Scarica Sbobine di Biologia vegetale e animale e più Sintesi del corso in PDF di Biologia Animale solo su Docsity! 1 Biologia vegetale e biologia animale Corso di laurea in Farmacia anno 2022/2023 Prof.ssa V. Sorrenti 2 Composizione materia vivente La biologia è una scienza multidisciplinare che studia la vita. La materia è costituita da elementi chimici o composti. In particolare: crosta terrestre formata da 102 elementi materia vivente formata da 30 elementi Dei 30 elementi essenziali che costituiscono la materia vivente, 11 si trovano in tutte le cellule e sono detti elementi plastici o bioelementi. I bioelementi sono: idrogeno, ossigeno, carbonio, azoto, zolfo, fosforo, cloro, sodio, potassio, calcio e magnesio. I più abbondanti sono idrogeno, ossigeno, carbonio e azoto perché sono in grado di formare legami covalenti (che per loro definizione sono legami stabili), hanno peso atomico basso, formano composti diffusibili attraverso la membrana. L'acqua rende possibile la vita e influenza l'esistenza degli organismi. È una molecola polare, in cui l'ossigeno attira gli atomi di idrogeno formando un dipolo. Le molecole d'acqua hanno la caratteristica di essere: adesive la forza adesiva agisce su un molecole di tipo diverso, mantenendole unite coesivela forza coesiva agisce su molecole di tipo uguale, mantenendole unite L'acqua è un solvente versatile poiché è in grado di sciogliere sali, molecole polari, zuccheri. Le molecole idrofile, come il colloide, non si sciolgono. L'acqua è neutra (pH=7,4) a concentrazioni molto basse si dissocia in: H2O ↔ H2 + O2 Acqua e Sali minerali Grazie ai sali minerali si ha il mantenimento dell'omeostasi e delle funzioni renali e respiratorie. L'acqua è la molecola più abbondante nel corpo umano: nell'uomo il 54%, nei bambini è più elevata fino al 70%, più bassa nelle donne. L'acqua si trova nei compartimenti idrici: 60% intracellulare (citoplasma), 40% extracellulare liquido interstiziale (28%), plasma (8%), transcellularebile, lacrime (4%). I sali minerali presenti in acqua si trovano al 6% e vengono divisi in: macroelementi: > 100 mg al gg K, Na, Cl, Ca, P, Mg, S Microelementi: mm al gg Fe, Se, Cu, I, Mn oligoelementi: microgrammi al gg La carenza di sali minerali si ha in caso di: assunzione giornaliera inadeguata, aumento del fabbisogno, diminuita di assorbimento, eccessive perdite di liquidi. Macroelementi Calcio: è il catione più importante. Si trova per il 99% nelle ossa e nei denti, 1% nei liquidi intra ed extracellulari. Una carenza di calcio porterà a: un'alterazione della struttura ossea (osteoporosi nelle donne e rachitismo nei bambini), crampi muscolari, carie dentaria, tetania, alterazione della coagulazione del sangue. Fosforo: 80% si trova nelle ossa e nei denti, 20% nelle cellule, tra cui il sangue. Interviene nelle vie metaboliche, infatti forma l’ATP. Il paratormone regola l'equilibrio tra calcio e fosforo. Magnesio: insieme al calcio al fosforo si trova nello scheletro. È un cofattore enzimatico. La carenza di magnesio porta a: ansia e depressione, disturbi del sonno, oppressione toracica, palpitazioni, dolori mestruali eccessivi, tremori. Zolfo: si trova principalmente in pelle, capelli e unghie. L'assunzione avviene sotto forma di amminoacidi solforati. 5 utilizzando un atomo di ossigeno come ponte tra i due monosaccaridi. Più monomeri formano disaccaridi, più disaccaridi polisaccaridi. A sua volta i monosaccaridi si dividono in: aldosi contengono un gruppo aldeidico CHO, come la gliceraldeide chetosi contengono un gruppo chetonico CO, come il diidrossiacetone Struttura I carboidrati formano due isomeri ottici, stereoisomeri detti enantiomeri, molecole che sono una l'immagine speculare dell'altra. Sostanzialmente vi è un carbonio centrale, detto carbonio chirale, legato a quattro gruppi funzionali diversi. Possiamo distinguere carboidrati della serie D e della serie L: i primi sono quelli più diffusi in natura, possiedono nell'ultimo carbonio chirale un gruppo ossidrile a destra -destro-; mentre i secondi possiedono nell'ultimo carbonio chirale un gruppo ossidrile a sinistra -levo-. Principalmente i carboidrati li troviamo con una struttura lineare, ma in soluzione possiamo trovarli con una forma ad anello o ciclica. Avviene una reazione di addizione nucleofila tra gruppo ossidrile e gruppo aldeidico o chetonico e si forma un emiacetale ciclico. Questa forma ciclica dà origine a due isomeri, detti anomeri, che differiscono per la posizione dell'idrogeno e di un gruppo ossidrile nel carbonio 1: distinguiamo una molecola Alfa se il gruppo ossidrile si trova al di sotto del piano della molecola, distinguiamo una molecola Beta se il gruppo ossidrile si trova al di sopra del piano della molecola. Inoltre, gli aldosi formano un anello a sei termini e i chetosi formano un anello a 5 termini. Gli anelli a 5 atomi di carbonio sono detti franosi, quelli a 6 atomi sono detti piranosi. I polisaccaridi possono essere: strutturali come la cellulosa che si legano con l'acqua come l’agarosio e la carragenina di riserva come l'amido e il glicogeno L'amido è un polisaccaride vegetale, composto da amilosio e amilopectina (legato da legami Alfa glucosio). Il glicogeno è un polisaccaride animale molto ramificato. In elevate quantità è presente nel muscolo e nel fegato (qui ha funzione di riserva energetica per tutto il corpo in caso di necessità). La cellulosa è presente nella parete delle cellule vegetali ed è il polisaccaride più abbondante sulla terra (si unisce tramite legami beta glucosio). Costituito da beta-glucosio, questo tipo di legami non può essere digerito dal nostro organismo ma sono digeribili dagli erbivori. La chitina ha funzione strutturale e forma l’esoscheletro di crostacei e insetti. Formato da N-acetil-beta- glucosammina. I lipidi I lipidi hanno funzione di riserva energetica, strutturale e funzione di isolamento termico. Costituiscono un gruppo eterogeneo di composti definiti dal fatto che sono solubili nei solventi apolari e insolubili in acqua perché sono costituiti essenzialmente da carbonio e idrogeno con pochi atomi di ossigeno, ciò rende questa molecola idrofobica. In generale un lipide è costituito da un acido grasso + un alcol. Tra i lipidi più importanti vi sono i grassi, i fosfolipidi, gli steroidi, i carotenoidi e le cere. 6 Nella molecola dei lipidi sono contenuti gli acidi grassi, che rappresentano una riserva energetica economica poiché forniscono più del doppio di energia per grammo rispetto ai carboidrati, questo perché sono molecole più ossidabili (ovvero hanno bisogno di più ossigeno). I lipidi contengono carbonio e idrogeno, possono contenere anche doppi legami formando così isomeri cis e trans: cis ha due idrogeni nello stesso lato del piano della molecola, trans ha due idrogeni in parti opposte. Il gruppo funzionale principale è il gruppo carbossilico COOH. Gli acidi grassi quindi si distinguono in: acidi grassi saturi: composti solo da legami semplici (si avrà una sostanza solida) acidi grassi insaturi: presentano doppi legami tra atomi di carbonio (si avrà una sostanza liquida) o La presenza del doppio legame fa sì che si crei una piega nella catena di atomi di carbonio (Cis) o acidi grassi cis hanno punto di fusione più basso rispetto agli acidi grassi trans La fluidità di un acido grasso dipende da: 1) grado di insaturazione (cis-trans) 2) numero di doppi legami 3) Lunghezza della catena idrocarburica La fluidità degli acidi grassi è inversamente proporzionale alla lunghezza della catena, ciò significa che se abbiamo una catena più corta la fluidità aumenta. Al contrario la fluidità è direttamente proporzionale al numero di doppi legami (soprattutto cis). Gli acidi grassi possono essere definiti essenziali, poiché l'uomo non è capace di sintetizzarli e deve introdurli con gli alimenti. Un esempio di acido grasso essenziale può essere l'acido linoleico (omega 6 e omega 3, riferito alla posizione dell'ultimo doppio legame). In natura esistono acidi grassi cis e in alcuni alimenti vi sono acidi grassi trans. Questi sono più simili agli acidi grassi saturi, quindi con una catena lineare e senza presenza di doppi legami. Visto che in natura non si trovano acidi grassi trans, questi vengono trasformati artificialmente mediante processo di idrogenazione industriale a partire da acidi grassi cis, e poi successivamente vengono introdotti negli alimenti. Ovviamente la presenza di questi acidi grassi trans negli alimenti fa male: infatti, se ingeriti in grandi quantità, favoriscono l'insorgenza di malattie cardiovascolari poiché avendo una struttura stabile senza doppi legami si potrebbero formare coaguli di sangue all'interno dei vasi sanguigni. Per quanto riguarda piante e animali essi contengono acidi grassi in parte saturi e in parte insaturi. In particolare, le piante contengono acidi grassi insoliti, contenuti negli oli e nelle cere. I procarioti (batteri) contengono pochi acidi grassi e questi contengono: acidi grassi ramificati, idrossilasi (con un gruppo ossidrile nella catena laterale), acidi grassi che contengono anelli di ciclopropano. Nell'uomo gli acidi grassi liberi si trovano a digiuno, poiché vengono liberati dal tessuto adiposo. I lipidi si classificano in: lipidi semplici tra cui gliceridi, cere e steridi lipidi complessi tra cui fosfolipidi e glicolipidi I trigliceridi sono composti da glicerolo (alcol contenente tre gruppi OH) e tre acidi grassi. I trigliceridi li possiamo trovare nei grassi animali, nel tessuto adiposo dei mammiferi. Le cere sono esteri di alcol monovalenti, sono più inerti dei trigliceridi e quindi hanno azione protettiva ed impermeabilizzante. I derivati del colesterolo sono esteri del colesterolo. Si trovano solo nelle cellule animali e sono importanti costituenti delle membrane biologiche e delle guaine mieliniche dei nervi. Dal colesterolo derivano alcuni ormoni steroidei tra cui il testosterone, l'estradiolo, cortisolo, aldosterone. 7 I fosfolipidi formano la doppia membrana delle cellule. Sono formati da esteri del glicerolo + acido fosforico + una base azotata. Sono molecole anfipatiche ovvero che interagiscono sia con molecole polari che apolari. I carotenoidi sono i pigmenti che catturano l'energia luminosa durante la fotosintesi, quindi si trovano nelle cellule vegetali. I nucleotidi I nucleotidi sono i monomeri che costituiscono gli acidi nucleici, il deposito di informazioni genetiche. Nelle cellule ci sono due tipi di acidi nucleici: DNA e RNA. La differenza tra i due sta negli acidi nucleici che la compongono: il DNA è formato da adenina, citosina, timina e guanina; mentre l’RNA contiene adenina, citosina, uracile e guanina. Inoltre, il DNA è formato da una doppia catena a elica, mentre l’RNA è formato da una singola catena lineare. Gli acidi nucleici sono costituiti da catene lineari di nucleotidi uniti da un legame fosfodiesterico, in cui gruppo fosfato attaccato allo zucchero. I nucleotidi si uniscono tra loro mediante legame fosfodiesterico. Altre funzioni dei nucleotidi sono anche: captazione, trasferimento e utilizzazione dell'energia tramite l'ATP Regola il metabolismo cellulare tramite AMPc I nucleotidi sono formati da base azotata e zucchero e si distinguono in: Purine: costituite da doppio anello e sono adenina e guanina Pirimidine: costituite da un singolo anello e sono citosina timina e uracile Dalle basi comuni possono formarsi le basi insolite che si differenziano solo per la catena laterale. Microscopi Il microscopio ottico consiste in un tubo con le lenti di vetro a ciascuna estremità. La luce passa sia attraverso il campione, sia attraverso le lenti, viene rifratta dalle lenti ingrandendo l’immagine. Il microscopio ottico più potente riesce a ingrandire un oggetto fino a 2000 volte. La risoluzione è limitata a dettagli non più piccoli di una cellula batterica (0,2 μm o 200 nm). Il microscopio elettronico ha potere risolutivo di 1 nm. Utilizza radiazioni con lunghezze d’onda molto brevi prodotte da un fascio di elettroni. Inoltre, permette di ottenere ingrandimenti di più di 1 milione di volte. I due tipi di microscopio elettronico sono: a trasmissione (MET) e a scansione (MES). Il DNA Il DNA è un polinucleotide con configurazione bicatenaria elicoidale (doppia elica). La struttura venne definita grazie alla ‘’cristallografia a raggi X’’ di Watson e Crick. Nelle cellule eucariotiche il DNA si trova all'interno del nucleo, mentre nelle cellule procariotiche si trova disperso nel citoplasma. È formato da una doppia elica che si unisce mettendo in comune le basi azotate che formano tra loro legami idrogeno e si uniscono: in particolare l’adenina e la timina si uniscono mediante due legami idrogeno, citosina e guanina mediante tre legami idrogeno (regola della complementarità). Le catene decorrono in senso antiparallelo quindi una da 3’ a 5’ e l'altro nel verso opposto. Per rompere la catena di basi azotate bisogna riscaldare queste e legami a idrogeno si romperanno. 10 I procarioti hanno la caratteristica di adattarsi all'ambiente in cui vivono. Proprio per questo il loro DNA è capace di mutare molto frequentemente, in particolare con frequenza 1000 volte superiore a quella di un gene eucariotico. La morfologia di un procariota può essere sferica, a bastoncello, a spirale. Le cellule procariotiche sono più piccole delle cellule eucariotiche. Inoltre, le cellule procariotiche possiedono un DNA circolare non racchiuso all’interno del nucleo, ma localizzato in una regione detta nucleoide. Il DNA può trovarsi anche disperso nel citosol, poiché appunto non presenta un nucleo. Possiedono una membrana plasmatica che delimita la cellula. Molte cellule procariotiche possiedono anche una parete cellulare che racchiude l’intera cellula ed ha il compito di proteggerla da agenti esterni (es detergenti), ed è composta da peptidoglicano. Vi è la presenza di plasmidi, anelli di DNA contenenti geni che integrano quelle del DNA cromosomico. Presenta ribosomi più piccoli rispetto quelli eucariotici. Una caratteristica delle cellule procariotiche è il fatto di essere: gram-positivi il peptidoglicano è più spesso e si trova più esternamente gram-negativi il peptidoglicano è più sottile e si trova più internamente (maggior parte dei batteri patogeni) Alcuni batteri presentano una capsula, un rivestimento mucoso aderente alla cellula che rende quest'ultima più aggressiva poiché è difficile andare a distruggere questa capsula. Un'altra caratteristica delle cellule procariote è la presenza di flagelli e pili: i flagelli sono formati da fibre a forma elica e servono per il movimento; infatti, ogni cellula possiede uno o due flagelli. Altri procarioti possiedono delle fimbrie, usate per aderire tra di loro o per ancorarsi sulla superficie di altri organismi. I batteri possiamo classificarli come: fotoautotrofi: usano l'energia luminosa per sintetizzare composti inorganici in organici (cianobatteri, batteri verdi e batteri purpurei sulfurei) fotoeterotrofi: usano l’energia luminosa per trasformare molecole organiche in ATP. (batteri verdi e batteri purpurei non sulfurei) chemioautotrofi: usano reazioni redox come fonte di energia chemioeterotrofi: usano molecole organiche preformate per ottenere energia 11 Un'altra classificazione per i batteri può essere: aerobi: usano ossigeno per la respirazione cellulare anaerobi: non usano ossigeno per la respirazione cellulare aerobi obbligati: sono obbligati a usare ossigeno per far accrescere la cellula anaerobi facoltativi: possono usare ossigeno per crescere, ma crescono anche senza I batteri possono essere ‘batteri simbiotici’, ovvero quei batteri che attaccano la cellula ospite. Tra i batteri simbiotici vi sono: 1. mutualismo: i simbionti traggono benefici dalle cellule ospite 2. Commensalismo: il batterio trae sempre beneficio e non danneggia la cellula ospite 3. Parassitismo: il batterio trae beneficio e crea danno all'ospite. I batteri partecipano al riciclo della materia vivente, ad esempio fissano e metabolizzano l'azoto mediante reazioni redox. I procarioti si riproducono mediante riproduzione asessuale, in cui le cellule figlie sono uguali alla cellula madre e si dividono tramite scissione binaria. Alcuni batteri producono endospore delle spore, in cui una cellula si divide in due cellule con dimensioni diverse. I batteri vivono in comunità, detta biofilm, favorita dall'umidità. I vantaggi di questo biofilm per l'uomo sono: il biorisanamento (decontaminazione) di acque reflue contaminate. Gli svantaggi possono essere ad esempio la formazione di biofilm su ferri chirurgici, cateteri, pacemaker... Il microbioma è la comunità di batteri che vivono nel e sul nostro corpo. Influenzano l'espressione genica e il nostro sistema immunitario. Al contrario il microbioma è influenzato da: cibo, farmaci, tossine ambientali. Per quanto riguarda i bacteria, comprende sei gruppi: 1. Proteobatteri: (gram-negativi) effettuano la fotosintesi (es. escherichia coli nel colon, batteri che causano patologie umane, batteri patogeni per le piante) 2. Gram-positivi: anthracis che causa l'antrace, stafilococco, streptococco può avere la capsula (diventa virulento), lattobacilli 3. Batteri verdi: (gram-negativi) possiedono un pigmento verde, sono fotosintetici e si trovano in ambienti marini (batteri verdi non sulfurei) o nelle sorgenti di acqua calda (batteri verdi sulfurei) 4. Cianobatteri: (gram-negativi) effettuano la fotosintesi, possiedono un pigmento verde 5. Spirochete: (gram-negativi) possiedono una struttura ad elica. Sono importanti per la digestione della cellulosa di alcuni animali 6. Clamidie: (gram-negativi) batteri patogeni che causano la clamidia. Non possiedono lo strato di peptidoglicano. I batteri patogeni hanno la caratteristica di produrre esotossine letali, produrre endotossine (presenti nella membrana esterna) o rilasciano esoenzimi che degradano la membrana delle cellule ospiti. I batteri patogeni hanno la caratteristica di resistere agli antibiotici per via di mutazioni. Gli archaea comprendono tre gruppi: 1. Euryarchaeota: vivono in differenti ambienti estremi a. Metanogeni: vivono in ambienti riducenti e producono metano b. Alofili: vivono in ambienti altamente salini c. termoestremofili: si trovano in aree termali 2. Crenarchaeota: fermo estremofili che vivono in ambienti con temperature alte o molto basse 3. Korarchaeota: dominio più antico degli archeobatteri Molti archeobatteri vivono in condizioni estreme, estremofili, ma possono anche vivere in condizioni normali, mesofili. Sono costituiti da una membrana con singolo strato lipidico (due teste polari da entrambi i lati) e conferisce loro un'elevata resistenza. 12 Virus I virus sono classificati come organismi non viventi in quanto non hanno una struttura cellulare e non possono né svolgere attività metaboliche né replicarsi in modo autonomo. Sono parassiti intracellulari obbligati ovvero che possono sopravvivere soltanto usando le risorse di una cellula ospite. Hanno dimensioni comprese tra i 20 e i 300 nm. Il primo virus ad essere scoperto è stato nel 1833 il virus del mosaico del tabacco, identificato come virus successivamente con il microscopio elettronico. Il core, costituito da un acido nucleico, è circondato da un rivestimento proteico detto capside, composto da capsomeri. Un virus può contenere o DNA o RNA, non entrambi. I virus possono assumere varie forme diverse: virus elicoidali (mosaico del tabacco) appaiono come lunghi bastoncelli costituiti da un capside che è un cilindro cavo con all’interno l’RNA, virus poliedrici (adenovirus) sono sferici e i capsomeri si dispongono a formare triangoli equilateri. I batteriofagi sono virus che contengono componenti sia elicoidali sia poliedriche (fago T4). Alcuni virus sono circondati da un involucro esterno. Il virus acquisisce l’involucro che è parte della membrana della cellula ospite, sintetizza alcune proteine e le inserisce nella membrana. quindi l’involucro è costituito da fosfolipidi e proteine. Alcuni virus producono glicoproteine che si estendono al di fuori dell’involucro e che ricoprono un ruolo importante nell’interazione tra virus e cellula ospite. Batteriofagi T4 I batteriofagi o fagi sono tra i virus più complessi. La struttura più comune è costituita da una lunga molecola di acido nucleico avvolta in una testa poliedrica. Presentano una coda che può aiutare a penetrare nella cellula ospite. I fagi venivano utilizzati per combattere le infezioni batteriche prima dell’avvento degli antibiotici. Grazie alla loro funzione di infettare i batteri, essi vengono usati per uccidere ceppi di batteri negli alimenti, eliminare batteri in contesti clinici e chirurgici. I batteriofagi possono solo infettare i batteri o anche ucciderli. Nel ciclo litico il virus distrugge la cellula ospite perché essa replica le particelle virali. Questi virus sono detti virulenti poiché causano malattie e spesso anche la morte. Le 5 fasi principali di una riproduzione virale litica sono: 1. Aggancio: il virus aderisce ai recettori posti sulla cellula ospite. 2. Penetrazione: il virus penetra attraverso la membrana ed entra nel citoplasma la cellula ospite. Il genoma virale può penetrare per: iniezione di acido nucleico nella cellula ospite, endocitosi, fusione del pericapside con la membrana plasmatica. 3. Replicazione e sintesi: il virus degrada l'acido nucleico dell'ospite e inizia a replicarsi e produrre proteine virali. 4. Assemblaggio: i componenti virali neosintetizzati vengono assemblati per formare nuovi virus. 5. Rilascio: i virus assemblati vengono liberati all'esterno. Il rilascio dei fagi avviene in una volta e determina una rapida lisi cellulare, mentre alcuni virus animali vengono rilasciati lentamente oppure gemmano dalla membrana plasmatica. Una volta rilasciati, i nuovi virus infettano altre cellule e il processo si ripete. Il tempo per la replicazione virale varia da 15 minuti a più di un'ora. 15 possano fagocitarla e digerirla. In questo modo si attiva il processo di APOPTOSI morte programmata della cellula. Affinché una membrana possa funzionare adeguatamente, è necessario che i lipidi siano in uno stato ottimale di fluidità. Infatti, a temperature normali le membrane cellulari sono fluide, mentre a basse temperature i movimenti della catena di acidi grassi sono rallentati. Questa caratteristica della membrana di essere fluida dipende anche dal colesterolo: infatti questo si trova all’interno del doppio strato, poiché idrofobico. A basse temperature il colesterolo favorisce la solidificazione, al contrario le alte temperature favoriscono una maggiore fluidità. Inoltre, il colesterolo fa sì che la membrana non si indebolisca. Si distinguono in: Proteine intrinseche (integrali): attraversano completamente il doppio strato, poiché ricche di amminoacidi apolari possono attraversare completamente la membrana. Solitamente hanno conformazione ad alfa-elica. Proteine estrinseche (periferiche): legate debolmente sulla superficie delle membrane. Funzioni: le proteine presenti nella membrana sono tutte diverse tra loro. Questo perché la membrana e le sue proteine svolgono diverse funzioni: 1. Trasporto: le proteine integrali possono formare un canale idrofilo che consente il passaggio di specifiche molecole. Altre proteine trasferiscono molecole grazie a dei cambiamenti conformazionali. Alcune di esse idrolizzano ATP per avere energia a sufficienza per pompare le sostanze attraverso la membrana. 2. Attività enzimatica: la proteina svolge funzione enzimatica, con sito attivo esposto alle sostanze. Queste proteine (enzimi di membrana) sono organizzate in complessi che catalizzano tappe successive di specifiche vie metaboliche. 3. Trasduzione del segnale: la proteina (recettore) può presentare un sito di legame per un messaggio chimico. Il legame può indurre un cambiamento conformazionale della proteina che trasmette il messaggio all’interno della cellula; 4. Adesione: le proteine di cellule adiacenti possono unirsi insieme per formare alcuni tipi di giunzioni (occludenti) 5. Adesione al citoscheletro e matrice: elementi del citoscheletro o della matrice extracellulare possono legarsi alle proteine, mantenendo la forma della cellula 6. Riconoscimento: alcune glicoproteine agiscono da marcatori e vengono riconosciute da proteine di altre cellule Criodecappaggio o ‘’freeze-fracture’’: con questa tecnica si è dimostrato che le proteine sono incastrate nel doppio strato. Questa tecnica serve per separare la membrana in due metà. la cellula viene congelata e 16 incisa con una lama, così viene separata la doppia membrana. Le proteine di membrana non si frammentano ma aderiscono a uno dei due strati. Trasporto di membrana La membrana biologica è una membrana selettivamente permeabile, cioè permette il passaggio di alcune sostanze ma non di tutte. In generale le membrane sono permeabili alle piccole molecole apolari, cioè riescono ad attraversare il doppio strato come l'ossigeno e l'anidride carbonica. Un'eccezione è l'acqua che, essendo una molecola polare, attraversa il doppio strato lipidico. Al contrario il doppio strato è impermeabile agli ioni e per far sì che questi possano attraversare la membrana hanno bisogno di particolari proteine di trasporto. Possiamo dire che, il movimento delle molecole dipende da: Struttura delle molecole Struttura della membrana Gradiente di concentrazione Coefficiente di diffusione, che dipende dal peso molecolare Per capire la quantità esatta di saluto che può passare attraverso la membrana si applica la legge di Fick, che misura la velocità di diffusione e si può applicare solo se si riferisce a quantità di soluto che si muovono da comparti a concentrazione più elevata rispetto comparti in cui la concentrazione è più bassa (es. comparto extracellulare): L’ossigeno diffonde rapidamente perché è una molecola apolare piccola. L’acqua è l’unica molecola polare che attraversa la membrana mediante delle proteine canale dette porine. Solo più avanti degli studiosi hanno identificato proteine transmembrana, dette acquaporine, che fungono da canali controllati per l'acqua altamente selettivi e riescono a far passare un quantitativo di circa un miliardo molecole al secondo. Osmosi Alcune sostanze entrano ed escono dalla cellula per diffusione, poiché possiedono una propria energia cinetica. Se le particelle non sono distribuite uniformemente si avranno due regioni: una a maggiore concentrazione e l'altra a minore concentrazione. Questa differenza di concentrazione è detta gradiente di concentrazione. Seguendo questa diffusione le particelle si muovono da concentrazioni più alte verso quelle più basse. Si raggiunge uno stato di equilibrio dinamico nel momento in cui il sistema non cambia e le particelle sono distribuite uniformemente. Per quanto riguarda la diffusione dell'acqua si ha l’osmosi. L'acqua crea una pressione osmotica sulla membrana contenente la concentrazione maggiore di soluto e in questo modo si sposta verso la concentrazione più elevata, mentre se le due 17 concentrazioni sono uguali questa non riesce a passare. L'osmosi è molto importante per le cellule per far sì che esse mantengano l'equilibrio. Tipi di soluzione In base al movimento delle molecole d’acqua all'interno di una cellula possiamo distinguere: Soluzione isotonica: non vi è alcun movimento di molecole d'acqua, poiché la cellula viene immersa in un fluido avente la stessa pressione osmotica (plasma umano, tutti i fluidi corporei) Soluzione ipotonica: l’acqua si sposta dentro la cellula e questa va in lisi, poiché la cellula si trova immersa in un fluido avente minore concentrazione (irreversibile) Soluzione ipertonica: l’acqua esce dalla cellula e si raggrinzisce, poiché la cellula si trova immersa in un fluido avente maggiore concentrazione (reversibile) La cellula animale, avendo solo la membrana cellulare, non tollera un’eccessiva aggiunta o perdita d’acqua, per questo si ha tutto questo processo di osmosi. Organismi privi di parete cellulare che vivono in ambienti ipertonici o ipotonico si adattano per osmoregolazione. Per le cellule che possiedono una parete, come cellule vegetali, procarioti, funghi e protisti, la condizione ottimale di equilibrio è una soluzione ipotonica (per i vegetali corrisponde all’acqua piovana), infatti le cellule vegetali sono ipertoniche rispetto al mezzo esterno: In soluzione ipotonica la cellula risulta flaccida In soluzione ipertonica si ha fuoriuscita di acqua, quindi si raggrinzisce e la membrana plasmatica si separa dalla parete, processo noto come plasmolisi. L'acqua che entra per osmosi nelle cellule vegetali riempie i vacuoli centrali e gonfia la cellula, creando una pressione contro le pareti rigide detta pressione di turgore. Trasporto attivo e passivo Le sostanze che entrano ed escono dalla cellula per diffusione ci riescono perché possiedono una propria energia cinetica. Grazie al gradiente di concentrazione si ha questo un movimento di particelle dentro e fuori la cellula. La diffusione può essere di due tipi: Diffusione semplice: si segue la legge di Fick, o Passiva: il soluto si diffonde secondo gradiente (non serve energia) o Attiva: il soluto si diffonde contro gradiente di concentrazione, mediante specifiche proteine (serve energia) Diffusione facilitata: le molecole non seguono la legge di Fick (molecole polari, ioni) e possono attraversare la membrana mediante proteine specifiche 20 Organelli Gli organelli si trovano immersi nel citoplasma, una sostanza colloidale all’interno della cellula. Il citoscheletro è una particolare impalcatura che dà forma alla cellula, ed è formata da filamenti intermedi. Ribosomi I ribosomi possono trovarsi liberi nel citoplasma o legati ad alcuni organelli. Sono la sede della sintesi proteica. Si trovano anche nei procarioti e non possiedono una membrana. Possiedono due subunità, una maggiore e una minore. I ribosomi eucariotici sono 80 S, mentre quelli procariotici sono 70 S (dove S è il ‘coefficiente di sedimentazione’ e si misura in Svedberg). In realtà le due subunità sono: per i procarioti 50 S + 30 S = 80 S; per gli eucarioti 60 S + 40 S = 100 S. Come possiamo notare questo risultato è diverso perché quando le due subunità si uniscono una parte si perde; quindi, la somma non corrisponde con l’effettiva misura delle subunità. Sono costituite da circa 80 tipi diversi di proteine e da tre diverse molecole di rRNA. Reticolo endoplasmatico (RE) Il RE fa parte del sistema di membrane endocellulari collegate tra loro. Comprendono: involucro nucleare, reticolo endoplasmatico rugoso e liscio, apparato di Golgi, lisosomi e perossisomi. Il reticolo endoplasmatico è formato da una serie di tubuli e sacchi che racchiudono un compartimento interno detto lume. Le superfici della membrana (cito solita e luminale), contengono diversi enzimi e altri sono presenti all'interno del lume. Una caratteristica comune a tutto il lume del reticolo è il fatto di essere un sito di deposito del calcio. Il reticolo endoplasmatico può essere diviso in: Il reticolo endoplasmatico liscio (REL) non presenta ribosomi sulla superficie. Svolge la funzione di sintesi di lipidi come fosfolipidi e colesterolo per la formazione di nuove membrane; nelle cellule epatiche metabolizza i carboidrati degradando il glicogeno; detossifica da farmaci, infatti il REL è più abbondante nel fegato rispetto ad altre cellule; detossifica anche da alcol e droghe che stimolano le cellule epatiche a produrre più REL; nel tessuto adiposo una parte del RE contiene enzimi che immagazzinano riserve di energia sotto forma di trigliceridi. Il reticolo endoplasmatico rugoso (RER) possiede ribosomi sulla superficie. Si attiva la sintesi proteica delle sole proteine di secrezione (es. anticorpi); sintetizza le proteine per le nuove membrane; quindi, collabora con il REL per formare nuove membrane. Svolge un ruolo fondamentale nella sintesi e nell'assemblaggio delle proteine che sono esportate fuori dalla cellula, destinate agli altri organuli, proteine di membrana. All'interno del lume esistono enzimi, detti chaperoni molecolari, che catalizzano il ripiegamento delle proteine. Le proteine mal ripiegate vengono degradate dai proteasomi. Una funzione molto importante del reticolo endoplasmatico è quella di assemblare la maggior parte delle membrane cellulari: infatti i fosfolipidi vengono sintetizzati dal REL, mentre le proteine necessarie sono sintetizzate dai ribosomi del RER. Apparato di Golgi Formato da sacche membranose appiattite in continuazione con il RE. Ha il compito di rielaborare e modificare ciò che si è prodotto nel RE (es. i glicolipidi vengono formati nel Golgi con l’aggiunta di lipidi alle proteine) poi lei impacchetta in vescicole di trasporto destinati ai diversi compartimenti del sistema delle endomembrane. Possiede un lato cis o di formazione che si trova di fronte al RE e riceve le proteine da rielaborare, un lato trans o di maturazione che si trova nel lato opposto e secerne vescicole chiamate lisosomi. Inoltra le cellule che secernono grandi quantità di 21 glicoproteine hanno un gran numero di pile del Golgi. Nelle cellule vegetali producono polisaccaridi extracellulari, utilizzati come componenti della parete cellulare. Nelle cellule animali sintetizza lisosomi e glicoproteine complesse che formano la matrice extracellulare. Lisosomi Sono sacche chiuse delimitate da membrana che contengono enzimi idrolitici (idrolasi acide) che servono a digerire le macromolecole. Il pH dei lisosomi è acido grazie alle pompe protoniche, poiché la maggior parte degli enzimi è attiva in ambiente acido. I lisosomi primari si formano per gemmazione dalla faccia trans del Golgi e partecipano alla distruzione programmata delle cellule (apoptosi). L’apoptosi è un processo in cui alcune cellule si ‘’sacrificano’’ per altre. Alcune funzioni dell’apoptosi sono: nell’embriogenesi, periodo post-natale, mestruazioni… I lisosomi agiscono fondendo le loro membrane con vescicole che contengono materiale che deve essere digerito. Uno o più lisosomi primari si fondono formando un lisosoma secondario e degradano i componenti delle molecole estranee. I lisosomi possono anche degradare organelli danneggiati in un processo chiamato ‘autofagia’. Il malfunzionamento dei lisosomi porta a malattie genetiche, causate principalmente dalla mancanza di enzimi idrolitici: es. malattia di Tay-Sachs, in cui si ha un accumulo di lipidi nelle cellule nervose (morte entro i 4 anni di vita); malattia di Pompe, mancano gli enzimi che degradano il glicogeno, che si accumula nel fegato. Vacuoli Nelle cellule vegetali e nei funghi, molte delle funzioni svolta dai lisosomi vengono svolte dai vacuoli. La membrana del vacuolo è detta tonoplasto e la parola vacuolo significa ‘vuoto’ e si riferisce al fatto che non hanno una struttura interna. Svolgono un ruolo importante nella crescita e nello sviluppo delle piante: le cellule vegetali inizialmente contengono molti piccoli vacuoli, man mano che si accumula acqua questi tendono a fondersi formando un unico grande vacuolo. Questo accumula acqua e spinge verso l'esterno la parete cellulare mediante una pressione idrostatica, detta pressione di turgore. Inoltre, è importante per il mantenimento di valori appropriati di pH e come i lisosomi degradano prodotti di scarto e organuli. I vacuoli sono presenti in alcune cellule animali, come i protozoi. La maggior parte di essi possiede vacuoli nutritivi che si fondono con i lisosomi per digerire il cibo; altri hanno anche vacuoli contrattili che permettono alla cellula di eliminare l'acqua in eccesso. Perossisomi Si trovano in tutte le cellule eucariotiche. Sono organelli molto piccoli (0,1 – 1 micrometri). I perossisomi contengono gli enzimi in grado di catalizzare quelle reazioni metaboliche nelle quali l'idrogeno è trasferito dai vari composti all'ossigeno. Il perossido di idrogeno viene utilizzato per detossificare dei composti. Tuttavia, per la cellula il perossido di idrogeno è tossico, infatti se fuoriuscisse dai perossisomi danneggerebbe gli altri organelli. Proprio per questo vi è l’enzima catalasi che è in grado di scindere rapidamente questo composto rendendolo innocuo. Altre funzioni sono quelle di catabolizzare acidi grassi a catena lunga e poliamine; sintetizzare i plasmalogeni, che hanno la funzione di sostegno delle cellule nervose; nel fegato e nei reni svolgono la funzione di detossificazione di cellule tossiche; svolgono reazioni ossidative (dismutazione): RH2 + O2 R + H2O2 (dove R sono substrati organici specifici). 22 I perossisomi se non svolgono adeguatamente le loro funzioni portano a malattie quali: ALD, una malattia X- linked in cui non si riescono ad ossidare gli acidi grassi con lunga catena. Nei semi delle piante esistono perossisomi specializzati, i gliossisomi, deputati al processo di trasformazione di grassi in carboidrati. Hanno inoltre dimensioni molto grandi rispetto altri organelli. Nelle piante catalizzano il processo di fotorespirazione. Le lucciole all’interno dei perossisomi contengono l’enzima luciferasi, che mediante una serie di reazioni emette luce. Mitocondri Sono organelli rivestiti da una doppia membrana. Hanno forma a bastoncino, un po' allungata con dimensioni da 2 a 8 μm. Ci sono cellule, come nel miocardio, in cui sono numerosi e più grandi (metabolismo aerobico), mentre nel muscolo sono meno numerosi e più piccoli (metabolismo in parte anaerobico). Svolgono la funzione di centrale energetica della cellula, infatti avviene la cosiddetta respirazione aerobica, processo che richiede ossigeno per trasformare energia chimica in ATP. Il processo che consente di liberare energia è il processo di fosforilazione ossidativa, in cui viene sintetizzato ATP. Ciò avviene perché nelle due membrane sono presenti molti complessi proteici in cui avvengono una sequenza di reazioni redox per la formazione di energia: Membrana esterna: più permeabile a piccole molecole Membrana interna: presenta delle creste che aumentano la superficie della membrana, è più impermeabile a ioni. Nella membrana presenta un’elevata concentrazione di proteine carrier per far passare molecole (80% proteine, 20% proteine) Sono organelli semiautonomi perché nella matrice è presente DNA circolare e ribosomi (infatti avviene la sintesi proteica). Proprio per la presenza di DNA e ribosomi nasce l’ipotesi che originariamente i mitocondri erano cellule batteriche aerobiche entrate in simbiosi con la cellula eucariotica. I mitocondri giocano anche un ruolo molto importante nella morte cellulare programmata, apoptosi. Questa fa parte del normale sviluppo e dei meccanismi di mantenimento cellulare (es le cellule della parete intestinale sono continuamente distrutte e sostituite da nuove cellule). Possono anche indurre la morte cellulare, interferendo con il metabolismo energetico o attivando enzimi che mediano la distruzione cellulare. Quando il mitocondrio viene danneggiato rilascia nel citoplasma il citocromo c, una proteina importante nella produzione di energia. Questa induce l'apoptosi attivando degli enzimi noti come caspasi, che degradano la cellula. L'inibizione dell'apoptosi può contribuire allo sviluppo di patologie come il cancro; al contrario un'eccessiva attivazione dell'apoptosi nel cervello può causare la morte di cellule nervose associate all’Alzheimer o al morbo di Parkinson. I mitocondri derivano solo dalla madre (uniparenterale). Il malfunzionamento di essi consegue malattie come: miopatie, encefalopatie, cardiomiopatie, cecità. Citoscheletro Il citoscheletro mantiene la forma della cellula e ne permette il cambiamento di forma. Oltre a fornire supporto meccanico serve per il trasporto di materiali all'interno della cellula e nella divisione cellulare. Il citoscheletro è altamente dinamico e cambia continuamente. È costituito da una rete di fibre proteiche, in particolare da microtubuli, microfilamenti, filamenti intermedi. 25 Il nucleo è avvolto da una doppia membrana che lo separa dal citoplasma, detta involucro nucleare. L’involucro fornisce anche sostegno strutturale al nucleo. È formato da una membrana interna, una esterna e dalla lamina nucleare. La lamina è formata da proteine fibrose, chiamate lamine (A, B1, B2, C), in diretto collegamento con le proteine del citoscheletro e ha funzione di sostenere la membrana e favorisce l’organizzazione del comparto nucleare. Mutazioni della lamina sono associate a malattie genetiche umane, come distrofie muscolari e invecchiamento precoce (progenie). La membrana a intervalli si fonde per formare i pori nucleari. Ogni poro è formato da un raggruppamento di circa 30 proteine che attraversano la membrana. Questi complessi regolano il passaggio di materiali di grandi dimensioni che servono al nucleo. Ogni proteina che deve essere trasportata attraverso i pori contiene dei segnali di localizzazione nucleare (SLN), che non sono altro che sequenze amminoacidiche. Recettori chiamate importine legano la proteina che contiene il SLN e la trasportano attraverso il poro all’interno del nucleo. Questo SLN serve alle proteine per far attraversare la membrana a una velocità di 2000 molecole al secondo. Organizzazione interna: Nucleoplasma: è l’analogo del citoplasma (o ialoplasma). Ha la caratteristica di essere colorato da coloranti basici, che evidenziano le zone corrispondenti alla cromatina (poiché il DNA è acido). Matrice nucleare: sostanza gelatinosa analoga al citoscheletro. Costituisce un’impalcatura per il nucleo e permette alcune funzioni quali ancorare siti di replicazione del DNA, ancorare domini di splicing ecc... È costituita da un reticolo interno e dalle fibre globulari. Nucleolo: è la sede di produzione del rRNA ed è qui che si assemblano i ribosomi. Ogni nucleolo contiene un organizzatore nucleolare, costituito dalle regioni cromosomiche contenenti le istruzioni per sintetizzare i diversi tipi di rRNA. Inoltre, contiene la cromatina detta perinucleolare. Il nucleolo è necessario per il trasferimento dell’RNA dal nucleo al citoplasma. Se si inattiva il nucleolo con un microfascio di luce UV inibisce il passaggio di RNA ed inibisce la divisione cellulare: esso è necessario per il corretto svolgimento della mitosi. Il numero di nucleoli all’interno di una cellula eguaglia il grado di ploidia: 1 nucleolo aploidia; 2 nucleoli diploidi. Nucleo: all’interno del nucleo troviamo la cromatina, DNA associato a delle proteine istoniche e non. Durante la mitosi si spiralizza nei cromosomi mentre durante l’interfase si presenta in due fasi: eterocromatina, che è altamente condensata, eucromatina, che è meno condensata e comprende la maggior parte del genoma. L’eterocromatina può essere costitutiva, ovvero inattiva come nei centromeri e nei telomeri, o facoltativa, che può condensarsi. Nella cromatina il DNA è associato a: proteine istoniche: proteine basiche ricche di arginina e lisina, tra cui H1, H2A, H2B, H3, H4. Proteine non istoniche: proteine acide che svolgono un ruolo strutturale, coinvolte nella replicazione e trascrizione. Quando il nucleo sta per dividersi la cromatina si condensa in cromosomi. 26 Cromosomi La parola cromosoma significa ‘corpo colorato’ e si riferisce alla capacità di essere colorati da coloranti specifici. I cromosomi si differenziano in base alla cellula: cromosomi batterici sono costituiti da una singola molecola di DNA che, se despiralizzata può arrivare fino a 0,5-1 mm; cromosomi eucariotici appaiono come eucromatina ed eterocromatina che, se despiralizzata può arrivare all’ordine dei centimetri. Sono strutture basofile, cioè che si colorano con coloranti basici. Sono strutture molto compatte e ciò consente di occupare il minor spazio possibile. Il processo di compattazione è facilitato da proteine chiamate istoni. Queste sono cariche positivamente poiché posseggono un gran numero di aminoacidi con catena laterale basica. Essi si associano con il DNA per formare i nucleosomi, strutture simili a delle perle costituite da otto molecole di istoni (H2A, H2B, H3, H4) nella quale il DNA si avvolge per 1 giro e ¾. I nucleosomi impediscono al DNA di aggrovigliarsi e inoltre gli istoni sono importanti per la regolazione dell’espressione genica. Quando un quinto istone, H1, si associa con il DNA linker per formare una fibra dal diametro di 30 nm. Gli istoni hanno principalmente funzione strutturale. Influenzano l’espressione genica, essendo proteine possono esserci modifiche post-traduzionali, che possono essere: acetilazione metilazione fosforilazione Queste modifiche creando un ‘’codice istonico’’ che stabilisce le regioni di DNA accessibili per la trascrizione. I cromosomi sono costituiti da due subunità istoniche dette cromatidi fratelli. Sono geneticamente identici poiché sono il risultato della replicazione del DNA. I cromatidi sono uniti mediante il centromero, formato da sequenze simili di nucleotidi. Esso dà origine a due bracci, che possono essere uguali o diversi: p (corto) e q (lungo). A ogni centromero è associato un cinetocore, alla quale possono legarsi i microtubuli del fuso mitotico per permettere la separazione dei cromatidi fratelli durante l’anafase. I telomeri, invece, si trovano all’estremità dei cromosomi, formati da una stessa sequenza di basi che si ripete migliaia di volte. Essi hanno la funzione di protezione dell’estremità dei cromosomi. Durante ogni replicazione del DNA, un pezzo dei telomeri viene perso; la loro lunghezza originale viene ripristinata grazie l’enzima telomerasi che aggiunge nucleotidi. Questo processo è fondamentale in maniera opposta nell’invecchiamento, poiché si ha un accorciamento dei telomeri. Al contrario, in presenza di tumori la telomerasi aggiunge molte più basi del necessario e ciò favorisce la velocità di moltiplicazione delle cellule tumorali. Alcuni cromosomi possiedono, oltre al centromero, una costrizione secondaria. Questa regione viene chiamata DNA satellite ed ha il compito di sintetizzare l’rRNA. Nell’uomo questa porzione si trova nel braccio corto dei cromosomi acrocentrici. In base alla posizione del centromero, il cromosoma è definito: metacentrico: il centromero è al centro submetacentrico: il centromero è localizzato non esattamente in posizione mediana acrocentrico: il centromero è localizzato all’estremità del cromosoma ed è presente il DNA satellite 27 Cariotipo umano Il cariotipo è l'insieme completo di tutti i cromosomi di una cellula. Nel caso dell'uomo si hanno 46 cromosomi di cui 22 paia di autosomi e 2 cromosomi sessuali. I cromosomi vengono ordinati e identificati in base alla lunghezza, alla posizione del centromero, le dimensioni, alla bandeggiatura. Un altro metodo per distinguere i cromosomi è l'ibridazione in situ fluorescente (FISH) in cui un filamento di DNA complementare alla sequenza viene marcato con un colorante fluorescente, il DNA cromosomico viene denaturato così il filamento marcato vi si può legare. Può essere usata anche la tecnica del bandeggio: bandeggio G: in cui vengono colorate maggiormente le zone del DNA in cui sono presenti adenina e timina. bandeggio R: ottenuto mediante denaturazione al calore e opportuna colorazione. bandeggio Q: si usa un colorante fluorescente per evidenziare le zone ricche di adenina e timina. Cellula vegetale Le cellule vegetali possono essere unicellulari o pluricellulari. Nel caso di cellule vegetali unicellulari, come l'alga unicellulare, la cellula deve essere in grado di svolgere tutte le funzioni vitali, metaboliche e riproduttive. Nei vegetali pluricellulari i compiti sono suddivisi in gruppi di cellule specializzate dette tessuti, che a loro volta formano gli organi cioè la radice, il fusto, la foglia e il fiore. Un tipo di cellula unicellulare sono i cianobatteri o alghe azzurre, che presentano caratteristiche simili a quelli dei batteri: presentano una parete cellulare, ribosomi 70 S, tilacoidi, DNA circolare. Un esempio di cianobatterio è la spirulina, un vegetale ricco di vitamina B 12 che per questo viene usata come integratore alimentare. Per scoprire l'origine delle cellule eucariotiche vegetali gli studiosi hanno considerato due teorie: Teoria autogena: secondo la quale i procarioti si sono evoluti fino a diventare eucarioti Teoria endosimbiotica: secondo la quale un grosso batterio avrebbe ospitato al suo interno batteri respiranti e fotosintetizzanti divenuti poi mitocondri e cloroplasti. Le caratteristiche di una cellula vegetale sono innanzitutto la forma, poiché quelle unicellulari hanno forma sferica o allungata mentre quelle pluricellulari hanno forme poliedriche, tubulose e talvolta stellate. Le dimensioni di una cellula vegetale vanno dai 50-100 μm. Queste cellule presentano diverse caratteristiche che la differenziano da una cellula animale come la parete cellulare che circonda la membrana cellulare e conferisce rigidità e forma, il vacuolo che mantiene il turgore cellulare, i plastidi che permettono la fotosintesi. Gli organuli in comune con la cellula animale svolgono funzioni differenti da essa: l'apparato del Golgi sintetizza polisaccaridi amorfi della parete cellulare, i perossisomi si trovano nei semi delle piante e prendono il nome di gliossisomi, mentre il citoscheletro nella cellula vegetale i microtubuli sono coinvolti nella formazione del fragmoplasto, da cui si forma la parete (il fragmoplasto è il punto di separazione di due cellule figlie). I plastidi sono organelli che possiedono una doppia membrana che racchiude una sostanza detta stroma. Sono molto numerosi nelle foglie e meno abbondanti nelle radici. I plastidi derivano tutti dai proplastidi e si differenziano in: Amiloplasti: accumulano amido (leucoplasti) 30 idrocarburica. Tutti i pigmenti hanno la caratteristica di assorbire specifiche lunghezze d’onda: clorofilla verde, carotenoidi giallo. La luce visibile è una piccola porzione di un vasto spettro elettromagnetico. Ogni tipo di reazione ha natura ondulatoria ed è caratterizzato da una lunghezza d'onda. La porzione dello spettro compresa fra 380nm e 760nm è chiamata spettro visibile. Grazie a uno strumento chiamato spettrofotometro è possibile misurare la capacità dei vari pigmenti di assorbire la luce in base alle diverse lunghezze d'onda. Lo spettro di assorbimento è una rappresentazione grafica dell'assorbimento delle diverse lunghezze d'onda della luce. Uno spettro d'azione è un grafico dell'efficacia di differenti lunghezze d'onda della luce. Il primo spettro d'azione venne usato da Engelmann, che si servì dei cloroplasti di un'alga verde. Egli espose queste cellule a uno spettro di colori ottenuto facendo passare la luce attraverso un prisma. Engelmann sapeva che la fotosintesi producesse ossigeno e che esistono batteri capaci di muoversi nelle zone ad alta concentrazione di ossigeno; quindi, determinò lo spettro d'azione osservando i batteri aerobici muoversi verso le regioni illuminate dal rosso e dal blu. Visto che lo spettro d'azione corrispondeva allo spettro di assorbimento della clorofilla, Engelmann concluse che la clorofilla fosse responsabile della fotosintesi. La luce è costituita da particelle chiamate fotoni e minore è la lunghezza d'onda della radiazione, maggiore è l'energia per fotone. Quando una molecola assorbe l'energia di un fotone viene catturata da uno dei suoi elettroni, che diventa eccitato. In questo caso possono verificarsi due eventi: l'atomo ritorna allo stato fondamentale e l'energia viene dispersa sotto forma di calore o come luce fluorescente, oppure l'elettrone lascia l'atomo e può essere catturato da un'altra molecola accettrice di elettroni, che si riduce; così si hanno una serie di reazioni redox che caratterizzano la fase luminosa. Il processo completo della fotosintesi comprende una fase luminosa (che avviene nei tilacoidi) e una fase oscura (che avviene nello stroma). In particolare, la fase luminosa serve a produrre ATP, NADH e liberare ossigeno; la fase oscura serve a utilizzare ATP e NADH per formare il glucosio. ATP e NADPH non sono adatte a costituire un deposito energetico di lunga durata. Per questo parte della loro energia è trasferita ai legami chimici dei carboidrati. La prima fase è la fissazione del carbonio che consiste nell'unione degli atomi di carbonio, provenienti dall'anidride carbonica, a molecole organiche preesistenti. La fotosintesi si realizza grazie a dei complessi antenna. Ogni complesso ha la funzione di captare la luce e trasferire l'energia ad un centro di reazione. In particolare, nella fotosintesi sono coinvolti due tipi di fotosistemi: il fotosistema I (PSI) e fotosistema II (PSII). Il fotosistema I consiste in molecole di clorofilla a con un picco di assorbimento di 700 nm, indicato come P700; mentre il fotosistema due ha un picco di assorbimento a circa 680 nm, indicato come P680. Quando un fotone arriva al fotosistema I, la clorofilla passa da uno stato basale a uno stato eccitato e visto che questo è uno stato di instabilità, il sistema tende a tornare nel proprio stato basale cedendo elettroni. Gli elettroni passano tra i vari pigmenti per poi essere ceduti all’accettore finale (NADP+), che innesca nel sistema una serie di reazioni redox. Il fotosistema I che ha ceduto un elettrone rimane con un elettrone in meno, quindi rimane un ‘buco elettronico’. Per risolvere questo problema, il fotosistema II interagisce con la luce e libera elettroni che andranno al fotosistema I che riprende l’elettrone che aveva perso. A questo punto è il fotosistema II a non avere abbastanza elettroni, che rimpiazza l’elettrone che è 31 stato rimosso attraverso la fotolisi dell’acqua (H2O2 H+ ½ O2): si libera ossigeno e protoni che vanno a ridurre il NADP. Questa serie di reazioni redox libera energia immagazzinata poi nel NADPH. Il trasporto di elettroni significa creare delle differenze di potenziale che servono ai fotosistemi per liberare energia e sintetizzare ATP. Se non c’è differenza di potenziale non avviene la fotosintesi. Nella membrana dei tilacoidi i fotosistemi si trovano in sequenza e sono associati a una proteina, ATPsintasi, un canale per il trasporto di elettroni attraverso la membrana tilacoidale che sintetizza ATP. Il processo di sintesi di ATP che vede associata il trasporto di elettroni eccitati dalla luce, prende il nome di fotofosforilazione. Normalmente questo processo ha un andamento lineare non ciclico; in alcune situazioni particolari, ad esempio quando la cellula ha bisogno di energia sottoforma di ATP e non di NADPH, può seguire un andamento ciclico perché coinvolge solo il PSI e gli elettroni tornano sempre al PSI e non ad un accettore finale. Per questo motivo questo processo permette solo la sintesi di ATP e non la produzione di NADPH. Danni da eccesso di luce: un eccesso di luce può provocare la fotoinibizione, poiché il PSII è più sensibile alla luce. Il processo di fotosintesi può essere danneggiato, volutamente, se la pianta è a contatto con alcuni erbicidi, che bloccano il trasporto di elettroni e ciò ne consegue che non può formarsi NADPH e glucosio. La fase oscura o ciclo di Calvin è un processo ciclico che avviene nella maggior parte delle piante dette C3. È strettamente collegata alla fase luminosa poiché vengono utilizzati i prodotti che si liberano da essa. Il ciclo di Calvin comprende 3 fasi: Assunzione di CO2: la prima fase consiste in una singola reazione, in cui una molecola di CO2 reagisce formando un composto a 5 atomi di carbonio, il ribulosio bisfosfato (RuBP). Questa reazione è catalizzata dall’enzima RUBISCO. Il prodotto è un composto a 6 atomi di carbonio che viene scisso in due molecole di fosfoglicerato (PGA) a 3 atomi di carbonio. (avviene nelle C3). Riduzione del carbonio: la seconda fase è costituita da due passaggi che trasformano le molecole di PGA in gliceraldeide-3-fosfato (G3P). Ogni 6 atomi di carbonio che entrano sottoforma di CO2, 6 atomi di carbonio escono dal ciclo sottoforma di due molecole di G3P, che poi si uniscono per formare il glucosio. Rigenerazione del RuBP: dalla seconda fase si formano 12 molecole di G3P, di cui 2 andranno a formare il 32 glucosio mentre 10 rimangono nel ciclo. Queste 10 molecole contengono 30 atomi di carbonio, che andranno a formare 6 molecole di RuBP che possono ricominciare il ciclo e formare ancora G3P. Quindi l’anidride carbonica viene incorporata a molecole con 5 atomi di carbonio formando una molecola con 6 atomi di carbonio. Questo processo avviene quando le piante vivono in ambienti temperati e si trovano in una giusta temperatura. Se però le piante si trovano in ambienti più caldi, la pianta tende a difendersi perché questa non è una condizione ottimale. Esse tendono a chiudere i loro stomi (strutture che servono a cedere O2 e permettere l’ingresso di CO2) così si accumula ossigeno nei cloroplasti e si riduce l’anidride carbonica. Questo però rallenta il ciclo di Calvin, così le piante si sono adattate cercando di sintetizzare glucosio mediante un processo detto di fotorespirazione: l’enzima RUBISCO normalmente catalizza reazioni di carbossilazione (incorpora la CO2 con il ribulosio bisfosfato), in questo caso di fotorespirazione può favorire reazioni di ossigenazione, mediante il quale si formano dei metaboliti che vengono trasferiti agli altri organuli per alimentare il ciclo di Calvin. Molte piante che vivono in ambienti caldi e umidi hanno sviluppato degli adattamenti che facilitano la fissazione del carbonio. Questo è il caso delle piante C4, come la canna da zucchero che, per evitare il processo della fotorespirazione, hanno un metabolismo che coinvolge la formazione di una molecola a 4 atomi di carbonio, l’ossalacetato. Queste piante coinvolgono 2 tipi di cellule: cellule del mesofillo (si realizza la fotosintesi) e cellule della guaina del fascio (si realizza ciclo di Calvin). L’enzima che sintetizza queste molecole a 4 atomi di carbonio è la PEP carbossilasi (incorpora un atomo di carbonio). Le piante grasse che si trovano nel deserto hanno dovuto adattarsi alle alte temperature e alla mancanza di acqua. Il metabolismo è definito acido, infatti prendono il nome di piante CAM. Queste piante effettuano il ciclo di Calvin come le C3 e fissano il carbonio durante la notte attraverso la formazione di ossalacetato. Di giorno tengono gli stomi chiusi, così si usa la CO2 per sintetizzare il glucosio, mentre la notte aprono gli stomi per fissare il carbonio, così si immagazzina CO2. Di conseguenza, per fissare 1 g di CO2: le piante C3 consumano 500 g di acqua perché gli stomi sono sempre aperti e avvengono sempre scambi; le piante C4 consumano 400 g di acqua; le piante CAM consumano 100 g di acqua. Fotosintesi anossigenica In alcuni casi la fotosintesi non produce ossigeno. Gli organismi fotoautotrofi che svolgono questo tipo di fotosintesi hanno sempre bisogno di un pigmento principale, che genericamente è la clorofilla, ma essendo presente nei batteri viene chiamata batterioclorofilla. In questi organismi in cui si genera la fotosintesi anossigenica è presente un solo fotosistema che può essere simile al fotosistema I o simile al fotosistema II. In particolare, questo processo si svolge nei batteri verdi sulfurei e nei batteri verdi non sulfurei: in questi batteri è coinvolto l’idrogeno solforato H2S che, al posto dell’acqua, cede elettroni al sistema. La batterioclorofilla nei batteri è organizzata in una struttura che prende il nome di clorosoma. I primi organismi fotosintetici erano solfobatteri verdi e batteri purpurei, che svolgevano la fotosintesi anossigenica. Ancora oggi esistono batteri di questo tipo che svolgono questo processo. Quando l’atmosfera si è arricchita di 35 nelle radici dell’avena è presente l’avenacina che difende la pianta dai funghi. È stato visto che specifici metaboliti creano interazioni pianta-pianta (allelopatia): una pianta domina su un’altra. Un esempio è la pianta di pomodoro che, se fatta crescere vicino un albero di noce, questa muore perché l’albero di noce libera una protossina che diventa una tossina per il pomodoro. Si formano questi metaboliti perché grazie alla clorofilla si sintetizzano carboidrati e in particolare zuccheri a 5 atomi di carbonio (ciclo dei pentosi). Da qui prendono origine una serie di metaboliti che nella cellula animale non sono presenti, soprattutto ciò che differenzia principalmente le due cellule è l’acido scichimico. Questo permette la sintesi di alcaloidi, terpenoidi, flavonoidi. I metaboliti secondari si dividono in: alcaloidi terpenoidi composti fenolici Alcaloidi Contengono molecole di azoto che le conferiscono carattere basico. Sono presenti nelle piante per esercitare funzione di difesa contro attacchi di insetti e sono tossici per gli animali. Anche gli alcaloidi sono da tempo utilizzati a scopo terapeutico: ad esempio dall’oppio venivano estratte sostanze usate come sedativi, antitosse, rimedi contro la febbre. Questi estratti esercitavano questo effetto poiché ricchi di codeina e morfina. Vista la loro funzione di difesa nelle piante, alcuni insetti hanno acquisito resistenza all’azione degli alcaloidi. Il primo alcaloide estratto dall’oppio è la morfina, che da effetti sedativi. La morfina è stata una struttura di base per i modelli di farmaci di sintesi, quali atropina (dilata la pupilla), tropicammide, chinino. Altri esempi sono la codeina o la nicotina, estratta dal tabacco, è presente nelle piante con azione antinsetticida. Uso farmacologico: le piante utilizzate per estrarre i principi attivi o droghe viene chiamata pianta medicinale: quando viene estratta la morfina dalla pianta viene definita droga o principio attivo. Terpenoidi I terpenoidi derivano dall’isoprene. Hanno la caratteristica di essere lipofili (no interazioni con acqua), infatti sono solubili nei grassi, molto infiammabili e volatili (odori caratteristici). Sono i principali componenti degli olii essenziali, che conferiscono alle piante o ai fiori un caratteristico odore. Tra i terpenoidi abbiamo: trementina (conifere) con funzione di difesa dagli insetti; pineni (pino) tossici per funghi e insetti; linalolo, attraente per impollinatori; limonene (limone) da odore. Catene molto lunghe di isoprene andranno a formare gomme, lattice, caucciù (funzione di difesa). Molti metaboliti vengono estratti e modificati per diventare olii essenziali: mentolo, camomilla, anice, pino, eucalipto. Questi olii possono avere anche funzione terapeutica. I terpeni possono formare strutture complesse che daranno origine agli steroidi. Sono derivati dallo squalene (30 atomi di carbonio). Tra questi esistono i glicosidi digitalici, estratti dalla digitalis purpurea o dalla digitalis lanata, sono composti con struttura complessa che rappresentano molecole di interesse farmaceutico e hanno la particolarità di non essere sostituite da molecole di sintesi perché non riescono ad avere la stessa funzione. Composti fenolici Sono costituiti da un anello benzenico con un gruppo OH. Questi sono metaboliti secondari che si accumulano nella parete cellulare, come la lignina, in cui sono presenti tanti derivati del fenolo con anelli condensati che vanno a formare i polifenoli (usati in ambito farmaceutico). Se si trovano nel fusto hanno funzione di supporto meccanico (lignina); possono avere funzione di difesa dagli erbivori; possono attrarre gli impollinatori; possono schermare le radiazioni ultraviolette; altri 36 composti possono rappresentare sostanze allelopatiche (per la comunicazione pianta-pianta). Molti composti fenolici impartiscono specifiche fragranze e odori a varie piante. Lignina: si trova nella parete cellulare ed ha funzione di mantenere rigidità e protezione. Lignani: analoga alla lignina. Struttura di base uguale alla lignina ma sono dimeri. Per la pianta hanno funzione di difesa da patogeni e agiscono da antiossidanti; per l’uomo sono importanti perché hanno azione epatoprotettiva (in caso di tossicità al livello del fegato) e riducono l’insorgenza di tumori al seno e alla prostata. Flavonoidi: composti da 2-3 anelli condensati. Molti di questi hanno azione terapeutica. Molti di questi sono colorati, infatti danno colore a frutti e fiori; proteggono dai raggi ultravioletti (UV-B); altri sono importanti per la simbiosi (traggono beneficio batteri e pianta); fungono da deterrenti alimentari (allontanano i predatori). o Antocianidine: contengono pigmenti che favoriscono l’interazione pianta-animale; si accumulano nei vacuoli o Antociani: vanno dal rosso al viola e caratterizzano l’arancia rossa (grazie a questo flavonoide ha più benefici rispetto l’arancia arancione) o il ravanello o Flavonoli: sono incolore perché assorbono i raggi ultravioletti (che il nostro occhio non percepisce) (es. kaempferolo) o Cumarine: sono fotosensibili e se ingeriti dall’uomo creano ustioni, mentre per la pianta sono importanti perché captano i raggi UV o Tannini: presentano struttura complessa e si trovano nelle parti della pianta più facilmente attaccabili da animali. Sono deterrenti alimentari. Vengono usati come antisettici e astringenti In alcune piante si formano per reazione di condensazione gli stilbeni. Assumono proprietà antibatteriche e proprietà farmacologiche. Ad esempio, il resveratrolo è ottenuto dall’uva rossa. Ha numerosi effetti benefici anche se non riesce ad entrare in adeguate quantità nelle cellule. Attraverso lo studio epidemiologico si sono viste queste proprietà benefiche, in particolare si è fatto uno studio su un campione di persone francesi e si è evidenziato che in Francia si fa un utilizzo costante di vino rosso in quantità moderata. Nonostante la dieta francese sia ricca di grassi, assumere vino rosso protegge i francesi rispetto gli altri paesi dalle malattie coronariche (paradosso francese). Inoltre, protegge da alcuni tumori, ha azione preventiva e terapeutica. Uso farmacologico: agisce da antiossidanti (evitando la formazione di radicali liberi); vengono usati per la prevenzione di malattie coronariche; usati nella prevenzione della fragilità capillare; riducono i fenomeni infiammatori… Parete cellulare La parete cellulare è formata prevalentemente da cellulosa e pectina. Si deposita sulla membrana cellulare e conferisce rigidità e ne mantiene la forma. Difende la cellula da agenti patogeni e la impermealizza. La cellula vegetale comunica con altre cellule adiacenti mediante i plasmodesmi (nelle cellule animali avviene con le giunzioni comunicanti). Un’altra funzione è quella di regolare la pressione di turgore, che garantisce il buono stato della cellula. La forma delle cellule vegetali è data dalla parete: possono essere stellate, a cuspide, a forma di vaso, possono avere prolungamenti che formano tricomi. Dalla parete possiamo ottenere: carta, tessuti, fibre, carbone, legna (dalla lignina). I plasmodesmi sono prolungamenti del reticolo endoplasmatico che rimangono intrappolati nella parete e consentono la comunicazione tra cellule vegetali adiacenti. La parete generalmente è formata da 2 strati (nelle parti verdi della pianta), ma alcune possono avere anche 3 strati (parti che si differenziano o che diventano mature). 37 La lamella mediana è lo strato più esterno della parete e si forma per primo dopo la mitosi. È formata da pectina, che si trova associata a ioni calcio diventando pectato di calcio. La lamella è attraversata da dei canali che non sono altro che prolungamenti del reticolo endoplasmatico, detti desmotubi, che insieme formano i plasmodesmi. Le pectine sono polisaccaridi derivanti dalla polimerizzazione di zuccheri, in particolare dell’acido galatturonico. Sono molecole idrofile per la presenza di gruppi acidi (COO-). Hanno funzione di: favorire lo scambio di ioni, mantenere il pH, favorire la crescita cellulare, riconoscere individui simbiontici, aderire ad altre pareti cellulari adiacenti. La struttura del pectato di calcio assume la conformazione a ‘’scatole di uova’’ all’interno del quale vi sono ioni calcio. Le proteine strutturali sono ricche di amminoacidi come idrossiprolina, glicina, lisina. La presenza di questi amminoacidi conferisce delle caratteristiche quali ad esempio l’estensina, grazie all’idrossiprolina, aiuta il processo di distensione cellulare. Sono proteine solubili, ma quando la cellula diventa matura diventano meno solubili. Vengono introdotte in caso di ferite o attacchi da patogeni. La parete primaria si deposita sulla lamella. È formata da una componente elastica, per favorire l’accrescimento cellulare. Per l’85-90% è formata da glicoproteine e per il 10-15% da cellulosa. La cellulosa è disposta in modo disordinato in una matrice gelatinosa costituita da pectine e proteine. Per garantire la comunicazione tra cellule i plasmodesmi formano delle depressioni sulla parete primaria dette ‘campi delle punteggiature’. La cellulosa è un polisaccaride formato da unità ripetute di B-glucosio. All’interno della parete la cellulosa si dispone in microfibrille che si uniscono per formare macrofibrille, strutture che conferiscono alla parete resistenza e rigidità. Possono essere presenti emicellulose, polisaccaridi della matrice che si legano mediante legami idrogeno alle fibrille di cellulosa. La parete primaria prende origine da componenti enzimatiche che si trovano nella membrana e che vengono sintetizzate nel Golgi. Specifiche strutture enzimatiche nella membrana che assumono una forma a ‘rosetta’ iniettano il glucosio sintetizzato nel citoplasma per poi diventare cellulosa. I componenti della parete devono mantenere l’elasticità per garantire la distensione cellulare: quel processo in cui la cellula incorpora nuovo materiale per aumentare la superficie, la pressione di turgore aumenta facendo espandere la cellula. In alcune cellule una volta raggiunta la dimensione definitiva, in seguito all'accrescimento per distensione, può essere presente una parete secondaria che si trova all'interno della parete primaria. Questa parete può essere pluristratificata, infatti più è spessa questa parete meno volume cellulare ci sarà nella cellula (avviene soprattutto nelle parti della pianta in cui ci sono cellule morte, ad esempio il tronco). La parete secondaria è costituita per il 90% da cellulosa con piccole quantità di emicellulose e pectine. Possono essere presenti sostanze accessorie che caratterizzano la parete: Cutina: formata da acidi grassi; funzione impermeabilizzante Suberina: funzione impermeabilizzante Sali minerali: calcio o SiO2; costituiscono durezza alla pianta Lignina: tipica del fusto delle piante La parete secondaria può subire modificazioni in base alle sostanze che si depositano su di essa: Mineralizzazione: si depositano minerali che conferiscono resistenza Pigmentazione: deposito pigmenti che danno colore alla pianta Lignificazione: deposito di lignina; conferisce resistenza ed esiste la ‘lignina da ferita’ che si deposita in risposta agli attacchi da agenti patogeni. La parete formata da cellulosa lascia lo spazio alla lignina, polimero a 3-6 atomi di carbonio 40 I meristemi secondari prendono il nome di cambi, per la loro caratteristica di cambiare comportamento da cellula differenziata a cellula indifferenziata. Abbiamo il cambio cribrovascolare che si trova nella parte più interna e produce tessuti indispensabili per la crescita e quello invece suberofellodermico che è disposto nella parte più esterna della pianta. Nello specifico il primo cambio servirà a far crescere in diametralmente il fusto perché si deposita un nuovo tessuto vascolare, deputato appunto alla conduzione; mentre il secondo cambio servirà a depositare nella parte più esterna quel tessuto di rivestimento che protegge e impermeabilizza il fusto, che è formato da sughero. La pianta, quindi, cresce depositando un nuovo tessuto vascolare che formerà cerchi concentrici. con la crescita secondaria si formano i tessuti secondari, tra cui abbiamo: nella parte più interna il cosiddetto xilema secondario (o legno), nella parte più esterna si deposita il floema secondario (libro). Entrambi questi tessuti vengono depositati dal cambio cribrolegnoso. Il cambio suberofellodermico produce sughero che viene depositato nella parte più esterna. L’insieme dei cambi può essere denominata corteccia, che può essere interna se va verso il cambio cribrolegnoso o esterna se va verso il cambio suberofellodermico. La differenza tra le due sta nel tipo di cellule: nella corteccia interna le cellule sono vive, mentre nella corteccia esterna sono presenti cellule morte (parete secondaria pluristratificata e lume che si restringe). Questi cambi non hanno un’attività perenne. Tessuti adulti Possono essere distinti in tessuti semplici o complessi, che prendono anche il nome di sistema dei tessuti. Sono tessuti che possono essere formati da cellule non necessariamente tutte uguali tra di loro e che possono svolgere funzione simile o complementare finalizzata per una determinata attività. I tre principali sistemi sono: Tessuti tegumentali Tessuti vascolari Tessuti fondamentali Tessuti tegumentali Sono i tessuti deputati alla protezione, poiché si trovano nella parte esterna. Le piante verdi possiedono l’epidermide; laddove le piante hanno un deposito di lignina, il tessuto di rivestimento è rappresentato dal periderma. Inoltre, possono proteggere da agenti patogeni o da un eventuale perdita d’acqua, regolando l’apertura degli stomi. A livello dell'epidermide troviamo le cellule epidermiche e le cellule di guardia, in alcuni casi possono essere presenti i tricomi, prolungamenti tipici di alcune piante. Nel periderma vi sono le cellule del sughero, in alcune piante sono presenti anche le cellule parenchimatiche. L’epidermide riveste le foglie, i fusti erbacei, fiori e frutti. Se si osserva la struttura di una foglia troviamo: uno strato di epidermide superiore, tessuto parenchimatico, epidermide inferiore. Queste cellule sono a stretto contatto le une con le altre per proteggere i tessuti sottostanti. In alcune parti della pianta, come la foglia, la parete secondaria delle cellule dell’epidermide si modifica e vi si deposita la cutina, che serve a impermeabilizzare. Nell’epidermide vi sono le cellule di guardia, presenti in coppia, che andranno a formare gli stomi. La differenza tra epidermide superiore e inferiore è che nella prima le cellule 41 sono a stretto contatto tra loro e possono essere ricoperte dalla cuticola, hanno la caratteristica di essere cellule schiacciate molto trasparenti (per far passare la luce necessaria per la fotosintesi); nell’inferiore troviamo cellule più lontane tra loro e le cellule di guardia, che permettono gli scambi gassosi. L’epidermide contiene cellule ordinarie, che sono cellule vive a stretto contatto tra di loro. Possono assumere varie forme e non contengono cloroplasti. Nell’epidermide inferiore le cellule di guardia formano gli stomi, che risentono della concentrazione di anidride carbonica e in funzione di essa varia la quantità di acqua che entra nella cellula. L'apertura e la chiusura degli stomi è regolata anche dal passaggio di ioni potassio all'interno delle cellule di guardia perché questi ioni andranno a regolare la sintesi di acido malico all'interno del vacuolo. In alcune cellule sono presenti i tricomi o peli, che hanno varie funzioni tra cui di rivestimento, di protezione (urticante come nelle ortiche), aumenta la rifrazione della luce (piante desertiche), funzione di tollerare ambienti molto salati (eliminano l’eccesso di Sali accumulati). Nel caso di tricomi che rilasciano oli o enzimi proteolitici, prendono il nome di peli ghiandolari perché hanno funzione secretoria. Nelle radici l’epidermide che le riveste è il rizoderma, presentano anch’esse dei peli radicali che aumentano la superficie assorbente dell’acqua. Nel caso del periderma, le cellule che lo caratterizzano sono ricche di suberina e vanno a caratterizzare la parte esterna delle piante lignificate che prende il nome di Sughero. La funzione è quella di isolare ed impermeabilizzare la pianta. La caratteristica delle cellule del periderma è quella di avere cellule morte. Tessuti fondamentali Sono tessuti formati da diversi tipi di cellule che svolgono funzioni fondamentali per la vita della pianta. In questo tessuto possiamo trovare tutti i tipi di tessuti parenchimatici, che svolgono funzioni diverse, e possiamo trovare i tessuti collenchimatico e sclerenchimatico, con funzione di sostegno. Tessuto parenchimatico: è sempre costituito da cellule vive. i tipi principali di parenchima sono: o di riserva: Si possono accumulare sostanze come granuli di amido (negli amiloplasti), accumulo di pigmenti, accumulo di cloroplasti. Questo parenchima si trova nelle parti della pianta deputate a conservare l’amido, come nelle radici o nei semi. o clorofilliano: costituito da cellule cilindriche con un grande vacuolo centrale e ricche di cloroplasti. Il vacuolo preme i cloroplasti in un unico strato per favorire la fotosintesi. Nella foglia questo tessuto è presente nel mesofillo fogliare, che prende il nome di parenchima a palizzata nella parte superiore (sono tutte a stretto contato tra loro) e parenchima lacunoso nella parte inferiore che favorisce gli scambi gassosi. o aerifero: si trova tipicamente nelle piante acquatiche, in cui viene favorita la circolazione dei gas o acquifero: si trova nelle piante CAM (cactus) e consente alla pianta di conservare grandi quantità d’acqua 42 Tessuti meccanici: sono tessuti di sostegno per le piante adulte non lignificate, poiché non è sufficiente la pressione di turgore e vi è bisogno di un tessuto di sostegno. o Tessuto collenchimatico: si trova nei fusti erbacei, nelle foglie (nervature che danno sostegno alla foglia), piccioli. Queste cellule sono dette collociti, sono cellule allungate e disposte tutte unite tra loro. Solitamente la membrana delle cellule che arrivano a maturità, non sono omogeneamente ispessite; quindi, la cellula matura deposita la parete in modo non omogeneo. Anche se hanno funzione di sostegno, alcune cellule possono contenere cloroplasti e quindi possono svolgere la fotosintesi. Il deposito irregolare della parete può formare uno strato continuo, in maniera tale da far assumere al fusto erbaceo una forma quadrangolare, perché si accumula principalmente nei quattro angoli formando delle costole sporgenti e questo dipende dal deposito irregolare del tessuto collenchimatico (piante labiate come salvia, menta). Il deposito irregolare della parete può dare origine ha due tipi di tessuti collenchimatici: collenchimi angolari e collenchimi lamellari. o Tessuto sclerenchimatico: hanno funzione di sostegno e sono cellule in cui nella parete può depositarsi la lignina; quindi, giunte a maturità le cellule possono apparire lignificate e sono spesso cellule morte. sono sempre cellule allungate molto vicine tra loro che danno sostegno meccanico a quella parte della pianta in cui si trovano: per esempio le possiamo trovare nei gusci delle noci, nel nocciolo delle ciliegie o delle pesche (cellule petrose) e qui prendono il nome di sclereidi; se hanno un andamento parallelo a quello dei tessuti vascolari, vanno a formare delle strutture allungate che prendono il nome di fibre. Le fibre, a seconda se si trovano all'esterno o all'interno dello xilema (tessuto di conduzione), prenderanno il nome di fibre xilari o extraxilari. Queste cellule hanno notevole applicazione nell’industria tessile, perché possono essere estratte fibre da cui si ottengono tessuti come il lino, la canapa, la juta. Tessuti vascolari sono detti anche tessuti conduttori, deputati al trasporto della linfa che si distingue in linfa grezza ho linfa elaborata e quindi avremo lo xilema e il floema che hanno funzioni distinte: lo xilema è il tessuto che a partire dalle radici è in risalita verso le foglie e trasporta la linfa grezza che viene elaborata dove avviene la fotosintesi e da qui poi viene rilasciata nel floema, con andamento opposto allo xilema, dove viene elaborata nelle foglie e distribuita nelle parti della pianta che hanno bisogno di nutrimento. o Lo xilema o tessuto legnoso è formato da cellule morte dette tracheidi o trachee che vanno a formare dei veri e propri vasi. La differenza è che le tracheidi sono vasi chiusi, mentre le trachee sono vasi aperti (più grandi). le pareti dei vasi possono essere poco lignificate o molto lignificate e in funzione del deposito di lignina possono assumere forma diversa: vasi con parete poco lignificata possono assumere forma anulata, spiralata; vasi con parete molto lignificata possono assumere forma reticolata, punteggiata. In alcuni casi possono essere presenti nelle vere e proprie valvole che 45 gameti dei genitori e nei quadrati vengono riportate le combinazioni alleliche nella generazione F1. Poiché alcuni alleli possono essere dominanti altri recessivi non si può sempre determinare gli alleli portati da un organismo soltanto esaminando il suo fenotipo. Per questo motivo i genetisti usano il test cross, in cui ogni cavia a genotipo sconosciuto viene incrociata con un individuo recessivo. Attraverso il reincrocio si può dedurre il genotipo di tutti i discendenti direttamente dai loro fenotipi. Principio dell'assortimento indipendente Mendel analizzò anche un incrocio tra individui con alleli diversi in due loci, chiamato incrocio diibrido. In questo caso si considerano due caratteri, ad esempio colore nero e pelo corto e colore marrone e pelo lungo. Se si costruisce il quadrato di Punnett si può notare che nella prima generazione saranno tutti neri a pelo corto (alleli dominanti), mentre nella seconda generazione ricompare il carattere marrone pelo lungo, per un rapporto fenotipico 9:3:3:1. Mendel formulò il principio dell'assortimento indipendente, secondo cui i membri di una coppia di geni segregano indipendentemente dai membri di un'altra coppia. L'assortimento indipendente può risultare in una ricombinazione genetica, quel processo che consente il rimescolamento e la trasmissione degli alleli alle progenie in combinazioni nuove. Gli studi sull'ereditarietà hanno mostrato che uno degli alleli di una coppia può non essere completamente dominante. Nella pianta ‘la bella di notte’ (Mirabilis jalapa) i fiori si presentano rossi o bianchi, ma effettuando un incrocio tra essi trovò che tutti i discendenti della prima generazione presentavano fiori rosa, chiaramente individui eterozigoti. Questo significa che quando un eterozigote manifesta un fenotipo intermedio rispetto a quelli espressi dai genitori significa che si ha una dominanza incompleta. La specie umana presenta quattro gruppi sanguigni (A, B, AB, 0) e sono controllati da tre alleli di un singolo locus: Ia, Ib e i. Gli alleli che codificano la sintesi dell'antigene A e dell'antigene B sono entrambi espressi fenotipicamente nell’eterozigote (poiché dominanti), e di conseguenza sono codominanti. In questo caso il locus ha alleli multipli (poiché esistono tre alleli per un locus). Nel 1940 è stato scoperto da Landsteiner e Wiener un nuovo antigene denominato fattore Rh. i soggetti possono presentare l’antigene D e sono definiti Rh+, mentre ci sono soggetti che non presentano l’antigene D e sono definiti Rh-. La maggior parte dei geni influenza molteplici caratteri differenti. La capacità di un gene di avere effetti multipli è nota con il nome di pleiotropia. La pleiotropia è particolarmente evidente in molte malattie genetiche, in cui i sintomi diversi possono essere causati da una singola coppia di alleli. Molte coppie di alleli possono interagire nell’espressione di un singolo fenotipo oppure una coppia di alleli può inibire l'effetto di un'altra. Questo è il caso dell'epistasi, una forma di interazione genica in cui la presenza di determinati alleli in un locus può mascherare l'espressione di alleli di un altro locus. Un esempio può essere il colore del pelo nei cani labrador, che coinvolge un gene per il pigmento e un gene per la deposizione di colore nel pelo. L’allele epistatico è recessivo, per cui è espresso nella condizione omozigote (ee), in cui l’allele ee blocca l'espressione degli alleli BB ed EE. Esiste una condizione in cui l’allele epistatico è dominante. Questo avviene nella zucca, in cui l'allele dominante ne impedisce la colorazione e quindi la zucca risulterà bianca. Quando più coppie di geni indipendenti hanno effetti simili sullo stesso carattere si usa il termine di ereditarietà poligenica. Un esempio può essere il colore della pelle dell'uomo, in cui sono coinvolti più di 60 loci diversi. Per semplicità indichiamo coppie di alleli 46 presenti in tre loci indipendenti indichiamo con Aa Bb Cc. le lettere maiuscole rappresentano alleli che manifestano dominanza incompleta nell'espressione dell'intensità del colore dalla pelle. Un individuo con pelle scura avrà genotipo AABBCC, al contrario un individuo con la pelle chiara avrà genotipo aabbcc. L'incrocio tra questi due individui porterà ad una generazione F1 con caratteristiche intermedie rispetto a quelle dei genitori e una generazione F2 che mostra un'ampia variabilità con pelle che varia da molto scura molto chiara. È stato visto che l'ambiente modella il fenotipo di alcuni animali o di alcune piante: ad esempio il colore di alcune piante sono determinati dal pH del terreno, oppure la temperatura influenza il colore del ‘’coniglio Himalayano’’, che a basse temperature presenta nell'estremità un colore del pelo più scuro. Nell'uomo cambiamenti dell'ambiente possono influenzare la funzione genica: ad esempio può comparire la calvizie nei maschi tra 20 e 30 anni e la particolarità è che negli uomini si manifesta sia in omozigosi che in eterozigosi, mentre nella donna si manifesta in omozigosi recessiva. Difetti congeniti Le leggi di Mendel diventano utili per comprendere tutti quei difetti congeniti o genetici. L'analisi del DNA permette di predire con assoluta certezza se un difetto congenito sia presente fin dalla nascita. Per poter stabilire se un individuo ha un difetto congenito bisogna analizzare il cariotipo, ossia il corredo cromosomico completo. Se ci si riferisce alle cellule somatiche, ovvero tutte le cellule del nostro organismo ad eccezione dei gameti, il cariotipo sarà diploide (2n); se ci si riferisce ai gameti, il corredo sarà aploide (n). Per poter studiare il cariotipo bisogna prendere i cromosomi in una fase particolare della divisione cellulare, ovvero nella metafase in cui la cromatina è altamente condensata e si possono distinguere i cromatidi fratelli. Nel cariotipo i cromosomi si raggruppano in 22 autosomi e 2 cromosomi sessuali. Nel cariotipo i cromosomi vengono disposti seguendo delle regole, che prendono il nome di classificazione di Denver: i cromosomi vengono sistemati in base alla grandezza, alla forma, a dove si trova il centromero. L'analisi del cariotipo o cariogramma si può fare sia ad un soggetto adulto sia a livello fetale. 1. Per prima cosa bisogna scegliere delle cellule specifiche: nel caso di un soggetto adulto si scelgono delle cellule soggette a continuo rinnovamento, tipicamente sono le cellule ematiche (linfociti); per quanto riguarda il feto si vanno a prendere le cellule staminali o quelle che vengono rilasciate nella placenta. 2. poi si stimola la divisione cellulare perché in questo modo i cromosomi sono condensati e ben visibili. per fare questo si espongono le cellule alla fitoemoagglutinina (PHA), una sostanza estratta dai fagioli, che a contatto con i linfociti ne stimola la divisione cellulare. 3. successivamente bisogna prelevare i cromosomi in una specifica fase del ciclo cellulare, la metafase, e per far ciò si bloccano i cromosomi in metafase grazie alla colchicina, si centrifugano le cellule prelevate da questa fase, si staccano le cellule in modo da poter isolare i cromosomi, si elimina il sovranatante. 4. nell'ultima fase si rompono le cellule mettendole in soluzione ipotonica e in questo modo si liberano i cromosomi. 47 5. si osservano i cromosomi che vengono colorati con coloranti basici per poter essere visibili al microscopio, si identificano e si separano andando a costituire le varie coppie e costruendo il cariotipo. L'analisi del cariotipo può essere importante per andare a individuare possibili difetti congeniti. Solitamente sono ereditari dai genitori, ma a volte sì sì può nascere con un difetto (es. rosolia durante il primo trimestre di gravidanza). I difetti congeniti possono essere sia dovuti ad alterazioni cromosomiche oppure inizialmente il cromosoma può essere sano ma col tempo possono esserci delle mutazioni che ne alterano la composizione della sequenza cromosomica. Mendel capì che esistevano delle leggi che regolavano la trasmissione dei caratteri ereditari e proprio per questo i genetisti usarono gli alberi genealogici per valutare la possibilità di contrarre una malattia. Cromosomi sessuali Genericamente una coppia di cromosomi sessuali prende il nome di eterocromosomi, ma in realtà questa caratteristica è propria dei cromosomi maschili XY. Nel caso dei soggetti di sesso femminile si hanno due cromosomi X uguali e questo fa sì che prendono il nome di cromosomi omogametici. Il cromosoma X contiene molti più generi rispetto al cromosoma Y e, sebbene le femmine abbiano due cromosomi X, uno di questi viene inattivato e prendi il nome di corpo di Barr, così sia maschi che femmine contengono la stessa quantità di geni. Inoltre, il cromosoma Y contiene le informazioni per determinare il fenotipo maschile. I difetti congeniti si dividono in due gruppi: difetti in cui varia il numero di cromosomi difetti in cui si hanno mutazioni cromosomiche Difetti con variazione del numero di cromosomi Tra i difetti in cui varia il numero di cromosomi abbiamo due gruppi principali: Poliploidia: molto comune nelle piante e fatale nell’uomo. L'unica condizione di poliploidia che è stata evidenziata nell’embrione è quella della triploidia, in cui i cromosomi si presentano in triplette. Nelle piante possiamo trovare condizioni di trisomia (3n) o tetraploidia (4n, ad es. croco autunnale). La fragola è un esempio di poliploidia, poiché deriva da un frutto diploide che poi è diventato ottaploide. o Autopoliploidia: si ha quando i nuclei di una stessa specie si fondono tra loro e danno origine a una poliploidia o Allopoliploidia: derivano dall’incrocio tra specie affini Aneuploidia: variazione del cariotipo con assenza o aggiunta di un cromosoma. Si parla di trisomia in caso di aggiunta di un cromosoma o monosomia in caso di assenza di cromosoma. Nell’uomo sono frequenti perché quando i gameti si dividono, se la divisione non avviene in maniera corretta può succedere che nella gametogenesi non avviene la separazione delle coppie di cromosomi e un gamete avrà un cromosoma in più e uno avrà un cromosoma in meno. Trisomia 21 (s. di Down): anomalia cromosomica responsabile della trisomia 21. Si manifesta ritardo mentale, difetti cardiaci, predisposizione a infezioni, caratteristica forma di cranio e occhi. L’incidenza di questa sindrome aumenta in base all’età della madre: ad incidere sarà l’ovulo che diventa invecchiato può 50 Fase M: la cellula si divide. Si hanno mitosi e meiosi. La divisione cellulare è importante nell’embriogenesi, ovvero la trasformazione della cellula uovo fecondata in embrione, ma poi è importante nel rinnovamento cellulare di un organismo adulto. La durata varia, infatti nelle cellule embrionali la divisione avviene in 30 minuti perché, avendo necessità di dividersi molto velocemente, hanno un ciclo in cui la fase G1 e G2 sono inesistenti e quindi si susseguono duplicazione e divisione; i lieviti in gemmazione hanno un ciclo rapido di 90 minuti mentre ad esempio le cellule nervose, una volta che hanno raggiunto il differenziamento, non si dividono più e vanno in fase G0. Il ciclo cellulare può essere raggruppato in interfase, che comprende fase G1, S, G2, e mitosi. I cromosomi composti da due cromatidi fratelli sono la forma che deriva dalla duplicazione del DNA perché prima della fase S il DNA è formato da un bastoncino, mentre dopo la fase S si viene a formare un cromosoma formato da due bastoncini, due cromatidi fratelli. Il processo che permette la sintesi del DNA è un processo semiconservativo nella quale una catena funge da stampo per una catena nuova. La duplicazione nei procarioti e negli eucarioti avviene allo stesso modo, la differenza sta nel fatto che nei procarioti il processo inizia in un unico punto, mentre negli eucarioti la duplicazione avviene in più punti. Per duplicare il DNA servono proteine ed enzimi sintetizzati nella fase G1: DNA elicasi: proteina che rompe la doppia elica e la mantiene aperta grazie all’energia che deriva dall’idrolisi dell’ATP e grazie all’aiuto di proteine stabilizzanti che bloccano le due catene evitando che possano unirsi di nuovo. Topoisomerasi: proteine che evitano i superavvolgimenti. La duplicazione può così avvenire, ma si è notato che la duplicazione dei due filamenti non avviene in modo uguale: una catena viene sintetizzata in modo continuo e quella opposta viene sintetizzata a tratti, formando i frammenti di Okazaki. La duplicazione avviene grazie all’enzima DNA polimerasi che sintetizza nucleotidi in direzione 5’-3’ mentre in direzione opposta non riesce a sintetizzare in modo continuo e forma i frammenti. Per poter continuare e non lasciare ‘buchi’ nel filamento, viene sintetizzato un frammento di RNA (innesco di RNA) che permetterà la sintesi di nuovi frammenti e avere una catena continua. Nei procarioti gli enzimi che duplicano il DNA sono diversi: Polimerasi I polimerasi II polimerasi III (quella che partecipa alla duplicazione) Negli eucarioti sono stati identificati 5 tipi di polimerasi: polimerasi α, avvia la sintesi del DNA; polimerasi β, ripara il DNA danneggiato; polimerasi γ, replica il DNA mitocondriale; polimerasi δ, allunga i frammenti di Okazaki; polimerasi ε, ripara il DNA danneggiato. Durante la duplicazione possono esserci degli errori, ad esempio se non viene copiata una base corretta ci son queste DNA polimerasi che riparano il danno e il processo può continuare. Altri tipi di danni sono l’eliminazione di un gruppo amminico dalla citosina che si trasforma in uracile (si trova nell’RNA), interviene una DNA polimerasi che sostituisce l’uracile con la citosina. Se invece un DNA è già stato duplicato e che subisce un danno dai raggi UV che forma dimeri di timina, cioè la timina che si lega con un'altra timina, entra in gioco l’enzima endonucleasi UV specifica che si posiziona sopra il dimero di timina e ne assorbe l’energia che ha favorito la formazione di questo legame. Embriogenesi 51 Regolazione ciclo cellulare Nella fase G2 si controlla se ci sono tutti i fattori indispensabili per la divisione cellulare per far sì che la cellula possa entrare nella fase M. Per mantenere la stessa durata del ciclo cellulare ci sono dei meccanismi di controllo, start point o punti di controllo, che vanno a verificare in ogni fase che si siano realizzate tutte le condizioni necessarie per la divisione. Nello I punti di controllo, dopo aver svolto la propria funzione, vengono inattivati in modo che il ciclo possa continuare. Il passaggio da una fase del ciclo a un'altra viene garantito da proteine dette cicline, poiché la loro concentrazione varia ciclicamente e raggiungendo dei picchi fungono da segnale per il passaggio da una fase all’altra. Queste proteine possono trovarsi in una forma attiva se associate con un enzima detto chinasi ciclina dipendente, che formano un complesso attivo (CdK), capace di fosforilare enzimi e altre proteine e che raggiunge dei picchi che segnano il passaggio di fase. Le cellule eucariotiche formano 4 complessi CdK e nello specifico vengono controllati: Fase G1: la dimensione della cellula, presenza di nutrienti come energia e proteine per la fase S, presenza dei fattori di crescita perché permettono la crescita cellulare e stimolano la mitosi, presenza di danni nel DNA prima della duplicazione. Fase G2: le dimensioni della cellula perché deve avere dimensioni superiori rispetto la cellula di partenza, la duplicazione del DNA sia avvenuta con successo e senza errori Fase M: in che modo i cromosomi si attaccano al fuso mitotico In particolare, le cicline che vengono associate al complesso CdK possono essere di 4 tipi: Ciclina D: ha un picco per tutta la durata del ciclo e quindi è sempre presente, mentre non è presente se la cellula si trova in fase G0. Ciclina E: segna il passaggio dalla fase G1 a S Ciclina A: picco tra fase S - G2 Ciclina B: picco tra G2 – M Queste proteine sono attive se associate all’enzima chinasi, che aggiungono gruppi fosfato ad un substrato. Quando le CdK sono attive vengono catalizzate reazioni di fosforilazione di substrati che se vengono fosforilati permetteranno un determinato evento nella fase del ciclo: ad esempio nella fase S i cromosomi 52 non sono perfettamente evidenziabili, ma lo sono nella fase M e la compattazione dei cromosomi in questa fase viene favorita dalla fosforilazione degli istoni oppure c'è una fase in cui il volume cellulare è occupato dal fuso mitotico e per far ciò l'involucro nucleare deve essere degradato e alcune CdK vanno a fosforilare la lamina nucleare. Il ciclo cellulare è controllato da segnali positivi quali l'attivazione di geni, la produzione di cicline ecc… ma esistono anche dei controlli negativi. Se la durata di un ciclo viene rallentata non si può avere il rinnovamento di certi tessuti o quando si perde il controllo del ciclo cellulare e si ha durata inferiore questo sta alla base della formazione di una cellula tumorale. Tra i controlli negativi un esempio è la proteina del retinoblastoma, che porta alla formazione del tumore del retinoblastoma, nel caso in cui la proteina viene fosforilata, questa attiva un fattore di trascrizione che solitamente è inattivo e favorisce la proliferazione. Proprio perché la durata del ciclo cellulare è indispensabile che venga mantenuta costante, le cellule non sono tutte nella stessa categoria, ma si raggruppano in tre categorie: cellule molto specializzate: quando raggiungono la maturità perdono la loro capacità di dividersi, come nei globuli rossi, cellule nervose, cellule muscolari cellule differenziate: sono cellule che normalmente non si dividono ma in seguito a condizioni particolari possono riacquistare la capacità di dividersi, come le cellule epatiche cellule attivamente proliferanti: cellule che si rinnovano sempre, come le cellule staminali nei tessuti epiteliali e il midollo osseo. Cellule staminali Il processo di divisione delle cellule staminali è un processo indispensabile per mantenere il ricambio cellulare, però non tutte le cellule staminali si differenziano. In ogni tessuto viene mantenuto un piccolo nucleo di cellule staminali che possono garantire il rinnovamento: ad esempio nell'epitelio intestinale vi sono i villi che contengono cellule diverse che vanno dalle cellule differenziate a quelle proliferanti. Le cellule staminali embrionali sono cellule tutte uguali tra di loro che si dividono con estrema rapidità. Si ha una fase in cui le cellule staminali iniziano a differenziarsi dando origine a cellule di tessuti diversi. Per questo motivo le cellule staminali vengono applicate in medicina per riparare o sostituire tessuti danneggiati, come per il morbo di Parkinson o per l'Alzheimer. La perdita del controllo del ciclo cellulare di queste cellule è alla base della proliferazione incontrollata che trasforma una cellula normale in cellula tumorale. Solitamente quando si perde il controllo del ciclo cellulare si hanno delle anomalie nella membrana, in cui si formano delle vescicole che indicano lo stato di iperproliferazione; si hanno delle anomalie nelle proprietà adesive, cioè le cellule tra di loro hanno meno adesione; anomalie della crescita e della divisione. È possibile mantenere le cellule in coltura, mettendole in condizioni che favoriscono la divisione. Se il ciclo cellulare segue una normale durata, all’inizio saranno poche e pian piano riempiono la piastra fino a raggiungere il massimo spazio che hanno per dividersi e si dice che hanno un inibizione da contatto e muoiono perché non hanno più le condizioni ottimali affinché il ciclo cellulare segua la giusta durata. Se le cellule hanno perso il controllo del ciclo cellulare, non avviene l’inibizione da contatto e le cellule riescono a sopravvivere anche in condizioni di scarsi nutrienti, cominciando a stratificarsi l’una sull’altra. Questo è ciò che avviene nelle cellule tumorali. Gli studi sulle cellule tumorali sono stati possibili grazie a questa caratteristica delle cellule di essere resistenti: è stato possibile prelevare dai tessuti di soggetti che presentavano una massa tumorale, un nucleo di cellule che poi messe in opportune condizioni fa sì che queste cellule tendono ad acquisire la caratteristica di essere immortali (cellule HeLa). Questa resistenza delle cellule tumorali è data dai telomeri, le estremità dei cromosomi che appunto li proteggono. Si è visto che i telomeri tendono ad accorciarsi nel nostro organismo e questo può essere un segnale che porta all’apoptosi, quindi al ricambio cellulare. Nel caso delle 55 o Pachitene: avviene il crossing-over (si scambiano frammenti di cromosomi) o Diplotene: scompare la sinapsi e si forma un chiasma (unico punto in cui i cromosomi rimangono attaccati) Diacinesi: i cromosomi sono pronti per la metafase, scompare nucleolo e membrana nucleare. Metafase: i cromosomi omologhi si allineano nella piastra metafasica Anafase: si separano i cromosomi omologhi Telofase: si forma il solco che divide le due cellule aploidi Meiosi II: Anafase: si separano i cromatidi fratelli Telofase: si avranno 2 cellule aploidi per ogni cellula di partenza Se si ha una cellula iniziale con corredo cromosomico diploide, alla fine della meiosi II si formeranno quattro cellule aploidi. Questo è il caso che interessa la gametogenesi, cioè la formazione dei gameti maschili e femminili: Spermatogenesi: si parte dallo spermatocita (2n), nella meiosi I si formano due cellule che poi diventeranno nella meiosi II 4 cellule aploidi dette spermatidi, che quando matureranno diventeranno spermatozoi (n). Ovogenesi: si parte dall’ovocita (2n), si formano 3 globuli polari che poi degenerano e una cellula uovo (n). La meiosi è importante che si realizzi in modo corretto perché se vi sono anomalie possono nascere nell'individuo difetti congeniti: Non disgiunzione meiotica: si forma un corredo monosomico dovuto dalla non separazione dei cromosomi omologhi; quindi, si formerà un gamete con un cromosoma in più e un gamete con un cromosoma in meno. Frammentazione dei cromosomi: con conseguenti mutazioni cromosomiche quali l'inversione o la traslocazione 56 Divisione errata del centromero: i cromatidi fratelli non vengono separati correttamente poiché il centromero si separa trasversalmente e non longitudinalmente (i cromosomi prendono il nome di isocromosomi). Clonazione La meiosi è alla base della riproduzione sessuata, in cui si formano individui geneticamente non identici. nella riproduzione asessuata da un singolo genitore si formano figli geneticamente identici, detti cloni. L'uomo ha forzato questo processo di clonazione ed è stato in grado di riprodurre dei cloni di pecora. Come animali coinvolti si sono usati due specie differenti di pecore: una Scottish Blackface e una Finn Dorset. È stata presa una cellula uovo dalla blackface ed è stato tolto il nucleo (cellula con involucro ma senza cromosomi); dalla Dorset è stata presa una cellula somatica in fase di quiescenza o G0 ed è stato preso il nucleo. Si sono fuse le due parti e si è tentato di far dividere questa cellula fino allo stato di blastocisti. Si è posto l’embrione nell’utero di una madre surrogata che ha dato alla luce la pecora Dolly con DNA identico a quello della madre donatrice. Trascrizione del DNA La trascrizione è la formazione di uno specifico RNA a partire dal DNA. Avviene nel nucleo ed è un processo molto selettivo. Viene prodotto un filamento di RNA, chiamato RNA messaggero, che riesce a decifrare il messaggio contenuto in un gene per sintetizzare una specifica proteina. Sul DNA può essere trascritto tRNA, rRNA e l’mRNA. Esistono più molecole di rRNA che, insieme a specifiche proteine, andrà a formare il ribosoma, sede della sintesi proteica. Nel processo di trascrizione il DNA viene copiato seguendo le stesse regole che avvengono durante la duplicazione del DNA, cioè le regole della complementarietà. Le differenze tra duplicazione e trascrizione sono innanzitutto la base azotata, poiché nell'RNA è presente l’uracile e nel DNA è presente la timina; il fattore proteico principale è la RNA polimerasi che sintetizza l'RNA. Nel caso della duplicazione il DNA viene copiato completamente, nel caso della trascrizione deve essere copiato soltanto un piccolo frammento, o gene, e quindi c'è bisogno che l’RNA polimerasi capisca da dove iniziare la trascrizione. Per far ciò, vi sono dei segnali che l’RNA polimerasi riconosce e sono definite sequenze promotrici: nel caso dei procarioti sono le sequenze -35 (TTGACA) e pribnow box (TATAAT). L'RNA polimerasi riconosce queste sequenze e capisce rispettivamente che dopo 35 paia di basi e dopo circa 10 paia di basi può iniziare il processo di trascrizione. Nel caso della duplicazione venivano copiati entrambi i filamenti di DNA, mentre nel caso della trascrizione viene copiato solo un filamento. Esistono anche dei segnali di terminazione che possono essere favoriti da proteine: Terminazione rho dipendente: in cui questa proteina si Lega al DNA e favorisce la fine della trascrizione Terminazione rho indipendente: sono dei segnali che portano a fermare il processo di trascrizione perché si creano delle strutture dette a forcina, favorite dalla presenza di basi palindrome (che si possono leggere in entrambi i versi). 57 Nel caso degli eucarioti esistono tre tipi di RNA polimerasi perché il processo è più complesso: RNA polimerasi I: sintetizza RNA ribosomiali. RNA polimerasi II: sintetizza RNA messaggeri. Va a riconoscere le sequenze promotrici che sono più distanti rispetto al punto di inizio (ad esempio sono distanti 70 paia di basi e circa 30 paia di basi e sono le sequenze CAAT box e TATA box). RNA polimerasi III: sintetizza RNA transfer. L’unico tipo di RNA sintetizzata fuori dal nucleolo. Solitamente l’RNA polimerasi non è tale da formare contemporaneamente in maniera separata i vari tipi di RNA polimerasi, quindi si pone un precursore che poi viene rimosso. Nel caso della sintesi di tRNA questo non è pronto per svolgere la sua funzione ma si forma un precursore che deve subire modificazioni per diventare maturo. L'RNA messaggero appena sintetizzato non è pronto per svolgere la sua funzione, per questo nell'estremità 5’ c'è bisogno che si aggiunga un cappuccio che serve a proteggerla e nell’estremità 3’ viene aggiunta una coda di poli-A (formata da basi ripetute di adenina con alla fine un gruppo ossidrile OH). Soprattutto c'è bisogno che vengono eliminate, nella zona centrale, quelle sequenze che sul DNA sono gli introni (sequenze che non riescono ad essere tradotte) con un processo che prende il nome di splicing, che forma una sorta di gabbia che elimina gli introni. Negli eucarioti il processo di trascrizione è molto complesso e deve essere fortemente regolato. La regolazione dell'espressione genica è un processo complesso che consente poi di svolgere correttamente le funzioni nell'organismo. Ad esempio, la regolazione dell'eucromatina e dell’eterocromatina, infatti esiste l'eterocromatina facoltativa che può essere attiva o inattiva, quindi si modificherà poi l'espressione del gene; il DNA può essere metilato e ciò porta la sua inattivazione, come nel corpo di Barr; l’acetilazione degli istoni che rendono più o meno accessibile il DNA alla trascrizione. Sintesi proteica La sintesi proteica è sinonimo di traduzione, dove appunto si traduce alla sequenza di RNA per sintetizzare proteine a partire da 20 amminoacidi. Il codice genetico è stato decifrato immaginando il DNA come una sequenza di triplette, così avremo 43 basi ovvero 64 combinazioni, ciò significa che per lo stesso amminoacido possono esserci più triplette. Ciò definisce il codice genetico degenerato, ovvero più combinazioni codificano per lo stesso amminoacido (circa 3 triplette). È importante rispettare la sequenza di basi poiché in caso di sostituzioni, vi saranno delle mutazioni: se viene sostituita una base e corrisponde allo stesso amminoacido si ha una mutazione silente se viene sostituita una base con un'altra che codifica un codone di stop si ha una mutazione non senso se viene sostituita una base che codifica per un altro amminoacido si ha una mutazione puntiforme (alla base dei difetti congeniti, come l'anemia falciforme).