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Urbanizzazione e Crescita Demografica: Tendenze e Prospettive, Appunti di Geografia

Geografia urbanaSviluppo UrbanoDemografiaGeografia economica

La relazione tra urbanizzazione e crescita demografica, analizzando i fattori che influiscono sulla crescita delle città e sulla distribuzione della popolazione urbana in vari continenti. anche delle implicazioni sociali e ambientali di questi fenomeni, e presenta le fasi della transizione urbana definite dalle Nazioni Unite.

Cosa imparerai

  • Come la crescita demografica influenza l'urbanizzazione in differenti continenti?
  • Che fattori influiscono sulla crescita delle città e sulla distribuzione della popolazione urbana?
  • Come la globalizzazione influenza le dinamiche spaziali e temporali delle città?
  • Quali sono le fasi della transizione urbana definite dalle Nazioni Unite?
  • Come le condizioni di vita nelle grandi città dei paesi in via di sviluppo possono essere migliorate?

Tipologia: Appunti

2017/2018

Caricato il 11/11/2021

Marco.p1233445555
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4.5

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Scarica Urbanizzazione e Crescita Demografica: Tendenze e Prospettive e più Appunti in PDF di Geografia solo su Docsity! L’URBANIZZAZIONE DEL MONDO CAPITOLO 1: VERSO UN PIANETA DI CITTADINI Nel 1950 meno di un terzo della popolazione era urbano. Oggi metà della popolazione mondiale vive in città. In questa crescita costante della popolazione urbanizzata si può vedere un effetto di sviluppo. Tuttavia, l'attrazione delle città può essere in larga misura indipendente dalla crescita economica e dallo sviluppo. Infatti può essere anche l’effetto del carattere repulsivo delle campagne. 1_C’è un senso della storia? Keyfitz affermava di avere difficoltà a concepire uno sviluppo economico, politico e sociale nelle campagne senza città. Bairoch affermava che nella storia dell'umanità non ci sono stati veri progressi senza città e che non ci sono state neppure città senza civiltà. Il rapporto tra crescita demografica e urbanizzazione può essere analizzato tanto sotto il profilo storico quanto sotto il profilo statico. Lo sviluppo delle città è sinonimo di progresso. Mumford affermava che l'aumento della popolazione è stato un fattore di urbanizzazione: la crescita demografica non sarebbe stata sufficiente a trasformare un villaggio in una città. Perchè era necessario che gli uomini andassero al di là dei problemi di semplice sopravvivenza. Bairoch distingue quattro fasi essenziali: “ rivoluzione neolitica; “rivoluzione urbana; “rivoluzione industriale; © urbanizzazione attuale nei paesi in via di sviluppo. L'invenzione dell'agricoltura è stata una condizione determinante per l’urbanizzazione. L'agricoltura non ha indotto l’urbanizzazione direttamente, ma ne ha costituito la condizione preliminare. L'agricoltura precede quella che viene considerata una prima forma di urbanizzazione, che va sotto il nome di proto-urbanizzazione. | criteri adottati per caratterizzare queste prime città sono: “ la specializzazione dei compiti, “l’esistenza di un sistema di chiusura, “ la dimensione e la densità della popolazione, - la struttura urbana dell'habitat, ©. stabilità dell'agglomerato. Secondo Childe la rivoluzione urbana sarebbe avvenuta in Medio Oriente negli anni 3500-3000 a.C. Mentre i villaggi del neolitico contavano soltanto tra i 200 e i 400 abitanti, le città che si sviluppano in quel periodo possono arrivare fino a 20.000 abitanti. Tuttavia nel corso di questo periodo si può costatare una notevole evoluzione della popolazione urbana. In un primo tempo il fattore che rilancia l’urbanizzazione non è l’industrializzazione in sé, ma la rivoluzione agricola. Questo fenomeno comincia ad essere visibile nel Regno Unito. L'aumento della produttività agricola consente una nuova urbanizzazione. E le città spingono lo sviluppo industriale. Grazie allo sviluppo industriale, le dimensione delle città possono accrescersi notevolmente. | paesi in via di sviluppo hanno conosciuto un’urbanizzazione tardiva che corrisponde alla quarta fase della storia urbana. La storia urbana può indubbiamente essere studiata mediante l’analisi dei ritmi di urbanizzazione dei ritmi di urbanizzazione dei vari paesi del mondo, ma lo stesso studio può essere condotto attraverso la storia delle città. Una delle grandi difficoltà che si incontrano nello studio della storia urbana risiede nella necessità di stinguere tra gli elementi che riguardano lo sviluppo di particolari città e quelli che riguardano l’urbanizzazione in quanto fenomeno generale. Nel 1900 il mondo conta dodici città con più di un milione di abitanti. In alcuni paesi lo sviluppo delle grandi città è la conseguenza di un'intensa urbanizzazione . La città indiana di Delhi conosce un aumento della popolazione da poco più di 200.000 abitanti nel 1901 a circa 13 milioni del 2001. Questa crescita è dovuta in parte alla storia Specifica di questa città e inoltre poiché è stata meta di grandi movimenti di popolazione al momento della divisione tra India e Pakistan. L'urbanizzazione brasiliana può essere analizzata attraverso la storia delle città, ma può essere anche analizzando tentando di verificare a livello macroscopico l’ipotesi di uno stretto rapporto fra tasso di crescita urbana e tasso di crescita della popolazione totale, oppure fra tasso di urbanizzazione e tasso di crescita economica. Bairoch afferma che ogni città ha una storia propria che si inserisce in un sistema urbano che ha una propria storia specifica. Per quanto possa esistere un senso della storia è necessario rifuggire da una visione riduttiva del processo di urbanizzazione, tenendo conto in particolare della molteplicità delle definizioni ci città e della verità di forme urbane. 2_ Definire la città oggi L'esame delle definizioni adottate dai diversi paesi per classificare come urbano un agglomerato umano fa risaltare la loro estrema diversità. Alcuni parsi combinano due criteri demografici per definire una città. La definizione di una città può anche essere puramente amministrativa. O ancora pula combinare tutta una serie di criteri, da quelli amministrativi a quelli demografici o economici. Può anche accadere che delle definizioni siano in parte tautologiche. Ebrard ha proposto di adottare la soglia di 10.000 abitanti per definire una popolazione urbana e ha cercato una banca dati delle città che superano questa dimensione. Questo criterio da un'immagine alquanto diversa dell’urbanizzazione del mondo. Se in tutti i paesi del mondo si avesse un'unica definizione di città, questa non sarebbe comunque una garanzia assoluta di comparabilità. Quando poi si deve definire non la città in generale ma una città particolare, si pone un ulteriore problema: quello della sua delimitazione, in particolare nel caso di agglomerati urbani di grandi dimensioni. Il processo di crescita dei grandi agglomerati rende difficile la delimitazione di un'area urbana e può anche renderla mutevole. La difficoltà di definire i limiti di un agglomerato urbano si ritrova anche nei paesi sviluppati. | criteri sono numerosi. Le delimitazioni di un agglomerato urbano variano anche nel tempo, attraverso il processo stesso di sviluppo e di ampliamento urbano. Ad esempio a territorio costante dal 1981 al 1991 la popolazione di Mumbai è passata soltanto da 8,2 milioni a 9,9 milioni, con un tasso di aumento anni del 1,9%. L'inglobamento di una nova zona ha fatto si che il ritmo annuo di aumento della popolazione dello stesso periodo apparisse del 4,3%. Su scala mondiale le tendenze sono sufficientemente marcate da permettere di fare astrazione dalla diversità delle definizioni di città. | dati delle Nazioni Unite permettono di misurare la relazione tra urbanizzazione, crescita urbana e crescita per le differenti regioni del mondo. Possono essere formulate tre ipotesi: - 11 crescita demografica —> crescita urbana = l2 grado di urbanizzazione —> crescita urbana; = 13 grado di urbanizzazione —> crescita demografica. Nelle varie regioni del mondo si osserva una correlazione molto forte tra tasso di crescita della popolazione urbana e tasso di crescita della popolazione totale (11). La relazione rilevata sul piano statistico può tuttavia essere interpretata in un altro modo. Si potrebbe sostenere che sono le regioni meno urbanizzate del mondo ad avere il più forte potenziale di crescita urbana. In questo caso il grado di urbanizzazione di una regione determinerebbe il ritmo di crescita urbana (12). Poi può essere ipotizzata una terza relazione: sarebbe il grado di urbanizzazione di una regione a spiegare il ritmo di crescita della popolazione totale. La dinamica urbana si inscrive nel tempo, come pure nello spazio. 2_Il fattore territoriale Le città vedono crescere la loro popolazione, ma al tempo stesso si estendono. Occupano territori sempre più vasti. La macchia urbana si allarga. Le città si estendono attraverso una conquista dello spazio che le circonda. Il grado di diffusione di una città dipende dalle dimensioni, ma anche dalla densità demografica e dunque dal tipo di habitat. L'evoluzione nel tempo della diffusione dipende dalle forme di crescita delle città: aumento delle densità nelle città o con una tipologia di habitat individuale in zone perturbante che si trasformano progressivamente in zone urbane. Il grado di diffusione urbana può essere misurato con l’aiuto del tasso di crescita demografica. Non tutte le aree urbane hanno la stessa evoluzione, in alcune aree la periferia è meno dinamica del centro o il contrario. Si possono dunque distinguere diverse forme di diffusione urbana. Quest'ultima dipende dalla crescita della popolazione, il processo di diffusione delle città non obbedisce ad alcuna regola facilmente definibile: Dovunque, le città divorano lo spazio circostante senza una logica apparente. Le modalità di diffusione spaziale seguono logiche economiche e sociali differenti nei paesi del Nord e del Sud. È opportuno considerare le dinamiche spaziali e temporali degli agglomerati urbani, in quanto si possono determinare forme differenti di diffusione delle città a seconda delle epoche. Le Nazioni Unite definiscono quattro fasi della transazione urbana: - | fase: crescita più rapida nel centro delle città —> urbanizzazione; - Il fase: crescita più rapida in periferia che nel centro —> suburbanizzazione; - III fase: fase di diminuzione della popolazione sia nel centro dia in periferia, con perdita maggiore di popolazione nel centro —> controurbanizzazione; =. IV fase: la popolazione del centro torna ad aumentare più che in periferia. È interessante constatare che la crescita urbana non è un fenomeno uniforme né nel tempo né nello spazio. Le città presentano varie differenze, cui si deve dunque aggiungere quella della densità. La densità della popolazione modella la morfologia di una città. L'urbanistica determina questa morfologia e spiega le differenze di densità. Permettendo un'enorme crescita delle densità urbane, la costruzione di grattacieli e torri ha segnato un profondo cambiamento nella dinamica spaziale delle città. La densità non varia soltanto da una città all'altra: varia anche dal centro verso la periferia. Costituisce anche un fattore dello sviluppo sostenibile: le aspirazioni individuali possono condurre a un habitat più disperso, mentre le esigenze economiche ed ecologiche spingono verso un habitat più denso. Nei paesi in via di sviluppo, la dinamica spaziale delle città è caratterizzata in larga parte da migrazioni di popolazioni senza risorse per le quali l'insediamento in città avviene in condizioni di estrema precarietà. L'insediamento di migranti in quartieri spontanei rischia di costringere gli abitanti alla fuga. Dupon e Sidhu mostrano l’importanza delle situazioni di precarietà e tracciano i percorsi residenziali delle famiglie. | Migranti senza risorse non hanno altra scelta che le occupazioni di terreni e la costruzione abusiva per risolvere il problema dell’abitazione. Le famiglie con redditi bassi o medi hanno invece la possibilità di optare per quartieri abusivi in periferia. | percorsi e le strategie residenziali possono essere molto più elaborati di quanto non si pensi: le famiglie gestiscono una situazione difficile nell'immediato ma al tempo stesso valutano il rischio di espulsione o scommettono su una possibile regolarizzazione. Le favelas si concentrano sempre più spesso in periferia e su terreni dove non è possibile costruire abusivamente abitazioni permanenti. La spartizione dello spazio urbano è il risultato dell’azione di forze diverse e antagoniste. Il costo delle abitazioni spiega solo in parte le forme di segregazione. | diversi livelli di reddito degli abitanti si riflettono sull'evoluzione spaziale e sociale delle città. Le famiglie più agiate scelgono con cura le parti delle città dove abitare e relegano quelle più povere nelle parti che rifiutano. Si creano dunque fenomeni dinamici, come nel caso della gentrificazione del centro di Londra: quartieri inizialmente abitati da operai sono stati progressivamente colonizzati dalle classi medie e superiori che ne hanno fatto dei luoghi sempre più ricercate. Le modalità di frammentazione di una città dipendono dal grado di sviluppo del paese, dall’orientamento ideologico degli amministratori, ecc. Inoltre i programmi di ristrutturazione o riabilitazione contribuiscono all'evoluzione della geografia socioeconomica delle città. La colonizzazione da parte dei dinky o dei bobos di quartieri in precedenza abbandonati dalle classi agiate modifica profondamente la spartizione di una città. Maurin mostra bene la dinamica del fenomeno di segregazione sociale nel caso della Francia. | prezzi delle abitazioni in un quartiere ricco favoriscono il “ra di sè” residenziale della classe agiata. Poiché il quartiere è un luogo importante di interazioni sociali i genitori elaborano delle vere e proprie strategie residenziali. Forme estreme di segregazione sociospaziale sono comparse con lo sviluppo di comunità chiuse. In questi casi il desiderio è di difendersi dai pericoli esterni, ma anche di essere circondati da persona simili. La segregazione può anche essere di natura etnica. Massey e Denton hanno rilevato che questa ipersegregazione era pluridimensionale, elaborando cinque indicatori che consentono di misurare la difformità, l'isolamento, la prossimità, la centralizzazione e la concentrazione. Un'altra forma di spartizione della città riguarda l’accesso alla città stessa e l’uso della strada. Una spartizione della città si realizza anche attraverso le appropriazioni della strada. L'utilizzo commerciale della strada o degli spazi pubblici sono elementi strutturanti. Quando si ritiene che sia innanzitutto l'automobilista il legittimo utilizzatore della strada, le strade vengono ampliate e si creano corsie di scorrimento veloce. La maggiore coscienza ambientale che si è andata diffondendo sta le popolazioni fa si che nelle grandi città vengano via via rinegoziati i luoghi destinati rispettivamente agli automobilisti, ai ciclisti e ai pedoni. 3_Sistema della città e sistema delle città La città può essere presa in considerazione non solo singolarmente, ma anche nelle relazioni che intrattiene con il territorio circostante. Esiste tutta una serie di relazioni di interdipendenza tra una città e il suo territorio circostante: la città infatti è un sistema aperto. L'esame dei flussi di entrata e di uscita permette di precisare la natura esatta del territorio circostante di una determinata città il quale può spingersi parecchio lontano. Se l'insieme delle città viene considerato come un sistema, ciò che conta sono le relazioni tra le città. Berry ha definito le città come dei sistemi all’interno di sistemi di città, espressione che rende bene l’esistenza di un doppio livello di integrazione. Queste costituiscono ciascuna un sistema specifico e al tempo stesso fanno parte di un sistema di livello gerarchico. Cantillon aveva già proposto ai suoi tempi una classificazione delle città sulla base delle loro dimensioni e delle loro funzioni. Diversi autori hanno cantato di sistematizzate l’analisi del fenomeno urbano sotto il profilo delle gerarchiche tra città. Le relazioni all’interno di un sistema di città sono che relazioni di complementarità e di concorrenza. Sono stati proposti alcuni modelli di organizzazione spaziale delle città: la teoria dei luoghi centrali, che intendeva spiegare le similitudini delle collocazione spaziali e le differenze di dimensione delle città. Secondo Christaller si potevano distinguere tre modelli spaziali di gerarchizzazione delle città, a seconda che si desse il primato a un principio di mercato, a un principio di trasporto o a un principio amministrativo. Altri autori si sono interrogati sull’esistenza di una legge rango-dimensione. | lavori sulla legge rango-dimensione tentano di verificare l'ipotesi che esista una relazione tra il posto che una città occupa nella gerarchia generale e le dimensioni della popolazione Poiché le grandi città sono poche e le piccole città numerose, si avrebbe una relazione lineare, con inclinazione negativa, tra il logaritmo del totale della popolazione di una città e quello del suo rango. Nella relazione ax + b, l’inclinazione di a indica la differenza di dimensioni delle città e il fattore costante b la dimensione della città più grande. Morioni-Ebrerd ha tentato di verificare la legge rango-dimensione su scala planetaria e ha ottenuto per l'inclinazione un valore di -1. Pumain rimprovera comunque ai diversi modelli proposti per spiegare le varie forme di urbanizzazione di non integrare a sufficienza il fattore tempo come variabile essenziale, cioè creatrice di novità. Le analisi del fenomeno urbano naturalmente si basano sull’evoluzione nel tempo del ritmo e delle forme dell’urbanizzazione, ma le interpretazioni rimangono largamente si natura statica o si si fondano sulla statica comparativa. È necessario distinguere i due livelli identificabili dell’organizzazione urbana, la città e il sistema delle città per la quale la città non può essere dissociata dal sistema delle città. Per distinguere il fenomeno dell’urbanizzazione bisogna sostituire teorie statiche e di equilibrio con teorie dell’interdipendenza e dell’auto-organizzazione. La critica fondamentale che Pumain rivolge ai modelli dinamici attuali è che essi descrivono come si produce un'evoluzione piuttosto che perchè si determina. Il sistema delle città genia novità e produce costantemente complessità. | sistemi delle città meriterebbero anch'essi di essere ricollocati in un quadro più ampio, quello dei sistemi di popolamento. Le città globali non si identificano con le città mondiali. È stata la combinazione tra dispersione geografica e integrazione sociale a creare un nuovo ruolo strategico per le grandi città sono al centro di forti interpretazioni fra urbanizzazione e globalizzazione: è per questa ragione che le città globali non sono semplicemente delle città mondiali. Le città globali sono quelle a dare un forte contributo alla globalizzazione. La distinzione tra città globali e città mondiali co il tempo va comunque perdendo la sua pertinenza un numero crescente di agglomerati urbani è fortemente coinvolto nel processo di globalizzazione. urbanizzazione e mortalità era dunque semplice da spiegare: riferendosi al modello sviluppato da Mosley e Chen, Fargues individua i fattori in grado di agire a livello dell'individuo e della famiglia e della collettività. A quest'ultimo livello poteva prodursi una azione propria della città, attraverso il tessuto urbano o l'accessibilità dei servizi sanitari. A seconda del tipo di mortalità considerata, questi fattori incidevano in modo più o meno intenso. Il rapporto tra urbanizzazione e fecondità è di natura meno meccanica di quello tra urbanizzazione e mortalità, poiché dipende dai comportamenti dell’uomo e la risposta a una modificazione del contesto non poteva essere immediata. | dati relativi alla fecondità e alla mortalità possono variare considerevolmente a seconda che la forma di habitat sua rurale o urbano. In uno stesso paese si può osservare una diversità dei comportamenti demografici a seconda delle città. Queste differenze confermano il legame fra la transizione demografica e la transizione urbana. Va inoltre notato che la precocità dell’urbanizzazione può essere un fattore di differenziazione dei comportamenti demografici. Tabutin arriva alla conclusione che il modo in cui il vivere in città influenza i comportamenti è poco esplicito: l’urbanizzazione viene spesso considerata come una semplice variabile di differenziazione e i suoi effetti vengono distinti da quelli della modernizzazione e dello sviluppo. 2_l’urbanizzazione è diventata antieconomica? Se urbanizzazione, modemizzazione e sviluppo fossero indissolubilmente legati, l’urbanizzazione di alcuni paesi del Sud dovrebbe facilitare il cambiamento sia sociale che economico. Tuttavia la situazione sembra contraddire questa dinamica. Nei paesi sviluppati urbanizzazione e crescita economica sono andate di pari passo, anche se l’industraialzzaione ha potuto creare per una perte degli abitanti delle città condizioni di vita molto difficili. Ma a livello macroscopico e nel lungo periodo è fuori dubbio che l’urbanizzazione sia stata un fattore di progresso economico. L'idea che l'accelerazione della crescita demografica induce una tensione fondiaria legata alla crescente rarità delle terre agricole. In questa situazione, la migrazione verso la città sarebbe il risultato del crescente squilibrio tra popolazione e risorse agricole in ambiente rurale. La popolazione rurale eccentrica sarebbe spinta verso la città ( effetto push). L'urbanizzazione di un paese sarebbe dunque largamente di origine demografica. Se si presuppone invece che a dominare è il fattore pull, l'esodo rurale si spiega con l'attrazione esercitata dalla città con le opportunità economiche che questa offre. Questa teoria si sconta con seri problemi. È possibile immaginare che esista un effetto puro di attrazione della città o un effetto puro di repulsione della campagna, ma questo non è il punto centrale, in quanto questi casi potrebbero essere considerati come casi particolari. Importante sembra invece la possibile contraddizione tra il livello microscopico e quello macroscopico. Inoltre l'esodo può essere dovuto a motivazioni diverse da quelle economiche. L'urbanizzazione attuale è stata giudicata antieconomica anche in ragione del fatto che la crescita delle grandi città sembra non seguire alcuna logica. L'urbanizzazione era considerata strettamente legata al processo economico, in particolare in virtù delle economie di scala consentite dalla maggiore concentrazione umana e dalla specializzazione delle attività umane. Tuttavia sembra esistere un limite a queste economie di scala, come appare dal fatto che la crescita urbana in molti paesi in via di sviluppo ha preso la forma di urbanizzazione selvaggia o esplosione urbana. Bairoch ha tentato di calcolare la dimensione ottimale delle città. Per farlo prendeva in considerazione numerose variabili e si domandava a partire da quale cifra massima di popolazione il vantaggio economico prodotto dalla crescita urbana veniva annullato dall’aumento degli inconvenienti e delle difficoltà. La dimensione ottimale è fra i 200.000 e 500.000 abitanti per i paesi sviluppati e fra i 300.000 e i 500.000 per i paesi in via di sviluppo. La questione dunque non è quella di una dimensione ottimale delle città, ma piuttosto quella di una possibilità di esternalità negative nel caso del perdurare della crescita demografia in una città di grandi dimensioni. Si può dire che i vantaggi di cui beneficiano tradizionalmente gli abitanti delle grandi città si riducono quando queste crescono al di la di certi limiti. Tuttavia è difficile attribuire esclusivamente a un effetto di dimensione o di rapidità di crescita della popolazione il degrado delle condizioni di vita nelle grandi città dei paesi in via di sviluppo. Una crescita molto rapida è una delle cause della povertà delle popolazioni urbane, ma è anche una conseguenza della povertà delle popolazioni rurali. Gottmann vedeva nel raggruppamento di grandissime città esteso da Boston fino a sul di Washington l’inizio di un nuovo ordine nell’occupazione degli spazi abitati. Era convinto che gli abitanti delle megalopoli beneficiassero di benefici maggiori. Oggi la percezione dei grandi agglomerati urbani è più contrastata. Le Nazioni unite in un primo tempo hanno identificato le megalopoli con gli agglomerati urbani di più di 8 milioni di abitanti, e successivamente con quelli di più di 10 milioni. A causa del perdurare della crescita gli agglomerati urbani già fortemente popolati, numerosi lavori sui problemi dello sviluppo sottolineano l’importanza della sfida urbana dei paesi del sud. 3_Città o società in crisi? Sotto molti aspetti le città sia dei paesi sviluppati sia dei paesi in via di sviluppo sembrano essere in crisi. Nei paesi del Sud una parte delle popolazioni non hanno accesso ai servizi di base. La crisi urbana può inizialmente essere misurata guardando alle difficoltà di vita delle popolazioni delle banlieus in Francia e allo sviluppo di comunità chiuse negli Stati Uniti. Donzelot afferma il fatto che i problemi sociali si concentrino in alcune parti dell’area urbana indicherebbe che esiste un problema nella città e non della città. Potter e Lloyd-Evans hanno parlato di problemi urbani incisivici, riferendosi alle condizioni sanitarie e alimentari delle popolazioni più povere della città. Il livello di sviluppo dei vari paesi spiega in larga misura le diseguaglianze delle condizioni di vita nelle città, misurate in base al criterio in questione. Va notato d'altra parte che, in alcuni paesi poveri, nel 2001 la situazione non soltanto era migliore di quanto non fosse nel 1990, ma in alcuni casi era addirittura peggiore, ovverosia la proporzione di cittadini che disponeva di servizi igienici migliorati era in diminuzione. La Banca Mondiale fornisce altri indicatori che permettono di valutare le condizioni di vita delle popolazioni urbane. Anche l’esame dei dati relativi all'ambiente urbano mostra una forte diseguaglianza nella situazione delle diverse città, sia che appartengono a paesi sviluppati sia che si trovino in paesi in via di sviluppo. Anche l’esame dei dati relativi all'ambiente urbano posta una forte diseguaglianza nella situazione delle diverse città, sia che appartengono a paesi sviluppati sia che si trovino in paesi in via di sviluppo. L'aumento delle persone che vivono in bidonville è un latro segno della crisi delle città. Il maggior numero di abitati delle bidonville si trova nell’Asia orientale, meridionale e centrale. Vivere in una bidonville significa subire la promiscuità, la precarietà, l’insalubrità e la povertà, anche se l'universo delle bidonville è più differenziato di quanto non si possa credere. Il rapporto delle Nazioni Unite sulle bidonville ne distingue diversi tipi: - insediamenti informali privati, su terre in precedenza agricole e acquistate in modo informale da agricoltori; - insediamenti informali su terre desertiche, con abitazioni private costruite senza permessi ma che in generale vengono poi condonate, nelle quali le condizioni di vita sono le peggiori; = zone degradate del centro della città antica, dove si concentrano popolazioni molto povere, in declino demografico a seguito della trasformazione di questi spazi in zone commerciali o del crollo degli edifici; - sacche disseminate all’interno della città, dove vivono in piccole costruzioni, senza alcuna garanzia, famiglie povere. Anche il funzionamento delle bidonville è differenziato e può raggiungere una certa complessità. È una vera e propria città nella città. Lo spazio urbano si organizza con l’inglobamento progressivo di ondate di migranti, le segregazioni tra i diversi gruppi etnici e differenti forme di integrazione. La crisi del mondo urbano si può manifestare tanto attraverso grandi difficoltà di inserimento per i migranti che vogliono cominciare una vita in contesto urbano quanto attraverso la realizzazione delle città. Un'analisi delle forme d'inserimento a Dakar illustra frequente confusione tra crisi economica e sociale e crisi di una città. La situazione economica di Daker rendeva difficile l'inserimento urbano. Va notato comunque che il tasso di disoccupazione dei migranti era inferiore a quello dei non migranti. L'analisi confermava l’importanza delle relazioni familiari, delle relazioni di origine e delle relazioni di vicinato riguardo alle forme e al grado d'inserimento urbano. Gli autori insistevano inoltre sull'importanza della mobilitazione del capitale sociale per quanto riguarda l’accesso al lavoro e alle abitazioni, oltre che per le opportunità di mobilità sociale. Un’analisis di questo tipo mostra che la cresi della città è in parte esogena. L'Africa si caratterizza per un tasso di urbanizzazione basso e a una forte crescita urbana, nel continente si assume a un affanno dell’urbanizzazione. Le città africane non sono in grado di soddisfare i bisogni dei migranti e dei nativi, e a crisi che conoscono per questa ragione non si limita unicamente al funzionamento del mercato del lavoro. La conseguenza di questo degrado delle condizioni di vita in ambiente urbano è una realizzazione delle città, nel senso che i cittadini tendono ad adottare modi di vita simili a a quelli degli abitanti dei villaggi. Nelle città si sviluppano le attività informali e agricole, e le persone che vi si dedicano non sono soltanto disoccupati ma anche lavoratori con redditi insufficienti a garantire una vita decente. Donzelot mostra come oggi essa si ponga in termini radicalmente differenti rispetto ad alcuni decenni fa. Mentre un tempo la preoccupazione principale era la qualità della vita nelle zone urbane, oggi il problema che si pone è quello della capacità politica della città di fare società. Negli anni '60-'70 l’urbanizzazione era ancora largamente considerata sotto l'aspetto dell’industrializzazione e la questione urbana veniva vista in gran parte come una questione economica. Donzelot mette in parallelo il fenomeno delle inciviltà urbane e quello di una urbanistica di affinità, come rivelatori delle tensioni che oggi si manifestano nelle città dei paesi sviluppati, tensioni che compromettono la loro capacità di fare società. | fenomeni di esclusione sociale e l'aumento dei senzatetto da una parte, e di imborghesimento delle città dall'altra, possono essere visto come manifestazioni di questo dualismo urbano. Va notato che, se il numero dei senzatetto tende ad aumentare, è anche vero che questa categoria tende a diversificarsi. Inoltre nei grandi agglomerati urbani i problema delle abitazioni è quello della moltitudine di persone che abitano in case insalubri o in condizioni di estrema precarietà. E va ricordato che esiste una stretta relazione fra condizioni di alloggio e stato di salute. MC © o. In questa situazione, l'aumento salariale non compagnerebbe a un aumento soa produttività cd sa que la razionalità economica delle imprese POLterehI® necessariamente a una riduzione della loro doman he È lavoro (cioè dell’offerta di impiego). Di conseguenza un effetto di retroazione, le dimensioni della città dine nuirebbero (fig. 16). | | i Tuttavia, un simile meccanismo di regolazione trebbe funzionare soltanto se 1 costi e 1 prezzi fossero Tea e se si tenesse veramente conto di tutte le esternalità ne gative: sociali, ambientali, ecc. Ma nella realtà si è ben lontani da una situazione del genere, e dunque la cresci continua delle città può compromettere l’obiettivo del rag. giungimento di un optimum sociale, con un aumento dell; diseguaglianze economiche tra la popolazione cittadina in particolare con un degrado dell'ambiente urbano che non si traduce in un aumento del costo della vita in città funzionale alla compensazione delle esternalità negative. In effetti, soltanto se si venisse a determinare quest’ultima relazione si potrebbe andare nel senso di una regolazione urbana. Per tentare di spiegare meglio le relazioni dinamiche tra urbanizzazione e sviluppo, e introdurre un massimo di relazioni di interdipendenza nei sistemi considerati, Allan C. Kelley e Jeffrey G. Williamson [1984a; 1984b] hanno costruito un modello della progressione temporale e del. l'intensità della transizione urbana. Il principale interesse di questo lavoro consisteva nel fatto che si teneva conto delle relazioni di interdipendenza, e non di semplice di- pendenza, tra urbanizzazione e sviluppo. Questo tipo di approccio permette in linea di principio un esame più cor- retto della complessità delle dinamiche urbane. Tuttavia, i due autori arrivavano alla conclusione che l’industrializza- zione e l'aumento dell'occupazione che ne derivava erano i veri motori della crescita urbana. Essi dunque respinge- vano la tesi di un’urbanizzazione eccessiva. Tuttavia, di fronte all'evoluzione che si constata in numerosi paesi iN via di sviluppo, è difficile accettare questa idea di una in- terazione sempre positiva tra urbanizzazione e sviluppo. Poiché nei paesi in via di sviluppo la crescita demo- grafica dei grandi agglomerati urbani continua, malgrado 88 ; segni evidenti di saturazione (diffi coltà di grado delle condizioni abitative, ecc) devor e SPOrtO, de. bero — essere attuate politiche in grado di c NO — 0 dovreh. sta situazione. Ma è possibile Immaginare dente a questo tipo? | elle poli essere lasciata alla libertà degli indivi casi, si potevano giustificare delle Misure coercitive? fino a che punto delle azioni di sviluppo nel mondo n rale erano in grado di ridurre il fenomeno delle migrazioni verso le città? grazioni L'idea della necessità di manten tra città e campagna in alcuni casi ha portato alla ricerca di mezzi autoritari per frenare |’ | esodo rurale. È stato il caso, in particolare, dell’Unione Sovietica, del Vietnam e della Cina. Nell’Urss la collettiviz zazione integrale forzata attuata a partire dalla seconda metà del 1929, portò alla creazione di un sistema di kolchoz (fattorie collettive, for- malmente cooperative) e alla proprietà statale della terra. Il rigido controllo della mobilità interna fu un potente strumento di limitazione dell'esodo rurale. I villaggi kol. choziani vivevano all’interno di un equilibrio economico e sociale proprio, nel quale il piccolo appezzamento indi- viduale (orto coltivato per uso privato, microallevamento) svolgeva un ruolo essenziale nell'economia familiare. Il regime delle pensioni di anzianità era inoltre un elemento di fortissima dissuasione al trasferimento in città nel corso dell’attività lavorativa. Quando, a partire dagli anni ’90, il sistema dei kolchoz è stato smantellato, i villaggi hanno teso a svuotarsi delle loro forze vive, a cominciare dai gio- vani. Il fenomeno è stato particolarmente pronunciato in Russia e in Ucraina. D'altra parte, la politica vietnamita di migrazione del ganizzata — politica attuata negli anni ’60 nel Vietnam de Nord, ma proseguita dopo il 1975, data della riunificazione del paese _ aveva l’obiettivo generale di una nuova riparti ere un «equilibrio» 209 L'idea di mantenere un equilibrio tra città e campagna in alcuni casi ha portato alla ricerca di mezzi autoritari per frenare l'esodo rurale. Nell’Urss la collettivizzazione integrale forzata portò alla creazione di un sistema di kolchoz e alla proprietà statale della terra. Il rigido controllo della mobilità interna fu un potente strumento di limitazione dell’esodo rurale. Quando il sistema di kolchoz è stato smantellato, i villaggi hanno teso a svuotarsi delle loro forze vive, a cominciate dai giovani. La politica vietnamita organizzata aveva l'obbiettivo generale di una nuova ripartizione spaziale della manodopera e puntava al ripopolamento delle zone montagnose del Nord. Dopo la riunificazione del Vietnam, agli obbiettivi della migrazione si aggiunse anche quello della sicurezza interna. Per quanto riguarda la Cina, Aubert sottolinea l’importanza del controllo autoritario del flusso di popolazione, basato sul hukou, cioè la registrazione della popolazione presso la polizia del luogo di residenza. Questo controllo ha permesso di rispedire nei luoghi di provenienza i contadini arrivati in città nel periodo del grande balzo in avanti e ha consentito l’invio di giovani cittadini diplomati delle scuola superiori in campagne sperdute. Il sistema basato sul hukou era comunque in primo luogo una modalità di controllo delle città, in quanto la ricerca di un equilibrio tra mondo urbano e mondo rurale non sembrava essere una priorità. Kelley suggeriva delle politiche volte a rallentare la crescita urbana attraverso interventi sulla crescita demografica e attraverso misure dritte a frenare l'esodo rurale. Secondo questo autore, le operazioni autoritarie che costringono la popolazione urbana alla fuga non sono un mezzo efficace per frenare la crescita urbana, in quanto si traducono soltanto in spostamenti di popolazione verso altre zone delle periferie delle città. Kelley proponeva di evitare una attribuzione eccessiva di risorse economiche alle zone urbane in modo da limitare il vantaggio urbano. È importante che non si venga a cercare una moltiplicazione della disuguaglianza: È necessario tenere sotto controllo le dimensioni di queste differenze, il modo di finanziamento dei servizi sociali e i costi di questi ultimi per i diversi gruppi di popolazione. Keyfitz ipotizzava la necessitò di retìdistribuire nei paesi del Sud una parte del capitale urbano a vantaggio delle città più piccole o delle zone rurali. Le zone rurali dovrebbero poter disporre delle infrastrutture necessarie alla promozione delle loro attività e poter accedere a servizi sanitari e a un sistema educativo di qualità. Migliorare le abitazioni, lottare contro la povertà e sviluppare un sistema efficace e non costoso di trasporti pubblici erano indicati come alcuni degli strumenti per ri - orientare le migrazioni verso le città di medie dimensioni. Va ricordato che l’equilibrio tra città e campagna, raramente definito con precisione, spesso nella pratica viene identificato con l'assenza o le dimensioni dirotte delle migrazioni urbane. Un vero equilibrio tra mondo urbano e mondo rurale presupporrebbe la quasi spartizione delle differenze tra le condizioni di vita dei cittadini e quelle degli abitanti delle zone rurali. La sfida dello sviluppo sostenibile urbano passa per una profonda trasformazione delle città ma anche perchè i modi di vita urbani diventino più rispettosi dell'ambiente globale. Una delle grandi sfide della nostra epoca è quella di favorire lo sviluppo di città sostenibili. CAPITOLO 4: L'INVENZIONE DELLE CITTÀ SOSTENIBILI L'evoluzione dell'ambiente urbano debe permettere i rispondere ai bisogni e alle aspirazioni dei cittadini. E altrettanto importante è che il perdurare dell’urbanizzazione del mondo non entri in conflitto con le esigenze minime del sviluppo sostenibile. 1_Le molteplici sfide Blanquart parla di luoghi dove i legami sono assicurati soltanto dalla mobilità. Pone la grande questione di come mantenere una vera coesione sociale in agglomerati urbani le cui dimensioni crescono continuamente e che si diffondono sempre più. La coesistenza di una grande ricchezza e di un'estrema povertà fa pesare su di esse la minaccia di un dualismo che rischia di diventare strutturale. Quelle che vengono definite eufemisticamente difficoltà economiche, unite a situazioni di isolamento sempre più frequenti, fanno aumentare i rischi di marginalizzazione delle popolazioni più vulnerabili. Il rischio sociale è quello di città dove ciascuno si isola il più possibile dagli altri. Questa logica porta ad abitare in quartieri altamente protetti. Tuttavia, anche una reale mescolanza sociale non è una garanzia assoluta del mantenimento della coesione sociale. Nei paesi in via di sviluppo il fenomeno stesso dell’urbanizzazione fa evolvere profondamente le relazioni all’interno della famiglia. Quando l'esodo rurale permetteva ai migranti di migliorare la loro situazione economica grazie al lavoro in città, l’aiuto delle famiglie rimaste in campagna era possibile, mentre oggi questa forma di solidarietà tra generazioni diventa più difficile. Un'altra sfida che si trovano ad affrontare le città è quella del miglioramento dell'ambiente urbano. Le città, quelle più grandi, soffrono di infinite forme di degrado. Migliorare la vita dei cittadini significa ridurre queste forme di degrado. Iribarne aveva dimostrato come l’uso dell'automobile consentiva soltanto un limitatissimo risparmio di tempo. Per ridurre l'inquinamento atmosferico e la congestione del traffico sono state proposte diverse soluzioni. Ma le strategie delle città per tentare di risolvere il problema del traffico variano da caso a caso. Il trattamento dei rifiuti è un altro problema delle città. Nelle città del Sud del mondo il problema del miglioramento urbano si pone in termini differenti. Il problema dei trasporti pubblici non può far fronte a un aumento così rapido della domanda. Per queste città e questi paesi il miglioramento dell'ambiente urbano passa necessariamente per uni sviluppo economico e sociale che permette un miglioramento delle infrastrutture pubbliche e in particolare un aumento della disponibilità di abitazioni. Il miglioramento dell'ambiente è necessario anche per la salute delle popolazioni. Le città e gli abitanti delle città devono anche preoccuparsi della difesa dell'ambiente globale. Ebrard parlava della città come del sistema di organizzazione più conveniente che la società abbia inventato per permettere una popolazione numerosa di vivere su una superficie più ridotta possibile. Tuttavia bisogna anche considerare la pressione che una città esercita sulle risorse globali e sull'ambiente globale. Il concetto di impronta ecologica permette di guardare in modo diverso alla pressione che una città esercita sull'ambiente. La città consuma uno spazio ben più grande di quello in cui è situata. È evidente a questo proposito che l'impronta ecologica di due città delle stesse dimensioni ma di livello economico differente non è la stessa. L'urbanizzazione ha anche conseguenze più globali. Abbiamo visto che il fenomeno della rururbanizzazione, desiderio delle persone di vivere in un ambiente migliore, si è trasformato in una estrema mobilità delle popolazioni. Questa volontà individuale di vivere