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Risposte alle domande aperte di Discipline Demoetnoantropologiche | Mario Pesce, Panieri di Etnologia

Paniere con risposte verificate alle domande aperte di Discipline Demoetnoantropologiche. Docente: Mario Pesce - eCampus

Tipologia: Panieri

2023/2024

In vendita dal 23/03/2024

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Scarica Risposte alle domande aperte di Discipline Demoetnoantropologiche | Mario Pesce e più Panieri in PDF di Etnologia solo su Docsity! Lezione 1 Cosa studia l’antropologia? L’oggetto di studio dell’antropologia è certamente l’uomo, visto sotto un preciso aspetto, ovvero quello culturale. Dal greco anthropos (uomo) e logos (discorso) l’antropologia studia i fatti umani sotto l’aspetto culturale, studia le diverse identità ed i tratti culturali degli individui. Viene studiato l’uomo nella propria quotidianità, come per esempio la vita contadina in Italia degli anni ’70. Agli inizi della disciplina gli antropologi erano studiosi che non scendevano sul campo ma ricevevano le informazioni ed i report di chi invece si trovava nei luoghi di studio. Questo era molto limitante poiché le informazioni ricevute erano già frutto di una visione soggettiva di chi le forniva. Questi antropologi avevano un nome: armchair, ovvero antropologi da poltrona, che non si muovevano dal loro uHcio. Commentare il racconto del cittadino americano medio Il testo in questione fa riferimento ad azioni che un uomo americano svolge quotidianamente, dal momento in cui si sveglia a quando fa colazione. Si nota come oggetti di uso comune abbiano proveniente diKerenti  le diverse culture si sono unite mischiate e trasformate nel tempo, Lno a raggiungere come le conosciamo noi oggi. La critica è diretta nei confronti dell’americano medio, che si crede superiore e inventore di tutti gli oggetti presenti nel mondo, come se senza di lui questi non esisterebbero. Si critica l’ideologia dell’uomo americano invincibile ed essenziale. Esporre il pensiero di James Frazer Sir. James Frazer (1854-1941), insieme a Taylor, fu uno dei primi antropologi ad occuparsi degli usi, costumi e pratiche culturali e religiose delle popolazioni Altre. Il suo metodo era un metodo comparativo. Figlio dell’evoluzionismo e del periodo vittoriano e coloniale, diviene fondamentale il suo contributo all'antropologia culturale e alla storia delle religioni. I suoi studi si concentrano sui fenomeni religiosi dei popoli primitivi, collegando questo concetto con quello di magia, comparsa in un momento precedente all’arrivo dell’uomo al concetto di religione. Gli step sono: magia, religione, scienza. Lezione 2 Commentare il concetto di cultura di Edward Taylor La cultura per Taylor è un sistema complesso che include la conoscenza, le credenze, l’arte, la morale, il diritto, il costume e qualsiasi altra capacità dell’uomo come membro sociale. Scaricato da Diego Conte ([email protected]) lOMoARcPSD|18139644 È un concetto che nasce da uno stretto colonialismo britannico che sottintende una superiorità bianca ed inglese sulle altre popolazioni primitive, termine utilizzato per descrivere quei popoli bloccati in una fase precedente a quella della vera cultura occidentale e, ovviamente a quella della vera religione, ovvero monoteista/cristiana. Il suo concetto di cultura e statico, visto come una scatola dove si inseriscono vari “oggetti” e non c’è correlazione tra le Culture Superiori e le Culture Altre. Nel suo concetto di cultura si notano parole come morale, diritto, costume, concetti prettamente occidentali e che rimarcano quella che lui vedeva come superiorità bianca. È certamente un concetto di cultura limitato e limitante, poiché pone una barriera invalicabile tra ciò che caratterizza la cultura di un popolo e di un altro più o meno diverso. La cultura per Taylor è un concetto conLnato alle popolazioni occidentali, dunque superiori e non include in nessun modo un concetto più ampio di cultura come l’insieme delle conoscenze, tradizioni, credenze di un individuo, dunque, di un popolo intero. Esporre il pensiero di Edward Taylor E.B. Taylor è uno dei massimi esponenti dell’antropologia ed ha come dettame principale l’evoluzione sociale e della specie di tipo unilaterale, partendo da società meno sviluppate e deLnite primitive, Lno a giungere alle Civiltà più sviluppate deLnite complesse. Da qui il concetto di cultura statica, bloccata come se fosse una scatola in cui inserire oggetti.  non vi è alcuna relazione tra culture superiori e culture inferiori. Nella sua opera Primitive Culture (1871) evidenzia tre stadi dell’evoluzione che rappresentano proprio gli step evolutivi della religione: - Animismo (stadio iniziale, primitivo della religione) - Politeismo - Monoteismo (step + evoluto della religione) Lezione 3 Cos’è il Darwinismo sociale? Il darwinismo sociale è una corrente di pensiero i cui sostenitori applicano allo studio delle società umane i principi darwiniani della «lotta per la sopravvivenza» (struggle for life and death) e della selezione naturale del più adatto, sostenendo che questi debbano essere la regola delle comunità umane. La specie umana viene quindi regolata dalle stesse leggi del mondo animale e naturale  dominata anch’essa da una lotta per la sopravvivenza del più forte. Parlare del pensiero di Charles Darwin Scaricato da Diego Conte ([email protected]) lOMoARcPSD|18139644 Le sue teorie si basano sul criminale per nascita, le caratteristiche criminali di un individuo sono ritrovabili nelle sue caratteristiche Lsionomiche diverse da quelle di un uomo normale. Commentare il Manifesto della Razza il manifesto della razza è la risposta dell’italia alla germania antisemita. Il Manifesto della Razza (1938) mostra la posizione politica italiana nei confronti del razzismo Lsiologico. Decisiva anche l’idea di fondo del Manifesto, quella sfumatura quasi scientiLca del concetto di razza, come componente biologica, pura di un individuo. Tale concezione sarà così potente e convinta da generare poi, insieme alla Germania, uno dei periodi più bui della storia dell’uomo. L’italia si deLnisce Leramente razzista  sottolineando l’esistenza delle diverse razze umane e che la scienza ne è la prova. È necessario mantenere una razza pura in modo che non si mischino le etnie. Esporre i dettami del metodo etnograPco La monograLa etnograLca è un metodo esclusivo che ambisce a cogliere e descrivere un quadro esaustivo di una determinata cultura. La monograLa vuole essere un punto di appoggio al lavoro dell’antropologo che non si deve fermare alla ricerca sul campo ma continua con l’elaborazione teorica e con l’approfondimento di ciò che è stato osservato. Delineare il processo teorico della ricerca sul campo: 1. Un campo prolungato nel luogo della ricerca: vivere a contatto con locali, spostare la tenda al centro del villaggio. 2. Osservazione partecipante: entrare a far parte del gruppo e osservare partecipando nel quotidiano, far emergere il punto di vista dell’altro. 3. La scrittura di un diario di campo (scrittura etnograLca). 4. Restituzione alla comunità scientiLca di una monograLa: la vera conclusione di una ricerca. Parlare del metodo di ricerca di Bronislaw Malinowski Scaricato da Diego Conte ([email protected]) lOMoARcPSD|18139644 Possiamo considerare Malinowski, antropologo polacco della Lne dell’800, il vero rivoluzionario del metodo di ricerca etnograLco. I suoi studi condotti sulle Isole Trobriand produrranno un rapporto, uscito nel 1922, che diventerà il più importante testo di antropologia per i successivi 50 anni. Con Malinowski prende piede la ricerca sul campo combinata con l’osservazione partecipante, questa tecnica non richiedeva una semplice raccolta dei dati ma anche un’esperienza di vita prolungata nell’ambito culturale oggetto di studio. I due aspetti che caratterizzano la metodologia di Malinowski sono: la permanenza prolungata nel luogo oggetto di studio, e il coinvolgimento personale  questa tecnica venne da lui stesso denominata osservazione partecipante, il concetto che sta alla base di questo metodo è quello che per conoscere una cultura bisogna viverla direttamente. (lavoro etnograLco che si sviluppa in maniera diametralmente diversa rispetto al lavoro di Frazer). Secondo Malinowski entrando in un rapporto di totale sintonia con i nativi si può raggiungere una forma di intesa oggettiva che non può essere altrettanto raggiunta da chi, come gli antropologi armchair, utilizza fonti di seconda mano senza mai aver conosciuto la natura di cui parla. 1. Un campo prolungato nel luogo della ricerca: vivere a contatto con locali, spostare la tenda al centro del villaggio. 2. Osservazione partecipante: entrare a far parte del gruppo e osservare partecipando nel quotidiano, far emergere il punto di vista dell’altro. 3. La scrittura di un diario di campo (scrittura etnograLca). 4. Restituzione alla comunità scientiLca di una monograLa: la vera conclusione di una ricerca. Bronislaw Malinowski e l’osservazione partecipante La popolazione nel caso viene studiata solamente da un punto vista emico, ossia la cultura comprensibile solo dal suo interno e non dall’osservazione esterna e distaccata. Attraverso questo metodo cessa di esistere la separazione tra osservatore e oggetto osservato dato che in questo modo i due soggetti interagiscono, instaurano una relazione. Malinoswski e lo studio della parentela Le tavole genealogiche sono una forma concreta di ciò che è stato ricostruito dalle indagini parentali e dalle relazioni familiari. Una carta genealogica è una carta sinottica, riassuntiva ed esplicativa di un insieme di relazioni parentali interconnesse. Malinoswski in questo ambito si avvicina al pensiero di Freud perché ritiene che attraverso determinate strutture sociali si possa comprendere l’idea di cultura. Parlare del rito di Kula: scambio di doni nelle isole Trobiant Scaricato da Diego Conte ([email protected]) lOMoARcPSD|18139644 Isole Trobriand. Si scambiano due tipi di beni, solo tra loro: collane di conchiglie rosse giravano in senso orario e i bracciali di conchiglie bianche su canoe in senso antiorario. Il rito consisteva nello scambio di questi oggetti da isola a isola, per un periodo di tempo chi ha i gioielli ne è il possessore e potrà ammirarla ed esibirla Lno a che non verrà organizzata una nuova spedizione per trasferire i monili su un’isola successiva, l’oggetto dopo un lungo periodo di tempo tornerà nell’isola da cui era partito. Attraverso questo rito le popolazione delle isole Trobiant mantengono un contatto confermando l’appartenenza culturale comune. Franz Boas, fondatore dell’antropologia moderna americana, riLutava le teorie evoluzionistiche precedentemente redatte, riLutava cioè l’idea di una evoluzione delle cosiddette razze umane da “primitive” a “civilizzate”. Boas si distacca dal concetto secondo cui esiste un’unica cultura, tipico del pensiero evoluzionista, ed individua l’esistenza di dignità culturali diKerenti. Boas pensava al lavoro sul campo come qualcosa che dovesse prendere in considerazione una sola cultura o aree culturali particolari, deLnendo quello che verrà chiamato “Particolarismo Storico” il quale era alla base di ogni progetto di tipo comparativo. Nel suo testo “L’uomo primitivo” (1911) si delineano i primi passi di un’antropologia contro ogni forma di razzismo e discriminazione. La tesi portata avanti nel testo è che la razza umana è una, sia sotto l’aspetto biologico sia intellettuale. Secondo Boas non esiste una cultura, ma esistono culture diverse, quest’idea trova il fondamento nel concetto che ogni cultura è legata ad un gruppo etnico ed è tale per il particolare iter storico che la caratterizza. Parlare del rito di Potlatch Tra il 1894 ed il 1895 Boas conduce una ricerca sul campo tra Nativi Americani Kwakiutl, sulla costa settentrionale del PaciLco. La monograLa di tale ricerca, chiamata “L’organizzazione sociale e le società segrete degli indiani K. (1897) analizza e spiega il rito di Potlatch. Si tratta di rituali di ostentazione con la condivisione di oggetti diversi e considerati di grande prestigio, dunque non di uso comune. Chi riceve un dono, per non essere in debito, lo deve restituire. Uno dei due ad un certo punto non potrà restituire, acquisendo o riacquisendo prestigio/status. È una gara, una sLda tra individui dello stesso rango sociale; è una competizione positiva nel gruppo. Questo rito ha certamente una funzione sociale. Scaricato da Diego Conte ([email protected]) lOMoARcPSD|18139644 vengono condivisi in una società (interazionismo simbolico). La cultura ha dunque una funzione fondamentale nella deLnizione della propria identità. Parlare del pensiero di Ruth Benedict I discepoli di Boas avevano il compito di diKondere le posizione relativiste in ambito antropologico. I suoi studi, inoltre, hanno rappresentato un ponte tra la psicologia e l’antropologia. La Benedict, di fatto, apparteneva a quella corrente che oggi conosciamo come “Cultura e personalità”. Allieva di Franz Boas e collega di Margaret Mead, studia principalmente la disgregazione culturale dei Nativi Americani, producendo uno studio chiamato Modelli di Cultura (1934) portando avanti una metodologia mista tra antropologi e scienze psicologiche. Nel libro Modelli di cultura Ruth Benedict sottolinea che l’elemento determinante nella formazione del comportamento individuale è la cultura e non gli aspetti biologici. Ne consegue che le diVerenze comportamentali tra le varie società sono dovute alla cultura che crea e plasma modelli diversi. La sua tesi è che in ogni società, dunque cultura, sono presenti uno o più modelli (4) ma mai tutti insieme. Esporre il pensiero di CliVort Geertz Viene iniuenzato da LlosoL e sociologi come weber e Wittgenstein. La presenza e la viva esperienza non bastano più a garantire l'accesso a un'altra cultura: tale accesso deve passare attraverso la comprensione del sistema di significati che i nativi attribuiscono alla propria vita sociale. Padre della Teoria Interpretativa secondo la quale le culture vanno spiegate attraverso l’interpretazione dei signiLcati profondi, la cultura diviene un testo ed il proprio informatore non è più mero traduttore ma esperto della propria cultura che supporta l’antropologo nel suo lavoro. A questo punto serve un’interpretazione oltre all’interpretazione generando quello che viene deLnito Circolo Ermeneutico: prima si individuano le categorie generali in una certa cultura poi si approfondisce attraverso forme di rilettura degli appunti, ritorni sul campo, arricchendo tutto con ulteriori letture ed interpretazioni. Per Geertz i soggetti sono gli individui e le modalità della vita quotidiana, valori che non possono essere ridotti a forme stereotipate di pratiche comportamentali o modelli cognitivi. Per Geertz capire una cultura non signiLca soltanto viverla, ma scriverla e descriverla in un testo  Descrizione densa Che cosa è la Descrizione Densa? La descrizione densa è un metodo di indagine e di organizzazione dei dati. In questo metodo ha un ruolo determinante il contesto di riferimento. Scaricato da Diego Conte ([email protected]) lOMoARcPSD|18139644 La D.D. rappresenta la forma scritta dell’antropologia, essa cerca di andare in profondità ai fatti sociali, cercando di comprendere non restando in superLcie e cercando di far emergere il punto di vista dell’altro per poi rielaborarlo nella scrittura interpretativa. Lamberto Loria e l’esposizione universale del 1911 Loria fu il fondatore del Museo delle Tradizioni Popolari di Roma, oggi Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale e fu uno dei primi demologi italiani. (demo: tradizione) Fa ricerca in Turkestan, Isole Trobiand, Lapponia ed Eritrea. Nel 1911 Lamberto Loria, organizza un’esposizione dove, oltre ai padiglioni delle varie nazioni, fu organizzata la mostra di EtnograLa Italiana in occasione del 50esimo Anniversario dell’Unità d’Italia. Gli oggetti portati per la mostra rappresentano “l’identità italiana”. Gli oggetti, per lo più abiti, erano pieni di toppe, con buchi e rattoppi i quali poi saranno sostituiti da come fedeli che rappresentano l’unità d’Italia. La mostra viveva quindi sull’ambivalenza di due concetti: 1. Finzione 2. Autenticità La crisi della presenza e la natura opprimente nel pensiero di De Martino Nel 1948 De Martino inserisce nell’opera Mondo Magico il concetto di “presenza” ma non ne dà una deLnizione esaustiva. Secondo l’autore è molto importante non solo cogliere il carattere storico della realtà, ma bisogna riconoscere che la stessa “presenza umana” è un prodotto della storia. La presenza sarebbe in tale senso un “sapersi e sentirsi presenti” in un rapporto emotivamente connotato con il mondo e con il proprio essere. La presenza signiLca esserci come persone dotate di senso in un mondo dotato di senso  rispondere attivamente ad una determinata situazione storica, partecipandovi attivamente attraverso l’iniziativa personale e andandovi oltre attraverso l’azione. Per crisi della presenza De Martino intende lo spaesamento dell’individuo al cospetto di particolari eventi e situazioni, in cui l’individuo si sperimenta incapace di agire e di determinare la propria azione. La crisi della presenza è la situazione in cui l’individuo si trova sentendosi minacciato di fronte alla natura, natura intesa nel suo senso universale, considerando la totalità dei fenomeni. Il rito aiuta l’uomo a sopportare una sorta di “crisi della presenza” che avverte di fronte alla natura, sentendosi minacciato. I comportamenti stereotipati dei riti oKrono rassicurazioni, costruendo dei modelli che verranno poi chiamati “tradizione”. De Martino lavorò su alcuni documenti tratti dalla letteratura etnologica e psicopatologica dal quale deriva un concetto di presenza per lo più negativo. Parlare del pensiero di Ernesto De Martino Scaricato da Diego Conte ([email protected]) lOMoARcPSD|18139644 Benedetto si rifà alla LlosoLa di Benedetto della Croce da cui ereditò l’indirizzo storicista. Egli pensa che non sia possibile ridurre l’esperienza umana ad un’indagine scientiLca: la vera conoscenza è solo storica, ovvero una conquista di livelli di autoconsapevolezza sempre maggiori. E. De Martino (1908-1965) Storico delle religioni ed etnologo meridionalista italiano. A lui si devono un’interpretazione storicista delle manifestazioni religiose di comunità lontane. La particolarità di De Martino è che non entra in rapporto diretto con le civiltà d’interesse, non ne esplora l’universo culturale (cui segno distintivo è la magia) ma le esamina attraverso gli occhi di altri osservatori; al centro del suo interesse è la deLnizione del ruolo che l’etnologia deve assumere per trovare una propria collocazione nell’ambito dello storicismo. De Martino sostiene che per comprendere l’universo magico, che è segno distintivo delle culture, bisogna quindi analizzare la costruzione della realtà magica la quale ruota intorno al concetto di presenza: “esserci nel mondo”, stato da cui l’uomo fugge per l’insopportabilità del non esserci. La crisi della presenza ed il riscatto dalla crisi si supera attraverso il rituale magico religioso. Parlare del pensiero di Claude Lèvi-Strauss Strauss, considerato il padre dell’antropologia moderna, nonché uno dei pensatori di spicco del XX secolo. Fondatore dell’antropologia strutturale, formulò un approccio in grado di cambiare per sempre la storia di questa disciplina e grazie a cui ottenne una solida popolarità all’interno del mondo accademico. Strauss diede il suo più grande contributo all’antropologia nella concezione dei rapporti di parentela. Ritenne necessario costruire sulla base dello scambio matrimoniale la trama essenziale del tessuto che dà forma alla società, rappresenta il principio fondamentale grazie a cui è possibile comprendere il funzionamento di molti sistemi di parentela. I i sistemi di parentela possono essere interpretati come il risultato di combinazioni diKerenti di alcuni ben deLniti modelli elementari destinati a regolare la comunicazione fra i vari gruppi. Parlare della parentela e dell’atomo di parentela nel pensiero di Lèvi-Strauss Lèvi Strauss ipotizza che le culture umane sono formate da strutture comuni, da qui l’idea contrastante all’etnocentrismo occidentale e dall’idea positivista ottocentesca che le società siano formate da “primitivi” e “civilizzati”. Alla luce della teoria strutturalista. Strauss cerca di capire le “corde sottese” della natura umana e ha analizzato i sistemi parentali. Nei suoi studi l’antropologo fa emergere quanto il matrimonio sia un elemento centrale nella vita sociale e relazionale dei gruppi. Scaricato da Diego Conte ([email protected]) lOMoARcPSD|18139644 trasformazione delle diverse identità, dovute a iussi virtuali come ad esempio la perdita delle proprie tradizione dovute ai mass media. L’antropologo sistematizza cinque Panorami culturali, che evidenziano l’identità dinamica della cultura globale. - Ethnoscapes (migrazioni e diaspore umane)  panorama etnico, dato dal movimento delle persone sia volontario che obbligato. - panorama tecnologico  panorama tecnologico: la conLgurazione globale della tecnologia. - Finanscape (movimento del denaro)  panorama Lnanziario: riguarda l’economia ovvero i iussi di denaro e compravendita. - panorama mediatico  costruito dai mass medio e dalla loro accessibilità, il iusso delle immagine veicolate dai mass media - panorama ideologico  il iusso delle idee e delle ideologie, solitamente legate alla politica Cosa sono le caste? Le caste sono gruppi sociali rigorosamente chiusi. Il termine deriva dalle lingue spagnola e portoghese, nella quale casta signiLca “razza o stirpe”. Esso indica più in generale un gruppo che può essere identiLcato da una comune origine o da un legame di parentela, secondo un originario signiLcato di una parola, oppure in riferimento ad una professione comune o da una occupazione condivisa. Di solito l’appartenenza ad una casta determina il rango sociale delle persone che ne fanno parte, il loro speciLco rango sociale, a cui si lega solitamente una serie di privilegi. Tale appartenenza è per lo più legata dalla nascita, è garantita dall’endogamia  vale a dire dai matrimoni tra individui che appartengono allo stesso gruppo. Il sistema delle caste si è radicato in svariati contesti storici e sociali, in india si è sviluppato nella sua forma più caratteristica, in stretta correlazione con la religione Induista che ha stabilito la sacralità e l’inviolabilità di questo sistema. Il sistema delle caste fu istituzionalizzato gradualmente, quando emerse la suddivisione fondamentale tra le quattro caste:  sacerdoti  guerrieri  mercanti  artigiani  servi Scaricato da Diego Conte ([email protected]) lOMoARcPSD|18139644 ad esse si aggiunse il grado più basso della scala sociale, la casta degli intoccabili a cui erano riservate le mansioni più umili e degradanti. Tra questi gruppi regnava una rigida separazione che era espressa da divieto di contatto tra le caste. Lezione 25 Jean Pierre Olivier de Sardan e la politica del campo Jean P.O. de Sardan, uno dei massimi esperti in antropologia dello sviluppo, studia il rapporto tra le scienze antropologiche e le logiche sempre complesse dello sviluppo. Nella sua opera “Le politique du terrain” sistematizza le metodologie della ricerca sul campo poiché si accusava la poca scientiLcità di tali tipi di ricerche. Il campo (terrain), per de Sardan, rappresenta il luogo privilegiato della ricerca antropologica. Egli sottolinea come l’antropologia e la ricerca sul campo abbiano solide regole o politiche metodologiche per la produzione dei dati e la loro analisi e di come la ricerca quantitativa e qualitativa siano assolutamente diKerenti e distanti, sia sotto il punto di vista metodologico che epistemologico. Non si impara dai manuali ma lavorando sul campo, mettendosi in gioco e come “abilità” procedere a colpi di “intuizioni”, “improvvisazioni”, “bricolage”. L’antropologia e l’antropologo vivono la terra cercando di essere il più possibile in simbiosi con gli oggetti della ricerca, nei loro luoghi, nei momenti della vita del quotidiano e durante le loro feste. Lezione 26 I colloqui nella politica del campo di Jean Pierre Olivier de Sardan La politica di dati si combina in varie tecniche tra cui una è l’intervista formale o informale. Il colloquio resta un modo per avere il punto di vista emico e le rappresentazioni simboliche della struttura che si sta studiando. Le “politiche del colloquio” per Oliver hanno due assi importanti: - consulenza - racconto in qualsiasi situazione intervista, l’antropologo ha sempre un canovaccio su cosa chiedere, quali argomenti toccare e da dove iniziare. Nel colloquio si cerca di far emergere i fatti sociali sottesi, di raccogliere sequenze di vita per raccontare una storia, di evitare fattori di disturbo, di non interrompere il iusso narrativo dell’intervistato, bisogna cercare di essere diplomatici e comprendere quando l’intervistato sta deviando il discorso. Un altro modo per reperire le informazioni sulla ricerca sono le fonti scritte. Tutto questo rappresenta un lavoro di recupero dati ex ante, in itinere ed ex post. Scaricato da Diego Conte ([email protected]) lOMoARcPSD|18139644 La combinazione dei dati nella politica del campo di Olivier de Sardan Risposta prima più Per testare la validità dei dati raccolti ci si rifà all’uso di: - triangolazione (gruppo misto e gruppo invisibile) - studio di caso - analisi e rappresentazione graLca - lettura tutto questo Lno a quando non si raggiunge la saturazione  quando si iniziano a raccogliere sempre gli stessi dati Lezione 27 Commentare le ansie metodologiche nella ricerca multisituata L’etnograLa multi situata è un tipo di ricerca sul campo che viene condotta presso più territori. È utile per lo studio di numerosi argomenti (come ad esempio lo studio del fenomeno della migrazione) e può avere come oggetto oltre a persone, anche oggetti, metafore, storie di vita e narrazioni. Esistono due tipi di etnograLa: 1) etnograLa mono-situata che si focalizza su un unico sito di osservazione 2) Multisituata: nasce come risposta alle trasformazioni empiriche del mondo sviluppandosi nel sistema post-moderno. Abbandona la località unica dell’etnograLa tradizionale per studiare una circolazione di signiLcati culturali, oggetti e identità in uno spazio-tempo maggiore. L’etnograLa multisituata è un tipo di ricerca sul campo che viene condotta presso più territori. È utile per lo studio di numerosi argomenti e può avere come oggetto oltre a persone, anche oggetti, metafore, storie di vita e narrazioni. Il passaggio a questa metodologia può generare tre ansie: 1. Limiti dell’etnograPa: l’etnograLa è basata sull’attenzione al quotidiano, sulla conoscenza diretta della comunità, basandosi su relazioni faccia a faccia. L’etnograLa multisituata è un esercizio di mappatura del terreno, ma il suo obiettivo non è quello di rappresentare il sistema mondiale come un tutto, ma che ogni etnograLa è un’etnograLa del sistema stesso e non può essere rappresentata attraverso ricerche mono-situate. 2. Ridimensionamento del potere della ricerca sul campo: Nel passaggio all’etnograLa multi-situata si perde qualcosa della realtà del lavoro sul campo Scaricato da Diego Conte ([email protected]) lOMoARcPSD|18139644 - Nel caso si attesti che gli oggetti sono di dubbia provenienza. - Che si possa ricostruire, attraverso prova DNA, la congiunzione Llogenetica tra i richiedenti e i resti umani. - Che i resti umani e gli oggetti possano essere consegnati non al governo (che non è il rappresentante culturale di un paese) ma a comunità autoctone. - Che i resti e gli oggetti siano conservati ed esposti, a libera fruizione come “patrimonio dell’umanità”. Lezione 32 Antropologia e servizio sociale Si sono individuati quattro aspetti che possono essere ricondotti al servizio sociale. 1. il primo parte dal concetto di conoscenza, in quanto permette l’acquisizione di saperi che possono rendere migliore il lavoro dell’assistente sociale. 2 il secondo parte dalle considerazioni fatte da Tullio Tentori  egli sostiene che l’aiuto dell’antropologia al servizio sociale comprende anche il superamento di stereotipi culturali e la comprensione dei valori. L’antropologo percepisce dunque il servizio sociale come un istituto con cui non può fare a meno di collaborare. Tentori prosegue aKermando che l’aiuto dell’antropologia al servizio sociale comprende anche il superamento di stereotipi culturali. 3 il terzo aspetto riguarda da parte degli assistenti sociali il cosiddetto aumento delle competenze culturali. 4. l’ultimo aspetto è l’intervento dell’antropologia, di cui si può parlare quando queste discipline vengono utilizzate per risolvere un problema Lezione 33 Etica nella ricerca sociale Antropologia e sociologia condividono vari metodi di ricerca: - Osservazione partecipante - Interviste in profondità - Storie di vita Scaricato da Diego Conte ([email protected]) lOMoARcPSD|18139644 - Analisi di diari e/o testi di vario tipo - Registrazioni audio/foto/video. Ogni forma di ricerca deve rispettare la cultura e la dimensione etico/sociale del popolo analizzato. Esistono infatti 3 dei principi cardine, delle norme che regolamentano la ricerca. Essi rimandano al codice di comportamento A.I.S.E.A: 1. Primo non nuocere (riferimento ai precetti di Ippocrate) 2. Consenso dell’individuo o del gruppo. 3. I dati devono essere restituiti alle comunità soggetto dello studio per una condivisione delle interpretazioni e dei risultati Lezione 34 Commentare le 3 fasi del termine Diaspora (dagli anni ’70 agli anni ’90) La diaspora si riferisce a una popolazione che condivide il proprio patrimonio culturale e i tratti culturali con altri suoi membri in diverse parti del mondo. 1. Nella prima fase si vede l’uso classico del termine, limitato allo studio dell’esperienza ebraica. Dagli anni ’60 e ’70 il termine è stato esteso come comune dispersione di africani, armeni, irlandesi. 2. Nella seconda fase, anni ’80 in poi, William Safran sostenne che la diaspora si poteva spiegare come una “struttura metaforica” che si rivolge a diversi simboli, riti, visioni del mondo per descrivere diverse categorie di persone. 3. Nella terza fase, metà anni ’90, è stata fatta una marcata critica sociale alla seconda fase. I teorici di quest’ultima, sono stati iniuenzati dalle letture post-moderne infatti, hanno cercato di decostruire i due principali elementi che compongono la diaspora: patria e comunità etnica/religiosa. Nel mondo post-moderno le comunità sono diventate deterritorializzate, costruite e decostruite in modo iessibile e situazionale. Lezione 35 La Diaspora di William Safran William Safran ha fatto fare un passo avanti nello studio della diaspora, teorizzando un elenco delle principali caratteristiche delle diaspore. Questo concetto può essere applicato quando i membri di una comunità di minoranze espatriate condividono diverse delle seguenti caratteristiche: Scaricato da Diego Conte ([email protected]) lOMoARcPSD|18139644  Loro o antenati sono stati dispersi da un centro originale a due o più regioni straniere.  Mantengono una memoria della loro patria  Credono non potranno mai essere accettati pienamente dalle società ospitanti, e forse non potranno  La loro casa è ancestrale ed idealizzata ed in teoria dovrebbero tornarci in condizioni più favorevoli.  Credono che tutti i membri della diaspora dovrebbero impegnarsi al mantenimento/ripristino della patria originale.  Continuano a relazionarsi con la patria in svariati modi. La Diaspora di Robin Cohen Robin Cohen ha elaborato 5 tipi di diaspora moderna:  Vittime di diaspora (ebrei, africani, armeni) si è discusso molto se includere palestinesi e irlandesi  molti gruppi di rifugiati contemporanei sono vittime ma deve passare del tempo per vedere se tornano nella loro terra di origine, o si assimilano con la terra ospitante, o si mobilitano come diasporici.  Diaspora lavorativa (indiani con contratto di lavoro ma molti altri potrebbero essere inclusi), un altro sinonimo è diaspora proletaria  Diaspora dovuta all’imperialismo/colonialismo (russi, potenze coloniali non GB)  Diaspora per commercio (Libanese, cinese e si discute si veneziani, giapponesi)  Deterritorializzati (popoli caraibici, Sikh, Parsis, si discusse anche di rom, musulmani e altre diaspore religiose). Lezione 36 La Diaspora secondo Steven Vertovec Steven Vertovec teorizza il concetto di diaspora in diverse discipline. I recenti studi sull’argomento trasmettono almeno tre signiLcati riconoscibili: diaspora come forma sociale, diaspora come forma di conoscenza, diaspora come modalità di produzione culturale.  "Diaspora" come forma sociale a diaspora era ovviamente, allo stesso tempo, un concetto che deriva quasi esclusivamente alle esperienze della diaspora ebraica, invocando il loro traumatico esilio da una patria storica e nella dispersione in molte terre.  "Diaspora" come tipo di coscienza. Un altro approccio relativamente recente alla "diaspora" pone maggiormente l'accento descrivendo una varietà di esperienze, un tipo di stato d’animo, potremmo dire, e un senso di identità. È un particolare tipo di consapevolezza che si genera tra comunità transnazionali contemporanee. Scaricato da Diego Conte ([email protected]) lOMoARcPSD|18139644 Fanon sos8ene che è necessario un aAeggiamento rivoluzionario perché bisogna superare i pregiudizi occidentali e comprendere in profondità la cultura del paziente. l'dea del day hospital: il paziente può ritornare a casa e sviluppare le sue relazioni, la sua quo8dianità  ques8one primaria nella cura dei pazien8 psichiatrici musulmani. Alcune malaOe o dissociazioni sono fruAo dello shock culturale dello scontro con la cultura bianca occidentale e a questo punto bisogna sviluppare un 8po di terapia che rimeAe insieme tradizione e modernità. Un musulmano nordafricano non riconosce la gius8zia occidentale perché riconoscerla signi9cherebbe approcciare un 8po di cultura non sua, dire la verità su un crimine ha connotazioni culturali sociali e religiose. Ad esempio si acceAa tuAo in nome di Allah  soAomissione alla divinità e non alla gius8zia  ad un certo punto si aWerma che la razza nordafricana soWre di un 8po di debolezza quasi biologica e non può fare a meno di dire bugie. I movimen7 di alfabe7zzazione in brasile all’epoca di Paulo Freire Lo sviluppo del pensiero pedagogico di Paulo Freire è stato inYuenzato da diverse ques8oni storiche, sociali, culturali e biogra9che. Una parte fondamentale del pensiero di Freire è il suo profondo con il cris8anesimo: l’essere umano non può essere neutrale e la sua neutralità signi9ca già prendere una posizione, questa neutralità viene messa in discussione da Freire e da quella che viene chiamata Teologia della liberazione. Paulo Freire elabora la Psicologia degli oppressi  è evidente il rapporto fondamentale con il cris8anesimo dal quale consegue l’amore universale e le ques8oni che accomunano gli individui. Frerire appar8ene ad un pensiero cri8co, chiamato quelle delle pedagogie cri8che hanno come esempio principale quello della descolarizzazione  propongono quindi forme di educazione sperimentale (completamente diverso dall’orientamento dogma8co della pedagogia brasiliana degli anni ’40, ’50 e ’60. La pedagogia degli oppressi vede la luce negli anni ’70, nel momento di cambiamento del pensiero mondiale dovuto a diversi faAori culturali, sociali ed economici. In tuAo l’America la8na si sviluppò un 8po di pensiero chiamato teologia della liberazione. Si crede nella rivendicazione della democrazia fondamentale per trasformare il sistema. La teologia della liberazione Prende in considerazione la salvezza dell’essere umano dal punto di vista cris8ano e della sua dignità aAraverso la rivendicazione della democrazia. La democrazia è fondamentale per la trasformazione di un sistema sociale ed economico e per l’eliminazione della povertà e dell’ingius8zia, per accedere ai servizi essenziali e sopraAuAo per l’istruzione. Scaricato da Diego Conte ([email protected]) lOMoARcPSD|18139644 La teologia della liberazione  pensa alla salvezza dell’uomo e non considera la povertà come un peccato sociale e ri8ene che le diAature sono una contraddizione del pensiero divino. Gli oppressi sono dunque oppressi dagli uomini e solo gli uomini si possono liberare da questo giogo. Per i teologi della liberazione il motore di cambiamento della vita sociale culturale ed economica del paese è: l’uomo solidale e crea8vo. C’è bisogno di un’educazione diWusa perché ognuno possa sviluppare la crea8vità a vantaggio di sé stesso e per tuAo il Brasile, tuAo questo non sarà permesso dal golpe militare 1974 che porterà anche Paolo Freire a fuggire prima in Equador e poi in Cile. Sia per il pedagogista brasiliano che per i teologi della liberazione la ciAadinanza parte dalla fer8lizzazione e quindi dall’educazione diWusa che diventa una pra8ca di libertà. Parliamo di un’educazione per la libertà  permeAe un risveglio razionale dell’essere umano, il pedagogista coscien7zzazione degli oppressi, e quindi la loro formazione come soggeO, protagonis8 consapevoli, porta l’educazione personale ad una forma superiore di coscienza  a farlo morire come persona e a farlo rinascere come uomo libero. L’evoluzione del pensiero di Paulo Freire: 9gura di spicco nel pensiero pedagogico. È l’espressione di un modello di un educatore impegnato nei confron8 dei poveri. La sua eredità accademica di pedagogia cri8ca ha inYuenzato numerose organizzazioni in tuAo il mondo. La sua vita e sua vita e il suo lavoro lo rendono un leader nella loAa per la liberazione degli umili, dei seAori emargina8 della popolazione che sono culturalmente messi a tacere in molte par8 del mondo. Inizialmente esercita la sua professione nei sindaca8 in par8colare nell’ambito del diriAo del lavoro. La cultura pedagogica brasiliana Nell’epoca coloniale l’educazione in Brasile era completamente in mano ai gesui8  nelle varie missioni organizzavano e basavano il loro insegnamento sulla ferrea disciplina sull’evangelizzazione degli indios, e sulla protezione dallo schiavismo europeo. Con l’arrivo del marchese di Pombal che determinerà la cacciata dell’ordine del brasile e svilupperà una forma di interesse statale sull’educazione dei ciAadini della colonia. Ci sarà l’elite e ciAadini normali, indios e schiavi. ????????? Scaricato da Diego Conte ([email protected]) lOMoARcPSD|18139644 La pedagogia degli oppressi ScriAa da Paulo Freire nel 1968. È un’opera complessa ed eterogenea. Si svolge in Brasile dove l’analfabe8zzazione 8ene le masse popolari schiacciate dall’ignoranza, e permeAe alla classe dirigente di mantenere uno status quo che sembra immodi9cabile. L’argomento principale di quest’opera è l’educazione  aAo poli8co che può essere usato sia per mantenere lo status quo che per promuovere un cambiamento sociale. Metodo pedagogico: coscien7zzazione dell’individuo  presa di coscienza del soggeAo in un’azione che lo trasformerà. Si allontanano dall’ombra lunga soAo cui erano sta8 spin8 dagli oppressori. La curiosità: momento cruciale ed altamente pedagogico  permeAe alla persona di sviluppare emozioni che lo condurranno verso quella presa di coscienza. Una coscienza sociale e poli8ca. La pedagogia degli oppressi esprime un mezzo di ri9uto di quella forma pedagogica dell’epoca che Freire de9nisce educazione bancaria  deposito di informazioni e lezioni di 8po unicamente frontale Il pedagogista brasiliano meAe in discussione l’autoritarismo dell’educazione tradizionale, a favore di una educazione dinamica, dialogica faAa con le persone e non sulle persone. Analizzare la pedagogia degli oppressi in relazione alla vita di Freire Il lavoro pedagogico di Freire è profondamente intrecciato agli even8 dell’America la8na. Nell’elaborazione di quest’opera è stato neAamente inYuenzato dal suo rapporto con il cris8anesimo, la concordanza con i principi fondamentali del marxismo in9ne l’appartenenza all’ambito delle pedagogie cri8che come ad esempio la descolarizzazione e l’autoges8one. Il pedagogista considera l’educatore modello: impegnato nei confron8 dei poveri. Il suo lavoro e la sua vita lo rendono un leader nella loAa della liberazione degli umili che sono messi culturalmente a tacere in molte par8 del mondo. La pedagogia degli oppressi fu scriAa nel 1968, il suo lavoro si sviluppa in un brasile dove si sta scatenando la loAa dei contadini per la terra e dove l’analfabe8zzazione, che permeAe alle classi popolari di rimanere schiacciate dall’ignoranza, permeAe alla classe dirigente uno status quo che sembra immodi9calbile. Basandosi sulla sua esperienza si entra nella complessità, la pra8ca educa8va ha storicamente coinvolto la 9gura dell’insegnante e dell’apprendista alunno. L’educazione è sopraAuAo relazione. La mediazione tra i due soggeO è il contenuto: la conoscenza. Un elemento richiede quell’altro. L’oggeAo (il contenuto) che è insegnato, rappresenta anche il mediatore di entrambi, è una condizione si ne qua non. I beni immateriali Una gran parte dei beni è caraAerizzata da intangibilità che è possibile cogliere soltanto in esecuzione, aAraverso l’osservazione, il rilevamento e la documentazione audio visiva in cui se ne 9ssa la memoria (can8, leAeratura orale, ri8, feste saperi ecc). Scaricato da Diego Conte ([email protected]) lOMoARcPSD|18139644