevole. Solo in questi casi eclatanti la Corte di Giustizia, organo giurisdizionale, potrà sindacare il rispetto del principio di sussidiarietà. La Corte di Giustizia non può valutare ogni singolo passaggio della motivazione stessa, ma valuta se la motivazione c’è e se la motivazione è congruente con quanto poi stabilito; dunque è molto complicato valutare il rispetto del principio di sussidiarietà, perché gli elementi da prendere in considerazione sono molti e sono elementi la cui valutazione è estremamente complessa. 27 Anche se il protocollo 2 ha cercato di attribuire dei poteri ai Parlamenti nazionali relativamente al controllo e al rispetto del principio di sussidiarietà, questo protocollo in realtà fallisce in questo scopo perché in ogni caso l’organo proponente può mantenere una proposta di atto legislativo anche nel caso in cui i Parlamenti nazionali abbiano espresso disaccordo su questo punto, che il principio di sussidiarietà nel caso concreto non sia stato rispettato. Quindi anche se in realtà i Parlamenti nazionali ritengono che il principio di sussidiarietà sia stato violato questo non ostacola l’adozione dell’atto; solo in una fase successiva, cioè quando l’atto esiste, è entrato in vigore e produce i suoi effetti, allora solo in quel momento si può ricorrere alla Corte di Giustizia. La Corte di Giustizia non può sostituire il suo margine di apprezzamento con quello delle Istituzioni politiche ma deve limitarsi ad una valutazione in superficie, cioè non entra nel merito, ma verifica solamente se la motivazione sia congruente con l’atto e se le istituzioni nell’esercitare i loro poteri non abbiano ecceduto nel margine di apprezzamento che ogni Istituzione politica ha. Il TRATTATO DI LISBONA introduce il Protocollo 2 che non solo tenta di apportare delle chiarificazioni al principio di sussidiarietà ma attribuisce un ruolo ai Parlamenti nazionali nella valutazione di questo principio di sussidiarietà. PRINCIPIO DI PROPORZIONALITA’ Viene quasi sempre evocato con il principio di sussidiarietà; anche nel protocollo n.2 il principio di proporzionalità e quello di sussidiarietà vanno di pari passo. DEF: Articolo 5 TUE paragrafo 4 Mentre il principio di sussidiarietà si applica alle competenze che non sono di esclusiva appartenenza dell’UE, quindi sicuramente alle competenze concorrenti e forse alle competenze di coordinamento e di sostegno (per la prof solo competenze 30 COMMISSIONE Proposta di legge ENTRO OTTO SETTIMANE PARERE MOTIVATO LEGISLA ORE UPARLAMENT NAZIONALI concorrenti perché nell’ambito di competenze di coordinamento e sostegno non vi è l’esigenza di stabilire se debba intervenire l’uno o l’altro ente perché le competenze sono parallele, cioè possono intervenire parallelamente sia gli stati membri sia l’UE). Il Trattato nell’ambito di applicazione del principio di proporzionalità non dice nulla (a differenza del principio di sussidiarietà); il principio di proporzionalità quindi, facendo il ragionamento al contrario, nel silenzio del Trattato, è applicabile a tutte quante le competenze, quindi è un principio di applicazione generale, quindi non solo alla competenze esclusive,concorrenti, di sostegno e coordinamento ma anche a quelle atipiche come la PESC, come la competenza nel settore economico ecc. Il principio di proporzionalità esige che il contenuto e la forma dell’azione dell’unione si limitino a quanto necessario per il conseguimento degli obiettivi nei trattati; in pratica ci dice che l’Unione non deve agire se non è necessario e deve, se è necessario un suo intervento, agire nei limiti di quanto è strettamente richiesto per il perseguimento del fine. Questo nell’ambito di una competenza di carattere concorrente si traduce innanzi tutto nel verificare se l’unione sulla base del principio di sussidiarietà abbia la competenza di intervenire, e poi si verifica il principio di proporzionalità. Esempio nell’ambito di una competenza concorrente: • Bisogna innanzitutto stabilire se l’Unione deve intervenire o può intervenire e quindi si verifica, si applica il PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETA’ • Una volta che viene stabilito che nell’ambito di una competenza concorrente debba intervenire l’Unione, quindi l’Unione è abilitata ad adottare l’atto normativo, l’atto normativo dovrà rispettare anche il principio di proporzionalità cioè il contenuto dell’atto normativo non dovrà essere esorbitante rispetto agli obiettivi che devono essere realizzati, e allo stesso modo la sua forma. La forma dell’atto significa utilizzare un atto piuttosto che un altro. Gli atti di diritto derivato che possono essere utilizzati nell’ambito dell’UE hanno caratteristiche diverse; ci sono atti che per le caratteristiche di cui si compongono tendono a restringere la discrezionalità degli stati e altri che invece tendono a mantenere la discrezionalità degli stati, e questi atti sono da una parte il REGOLAMENTO che non lascia margine di apprezzamento agli stato, mentre dall’altra parte la DIRETTIVA che invece lascia margine di apprezzamento. 31 Se sulla base del principio di proporzionalità le Istituzioni devono anche utilizzare la forma ritenuta più consona si dovrà utilizzare il regolamento ad esempio se si dovrà procedere ad un’armonizzazione della normativa, si dovrà utilizzare invece la direttiva qualora non sia necessario privare gli stati membri di un margine discrezionale perché la direttiva lascia più potere agli stati membri. Quindi il principio di proporzionalità è un altro principio teso a limitare l’azione dell’UE e a differenza del principio di sussidiarietà si applica a tutte le competenze dell’Unione; questo principio si manifesta come quel limite che hanno le Istituzioni quando nell’adozione di un atto devono tenere in considerazione il contenuto e la forma dell’atto, cioè un atto sia per contenuto sia per forma non deve essere esorbitante rispetto alla funzione che l’atto stesso si propone di svolgere quindi rispetto agli obiettivi che l’atto intende realizzare. Se in relazione ad una determinata disciplina è sufficiente l’utilizzo dello strumento della direttiva, l’utilizzo al suo posto di un regolamento che è un atto che tende invece ad erodere la discrezionalità degli stati violerebbe il principio di proporzionalità. Se il raggiungimento di un obiettivo può essere realizzato anche attraverso un contenuto meno stringente, meno dettagliato, se le Istituzioni adottassero un atto con un contenuto estremamente dettagliato, questo violerebbe il principio di proporzionalità. Quindi le modalità con cui viene adottato l’atto per il contenuto e per la forma devono essere proporzionali alla finalità che l’atto si propone di realizzare, e sussidiarietà e proporzionalità nell’ambito delle competenze concorrenti vanno applicati tutte e due,richiedono una contestuale applicazione, mentre per le altre competenze si applica solo il principio di proporzionalità. ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROPEA 32 dell’ordinamento che ciascuno ha, il proprio presidente della repubblica o il capo del governo. FRANCIA presidente della repubblica Sarkozy GERMANIA cancelliera (sorta di presidente del consiglio) Merkel ITALIA capo del consiglio Monti Il Consiglio è invece costituito a livello ministeriale, non necessariamente dai capi di stato o di governo quindi ha una composizione differente da questo punto di vista. Nel paragrafo 2 l’articolo ci dice anche che nella composizione del Consiglio europeo devono essere anche considerati il presidente del consiglio europeo e il presidente della commissione europea. Partecipano inoltre ai lavori anche l’alto rappresentante dell’unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Paragrafo 1 art 15 attraverso questa descrizione il Trattato ci vuole dire che il Consiglio europeo è un’istituzione politica sui generis, perché è un’istituzione la quale non partecipa al procedimento decisionale cioè non adotta atti legislativi Consiglio europeo Consiglio UE, Parlamento europeo e Commissione Il Consiglio europeo si trova al vertice e al di sotto si trovano le altre istituzioni proprio perché il Consiglio europeo si trova a dare impulso, ad orientare l’attività dell’unione la quale in un secondo momenti si tradurrà in attività legislativa; il Consiglio europeo risolve le questioni politiche cruciali a monte ed è un organo politico vero e proprio. Prima del Trattato di Lisbona il Consiglio europeo non era considerato un’istituzione e operava fuori del quadro istituzionale proprio per questa sua intrinseca caratteristica di essere il propulsore delle scelte che poi vengono attuate all’interno dell’ordinamento dell’Unione europea, è l’organo politico per eccellenza, è l’organo intergovernativo per eccellenza: le grandi scelte politiche di carattere politico, di carattere economico passano per il Consiglio europeo il quale non ha poteri legislativi, però le scelte attuate da questo si tradurranno poi con l’attività posta in essere dalle altre istituzioni che sono Consiglio UE, Parlamento europeo e Commissione. 35 I vertici sono le riunioni del Consiglio europeo, proprio perché le grandi decisioni politiche vengono assunte a quel livello li; la traduzione poi di queste scelte politiche e più precisamente di atti legislativi avviene attraverso l’operato del Consiglio, Commissione e Parlamento europeo. Non esercita funzioni legislative queste grandi scelte che opera, questi orientamenti che fornisce, le indicazioni che da, questa funzione propulsiva come si concretizza? Attraverso degli atti in principio atipici che possono essere dei comunicati finali (il vertice si riunisce e poi termina con comunicati finali), delle dichiarazioni, delle risoluzioni: sono tutti atti non vincolanti, atti tipicamente utilizzati nelle tradizionali organizzazioni internazionali. Al termine delle proprie sedute, nel momento in cui vengono esternate le decisioni (utilizzo della parola decisione in termine improprio perché la decisione è una caratterizzazione specifica nell’ordinamento europeo) adottate il consiglio europeo utilizza strumenti come comunicati finali, risoluzioni e dichiarazioni. In certi casi addirittura all’esito di un vertice o Consiglio europeo si hanno degli accordi internazionali; questo è avvenuto ad esempio con un atto recentissimo il cosiddetto FISCAL COMPACT, un accordo di coordinamento firmato a Bruxelles sulla governance delle politiche di bilancio che è stato firmato da 25 paesi tranne il Regno Unito e la Repubblica Ceca. Questo fiscal compact è un atto venuto fuori dal vertice da un Consiglio europeo ed è un vero e proprio trattato e vincola tutti gli stati che si vogliono assoggettare all’accordo. Paragrafo 3 articolo 15 il consiglio europeo si deve riunire almeno due volte a semestre e in circostanze particolari possono riunirsi a sessione straordinaria. Paragrafo 4 articolo 15 per adottare atti atipici il Consiglio europeo come vota? Per consenso. Mentre per unanimità una delibera si ritiene adottata se tutti votano, per consenso una delibera si ritiene adottata se non vi sono persone che si oppongono. Questo metodo è un’eredità del metodo utilizzato nelle organizzazioni internazionali poiché in quest’ultime si vota generalmente per consenso. Nella generalità dei casi dunque il Consiglio europeo vota per CONSENSO O CONSENSUS; ove specificamente previsto il Consiglio europeo per determinate delibere adotterà dei sistemi differenti, o ad UNANIMITA’ o a MAGGIORANZA. Il presidente della Commissione è l’organo di raccordo tra quello che viene deliberato a livello di consiglio europeo e quello che poi verrà fatto, la traduzione in atto di quanto deliberato. Il presidente della Commissione sarà poi quell’istituzione che farà la proposta di atto legislativo. 36 Paragrafo 5 ci dice come avviene l’elezione del presidente del consiglio europeo: a maggioranza qualificata per mandato di due anni e mezzo, rinnovabile una volta. Paragrafo 6 l’impronta per l’attività e per le discussioni che vengono svolte all’interno del Consiglio europeo viene dato dal suo presidente; è il presidente che decide l’ordine del giorno ed è il presidente che da una certa direzione ai lavori. Il presidente del consiglio europeo dalla grande personalità riesce ad imprimere un proprio indirizzo alla politica dell’Unione europea. Il ruolo del Parlamento europeo è un ruolo residuale perché è coinvolto nei lavori del Consiglio europeo attraverso una semplice relazione che il Consiglio europeo presenta dopo ogni seduta al Parlamento europeo, quindi è un controllo ex post dell’operato sul Consiglio europeo, controllo dal quale non deriva nessuna conseguenza, quindi è un coinvolgimento privo di consistenza. Le varie funzioni specifiche del Consiglio europeo le si possono trovare poi all’interno del Trattato, non solo nell’articolo 15; ad esempio una funzione molto importante del Consiglio europeo che si trova nel Trattato è nell’ambito delle relazioni esterne, del resto del mondo. CONSIGLIO Paragrafo 2 articolo 16 TUE il Consiglio è composto da un rappresentante di ciascuno Stato membro a livello ministeriale. Questa formulazione “a livello ministeriale” rispecchia l’ossequio che i relatori del Trattato hanno per i singoli assetti degli ordinamenti costituzionali degli stati membri. Alcuni stati come la Germania sono costituiti da lend e i rappresentanti dei lend hanno la carica equivalente ad un ministro,quindi per garantire la partecipazione anche a questi si è inserito “a livello ministeriale”. La dicitura “A livello ministeriale” significa che non debba essere necessariamente un ministro a livello centrale ma che possa anche essere una sorta di ministro anche a livello periferico regionale, questo anche in relazione a quei governi federali in cui il 37 Quindi se ogni stato membro partecipa con un proprio rappresentante a livello ministeriale il Consiglio dell’unione europea sarà costituito da 27 rappresentanti. Paragrafo 1si limita a denunciare quali sono le funzioni principali esercitate dal Consiglio dell’UE, funzioni che non si esauriscono solo con questa descrizione, perché se noi andiamo a prendere le singole basi giuridiche che si occupano delle funzioni del Consiglio troviamo che sono molte di più rispetto a quelle indicate nel paragrafo 1. La funzione però più importante oltre alla redazione del bilancio, è la funzione legislativa, cioè insieme al Parlamento europeo il Consiglio adotta atti legislativi. Un atto legislativo non può essere adottato se non vi è l’assenso del parlamento europeo o del Consiglio dell’UE. Paragrafo 6 Art 16 ci dice che il Consiglio è costituito da 27 membri; questi 27 membri non sono identici nella loro formazione; due di queste formazioni sono esplicitamente e direttamente stabilite dal trattato e sono il Consiglio affari generali e il Consiglio affari esteri e devono essere assolutamente seguite, cioè non c’è la possibilità di eliminarle. Queste due formazioni sono costituite dai ministri degli esteri dei vari stati membri. Il Consiglio affari generali è rilevante perché assicura la coerenza dei lavori nelle varie formazioni del Consiglio, e inoltre prepara le riunioni del Consiglio europeo (vuol dire che indicherà, darà qualche spunto per l’ordine del giorno che poi sarà trattato nel Consiglio europeo). Il CONSIGLIO prepara i lavori del CONSIGLIO EUROPEO; sulla base dei lavori del Consiglio europeo che si manifesta attraverso comunicati, risoluzioni (il consiglio europeo non si esprime con atti formali perché non ha potere legislativo), il CONSIGLIO traduce la volontà politica in attività legislativa, concretizzano l’input dato dal Consiglio europeo con l’adozione di atti legislativi. Il Consiglio affari esteri è altrettanto importante perché elabora l’azione esterna dell’Unione secondo le linee strategiche definite dal Consiglio europeo; indica qual’è l’atteggiamento che dovrà essere tenuto dall’UE in relazione alle vicende internazionali, stabilisce quali potrebbero essere gli accordi futuri da concludersi con altri stati terzi o con organizzazioni internazionali. Oltre a queste due formazioni, possono essere stabilite altre formazioni sulla base dell’articolo 236. 40 L’articolo 236 ci dice semplicemente che questa funzione spetta al Consiglio europeo; è il Consiglio europeo che decide se istituire e in che numero altre formazioni (esempio: il Consiglio nella sua versione agricoltura, sanità, trasporti pubblici ecc). A seconda della materia trattata parteciperanno a questi Consigli dell’UE i rappresentanti più competenti nella materia a livello di ciascun stato membro. Mandando persone competenti si agevolano i lavori, però è poi alla fine lo Stato che decide chi inviare. Paragrafo 3 il Consiglio delibera a maggioranza qualificata salvo nei casi in cui i Trattati dispongano diversamente. (il Consiglio europeo utilizza invece la modalità del CONSENSUS; metodo intergovernativo; viene rafforzato il ruolo degli stati ). Nel Consiglio si cerca di rafforzare il metodo sovranazionale: il voto contrario di alcuni stati non andrà tendenzialmente ad incidere rispetto ad una decisione che il Consiglio intende ad adottare. Le altre modalità sono: • la maggioranza semplice per le decisioni di minor rilievo. • unanimitàper le decisioni di un certo rilievo, cruciali (metodo intergovernativo) Il Consiglio vota ad unanimità nell’ambito dell’articolo 352 cioè nella clausola di flessibilità che consente all’UE di adottare degli atti anche quando non vi sono stati espressamente conferiti i poteri dal Trattato. Articolo 238 TFUE come funziona il voto a maggioranza semplice o ad unanimità Paragrafo 1:Se una delibera per essere adottata richiede la maggioranza semplice è necessaria la maggioranza dei membri che compongono il Consiglio Paragrafo 4: quando è richiesta l’unanimità devono votare tutti; le astensioni non incidono sull’unanimità. Le astensioni non incidono sulla possibilità di raggiungere l’unanimità mentre le assenze si. Se di 27 membri se ne assenta 1 la deliberà non può essere adottata anche se tutti e 26 hanno votato favorevolmente. Articolo 239 TFUE la delega è ammissibile e quindi l’assenza di uno Stato può non compromettere l’unanimità se l’assenza è compensata dalla delega. L’unanimità richiede il voto, mentre nel CONSENSUS non si vota e l’opposizione blocca tutto. La maggioranza qualificata si applicherà a decorrere dal 2014. 41 Quali sono le attuali regole che disciplinano la maggioranza qualificata? Sono stabilite dal protocollo sulle disposizioni transitorie; il protocollo pertinente è il numero 36 Paragrafo 5 per vedere quali sono le regole che disciplinano la maggioranza qualificata allo stato attuale non dobbiamo vedere il paragrafo 4 dell’articolo 16 del TUE perché riguarda regole che si applicheranno in futuro, ma dobbiamo andare a vedere il protocollo 36 Protocollo 36: Articolo 3 paragrafo 3 ci dice quello che già c’è scritto nell’articolo 16 (fino al 31 ottobre 2014). Inoltre ci dice che questa disciplina non solo si applica quando il Consiglio dell’unione deve adottare delle delibere a maggioranza qualificata, ma ci dice anche che questa disciplina si applica anche nel caso in cui il Consiglio europeo deve pronunciarsi a maggioranza qualificata, quindi la disciplina è unificata. A ciascuno stato membro viene poi stabilita una certa ponderazione, una certa rilevanza, a seconda dell’importanza che lo Stato ha: - Belgio : 12 - Italia: 29 - Germania: 29 - Francia: 29 ecc… I parametri che si prendono in considerazione sono la Forza economica, l’estensione del territorio e il numero della popolazione, la Forza politica. I Voti di tutti i paesi complessivamente sono 345. Il trattato ci dice che un atto è adottato a maggioranza qualificata se ha ottenuto almeno 255 voti; questi 255 voti devono provenire dalla metà degli stati se la proposta è della Commissione. Che significa che devono provenire da metà degli stati? Poniamo che in una delibera si raggiunge il numero di 255 con il voto di Francia, Germania e però questa soglia di 255 non riesce a esprimere la metà degli stati si vuole ottemperare l’esigenza che ci sia una partecipazione al voto con il concorso di un certo numero di stati. E’ richiesta la partecipazione di metà degli stati se la proposta viene dalla Commissione; quando viene da altri istituti diversi dalla Commissione, è richiesto addirittura i 2/3 degli stati membri cioè 255 voti che devono essere espressi da 2/3 42 Ha numerose funzioni come la rappresentanza esterna dell’UE ad eccezione delle funzioni che sono attribuite alla politica estera e sicurezza comune, ma la funzione più importante è quella di proposta legislativa indicata nel secondo paragrafo. Paragrafo 2 la funzione di proposta legislativa ce l’ha in linea di principio la Commissione; la Commissione in generale è titolare del potere di proporre proposte legislative, a meno che il trattato non preveda differentemente. Gli “altri atti” sono atti che non hanno carattere legislativo. Gli atti legislativi rappresentano la novità nel trattato di Lisbona poiché prima erano assenti. Nb : Se il trattatto non prevede diversamente è sempre la Commissione che propone atti legislativi. Essa è titolare del potere di fare proposte di atti legislativi mentre quando trattiamo atti di natura diversa la commissione può effettuare proposte solo quando espressamente indicato dal trattato. Ricapitolando quindi le funzioni principali della Commissione sono 3: • Garantire l’interesse dell’unione nel suo complesso; • Vigilare sul rispetto e sull’applicazione dei trattati e del diritto derivato (atti che vengono adottati); • Presentare proposte di atti legislativi; se non lo fa non inizia per niente il procedimento decisionale Come è nominata la commissione? Art 17 paragrafo 3 Il mandato della commissione dura 5 anni (stesso mandato del PE) e i sui membri sono scelti in base alla loro competenza generale e al loro impegno europeo tra le personalità che offrano tutte le garanzie di indipendenza. La commissione è sempre la stessa fino a quando non decade a differenza del consiglio dove ad esempio i rappresentanti mutano di continuo. La Commissione è un’istituzione autonoma, indipendente dai governi degli stati membri; il commissario che proviene da uno stato membro è libero dalle indicazioni 45 che provengono dal suo stato membro, non è vincolato; i commissari che siedono nella Commissione hanno l’obbligo di non rispondere di eventuali raccomandazioni provenienti dagli stati membri. I commissari non ricevono mandati da parte degli stati membri. Una funzione principale della Commissione è dare impulso all’UE. Il procedimento di nomina è dettato dall’art 17 paragrafo 7 TUE: Mentre il Consiglio non ha una composizione fissa poiché l’importante è che vi partecipano 27 rappresentanti degli stati membri che possono cambiare continuamente, e così anche vale per il Consiglio europeo seppur in termini più attenuati, la Commissione non ha una composizione variabile ma ha una composizione stabile. Una volta nominata la Commissione è quella e non può cambiare a meno che non succeda qualcosa di rilevante nell’ambito della vita della Commissione stessa (mozione di censura). PRIMO PASSAGGIO: “ il Consiglio europeo deliberando a maggioranza qualificata propone al parlamento europeo un candidato alla carica di presidente della commissione, il quale lo elegge a maggioranza dei membri che lo compongono. Se il candidato non raggiunge la maggioranza, entro un mese il consiglio a maggioranza qualificata deve proporre un nuovo candidato che è eletto dal parlamento europeo secondo la medesima procedura.” CONSIGLIO EUROPEO che delibera a maggioranza qualificata PARLAMENTO EUROPEO: il candidato viene eletto a maggioranza dei membri che lo compongono. Se il PE non riesce a raggiungere la soglia richiesta si ripete tutto quanto il procedimento, cioè il Consiglio europeo dovrà individuare un’altra 46 Propone un candidato alla carica di Presidente della Commissione al PE persona che nominerà a maggioranza qualificata come candidato alla carica di presidente Il voto contrario riattribuisce al consiglio europeo la facoltà di individuare, nominare un nuovo candidato.Se invece il Parlamento lo elegge a maggioranza dei suoi membri il candidato diverrà a tutti gli effetti presidente della commissione. SECONDO PASSAGGIO: • “Il Consiglio, di comune accordo con il presidente della commissione eletto adotta l’elenco delle personalità che si intendono far diventare membri della commissione che sono selezionate in base alle proposte presentate dagli stati membri.” STATI MEMBRI: propongono il loro commissario Sulle proposte fatte dagli stati membri CONSIGLIO + PRESIDENTE adottano l’elenco che rispecchia le proposte fatte dagli stati membri. Il consiglio e il presidente attingono dagli elenchi presentati dagli stati membri e sulla base delle loro proposte ( ogni stato indica ad es 2 o 3 commissari ) decidono. • “Il presidente , l ‘alto rappresentante dell’unione per gli affari esteri e la politica per la sicurezza e gli altri membri della commissione SONO SOGGETTI COLLETTIVAMENTE AD UN VOTO DI APPROVAZIONE DA PARTE DEL PARLAMENTO EUROPEO.” L’elenco dei vari commissari è stato eletto; il presidente della commissione + membri della commissione +(alto rappresentante) sono sottoposti collegialmente all’approvazione del PE. RICAPITOLANDO: Il consiglio europeo apre e chiude il procedimento, apre perché propone un candidato alla carica di presidente della Commissione. La vera e propria nomina avviene nel PE; dopo che il Consiglio europeo che indica e propone, il PE 47 Paragrafo 2 mentre il Consiglio e il Consiglio europeo sono espressione dei governi degli stati membri, e mentre la Commissione non è espressione ne dei governi degli stati membri ne dei popoli ma garantisce l’interesse dell’unione nel suo complesso,il P.E è espressione dei popoli degli stati che compongono l’UE; per questo motivo il P.E è composto dai rappresentanti dei cittadini dell’unione. Questo paragrafo ci detta una disciplina di base sulla composizione del P.E; innanzi tutto il numero dei membri che compongono il P.E non può essere superiore a 750 più il presidente e l’attuale numero di membri che compongono il P.E è di 736 membri. Il TUE ci dice che la soglia non può essere superiore a 750, quindi ci individua la soglia massima nella composizione del P.E; all’interno poi di questa soglia massima Consiglio europeo ha la discrezionalità di modulare il numero dei membri che ritiene più opportuno e al momento complessivamente vi sono 736 membri. Qual’è la ripartizione tra gli stati membri? Qual è la quota che spetta a ciascuno stato membro? Ci viene indicata dal Trattato: soglia minima di 6 membri, e soglia massima di 96 membri. All’interno di questa soglia sono stati attribuiti dei pacchetti a ciascuno stato membro a seconda della popolazione degli Stati. Questa regola è però stata violata dalla Germania che attualmente ha più di 96 membri. Paragrafo 3 i membri sono eletti a suffragio universale diretto libero e segreto per un mandato di cinque anni: lascia una grande discrezionalità agli stati membri sulle modalità per eleggere i membri del P.E. Il TFUE prevede che vengano adottate delle norme comuni per l’elezione dei membri del P.E. Questa norma introdotta già prima del Trattato di Lisbona è LETTERA MORTA, cioè non è stata mai attuata perché individuare una procedura uniforme è stato impossibile vista la differenza delle procedure vigenti in ogni stato membro per l’elezione dei membri al Parlamento. Allo stato attuale come si vota? ogni stato vota i membri del PE con le modalità che utilizza per l’elezione dei membri al proprio parlamento nazionale. Tuttavia sono state individuate norme comuni ma molto generiche e sono state individuate attraverso un atto adottato congiuntamente da tutti gli stati membri nel 1976. 50 • Una prima regola stabilisce che tutti gli stati membri devono indire le elezioni tra il giovedì e la domenica di una stessa settimana • La seconda regola è che non può essere iniziato lo spoglio delle schede elettorali prima di domenica sera, cioè non prima che tutti abbiano terminato le elezioni. • La terza regola adottata non nel 1976 ma successivamente in un’altra decisione presa nel 1992 dagli stati membri ed è il divieto del doppio mandato, cioè un divieto di essere contestualmente membro del parlamento nazionale e membro del PE; quindi il soggetto dovrà scegliere o di essere membro del PE o dell’altro. Paragrafo 4 il PE elegge tra i suoi membri il presidente e l’ufficio di presidenza Il PE inoltre vota a maggioranza dei membri presenti, a meno che il Trattato non stabilisca diversamente. PROCEDURE NORMATIVE La Costituzione europea aveva previsto il termine LEGGE che è scomparso nel Trattato sull’Unione. Quindi nell’ambito del TUE e del TFUE non incontriamo mai il termine legge ma il termine LEGISLATIVO. 51 PARLAMENTO EUROPEO • Funzione legislativa • Non sono state elaborate regole comuni per l’elezione dei membri al PE; tuttavia sono state indicate delle regole generali basilari che cercano di uniformare il più possibile Nell’ambito dell’UE è stato introdotto il termine di ATTO LEGISLATIVO, novità assoluto introdotta dal Trattato di Lisbona. L’atto legislativo è un particolare atto che si ha qualora si utilizzi la procedura legislativa per la sua adozione. Gli atti che noi abbiamo nell’UE non sono solo atti legislativi, ma abbiamo anche tanti altri atti normativi o atti non legislativi. Genericamente quando parliamo di atti adottati nell’ambito dell’UE li si possono chiamare ATTI NORMATIVI, che vengono adottati attraverso delle PROCEDURE DECISIONALI. All’interno di queste procedure decisionali, che sono moltissime, ci sono quelle più importanti e tra queste abbiamo la PROCEDURA LEGISLATIVA, che può essere ordinaria oppure speciale 52 PROCEDURA LEGISLATIVA ATTO LEGISLATIVO • PROCEDURA LEGISLATIVA ORDINARIA art 289 TFUE • PROCEDURA LEGISLATIVA SPECIALE PROCEDURA NON LEGISLATIVAATTO NON LEGISLATIVO • Sono tantissime e tra loro diversela procedura ce lo dice la base giuridica PROCEDURA PER L’ADOZIONE DI ATTI ESECUTIVI ATTO ESECUTIVOart 291 PROCEDURA PER L’ADOZIONE DI ATTI DELEGATI ATTO DELEGATOart 290 PROCEDURA PER L’ADOZIONE DI ATTI PESC ATTO PESC In questa procedura i poteri del Consiglio e del Parlamento europeo sono uguali; se il PE non è d’accordo sull’adozione dell’atto , l’atto non può essere adottato; analogamente se il Consiglio non è d’accordo. Quindi ci deve essere una partecipazione di entrambi e la stessa propensione a dover adottare l’atto, e se una delle due istituzioni si oppone l’atto non potrà essere adottato. La procedura legislativa ordinaria potrebbe svilupparsi in tre letture. Queste tre letture rappresentano le tre chance che ha l’atto per essere adottato, dove si ha un continuo palleggio della proposta di atto dal Consiglio al Parlamento e modifiche che cercano di apportare l’uno o l’altro. 1 LETTURA Le tre istituzioni principali, Commissione, Consiglio e Parlamento UE hanno tra di loro concluso un accordo interistituzionale, che consente una continua comunicazione tra loro durante la fase di adozione dell’atto e questa continua comunicazione con loro cerca di agevolare il più possibile la chiusura di un atto alla prima fase. Oggi la maggior parte degli atti viene adottato sulla base di una prima lettura, cioè non è necessario passare alla seconda o terza lettura. Le fasi sono: • Proposta della Commissione (nella generalità dei casi; solo in casi specificamente indicati dal Trattatoaltre istituzioni) • Proposta trasmessa al PE che prenderà visione della proposta e formulerà una propria posizione in merito alla proposta che gli è stata presentata • La formulazione della proposta del PE può anche tendere a modificare la proposta della Commissione, e questa poi vedremo che ha una certa rilevanza quando il Consiglio dovrà trovarsi a deliberare • La posizione del PE verrà poi trasmessa al Consiglio dell’unione. A questo punto: 1. prima ipotesi: il Consiglio prende visione di questa posizione e la approva l’atto è adottato nella formulazione corrispondente alla posizione del PE ( c’è questo inciso perché il PE potrebbe aver nella sua posizione emendato la proposta della Commissione); questa notazione è importante perché si ripercuote sul tipo di voto che deve esprimere il Consiglio. 55 Se il PE mantiene tale e quale la proposta formulata dalla Commissione, il Consiglio delibera a maggioranza qualificata. Se il PE modifica la proposta presentata dalla Commissione, il Consiglio se vuole approvare la posizione del PE dovrà approvarla ad unanimità perché il PE si è discostato da quanto era stato proposto dalla Commissione. PROPOSTA COMMISSIONE PARLAMENTO EUROPEO CONSIGLIO In ogni momento della procedura la Commissione puo’ modificare la propria proposta; la Commissione, una volta che il PE ha modificato l’atto, la commissione può riformulare la proposta su quanto deliberato dal PE; in questo caso il consiglio se delibererà, lo farà a maggioranza qualificata. 2) seconda ipotesi: il Consiglio non approva la posizione del PE e quindi l’atto non può essere deliberato; la procedura allora va avanti perché a sua volta il Consiglio adotta una posizione e la comunica alla Commissione e al PE. Su questa posizione la Commissione riesprime una sua posizione sulla posizione formulata dal Consiglio. Il PE approva la posizione del Consiglio, o non prende posizione, l’atto è adottato in conformità alla posizione del Consiglio. 3. Terza ipotesi: il PE rigetta la posizione del consiglio l’atto non è adottato 56 L’atto è deliberato UNANIMIT A’ MAGGIORANZ 4. Quarta ipotesi: se il PE emenda la posizione del Consiglio, quindi il PE non è tutto in accordo ne tutto in disaccordo con la posizione formulata dal Consiglio, entro un mese la Commissione emette un parere sugli emendamenti. Trascorso quel mese il gioco ritorna nelle mani del Consiglio il quale ha due possibilità: ▲ Approva tutti gli emendamenti del PE e adotta l’atto. Come li approva tutti gli emendamenti del PE? Se la commissione si pronuncia favorevole su tutti gli emendamenti il Consiglio nel caso si trovasse d’accordo adotta gli atti a maggioranza qualificata (in genere); se la Commissione da parere negativo su alcuni emendamenti del PE, il Consiglio se si trovasse d’accordo dovrà pronunciarsi alla unanimità. ▲ Approva solo alcuni emendamenti. Viene istituito un COMITATO DI CONCILIAZIONE composto sia dal Consiglio ( 27 membri) sia dai rappresentanti del PE. Questo comitato cercherà di trovare un progetto comune sul quale il Consiglio e il PE possono essere d’accordo. (Consiglio e PE devono esprimersi non più separatamente, ma lavorano insieme e contemporaneamente all’interno di questo comitato). Se il Comitato di conciliazione non riesce a mettersi d’accordo, non si riesce ad approvare un progetto comune e dunque l’atto non è adottato. Se il Comitato di conciliazione riesce a formulare un progetto comune, si apre la TERZA LETTURA. In questa terza lettura il Consiglio e il PE separatamente dispongono ciascuno di 6 settimane per approvare l’atto sulla base del progetto comune. Se approvano il progetto comune l’atto sarà deliberato; se respingono il progetto comune, l’atto sarà considerato come non adottato. Il comitato di conciliazione si esprime sempre a maggioranza qualificata. Tre letture significa generalmente due anni di lavoro. Nell’ambito del procedimento legislativo ordinario , un atto non viene adottato se entrambe le istituzioni non sono d’accordo, quindi una parità non solo formale ma anche sostanziale tra Consiglio e PE. Mentre la procedura legislativa ordinaria è indicata dagli articoli 294 e seguenti, la procedura legislativa speciale è indicata dall’articolo 289 TFUE. 57 Gli atti di diritto derivato devono essere conformi a tutto ciò che gli sta sopra e solo così un atto potrà essere dichiarato legittimo. Se non è legittimo l’atto potrà essere annullato dalla Corte. Gli accordi internazionali devo essere conformi invece ai Trattati. La differenza degli accordi rispetto agli atti derivati è che i primi non possono essere annullati dalla Corte. ATTI DI DIRITTO DERIVATO articolo 288 TFUE ATTI VINCOLANTI ATTI NON VINCOLANTI Regolamenti Direttive Decisioni Pareri Raccomandazioni Producono effetti giuridici Non producono effetti giuridici Non esiste una gerarchia tra gli atti di diritto derivato Negli atti vincolanti, le direttive, i regolamenti e le decisioni si trovano tutte nello stesso piano; allo stesso modo si trovano sullo stesso piano pareri e raccomandazioni nell’ambito degli atti non vincolanti. Noi però una gerarchia di questi atti la possiamo istituire sulla base della procedura sulla quale sono stati adottati. Gli atti delegati e di esecuzione sono atti inferiori rispetto agli altri. L’atto delegato trae la sua forza da un atto legislativo,mentre l’atto di esecuzione da un atto giuridicamente vincolante. Sulla base delle procedure viste un atto delegato deve rispettare l’atto che gli attribuisce poteri di delega che è un atto legislativo; l’atto di attuazione deve rispettare l’atto che gli attribuisce i poteri di attuazione che sarebbe un atto vincolante 60 che può o meno essere legislativo. Se noi attribuiamo queste categorie agli atti vincolanti noi possiamo trarre una sorta di gerarchia delle fonti sulla base della procedura. Un regolamento, una direttiva e una decisione sono tutti in principio sullo stesso piano. Incrociando però gli atti (regolamenti, decisioni, direttive) con il criterio della procedura legislativa possiamo individuare tra i vari atti una sorta di gerarchia. Criterio della gerarchia in base alla procedura adottata dagli atti • Regolamenti adottati con procedura legislativa • Direttive adottate con procedura legislativa • Decisioni adottate con procedura legislativa • Regolamenti adottati con procedura di delega o di attuazione • Direttive adottate con procedura di delega o di attuazione • Decisioni adottate con procedura di delega o di attuazione Se una direttiva in principio non è superiore ad un regolamento possiamo avere nel caso specifico una direttiva superiore ad un regolamento quando ad esempio una direttiva viene adottata sulla base della procedura legislativa, la quale attribuisce poteri di delega alla Commissione, la quale esercita attraverso il regolamento adottato con procedura di delega. In questo caso tra direttiva e regolamento vi è rapporto gerarchico: la direttiva è sovrapposta in questo caso al regolamento. 7 LEZIONE 16/03/2012 Una procedura legislativa speciale è tale se viene qualificata così dal Trattato sul funzionamento. La procedura legislativa speciale può a sua volta essere suddivisa in due grandi tronconi: 61 • Quando l’atto viene adottato dal Parlamento europeo con la partecipazione del Consiglio • Quando l’atto viene adottato dal Consiglio con la partecipazione del Parlamento europeo La prima ipotesi è poco rilevante perché i casi in cui si applica questa procedura sono poco frequenti e in genere si tratta dell’adozione di atti poco frequenti come i regolamenti. La seconda ipotesi è invece quella più frequente. La partecipazione può manifestarsi attraverso due regimi differenti; il Parlamento europeo può partecipare attraverso l’adozione dell’atto oppure può partecipare attraverso l’emanazione di un parere motivato. Quando è che il PE partecipa attraverso l’approvazione? Con la clausola di flessibilità. Cos’è l’approvazione? Si rinviene nell’articolo 352 TFUE si parla di procedura legislativa speciale attraverso l’approvazione del PE. L’approvazione da parte del PE è un potere molto forte che viene attribuito al PE, poiché in assenza di approvazione e quindi in assenza di una sorta di autorizzazione, di nullaosta nei confronti dell’atto che si vuole deliberare, l’atto non può essere deliberato. Se la proposta di atto legislativo viene approvata allora il Consiglio può adottare l’atto, mentre se la proposta non viene approvata l’atto non può essere adottato. Nel caso di mancanza di consenso da parte del PE la procedura decisionale è bloccata, quindi l’atto non può essere comunque adottato. Il potere di approvazione è molto importante perché potrebbe bloccare il procedimento decisionale, quindi se il PE non da il proprio consenso affinchè l’atto venga adottato l’atto non viene adottato. Dall’altra parte il PE non ha la possibilità di influire sul contenuto dell’atto. SECONDA IPOTESI: Art 113 TFUE il termine consultazione si riferisce all’obbligo del PE di emanare un parere. 62 PROCEDURA CHE CONDUCE ALL’ADOZIONE DI ATTI DELEGATI E DI ATTI DI ESECUZIONE Art 290, 291 TFUE Art 290 TFUEprocedura di atti delegati 1 PARAGRAFO: Solamente un atto legislativo può attribuire poteri delegati (procedura legislativa). Gli atti non legislativi non possono attribuire poteri delegati. L’atto che poi verrà adottato dalla Commissione sarà un atto non legislativo e avrà la terminologia di atto delegato (ultimo paragrafo). L’atto delegato dunque non è atto legislativo; l’atto delegato deve integrare determinati elementi che non sono essenziali dell’atto legislativo: in una determinata materia gli elementi essenziali devono essere disciplinati dall’atto legislativo, e l’atto legislativo se necessita di una specificazione può delegare alla Commissione la precisazione di aspetti che non sono essenziali all’atto e che sono accessori. Poi ci ripete in termini più dettagliati quanto già la norma aveva espresso in precedenza, cioè che gli aspetti essenziali non possono essere oggetto di delega e che nell’attribuzione di delega il Consiglio deve specificare gli obiettivi che devono essere raggiunti, il contenuto, la portata e la durata della delega. Quindi la commissione quando si trova a dover esercitare poteri delegati, si trova a dover esercitare dei poteri che sono circoscritti quanto al loro contenuto, portata, obiettivi da raggiungere, quanto al tempo che la Commissione ha a disposizione per poter agire. 2 PARAGRAFO E’ ovvio che se si tratta dell’esercizio di un potere delegato il PE e il Consiglio possono decidere in qualsiasi momento di revocare la delega. Poiché l’atto delegante è un atto legislativo il PE e il Consiglio sono loro i titolari del potere delle delega, e oltretutto hanno anche il potere di revocare la delega. 3 PARAGRAFO l’aggettivo delegato o delegata è inserito nel titolo degli atti delegati. Dunque l’atto legislativo può attribuire poteri di delega, e quindi sono esclusi tutti gli atti non legislativi. Non essendo specificato se l’atto legislativo deve essere ordinario o speciale, entrambi devono essere ricompresi in questa categoria. Sulla base dell’articolo 290 si può delegare la disciplina degli elementi non essenziali dell’atto, e in tal senso l’atto legislativo deve indicare le finalità della delega, l’oggetto, la portata e la durata delle delega. Nell’ambito di questi paletti delineati dal Consiglio e 65 dal PE, la Commissione dovrà muoversi e non potrà andare oltre. Un atto che viene adottato con questa procedura deve avere sempre la qualifica di atto delegato. Art 291 TFUE procedura di atti esecutivi 1 PARAGRAFO: in principio il potere esecutivo è detenuto dagli Stati membri e solo in casi eccezionali è attribuito alla Commissione. Non incide sul procedimento esecutivo. 2 PARAGRAFO: Nell’ambito del procedimento di delega qual’è l’atto che può attribuire poteri di delega? Un atto legislativo. L’ipotesi differisce totalmente dall’articolo 291 in quanto ci parla di Atti giuridicamente vincolanti, cioè tutti quegli atti adottati con qualsiasi procedura normativa, quindi vi rientrano sia gli atti adottati sia con procedura legislativa, sia tutti quegli atti compresi in quel calderone perché tutti gli atti sono giuridicamente vincolanti. Qualsiasi atto può dunque conferire poteri di attuazione alla Commissione, e qual è il presupposto? Che siano necessarie condizioni uniformi. Se un atto per essere attuato necessità di condizioni uniformi di attuazione, l’attuazione non sarà nelle mani degli stati membri ma in questo caso questo atto giuridicamente vincolante conferirà i relativi poteri di attuazione in generale alla Commissione, o in casi specifici motivati al Consiglio. 4 PARAGRAFO: i termini di esecuzione sono inseriti nel titolo degli atti di esecuzione un atto che viene adottato secondo questa procedura deve avere come qualifica “atto di esecuzione”. All’interno di questa grande classificazione se un atto non è legislativo, non è di esecuzione ne tantomeno è delegato allora è semplicemente un atto normativo vincolante. 66 8 LEZIONE 23/03/2012 Attenendoci al diritto derivato, il Trattato non indica una gerarchia delle fonti: infatti gli atti vincolanti sono tutti posti sullo stesso piano; questo però non significa che non si possa stabilire una sorta di gerarchia delle fonti sulla base della procedura con cui ciascun atto può essere adottato. Un atto delegato sarà sempre inferiore all’atto che attribuisce poteri di delega, così come un atto attuativo sarà sempre inferiore nella gerarchia delle fonti a un atto che gli attribuisce poteri attuativi. Un atto adottato con procedura di delega o di esecuzione è esclusivamente inferiore all’atto che conferisce poteri di delega o di esecuzione, non ad altri atti legislativi perché non vi è alcun rapporto. Atto legislativo: X Atto delegato: Y Prima del Trattato di Lisbona tutto questo non c’era! TRATTATI ISTITUTIVI DELL’UE Anzitutto sono degli accordi internazionali e allo stesso tempo hanno però qualcosa in più degli accordi internazionali. Qual’ è la differenza tra il Trattato che istituisce le nazioni unite e i Trattati istituitivi dell’ordinamento dell’UE? Che l’ordinamento dell’UE è SUI GENERIS rispetto alle altre organizzazioni internazionali;i poteri attribuiti alle istituzioni che operano al suo interno sono molto più forti rispetto ai poteri che generalmente vengono attribuiti alle istituzioni che operano all’interno di altre organizzazioni internazionali. 67 NON VI E’ ALCUN RAPPORTO e quindi gli atti sono atti separati Dove non vi è c rrisponde nza I punti determinanti della procedura sono: • La proposta • Il progetto di modifica sul quale lavorano tutti gli stati membri che sono convocati nell’ambito di una conferenza. • Le modifiche stabilite dai trattati sono stabilite di comune accordo dalla conferenza dei rappresentanti degli stati membri i quali poi dovranno ratificare PROCEDURE DI REVISIONE SEMPLIFICATE Sono più di una; generalmente ne possiamo individuare un paio Paragrafo 6 in pochi punti si discosta dalla fase precedente, la procedura di revisione ordinaria,perché anche in questo caso vi deve essere un PROGETTO DI MODIFICA. L’unica differenziazione rispetto alla presentazione di progetto di modifica dei trattati qual’ è? Il progetto di modifica viene presentato dal Consiglio europeo anziché dal Consiglio. Anche l’oggetto è differente perché altrimenti non avrebbe senso parlare di una procedura di revisione ordinaria e procedure di revisione semplificate. Qual è l’oggetto della procedura di revisione semplificata? Cosa può essere modificato? Le DISPOSIZIONI DELLA PARTE III DEL TFUE. La parte prima è denominata principi, la parte seconda è denominata non discriminazione e cittadinanza dell’UE, e la parte terza è intitolata politiche dell’UE e azioni interne. In che cosa consiste la procedura di revisione semplificata? Per come inizia non si discosta dalla procedura di revisione ordinaria. Si distanzia per questo: “il Consiglio europeo può adottare una decisione che modifica in tutto o in parte le disposizioni…….norme costituzionali” la differenza è che non c’è la conferenza dei governi degli stati membri. Nel primo caso sono i governi degli stati membri non in quanto istituzione ma proprio come governi degli stati membri che si mettono a tavolino e concordano le modifiche da apportare; in questo caso la modifica viene da un’istituzione dell’UE, dal Consiglio europeo. Inoltre non si parla di ratifica ma di decisione che entra in vigore solo previa approvazione degli stati membri conformemente alle rispettive norme costituzionali; quindi in certi casi gli stati potrebbero prevedere una propria e vera ratifica, in altri 70 casi qualche stato potrebbe prevedere non una ratifica ma altre forme semplificate affinchè una decisione entri in vigore. PROCEDURA DI REVISIONE ORDINARIA SEMPLIFICATA -Sono i governi degli stati membri ad assumere la decisione - Assume la decisione il consiglio europeo -Occorre la ratifica -Non è richiesta la ratifica SECONDO TIPO DI PROCEDURA SEMPLIFICATA Paragrafo 7 Introduce la seconda procedura di revisione semplificata; mentre la prima procedura di revisione semplificata si applica genericamente alle disposizioni della parte terza del TFUE , la seconda procedura di revisione si applica in due ipotesi specifiche: • Quando si vuole trasformare un voto alla unanimità in voto alla maggioranza qualificata • Quando si vuole trasformare una procedura legislativa speciale in procedura legislativa ordinaria La ratio della previsione di questa modifica è l’aspetto sovranazionale: se da unanimità si può passare a maggioranza qualificata, la decisione potrà essere adottata anche senza il consenso unanime di tutti gli stati membri. Per la seconda ipotesi, se il trattato prevede per l’adozione di un atto una procedura legislativa speciale e questa può essere trasformata in ordinaria perché vi è un passo verso i carattere sovranazionale? Perché con la procedura legislativa ordinaria il Consiglio e il PE sono posti sullo stesso piano, hanno pari peso (nella procedura legislativa speciale il Parlamento gioca un ruolo poco incisorio). In entrambe le ipotesi, sia che si passa da un’unanimità a maggioranza qualificata , sia che si passi da una procedura legislativa speciale ad una ordinaria, è il Consiglio europeo che adotta una decisione che consente al Consiglio di deliberare in un caso 71 a maggioranza qualificata oppure che consente di adottare quell’atto attraverso la procedura legislativa ordinaria. Vi è questo progetto di modifica del Trattato; chi adotta il passaggio dal primo al secondo metodo in tutte e due le ipotesi è il Consiglio europeo (analogia con il primo caso di procedura di revisione semplificata). La decisione non deve essere poi approvata sulla base delle norme costituzionali stabilite da ciascuno stato membro perché la decisione di modifica è trasmessa dal Consiglio europeo a ciascun parlamento degli stati membri, quindi in definitiva ai parlamenti nazionali. La decisione è rimessa in che modo? Silenzio assenso o CONSENSUS o consenso. Se un parlamento nazionale è contrario alla modifica, lo comunica al Consiglio europeo e in questo caso venendo meno il consensus di un parlamento nazionale, la decisione non può essere adottata. Procedura di revisione ordinaria incide sugli aspetti più importanti da modificare Procedure di revisione semplificata la decisione viene adottata dal Consiglio europeo 1 caso) la decisione entra in vigore solo previa approvazione degli stati membri conformemente alle rispettive norme costituzionali 2 caso) la decisione produce effetti solo se decorsi 6 mesi dalla trasmissione della decisione adottata dal Consiglio europeo, nessun parlamento nazionale si opponga affinchè questa decisione produca i propri effetti Le procedure di revisione semplificata sono 2 : • La prima tocca le modifiche che possono essere apportate alla parte terza del TFUE • La seconda può essere utilizzata in due ipotesi: la prima per il passaggio dall’unanimità a maggioranza qualificata , la seconda dalla trasformazione di una procedura legislativa speciale a ordinaria Come vengono interpretati i Trattati istitutivi? Come la Carta costituzionale. Le varie disposizioni della Carta Costituzionale non vengono mai interpretate separatamente le une dalle altre. Si parla in tal caso di BILANCIAMENTO DEI DIRITTI: può essere fatto attraverso una interpretazione complessiva delle varie disposizioni costituzionali. Non diverge molto l’interpretazione che la Corte di Giustizia ha costantemente condotto dei Trattati dell’Unione europea; i trattati vengono cioè 72 fondamentali del mercato quali la libera circolazione di persone, merci, capitali e servizi e non si preoccupava di tutelare diritti completamente estranei a questa esigenza di carattere economico; la Corte quindi attraverso la categoria dei principi generali ha dato tutela alla categoria dei diritti fondamentali (tutela della vita, della salute ecc). I diritti fondamentali sono talmente tanti da essere suddivisi in: • Prima generazione • Seconda generazione • Ecc Questi diritti dunque nell’ambito del TCE non erano minimamente contemplati, però ad un certo momento si è sentita l’esigenza di una loro tutela anche nell’ambito dell’ordinamento giuridico comunitario, perché in certi casi l’adozione di misure nell’ambito dell’UE andavano a toccare questi diritti fondamentali; alcune Corti costituzionali quindi in particolare quella tedesca e italiana hanno posto un alt alla Corte di Giustizia dicendo che se i diritti fondamentali non fossero stati tutelati nell’ambito dell’ordinamento giuridico comunitario, le Corti costituzionali avrebbero apprestato autonomamente questa tutela. Di fronte a queste asserzioni così forti da parte delle Corti costituzionali, la Corte di Giustizia non ha potuto che iniziare a garantire una tutela a questi diritti fondamentali. Come poteva fare la Corte di Giustizia a dare tutela a questi diritti fondamentali se questi non erano contemplati nel Trattato? Attraverso la categoria dei principi generali si è fatto in modo che i diritti fondamentali potessero trovare il proprio ingresso nell’ambito dell’ordinamento dell’UE. Da allora le cose sono cambiate poiché già dal Trattato di Maastricht si trova una codificazione della tutela dei diritti fondamentali. Attualmente la situazione è l’Articolo 6 che ci dice che tipo di tutela devono avere i diritti fondamentali e in che modo viene garantita loro questa tutela; questo articolo è stato modificato dal Trattato di Lisbona. Articolo 6 TUE • Paragrafo 3: questa disposizione è stata codificata già dal Trattato di Maastricht sulla scorta della giurisprudenza della Corte di Giustizia perché i diritti fondamentali erano stati tutelati dalla Corte di Giustizia sulla base della categoria dei principi generali I due strumenti che la Corte di giustizia aveva utilizzato per individuare i diritti fondamentali, e che troviamo codificati in questo paragrafo, erano la Convenzione 75 europea dei diritti dell’uomo e le tradizioni costituzionali degli stati membri. La Corte di giustizia nell’individuare e nel garantire tutela a certi diritti, ha tratto questi diritti anzitutto dalle tradizioni costituzionali degli stati membri, quindi ha dato tutela a quei diritti che venivano tutelati nell’ambito degli ordinamenti costituzionali degli stati membri. La seconda fonte è la Convenzione europea dei diritti dell’uomo che è un puro trattato internazionale tra tutti gli stati membri che compongono l’UE e anche gli stati terzi ma non coinvolge minimamente l’UE. Questa Convenzione è stata conclusa nell’ambito del Consiglio d’Europa che è un’altra istituzione (sono istituzioni scisse dall’UE). Questa prassi della Corte di Giustizia è stata codificata già dal 1993 in questo paragrafo 3; il fatto che sia una norma del Trattato a prevedere la tutela dei diritti fondamentali comporta la conseguenza che la garanzia è a livello di Trattato (non più di principi generali), però non è cambiato il metodo attraverso cui la Corte di Giustizia ricostruisce i diritti fondamentali (i diritti fondamentali vengono ricostruiti come prima prendendo cioè a modello la Convenzione europea dei diritti dell’uomo e le tradizioni costituzionali). Tutti gli stati membri fanno parte della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Ogni stato membro tutela nel proprio ordinamento giuridico i diritti fondamentali non soltanto in base alle proprie norme costituzionali ma necessariamente anche in base alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo perché sono ad essa vincolati. La Corte nel ricostruire quali fossero i diritti ai quali offrire tutela ha guardato non solo all’interno dell’ordinamento costituzionale di ogni stato membro ma anche guardato quali diritti fossero tutelati dalla Convenzione europea; tutto questo la Corte lo ha fatto perché non c’era una norma nel Trattato che disciplinava la tutela dei diritti fondamentali. Tutta questa prassi della Corte di Giustizia di garantire questi diritti in forma giurisprudenziale, è stata codificata in una successiva revisione nel Trattato di Maastricht nell’articolo 6 paragrafo 3 (questo articolo codifica tutto quello che la Corte di Giustizia fino a quel momento non ha fatto): in questo modo la tutela dei diritti fondamentali ha una tutela garantita a livello di Trattato non più di principi generali. Dal 1993 la tutela dei diritti fondamentali è stata garantita a livello di Trattato non più a livello di principi generali, però il metodo per procedere alla loro concreta ricognizione è stato sempre quello sulla base dei principi generali. L’articolo 6 è stato arricchito di ulteriori previsioni: 76 Paragrafo 1: esiste una Carta fondamentale dei diritti che era stata formulata nel 2000, adottata però nel 2007, che solo però nel Trattato di Lisbona ha assunto un valore giuridico pari al Trattato. Prima del Trattato di Lisbona non vi era tutto questo; ora nella Carta il cui valore è quello dei Trattati, sono finalmente codificati tutti quei diritti che prima la Corte doveva trarre sulla base delle tradizioni costituzionali degli Stati membri e sulla Convenzione dei diritti dell’uomo. Le due disposizioni, quella al paragrafo 1 e quella al paragrafo 3 si integrano a vicenda: se un determinato diritto non c’è nella Carta la Corte potrebbe trarlo dalle tradizioni costituzionali o dalla Convenzione dei diritti dell’uomo. Paragrafo 2: troviamo quella Convenzione europea nominata al paragrafo 3 (di questa convenzione è parte tutti gli stati membri ma non l’UE). Nonostante sia prevista anche l’adesione dell’UE, ancora l’UE non ha aderito alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, e sono presenti delle trattative,dei negoziati in corso che non hanno apportato ad una conclusione però è prevista questa possibilità; nel caso in cui l’UE aderisse alla Convenzione, i diritti fondamentali troverebbero tre fonti, una tutela su tre piani: • A livello di Carta dei diritti fondamentali • A livello di tradizioni costituzionali • A livello di convenzione europea dei diritti dell’uomo, che non si applicherebbe più indirettamente ma direttamente un atto dell’UE deve rispettare direttamente i diritti della Convenzione europea dei diritti dell’uomo 9 LEZIONE 26/03/2012 FONTI DI DIRITTO DERIVATO Queste fonti sono in principio sullo stesso piano; una gerarchia però può essere instaurata sul procedimento in base al quale queste fonti sono adottate. Gli atti di diritto derivato sono gli atti tipici disciplinati dall’articolo 288 TFUE, e si dividono in atti vincolanti e atti non vincolanti: • ATTI VINCOLANTI: regolamenti, direttive e decisioni • ATTI NON VINCOLANTI: raccomandazioni e pareri 77 membrana statale senza atti di interposizione statale. Il regolamento è obbligatorio in tutte le sue parti proprio perché è direttamente applicabile, e viceversa. Nel caso in cui il regolamento non necessitasse di una normativa integrativa, nel momento in cui entra in vigore esso produce effetti giuridici negli ordinamenti statali, e quindi conferisce immediatamente diritti e doveri. Il regolamento ha l’idoneità a creare immediatamente posizioni giuridiche soggettive che possono essere fatte valere. La normativa di filtro statale, secondo la Corte, è vietata perché se si applicasse la normativa statale al posto del regolamento, verrebbe meno la capacità per il regolamento di essere applicato in maniera uniforme e contestuale in tutti gli stati che appartengono all’UE. La caratteristica propria del regolamento è di essere applicato nello stesso tempo in tutti gli ordinamenti dell’UE e senza filtri; entra in vigore ed è applicato, produce immediatamente i propri effetti. ENTRATA IN VIGORE DEL REGOLAMENTO: Il regolamento viene pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’UE (GUUE) nella parte L. (L= Legislazione, Atti vincolanti; C = Comunicazioni, Atti non vincolanti) Il regolamento acquista efficacia, entra cioè in vigore dopo che sono decorsi 20 giorni dalla sua pubblicazione, a meno che il regolamento non preveda tempi diversi che possono essere inferiori ai 20 giorni. RICAPITOLANDO.. REGOLAMENTO immediatamente applicabile negli ordinamenti degli Stati membri, è idoneo a creare immediatamente situazioni giuridiche che possono essere fatte valere subito davanti al giudice, agli operatori giuridici, e se ha bisogno di una normativa di integrazione verranno applicati contestualmente sia il regolamento sia la normativa di integrazione, ma il regolamento di per sé non è mai sostituito da un atto statale DIRETTIVA Art 288 Paragrafo 3 Il Trattato ci dice che la direttiva ha: 80 1. PORTATA SPECIFICA mentre il regolamento ha portata generale, la direttiva si rivolge esclusivamente agli stati membri, sia a tutti gli stati membri o sia ad alcuni degli stati membri, e non si rivolge ne alle istituzioni e ne a persone giuridiche e fisiche 2. OBBLIGO DI RISULTATOla direttiva non è obbligatoria in ogni sua parte come il regolamento, poiché vincola lo stato solamente in relazione al risultato che deve raggiungere. Lo stato esercitando la sua discrezionalità, il suo margine di apprezzamento, potrà raggiungere quel determinato risultato utilizzando gli strumenti, le modalità e le forme che ritiene più opportune. Mentre con il regolamento sono vietati atti di interposizione statale, una normativa sostitutiva al regolamento, nella direttiva si esige questa normativa statale. La direttiva quindi non è direttamente applicabile. Analogamente al regolamento la direttiva viene pubblicata nella Gazzetta ufficiale e in tal caso si rivolge a tutti gli stati membri, altrimenti entra in vigore nel momento in cui viene notificata, se si rivolge solo ad alcuni degli stati membri. Dal momento in cui la direttiva entra in vigore, lo stato deve attivarsi per attuarla. Nella direttiva infatti sono indicati i termini, cioè il tempo necessario nel corso del quale lo stato dovrà attivarsi. L’entrata in vigore della direttiva indica il momento in cui inizia a decorrere il tempo per lo stato per attivarsi. La direttiva inoltre in se per se non produce effetti giuridici perché occorrerà aspettare la normativa statale. Che cosa succede in questo periodo in cui lo stato deve adeguarsi? • La Corte ha detto che lo stato in questo periodo di tempo non può emanare una normativa che andrebbe poi ad ostacolare il risultato della direttiva. • Inoltre la Corte ha detto che è il giudice nazionale che deve cercare di interpretare la normativa nazionale in modo da non pregiudicare l’effetto utile della direttiva L’attuazione della direttiva non può essere richiesta fino a quando il periodo non sia decorso totalmente. Lo stato ha la libertà di scegliere i mezzi e le forme per attuare la direttiva; c’è da dire però che non tutti i modi alla Corte vanno bene: semplici prassi amministrative di per sé mutevoli non possono garantire l’attuazione della direttiva. DIRETTIVE DETTAGLIATE: Sono quelle direttive che sono talmente dettagliate nella loro formazione da lasciare poco spazio all’intervento del legislatore. Su questa prassi la Corte non ha mi espresso giudizio negativo, anche se in teoria potrebbe 81 essere considerata non conforme al Trattato perché vi sono direttive talmente dettagliate da eliminare del tutto il potere discrezionale del legislatore. Mentre il regolamento sfora la membrana statale e si applica direttamente, la direttiva non sfora la membrana statale e occorre aspettare che venga emanata una normativa statale. Si può esigere la normativa statale solamente decorso il periodo richiesto allo Stato per conformarsi. Che succede se lo Stato non si sia conformato? La direttiva è lettera morta, manca la normativa statale. La Corte di Giustizia ha applicato alla direttiva quella stessa giurisprudenza che era stata elaborata per far si che le norme del Trattato potessero immediatamente produrre effetti giuridici in capo a persone fisiche e giuridiche , cioè quella giurisprudenza relativa all’EFFETTO DIRETTO. L’effetto diretto è l’idoneità di una norma a conferire diritti che possono essere fatti valere dal singolo dinnanzi al giudice nazionale, nei confronti dello stato membro, e in certi casi nei confronti di altre persone fisiche e giuridiche. Questa giurisprudenza la Corte la utilizza per ovviare alla violazione dello stato dell’obbligo che lo stato aveva di trasporre la direttiva. La Corte ha detto che decorso il termine per adempiere alla direttiva, in presenza di inadempimento dello Stato e in presenza delle tre caratteristiche cui generalmente la Corte fa riferimento che sono carattere chiaro, preciso e incondizionato di una disposizione (senza queste tre caratteristiche la disposizione non può attribuire diritti), la direttiva o alcune parti di essa possono produrre effetti diretti, cioè possono conferire al singolo diritti che il singolo può far valere di fronte al giudice nei confronti dello stato, tutto questo per far si che da un inadempimento dello stato non fosse pregiudicata l’applicazione del diritto dell’UE. Che tipi di effetti può produrre una direttiva? Produrrà effetti diretti verticali, in quanto la direttiva si indirizza allo Stato. L’effetto diretto è una garanzia minima, che nonostante una direttiva sia idonea produrre effetti diretti, lo stato non è esentato dal dare applicazione alla direttiva. Mentre il regolamento è idoneo ad essere direttamente applicato e questa sua funzione può essere ostacolata se il contenuto che presenta è incompleto, e in questo caso il regolamento verrà integrato ma mai sostituito, la direttiva non è stata creata per essere direttamente applicata, ma la sua vocazione è quella di porre un obiettivo che gli stati devono realizzare emanando poi una normativa statale. 82 DIRETTIVA: • Non direttamente applicabile • Non obbligatorio in tutti i suoi elementi • Portata specifica DECISIONE: • Obbligatoria in tutti i suoi elementi • Portata generale/ specifica novità del trattato di Lisbona; prima del trattato la decisione era descritta come un atto a portata specifica. La decisione nasce come atto di portata meramente amministrativa; da questo punto di vista la decisione è contrapposta al regolamento perché, mentre il regolamento è un atto che ha la vocazione di essere generale e astratto, la decisione ha la vocazione dell’atto amministrativo cioè di quello che nel nostro ordinamento possiamo chiamare atto amministrativo. La decisione pertanto non ha una portata generale ma una PORTATA SPECIFICA, non è un atto normativo ma è un atto amministrativo. Nella prassi tuttavia la decisione è stata utilizzata anche come una sommatoria di atti normativi, ed è per questo che ha acquistato anche una PORTATA GENERALE; la codificazione della prassi è avvenuta solamente con il trattato di Lisbona: se non designa alcun destinatario Portata generale. La decisione quando ha una portata generale si rivolge a tutti; pur non designando esplicitamente i propri destinatari, se è volta a disciplinare questioni relative al funzionamento dell’ordinamento dell’UE, funzioni organizzative istituzionali, si rivolgerà di sicuro alle ISTITUZIONI e agli STATI MEMBRI,e vengono però escluse le persone fisiche e giuridiche. La decisione quando ha portata specifica può rivolgersi indistintamente a SINGOLI STATI o a SINGOLE PERSONE FISICHE E GIURIDICHE. A differenza della direttiva che con la portata specifica può rivolgersi solo agli stati, la decisione può rivolgersi anche a persone fisiche giuridiche. La decisione può ad esempio essere indirizzata al signor Rossi; questa decisione del genere la si può trovare nell’ambito dell’antitrust dove il Trattato conferisce alla Commissione dei poteri per agire direttamente nei confronti di persone fisiche giuridiche. In relazione alla Portata Specifica: 85 • Se si rivolge a persone fisiche giuridiche direttamente applicabile • Stato membro non direttamente applicabile, poiché si richiede allo stato un intervento; che potrebbe succedere? Come nella direttiva potrebbe produrre EFFETTI DIRETTI, questo quando lo Stato non ottempera all’obbligo posto dalla decisione e il suo non ottemperare priva la persone fisica giuridica di un diritto di cui avrebbe potuto avvalersi sulla base della direttiva. Esempio in materia di concorrenza: Se la Commissione emana una decisione nei confronti dell’Italia in cui chiede all’Italia, che ha fornito aiuti di Stato all’impresa X, di farsi restituire questi aiuti di stato poiché erano illegittimi e l’Italia non lo fa, L’impresa Y che è concorrente dell’impresa X potrebbe far valere la decisione inattuata della Commissione, decisione eventualmente chiara, precisa e incondizionata nei confronti dello Stato, che è stato inottemperante nei confronti dell’obbligo postogli. La decisione condivide alcune caratteristiche con: • Il regolamento, in quanto è obbligatoria in ogni sua parte • Come la direttiva ha anche una portata specifica La portata generale rappresenta un’ipotesi residuale; la decisione è volta a disciplinare la vita istituzionale dell’UE e si rivolge agli stati e istituzioni, e non toccherà persone fisiche giuridiche. Nell’ambito della PESC nella procedura decisionale, la PESC non riconosce regolamenti e direttive ma conosce la decisione che viene utilizzata come un atto a portata generale. FINE PRIMO PROGRAMMA 86 ISTITUZIONI GIUDIZIARIE E PROCEDURE CHE POSSONO ESSERE PORTATE A CONOSCENZA DELLE ISTITUZIONI GIUDIZIARIE NELL’AMBITO DELL’UE Oltre alla Corte di Giustizia esistono altre istituzioni che sono il Tribunale dell’UE detto anche di primo grado, e i Tribunali specializzati. Il trattato non fa riferimento a queste ultime due istituzioni ma fa un generico riferimento alla Corte di Giustizia. La Corte di Giustizia è disciplinata nella parte generale del TUE nell’articolo 13 del TUE; la ritroviamo in particolare disciplinata all’articolo 19 TUE. Articolo 19 TUE: 1. La Corte di giustizia dell'Unione europea comprende la Corte di giustizia, il Tribunale e i tribunali specializzati. Assicura il rispetto del diritto nell'interpretazione e nell'applicazione dei trattati. Gli Stati membri stabiliscono i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell'Unione. 2. La Corte di giustizia è composta da un giudice per Stato membro. È assistita da avvocati generali. Il Tribunale è composto da almeno un giudice per Stato membro. I giudici e gli avvocati generali della Corte di giustizia e i giudici del Tribunale sono scelti tra personalità che offrano tutte le garanzie di indipendenza e che soddisfino le condizioni richieste agli articoli 253 e 254 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Sono nominati di comune accordo dai governi degli Stati membri per sei anni. I giudici e gli avvocati generali uscenti possono essere nuovamente nominati. 3. La Corte di giustizia dell'Unione europea si pronuncia conformemente ai trattati: a) sui ricorsi presentati da uno Stato membro, da un'istituzione o da una persona fisica o giuridica; b) in via pregiudiziale, su richiesta delle giurisdizioni nazionali, sull'interpretazione del diritto dell'Unione o sulla validità degli atti adottati dalle istituzioni; 87 11 LEZIONE 2/04/2012 RICORSO PER INFRAZIONE detto anche ricorso per inadempimento viene disciplinato dagli articoli 258 e ss del TFUE. Il ricorso per infrazione è un procedimento volto a fare accertare l’eventuale mancato inadempimento di un obbligo che incombe allo stato sulla base del trattato. E’ volto a fare accertare la violazione di un obbligo il quale può manifestarsi o con un’azione o con una omissione da parte dello stato membro, obbligo che gli deriva da una norma del trattato. Il Procedimento per infrazione viene utilizzato per accertare la mancata trasposizione di una direttiva o di una tardiva trasposizione di una direttiva, o addirittura di una trasposizione imprecisa di una direttiva. Qualsiasi mancato obbligo può essere fatto rilevare attraverso il procedimento per infrazione: ad esempio lo Stato continua a mantenere in vita una normativa che è incompatibile con il diritto dell’UE violazione di un obbligo che deriva allo Stato dal Trattato (la violazione può manifestarsi sia con atteggiamento concreto da parte dello Stato, sia attraverso un’omissione cioè il mancato azionarsi rispetto all’obbligo che lo Stato ha). Il procedimento per infrazione può essere attivato o dalla Commissione o da uno degli stati membri. La commissione deve vigilare sulla corretta applicazione del trattato e deve verificare se lo stato abbia adempiuto a tutti gli obblighi che gli incombono in virtù del trattato stesso. Come fa la commissione a sapere che lo stato abbia violato un obbligo del diritto dell’UE? Può avvalersi anche di denunce, di segnalazioni da parte di soggetti, persone fisiche e giuridiche. Ad esempio il sign Rossi che voleva avvalersi di una direttiva e questa direttiva non è stata trasposta manda una segnalazione alla Commissione dell’UE indicando che l’Italia non ha trasposto alla direttiva. Sulla base di questa segnalazione la Commissione può attivare il procedimento per infrazione, in quanto la Commissione ha una mera discrezionalità cioè si attiva nell’esercizio di un potere discrezionale, non ha un obbligo. Art. 258 TFUE: “La Commissione, quando reputi che uno Stato membro abbia mancato a uno degli obblighi a lui incombenti in virtù dei trattati, emette un parere motivato al riguardo, dopo aver posto lo Stato in condizioni di presentare le sue osservazioni..” 90 Oggetto accertamento della violazione di un obbligo da parte di uno stato membro Attori che possono attivarsi affinchè questo obbligo vada accertato Commissione e Stati membri La Commissione è il garante dell’applicazione dei trattati. All’interno dei Trattati gli stati non possono reagire autonomamente come invece accade nell’ambito del diritto internazionale in conseguenza di una violazione da parte di un altro stato di un obbligo del trattato. Il procedimento per infrazione dal punto di vista procedurale consta di due fasi: • Fase precontenziosa • Fase contenziosa La fase precontenziosa consta di due fasi e queste due fasi sono date da cosa? La Commissione dopo aver ricevuto segnalazioni, dopo essere del parere che uno stato sia nel dovere di un obbligo incombente al diritto comunitario, formula una LETTERA DI INTIMAZIONE,di diffida, una messa in mora che invia allo Stato. In questa lettera avviene la Contestazione dell’illecito, cioè si indica allo stato l’obbligo cui è venuto meno. Nella lettera di intimazione si indica quindi l’oggetto dell’obbligo mancato, i motivi per cui si ritiene che lo stato non abbia ottemperato e le indicazioni che lo stato dovrebbe conseguire per conformarsi a quell’obbligo. In questa lettera viene indicato anche un termine entro il quale lo stato può replicare, generalmente di due mesi. Lo stato può o TACERE oppure può INDICARE QUALI SONO LE SUE MOTIVAZIONI per cercare di persuadere la Commissione che ha assunto un comportamento volto a dare attuazione all’obbligo oppure cercare di persuadere la Commissione affinchè non vi sia nessuna violazione e che quindi potrebbe essersi sbagliata. Se lo stato persuade la Commissione che non si tratta di inadempimento finisce tutto qua; se invece lo Stato replica alla Commissione, ma non riesce a persuadere la Commissione sul suo avvenuto adempimento oppure se lo stato membro rimane inerte, la Commissione andrà avanti e che cosa farà? Il secondo step della fase precontenziosa è la formulazione di un PARERE MOTIVATO. Il parere motivato è un atto più formale rispetto alla lettera di intimazione e deve avere lo stesso oggetto della messa in mora; con il parere motivato la Commissione contesta allo stato esplicitamente nuovamente l’inadempimento e invita allo Stato a prendere le misure necessarie per poter adempiere all’obbligo. Nel parere viene anche qui assegnato un termine entro il quale lo stato deve adempiere. 91 Ricapitolando: La fase contenziosa si caratterizza per due momenti; il primo momento è la LETTERA DI DIFFIDA, un momento che è informale però importante perché senza questa lettera la procedura non ha inizio. In questa lettera si contesta una determinata violazione, si indicano all’interno i motivi per i quali si ritiene che sussista questa violazione e si indicano i comportamenti che lo stato dovrebbe porre in essere per far venir meno la violazione; inoltre si indica in questa lettera il termine affinchè lo stato possa rispondere e quindi possa instaurarsi un contradditorio. Lo stato a questo punto ha la facoltà di replicare; se replica e convince la Commissione di non aver violato alcuna norma, la procedura si ferma qui quindi alla fase precontenziosa. Se lo stato membro non replica oppure pur replicando non riesce a convincere la Commissione della correttezza del suo comportamento, la procedura va avanti e si manifesta attraverso questa volta un atto formale e cioè il PARERE MOTIVATO. Trattandosi di un parere e quindi di un atto non vincolante, il parere non potrà vincolare lo stato membro. In questo parere motivato nuovamente vi è l’indicazione del comportamento contestato allo stato, l’indicazione dei mezzi che lo stato dovrebbe assumere per fare venire meno questa violazione e l’indicazione di un termine assegnato entro cui adempiere. Come la Corte ha spiegato ci deve essere una corrispondenza di massima tra l’oggetto contestato nella lettera di intimazione e l’oggetto contestato nel parere motivato. Se lo stato scaduto il termine indicato nel parere motivato ottempera l’obbligo nuovamente finisce tutto qua. Se lo stato non ottempera l’obbligo si potrebbe aprire la FASE CONTENZIOSA (si potrebbe perché anche in questo caso la Commissione come in relazione alla fase precontenziosa non ha l’obbligo di agire ma una mera facoltà). Quindi se la Commissione ritiene opportuno attivare la fase contenziosa lo fa altrimenti si arresta tutto qua, oppure potrebbe decidere di muoversi in un tempo successivo e non immediatamente; in questo caso dunque la Commissione ha una estrema discrezionalità nella gestione del procedimento per infrazione. Supponiamo che nel caso che la Commissione decidesse di attivarsi quindi di ricorrere alla Corte di Giustizia (la fase contenziosa si sostanzia nel ricorrere alla Corte di Giustizia). Il ricorso presentato alla Corte di giustizia allo stesso modo dovrà avere lo stesso oggetto del parere motivato e della lettera di intimazione e questo è per consentire allo stato nei confronti del quale si ricorre di poter difendersi al meglio. A questo punto si tratta proprio di un procedimento contenzioso dinnanzi alla 92 Uno Stato membro, prima di proporre contro un altro Stato membro un ricorso fondato su una pretesa violazione degli obblighi che a quest'ultimo incombono in virtù dei trattati, deve rivolgersi alla Commissione. La Commissione emette un parere motivato dopo che gli Stati interessati siano posti in condizione di presentare in contraddittorio le loro osservazioni scritte e orali. Qualora la Commissione non abbia formulato il parere nel termine di tre mesi dalla domanda, la mancanza del parere non osta alla facoltà di ricorso alla Corte. Cos’è che cambia quando il procedimento viene proposto dallo stato membro? Nella fase precontenziosa vi è un coinvolgimento della Commissione, cioè lo stato non può immediatamente adire la Corte di Giustizia ma deve fare intervenire la Commissione. La commissione in questo ambito ha una funzione di mediazione, cerca di instaurare una sorta di contraddittorio tra le parti, cioè pone le parti nella condizione di potersi confrontare, quindi pone ad esempio lo stato, nei confronti del quale l’altro stato membro vuole ricorrere, nelle condizioni di presentare le proprie osservazioni, di difendersi. Alla fine di questo contradditorio nella quale la Commissione è arrivata a farsi un’idea se vi è o non vi è violazione del diritto dell’unione, la Commissione formula un parere motivato e da qui in poi il procedimento è tale e quale. Questo parere proprio perché è un parere motivato, non vincola lo stato, cioè lo stato che comunque intendesse rivolgersi alla Corte non è vincolato dal parere, anche nel caso di un parere positivo sulla condotta dello stato da parte di un parere positivo della Commissione. Se ad esempio la Francia vuole adire contro l’Italia, anche a seguito di un parere della commissione in cui constata l’assenza della violazione da parte dell’Italia, questo parere non vincola la Francia che potrebbe adire la Corte di Giustizia (questo perché si tratta di un parere che non è un atto vincolante). Il parere motivato è l’elemento formale, in assenza del quale il ricorso sarebbe sempre e comunque ricevibile. Con il Trattato di Lisbona articolo 260 TFUE terzo paragrafo: La Commissione, quando propone ricorso dinanzi alla Corte in virtù dell'articolo 258 reputando che lo Stato membro interessato non abbia adempiuto all'obbligo di comunicare le misure di attuazione di una direttiva adottata secondo una procedura legislativa, può, se lo ritiene opportuno, indicare l'importo della somma forfettaria o della penalità da versare da parte di tale Stato che essa consideri adeguato alle circostanze. La novità serve per accelerare il procedimento per infrazione quando si vuole fare accertare dalla corte la mancata attuazione di una direttiva; in particolare questa disposizione ci dice che la Commissione, allorchè uno stato membro abbia mancato di comunicare le misure adottate per trasporre una direttiva, può adire la Corte 95 solamente quando si tratta di una direttiva che è stata adottata con procedura legislativa. Direttive che non sono adottate con procedura legislativa non sono contemplate in questa norma. In questo procedimento più corto si prevede la totale assenza della fase precontenziosa; quindi in presenza di queste ipotesi la Commissione può adire immediatamente la Corte e richiedere a quest’ultima la combinazione di una sanzione pecuniaria (qui non c’è la fase precontenziosa, e in più la Corte si chiedegià da questo momento la combinazione di una sanzione pecuniaria e questo per far si che lo stato sia indirizzato il prima possibile ad attuare una direttiva). 12 LEZIONE 06/04/2012 RICORSO di ANNULLAMENTO o IMPUGNAZIONE DEGLI ATTI DELL’UNIONE art. 263 TFUE e ss. Il ricorso per infrazione è volto a far accertare l’inadempimento inteso in senso lato da parte di uno Stato di un obbligo che gli deriva dal Trattato. Gli attori sono la Commissione e gli Stati membri. Il ricorso di annullamento è invece volto a far accertare l’illegittimità degli atti dell’Unione; l’illegittimità può essere quando: • oggetto in contrasto con il trattato • oggetto non rispetta la base giuridica che dovrebbe essere a suo fondamento • ecc OGGETTO del ricorso di annullamento è quindi l’illegittimità degli atti. Che tipo di atti? Articolo 263 TFUE: “La Corte di giustizia dell'Unione europea esercita un controllo di legittimità sugli atti legislativi, sugli atti del Consiglio, della Commissione e della Banca centrale europea che non siano raccomandazioni o pareri, nonché sugli atti del Parlamento europeo e del Consiglio europeo destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi. Esercita inoltre un controllo di legittimità sugli atti degli organi o organismi dell'Unione destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi…” 96 L’art. 263 TFUE si apre con una elencazione corposa degli atti che possono essere oggetto di impugnazione. Ad una analisi più profonda, si può trarre un elemento unificatore: possono essere impugnati gli atti che producono effetti giuridici atti legislativi (quindi adottati con procedura legislativa), atti del Consiglio, della Commissione e della Bce (atti che non sono raccomandazioni o pareri, quindi atti non vincolanti), atti vincolanti del PE e del Consiglio europeo destinati a produrre effetti giuridici nei confronti dei terzi. Ad una attenta lettura l’elemento che unifica tutte questi atti oggetto della previsione è che possono essere impugnati esclusivamente atti che producono effetti giuridici nei confronti di terzi. L’elencazione dell’art. 263 è esemplificativa e non tassativa perché un atto a prescindere dalla sua forma,natura, quindi a prescindere dal nome iuris e cioè da come si presenta, può essere impugnato se produce effetti giuridici. Un parere o una raccomandazione anche se, generalmente, sono atti ritenuti non produttivi di effetti e quindi non vincolanti, possono essere impugnati in certi casi in quanto producono comunque effetti giuridici. Il criterio determinante, stabilito dalla Corte per capire se un atto può essere impugnato, è quello che si ricollega al suo effetto giuridico, quindi esclusivamente atti che producono effetti giuridici possono essere impugnati, a prescindere dal nome (quindi deve essere fatto un lavoro interpretativo). A prescindere dalla elencazione dell’art. 263 TFUE, il criterio per la impugnazione è la produzione di effetti giuridici, è irrilevante la procedura. L’atto dunque può essere un atto legislativo, un atto delegato, un atto di esecuzione, una comunicazione che potrebbe produrre effetti giuridici. ATTORI che possono proporre il ricorso dinnanzi alla Corte di Giustizia art. 263 Paragrafo 2 TFUE: “..A tal fine, la Corte è competente a pronunciarsi sui ricorsi per incompetenza, violazione delle forme sostanziali, violazione dei trattati o di qualsiasi regola di diritto relativa alla loro applicazione, ovvero per sviamento di potere, proposti da uno Stato membro, dal Parlamento europeo, dal Consiglio o dalla Commissione. 97