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Risposte Domande APERTE - DISCIPLINE DEMOETNOANTROPOLOGICHE- Prof Mario Pesce - eCampus, Panieri di Antropologia

Il documento contiene tutte le risposte, esaustive e complete, alle domande aperte relative all'esami di Discipline Demoetnoantropologiche

Tipologia: Panieri

2022/2023

In vendita dal 30/07/2023

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Scarica Risposte Domande APERTE - DISCIPLINE DEMOETNOANTROPOLOGICHE- Prof Mario Pesce - eCampus e più Panieri in PDF di Antropologia solo su Docsity! Domande Aperte: Discipline Demoetnoantropologiche 1) Cosa studia l’antropologia? L’antropologia, dal greco anthropos “uomo” e logos “discorso”, studia l’uomo sotto l’aspetto culturale, prendendo, quindi in considerazione la sua quotidianità, le tradizioni, i riti pubblici e privati. La disciplina nasce nel XIX secolo ed inizialmente gli antropologi venivano chiamati Armchair, letteralmente “antropologi da poltrona”, in quanto non andavano a ricercare le informazioni ma attendevano nel loro studio le notizie da chi viaggiava: ciò comportava la perdita del punto di vista oggettivo, limite che verrà superato successivamente da Malinowski. I primi antropologi sono colore che tra il 1500 e il 1700 hanno svolto dei resoconti, volti ad analizzare e descrivere una determinata cultura. 2) Commentare il racconto del cittadino americano medio Il testo vuole essere una critica nei confronti dell’americano medio, che si crede superiore e co-inventore di gran parte delle invenzioni. Il racconto, facendo riferimento alle azioni quotidiane di un normale cittadino fino al momento della colazione, si sofferma sul descrivere la provenienza di molti oggetti, come la sedia e il letto. L’obbiettivo è quello di diffondere una presa di coscienza, di “far aprire gli occhi” e di smetterla di avere una visione egocentrica del mondo 3) Esporre il pensiero di James Frazer James Frazer è uno dei padri dell’antropologia, il cui metodo è un tipo di analisi comparata, mettere, cioè, a confronto le caratteristiche di diverse culture con il fine di coglierne le differenze e somiglianze. In uno dei suoi saggi più famosi, “Il ramo d’oro”, analizza le tre fasi per cui passa l’evoluzione umana: - la pratica della magia, volta a imporre un controllo sulla natura e che caratterizzava una fase dello sviluppo intellettuale in cui l’uomo ignorava i rapporti causali; - la pratica religiosa, fase in cui i fenomeni naturali venivano attribuiti ad una divinità o entità superiore - la coscienza scientifica, che comincia ad affermarsi tra il XVI e XIX secolo, venendo riconosciuta come unica alternativa valida ai fini conoscitivi, si basa sull’uso del metodo scientifico 4) Commentare il concetto di cultura di E. B. Tylor Edward B. Tylor, uno dei padri dell’antropologia, nel suo testo più famoso, “Primitive Culture” del 1871, formula il suo concetto di cultura, definendolo come l’insieme delle abitudini e comportamenti di un individuo come membro di una società. Il suo è un concetto intriso di colonialismo britannico, volto, quindi, a giustificare una superiorità bianca rispetto alle razze inferiori, rimaste “bloccate” in uno stadio precedente. Per Tylor, la cultura è una categoria statica, cioè non prevede relazioni tra razze superiori ed inferiori. Sempre in “Primitive Culture”, svolge un’analisi delle religioni, evidenziando le tre fasi, sulla base delle quali si può calcolare l’evoluzione: I. animismo, credenza che gli oggetti abbiano uno spirito II. politeismo, tipica delle società pre-moderne III. monoteismo, unica forma della sola Civiltà 5) Cos’è il darwinismo sociale? Il darwinismo sociale è quella corrente, che va a stravolgere completamente la visione di Darwin, fino a sostenere che esistono razze superiori ed inferiori. Il maggior esponente del darwinismo sociale è Lewis Morgan, la cui opera “La società antica” è alla base della teoria dell’evoluzione dell’uomo. Morgan divide la storia in periodi, da lui definiti “etnici”: selvaggio, barbaro e civilizzato, che a loro volta si dividono in tre sotto-periodi “inferiore, intermedio e superiore”. Il passaggio da un periodo all’altro si deve a scoperte tecnologiche e scientifiche. 6) Parlare del pensiero di Charles Darwin Charles Darwin, dopo una ricerca ventennale nelle isole Galapagos, pubblica “L’origine della specie”, dove espone la sua teoria sull’evoluzione, sostenendo che gli esseri umani attuali sono frutto di una lenta mutazione dovuta al caso, all’influenza dell’ambiente e alla capacità di adattamento, che permettono lo sviluppo di caratteristiche che vengono poi tramandate alle discendenze. L’evoluzione umana è data, quindi, dal mutamento del patrimonio genetico, fenotipo e genotipo: il fenotipo è l’insieme delle caratteristiche morfologiche di un organismo, determinate dall’interazione tra la sua costituzione genetica e l’ambiente, mentre il genotipo è la costituzione genetica 7) Qual era il pensiero dei predecessori di Darwin? I predecessori di Darwin, tra la fine del 1700 e inizio del 1800, iniziano a comprendere che l’uomo è frutto di un’evoluzione. De Lamarck con la sua teoria, definita “Lamarckismo”, sostiene che l’uso o il non-uso di un arto/organo, porti nel tempo alla sostituzione o rafforzamento dello stesso; mentre Cuvier, esponente della teoria delle catastrofi naturali, spiega come la terra, nel corso dei secoli, abbia subito una serie di catastrofi naturali che hanno portato all’eliminazioni di diverse specie. 8) Colonialismo: come nasce e come si sviluppa Per “colonialismo”, in epoca moderna, si intende l’occupazione e lo sfruttamento da parte delle potenze europee ai danni dei popoli più arretrati. La storia del colonialismo può essere fatta iniziare con la scoperta dell’America nel 1492, mentre è tra il 1800 e il 1900 che le potenze iniziano a spartirsi l’Africa e il resto delle regioni del mondo, per zone di influenza. Un esempio dello sfruttamento delle regioni extraeuropee, da parte dei governi e delle Compagnie Commerciali, è il Congo Belga, ereditato dal Belgio nel 1908, per volontà di Leopoldo II, che lo definì “territorio di caccia personale” 9) Il razzismo: di cosa si tratta? Per “razzismo” si intende letteralmente un atteggiamento discriminatorio nei confronti di determinati individui, sulla base di tratti fisici. E’ nel 1500, con la cacciata degli ebrei dalla Spagna e la conquista dell’America, che inizia a instaurarsi un rapporto di egemonia tra i popoli bianchi e le popolazioni altre, che si pensava fossero destinate ad essere conquistate 10) Commentare la Sublimis Deus La Sublimis Deus è una Bolla, definita “Veritas Ipsa”, emanata da Papa Paolo III, che si schierò a difesa degli Indios, sostenendo che essi fossero esseri umani e non “Animali Muti” 11) Cos’è l’eugenetica, come si sviluppa e dove trova terreno fertile? L’eugenetica, letteralmente “buona vita”, è una teoria razzista che si sviluppa verso la fine dell’Ottocento e inizio del Novecento. Il termine, coniato nel 1883, si è diffuso inizialmente nei paesi anglosassoni, trovando poi terreno fertile soprattutto nella Germania nazista; successivamente, nella prima metà del ventesimo secolo si è trasformato in un movimento politico sociale, volto a favorire la nascita di soggetti desiderabili e prevenire la nascita di quelli indesiderabili, attraverso aborto ed infanticidio 20) Franz Boas e il Potlach Franz Boas, tra il 1894 e il 1895, svolge uno studio presso i Nativi Americani Kwakiutl, della costa del Pacifico settentrionale degli Stati Uniti; la monografia che racconta la sua etnografia della ricerca è “L’organizzazione sociale e le società Kwakiutl”, dove spiega e analizza le rappresentazioni del Rito del Potlach. Si tratta di un “rituale di ostentazione”, basato sulla condivisione di oggetti di prestigio, quindi non di uso comune. Un individuo condivide per primo, per mezzo di un dono, mentre chi riceve, per non risultare “in debito” deve restituire; all’interno del gruppo si crea dunque una sorta di “competizione positiva”, basata sulla volontà di riprodurre un’azione simile. Boas, nella sua interpretazione, fa emergere come il rito sia un momento di condivisione dei beni nella comunità e un “investimento” da parte di chi condivide il primo dono. Il rito assume, dunque, una funzione sociale, perché la società Kwakiutl ruota intorno al dono di un membro, alla restituzione e alla capacità di riprodurre la medesima azione. 21) Cos’è il rito? Il rito, dal latino ritus, è una particolare forma di azione sociale collettiva, capace di suscitare coinvolgimento, partecipazione e rafforzare la coesione sociale del gruppo, essendo carico di forza emozionale. Angelo Brelich, uno dei maggiori esponenti della Scuola Romana di Storia delle Religioni, sostiene che “il mito fonda la realtà e il rito la attualizza”: il rito è, dunque, quel dispositivo culturale che permette di attualizzare, creare la realtà così come la conosciamo. Esistono varie tipologie di rito: rito di passaggio, rito di ostentazione, quindi contro le forze del male, rito propiziatorio, cioè che facilita una determinata azione, rito di divinazione, volto a venerare una divinità, rito di offerta primizia, e rito di sacrificio cruento o non cruento. Il rito, formato da fasi e passaggi che di solito riprendono numericamente le ore del giorno, è caratterizzato da uno spazio sacro, delimitato da uno spazio profano, al centro del quale vi è un albero o palo per delimitare un asse tra i due mondi, le due realtà, un “Axis Mundi”. E’ sempre presente un operatore rituale, che effettua il rito, coloro che hanno richiesto lo svolgimento del rito e gli spettatori. Per la buona riuscita del rito tutto deve essere fatto sempre allo stesso modo, quindi usando le stesse parole, stessi movimenti, gesti e stesse fasi; in caso contrario non si otterrà nulla o addirittura il contrario di ciò che è stato richiesto 22) Cos’è il Trickster? Il Trickster è una figura principale nelle storie sacre, analizzata anche da Sigmud Freud, che rappresenta un “creatore per gioco”, un turlupinatore a volte turlupinato, colui che può indicarti la via o fartela perdere, né buono né cattivo. Questa figura è presente in molti miti, analizzati da Angelo Brelich, che li definisce come ciò che “fonda la realtà”, cioè il mondo come lo conosciamo, che è stato creato da una divinità, un essere supremo. I miti possono essere di varie tipologie: di creazione del primo uomo, del Signore o Signora degli animali, dell’incontro tra un eroe e un anti-eroe o, appunto, di un Trickster. 23) Cos’è il mito? Il mito è una narrazione di fatti compiuti da entità superiori, dei, al fine di dare una spiegazione a fenomeni naturali e generalmente a rispondere alle più grandi domande che l’uomo si pone. Angelo Brelich, uno dei maggiori esponenti della Scuola Romana di Storia delle Religioni, sostiene che il mito, o “storia sacra”, è ciò che fonda la realtà, cioè il mondo come lo conosciamo, che è stato formato in un certo modo per mano di una divinità, un essere supremo, ha creato un tipo di realtà. I miti posso trattare del Signore o Signora degli animali, di un dio unico, dell’incontro tra un Eroe e un Anti-eroe o un Trickster. 24) Commentare le tre fasi dei riti di passaggio I riti, dal latino ritus, sono delle forme particolari di azioni collettive, volte a suscitare coinvolgimento, partecipazione e rafforzare il rapporto di coesione del gruppo. Arnold Van Gennep pubblica nel 1909 uno dei più importanti testi di antropologia, “I riti di passaggio”, dove analizza le tre fasi dei riti di passaggio: preliminare, cioè la separazione o distacco da una condizione di partenza, liminare, “sul margine”, “sulla soglia”, né di là né di qua, e, infine, post- liminare, cioè di aggregazione o ri-aggregazione, a seconda della tipologia di rito. La seconda fase, la liminare, è quella più delicata del rito, in quanto rappresenta una condizione in cui l’individuo passa da uno stato all’altro, trovandosi in una sorta di limbo. Nel suo testo, Arnold Van Gennep, sostiene che gli esseri umani che vivono in una comunità, da lui chiamata “casa”, per tutta la vita “escono ed entrano in nuove stanze”, ciò sta ad indicare che i riti di passaggio rappresentano il percorso della vita di un individuo. 25) Parlare del pensiero di Margaret Mead Margaret Mead, allieva di Franz Boas, cominciò a fare ricerca a Samora tra il 1926 e il 1927, e l’opera “Adolescenza a Samoa” pubblicato nel 1928, raccoglie il suo lavoro sul campo. Il testo prende in considerazione lo stato adolescenziale delle ragazze Samoane, raccontando come i loro modelli educativi, molto diversi da quelli delle loro coetanee statunitensi, portino ad un alto grado di socializzazione, e dall’altro ad un’emarginazione se in contatto con altre culture. La società Samoana, definita da M. Mead come “semplice ed omogenea”, rappresentava un punto di partenza per analizzare un momento difficile nella vita di un individuo: dallo studio emerge come i modelli educativi samoani portino le ragazze ad essere esposte a meno traumi, rispetto alle loro coetanea negli Stati Uniti. Tale sostanziale differenza, secondo Mead, è data da due fattori principali: la mancanza di messaggi concorrenziali, cioè la mancanza di modelli che indirizzino al consumismo, e il carattere “monodimensionale” della cultura Samoana, ovvero l’inesistenza di alternative nelle scelte che le giovani si trovano a fare. Margaret Mead, insieme a Ruth Benedict e Franz Boas, contribuì a creare quello che è il concetto di “Relativismo Culturale”, che rappresenta un altro passo avanti per l’antropologia, dopo quello compiuto da B. Malinowski. Il Relativismo culturale è una prospettiva antropologica che parte dal presupposto che ogni cultura vada considerata nei suoi propri termini, e non analizzata dal punto di vista del ricercatore. Quindi, portare avanti una ricerca secondo i dettami del Relativismo culturale, significa dar voce a chi si sta studiando, comprendere il suo punto di vista; non si tratta di un mezzo per giustificare o accettare determinate pratiche rituali, anche violente, bensì di comprendere una cultura nella sua interezza e particolarità 26) Che cos’è l’identità? L’identità è un concetto pluridimensionali e politematico, che si contraddistingue per il sentimento di appartenenza di chi si identifica nella propria cultura; l’identità, così come la cultura, è una categoria storica, dinamica e processuale. 27) Che cos’è la cultura? La cultura incide sia sul modo di vedere le cose che di comportarsi degli individui di un gruppo. La cultura si cristallizza in simboli, concetti e parole, che vengono condivisi all’interno della società, secondo quello che viene definito “internazionalismo simbolico”, e ciò permette agli individui di prendere coscienza sia della realtà in cui sono immersi, sia di sé stessi; la cultura ha quindi una funzione fondamentale nella creazione della propria identità individuale. 28) Parlare del Pensiero di Ruth Benetict Ruth Bendict è una delle grandi antropologhe, come m. Mead, che ha aggiunto nuove teorie allo studio della cultura e della società, interessandosi in particolar modo alla disgregazione culturale dei Nativi Americani. Nel suo importante studio, “Modelli di cultura”, porta avanti una metodologia mista tra antropologia e scienze psicologiche, portando avanti la testi che in ogni cultura sono presenti più o meno modelli, lei ne teorizza quattro, ma mai tutti insieme. Nel suo altro saggio, “Il Cristianesimo e la Spada”, prende in esame, durante la seconda guerra mondiale, la cultura nipponica giapponese, analizzandola secondo le categorie dell’onore, tradizione, famiglia, culto degli antenati e cambiamento culturale. Questo testo rappresenta un esempio degli studi comparati, anche se la più grande critica che viene fatta a R. Benedict, è quella di non essersi mai recata in Giappone per i suoi studi, limitandosi ad interrogare i prigionieri di guerra giapponesi. 29) Che cos’è la Descrizione Densa? La Descrizione Densa viene teorizzata dall’antropologo Clifford Geertz ed è alla base della teoria interpretativa, che intende offrire un nuovo modo di interpretare le culture, analizzando i simboli, i significati più profondi. In quest’ottica il soggetto di studio, non più oggetto, è l’individuo nella sua quotidianità: il vissuto, le tradizioni, le abitudini e i rituali; comprendere tutto ciò significa, per Geertz, “viverle, scriverle e descriverle in un testo”, cioè il processo per giungere a una Descrizioe Densa, che cerca di andare in profondità dei fatti sociale e far emergere il punto di vista di chi si studia, per poi rielaborarlo attraverso la scrittura interpretativa. La cultura diviene, in questo senso, un testo, e l’informatore, secondo Geertz, non è più solo un traduttore, bensì un esperto della propria cultura, che da anch’esso un proprio contributo, dice la sua 30) Esporre il pensiero di Clifford Geertz Clifford Geertz è uno dei più importanti antropologi statunitensi e nel suo testo “Interpretazioni di Culture” costruisce un nuovo modo per analizzare una cultura: la teoria interpretativa, volta a scoprire i simboli e significati più profondi. La cultura diviene così un testo e l’informatore, secondo Geertz, non è più solo un traduttore, ma un vero esperto della sua cultura, che supporta l’antropologo nel suo lavoro, comunicandogli la sua interpretazione. In questo senso c’è bisogno di un’interpretazione di secondo livello, cioè un’interpretazione dell’interpretazione. Per Clifford Geertz i soggetti di studio sono gli individui nella loro quotidianità: il vissuto, le abitudini, le tradizioni e i rituali; comprendere tutto ciò significa “viverlo, scriverlo e descriverlo in un testo”, ciò che Geertz chiama “Descrizione Densa”. La descrizione densa cerca di andare in profondità dei fatti sociale, per fare emergere il punto di vista di chi si studia e rielaborarlo nella scrittura interpretativa. L’interpretazione è un processo lungo e delicato che si caratterizza di tre fasi: isolare gli elementi fondamentali di una cultura, studiarne le relazioni interne ed esterne, formulare un quadro generale, delimitando i tratti principali. 31) Lamberto Loira e l’esposizione universale del 1911 Lamberto Loira è la figura più rilevante dell’etnologia italiana e fu uno dei primi demologi italiani; la demologia, da demo, “tradizione”, e logo, “discorso”, è quella disciplina che si occupa di studiare le tradizioni, il Folklore. Iniziando a sviluppare interesse per l’antropologia italiana, Loira entra a contatto con le tradizioni popolari, scoprendo un patrimonio di storie ed oggetti inestimabili. Nel 1911, per il cinquantenario dell’Unità d’Italia, Loira organizza un’esposizione universale, all’interno della quale viene allestita una mostra di Etnologia Italiana, con lo scopo di offrire ai visitatori un’immagine autentica dei nostri ceti popolari. Loira e i suoi collaboratori, incaricati di raccogliere materiale da tutta Italia, secondo quella che era la “politica della raccolta”, attuarono una “strategia di costruzione identitaria”: gli abiti tradizionali, rovinati e considerati “brutti”, vennero sostituiti con delle copie fedeli, al fine di 39) Commentare i panorami culturali di Appadurai Arjun Appadurai elabora un nuovo concetto di cultura, sistematizzando cinque panorami culturali: I. etnorama, o panorama etnico, dato dal movimento volontario o obbligato delle persone, che le porta a creare legami meno stabili di quelli nel paese di partenza II. Mediorama, o panorama mediatico, che comprende i mass media comuni III. Finanziorama, o panorama finanziario, cioè il movimento di denaro o la compraventida di immboli IV. Tecnorama, o panorama tecnologico, cioè la configurazione globale della tecnologia V. Ideorama, o panorama ideologico, dove politica, potere e ideologia si uniscono 40) Cosa sono le caste? Le caste sono il sistema di organizzazione sociale in India. Grande contributo per la comprensione della casta è l’opera di Louis Dumont “Il sistema delle caste e le sue implicazioni”. Alla base del lavoro c’è la comprensione della gerarchia che caratterizza la casta, infatti, nella società indiana ci sono due estremi: i sacerdoti e gli intoccabili, che rappresentano i due apici dei concetti di puro e impuro. La gerarchia e la stratificazione sociale fondano la distinzione tra status, sociale e religioso, e potere, politico ed economico. La dicotomia sottintende una dipendenza reciproca: da una parte il sovrano nei riguardi del sacerdote è in una condizione di dipendenza per la legittimazione del potere, dall’altra parte il brahamo, o sacerdote, è in uno stato di dipendenza dal re per la sua sussitsenza. 41) Jean Pierre Oliver de Sardan e la politica del campo Oliver de Sardan è uno dei massimoiesponenti dell’antropologia dello sviluppo, che studia il rapporto tra scienze antropologiche e le logiche complesse dello sviluppo. Nel suo saggio “Le politique du terrain” sistematizza la metodologia della ricerca sul campo. Sostiene che le diverse discipline hanno aspetti comuni e molti altri differenti, soprattutto per quanto riguarda l’indagine empirica, di raccolta dati; per quanto riguarda l’uso esclusivo di una tecnica o metodo lo studioso non mette limiti ad una disciplina, piuttosto che a un’altra, sottolineando, però, come l’antropologia e il lavoro sul campo abbiamo delle solide regole e politiche metodologiche. Per lavorare sul campo, secondo Oliver de Sardan, bisogna “imparare a perdere tempo”, a maneggiare i “codici di comportamento”, in modo tale che si sviluppi la fiducia nei confronti dell’antropologo e l’abitudine ad averlo nella propria quotidianità. Una questione fondamentale de Le politique du terrain è l’impregnazione, con cui si intente vivere e condividere insieme, trasmettere qualcosa all’altro, rimanendo “segnati”. 42) I colloqui nella politica del campo di Oliver de Sardan La raccolta dei dati nella ricerca sul campo si combina di varie tecniche, tra cui l’intervista, che può essere colloquio formale o informale: con colloquio informale si intende quella situazione in cui l’antropologo non ha una lista di domande prestabilite e il dialogo è spontaneo. Le politiche del colloquio hanno due assi portanti: la consulenza e il racconto. L’informatore è a volte un consulente e alle volte un narratore, questo significa che a seconda del mondo di parlare (intervista aperta, chiusa, intervista semi-strutturata…) si ha di fronte un interlocutore diverso. In qualsiasi “situazione di intervista” l’antropologo deve avere un memorandum di cosa chiede, dove indirizzare il discorso e quali argomenti affrontare. Le politiche del colloquio prevedono delle regole: non interrompere l’interlocutore, non dire frasi come “hai torto”, quindi cercare di comprendere l’altro e il suo punto di vista, evitare le situazioni di disturbo, o perlomeno sapere che possono esserci e saperle gestire, e capire se l’interlocutore va fuori tema, perché vorrebbe dire aver toccato qualcosa di profondo. 43) La combinazione dei dati Un esempio di raccordo dei dati, per Oliver de Sardan, è lo Studio di caso: un tipo di ricerca e analisi di un fenomeno socilae, circoscritto in uno spazio-tempo determinato, intorno a una situazione particolare; si presentano su argomenti come la migrazione, la violenza e le questioni di antropologia medica. Una fase importante dell’analisi dei dati è la Triangolazione dei dati: si incrociano più notizie, da più punti di vista, indagando sul rapporto tra informazione e informatore, al fine di cogliere le varie sfaccettature sulla questione. Si può arrivare a definire un gruppo di persone come “Gruppo strategico”, ad indicare individui che hanno uno stesso punto di vista sulla questione, oppure “Gruppo Invisibile o Esterno” per coloro che non hanno un punto di vista coinvolto nel problema, ma che può essere utile per comprendere le questioni marginali del fenomeno. Ultimo momento dell’analisi dei dati è comprendere che i dati sono saturi, ovvero non si hanno più dati nuovi, ma si stanno raccogliendo sempre gli stessi: la “Saturazione” determina la fine della ricerca. 44) George E. Marcus e la ricerca multisituata George Marcus è un antropologo americano, i cui studi e la teorizzazione di nuove forme metodologiche hanno permesso all’antropologia americana di fare passi avanti, dopo un periodo di riflessione sulla disciplina negli anni ’70 e ’80. L’antropologo indirizza le sue ricerche etnografiche, fin dagli anni Ottanta, su due direttrici: una prima fase di studio su un solo campo, al fine di far emergere i “ritratti sociali” degli individui, mentre la seconda prende in considerazione non un solo gruppo mettendo in relazione oggetti, identità e significati culturali in uno spazio e tempo più ampio, questo permette agli studi classici di fondersi con i campi di indagine attuali, proprio perché i campi di studio non sono delineati, permettendo così di toccare varie forme e sistemi, cioè avere “discontinui e multi-situati oggetti di studio”. La novità metodologica dell’etnografia contemporanea sta nell’accento posto sull’etica, impegno e attivismo. “Attivismo” no nel senso di affiliazione a un movimento sociale esterno al campo di ricerca, si tratta di un genere di attivismo specifico alle condizioni stesse della ricerca, che riprende lo slogan femminile “il privato e politico”, intendendo con “politico” come “per la poli, la comunità” 45) Commentare le ansie metodologiche Una nuova forma di etnografia porta a quelle che Marcus definisce “Ansie metodologiche”: i limiti dell’etnografia, in quanto studiare la formazione culturale che si produce in specifiche località, significa che nel progetto di ricerca e nella successiva analisi, la mappatura dei terreni e dei luoghi sono preventivamente costituiti; i limiti e ridimensionamento del lavoro sul campo, tale ridimensionamento è un’ipotesi fittizia, in quanto l’entografia è già permeata dall’idea di una “etnografia mobile”; infine, la perdita del subalterni, del “buon selvaggio”, lo studio di soggetti multi-situati, infatti, fa perdere l’idea che una ricerca con soggetti “fissi” possa rappresentare una prospettiva periferica e parziale degli studi sulla subalternità 46) I soggetti di studio e le arene disciplinari nella ricerca multisituata con l’espressione “Arene disciplinari” si intendono gli studi e le correnti teoriche non riconducibili direttamente all’antropologia, ma che per qualche motivo possono essere di interesse etnografico. Tre sono gli ambiti in cui l’antropologo americano ritiene che l’etnografia multi-situata possa dialogare con diversi metodi e ambiti disciplinari: lo studio dei media, cioè della televisione, il cinema e la sua produzione, ne è un esempio l’interesse per i film etnografici come Moi, Le Noir; lo studio culturale e sociale della Scienza e della Tecnologia, che va ad investigare i campi diversi della tecnologia, come internet, ma anche le questioni di tipo biomedico; infine, i nuovi studi sullo sviluppo, quindi, in un’ottica mobile, comprendere i movimenti sociali, le rotte migratorie, i vecchi modelli di sviluppo e come attuarne dei nuovi 47) Come si costruisce la ricerca multi-situata? La ricerca multi-situata è disegnata intorno a catene, percorsi e giustapposizione di luoghi. Le etnografie multi-situate rappresentano i loro oggetti di studio per mezzo di tecniche: cioè una vera e propria costruzione dell’oggetto di studio, per mezzo di movimenti, con il fine di seguire un determinato fenomeno complesso. Le tecniche son ad esempio: seguire la cosa, secondo il concetto di “catena di merca”, si intende seguire lo spostamento dell’oggetto, il dono, denaro o opera d’arte; seguire la gente, cioè partecipare ai loro riti quotidiani, mentre parlano o litigano, quindi essere presente anche nei momenti considerati “inutili”; seguire la metafora, quindi le forme metaforiche e simboliche dei discorsi, i modi di pensare e di dire; seguire la trama, l’allegoria, cioè un tipo di ricerca rivolta alla cosiddetta “memoria sociale” delle persone e della comunità; seguire la vita, la biografia, si intende seguire il racconto di un individui, la sua storia e il suo vissuto; infine, seguire il conflitto, si utilizza principalmente per questioni di antropologia giuridica 48) Cos’è la Repatriation? Con il termine “repatriation”, si intende il rimpatrio di oggetti o resti umani, sparsi in vari musei del mondo, alle comunità che ne fanno richiesta. La questione, di rilevanza internazionale, della repatriation, è entrata a far parte del dibattito italiano, in seguito alla richiesta di rimpatrio da parte del governo australiano, di resti umani conservati al Museo di Storia Naturale dell’Università di Firenze. Il dibattito ha portato a un posizionamento da parte degli antropologi fisici, firmatori del documento relativo alla questione del rimpatrio, i cui punti principali sono che tali resti fanno, ormai, parte di una “testimonianza culturale” e che sono protetti dallo Stato italiano e dalle sue leggi. Il problema è sorto nell’intenzione degli antropologi fisici di porre la questione su un piano interculturale, coinvolgendo dunque gli antropologi culturali e coloro che si occupano delle collezioni etnografiche: l’idea che gli antropologi fisici vogliono condividere è che se si iniziano a restituire i resti umani alle culture che ne fanno richiesta, dopo toccherà restituire anche tutti gli altri oggetti presenti nei musei, ed i resti umani rappresenterebbero solamente il “Cavallo di Troia” per uno svuotamento dei musei italiani; in contrapposizione, gli antropologi culturali ritengono che tali resti appartengono alle comunità che ne fanno richiesta, e pertanto bisogna farne ciò che loro ritengono più giusto. Come viene indicato nel documento degli antropologi fisici la restituzione deve avvenire solo in caso: gli oggetti siano di dubbia provenienza, che si possa effettuare un test del DNA per confermare la relazione tra resti umani e chi ne fa richiesta, solo nel caso gli oggetti vengano restituiti alle singole comunità autoctone e non allo Stato che lo richiede, ed infine, che i resti umani ed oggetti restituiti vengano esposti in strutture che permettono la visione a tutti, essendo ormai “patrimonio culturale” 49) Antropologia e servizio sociale Sono stati individuati quattro aspetti che possono essere ricondotti al servizio sociale. Il primo parte dal concetto di conoscenza, in quanto permette l’acquisizione di saperi nuovi che possono migliorare il lavoro dell’assistente sociale; il secondo parte dalle considerazioni fatte da Tullio Tentori, nonché primo antropologo che lavorò nel servizio sociale, il quale afferma che la scuola di servizio sociale non è solo un luogo di apprendimento, ma un centro di stimolo all’evoluzione culturale, per staccarsi dall’etnocentrismo, e tali obbiettivi sono i medesimi dell’antropologo, il quale vede il servizio sociale come un istituto con il quale non può fare a meno di collaborare. Il terzo aspetto riguarda, invece, “l’aumento delle competenze culturali”, termine usato da diversi antropologi per evidenziare la necessità di accerescere le conoscenze antropologiche relative alle diverse rappresentazioni della persona e del legame sociale. L’ultimo aspetto è l’intervento dell’antropologia, cioè quando le conoscenze antropologiche