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Schemi riassuntivi su Verga, Appunti di Italiano

Schemi riassuntivi su Verga, particolare attenzione sul testo dei Malavoglia e sul matrimonio in quest'opra. Alla fine, viene messo a confronto l'amore presente nei malavoglia con quello presente nel canto V dell'inferno di Dante.

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 09/09/2023

chiara-lorenzoni
chiara-lorenzoni 🇮🇹

4.5

(6)

11 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Schemi riassuntivi su Verga e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! GIOVANNI VERGA LA VITA Giovanni Verga nasce a Catania nel 1840, da una famiglia di antiche tradizioni nobiliari. Abbandona gli studi di giurisprudenza per dedicarsi alla campagna militare. Successivamente si trasferisce sul continente, in cui c’è l’unica possibilità per avere fama e successo. Qua conosce diversi scrittori e intellettuali, ciò gli consente di frequentare i protagonisti dei caffè e i salotti più rinomati. A Milano entra in contatto con la scapigliatura, legge romanzi del Naturalismo Francese, per poi aderire al Verismo. Verso la fine de 1800 nascono i suoi capolavori, che inizialmente non riscontreranno troppo successo. Abbandona poi il mondo intellettuale e ritorna in Sicilia. Le sue posizioni politiche diventano sempre più conservatori. LA PRODUZIONE PRE-VERISTA • Storia di una capinera = è una triste storia di una fanciulla romantica. Troviamo l’indagine dell’autore sulla vita dei contadini e un personaggio vinto dall’esistenza. • Eva, Eros, Tigre reale = sono opere che trattano di amori impossibili, di ambizioni fallite, adulteri, relazioni scandalose e suicidi. Verga effettua anche una polemica antiborghese. LA PRODUZIONE VERISTA • I malavoglia • Vita dei campi: sono otto testi, tra cui Cavalleria rusticana e Rossomalpelo. Il contesto che troviamo è la campagna siciliana, sono incentrati su passioni elementari e incontrollabili. Troviamo l’amore come sentimento lacerante e trasgressivo, l’interesse economico come molla delle azioni umane. Il carattere dei protagonisti, condannati alla solitudine, sullo sfondo di un mondo immobile e arcaico. • Novelle rusticane: in quest’opera troviamo aristocratici decaduti, rappresentanti dei poteri locali, proprietari terrieri. Viene data molta importanza alle leggi economiche e il pessimismo di Verga diviene un fatalismo rassegnato nei confronti di un destino individuale e collettivo. • Mastro Don Gesualdo: un ambizioso manovale diventa un nobile. Morirà da solo. TECNICHE VERISTE Verga fa propri i principali canoni naturalistici per interpretare la realtà del tempo in un’ottica narrativa nuova, antiromantica e anti-individualistica. Il naturalismo ha un presupposto filosofico, vuole seguire il metodo scientifico, mentre il verismo è una denuncia più esistenziale che politica: una visione fatalista e pessimista della vita, che è desolata e cupa. Verga si propone di avvicinarsi alla realtà con scrupolo scientifico, applicando all'ambito letterario le indicazioni del positivismo, pur senza condividere la fiducia 1 che l'analisi dettagliata di un determinato contesto sociale possa condurre a una soluzione dei suoi problemi e delle sue disuguaglianze. Come lo scienziato si avvicina alla materia del proprio studio in maniera informata, eppure distaccata dal punto di vista emotivo, così lo scrittore persegue una conoscenza il più possibile oggettiva del mondo che intende rappresentare. La svolta verista verghiana ha anche delle motivazioni storico e sociali: abbandonata la protesta nei confronti della società borghese, contenute nei romanzi del periodo milanese, verga approfondisce la conoscenza della realtà da cui proviene, quella Sicilia che all'epoca è oggetto delle indagini di politici e intellettuali relative alla cosiddetta questione meridionale. Le condizioni di abbandono e sfruttamento dei contadini forniscono una materia viva e pulsante a un'ispirazione artistica stanca degli stereotipi del romanzo borghese e desiderosa di rappresentare un ambiente autentico e sofferente con un linguaggio nudo e non me lo drammatico. Verga recupera dalla lezione naturalistica la tecnica compositiva e stilistica, i principi e i metodi di un approccio neutrale alla realtà, che permette di narrare i fatti in modo obiettivo. L'autore rinuncia ad esprimere giudizi, "regredendo" a livello del mondo narrato e dei personaggi. Non guarda a ciò che scrive dalla posizione di chi, in quanto creatore dell'opera, la vede nella sua completezza, ma lascia che i luoghi, le cose, non le persone si presentino sulla scena da soli, nel medesimo istante in cui l'occhio del lettore scorre la pagina. La mentalità popolare viene espressa mediante il discorso indiretto libero, riportando cioè le parole pensate o pronunciate da un personaggio senza introdurre con un verbo reggente dichiarativo come "dire", "sostenere"… In tal modo il narratore può limitarsi a raccogliere i documenti umani con impersonalità, in modo che l'opera d'arte sembri essersi fatta da sé, senza giudizio esterno esercitato da una soggettiva interpretazione ideologica dei fenomeni. Avviene quindi una vera e propria eclissi dell’autore, non si percepisce la sua presenza. Ciò produce lo straniamento: la voce narrante presenta come normali accettabili comportamenti e modi di pensare che non lo sono affatto; o al contrario considera strane situazioni che invece sono del tutto naturali e giustificabili. Con Verga si verifica l'adozione del linguaggio e del punto di vista dei personaggi. Verga decide di non utilizzare esclusivamente il dialetto, non riproduce il linguaggio di contadini, pescatori minatori in modo del tutto mimetico e adotta un'altra soluzione, apparentemente ambigua ma necessaria per potersi rivolgere ai lettori di tutta Italia. La sua rivoluzione linguistica consiste nell'esprimere la popolarità siciliana a livello artistico, operando non tanto sul lessico, quanto sulla struttura sintattica del periodo, in modo da ricalcare modi e costrutti del parlato antiletterario, che accoglie sgrammaticature, commissione linguistiche e tutte quelle tecniche espressive con cui si manifestano la mentalità e la cultura dei personaggi rappresentati. 2 Alessi riesce a riscattare la casa del nespolo, ma il finale è comunque amaro: ‘Ntoni, uscito di prigione torna ad Aci Trezza ma ormai sradicato dagli affetti più intimi, riparte verso una destinazione ignota contemplando da lontano un'ultima volta il villaggio in cui iniziava la sua vita. Nel romanzo è assente la figura di un protagonista mentre le pagine sono affollate da una vasta schiera di personaggi la cui somma rende efficacemente il senso di una comunità, di una coralità che rispecchia un'organizzazione sociale semplice ed elementare. La narrazione è continuamente dominata, più che un vero e proprio resoconto di 20, dalle parole, dai discorsi e nei commenti delle persone che chiacchierano, criticano, sparlano e solo raramente partecipano emotivamente ai drammi altrui. Le principali figure del romanzo simboleggiano ciascuna una particolare disposizione d'animo o di carattere positivo o negativo, ai fini della sopravvivenza della famiglia Toscano. - Padron ‘Ntoni è il vecchio di casa, saggio ed equilibrato: la sua filosofia consiste nell'accontentarsi di ciò che si possiede, restando fedeli alle proprie radici. - Al contrario, il giovane ‘Ntoni, rappresenta l'ansia del nuovo, il desiderio di sottrarsi alle misere condizioni di vita della famiglia. Durante il servizio militare ha conosciuto la realtà urbana, e tornato al suo paese, non tollera più le regole e i valori a cui da sempre si conforma l’esistenza della piccola comunità: non è più disposto ad accettare la fatica del lavoro, e sarà destinato a perdersi come la sorella Lia, sorta di controparte femminile dello stesso atteggiamento, disposto a tutto pur di fuggire dalla miseria e dallo sguardo giudicante dei compaesani. - Viceversa Alessi, che continuerà il lavoro del nonno e alla fine riuscirà a riscattare la casa del nespolo, simboleggia la possibilità di preservare, attraverso un impegno sofferto, i valori fondanti della famiglia. - Zio Crocifisso, è invece l’uomo più ricco del paese, è colui che vende a credito ai Malavoglia il carico di lupini. Ma quando il carico è perduto nel naufragio, non pensa neanche per un’istante a condonare il debito alla famiglia. Egli rappresenta l’inesorabilità e la spietatezza della legge economica. - Don Giammaria invece, il vicario di Aci Trezza, un prete reazionario e antiliberale, incarna l’ostilità al nuovo Regno d’Italia. Ad Aci Trezza irrompono la modernità e il dominio della legge economica: i personaggi sono continuamente chiamati a misurare l’impatto delle azioni dei singoli e degli eventi naturali sul piano dell’interesse, del guadagno, o della perdita. La stessa morte di Bastianazzo è considerata una perdita non tanto per la fine della vita umana, quanto per le conseguenze negative che tale scomparsa avrà sulla stabilità patrimoniale della sua famiglia. Anche l’amore è destinato a essere sacrificato per il denaro : quando si parla di prospettive matrimoniali, non lo si fa mai in riferimento alla dimensione sentimentale, ma sempre intendendo lo sposalizio come un affare economico. 5 L’unica realtà che rappresenta un appiglio nella tempesta della vita è la famiglia, un istituto quasi sacro. L’attacamento al focolare domestico è la sola difesa per i singoli contro l’avidità del mondo. Bisogna però che ciascuno si accontenti di ciò che ha e che non sviluppi desideri di fuga. Quindi la famiglia non è un luogo idilliaco, ma un’istituzione che esercita un controllo sociale e morale che può essere sentito come oppressivo. MATRIMONIO E AMORE Ne "I Malavoglia" i matrimoni sono tutti combinati, generalmente dai padri dei promessi, sulla base della classe sociale di appartenenza e di calcoli puramente economici. La donna è vista unicamente come un oggetto di scambio, i suoi sentimenti non vengono tenuti in nessun conto, gli uomini cercano di ricavare un buon guadagno dal proprio matrimonio. Per esempio il matrimonio tra Brasi Cipolla e Mena è immediatamente annullato quando lei perde la sua dote; per Mena questo è un fatto positivo perché è innamorata di Alfio Mosca, che però non può sposare poiché, essendo povero, è di una classe inferiore alla sua. Per le donne di Aci Trezza la maggiore occupazione, oltre a quella di tenere in ordine la casa, è quella di trovare marito per sé o per le loro figlie. Raramente i futuri sposi sono felici nella vita coniugale: ad esempio lo zio Crocifisso sposa sua nipote Santuzza per far rimanere in famiglia la chiusa, che è la dote della donna, e pensa di guadagnarci. In realtà Santuzza si rivela una spendacciona che sperpera il denaro accumulato in una vita intera da zio Crocifisso. E anche il padrone di Brasi Cipolla, dopo aver fatto saltare il matrimonio con la Mena ed essere riuscito a separare Brasi Cipolla dalla Santuzza, non riesce a evitare che si sposi con la Mangiacarrube, una bella donna ma praticamente senza dote. E così per evitare che i soldi finiscano sperperati si risposa a sua volta con la Barbara. Una delle poche eccezioni a questi matrimoni di convenienza è in parte quello di Alessi con Nunziata poiché loro si vogliono bene, ma è anche vero che erano quasi destinati a sposarsi poiché come livello sociale erano più o meno sullo stesso piano e sin da piccoli erano sempre stati insieme. Nel canto V dell’inferno di Dante, troviamo i due amanti Paolo e Francesca. Francesca era la figlia di Guido da Polenta, nata a Ravenna. Sposò verso il 1275 Giancillotto Malatesta , signore di Rimini, deforme di corpo, zoppo, e sgradevole i viso; ma era un valoroso e audace condottiero. Paolo Malatesta era il fratello di Giancillotto. Quest’ultimo colse e trafisse così rapidamente i due adulteri, ch’essi non ebbero tempo di pentirsi, e morirono in peccato mortale dannandosi l’anima. Nel romanzo che i due amanti stavano leggendo nel momento del loro bacio, Galeotto sorprese Ginevra baciare Lancillotto, che se ne stava timido e sbigottito dinanzi a lei. Ciò che per Ginevra e Lancillotto fu Galeotto, furono per Paolo e Francesca, il libro e il suo autore. 6 Quello di Paolo e Francesca è un amore impulsivo, che porta loro alla morte. Si fanno travolgere dal desiderio e dalla lussuria, non c’è in quel momento alcuna vergogna e non si fanno influenzare da nessun pensiero razionale. Il loro è un amore destinato ad essere tragico e doloroso, in cui però nonostante tutto ciò si ameranno anche dopo la morte. La concezione amorosa di Verga, è invece molto più razionale ed è sempre concentrata su i suoi ideali; l’amore risulta doloroso e lancinante, perché è un sentimento che per il mondo sociale, denunciato dall’autore, può passare in secondo piano. È più importante mantenere una solida e positiva reputazione, piuttosto che farsi coinvolgere dai propri desideri. Ciò viene raffigurato nell’ultimo capitolo, quando Mena rifiuta la mano di Alfio Mosca, di cui era innamorata da molto tempo. La reputazione dei Malavoglia, era stata distrutta dal conseguirsi di peripezie e scelte sbagliate di alcuni membri della famiglia, ciò ovviamente ricade su tutti loro, anche sulle scelte sentimentali di Mena. Nonostante alcune sottili differenze tra Dante e Verga, ci sono alcune analogie. Nel verso 123 del Canto V, Dante scrive: “E quella a me: «Nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice ne la miseria; e ciò sa ’l tuo dottore…” Questo ricordo per i momenti felici, che provoca dolore, è un tema che viene trattato nei Malavoglia, ma anche in altri testi di Verga. Ad esempio nell’ultimo capitolo (pagina 250), ‘Ntoni, tornato a casa momentaneamente dice ad Alessi “ti rammenti le belle chiacchierate che si facevano la sera, mentre si salavano le acciughe? E la Nunziata che spiegava gli indovinelli? E la mamma, e la Lia, tutti lì, al chiaro di Luna, che si sentiva chiacchierare per tutto il paese come se fossimo tutti una famiglia?…” 7