Scarica riforma Cartabia per il diritto processuale civile utilizzato per la preparazione dell'esa e più Appunti in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! Riassunti di “Diritto processuale Civile” edizione 2024 Tratti da: - Compendio di Diritto Processuale Civile – Dike Giuridica - di Bruno Sassani e Roberta Tiscini; - Manuale Breve – Diritto processuale civile, D. Gramaglia, Giuffrè; - Del Giudice, Ipercompendio Diritto Processuale Civile, Start-UP, edizione Simone, revisionato dalla D.ssa G. Gianturco; - Banca dati giuridica de il Sole24ore; - Banca dati giuridica OneLEGALE; Ultimi aggiornamenti: - Decreto Legge 10/08/2023 n. 105: Modifiche per i procedimenti civili davanti al tribunale per i minorenni - D.Lgs. 10 Marzo 2023, n. 28, di modifica della disciplina delle class action - Riforma Cartabia 2023 Autori: Davide Tutino, Dottore di ricerca, Avvocato specialista Graziella Sangrigoli, Avvocato e Mediatore civile Capitolo 1 | L’attività giurisdizionale 1. La giurisdizione 2. Principi costituzionali dell’attività giurisdizionale 2.1 Il giusto processo 2.2 Il diritto di difesa 2.3 Il principio del contraddittorio 2.4 Il principio di parità delle parti 2.5 Il principio di imparzialità del giudice 2.6 L’obbligo di motivazione 3. La giurisdizione civile. 4. La giurisdizione comunitaria. 5. La perpetuatio iurisdictionis. 6. Il rilievo dell’eccezione di difetto di giurisdizione. Le novità della Riforma Cartabia. 7. Il regolamento di giurisdizione. 8. La translatio judicii tra giurisdizioni. Capitolo 2 | Il processo civile 1 1. I principi generali. 1.1 Il principio della domanda 1.2 L’interesse ad agire. 1.3 La legittimazione ad agire. 1.4 Il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato. 1.5 Il principio di legalità. 1.6 Il principio di disponibilità delle prove. 1.7. Il principio della libera valutazione delle prove. 1.8. Il principio della soccombenza. 1.9. Il principio di oralità 2. Le azioni. Capitolo 3 | La competenza 1. I criteri di competenza. La competenza per materia e valore. 2. La competenza per territorio. 3. La derogabilità delle regole di competenza. 4. I regolamenti di competenza e la riassunzione della causa. 5. Le modifiche della competenza per ragioni di connessione. 6. Astensione e ricusazione. 7. La litispendenza. 8. La continenza. 9. La connessione Capitolo 4 | Le parti e i difensori 1. Considerazioni generali 2. La capacità processuale 2.1 La rappresentanza del procuratore e dell’institore 2.2 Il curatore speciale 3. I difensori 4.1 La procura alle liti 4.2 I poteri del difensore 4.3 Revoca e rinuncia alla procura 4. I doveri della parti e dei difensori 5.1 La condanna alle spese 5.2 La compensazione delle spese 5.3 La responsabilità aggravata 5. La distrazione delle spese Capitolo 5 | Il Pubblico Ministero 1. Considerazioni generali 2. I casi di intervento del Pm 2.1 Casi di intervento obbligatorio 2 Capitolo 14 | La fase decisoria 1. Premessa 2. La rimessione in decisione. 3. La nuova udienza di cui all'art. 189 c.p.c. 4. Gli scritti conclusivi. 5. La pronuncia della sentenza. 6. Il tribunale in composizione monocratica e collegiale. 7. Il procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica. 8. I rapporti tra collegio e giudice monocratico. 9. I provvedimenti del collegio. Le ordinanze, 10. Sentenze definitive, non definitive, parziali e parzialmente definitive. 11. La sentenza di condanna generica. 12. La riserva di appello e di ricorso per cassazione 13. La provvisoria esecutività della sentenza di primo grado e l'inibitoria. 14. La correzione degli errori materiali della sentenza. Capitolo 15 | Gli eventi particolari del processo 1. Considerazioni generali 2. Sospensione del processo 3. L’interruzione 4. L’estinzione Capitolo 16 | La cosa giudicata Capitolo 17 | Le impugnazioni in generale 1. Considerazioni generali 2. I termini per l’impugnazione 3. L’acquiescenza 4. Il luogo di notificazione dell’impugnazione 5. Il regime del contraddittorio nelle impugnazioni 6. Le impugnazioni incidentali 7. Gli effetti della riforma o della cassazione 8. Impugnazioni in senso stretto e gravami. Capitolo 18 | L’appello 1. Introduzione. 2. Le sentenze appellabili ed il giudice d'appello. 3. La natura del giudizio di appello. Effetto devolutivo ed effetto sostitutivo. 4. Forma dell'appello principale ed incidentale. La costituzione dell'appellante e dell'appellato. 5 5. La riproposizione di domande ed eccezioni non accolte. 6. L'intervento in appello. 7. Il divieto di domande, eccezioni e prove nuove in appello. 8. Inammissibilità e manifesta infondatezza dell'appello 9. La trattazione e decisione 10. La rimessione della causa al primo giudice Capitolo 19 | Il ricorso per cassazione 1. La natura del giudizio di cassazione. 2. Le sentenze ricorribili per cassazione. 3. I motivi di ricorso per cassazione. 4. L'inammissibilità del ricorso ai sensi dell'art. 360bis c.p.c. 5. L'enunciazione del principio di diritto nell'interesse della legge. – 6. Il rinvio pregiudiziale. 7. Ricorso, controricorso e ricorso incidentale. 8. La sospensione dell'esecuzione della sentenza. 9. I procedimenti e le forme della decisione. Sezioni unite e sezioni semplici. 10. Procedimento in camera di consiglio ed in pubblica udienza. 11. Gli esiti del giudizio. Cassazione con rinvio e senza rinvio. 12. I rimedi avverso la sentenza di cassazione. 13. Il giudizio di rinvio. Capitolo 20 | La revocazione 1. Considerazioni generali 2. La revocazione ordinaria 3. La revocazione straordinaria 4. Il procedimento Capitolo 21 | L’opposizione di terzo 1. Considerazioni generali 2. L’opposizione di terzo ordinaria 3. L’opposizione di terzo revocatoria 4. Il procedimento Capitolo 22 | Il processo esecutivo 1. La tutela esecutiva e le sue diverse forme 2. Il titolo esecutivo 3. La forma del titolo esecutivo e la sua efficacia soggettiva 4. Gli atti preliminari all’esecuzione. La notificazione del titolo esecutivo e del precetto 5. La competenza del giudice dell’esecuzione, forma degli atti e poteri delle parti 6 Capitolo 23 | L’espropriazione forzata 1. Il pignoramento 2. Le singole modalità di pignoramento 3. Gli effetti del pignoramento 4. Le vicende oggettive e soggettive del pignoramento 5. L’intervento dei creditori 6. La vendita o l’assegnazione 7. Gli effetti della vendita e dell’assegnazione 8. La distribuzione del ricavato 9. Controversie in sede distributiva 10. L’espropriazione di beni indivisi 11. L’espropriazione contro il terzo proprietario Capitolo 24 | L’esecuzione in forma specifica 1. Considerazioni generali 2. L’esecuzione per consegna o rilascio 3. L’esecuzione forzata di obblighi di fare e di non fare 4. Le misure di coercizione indiretta Capitolo 25 | Le opposizioni 1. Considerazioni generali 2. L’opposizione all’esecuzione 3. L’opposizione agli atti esecutivi 4. L’opposizione di terzo Capitolo 26 | Sospensione ed estinzione del processo esecutivo 1. La sospensione del processo 2. L’estinzione del processo 3. Gli effetti dell’estinzione Capitolo 27 | I procedimenti cautelari 1. I procedimenti cautelari in generale 1.1 Il procedimento 1.2 Il reclamo 1.3 La revoca e modifica 1.4 L’inefficacia del provvedimento cautelare 2. I singoli provvedimenti cautelari 2.1 Il procedimento di sequestro 2.1.1 Il sequestro giudiziario. 2.1.2 Il sequestro conservativo 2.1.3 Il sequestro liberatorio. 3. I procedimenti di denuncia di nuova opera e di danno temuto 7 Il processo è giusto, quando si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti ad un giudice terzo ed imparziale. La legge, ne assicura altresì, la ragionevole durata. Il principio della ragionevole durata del processo, trova la sua fonte nell’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo che stabilisce: Ogni persona ha diritto ad un’equa e pubblica udienza, entro un termine ragionevole, davanti un tribunale indipendente ed imparziale costituito per legge. Il legislatore italiano, con la L. 89/2001, in ultimo modificata dalla L. 208/15, ha determinato il termine di ragionevole durata in : anni 3 per il primo grado anni 2 per il secondo grado anni 1 per il giudizio di legittimità. Il termine ragionevole è comunque rispettato se l’intero giudizio ha durata inferiore a 6 anni. L’articolo 2 della legge 89/2001 sancisce il principio secondo cui chi ha subito un danno patrimoniale o non patrimoniale per effetto di violazione della Convenzione, sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole durata del processo, ha diritto ad una equa riparazione, determinata dal giudice a norma dell'articolo 2056 del codice civile. In proposito, il Decreto del Ministero della Giustizia del 22 dicembre 2021 ha ridisegnato le modalità di inoltro della domanda di risarcimento, che avviene adesso solo con modalità telematiche attraverso la piattaforma https://pst.giustizia.it. Il creditore delle somme liquidate, anche a mezzo di incaricato, potrà accedere alla piattaforma informatica attraverso lo SPID, la carta nazionale dei servizi (CNS) ovvero attraverso altre modalità di autenticazione autorizzate dalla piattaforma informatica. 2.2 Il diritto di difesa L’art. 24 della Costituzione stabilisce che la difesa è un diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento e che tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. 2.3 Il principio del contraddittorio L’instaurazione del contraddittorio garantisce l’effettiva partecipazione delle parti al processo e si pone come presupposto imprescindibile del diritto di difesa. 2.4 Il principio di parità delle parti Le parti di un processo si pongono in una posizione di uguaglianza formale, in cui ciascuna di essa, può: esporre e far valere le proprie ragioni al giudice conoscere le ragioni dell’altra parte e poter replicare influire così, sull’esito del giudizio. 2.5 Il principio di imparzialità del giudice 10 Il processo deve svolgersi davanti ad un giudice terzo ed imparziale. Imparzialità, significa per il legislatore costituente, terzietà rispetto alle parti, ovvero equidistanza rispetto ai loro interessi. Il giudice infatti, è soggetto soltanto alla legge, è indipendente da ogni altro potere ed è precostituito per legge. 2.6 L’obbligo di motivazione L’art. 111 comma 6 della Costituzione, ha stabilito che tutti i provvedimenti giurisdizionali, devono essere motivati. Secondo la Suprema Corte di Cassazione (sent. 12203/2015), anche l’adozione del modello semplificato di decisione ex art. 281-sexies, non esonera il giudice dall’obbligo di fornire alle parti una motivazione che consenta di ricostruire i fatti di causa. 3. La giurisdizione civile. La giurisdizione civile è esercitata dai giudici ordinari secondo le norme del codice di procedura civile salvo speciali disposizioni di legge. Sono giudici ordinari : 1) il giudice di pace, 2) il pretore, oggi sostituito dal giudice unico 3) il tribunale ordinario 4) la Corte d’appello, 5) la Corte di cassazione. Sono, invece, giudici speciali, ad esempio, il Consiglio di Stato e la Corte dei conti. 4. La giurisdizione comunitaria. L’art. 267 TFUE, disciplina il c.d. rinvio pregiudiziale comunitario. Difatti, il giudice nazionale può o deve (a seconda dei casi) rinviare alla Corte di giustizia, le questioni di interpretazione del diritto comunitario, qualora siano rilevanti ai fini della decisione da adottare. Il giudice comunitario non deciderà la causa a lui demandata, ma provvederà ad eliminare qualunque dubbio sull’interpretazione e validità della norma comunitaria. Il giudice nazionale sarà vincolato a questa interpretazione. 5. La perpetuatio iurisdictionis. La giurisdizione e la competenza si determinano con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda. Dunque per tutta la durata del giudizio, la competenza e la giurisdizione restano affidate dal giudice nel momento in cui la domanda è proposta. 11 Il momento di proposizione della domanda si individua: 1- nel processo ordinario di cognizione quando la domanda viene portata a conoscenza della controparte con la notificazione dell’atto introduttivo; 2- nel processo esecutivo dalla notificazione del pignoramento; 3- nei procedimenti che si introducono con ricorso con il deposito del ricorso. Per il principio della perpetuatio iurisdictionis, il processo continua davanti al giudice adito : sia nel caso in cui questi cessi di essere competente per il sopravvenuto mutamento dello stato di fatto o della legge sia nel caso in cui sia divenuto successivamente competente 6. Il rilievo dell’eccezione di difetto di giurisdizione. Le novità della Riforma Cartabia L'esistenza di qualsiasi vizio attinente al processo è "denunciabile" mediante la proposizione di una eccezione. Invero, l’attività di rilievo di una eccezione, non riguarda solo questioni relative al processo, ma anche quesiti di merito, relative all’oggetto della causa. La riforma Cartabia del 2023, ha apportato modifiche al regime del rilievo del difetto di giurisdizione, tenendo conto del tipo di conflitto in questione. A partire dal 28 febbraio 2023, sono state introdotte le seguenti disposizioni: 1) Il difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti della pubblica amministrazione viene rilevato, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del processo. Ciò significa che il difetto di giurisdizione può essere sollevato da chiunque, incluso il giudice stesso, durante tutte le fasi del procedimento. 2) Il difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti del giudice amministrativo o dei giudici speciali viene rilevato anche d'ufficio entro il giudizio di primo grado. o Nei giudizi di impugnazione, il difetto di giurisdizione può essere rilevato solo se è oggetto di un motivo specifico. L’attore, tuttavia, ai sensi del novellato art. 37 c.p.c., non può impugnare la sentenza per denunciare il difetto di giurisdizione del giudice da lui adito, in quanto avrebbe dovuto farlo entro il giudizio di primo grado. La sentenza di primo grado, dunque, implica una decisione implicita sulla giurisdizione (c.d. giudicato implicito). 3) Il difetto di giurisdizione nei confronti dei giudici stranieri può essere sollevato, in qualunque stato e grado, solo dal convenuto costituito che non abbia accettato esplicitamente o implicitamente la giurisdizione italiana (art. 11, L. 218/1995). 7. Il regolamento di giurisdizione. Nel processo civile, l'eccezione di giurisdizione e il regolamento di giurisdizione sono due strumenti diversi utilizzati per affrontare le questioni relative alla giurisdizione del tribunale nel quale viene svolto il processo. 12 sarebbe vincolante per tutti i giudici del sistema giudiziario italiano e risolverebbe definitivamente la questione di giurisdizione. Capitolo 2 | Il processo civile 1. I principi generali. 1.1 Il principio della domanda Ai sensi dell’art. 99 cpc chi vuol far valere un diritto in giudizio deve proporre domanda al giudice competente. Il principio della domanda è sancito anche nell’art 2907 del codice civile il quale dispone che alla tutela giurisdizionale dei diritti provvede l’autorità giudiziaria su: a) domanda di parte b) istanza del pubblico ministero o d’ufficio, quando lo prevede la legge. Il principio della domanda è pertanto espressione del potere della parte di disporre o di rinunciare alla tutela giurisdizionale. La domanda della parte ha effetti sostanziali, conservativi e attributivi, poiché intendono far conseguire all’attore vittorioso le stesse utilità che avrebbe conseguito ove il diritto fosse stato soddisfatto al momento stesso della domanda. La proposizione della domanda determina inoltre dal punto di vista processuale: la pendenza del processo, la competenza, la giurisdizione. Il principio della domanda si manifesta in giudizio nella cosiddetta corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato. 1.2 L’interesse ad agire. Per proporre una domanda o per contraddire alla stessa è necessario avervi interesse. L’interesse ad agire è, pertanto, una condizione dell’azione. La carenza di interesse è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo e trattasi di questione pregiudiziale al merito. 1.3 La legittimazione ad agire. La legittimazione attiva e passiva: è la titolarità del potere e del dovere di promuovere o subire un giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto in causa. o Il principio trova le sue radici nell’art. 24 Cost. secondo il quale “tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti”. 15 la legittimazione straordinaria o sostituzione processuale: in determinati casi, espressamente previsti, è consentito far valere in nome proprio i diritti altrui o non esclusivamente propri cd. legittimazione straordinaria o sostituzione processuale. o La legittimazione straordinaria trova il suo fondamento nell’art 81 Cost. Esempio di legittimazione straordinaria potere riconosciuto al creditore di esercitare azione surrogatoria. 1.4 Il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato. L’art. 112 cpc fissa il principio tra chiesto e pronunciato e sancisce che: “il giudice deve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa e non può pronunciare d’ufficio su eccezioni che possono essere proposte soltanto dalle parti”. Dall’esame della superiore norma si evince che: 1. Il giudice deve pronunciare sul merito piuttosto che su questioni processuali; 2. Il giudice non può pronunciare ultrapetitum o extrapetitum; 3. Il giudice può rilevare d’ufficio le eccezioni che non sono riservate all’iniziativa delle parti. Inoltre: a) Il giudice può interpretare la domanda al fine di valutare la reale volontà della parte, b) Il giudice ha il dovere di pronunciare nei limiti della domanda proposta intesa in senso sostanziale. Quando il giudice non si attiene alla domanda può aversi ultrapetizione o extrapetizione. sussiste ultrapetizione quando il giudice pronunci più di quanto gli sia stato chiesto oppure ometta di pronunciare su una domanda proposta; sussiste extrapetizione quando il giudice pronunci un provvedimento diverso da quello richiesto ad esempio una sentenza costitutiva anziché di accertamento. Le eccezioni processuali Le eccezioni processuali si distinguono in: 1. Eccezioni in senso lato: quando l'eccezione è rilevabile d'ufficio dal giudice; 2. Eccezioni in senso stretto: quando l'eccezione può essere solamente proposta dalla parte; 3. Eccezioni processuali o di rito: sono lo strumento attraverso il quale si contesta la validità di un atto processuale e si costringe il giudice a pronunciarsi sulla stessa; 4. Eccezioni di merito o sostanziali: sono allegazioni dei fatti impeditivi, modificativi o estintivi del diritto soggettivo dedotto in giudizio dall'attore; Esempi: 16 a) Sono considerate eccezioni processuali in senso stretto l’incompetenza territoriale semplice, la nullità della citazione per inosservanza dei termini minimi a comparire, etc.; b) Sono considerate eccezioni di merito in senso stretto quelle di prescrizione, di decadenza, di estinzione del diritto per rinuncia, di compensazione, etc. 1.5 Il principio di legalità. Secondo il principio di legalità il giudice quando decide una controversia è tenuto a rispettare la norma positiva, generale e astratta. Il principio deve essere applicato con riferimento al momento della pronuncia e non della domanda. Giudizio secondo equità: Il giudizio secondo equità è una deroga al generale principio della decisione secondo diritto. Il potere di decidere secondo equità si fonda su una mitigazione o un temperamento del diritto positivo giustificati dalla peculiarità della fattispecie. Il giudizio di equità è consentito al giudice nelle ipotesi espressamente previste dalla legge. Così ad esempio, ex art 113 cpc, il Giudice di Pace decide secondo equità le cause il cui valore non eccede € 1.100,00, salvo quelle derivanti da rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalità di cui all' articolo 1342 del codice civile. A partire dal 31/10/2021, giusto disposto del D.lgs n. 116/2017, la soglia di valore in cui il Giudice di Pace potrà decidere secondo equità sarà elevata ad € 2.500,00. 1.6 Il principio di disponibilità delle prove. Salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre, a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero, nonché i fatti non specificamente contestati dalla parte costituita. Il principio della disponibilità della prova sancisce (cd. principio dispositivo) che: Il giudice non ha potere inquisitorio tranne nei casi in cui è la legge stessa a prevederlo, le parti processuali sono i soggetti che devono offrire i mezzi di prova al giudice. Deroghe al principio: il principio di disponibilità delle prove è derogato: dal potere del giudice di disporre d’ufficio l’interrogatorio non formale delle parti dall’ordine di ispezione del giudice dal potere del giudice di disporre la consulenza tecnica dalla richiesta d’ufficio di informazioni alla Pubblica Amministrazione Si considerano pacifici e, pertanto non necessitano di prova, i fatti allegati da una parte quando non sono contestati in modo specifico dall’altra parte costituita. Nozioni di fatto: sono i c.d. fatti notori cioè quei fatti conosciuti dal giudice e dalle parti che possono essere utilizzati a prescindere dall’accertamento in sede istruttoria. 17 natura della causa, potrebbe essere necessario rivalutare la competenza del giudice. In questo caso, potrebbe essere richiesta una nuova valutazione della competenza in base alle regole stabilite al momento della nuova presentazione della domanda o dei nuovi elementi introdotti. L’art. 7 del c.p.c. stabilisce tre criteri principali per determinare la competenza del giudice civile: materia, valore e territorio. 1) Il criterio della materia si riferisce all'oggetto della controversia e al rapporto giuridico che viene dedotto in giudizio. In base a questo criterio, la competenza viene assegnata a un giudice specializzato nella specifica materia oggetto della controversia. 2) Il criterio del valore riguarda la distribuzione delle cause tra i giudici in base al valore economico della lite. 3) Il criterio del territorio , individua la competenza in base alla sede geografica della controversia. Ciò significa che la causa deve essere presentata davanti al giudice competente per l'area geografica in cui si è verificato il fatto controverso o in cui risiedono le parti coinvolte. I primi due criteri (materia e valore) descrivono la competenza in senso verticale, distribuendo il potere giurisdizionale tra organi giudiziari di diverso grado. Il terzo criterio, relativo al territorio, definisce la competenza in senso orizzontale, consentendo la distribuzione delle controversie sul territorio nazionale. Ciò significa che una controversia deve essere presentata davanti al giudice competente nella circoscrizione geografica in cui si trova la sede del tribunale o il luogo in cui si è verificato il fatto controverso. Il criterio di competenza per valore nel sistema giudiziario civile, assume un ruolo residuale rispetto al criterio di competenza per materia. In sostanza, quando la legge non specifica la competenza in base alla materia, si applica il criterio del valore. Ad esempio: o per le controversie relative a beni immobili, la competenza spetta al tribunale; o per le controversie disciplinate dai numeri 1-3 dell'articolo 7 del Codice di Procedura Civile, indipendentemente dal valore della causa, è competente il giudice di pace. Il criterio di competenza per materia attribuisce invece, alla Corte d'Appello, un potere giurisdizionale in unico grado. Ciò significa che alcune materie sono riservate alla competenza esclusiva della Corte d'Appello, senza la possibilità di essere trattate da altri organi giudiziari di grado inferiore. È importante notare che la Riforma Cartabia del 2023, ha modificato l'articolo 7, comma 1 del CPC, ampliando la competenza per valore del giudice di pace nelle cause relative a beni mobili. Il limite di valore per la competenza del giudice di pace è stato aumentato a 10.000,00 euro. In alcuni casi, il criterio di competenza per materia può essere affiancato al criterio di competenza per valore. Ciò significa che, per determinare il giudice competente, è necessario considerare entrambi gli elementi, ma con un limite massimo di valore specificato dalla legge. 20 Ad esempio, l'articolo 7, comma 2 del Codice di Procedura Civile, così come modificato dal Decreto Legislativo 149/2022 (Riforma Cartabia), stabilisce che il giudice di pace è competente per le cause di risarcimento del danno causato dalla circolazione di veicoli e natanti, ma solo se il valore della causa non supera il limite di 25.000,00 euro. Il valore della causa è determinante per individuare il giudice competente e viene stabilito in base alla richiesta dell'attore senza alcuna preliminare verifica sulla sua fondatezza. Nel caso in cui nello stesso processo, dalla stessa parte e contro una sola controparte vengano presentate più domande, i loro valori vengono sommati insieme, e gli interessi scaduti, le spese e i danni anteriori alla presentazione della domanda vengono sommati al capitale (articolo 10 del Codice di Procedura Civile). Per le cause relative a somme di denaro o a beni mobili, il valore viene determinato in base all'importo indicato o al valore dichiarato dall'attore. In mancanza di indicazioni o dichiarazioni, si presume che la causa sia di competenza del giudice adito (articolo 14, comma 1, c.p.c.). Tuttavia, il convenuto ha la possibilità di contestare il valore indicato o presunto solo nella sua prima difesa, e in tal caso il giudice decide esclusivamente ai fini della competenza, basandosi su quanto risulta dagli atti senza ulteriori approfondimenti (articolo 14, comma 2, c.p.c.). Se il convenuto non contesta il valore indicato o presunto, esso rimane fissato per l'intero procedimento, inclusi gli aspetti di merito, entro i limiti della competenza del giudice adito (articolo 14, comma 3, c.p.c.). Per le cause relative a somme di denaro, se l'attore indica il valore nella domanda e il convenuto non contesta tale indicazione ai fini della competenza nella sua prima difesa, il valore rimane invariato. Tuttavia, è possibile che alla fine del processo il giudice verifichi una diversa quantificazione della somma o respinga completamente la richiesta, poiché non è possibile stabilire una quantificazione precisa della somma. Questo influisce solo sul merito della causa e non sulla competenza del giudice. Nelle cause relative a beni mobili, il valore determinato ha rilevanza solamente per la competenza e non per il merito. - Se il convenuto contesta il valore del bene nella sua prima difesa, il giudice deve tenerne conto per stabilire la competenza. - Se, invece, non viene contestato, la questione del valore non sarà più esaminata poiché non ha alcuna importanza per il merito della causa. Per le cause relative a beni immobili, l'articolo 15 del Codice di Procedura Civile fornisce un criterio basato sul valore catastale dell'immobile per determinare il valore della causa. Tuttavia, attualmente questa disposizione ha scarso significato poiché la competenza sui diritti reali relativi a beni immobili spetta esclusivamente al tribunale, mentre il giudice di pace ha competenza solo per i beni mobili (articolo 7 c.p.c.). Il codice di procedura civile fornisce anche criteri diversi per determinare il valore in controversie con oggetti specifici: 21 - Per le cause relative a quote di obbligazione, il valore della causa è determinato dall'intera obbligazione. - Per le cause relative all'esistenza, validità e risoluzione di un rapporto obbligatorio, il valore si determina in base alla parte del rapporto oggetto di contestazione. - Per le cause di divisione, il valore si determina dalla massa attiva da dividere. - Per le cause relative a prestazioni alimentari, se il titolo è oggetto di contestazione, il valore si determina in base all'importo dovuto per due anni (articolo 13, comma 1, c.p.c.) - Per le cause relative a rendite perpetue, il valore si determina sommando venti annualità. - Per le cause relative a rendite temporanee o vitalizie, si sommano le annualità richieste fino a un massimo di dieci. - Per le cause relative all'esecuzione forzata, è necessario fare una distinzione: o per le opposizioni all'esecuzione, il valore si determina in base al credito oggetto dell'esecuzione; o per le opposizioni di terzi, il valore si determina in base al valore dei beni oggetto di contestazione; o per le controversie sorte durante la distribuzione, il valore si determina in base al credito contestato di maggior importo. 2. La competenza per territorio. Per determinare il giudice territorialmente competente, vengono utilizzati due fori c.d. generali, uno per le persone fisiche e uno per le persone giuridiche. Per le persone fisiche, il giudice competente è di solito il tribunale del luogo in cui il convenuto ha la residenza o il domicilio. Se questi dati non sono noti, si considera competente il tribunale del luogo in cui il convenuto ha la dimora. In via residuale, se nessuno di questi criteri si applica, il giudice competente è quello del luogo in cui risiede l'attore. Per le persone giuridiche, il giudice competente è quello del luogo in cui la persona giuridica ha la sede o uno stabilimento, e ha un rappresentante autorizzato a stare in giudizio per l'oggetto della domanda. Oltre ai fori generali, esistono anche altri fori speciali che si applicano a determinate controversie. All'interno di questi fori speciali, vi sono i fori facoltativi e i fori esclusivi. I fori facoltativi sono quelli in cui il foro speciale, pensato per il tipo di controversia, concorre con il foro generale (previsto dagli articoli 18 e 19 del Codice di Procedura Civile). Ad esempio, per le cause relative a diritti di obbligazione, oltre ai fori generali, la competenza può essere determinata anche in base al luogo in cui è sorta o deve eseguirsi l'obbligazione (articolo 20 c.p.c.). I fori esclusivi, invece, derogano in modo esclusivo ai fori generali, senza ammettere alternative. 22 questione di competenza (articolo 43, comma 1, c.p.c.), mantenendo comunque la possibilità di sollevare nuovamente la questione con l'impugnazione ordinaria. Quando l'istanza di regolamento è presentata prima dell'impugnazione ordinaria, i termini per l'impugnazione riprendono dalla comunicazione dell'ordinanza di regolamento. Se l'istanza di regolamento, è invece presentata successivamente, il procedimento di impugnazione viene sospeso (articolo 43, ultimo comma, c.p.c.). Il regolamento è considerato "necessario" quando non ammette alternative: o sia per pronunciarsi sulla litispendenza e continenza, connessione, o sia per dichiarare la sospensione dei processi in base all'articolo 295 c.p.c. (sospensione propria). Una volta dichiarata l'incompetenza del giudice adito, la causa deve essere riassunta davanti al giudice competente, su richiesta di una delle parti, entro il termine stabilito nell'ordinanza di incompetenza o entro tre mesi dalla comunicazione dell'ordinanza stessa (articolo 50 c.p.c.). Il processo continua davanti al nuovo giudice, ma se la riassunzione non avviene entro i termini indicati, il processo si estingue. Una volta riassunta la causa, ci sono due ipotesi a seconda che l'incompetenza sia dichiarata per ragioni di valore o territorio derogabile, o per ragioni di materia o territorio inderogabile. Nell'ipotesi di valore o territorio derogabile, la competenza del nuovo giudice diventa "incontestabile" e non può essere ulteriormente contestata (articolo 44 c.p.c.). Nell'ipotesi di materia o territorio inderogabile, una volta riassunta la causa davanti al giudice competente, se quest'ultimo ritiene di essere a sua volta incompetente, può richiedere d'ufficio il regolamento di competenza. Questo è chiamato conflitto di competenza e viene sottoposto alla Corte di cassazione tramite il regolamento di competenza d'ufficio. La Corte di cassazione, decide sul conflitto di competenza. In questo caso, cioè se il nuovo giudice si ritiene incompetente, viene definito “conflitto negativo”. Il conflitto positivo di competenza, invece, si verifica in materia fallimentare quando più tribunali dichiarano il fallimento. In questo caso, il procedimento prosegue davanti al tribunale che si è dichiarato per primo, mentre il tribunale adito successivamente può proporre il regolamento di competenza d'ufficio ai sensi dell'articolo 45 del codice di procedura civile. L'istanza di regolamento di competenza deve essere presentata tramite lo strumento del ricorso secondo le forme dell'articolo 47 del codice di procedura civile. Il ricorso, firmato dal procuratore o dalla parte se costituita personalmente, deve essere notificato alle altre parti entro trenta giorni dalla comunicazione dell'ordinanza che ha deciso sulla competenza o dalla notifica dell'impugnazione ordinaria se si tratta di regolamento facoltativo ai sensi dell'articolo 43, comma 2, c.p.c. 25 Secondo l'articolo 375 c.p.c., salvo casi eccezionali in cui la questione di diritto è di particolare importanza e richiede una decisione in pubblica udienza, la Corte di cassazione decide sull'istanza di regolamento di competenza con un'ordinanza pronunciata in camera di consiglio. Con questa ordinanza, la Corte adotta i provvedimenti necessari per la prosecuzione del processo davanti al giudice competente e fissa termini per le parti affinché provvedano alla loro difesa (articolo 49 c.pc.). Il rito camerale per la decisione delle istanze di regolamento di competenza è disciplinato dall'articolo 381-bis.1 c.p.c. con richiamo all'articolo 380 ter c.p.c. riformato dal D.Lgs. 149/2022 (Riforma Cartabia 2023). I processi per i quali è richiesto il regolamento di competenza sono sospesi dal momento in cui viene presentata l'istanza o dalla pronuncia che richiede il regolamento di competenza d'ufficio, ma il giudice può ordinare l'esecuzione degli atti urgenti (articolo 48, comma 2, c.p.c.). Il regolamento di competenza, sia necessario che facoltativo, non può essere utilizzato nei procedimenti davanti al giudice di pace. Tuttavia, il giudice di pace, secondo la giurisprudenza, può richiedere il regolamento di competenza d'ufficio. 5. Le modifiche della competenza per ragioni di connessione. La Sezione IV del Capo I del Libro I del codice di procedura civile disciplina le " modificazioni della competenza per ragioni di connessione". Si tratta di ipotesi in cui gli ordinari criteri di competenza sono derogati per favorire la trattazione congiunta di più cause legate tra loro, in cui tra esse, vi siano più o meno stretti vincoli di connessione. Tali disposizioni sono importanti per la competenza e delineano i legami tra le domande proposte allo stesso giudice, realizzando così il processo oggettivamente cumulato. I problemi di competenza erano più rilevanti quando la competenza verticale era distribuita tra giudice di pace, pretore e tribunale. Con la soppressione delle preture (L. 51/1998), le questioni di competenza si sono ridotte. La regola generale stabilisce quando vi è connessione tra una causa di competenza del giudice di pace e una di competenza del tribunale, prevale sempre la competenza del tribunale, che attrae l'altra causa. L'articolo 31 c.p.c. disciplina l'accessorietà, ovvero nel caso in cui la domanda "principale" venga affiancata da una domanda "accessoria". La domanda accessoria può essere presentata al giudice competente per la domanda principale, purché si rispettino i limiti di competenza per valore stabiliti dall'articolo 10 del c.p.c. 26 È consentita la modifica della competenza territoriale per la domanda accessoria, ma non è ammessa la modifica della competenza per valore o materia. L'articolo 32 c.p.c. tratta le cause di garanzia, che possono essere distinte in garanzia propria e garanzia impropria. La garanzia propria si verifica quando, per disposizione di legge o per un contratto, un soggetto è obbligato a tutelare un altro soggetto dalle conseguenze di un determinato evento. La garanzia impropria, invece, non deriva dalla legge o dal contratto, ma da una particolare situazione di fatto che collega il garante al garantito (ad esempio, nelle vendite a catena). All'interno della garanzia propria si distinguono due tipi: 1) la garanzia formale, che impone al garante non solo di tutelare il garantito sul piano sostanziale, ma anche di difenderlo in sede processuale, e 2) la garanzia semplice, in cui l'obbligo riguarda solo il piano sostanziale e non la difesa processuale. L’art. 32 c.p.c. consente che la domanda di garanzia sia presentata al giudice della causa principale affinché venga decisa nello stesso processo. Tuttavia, se la causa di garanzia supera la competenza per valore del giudice adito, quest'ultimo rimetterà entrambe le cause al giudice superiore, affinché siano entrambe decise in un unico processo, assegnando alle parti un termine perentorio per la riassunzione. L'articolo 33 c.p.c. disciplina il "cumulo soggettivo", che si verifica quando una parte propone più cause contro più persone. In base agli articoli 18 e 19 c.p.c., tali cause dovrebbero essere proposte davanti a giudici diversi. Tuttavia, se le cause sono connesse per oggetto o per titolo, è possibile presentarle davanti al giudice competente per il luogo di residenza o domicilio di uno dei convenuti, al fine di essere decise nello stesso processo. In questo caso, lo spostamento di competenza è consentito solo per quanto riguarda la competenza territoriale, e secondo la giurisprudenza, i criteri degli articoli 18 e 19 c.p.c. possono essere derogati. L'articolo 34 c.p.c., invece, disciplina gli accertamenti incidentali nel contesto della connessione per pregiudizialità o dipendenza tra cause. Gli accertamenti incidentali sono strumenti processuali che consentono al giudice di decidere questioni pregiudiziali che sorgono all'interno di un processo già in corso, con efficacia di giudicato. Una questione pregiudiziale è una questione che deve essere risolta "pregiudizialmente" rispetto alla questione principale del processo. In pratica, è una questione che deve essere decisa prima della questione principale, poiché la sua soluzione influisce direttamente su quest'ultima. 27 L'astensione si verifica quando il giudice decide di non intervenire nel caso in presenza di ragioni di incompatibilità. Questa astensione può essere obbligatoria o facoltativa, a seconda delle disposizioni previste dall'articolo 51 del codice di procedura civile. L'astensione obbligatoria si applica in situazioni specificamente elencate nell'articolo 51, comma 1, del codice di procedura civile, anche se queste disposizioni possono essere interpretate in modo flessibile e talvolta estensivo. In particolare, il giudice ha l'obbligo di astenersi in determinate circostanze. Queste includono: 1) Se ha un interesse personale nella causa; 2) Se lui stesso o il suo coniuge sono parenti fino al quarto grado o hanno legami di affiliazione, convivenza o frequentazione abituale con una delle parti o con uno dei difensori; 3) Se lui stesso o il suo coniuge hanno una causa pendente, un conflitto personale grave, o rapporti di credito o debito con una delle parti o con uno dei difensori; 4) Se ha fornito consulenza legale o assistenza come testimone nella causa, o ha avuto coinvolgimento come magistrato in un'altra fase del processo, come arbitro o come consulente tecnico. a. Questa circostanza è stata riconosciuta come una situazione che attribuisce rilevanza costituzionale al principio dell'imparzialità del giudice; 5) Se è tutore, curatore, procuratore, agente o datore di lavoro di una delle parti. L'astensione facoltativa, invece, può avvenire per gravi ragioni di convenienza. In quest'ultimo caso, il giudice può richiedere l'autorizzazione al capo dell'ufficio per astenersi. L'articolo 52, comma 1, del codice di procedura civile disciplina, invece, il procedimento di ricusazione. Secondo questa disposizione, la ricusazione si verifica quando le parti coinvolte nel processo richiedono la sostituzione del giudice designato. Il comma 1 dell'articolo 52 dispone che la ricusazione si avvia mediante un ricorso, il quale deve contenere "i motivi specifici ed i mezzi di prova". Ciò significa che il ricorso presentato dalle parti deve chiaramente indicare le ragioni specifiche per cui viene richiesta la sostituzione del giudice e deve essere supportato da mezzi di prova idonei a sostenere tali ragioni. Il ricorso di ricusazione deve essere depositato presso la cancelleria del tribunale o del giudice competente due giorni prima dell'udienza. Questo termine può variare se al ricorrente è noto il nome dei giudici che sono chiamati a trattare o decidere la causa. Nel caso in cui il ricorrente non conosca i nomi dei giudici, il ricorso deve essere depositato prima dell'inizio della trattazione o discussione del caso. Il procedimento di ricusazione sospende il processo in corso, poiché la richiesta di sostituzione del giudice influisce direttamente sulla regolarità del procedimento stesso. 30 La decisione sulla ricusazione avviene mediante un'ordinanza che sarà emessa dal giudice competente a decidere sulla ricusazione. Se il giudice di pace viene ricusato, la decisione spetta al presidente del tribunale. Se uno dei membri del tribunale o della corte d'appello viene ricusato, la competenza è del collegio. Questa ordinanza non è impugnabile, né ricorribile per cassazione. Se il ricorso viene accolto, l'ordinanza stabilirà la sostituzione del giudice. In caso di dichiarazione di inammissibilità dell'istanza, l'ordinanza può anche prevedere la liquidazione delle spese sostenute nel procedimento di ricusazione e imporre una pena pecuniaria alla parte che ha presentato il ricorso, se ritenuta appropriata. 7. La litispendenza. La litispendenza ha due significati distinti ma correlati. 1) indica la pendenza del processo e la sua attualità. Questo implica che, a partire dalla presentazione della domanda giudiziale, il processo produce determinati effetti sia sul diritto controverso sia sul processo stesso (i c.d. effetti sostanziali e processuali della domanda). 2) la litispendenza descrive la situazione in cui la stessa causa è pendente davanti a giudici diversi. Focalizzandoci sulla seconda accezione, l'articolo 39 del codice di procedura civile, stabilisce che se la stessa causa viene proposta davanti a giudici diversi, il giudice successivamente adito, a qualsiasi stato e grado del processo, deve dichiarare la litispendenza con un'ordinanza e disporre la cancellazione della causa dal ruolo. Pertanto, affinché si possa parlare di litispendenza ai sensi dell'articolo 39, è necessario che la "stessa causa" (o due cause identiche) sia pendente davanti a giudici diversi. L'identità delle cause implica la corrispondenza tra le parti coinvolte, l'oggetto della controversia (petitum) e il fondamento della domanda (causa petendi). L'articolo 39 del codice di procedura civile, richiede che la stessa causa sia pendente davanti a giudici diversi, intendendo con ciò, due diversi uffici giudiziari. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno chiarito che la disciplina dell'articolo 39 si applica anche se la causa pende davanti a giudici di grado diverso , superando un precedente contrasto (Cass. S.U. 27846/2013). Tuttavia, se più procedimenti sono pendenti davanti allo stesso ufficio giudiziario, si applica l'articolo 273 del codice di procedura civile, che prevede l'obbligo del giudice di disporre la riunione dei procedimenti. Nel caso in cui siano presenti i presupposti dell'articolo 39, e cioè la pendenza della stessa causa davanti a giudici diversi, il giudice successivamente adito, in qualsiasi stato e grado del processo, deve dichiarare con un'ordinanza la litispendenza e ordinare la cancellazione della causa dal ruolo. Questa ordinanza è impugnabile solo tramite regolamento di competenza "necessario" ai sensi dell'articolo 42 del codice di procedura civile. 31 Per determinare quale sia il giudice preventivamente adito e quello successivamente adito: - nei processi avviati mediante citazione si fa riferimento alla notificazione della citazione, mentre - nei processi avviati mediante ricorso si fa riferimento al suo deposito in cancelleria. L'obiettivo della norma sulla litispendenza, dunque, è quello evitare la duplicazione di procedimenti giudiziari e assicurare l'efficienza e l'unità decisionale del sistema giurisdizionale. La dichiarazione di litispendenza impedisce che più giudici si pronuncino sulla stessa causa, garantendo la concentrazione del processo presso un unico tribunale competente. 8. La continenza. La continenza è quella situazione in cui due cause sono pendenti contemporaneamente davanti a giudici diversi, coinvolgendo le stesse parti ma presentando alcuni elementi in comune e differenze che impediscono di considerarle identiche. Perché si possa parlare di continenza, è necessario che le cause presentino una coincidenza parziale nell'oggetto e nel titolo. Ciò significa che vi sono questioni sollevate in una causa che costituiscono il presupposto logico giuridico necessario per definire l'altra causa o che sono in tutto o in parte comuni alla decisione di entrambe. Le domande nelle due cause devono avere origine dallo stesso rapporto negoziale e risultare interdipendenti o contrapposte, in modo che la soluzione di una causa influisca sull'altra. Si distinguono due tipi di continenza: 1) la continenza in senso stretto e 2) la continenza per specularità. La continenza in senso stretto si verifica quando due cause hanno identità di soggetti e di causa petendi, ma presentano una differenza quantitativa nel petitum, ossia nell'entità della richiesta avanzata. La continenza per specularità si verifica quando le questioni sollevate in una causa sono logicamente necessarie per definire l'altra causa, oppure sono in tutto o in parte comuni alla decisione di entrambe. La finalità della continenza è evitare decisioni contrastanti e incoerenti su questioni strettamente connesse tra loro, garantendo una giustizia uniforme e coerente. Quando si riscontra la continenza tra due cause, il giudice competente deve dichiararla attraverso un'ordinanza, in cui stabilisce che le due cause pendenti contemporaneamente davanti a giudici diversi sono effettivamente collegate da una relazione di continenza. - Se il giudice preventivamente adito è competente anche per la seconda causa successivamente proposta, spetta a lui dichiarare la continenza e fissare un termine 32 Qualora, invece, le cause connesse siano già pendenti rispettivamente davanti al giudice di pace e davanti al tribunale, il giudice di pace ha l'obbligo di dichiarare anche d'ufficio la connessione a favore del tribunale, come stabilito dal comma 7 dell'articolo 40 c.p.c. Capitolo 4 | Le parti e i difensori 1. Considerazioni generali Il termine “parte” non ha una definizione univoca, tuttavia la concezione dottrinale più in uso, distingue e definisce: Parte in senso formale chi compie gli atti del processo; Parte in senso processuale in stretta correlazione con l’aspetto processuale della capacità giuridica; Parte in senso sostanziale il destinatario degli effetti del processo 2. La capacità processuale Ai sensi dell’art. 75 sono capaci di stare in giudizio le persone che hanno il libero esercizio dei diritti che vi si fanno valere. Le persone che non hanno il libero esercizio dei diritti non possono stare in giudizio se non rappresentate, assistite o autorizzare secondo le norme che regolano la loro capacità. La norma è strettamente correlata con i concetti: Di capacità giuridica: l’idoneità a divenire titolari di diritti e di doveri. E’ attribuita dal legislatore, alle persone fisiche, per il solo fatto della nascita. Di capacità di agire: l’idoneità a compiere validamente atti giuridici al fine di acquisire ed esercitare diritti o di assumere e adempiere gli obblighi. La capacità processuale sussiste in capo a chiunque abbia il libero esercizio dei diritti che si fanno valere nel processo comprende il concetto di capacità giuridica, mentre non sempre coincide con la capacità di agire. L’incapacità legale dà luogo all’incapacità processuale. L’incapace naturale conserva la piena capacità processuale fino a quando non sia stato dichiarato interdetto o inabilitato. Il difetto di legittimazione processuale comporta la nullità degli atti compiuti ed è rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio Il difetto di legittimazione processuale è sanato: a) se manca la contestazione di controparte; b) se si costituisce il rappresentante legale; c) se viene successivamente meno lo stato di incapacità Capacità di stare in giudizio delle persone giuridiche 35 Le persone giuridiche stanno in giudizio sempre mediante coloro che hanno il potere di rappresentarle. Le società: il potere di rappresentanza è attribuito agli amministratori dallo statuto. Quando la società viene cancellata dal registro delle imprese il rappresentante della stessa perde la capacità processuale. Persone giuridiche pubbliche: stanno in giudizio a mezzo dell’Avvocatura dello Stato cui è attribuita la rappresentanza processuale delle amministrazioni statali. per gli enti privi di personalità giuridica: possono stare in giudizio mediante i presidenti e i direttori. Le società di persone: agiscono sul piano processuale attraverso i loro organi. 2.1 La rappresentanza del procuratore e dell’institore Il procuratore generale e quello preposto a determinati affari possono stare in giudizio e rappresentare il proponente solamente se il potere è stato loro conferito espressamente per iscritto. La giurisprudenza ha avuto modo di precisare che colui il quale non ha il potere di disporre del diritto, non può essere investito di poteri di rappresentanza processuale; Il difetto di legittimazione processuale è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo, ma può essere sanato con la ratifica da parte del preponente. 2.2 Il curatore speciale Il curatore speciale può essere nominato a) all’incapace, b) alla persona giuridica o c) all’associazione non riconosciuta che lo rappresenti o assista nelle ipotesi di: 1. conflitto di interessi con il rappresentante 2. Mancanza del rappresentante o di chi presta l’assistenza e vi sono ragioni di urgenza. La nomina è limitata a tutto il periodo di durata della situazione straordinaria fintantoché non venga meno la situazione stessa e quindi subentri la persona a cui spetta la rappresentanza. In questo periodo il curatore è legittimato al compimento di ogni atto e non solo per quelli urgenti. La nomina può essere richiesta con istanza al giudice di pace o al presidente dell’ufficio giudiziario davanti al quale si intende proporre la causa da: a) pubblico ministero ; b) persona che deve essere rappresentata o assistita; c) prossimi congiunti; 36 d) rappresentante in caso di conflitto di interessi; e) qualunque parte in causa che ne abbia l’interesse. La riforma Cartabia del 2023, ha introdotto l’art. 473 bis.8 e dunque la possibilità per il giudice, di nominare anche d’ufficio, un curatore speciale per il minore in situazioni in cui i genitori risultino temporaneamente inadeguati a rappresentare i suoi interessi, per gravi motivi. Questa situazione si verifica di solito nei procedimenti in cui vi è un alto livello di conflittualità tra i genitori, che li rende entrambi incapaci di rappresentare adeguatamente il minore. La nomina del curatore speciale del minore viene effettuata con l'obiettivo di garantire una rappresentanza legale adeguata e tutelare gli interessi del minore nel contesto del procedimento giudiziario. Questa figura assume un ruolo attivo nella protezione dei diritti del minore e nel favorire la sua partecipazione nel processo decisionale. 3. I difensori La parte può stare in giudizio personalmente: 1) Davanti al giudice di pace nelle cause il cui valore non eccede euro 1.100. 2) Davanti al giudice di pace se questi autorizza la parte, con decreto, a stare in giudizio in considerazione della natura ed entità della causa. 3) Nelle cause di lavoro ogni volta che la causa non eccede il valore di euro 129,11, 4) nei procedimenti di volontaria giurisdizione, 5) nel procedimento di insinuazione al passivo del credito nelle procedure concorsuali, 6) in alcuni procedimenti di opposizione a sanzioni amministrative Negli altri casi, le parti non possono stare in giudizio se non con il ministero o con l’assistenza di un difensore. Il difensore è pertanto un elemento essenziale e indispensabile del processo senza di lui la parte non può agire in giudizio né difendersi. Al difensore sono, dunque, attribuiti: Poteri di rappresentanza in virtù della procura che gli è stata conferita Poteri di difesa ovvero di difesa tecnica, quale momento fondamentale del diritto inviolabile di difesa Poteri di assistenza della parte in tutti quegli atti che questa può compiere da sola, qui l’avvocato opera in persona propria a favore della parte. Davanti alla Corte di cassazione, la parte, può stare in giudizio esclusivamente con il ministero di un avvocato iscritto nell’albo speciale tenuto dal Consiglio nazionale forense. 4.1 La procura alle liti Ai sensi dell’art. 83 cpc quando la parte sta in giudizio con il ministero di un difensore, questi deve essere munito di procura che può essere: 37 - assegnando alla persona offesa il risarcimento del danno sofferto. 5.1 La condanna alle spese Ogni parte deve anticipare le spese degli atti processuali che compie cd. carico provvisorio delle spese. Ai sensi dell’art. 91 cpc, il giudice, con la sentenza che chiude il processo, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell’altra parte, liquidandone l’ammontare insieme con gli onorari di difesa La condanna alle spese segue il cd. principio della soccombenza secondo il quale la necessità di ricorrere al giudice non deve tornare a danno di chi ha ragione. Soltanto la parte totalmente vittoriosa non può essere condannata al pagamento delle spese. Il principio della condanna alla spese a seguito di chiamata del terzo. a) Se il terzo è chiamato in garanzia dal convenuto in relazione alle tesi infondate dell’attorele spese della chiamata del terzo vanno poste a carico dell’attore. b) Se il terzo è stato chiamato da una parte in maniera palesemente arbitraria o infondata il rimborso rimane a carico del chiamante. I procedimenti di volontaria giurisdizione non danno origine a soccombenza. Soccombenza virtuale Quando in un giudizio viene dichiarata la cessata della materia del contendere per fatti intervenuti prima della risoluzione giudiziale della controversia, il giudice pronuncia sulle spese in base al principio della soccombenza virtuale. Il principio della soccombenza virtuale implica che il giudice proceda ad un giudizio di deliberazione della fondatezza della domanda sulla base di una valutazione delle probabilità formali di accoglimento della stessa. La condanna alle spese può essere contenuta nelle sentenze e ordinanze che chiudono il processo. Se il difensore non deposita la nota spese, all’atto del passaggio in decisone della causa, il giudice provvede alla liquidazione sulla base degli atti di causa. Sono rimborsabili solamente le spese che la parte ha sostenuto nel processo e le spese stragiudiziali. 5.2 La compensazione delle spese Il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti quando: a) Vi è soccombenza reciproca; b) Vi è assoluta novità della questione trattata; c) Vi è mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti; d) Le parti si sono conciliate. 40 5.3 La responsabilità aggravata La responsabilità aggravata si applica quando la parte agisce o resiste nel processo con: a) mala fede o b) colpa grave Si tratta della c.d. lite temeraria che è connessa con la violazione degli obblighi di correttezza processuale, sancita e disciplinata dall’art 96 cpc. La norma si pone con carattere di specialità rispetto all’art. 2043 c.c. (responsabilità per fatto illecito). La responsabilità processuale aggravata pur costituendo fatto illecito ricade interamente nella disciplina dell’art. 96, e non vi è concorso tra le due norme. Ai fini della condanna per responsabilità aggravata sono necessari: a) elemento oggettivo: L’esistenza di un danno e la totale soccombenza della controparte b) elemento soggettivo: il dolo o la colpa grave della controparte. Difetto di normale prudenza Il difetto di normale prudenza costituisce una seconda ipotesi di sanzione per responsabilità aggravata. La responsabilità in questa ipotesi sussiste se vi è dolo o colpa (anche lieve) art. 96, comma 2 cpc. La Riforma Cartabia ha inserito il comma 4 all’art. 96 c.p.c., il quale stabilisce che nei casi di responsabilità aggravata di cui ai commi 1,2 e 3 del suddetto articolo, il giudice condanna altresì la parte al pagamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma di denaro non inferiore ad euro 500 e non superiore ad euro 5.000. 5. La distrazione delle spese Ai sensi dell’art. 93 cpc il difensore può chiedere al giudice la distrazione delle spese anticipate in suo favore. L’accoglimento della richiesta comporta l’insorgenza di un credito autonomo per il difensore nei confronti della controparte in ordine al rimborso delle spese. Il difensore distrattario è tenuto a restituire le somme corrispostegli dal soccombente qualora la sentenza che ha disposto la distrazione viene annullata o riformata. Il provvedimento di distrazione delle spese può essere revocato, su istanza di parte, se viene dimostrato che il credito del difensore è stato già soddisfatto. La revoca è concessa fino a quando il difensore non abbia conseguito il rimborso che gli è stato attribuito. Capitolo 5 | Il Pubblico Ministero 41 1. Considerazioni generali Il Pm è rappresentato: a) Dal procuratore della Repubblica nei procedimenti davanti al Tribunale; b) Dal procuratore generale presso la Corte D’appello, nei procedimenti presso la Corte D’Appello; c) Dal procuratore generale presso la Corte di cassazione, nei procedimenti davanti alla stessa. Al pubblico ministero il legislatore ha attribuito i medesimi poteri delle parti ovvero: - la possibilità di agire in giudizio; - la possibilità di resistere in giudizio. La funzione del p.m. è quella di tutelare diritti ed interessi di rilevanza pubblica, pertanto vigila: - sull’osservanza delle leggi, - sulla pronta e regolare amministrazione della giustizia, - sulla tutela dei diritti richiedendo, ove sussista l’urgenza, provvedimenti cautelari necessari. Il p.m. ha azione diretta per fare eseguire ed osservare le leggi d’ordine pubblico sempre che tale azione non sia dalla legge ad altri organi attribuita. Il ruolo del pubblico ministero è svolto in assoluta indipendenza da qualsiasi altro organo. 2. I casi di intervento del Pm L’intervento del Pm ha natura obbligatoria in tutta una serie di ipotesi legislativamente previste. In tutti gli altri casi, il suo intervento è facoltativo. 2.1 Casi di intervento obbligatorio I casi in cui è previsto l’intervento obbligatorio del pm (pena l’impossibilità di tenere l’udienza) vengono elencati dall’art. 70 cpc, e sono: a) Le cause che egli stesso potrebbe proporre; b) Le cause matrimoniali in cui viene discussa la nullità o l’annullabilità del vincolo, lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili; c) Le cause riguardanti lo stato e la capacità delle persone; d) gli altri casi previsti dalla legge; I casi di intervento obbligatorio sono sanzionati dalla nullità insanabile, rilevabile d’ufficio, in ogni stato e grado del procedimento. 2.2 Casi di intervento facoltativo Ai sensi dell’art. 70, comma 3 cpc, il Pm può intervenire in ogni altra causa in cui ravvisa un pubblico interesse. 42 Il ricorso, invece, è presentato dal "ricorrente", e viene depositato direttamente in cancelleria insieme ad una richiesta di fissazione di udienza. Il giudice fissa l'udienza mediante un decreto allegato al ricorso. Infine, il ricorso e il decreto sono notificati all'altra parte coinvolta nel processo. In alcuni casi, la legge dispone diversamente. Ad esempio, nel giudizio di cassazione, il ricorso può essere notificato immediatamente alla controparte e successivamente depositato in cancelleria. 3. Gli effetti della domanda La notifica della citazione o il deposito del ricorso danno inizio al processo, che viene definito "pendente" (art. 39 c.p.c.). Ciò implica che i soggetti coinvolti nella controversia diventano parti e il diritto oggetto della disputa diviene un "diritto controverso". Per evitare che la durata del processo danneggi la parte che ha ragione, l'ordinamento processuale conferisce alla domanda giudiziale il potere di produrre vari effetti, sia sostanziali che processuali. Vediamo alcuni di questi effetti: a) Effetti sulla prescrizione e sulla decadenza: La prescrizione viene interrotta dalla notificazione dell'atto che dà inizio al processo, che sia un giudizio di cognizione, conservativo o esecutivo (art. 2943, comma 1, c.c.). La prescrizione viene anche interrotta dalla presentazione di una domanda durante il processo o da una domanda presentata a un giudice incompetente (art. 2943, commi 2 e 3, c.p.c.). Di norma, dopo l'interruzione, inizia un nuovo periodo di prescrizione, ma se l'interruzione avviene a seguito della presentazione della domanda giudiziale e il processo si conclude con una sentenza di merito, la prescrizione non riprende fino al passaggio in giudicato di tale sentenza (art. 2945, comma 2, c.c.). Questo è noto come "effetto interruttivo-sospensivo", Questo effetto protegge la parte che ha presentato la domanda evitando che il tempo trascorso nel processo pregiudichi i suoi diritti. b) Effetto sul divieto di anatocismo: Secondo l'articolo 1283 del codice civile, in mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della presentazione della domanda giudiziale, a condizione che siano dovuti per almeno sei mesi. c) Effetto della domanda giudiziale sui frutti naturali: I frutti naturali sono acquisiti dal possessore di buona fede che li separa fino al giorno della domanda giudiziale, come stabilito dall'articolo 1148 del codice civile. d) Effetto della successione nel diritto controverso: nel caso in cui una delle parti coinvolte in un processo deceda, il diritto controverso si trasmette agli eredi o ai legatari della parte deceduta. Gli eredi o i legatari subentrano nella posizione 45 processuale della parte defunta e possono proseguire il processo o agire per la tutela dei loro diritti. 4. Le difese del convenuto Le difese del convenuto, possono assumere diverse forme. Innanzitutto, il convenuto può scegliere di non difendersi affatto, rimanendo contumace. Se invece decide di assumere un ruolo attivo nel processo, deve costituirsi attraverso un atto chiamato comparsa di costituzione e risposta o memoria di costituzione. Dal punto di vista della strategia processuale, il convenuto può optare per mere difese, che consistono nella contestazione dei fatti o della ricostruzione giuridica offerti dall'attore. In questo caso, il convenuto non aggiunge nuovi fatti, ma si limita a contestare quelli presentati dalla controparte. Non si arricchisce quindi il materiale di causa, ma si forniscono prove contrarie ai fatti allegati dall'attore. Altre difese possibili sono le eccezioni, che implicano l'allegazione di nuovi fatti al fine di paralizzare la domanda dell'attore. Le eccezioni aumentano la materia del contendere e la conoscenza del giudice, ma l'oggetto del processo rimane limitato al diritto dedotto dall'attore. Le eccezioni possono essere di due tipi: 1) di rito o processuali – che riguardano vizi processuali 2) di merito. Le eccezioni processuali si distinguono ulteriormente tra 1) nullità extraformali e 2) nullità formali. Le nullità extraformali, evidenziano la mancanza di un presupposto processuale necessario per decidere nel merito, mentre le nullità formali, riguardano un singolo atto del processo. Le eccezioni di merito, invece, contestano la domanda dell'attore allegando fatti che modifichino, impediscono o estinguano il diritto fatto valere. - Ad esempio, un pagamento dilazionato rispetto al debito originario può essere un fatto modificativo, mentre la prescrizione del credito può essere un fatto estintivo. Esistono altresì le eccezioni in senso stretto, proposte solo dalla parte, ed eccezioni in senso lato, rilevate anche dal giudice. Tuttavia, il giudice non può pronunciarsi d'ufficio su eccezioni che possono essere proposte solo dalle parti, tranne in casi specifici previsti dalla legge. Le eccezioni di rito attinenti alle nullità formali devono essere sollevate su richiesta della parte, a meno che la legge non preveda il loro rilievo d'ufficio. Solo la parte interessata può opporre l'eccezione di nullità, ma deve farlo nella prima istanza o difesa successiva all'atto o alla sua conoscenza. 46 - La parte che ha causato la nullità o che vi ha rinunciato, anche tacitamente, non può sollevare l'eccezione. Oltre alle difese menzionate, il convenuto può presentare una domanda riconvenzionale, in cui fa valere i suoi propri diritti connessi o collegati a quelli dell'attore. Questo porta a un cumulo oggettivo delle domande nel processo, e il giudice deve pronunciarsi su tutte le domande, salvo casi di assorbimento. La domanda riconvenzionale può anche essere proposta contro un terzo tramite la chiamata in causa. 5. L’attività istruttoria L'attività istruttoria è una fase successiva nell'ambito della strategia processuale, in cui le parti formulano le richieste di prove per supportare i fatti allegati. Dopo l'allegazione dei fatti, si passa alla prova di tali fatti. Questo argomento verrà approfondito successivamente. Capitolo 7 | La pluralità di parti 1. Il cumulo soggettivo Il cumulo soggettivo si verifica quando nel processo civile sono coinvolte più di due parti, configurando un litisconsorzio. Questa pluralità di parti può essere originaria, se presente fin dall'inizio del processo, o successiva, se si aggiungono nel corso del procedimento. Il litisconsorzio può essere attivo o passivo, a seconda che coinvolga coloro che fanno valere un diritto o coloro che si devono difendere. Esistono due forme di cumulo soggettivo: uno in cui un unico attore presenta domande contro più convenuti e un altro in cui più domande sono presentate contro la stessa parte. Entrambe le situazioni possono verificarsi quando le cause sono connesse per oggetto o per titolo. Le disposizioni dell'articolo 33 del Codice di Procedura Civile regolano il cumulo soggettivo originario, consentendo la scelta del giudice competente in base alla residenza o al domicilio di uno dei convenuti. L'articolo 104 del c.p.c. disciplina la possibilità di proporre più domande contro la stessa parte nello stesso processo, sempre rispettando le regole di competenza. 2. Il litisconsorzio facoltativo Il litisconsorzio facoltativo si verifica quando nel processo partecipano più parti, ma il cumulo soggettivo non è obbligatorio, ma facoltativo. 47 5. L’intervento volontario L'intervento volontario è regolato dall'articolo 105 del codice di procedura civile. Questa disposizione prevede tre modalità di intervento. a) In primo luogo vi è l'intervento principale che si verifica quando un terzo interviene per far valere un proprio diritto in confronto a tutte le parti coinvolte nel processo. Questo diritto deve essere autonomo, incompatibile con le pretese delle altre parti, non dipende cioè dalla causa principale, e prevale sulle stesse. Ad esempio, Sempronio può intervenire in una disputa sulla proprietà di un bene tra Tizio e Caio, sostenendo di essere il legittimo proprietario. Nonostante il terzo non subisca pregiudizi giuridici se non interviene, ha interesse a farlo per evitare eventuali danni pratici derivanti dall'esecuzione della sentenza. L'intervento volontario permette al terzo di partecipare al processo e di difendere i propri interessi legittimi. Se il terzo non intervenisse, la sentenza emessa non sarebbe opponibile a lui e il suo diritto rimarrebbe prevalente. Dunque, intervenire nel processo, consente al terzo di evitare eventuali danni pratici derivanti dall'esecuzione della sentenza. b) L'intervento litisconsortile o adesivo autonomo si verifica quando un terzo interviene nel processo per far valere un diritto in confronto a una delle parti, affiancandosi a essa. Questo tipo di intervento è definito "adesivo" perché il terzo si unisce a una delle parti, pur facendo valere un proprio diritto. c) L'intervento adesivo dipendente si verifica quando un terzo interviene nel processo per sostenere le ragioni di una delle parti, avendo un proprio interesse (art 105 comma 2 cpc). In questo caso, il terzo si affianca a una delle parti senza far valere un proprio diritto, ma mira a rafforzare la posizione di quella parte attraverso la deduzione di un interesse nel processo. Questi terzi potrebbero essere soggetti che rischiano di subire gli effetti riflessi della sentenza emessa tra le parti coinvolte nel processo. Ad esempio, un creditore potrebbe intervenire nelle controversie che coinvolgono i suoi debitori e che potrebbero interessare la sua responsabilità patrimoniale. È importante notare che, mentre nelle prime due situazioni l'interveniente fa valere un proprio diritto, nell'ultima ipotesi l'interveniente agisce solo in base a un interesse. 50 La giurisprudenza consolidata ha stabilito che l'interveniente adesivo non ha un'autonoma legittimazione ad impugnare, se non per questioni specifiche riguardanti la qualificazione dell'intervento o le spese a suo carico. L'interveniente adesivo si costituisce depositando una comparsa in cancelleria ed ha gli stessi poteri delle parti al momento dell'intervento, a meno che non intervenga per l'integrazione necessaria del contraddittorio. Oltre agli interventi volontari previsti dall'articolo 105 cpc vi sono altri due tipi di intervento: - l'intervento del litisconsorte necessario pretermesso, disciplinato dall'articolo 102 cpc - l'intervento del successore nel diritto controverso, previsto dall'articolo 111 del cpc. 6. L’intervento coatto su istanza di parte Come stabilito dall'articolo 106 del c.p.c. l'intervento coatto su istanza di parte, conosciuto come "chiamata in causa", permette a ciascuna parte di coinvolgere nel processo un terzo che ritiene avere un interesse comune nella causa o dal quale pretende una garanzia. Questa partecipazione del terzo nel processo avviene su iniziativa di una delle parti e ha lo scopo sia di estendere al terzo gli effetti della sentenza, sia di agire direttamente nei suoi confronti. I due scopi possono coesistere (cd. chiamata innovativa), ma possono anche essere separati (cd. chiamata non innovativa). L'articolo 106 del c.p.c. contempla due ipotesi: a) La comunanza di causa: la nozione di "comunanza di causa" può includere tutti i casi di connessione processuale e quelli in cui si contesta la legittimazione sia attiva che passiva. La contestazione dal lato passivo si verifica quando un convenuto si costituisce in giudizio negando la sua responsabilità per il fatto contestato e ritenendo che un'altra persona sia responsabile. o In questo caso, il terzo sarà chiamato in causa su iniziativa del convenuto o dell'attore, a seguito delle difese del convenuto. La contestazione dal lato attivo si verifica quando un convenuto si costituisce in giudizio riconoscendo di essere debitore di una certa somma, ma contestando che il vero creditore sia l'attore, sostenendo invece che si tratti di un terzo. o In questo caso, è verosimile che la chiamata in causa sia effettuata dal convenuto che ha interesse ad estendere la controversia al terzo per evitare di essere condannato due volte a pagare la stessa somma. La chiamata in causa può essere promossa sia dall'attore che dal convenuto, tuttavia è più comune che sia il convenuto a richiederla. 51 b) La chiamata in causa per garanzia consente di coinvolgere il garante nel processo. È possibile effettuare questa chiamata sia per estendere la domanda nei confronti del garante, sia semplicemente per estendere al terzo gli effetti della sentenza, riservandosi di agire nei suoi confronti in un'altra sede. Ai sensi dell’ art 269 c.p.c. la chiamata in causa avviene tramite citazione a comparire a un'udienza fissata. 7. L’intervento coatto per ordine del Giudice L'articolo 107 del c.p.c disciplina l'intervento del terzo su ordine del giudice quando ritiene opportuno che il processo si svolga in confronto a un terzo con causa comune. Dal punto di vista procedurale, quando il giudice ordina la chiamata, l'invito viene rivolto ad entrambe le parti e sarà la parte più diligente a provvedere. Tuttavia, se nessuna delle parti provvede alla citazione del terzo, il giudice istruttore emette un'ordinanza non impugnabile che prevede la cancellazione della causa dal ruolo. Il processo non si estingue immediatamente, ma entra in uno stato di quiescenza della durata massima di tre mesi. Se entro tale termine il processo non viene riassunto, si estingue. 8. L’estromissione La figura dell'estromissione si riferisce alla riduzione della pluralità di parti durante il processo escludendo un soggetto dal prosieguo del giudizio. Il codice di procedura civile affronta tre ipotesi di estromissione: a) Estromissione del garantito: Nelle situazioni di garanzia formale, in cui il garante ha assunto la lite in vece del garantito, quest'ultimo può richiedere la propria estromissione se le altre parti non si oppongono. In questo caso il giudice emette un'ordinanza di estromissione, ma la sentenza di merito produce effetti anche nei confronti dell'estromesso. Il garante è parte formale e processuale, ma non sostanziale, mentre il garantito resta l'unico soggetto interessato dagli effetti sostanziali della sentenza. La richiesta del garantito e l'assenza di opposizione delle altre parti sono le due condizioni per l'estromissione. b) Estromissione dell'obbligato: Quando più parti contendono una prestazione e l'obbligato si dichiara pronto ad adempiere a favore del legittimo beneficiario, il giudice può ordinare il deposito della cosa o della somma dovuta e successivamente estromettere l'obbligato dal processo. 52 Un elemento centrale nel sistema delle notifiche è la cosiddetta "relata" (o "relazione di notifica") di notifica, che è un documento redatto dall'ufficiale giudiziario per certificare l'avvenuta notificazione. La relazione è datata e firmata dall'ufficiale giudiziario e viene allegata all'originale e alla copia dell'atto notificato. La relazione fornisce informazioni sulla persona a cui è stata consegnata la copia, il luogo della consegna, eventuali ricerche anagrafiche effettuate dall'ufficiale giudiziario, motivi della mancata consegna e informazioni sulla reperibilità del destinatario (art. 148, comma 2, c.p.c.). 2. Le notifiche in particolare La notifica "in mani proprie", avviene quando l'ufficiale giudiziario consegna personalmente una copia dell'atto al destinatario presso la sua casa di abitazione o, se non possibile, ovunque lo trovi all'interno della circoscrizione dell'ufficio giudiziario competente (art. 138 c.p.c.). Se il destinatario rifiuta di ricevere l'atto, l'ufficiale giudiziario lo annota nella relazione di notificazione e la notifica si considera comunque avvenuta (art. 138, comma 2, c.p.c.). Nel caso in cui la notifica "in mani proprie" non sia possibile, la notifica deve essere effettuata nel comune di residenza del destinatario, cercandolo presso la sua casa di abitazione o di lavoro (art. 139 c.p.c.). Se il comune di residenza è sconosciuto, la notifica avviene nel comune di dimora, e se anche questo è ignoto, nel comune di domicilio (art. 139, comma 6, c.p.c.). In ogni caso, se il destinatario non viene trovato in questi luoghi, la notifica può essere effettuata consegnando una copia dell'atto a un membro della famiglia o a una persona addetta alla casa, all'ufficio o all'azienda (a condizione che non sia incapace o minore di anni 14). Se tali persone non sono presenti, la consegna può essere fatta al portiere dell'edificio o, in mancanza, a un vicino di casa disposto a riceverla. o L'ufficiale giudiziario annota nella relazione di notificazione i dettagli sull'identità del destinatario che ha accettato la consegna da parte del portiere o del vicino, e informa il destinatario dell'avvenuta notificazione mediante lettera raccomandata. 3. Le procedure di notifica in caso di irreperibilità Nel caso in cui risulti impossibile effettuare la consegna dell'atto a causa dell'irreperibilità, dell'incapacità o del rifiuto delle persone indicate nell'art. 139 c.p.c., la notifica avviene tramite una procedura sostitutiva composta da tre fasi (art. 140 c.p.c.). 1) L'ufficiale giudiziario deposita una copia presso l'ufficio comunale competente, 2) affigge un avviso del deposito in una busta chiusa e sigillata sulla porta dell'abitazione o dell'ufficio del destinatario, e successivamente 3) informa il destinatario tramite lettera raccomandata con avviso di ricevimento. 55 Nel caso in cui non sia nota la residenza, la dimora o il domicilio del destinatario, la notifica avviene mediante il deposito di una copia presso l'ufficio comunale dell'ultima residenza conosciuta o, se sconosciuta, presso quello del luogo di nascita del destinatario. Se entrambi sono sconosciuti, l'ufficiale giudiziario consegna una copia dell'atto al pubblico ministero (art. 143 c.p.c.). Questa forma di notifica non mira alla conoscenza effettiva dell'atto, ma solo alla conoscenza virtuale, infatti "la notificazione si considera avvenuta venti giorni dopo il compimento delle formalità prescritte" (art. 143, ultimo comma, c.p.c.). 4. Le notifiche presso il domiciliatario, alle amministrazioni dello Stato e alle persone giuridiche Le notifiche che riguardano il domiciliatario, le amministrazioni dello Stato e le persone giuridiche seguono regole specifiche. Nel caso in cui una persona abbia eletto domicilio presso un'altra persona o un ufficio: la notifica può avvenire consegnando una copia dell'atto al domiciliatario nel luogo indicato. Se l'elezione di domicilio è presente in un contratto la notifica presso il domiciliatario diventa obbligatoria se esplicitamente dichiarata. La consegna dell'atto al domiciliatario equivale a una consegna in mani proprie del destinatario. La notifica, tuttavia, non può avvenire nel domicilio eletto, se richiesto dal domiciliatario, se il domiciliatario è deceduto o se si è trasferito al di fuori della sede indicata o ha cessato l'ufficio. Per la notificazione alle amministrazioni dello Stato, l'art. 144 c.p.c. rimanda alle leggi speciali che prescrivono la notifica presso l'Avvocatura dello Stato. Le notifiche alle persone giuridiche avvengono nella loro sede mediante la consegna di una copia dell'atto al rappresentante o alla persona incaricata di ricevere le notifiche. In mancanza di tali figure, la consegna può essere effettuata a un'altra persona addetta alla sede o al portiere dello stabile. Se nell'atto da notificare viene indicata la qualità del rappresentante e sono specificate residenza, domicilio e dimora abituale, la notifica può essere eseguita anche alla persona fisica che rappresenta l'ente (art. 145, comma 1, c.p.c.). Le stesse modalità si applicano anche alle società senza personalità giuridica, alle associazioni non riconosciute e ai comitati. 5. Le notifiche fuori dal territorio italiano La notificazione al di fuori del territorio italiano a persone non residenti, senza dimora o domicilio in Italia, presenta diverse modalità a seconda dello Stato di destinazione. Se la notifica deve avvenire in uno Stato non appartenente all'Unione Europea o in Danimarca, si seguono le disposizioni stabilite dalle convenzioni internazionali. 56 Nel caso in cui manchino convenzioni bilaterali o plurilaterali o non sia possibile seguire la procedura del DPR citato, l'atto viene notificato tramite spedizione postale raccomandata al destinatario, con consegna di un'altra copia al pubblico ministero che si incarica di trasmetterla al Ministero degli Affari Esteri per la consegna alla persona interessata (art. 142, comma 1, c.p.c.). Se la notifica avviene in uno Stato membro dell'Unione Europea, ad eccezione della Danimarca, si applica il Regolamento (UE) n. 1393/2007 del Parlamento Europeo e del Consiglio, relativo alla notificazione degli atti giudiziari e extragiudiziari in materia civile o commerciale. Secondo tale regolamento, la notificazione viene effettuata attraverso la cooperazione tra gli organi giudiziari italiani e quelli dello Stato membro in cui risiede la persona interessata. L'organo giudiziario italiano invia la documentazione da notificare all'organo giudiziario dello Stato membro di destinazione, che si occupa di effettuare la notifica secondo le norme e le procedure del proprio paese. Una volta ricevuta la documentazione, l'organo giudiziario dello Stato membro di destinazione procede con la notificazione all'interessato secondo le proprie norme procedurali. Successivamente, l'organo giudiziario che ha effettuato la notificazione invia una conferma di avvenuta notificazione all'organo giudiziario italiano. 6. La notifica a mezzo PEC e altre modalità di notifica L’articolo 149bis c.p.c., in ultimo novellato dalla Riforma Cartabia 2023, ha introdotto l'obbligo, anche per l'ufficiale giudiziario, di effettuare la notifica in modalità telematica quando il destinatario è tenuto a possedere un indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) o ha eletto domicilio digitale. - In questo caso, l'ufficiale giudiziario invia una copia informatica dell'atto con firma digitale all'indirizzo PEC del destinatario, e la notifica si considera perfezionata quando l'atto è reso disponibile nella casella di posta del destinatario. La relazione di notifica viene redatta su un documento informatico separato, firmato digitalmente e allegato all'atto principale mediante strumenti informatici. Le ricevute di invio e consegna, previste dalla normativa sul processo telematico, vengono anch'esse allegate al documento informatico originale o alla copia informatica del documento cartaceo. Successivamente, l'atto notificato, insieme alle ricevute e alla relazione di notifica, viene restituito al richiedente. La notifica telematica da parte dell'ufficiale giudiziario è considerata una modalità residuale rispetto alla notifica ordinaria, poiché l'avvocato ha l'obbligo di effettuare la notifica in modalità telematica nelle stesse modalità previste per l'ufficiale giudiziario. La notifica si considera perfezionata per il notificante, quando viene generata la ricevuta di accettazione e per il destinatario quando viene generata la ricevuta di avvenuta consegna. 57 1- sentenze di merito e cioè di accoglimento o di rigetto della domanda e 2- in sentenze di rito incidenti solamente sul processo. La dottrina distingue altresì la: a) Sentenza di mero accertamento quando viene accertato un diritto di una delle parti, che era contestato; b) Sentenza di condanna quando oltre ad accertare il diritto, accorda ad una delle parti tutela suscettibile di esecuzione forzata. c) Sentenza costitutiva quando l’accertamento del diritto comporta una modificazione giuridica. La sentenze possono essere: a) Definitive se definiscono il giudizio b) Non definitive cioè quelle con cui, il giudice decide una parte della controversia. La sentenza è pronunciata “in nome del popolo italiano”, reca l’intestazione “Repubblica Italiana” e deve contenere: 1. L’indicazione del giudice che l’ha pronunciata 2. L’indicazione delle parti e dei loro difensori - la mancanza o l’incompletezza può essere sanata con il procedimento di correzione. 3. Le conclusioni del p.m. e quelle delle parti - la mancanza, l’incompletezza o l’erroneità di trascrizione non comporta nullità; 4. La concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione; 5. La data della deliberazione: la mancanza o la irregolarità non determina nullità ma semplice errore materiale; 6. La sottoscrizione del giudice – la mancanza, consegue la nullità insanabile della sentenza, rilevabile anche d’ufficio dal giudice del gravame. Il Codice dell’Amministrazione digitale consente al giudice di sottoscrivere la sentenza con firma digitale. in tali casi la firma non è visibile, ma la presenza della “coccardina” sulla copia cartacea e la firma digitale del cancelliere, ne comprovano l’autenticità. La pubblicazione della sentenza avviene mediante deposito nella cancelleria di cui il cancelliere dà atto in calce con apposizione della data e della firma ai sensi dell’art. 133 cpc. La comunicazione della sentenza avviene mediante biglietto contenente il testo integrale della sentenza, in via telematica tramite PEC. Recentemente, il D.Lgs. 149/2022 (Riforma Cartabia 2023) ha abrogato la possibilità di inviare il biglietto tramite fax, incentivando invece l'uso della posta elettronica certificata nel processo civile. Se le modalità telematiche non possono essere utilizzate, il biglietto viene consegnato all'ufficiale giudiziario per la notifica. La comunicazione non è idonea a far decorrere il termine breve per le impugnazioni. L’ordinanza Tutti i provvedimenti del giudice istruttore hanno la forma dell’ordinanza, salvo che la legge disponga diversamente. 60 Le ordinanze si suddividono in varie tipologie. Tipi di ordinanza: 1. Ordinanza di incompetenza: quando il giudice decide soltanto questioni di competenza; 2. Ordinanza istruttoria: con tale provvedimento il giudice si pronuncia sulle richieste istruttorie fissando l’udienza per l’assunzione dei mezzi di prova; 3. Ordinanza collegiale: emessa dal collegio; 4. Ordinanza revocabile e modificabile: il principio è che la maggior parte delle ordinanze sono revocabili o modificabili, salvo che la legge disponga diversamente. 5. Ordinanza reclamabile; 6. Ordinanza non impugnabile; L’ordinanza emessa dal Giudice deve essere succintamente motivata. Se l’ordinanza: a) E’ pronunciata in udienzaè inserita nel processo verbale b) E’ pronunciata fuori udienza: - è scritta in calce al processo verbale oppure - è scritta in foglio separato munito della data e della sottoscrizione del giudice. Il cancelliere ha l’obbligo di dare comunicazione dell’ordinanza alle parti soltanto quando questa viene pronunciata fuori udienzal’omissione della comunicazione comporta la nullità del provvedimento se la parte non compare all’udienza successiva. Le ordinanze non modificabili o revocabili sono: a) Quelle pronunciate sull’accordo delle parti vertenti su diritti disponibili; b) Quelle dichiarate espressamente non impugnabili dalla legge; c) Quelle per le quali la legge predisponga un mezzo di reclamo. Il decreto Il decreto è pronunciato generalmente in assenza di contraddittorio (cd. pronuncia inaudita altera parte) e anche d’ufficio. Non necessita di motivazione, salvo che la stessa sia prescritta espressamente dalla legge. Il decreto di ingiunzione deve essere motivato quando il giudice rigetta la domanda 2. I termini I termini indicano il periodo di tempo per compiere validamente i singoli atti all’interno del processo. I termini sono: Legali: quando sono stabiliti dalla legge Giudiziari: quando sono stabiliti dal giudice. I termini si distinguono in: (1) Perentori, e cioè quelli la cui inosservanza determina l’estinzione del processo o la decadenza da una facoltà processuale; 61 (2) Ordinatori, e cioè quelli dettati per regolare l’attività processuale, senza che la loro scadenza comporti automaticamente decadenza. La dottrina distingue altresì i termini: Dilatori, sono quei termini che devono decorrere prima che un atto possa essere compiuto Acceleratori, sono quei termini che indicano il tempo entro cui un atto va compiuto. I termini processuali ordinatori possono essere prorogati, anche d’ufficio dal giudice, ma ciò è possibile soltanto prima della loro scadenza. I termini perentori non possono essere abbreviati o prorogati, nemmeno sull’accordo delle parti. La parte può chiedere di essere rimessa in termini qualora dimostri di essere incorsa in decadenze per cause ad essa non imputabile (ex art. 153, comma 2). Il computo dei termini Se si tratta di termini a mesi o ad anni: - si osserva il calendario comune, prescindendo dal numero dei giorni di cui è composto ogni singolo mese od anno. Dunque, la scadenza del termine coincide con il giorno numericamente corrispondente a quello di decorrenza del termine. Nel computo dei termini a giorni o ad ore: a) si escludono il giorno o l’ora iniziali. b) I giorni festivi si computano sempre nel termine, tranne nel caso in cui sia festivo quello di scadenza: in tal caso la scadenza è prorogata di diritto al primo giorno seguente non festivo. Per il computo dei termini a ritroso, invece, va computato il giorno di scadenza. La sospensione feriale dei termini Tutti i termini sono sospesi durante il periodo di sospensione feriale, che decorre dal 1 al 31 agosto. Il computo dei termini, riprenderà a decorrere dalla fine del periodo di sospensione. Non si applica la sospensione feriale dei termini a: 1. Cause relative ad alimenti; 2. Procedimenti cautelari; 3. Cause di sfratto; 4. Cause di opposizione all’esecuzione; 5. Controversie relative alla dichiarazione e alla revoca del fallimento; 6. Cause in materia di lavoro e previdenziale; 7. Cause in materia agraria. 3. La nullità degli atti La nullità degli atti processuali è un concetto fondamentale nel sistema giuridico. 62 6) Indicazione dei mezzi di prova: Deve essere specificato quali mezzi di prova l'attore intende utilizzare, in particolare i documenti che offre in comunicazione. 7) Dati del procuratore: Deve essere indicato il nome e il cognome del procuratore dell'attore, nonché l'indicazione della procura se è già stata rilasciata. È possibile che la procura venga rilasciata successivamente, purché prima della costituzione della parte rappresentata. 8) Indicazione del giorno dell'udienza e avvertimenti: Deve essere indicato il giorno dell'udienza di comparizione e deve essere invitato il convenuto a costituirsi entro un determinato termine prima dell'udienza. Deve essere comunicato che la difesa tecnica tramite avvocato è obbligatoria, salvo casi eccezionali, e che la parte può presentare istanza per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, se sussistono i requisiti di legge. Inoltre, devono essere precisate le decadenze in cui il convenuto incorrerà in caso di mancata tempestiva costituzione. La citazione deve essere sottoscritta dal difensore (a meno che la parte stia in giudizio personalmente) e deve indicare l'indirizzo di posta elettronica certificata e il numero di fax del difensore. In sintesi, la citazione comprende la "chiamata in giudizio" (vocatio in ius) che permette al convenuto di essere informato della citazione e comparire all'udienza, e l'"edictio actionis" che individua l'oggetto della domanda e la tutela richiesta. 2. La nullità dell’atto di citazione La nullità dell'atto di citazione può essere suddivisa in due gruppi: a) le nullità attinenti alla "vocatio in ius" e b) le nullità attinenti all'"edictio actionis". Per quanto riguarda la "vocatio in ius", le nullità sono le seguenti: 1. Mancanza o assoluta incertezza dei requisiti di individuazione dell'organo giudiziario e delle parti, come indicati nell'articolo 163 del codice di procedura civile (CPC). 2. Mancanza della data di udienza di comparizione. 3. Assegnazione al convenuto di un termine a comparire inferiore a quello previsto per legge. 4. Mancanza dell'avvertimento per il convenuto, che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di legge, che la difesa tecnica mediante avvocato è obbligatoria e che la parte, sussistendone i presupposti di legge, può presentare istanza per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Tra il giorno della notificazione della citazione e quello dell'udienza, devono intercorrere termini liberi non inferiori a centoventi giorni o centocinquanta se la notifica avviene all'estero (i termini a comparire sono stati oggetto della Riforma Cartabia del 2023). - Tuttavia, è possibile che il convenuto chieda al presidente del tribunale di fissare un'udienza di comparizione con un anticipo rispetto a quella indicata dall'attore, nel caso in cui il termine assegnato dall'attore ecceda il minimo di comparizione stabilito. – o Il presidente provvederà con un decreto comunicato all'attore almeno cinque giorni prima dell'udienza fissata dal presidente. Inoltre, i termini di cui all'articolo 171ter decorrono dall'udienza così fissata. 65 Per le nullità attinenti alla "vocatio in ius", la sanatoria può avvenire in due modi: 1) Mediante la costituzione spontanea del convenuto, il che determina la sanatoria del vizio per raggiungimento dello scopo. In ogni caso, se il convenuto, costituendosi, solleva l'inosservanza dei termini di comparizione o la mancanza dell'avvertimento, il giudice fisserà una nuova udienza. 2) Mediante la rinnovazione dell'atto nullo, nel caso in cui non si sia verificata la costituzione spontanea del convenuto. La rinnovazione viene ordinata dal giudice entro un termine perentorio dopo aver rilevato, anche d'ufficio, la nullità della citazione. Se la rinnovazione non viene eseguita, il giudice ordina la cancellazione della causa dal ruolo e il processo si estingue. In entrambi i casi, la sanatoria ha effetto retroattivo (ex tunc), a partire dal momento in cui è stata notificata l'atto viziato. Gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono sin dal momento della prima notificazione. Per quanto riguarda le nullità attinenti all'"edictio actionis", esse riguardano: a) l'omissione o l'assoluta incertezza del petitum e b) la mancanza dell'esposizione dei fatti. Non costituisce motivo di nullità l'indicazione degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, poiché spetta al giudice applicare la legge e offrire la ricostruzione in diritto della fattispecie ritenuta più opportuna (principio iura novi curia). Per la sanatoria dei vizi attinenti all'"edictio actionis", ci sono due modalità: Se il convenuto non si è costituito, il giudice ordina la rinnovazione della citazione, emendata dal vizio. Se il convenuto si è costituito, il giudice ordina l'integrazione della domanda. L'attore dovrà completare la domanda inserendo gli elementi della citazione che ne causano la nullità. In entrambi i casi, anche se il convenuto si è costituito, la sanatoria non raggiunge lo scopo. La sanatoria dei vizi attinenti all'"edictio actionis" non ha carattere retroattivo, ma opera ex nunc. Restano ferme le decadenze maturate e salvati i diritti quesiti anteriormente alla rinnovazione o integrazione, come stabilito nell'articolo 164 comma 5 del CPC. 3. La notificazione dell’atto di citazione, l’iscrizione della causa a ruolo e la costituzione dell'attore La notificazione dell'atto di citazione è necessaria per informare il convenuto dell'inizio del processo. A partire dalla notificazione, il processo "pende" e la domanda giudiziale produce i suoi effetti sostanziali e processuali. La notificazione della citazione comunica l'atto all'altra parte, ma non al giudice. 66 Il coinvolgimento del giudice avviene attraverso l'iscrizione della causa al ruolo, che coincide con la costituzione della parte che promuove il processo. L'iscrizione della causa al ruolo implica l'assegnazione di un numero progressivo e l'inserimento nel ruolo generale delle cause civili del tribunale competente. Successivamente, la causa viene assegnata al ruolo specifico del giudice designato. A questo punto, il cancelliere forma il fascicolo d'ufficio, nel quale inserisce ai sensi dell’art. 168, comma 2, c.p.c.: - la nota di iscrizione al ruolo, - copia dell'atto di citazione, - copia delle comparse e delle memorie in carta non bollata, e, successivamente, - i processi verbali di udienza, - i provvedimenti del giudice, - gli atti di istruzione e - la copia del dispositivo delle sentenze Il termine per la costituzione tempestiva dell'attore è di dieci giorni a partire dalla notificazione della citazione. Entro questo periodo, l'attore deve costituirsi in giudizio, depositando la nota di iscrizione a ruolo e il fascicolo di parte. Se l'attore si costituisce personalmente, deve dichiarare la residenza o eleggere domicilio nel comune in cui si trova il tribunale o, secondo il d.Lsg n. 149/2022 (Cd. riforma Cartabia), indicare l'indirizzo per ricevere comunicazioni e notifiche anche in forma telematica. Se la citazione viene notificata a più persone, l'originale della citazione deve essere inserito nel fascicolo entro dieci giorni dall'ultima notificazione. Secondo un'interpretazione delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, se l'attore non ha ancora ricevuto l'originale dell'atto notificato entro il termine di costituzione, può depositare una copia semplice in cancelleria (cd. copia velina). Il termine di costituzione si calcola dalla prima notificazione, e l'originale dell'atto può essere depositato entro dieci giorni dall'ultima notificazione. 4. La comparsa di risposta e la costituzione del convenuto Nel contesto della strategia processuale del convenuto, ci sono diverse opzioni che vanno dall'inattività (contumacia) a una difesa attiva che può includere la presentazione di difese, eccezioni e domande riconvenzionali. La forma con cui il convenuto partecipa attivamente al processo è tramite la "comparsa di risposta". Nella comparsa di risposta, il convenuto deve: a) fornire le proprie generalità e il codice fiscale b) presentare tutte le sue difese, c) prendere una posizione chiara e specifica sui fatti affermati dall'attore d) indicare i mezzi di prova che intende utilizzare e) indicare i documenti che offre in comunicazione, f) formulare le conclusioni (art. 167, comma 1, c.p.c.). 67 La principale responsabilità del giudice istruttore è quella di fissare le udienze successive e i termini entro cui le parti devono compiere gli atti processuali, come stabilito dall'articolo 175 del c.p.c. Nel caso in cui il giudice istruttore ometta di adempiere a tali compiti, i provvedimenti istruttori, possono essere integrati su istanza di parte o d'ufficio entro sei mesi dall'udienza in cui i provvedimenti sono stati pronunciati, o dalla loro notificazione o comunicazione, come previsto dall'articolo 289 del c.p.c. Il giudice istruttore ha, inoltre, il compito di adottare tutte le iniziative necessarie volte al più sollecito e leale svolgimento del procedimento, come stabilito dall'articolo 175, comma 1, del c.p.c. Nel caso delle cause a decisione monocratica, il giudice istruttore, dopo aver completato l'istruttoria, assume il ruolo di organo decidente e pronuncia la sentenza. Nelle cause riservate al collegio, la fase decisoria avviene davanti a un organo collegiale, di cui il giudice istruttore fa generalmente parte come giudice relatore. Di norma, il giudice istruttore, si pronuncia con ordinanza. Le ordinanze pronunciate in udienza, si considerano conosciute dalle parti presenti e da quelle che avrebbero dovuto esserlo Le ordinanze pronunciate fuori udienza, vengono comunicate a cura del cancelliere, anche tramite sistemi telematici, come previsto dall'articolo 176, comma 2, del c.p.c. Le ordinanze del giudice istruttore, non possono pregiudicare la decisione finale della causa, come stabilito dall'articolo 177, comma 1, del c.p.c. Solo in casi eccezionali, il giudice istruttore può emettere ordinanze che decidono direttamente il merito della causa. Le ordinanze del giudice istruttore sono sempre modificabili o revocabili dallo stesso giudice che le ha emesse, a meno che: a) non siano pronunciate su accordo delle parti in materie di loro disponibilità, o b) non siano espressamente dichiarate non impugnabili dalla legge, o c) quando la legge prevede un mezzo di reclamo specifico. Tutte le altre ordinanze istruttorie possono essere sottoposte al collegio o al giudice monocratico al momento della decisione finale. Le ordinanze del giudice istruttore possono anche includere condanne a pena pecuniaria, che hanno valore di titolo esecutivo, a meno che la legge disponga diversamente. Se queste ordinanze sono pronunciate in udienza in presenza dell'interessato, previa contestazione dell'addebito, non sono impugnabili. Altrimenti, il cancelliere le notifica al condannato, che può presentare reclamo mediante ricorso allo stesso giudice che ha emesso l'ordinanza entro tre giorni. o La decisione sul reclamo viene presa tramite un'ordinanza non impugnabile, come stabilito dall'articolo 179 del c.p.c. 7. Le ordinanze anticipatorie di condanna 70 Le ordinanze anticipatorie di condanna sono particolari provvedimenti emessi dal giudice istruttore nel corso del processo che hanno la funzione di anticipare alcuni effetti della sentenza, in particolare l'effetto condannatorio. Queste ordinanze sono previste nel rito ordinario di cognizione e sono regolate dagli articoli 186bis, 186ter e 186quater del codice di procedura civile. Il D.Lgs. 149/2022 ha introdotto altre due ordinanze idonee a definire anticipatamente il giudizio: l'ordinanza di accoglimento della domanda (art. 183ter c.p.c.) e l'ordinanza di rigetto della domanda (art. 183quater c.p.c.), sulle quali si dirà nei paragrafi seguenti. Le caratteristiche comuni a tutte e tre le ordinanze sono le seguenti: 1. Funzione anticipatoria: Le ordinanze anticipatorie di condanna sono emesse per anticipare taluni effetti della sentenza, in particolare la condanna al pagamento di somme o la consegna di beni. Tuttavia, non impediscono la prosecuzione del processo fino alla sentenza finale. 2. Richiesta di parte: Le ordinanze vengono emesse su istanza di parte, cioè devono essere richieste dalle parti coinvolte nel processo. 3. Titolo esecutivo: Le ordinanze costituiscono titolo esecutivo, il che significa che il creditore può avvalersi di esse per l'esecuzione forzata nei confronti del debitore. 4. Modificabilità e revocabilità: Le ordinanze sono soggette al regime delle ordinanze, quindi possono essere modificate e revocate dal giudice istruttore durante il corso dell'istruzione. Tuttavia, alcune di esse possono acquisire efficacia di sentenza impugnabile, come vedremo in seguito. Ora vediamo le caratteristiche specifiche di ciascuna delle tre ordinanze: 1) Ordinanza per il pagamento delle somme non contestate (art. 186bis c.p.c.): Questa ordinanza può essere emessa su istanza di parte fino al momento della precisazione delle conclusioni. È concessa quando le parti costituite non contestano determinate somme richieste. L'ordinanza è soggetta alla disciplina delle ordinanze, quindi può essere modificata o revocata durante il corso dell'istruzione. Tuttavia, a differenza delle altre ordinanze del giudice istruttore, questa ordinanza conserva la sua efficacia anche in caso di estinzione del processo e costituisce titolo esecutivo. 2) Istanza di ingiunzione. Il giudice può disporre previa istanza di parte, l’ingiunzione di pagamento di somme o di consegna di beni, se ricorrono i presupposti del decreto ingiuntivo art. 186-ter cpc . L’ordinanza di ingiunzione può essere disposta sino all’udienza di precisazione delle conclusioni. 71 A differenza dell’ordinanza ex art. 186-bis cpc, l’ordinanza di ingiunzione: - può essere pronunciata anche se le somme sono contestate, - anche se la parte è contumace - solo se ricorrono i presupposti per ottenere il decreto ingiuntivo. - se dichiarata esecutiva costituisce titolo per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale. L’istanza può essere proposta: - In udienza: anche oralmente senza formule sacramentali, - Fuori udienza: in tal caso il giudice è tenuto a disporre la comparizione delle parti e ad assegnare il termine per la notificazione. L’ordinanza di ingiunzione: - non è munita di efficacia esecutiva immediata ex lege. La provvisoria esecutorietà non può essere mai disposta ove la controparte abbia disconosciuto la scrittura privata prodotta contro di lei o abbia proposto querela di falso - è soggetta alla disciplina delle ordinanze revocabili, Se l’ingiunto è contumace, l’ordinanza, deve essere notificata nel termine di 60 giorni dalla pronuncia. In tal caso l’ordinanza deve contenere l’espresso avvertimento CHE diverrà esecutiva se il contumace non si costituisce entro venti giorni dalla notifica. Se il processo si estingue l’ordinanza acquista efficacia esecutiva, qualora non sia già munita di formula esecutiva. 3) Ordinanza successiva alla chiusura dell'istruzione. Mentre le due ordinanze precedenti possono essere emesse durante l'istruzione (fino al termine della precisazione delle conclusioni), questa ordinanza viene emessa quando l'istruzione è conclusa. L'ordinanza richiede un'istanza di parte e riguarda richieste di condanna al pagamento di somme o alla consegna/rilascio di beni. Il giudice la pronuncia quando ritiene raggiunta la prova, prendendo in considerazione anche le spese processuali. L'ordinanza costituisce un titolo esecutivo, ma può essere revocata dalla successiva sentenza che definisce il giudizio. Dopo la sua pronuncia, possono verificarsi tre situazioni: 1) se il processo si estingue, l'ordinanza ha efficacia di sentenza impugnabile; 2) se la parte intimata non manifesta la volontà di ottenere una sentenza entro trenta giorni, l'ordinanza assume efficacia di sentenza impugnabile; 3) se la parte intimata richiede una sentenza, l'ordinanza viene sostituita da questa. Capitolo 11 | L’udienza di prima comparizione e trattazione della causa 1. La prima udienza. 72 Nel caso in cui non sia necessario emettere nessuno dei provvedimenti elencati nel primo comma dell'articolo 171bis del codice di procedura civile, il giudice, mediante un decreto comunicato alle parti costituite, conferma o differisce la data della prima udienza. Tale differimento può arrivare fino a un massimo di 45 giorni rispetto alla data originaria, a partire dalla quale decorrono i termini indicati nell'articolo 17Iter (articolo 17lbis, comma 3, c.p.c.). 4. Le memorie integrative di cui all'art. 171ter c.p.c. La riforma Cartabia ha introdotto la possibilità di scambio delle memorie scritte nel processo civile, al fine di favorire la definizione delle questioni in discussione prima dell'udienza e di incidere sulle preclusioni per le parti coinvolte. L'art. 171ter c.p.c., introdotto dal D.Lgs. 149/2022, disciplina le "memorie integrative" che le parti possono presentare a pena di decadenza. Le memorie integrative consentono alle parti di: 1. Proporre domande, eccezioni o modifiche alle domande e alle eccezioni già presentate almeno quaranta giorni prima dell'udienza. 2. Replicare alle domande e alle eccezioni nuove o modificate presentate dalle altre parti almeno venti giorni prima dell'udienza, indicando anche i mezzi di prova e presentando le prove documentali. 3. Replicare alle eccezioni nuove e indicare la prova contraria almeno dieci giorni prima dell'udienza. Le memorie integrative consentono all'attore di rispondere alle difese svolte dal convenuto o dal terzo, proponendo domande o eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto o dal terzo. Inoltre, l'attore può chiedere di chiamare in causa il terzo se l'esigenza è sorta a seguito delle difese svolte dal convenuto nella comparsa di risposta. Le nuove allegazioni presentate con le memorie integrative possono essere di due tipi: a) Allegazioni che si impongono in conseguenza della trattazione dialettica del processo e si basano sul principio del contraddittorio. Solo l'attore può presentare tali nuove allegazioni in risposta alle difese del convenuto o del terzo. Ad esempio, se il convenuto solleva l'eccezione di prescrizione, l'attore può controeccepire che essa si è interrotta o sospesa. b) Allegazioni indipendenti dal contraddittorio e basate sul potere di precisazione e modifica delle domande già proposte. Entrambe le parti possono precisare e modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni già formulate nella prima memoria, senza introdurre domande nuove nel processo. 75 È importante notare che il potere di modificazione della domanda è consentito, ma resta precluso l'introduzione di una domanda completamente nuova. Inoltre, la Corte di cassazione ha stabilito che la modifica del petitum e della causa petendi è ammissibile purché la domanda modificata sia connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio, senza compromettere il diritto di difesa della controparte e la durata ragionevole del processo. Nella seconda memoria, le parti devono indicare i mezzi di prova ed effettuare le produzioni documentali. È anche consentito replicare alle eventuali domande ed eccezioni nuove o modificate presentate dalle altre parti. Nella terza memoria, le parti non si limitano alla sola prova contraria come nella terza memoria del vecchio rito, ma possono replicare alle eccezioni nuove formulate nella memoria precedente. Nelle memorie integrative, le parti possono anche argomentare sulle questioni eventualmente rilevate d'ufficio dal giudice durante le verifiche preliminari, comprese quelle riguardanti le condizioni di procedibilità o i presupposti per procedere con il rito semplificato. L'obiettivo di assicurare il contraddittorio sulle questioni rilevate d'ufficio dal giudice trova conferma nell'attuale testo dell'art. 101, comma 2, c.p.c., che prevede un termine per le parti di depositare memorie contenenti osservazioni sulla questione rilevata d'ufficio. Le questioni di diritto non sono soggette a regimi preclusivi, e il giudice può offrire soluzioni interpretative diverse rispetto a quelle sollecitate dalle parti, sempre nel rispetto del contraddittorio. 5. Le preclusioni ed il loro superamento. Con lo scadere del termine per l'ultima memoria integrativa (10 giorni prima dell’udienza), si stabilisce definitivamente il thema decidendum ed il thema probandum. I margini per introdurre nuove informazioni sono molto limitati. Resta possibile sollevare eccezioni rilevabili d'ufficio, allegare fatti sopravvenuti o questioni di legittimità costituzionale e allegare fatti nuovi a causa di termini ripristinati se la parte dimostra di non esserne responsabile. Queste possibilità si applicano non solo nel primo grado del processo, ma anche in fase di appello o in altri procedimenti separati, non essendo precluse dalla decisione passata in giudicato. 6. La trattazione della causa. La riforma Cartabia ha avuto un impatto significativo sulla prima udienza, anticipando i controlli del giudice e completando l'allegazione delle istanze istruttorie da parte delle parti. 76 Si reintroduce la comparizione personale delle parti e il tentativo obbligatorio di conciliazione da parte del giudice. Durante l'udienza, il giudice interroga liberamente le parti per ottenere chiarimenti e tentare la conciliazione. L'interrogatorio libero fornisce informazioni, ma non costituisce un mezzo di prova formale. Esso serve a fornire al giudice un quadro dei fatti e delle posizioni delle parti. L'interrogatorio formale, invece, costituisce un mezzo di prova e mira a ottenere una confessione giudiziale. È necessaria la presenza personale delle parti, e l'assenza ingiustificata può essere valutata negativamente dal giudice ai sensi dell’art. 116 co.2 c.p.c.. Dopo il tentativo di conciliazione e l'interrogatorio libero, il giudice si occupa delle richieste istruttorie presentate nelle memorie integrative. Questa attività segna il passaggio dalla fase della trattazione a quella dell'istruzione probatoria, in cui vengono ammessi i mezzi di prova. È importante garantire il contraddittorio anche sui mezzi di prova ammessi d'ufficio. Se il giudice ammette alcuni mezzi di prova d'ufficio, le parti possono presentare i propri mezzi di prova entro un termine stabilito dal giudice, e quest'ultimo provvederà successivamente. Se il giudice autorizza l'attore a chiamare un terzo in causa, si fissa una nuova udienza. Dopo la fase di trattazione, si passa alla successiva udienza per l'assunzione dei mezzi di prova, che deve essere fissata entro novanta giorni dalla trattazione, secondo l'ordinanza del giudice. Se l'ordinanza viene emessa fuori dall'udienza, deve essere pronunciata entro trenta giorni. 7. Il calendario del processo. Il calendario del processo è stato introdotto dalla legge 69/2009 e successivamente modificato dalle leggi 148/2011 e D.Lgs. 149/2022 (c.d. Riforma Cartabia 2023). Il calendario del processo, viene menzionato esplicitamente nell'articolo 183, comma 4, del codice di procedura civile. Secondo questa disposizione, il giudice, tenendo conto della natura, dell'urgenza e della complessità della causa, stabilisce con un'ordinanza il calendario delle udienze fino alla decisione finale, indicando gli impegni che verranno svolti in ciascuna udienza. Il mancato rispetto dei termini fissati dal calendario è soggetto a sanzioni disciplinari, come previsto nell'articolo 81bis, comma 2, della disposizione attuativa del codice di procedura civile. Inoltre, con l'articolo 1, comma 465, della legge 205/2017, il legislatore ha cercato di attuare il principio di parità di genere tra gli avvocati nel processo civile. In base a questa disposizione, il giudice deve stabilire il calendario del processo e, se necessario, prorogare i termini fissati, garantendo alle avvocate in stato di gravidanza un 77 L'ordinanza di rigetto può essere emessa: 1) quando la domanda è manifestamente infondata, 2) in caso di nullità della citazione non sanata o 3) se persiste la mancanza di esposizione dei fatti nonostante l'ordine di rinnovazione della citazione o di integrazione della domanda. L’ordinanza di rigetto, può essere emessa solo dopo l'udienza di cui all'articolo 183 e solo se i presupposti ricorrono per tutte le domande in caso di cumulo. Capitolo 12 | L’istruzione probatoria 1. L'ammissione ed assunzione dei mezzi di prova. La richiesta di ammissione dei mezzi di prova può essere inclusa negli atti introduttivi, ma le relative preclusioni sono determinate dalla riforma Cartabia alla scadenza del termine per il deposito della terza memoria integrativa. Successivamente, viene fissata un'udienza per la loro assunzione. È importante distinguere tra: a) l'ammissione del mezzo di prova, quando il giudice valuta che il mezzo di prova è idoneo a dimostrare fatti rilevanti per la causa e che rispetti i limiti legali di ammissibilità, e b) l'assunzione del mezzo di prova, quando la prova viene effettivamente prodotta nel processo. La fase di formazione delle prove nel processo è facoltativa e può essere presente o assente. Non si svolge l'istruzione probatoria nei casi in cui la causa è "matura per la decisione di merito senza bisogno di assunzione di mezzi di prova". L'istruzione probatoria diventa necessaria quando la prova deve essere effettuata durante il processo. In questo caso, il giudice effettua una doppia valutazione per consentire l'accesso al mezzo di prova: 1) che sia ammissibile, rispettando i limiti stabiliti dalla legge, e 2) che il fatto da dimostrare sia rilevante, cioè che il mezzo di prova sia in grado di influenzare la decisione del giudice. 2. I fatti da provare. Sono oggetto di prova i fatti ritenuti pertinenti e idonei a ricostruire la fattispecie. Non necessitano di prova i fatti notori, ovvero le nozioni di fatto comuni, né i fatti pacifici, cioè quelli non contestati dalla parte costituita. Le massime di esperienza, invece, sono regole di ragionamento basate sull'esperienza comune in un determinato contesto storico. 80 La pacificità di un fatto deriva dalla mancata contestazione da parte della parte costituita. La mancata costituzione di una parte, non equivale a una non contestazione, poiché non si può dedurre la volontà di non contestare dal suo mancato intervento. 3. La regola dell'onere della prova. Secondo l'articolo 2697 del codice civile, chiunque intenda far valere un diritto in tribunale deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Allo stesso modo, chi contesta l'efficacia di quei fatti o sostiene che il diritto si è modificato o estinto, deve provare i fatti su cui si basa tale eccezione. I fatti che costituiscono il fondamento dei diritti sono chiamati "fatti costitutivi", mentre quelli che cercano di dimostrare l'inefficacia, la modifica o l'estinzione dei diritti sono chiamati "fatti modificativi, impeditivi ed estintivi" che supportano le eccezioni sollevate. La regola dell'onere della prova implica che chiunque voglia far valere un diritto deve dimostrare i fatti che lo sostengono. Chi solleva eccezioni, invece, deve dimostrare i fatti che giustificano tali eccezioni. Tuttavia, questa regola va coordinata con il principio di acquisizione, secondo il quale una volta che un fatto è acquisito nel processo e provato, viene considerato vero indipendentemente da chi ha fornito la prova. La regola dell'onere della prova può essere considerata una regola dell'onere della mancata prova, poiché le conseguenze negative della mancata prova di un fatto ricadono su chi avrebbe dovuto dimostrarlo ma non l'ha fatto. Questa regola permette al giudice di distribuire le conseguenze negative della mancata prova di determinati fatti al momento della decisione. Ad esempio, se al momento della decisione non è provato che il convenuto abbia causato il danno, la richiesta sarà respinta. Secondo l'articolo 2698 del codice civile, sono nulli: a) i patti che invertano o modificano l'onere della prova se riguardano diritti indisponibili o b) se l'inversione o la modifica rendono eccessivamente difficile l'esercizio del diritto a una delle parti. Questa disposizione mira a prevenire situazioni in cui un accordo sulle responsabilità della prova può portare a un ingiusto svantaggio per una delle parti coinvolte nel processo. 4. Distinzioni tra i vari mezzi di prova. Gli argomenti di prova, le presunzioni. Tra i mezzi di prova, distinguiamo: a) Prove precostituite e prove costituende. 81 Le prove precostituite sono prove che esistono prima del processo e vengono acquisite attraverso la loro presentazione in tribunale (ad esempio, documenti); Le prove costituende, si formano durante il processo stesso (ad esempio, testimonianze, confessioni, giuramenti). b) Prove dirette, indirette o rappresentative. Le prove dirette consentono al giudice di percepire direttamente il fatto da provare (come un'ispezione); le prove indirette o rappresentative utilizzano un mezzo rappresentativo per dimostrare il fatto (come documenti o testimonianze). Le prove critiche o indiziarie riguardano fatti che non costituiscono direttamente la questione, ma permettono al giudice di giungere a una prova del fatto rilevante attraverso un ragionamento presuntivo (ad esempio, le presunzioni). c) Prove liberamente valutabili e prove legali: Le prove liberamente valutabili sono soggette al prudente apprezzamento del giudice per stabilire la loro attendibilità. In questi casi, il giudice ha il potere discrezionale di valutare se il mezzo di prova sia effettivamente rappresentativo. Tuttavia, in alcuni casi, il giudice non ha il potere di valutazione e deve seguire una valutazione predefinita dalla legge, si tratta di prove legali (come confessioni o giuramenti). Accanto ai mezzi di prova, ci sono anche gli argomenti di prova, che consistono in strumenti probatori che da soli non possono supportare una decisione, ma possono integrare prove ottenute altrove con mezzi diversi. Il giudice può trarre argomenti di prova dalle risposte delle parti durante gli interrogatori, dal loro rifiuto ingiustificato di consentire ispezioni o, in generale, dal comportamento delle parti nel processo. Un tipico mezzo di prova critica sono le presunzioni, che sono deduzioni che la legge o il giudice fanno a partire da un fatto noto per arrivare a un fatto ignoto (articolo 2727 del codice civile). Le presunzioni possono essere di diversi tipi: a) Presunzioni assolute: non è consentita prova contraria o è consentita solo con mezzi di prova specifici. b) Presunzioni legali semplici: dispensano coloro a favore dei quali sono stabilite da qualsiasi tipo di prova. In altre parole, quando una presunzione legale semplice è applicabile a un determinato fatto, il giudice può considerare quel fatto provato senza richiedere ulteriori prove da parte della parte beneficiaria della presunzione. Ciò significa che la legge presume che il fatto esista sulla base di un altro fatto noto o dimostrato. Tuttavia, è importante sottolineare che le presunzioni legali semplici non sono assolute e possono essere confutate o superate da prova contraria. Se la parte contro cui opera la presunzione riesce a fornire una prova che smentisce o rende inverosimile il fatto presumibile, la presunzione può essere smentita. 82 Effettuato il disconoscimento della scrittura privata, la parte che ha prodotto lo scritto può scegliere se rinunciare di avvalersi della scrittura, oppure chiedere la verificazione, e dunque proporre i mezzi di prova che ritiene utili, producendo o indicando le scritture che possono servire da comparazione. Si apre in questo modo il procedimento incidentale di verificazione della scrittura privata disconosciuta. Il giudice, effettuate tutte le operazioni e cautele idonee a preservare il documento, stabilisce il termine per il deposito in cancelleria delle scritture di comparazione. Il giudice determina le scritture ammissibili secondo i seguenti criteri: Scritture sulle quali vi è accordo delle parti; Scritture la cui provenienza è riconosciuta; Scritture la cui provenienza è accertata per sentenza o per atto pubblico. Il giudice può nominare un consulente tecnico e provvedere all’ammissione delle altre prove. Il giudice può altresì ordinare alla parte di scrivere sotto dettatura (c.d. saggio grafico), anche alla presenza del consulente tecnico, così come prevede l’art. 219 cpc. Se la parte invitata a comparire personalmente non si presenta o rifiuta di scrivere senza giustificato motivo, ai sensi dell’art. 219, comma 2 la scrittura può ritenersi riconosciuta. 7. La prova testimoniale. La prova testimoniale è la narrazione di fatti storici che riguardano i fatti della causa effettuata, al Giudice istruttore, da un terzo imparziale e attendibile. Modalità di assunzione della prova testimoniale L’ assunzione della prova avviene su istanza di parte rivolta al Giudice che deve contenere: 1. l’indicazione specifica delle persone da interrogare 2. la formulazione di specifici articolati sui quali verrà interrogata la parte È onere della parte richiedente formulare i capitoli di prova mediante articoli. La prova è inammissibile se difetta del requisito della specificità. Oggetto della prova La prova testimoniale deve vertere solamente su fatti oggettivi. Il testimone deve esclusivamente narrare al giudice i fatti specifici a sua conoscenza non può dare un’interpretazione soggettiva. L’ammissione della prova avviene con ordinanza con la quale il Giudice: 1. esclude le prove testimoniali in contrasto con le norme di diritto sostanziale, 2. esclude le prove testimoniali in contrasto con il requisito della specificità, 3. può correggere i capitoli, 4. può ridurre le liste dei testimoni sovrabbondanti, 5. esclude i testimoni che non possono essere sentiti per legge. Il teste deve essere imparziale, pertanto: 85 a) la persona che ha un interesse nella causa non può assumere la qualità di teste cd. incapacità a testimoniare b) la valutazione dell’efficacia probatoria della testimonianza di coniuge, parenti e affini è lasciata al libero apprezzamento del giudice La deposizione resa da persone incapaci dà luogo ad una nullità relativa sanabile se non rilevata tempestivamente dall’interessato in sede di espletamento della prova. Non vi sono limiti di età a testimoniare. I minori di anni 14 non prestano giuramento. Il testimone ha il dovere di deporre. Se rifiuta, rende falsa testimonianza o è reticente, soggiace a sanzioni penali Il giudice può infatti denunciarlo al pubblico ministero al quale trasmette copia del processo verbale. Il testimone può esercitare la facoltà di astensione solo se si tratta di: a) segreto professionale b) segreto d’ufficio c) segreto di Stato Il giuramento del testimone nel processo civile e l’impegno a dire la verità, hanno carattere promissorio. Citazione del testimone la parte che intende avvalersi della testimonianza deve: a) intimare i testimoni a comparire all’udienza fissata per l’espletamento della prova. b) L’intimazione deve essere notificata mediante: ufficiale giudiziario, fax, raccomandata o posta elettronica certificata, c) La notifica dell’intimazione deve avvenire almeno 7 giorni prima dell’udienza fissata dal giudice per l’espletamento della prova In caso di omessa citazione, senza giustificato motivo, la parte viene dichiarata decaduta dalla prova anche d’ufficio, salvo che l’altra parte dichiari di avere interesse all’audizione. Se il testimone regolarmente intimato non si presenta, il giudice può ordinare una nuova intimazione oppure disporre l’accompagnamento coatto. Modalità di assunzione della prova All’udienza fissata per l’assunzione della prova: - Il Giudice è tenuto a identificare i testimoni mediante l’invito a dichiarare le generalità e le cause di incapacità, - Ogni testimone è esaminato in modo separato e deve rispondere personalmente e oralmente alle domande, - Il teste può essere interrogato solo dal giudice le parti hanno solo la facoltà di domandare al giudice di rivolgere al teste domande utili a chiarire i fatti. - le domande devono riguardare fatti specifici senza essere suggestive L’inosservanza delle formalità di assunzione della prova comporta nullità rilevabile solo su istanza di parte nella prima udienza o difesa successiva. 86 Esperita la prova testimoniale, il Giudice può: - disporre di richiamare i testimoni per esaminarli nuovamente - disporre il confronto dei testimoni, - disporre l’escussione dei testimoni ritenuti superflui in un primo tempo, - può chiamare d’ufficio a deporre i testimoni di riferimento testimoni cioè di cui sia venuto a conoscenza da parte di chi ha reso testimonianza. La testimonianza de relato Si verifica testimonianza de relato quando il teste depone su fatti non da lui percepiti direttamente, ma che gli sono stati riferiti da altre persone cd. testimonianza indiretta. La testimonianza indiretta si distingue in: De relato actoris: questi testimoni depongono su fatti e circostanze di cui sono stati informati dal soggetto medesimo che ha proposto il giudizio. La rilevanza del loro assunto è sostanzialmente nulla. De relato in genere: sono testimoni che depongono su circostanze che hanno appreso da persone estranee al giudizio. La rilevanza delle loro deposizioni è attenuata, ma può assumere rilievo ai fini del convincimento del giudice. La testimonianza scritta La testimonianza scritta, introdotta dalla legge n. 69/2009, si forma all’interno del processo. Per entrare all’interno del processo, occorre che si verifichino due condizioni: 1) Ammissione del giudice, 2) Accordo delle parti; La deposizione scritta non è libera, ma è predeterminata su un modello appositamente predisposto. Il modello di testimonianza deve avere le caratteristiche previste dall’art. 103-bis, disp. att. e cioè deve: Essere conforme al modello approvato con decreto del Ministro della giustizia; Essere sottoscritto in ogni foglio dalla parte che ne ha curato la compilazione; Contenere l’invito a dichiarare gli eventuali rapporti personali con le parti ecc.. E altre specifiche prescrizione, cui si rinvia alla norma già citata. Il testimone, una volta sottoscritto il modello, deve spedirlo in busta chiusa o consegnarlo personalmente in cancelleria. Il giudice una volta esaminate le risposte scritte può sempre disporre l’audizione del testimone dinnanzi a lui. 8. La confessione. L’interrogatorio formale è il mezzo istruttorio mediante il quale una parte processuale intende provocare la confessione giudiziale dell’altra parte su un fatto a questi sfavorevole. 87 10. La consulenza tecnica. La consulenza tecnica è un mezzo istruttorio, che serve ad aiutare il giudice nella valutazione degli elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che comportino specifiche conoscenze. La consulenza non può mai essere disposta al fine di esonerare la parte dal fornire la prova dei fatti posti a fondamento della domanda. Il giudice può nominare il consulente tecnico con ordinanza in qualunque momento del processo. Le parti possono nominare un loro consulente tecnico (cd. consulente tecnico di parte) entro il termine assegnato dal giudice. Il consulente tecnico di parte: - Può assistere a tutte le operazioni del consulente d’ufficio - Può partecipare all’udienza e alla camera di consiglio ogni volta che vi interviene il consulente del giudice. La relazione del CTP non è vincolante per il giudice, che può disattenderne le conclusioni senza obbligo di analizzarle e senza perciò incorrere in vizio di motivazione. 11. L’ispezione L’ispezione giudiziale può essere disposta d’ufficio dal Giudice. L’ispezione può essere: a) reale se ha per oggetto una cosa, mobile o immobile. b) personale e ha per oggetto il corpo di una persona. All’ispezione procede personalmente il giudice o un consulente tecnico, nominato appositamente. Limiti dell’ispezione: 1) L’accertamento deve compiersi senza grave danno per la parte o per il terzo e 2) senza costringerli a violare il segreto professionale, il segreto d’ufficio e il segreto di Stato. 12.L'esibizione e la richiesta di informazioni alla pubblica amministrazione. L'ordine di esibizione è un'altra fonte di prova nel processo civile. Il giudice istruttore, su istanza di una delle parti, può ordinare all'altra parte o a un terzo di esibire in tribunale un documento o un'altra cosa ritenuta necessaria per il processo. Il giudice stabilisce il tempo, il luogo e il modo dell'esibizione e, se necessario, può imporre una spesa che deve essere anticipata dalla parte che ha richiesto l'esibizione. La riforma Cartabia ha introdotto una sanzione pecuniaria da 500 a 3000 euro per la parte che non adempie all'ordinanza di esibizione senza giustificato motivo. 90 Il comportamento della parte può essere utilizzato come argomento di prova dal giudice ai sensi dell'articolo 116 del codice di procedura civile. Quando l'ordinanza riguarda un terzo, il giudice deve conciliare l'interesse della giustizia con i diritti del terzo e può ordinare che il terzo sia citato in tribunale, concedendo alla parte un termine per farlo. Il terzo ha sempre la possibilità di opporsi all'ordinanza di esibizione intervenendo nel processo prima della scadenza del termine. Se il terzo non adempie, può essere condannato a una sanzione pecuniaria compresa tra 250 e 11.500 euro. Il giudice istruttore può anche ordinare che venga esibita una copia, anche fotografica, o un estratto autentico al posto dell'originale di un documento. Nel caso di libri di commercio o registri, su richiesta dell'interessato, il giudice può ordinare la produzione di estratti nominando un notaio e, se necessario, un esperto che lo assista. Inoltre, il giudice può richiedere d'ufficio informazioni scritte alla pubblica amministrazione riguardanti atti e documenti dell'amministrazione stessa che siano necessari per il processo. Il recente D.Lgs. 149/2022 ha introdotto un termine di sessanta giorni per la pubblica amministrazione per trasmettere le informazioni richieste o comunicare le ragioni del diniego. L'amministrazione è tenuta a collaborare fornendo le informazioni richieste e, se non lo fa, può essere oggetto di un'ordinanza di esibizione ai sensi dell'articolo 210 del codice di procedura civile. 13. Le prove atipiche nel processo. Le prove atipiche sono quei mezzi di prova che il giudice può porre a fondamento della propria decisione ma che non sono previsti specificatamente come mezzo istruttorio. Vengono definite atipiche perché entrano nel processo civile con una finalità diversa da quella per cui sono state create. Sono prove atipiche: Le prove raccolte in altro processo civile: sono i verbali di qualunque prova assunta in altro processo hanno valenza probatoria indiziaria; Le sentenze civili rese in altri giudizi: - Se emessa tra le stesse parti : ha efficacia vincolante anche nel processo in cui viene prodotta. Il giudice può tenere conto non solo del contenuto della stessa ma anche del materiale probatorio raccolto in tale altro giudizio. - Se non emessa tra le stesse parti: si avrà la c.d. efficacia indiretta. Le sentenze penali o atti di altri procedimenti penali: hanno valore indiziario nel procedimento civile: - La sentenza in un procedimento penale - Prove assunte in un procedimento penale, - La sentenza di patteggiamento, - La sentenza non passata in giudicato; 91 La sentenza penale passata in giudicato intervenuta tra le medesime parti, non fa parte delle prove atipiche, attesa la valenza della stessa nel procedimento civile. Le perizie stragiudiziali e consulenze tecniche di parte: tali documenti hanno valore di mero indizio; Le scritture provenienti da terzi: questi documenti e le dichiarazioni in essi contenute hanno valore indiziario ma in concorso con altre circostanze o in assenza di contestazioni possono formare fonte di convincimento del giudice; Le scritture contenenti dichiarazioni provenienti dalla parte: la cd. autocertificazione ha piena efficacia probatoria solamente nei confronti della pubblica amministrazione. Fuori da tali casi, le scritture contenenti dichiarazioni della parte non hanno nessuna valenza probatoria e nemmeno indiziaria; Le certificazioni amministrative: possono essere posti a base della decisione poiché hanno una presunzione di legittimità; I verbali della pubblica amministrazione: fanno piena prova con riguardo ai fatti materiali che il pubblico ufficiale afferma di avere personalmente compiuto o constatato. 14. Le modalità di assunzione della prova. Con l'ordinanza che ammette i mezzi di prova (art. 183, comma 4, c.p.c.), il giudice istruttore, stabilisce tempo, modo e luogo di assunzione, eventualmente disponendone la prosecuzione ad udienze successive per il caso in cui l'assunzione non possa esaurirsi in una unica udienza (art. 202 cp.c.). Le parti hanno il diritto di assistere personalmente all'assunzione dei mezzi di prova, e viene redatto un processo verbale sotto la guida del giudice. Se una delle parti non si presenta all'udienza fissata, il giudice può dichiararne la decadenza dal diritto di far assumere la prova, a meno che l'altra parte non chieda l'assunzione. In caso di mancata comparizione per una causa non imputabile alla parte interessata, è possibile chiedere la revoca dell'ordinanza di decadenza all'udienza successiva. Il giudice decide ogni questione riguardante l'assunzione dei mezzi di prova tramite un'ordinanza. Nel caso in cui l'assunzione debba avvenire al di fuori della circoscrizione del tribunale, il giudice istruttore può delegare un altro giudice istruttore del luogo, a meno che le parti non richiedano che il giudice stesso si trasferisca. L'ordinanza di delega deve specificare il termine entro cui la prova deve essere assunta e l'udienza di comparizione delle parti per la prosecuzione del giudizio, anche se l'assunzione non è stata completata. Il giudice delegato procede all'assunzione della prova e redige un processo verbale, che viene poi trasmesso al giudice istruttore delegante. È possibile richiedere al giudice delegante una proroga del termine. 92 - La costituzione tempestiva si verifica quando le parti si costituiscono entro i termini stabiliti (dieci giorni dalla notificazione per l'attore, settanta giorni prima della prima udienza per il convenuto). mentre - la costituzione tardiva si verifica quando le parti si costituiscono oltre tali termini. In entrambi i casi, la contumacia viene dichiarata con un'ordinanza al termine delle verifiche preliminari effettuate dal giudice istruttore ai sensi dell'articolo 171bis del codice di procedura civile. Il processo prosegue "in contumacia" di una delle parti, con alcune differenze nei poteri delle parti, in particolare per il convenuto che incorre nelle decadenze previste dall'articolo 167 in caso di costituzione tardiva. Nel caso della contumacia dell'attore, se il convenuto ne fa richiesta, il giudice istruttore, dichiarando la contumacia, può ordinare la prosecuzione del giudizio e dare le disposizioni previste dall'articolo 187. In caso contrario, il giudice dispone la cancellazione della causa dal ruolo, estinguendo il processo. Per quanto riguarda la contumacia del convenuto, la mancata costituzione può dipendere da una scelta consapevole o da un vizio che ha impedito al convenuto di essere informato della causa. Se durante le verifiche preliminari il giudice istruttore non rileva vizi che abbiano impedito al convenuto di avere conoscenza del processo, dichiara la contumacia ai sensi dell'articolo 171, comma 3, del codice di procedura civile. Tuttavia, se viene rilevato un vizio che comporta nullità nella notificazione della citazione,. Il Giudice istruttore fissa all’attore un termine perentorio per rinnovare la notifica. Il vizio dell'atto che ha portato il convenuto a ignorare il processo, può essere sanato dal giudice alla prima udienza con effetto retroattivo. Tuttavia, se il convenuto non si costituisce entro il termine stabilito dall'articolo 166 del codice di procedura civile (c.p.c.), il giudice dichiara la sua contumacia. La contumacia del convenuto non viene dichiarata se il convenuto si costituisce dopo la scadenza del termine di costituzione ma prima della pronuncia del decreto di cui all'articolo 171bis, comma 2, c.p.c.. Se l'attore non adempie all'ordine del giudice di rinnovare la notificazione della citazione o la citazione stessa per vizi attinenti alla vocatio in ius, il giudice ordina la cancellazione della causa dal ruolo e il processo si estingue senza un periodo di quiescenza. Nel processo in contumacia, non è necessario che l'attore manifesti la volontà di proseguire il giudizio, poiché il giudizio è instaurato di sua iniziativa. Il contumace non può compiere atti nel processo né partecipare attivamente al procedimento, ma non subisce una presunzione di torto (ficta confessio). 95 La contumacia è considerata come tacita contestazione (ficta litis contestatio), e pertanto rimangono invariate le regole riguardanti l'onere di provare i fatti a fondamento delle rispettive pretese. Il processo in contumacia è soggetto a regole particolari volte a evitare che la contumacia danneggi la parte costituita e a salvaguardare i diritti del contumace. L'articolo 292 c.p.c. individua gli atti che devono essere notificati personalmente al contumace, come l'ordinanza che ammette l'interrogatorio o il giuramento e le comparse contenenti domande nuove o riconvenzionali. Al contumace devono essere notificate anche personalmente la sentenza e il verbale in cui si attesta la produzione di una scrittura privata che può essere disconosciuta. Altri atti che non comportano oneri sono considerati comunicati con il deposito in cancelleria e l'apposizione del visto del cancelliere sull'originale. Gli atti che non rientrano in queste categorie non sono soggetti a notificazione o comunicazione. La dichiarazione di contumacia non è definitiva, poiché il contumace può costituirsi in qualsiasi momento del procedimento fino all'udienza di precisazione delle conclusioni. Al momento della costituzione, il contumace può disconoscere le scritture prodotte contro di lui. Se la dichiarazione di contumacia è stata involontaria, cioè il contumace non era a conoscenza del processo e la sua mancata costituzione non è stata una scelta deliberata, la legge prevede la possibilità di una rimessione in termini. Il contumace che si costituisce può chiedere al giudice istruttore di compiere attività che gli sarebbero precluse se dimostra che la nullità della citazione o della notificazione gli ha impedito di avere conoscenza del processo e che la sua costituzione è stata impedita per cause non imputabili a lui. Il giudice decide sulla rimessione in termini se ritiene verosimili i fatti allegati, e questa decisione è resa con un'ordinanza. L'istituto della rimessione in termini opera per qualsiasi ipotesi di decadenza dovuta a cause non imputabili, come stabilito dall'articolo 153, ultimo comma, c.p.c. Capitolo 14 | La fase decisoria 1. Premessa La fase decisoria è l'ultima fase del processo che porta alla sentenza, dopo il completamento della fase istruttoria. Con l'introduzione del giudice unico di tribunale, è necessario distinguere tra la fase decisoria davanti al giudice monocratico e quella davanti al tribunale collegiale. Originariamente, il codice prevedeva la decisione dell'organo collegiale come regola, ma con il D.Lgs. 51/1998 la monocraticità è diventata la regola generale, mentre la collegialità è l'eccezione. 96 L'organo collegiale è composto da tre membri: 1) il presidente, 2) il giudice relatore e 3) il terzo giudice. Le differenze tra i due procedimenti si riflettono anche nella fase istruttoria. Nei paragrafi che seguono, verrà esaminata la fase decisoria per quanto concerne l’organo collegiale. 2. La rimessione in decisione. La "rimessione in decisione" si verifica quando il giudice istruttore ritiene che la causa sia pronta per la decisione finale. Ciò può accadere in diversi casi: 1) Se la causa è matura per la decisione senza la necessità di ulteriori prove, ad esempio quando si tratta di una questione di diritto o quando la causa si basa solo su documenti. In tal caso, il giudice rimette le parti al collegio per la decisione. 2) Se il giudice istruttore rimette le parti al collegio per decidere separatamente una questione preliminare di merito che può definire il giudizio. Le questioni preliminari di merito sono elementi della fattispecie, come ad esempio la prescrizione del diritto. Il giudice può rimettere la causa al collegio se ritiene che la questione preliminare sia fondata. 3) Se sorgono questioni di giurisdizione, competenza o altre questioni pregiudiziali, il giudice può rimettere la causa al collegio per la decisione. Le questioni pregiudiziali di rito sono questioni processuali che riguardano i presupposti processuali. Anche in questo caso, il giudice valuta sommariamente la fondatezza della questione pregiudiziale prima di rimettere la causa al collegio. 4) Se la causa è pronta per la decisione dopo il completamento dell'intera fase istruttoria, compresa l'assunzione di tutte le prove ammesse. In questo caso, il giudice istruttore rimette le parti al collegio per la decisione. 3. La nuova udienza di cui all'art. 189 c.p.c. La riforma Cartabia ha modificato la fase decisoria del processo, introducendo l'udienza di rimessione della causa in decisione, che sostituisce l'udienza di precisazione delle conclusioni. Secondo l'articolo 189 del codice di procedura civile novellato, una volta completata l'istruttoria, il giudice fissa un'udienza per rimettere la causa al collegio per la decisione e assegna alle parti tre termini perentori, a meno che queste rinuncino. Durante questa udienza, le attività difensive sono limitate, poiché le parti devono svolgere le loro attività residue entro i termini stabiliti dal giudice. L'udienza di rimessione in decisione è solo un passaggio della causa al collegio per la decisione, come stabilito dal terzo comma dell'articolo 189 del codice di procedura civile. 97