Scarica Sociologia della comunicazione e dei media digitali e più Appunti in PDF di Sociologia Della Comunicazione solo su Docsity! Sociologia della comunicazione e dei media digitali LIBRI Le teorie delle comunicazioni di massa e la sfida digitale - Bentivegna, Boccia Artieri Valori pubblici e società connessa - Van Duck, Poell, DeWaal Social media studies - Vittadini INTRODUZIONE Gli effetti che i mezzi di comunicazione hanno impatto su di noi e sulla società effetti sociali. Infodemia: il ruolo dei media durante la pandemia Covid. Anche la propaganda è un esempio dell’utilizzo dei media. Al centro di questi processi ci sono i media e il loro rapporto con alcune importanti azioni collettive: informarsi, formarsi un’opinione, produrre e consumare cultura, agire e mobilitarsi. Su questo i media digitali hanno un’influenza. La formazione dell’opinione pubblica passa anch’essa attraverso i media. Vuol dire anche scegliere i casi per cui mobilitarsi (scioperi, …). I media digitali e soprattutto la digitalizzazione ha cambiato queste relazioni: - le teorie classiche vanno riconsiderate - emergono questioni relative alla privacy e alla fiducia. I social media sono la piattaforma mediale della contemporaneità. Oggi viviamo in una società delle piattaforme: i social hanno un impatto importante sulla nostra vita quotidiana, con delle conseguenze. Il funzionamento dei media dipende sempre di più dalle logiche algoritmiche: cosa vedo sul mio feed di Instagram non è casuale. PLATFORM SOCIETY Nella società in cui viviamo i media sono molto importanti, ma c’è un livello ulteriore di complessità che sta caratterizzando il rapporto tra la società e il digital: la presenza di alcune piattaforme che sono lo strumento con cui gestiamo la nostra quotidianità. L’espressione platform society è stata coniata da Josè Van Duck (studiosa olandese), che ha studiato il peso delle tecnologie nello sviluppo della società contemporanea. Una piattaforma è un’architettura digitale programmabile, progettata per organizzare interazioni tra utenti; non solo utilizzatori finali ma anche imprese commerciali e istituzioni pubbliche (es: l’università crea l’orario grazie a un software). La seconda cosa che ci dice Van Duck è che le piattaforme sono tutte collegate. Un “ecosistema di piattaforme” è un assemblaggio di piattaforme interconnesse governate da un particolare insieme di meccanismi che modellano le pratiche quotidiane. Viviamo in una società in cui ci sono 5 grandi imprese tecnologiche che sono fondamentali (“Big Five” o “FAMGA”): - Facebook 1 - Apple - Microsoft - Google: sceglie che informazioni mostrarci tra i primi risultati di una ricerca - Amazon: tra gli acquisti e Amazon Prime Queste gestiscono la maggior parte dei contenuti che girano in rete. Sono le Gate Keeper: sono quei soggetti che in una società mediano il flusso di informazioni. Nell’ecosistema coesistono due tipi di piattaforme: - Le piattaforme infrastruttura che formano il cuore dell’ecosistema su cui le altre app e piattaforme vengono poi ad appoggiarsi. Sono le Big Five. - Le piattaforme di settore che sono incorporate nell’ecosistema complessivo all’interno di specifici settori (news e giornalismo, spostamento e alloggio, …) Dipendono dalle Big Five per quel che riguarda l’approvvigionamento di servizi e informazioni. Vengono sviluppate e spesso integrate influenzando l’organizzazione di specifici settori. Oggi, al cuore del sistema delle grandi piattaforme c’è Alphabet (Google), che fornisce numerose risorse chiave per l’ecosistema. Il motore di ricerca è la forma di gatekeeping più importante tra i media digitali. Tra le risorse che Google offre abbiamo: - Motore di ricerca (Google Search) - Browser (Google Chrome) - App store (Google Play) - Sistema operativo (Android) - Servizi di pagamento (Android Pay, Google Wallet) - Programmazione pubblicitaria (Ad Sense) - Sito di video sharing (YouTube) - Sistema di informazione geospaziale (Google Earth) - Sistema di videoconference (Google Meet) - Sistema di cloud (Google Drive) Accanto al cuore c’è Facebook (Meta), perché è il secondo grande detentore di dati. Sono gli interlocutori numero uno delle imprese che vogliono comunicare con gli utenti. Meta possiede: - 80% dei servizi social network nel mondo - 60% della pubblicità online (insieme a Google) - Servizi di identificazione online (accedi con Facebook): monitora l’accesso dei propri utenti a siti e applicazioni - Controllo sul traffico dati mobile degli individui (app). Sono big quando riescono a capitalizzare i nostri dati online, e i migliori nel farlo sono Google e Meta. In ascesa c’è Amazon, che possiede: - Amazon (Prime) - Kindle 2 Le informazioni possono passare direttamente dai protagonisti ai cittadini, saltano tutto l’iter dei media tradizionali. L’opinione pubblica si forma anche dal basso, ad esempio Greta Thumberg ha creato un movimento partendo dai social e non essendo un personaggio pubblico. Abbiamo una frammentazione e moltiplicazione di gruppi e sotto-gruppi molto coesi e con ridotte relazioni con l’esterno insieme a una decrescita dell’importanza di un’opinione comune ampiamente diffusa. Essendoci così tante informazioni che circolano, le opinioni che si formano sono tra le più svariate. Per questo l’opinione pubblica fa più fatica a formarsi. Quandt è uno studioso dell’opinione pubblica, che afferma che i media digitale ci hanno reso più difficile creare un’opinione pubblica comune, mentre è più facile trovare un gruppo che la pensi come me. Quando il sistema dei media cambia, anche la forma delle opinioni pubbliche cambia (ora è più facile che ci siano tanti piccoli gruppi con idee coese). OPINION LEADER Il primo approccio contemporaneo allo studio del rapporto tra media e opinione pubblica fa emergere la figura dell’Opinion Leader. Gli studiosi che si sono occupati di questa teoria sono Lazarsfel e Katz. Quando si parla di Opinion Leader si parla di qualcuno che gode del prestigio o detiene i mezzi per influenzare in modo determinante l’opinione pubblica. Un’altra definizione: “Influential members of a community, group, or society to whom others turn for advice, opinions and views”. La prima volta che si parla di Opinion Leader è tra la fine degli anni Quaranta e l’inizio degli anni Cinquanta, in America. Katz e Lazarsfeld iniziano a studiare le campagne elettorali: le influenze dei mass media sulle scelte di voto dei cittadini americani di Eire County Ohio. Il punto di partenza di quegli anni è che ci fosse un meccanismo verticale: i mass media influenzano le scelte e convincono l’individuo che vota. Un’altra ricerca che svolgono è l’influenza dei mass media sulle scelte di consumo delle donne della cittadina di Decatur negli Stati Uniti nelle aree dei prodotti di mass market, fashion e cinema. Anche in questo caso cercano di capire come si rapportano ai media nell’effettuare queste scelte di consumo. Da queste ricerche scoprono: - rispetto alle scelte di voto (The people’s choice): 1. molto più della radio o della stampa, erano le discussioni politiche quotidiane ad esercitare una grande influenza 2. le discussioni politiche all’interno delle reti famigliari o di pari erano molto importanti creavano una grande omogeneità di opinioni all’interno ei gruppi primari (famiglia, rete di amici stretti). “Those who changed their vote intentions were largely people who, early in the campaign, had reported that they intended to vote differently from their family or friends”. 3. alcuni individui più esposti ai media avevano la capacità di condizionare le scelte degli altri questi individui vengono definiti Opinion Leader. Questi soggetti sono più informati, per questo riescono a modificare le opinioni degli altri (sono i più influenti). 5 - Rispetto all’influenza interpersonale (Personal Influence): 1. Esistono leader d’opinione su qualsiasi tema della vita sociale: cinema, fashion, gestione della casa. 2. I leader d’opinione variano al variare del tema, quindi in un gruppo sociale possono esistere più leader d’opinione. Questi studiosi creano un modello: tutti i contenuti arrivano a modellare l’opinione pubblica spesso mediante gli opinion leader, che sono più informati e percepiti come più competenti. L’attore sociale più disponibile all’esposizione ai media e più competente nell’uso dei media. Esercita una funzione di filtro (Gate Keeper) e di modellizzazione (framing). Si evolve l’idea del pubblico da una massa indistinta a una rete di soggetti … Si definiscono le caratteristiche dell’Opinion Leader: - Literacy: elevata esposizione ai media (tendenza alla ricezione di maggiori informazioni) - Commitment: elevato coinvolgimento ed interesse per determinati argomenti - Socievolezza: capacità d trasferimento di informazioni a gruppi di individui (gregari) che appartengono allo stesso gruppo sociale - Leadership: riconoscimento, dal basso, da parte del gruppo dei pari del possesso di maggiori conoscenze. Gli Opinion Leader possono essere classificati in: - verticali: soggetti che hanno le caratteristiche dell’Opinion Leader e comunicano attraverso i media (tradizionali e digitali) - orizzontali: soggetti che hanno le caratteristiche dell’opinion leader e che agiscono all’interno di reti sociali più o meno ampie. - Monomorfi: hanno rilevanza in un solo o in un numero limitato di campi - Polimorfi: l’influenza esercitata non riguarda un solo argomento ma, più in generale, idee, atteggiamenti, propensioni e scelte politiche come di consumo. L’impegno degli influencer nel social è diventato più diffuso, ma vengono riconosciuti come opinion leader quando acquisiscono un’idea di fiducia nella mente dei consumatori; serve credibilità perché l’idea attecchisca. Gli opinion leader verticali e monomorfi sono quelli che hanno visibilità attraverso i media, hanno una specifica area di influenza e sono un punto di riferimento per gruppi sociali/culturali diversi. OPINION LEADER E SOCIAL MEDIA Cosa succede quando non esistono più solo i media tradizionali, osservati da Katz e Lazarsfeld, ma anche i media digitali e i social media? Si pone un problema: come riconosciamo gli OL nei social? Nel contesto sociale Katz e Lazarsfeld hanno osservato dei gruppi sociali, hanno intervistato i soggetti; all’interno delle piattaforma leader si potrebbe andare a intervistare le persone, ma l’OL si può riconoscere grazie ad alcune caratteristiche. 6 Dalle prime suddivisione fatte da Katz e Lazarsfeld, si è sviluppato un modello per classificare gli OL: - Area di influenza: è un po’ come la suddivisione verticale e orizzonale di Katz e Lazarsfeld o Locale: rete sociale circoscritta o Globale: influenza su più gruppi sociali - Dominio di conoscenza o Monomorfo o Polimorfo - Comportamento o Positivo: proporre una competenza, una conoscenza, un insieme di valori positivo, con l’obiettivo di essere utile o Distruttivo: hanno come finalità quella di trovare un ambito in cui imporre la propria opinione, indifferentemente dall’utilità (diffondere fake news per acquisire seguito). Hanno una personalità egocentrica e tendono ad indurre i follower a modificare le loro opinioni anche in una direzione che può danneggiare loro o l’organizzazione a cui appartengono - Tempo o Lungo termine: consolidati nel tempo, senza che ci siano eventi che possono finire che mettono in discussione la loro leadership o Breve termine: legati a un momento, ad un evento, ad una situazione; poi tornano a non esserlo. La studiosa Kransikova, nel 2013, ha descritto l’OL distruttivo come un comportamento volitivo di un leader che può o intende danneggiare l’organizzazione di cui fa parte o i suoi follower attraverso: - Incoraggiare i seguaci a perseguire obiettivi che violano gli interesso legittimi dell’organizzazione - Utilizzando uno stile di leadership che comporta l’uso di metodi di influenza dannosi verso i propri follower, indipendentemente dall’esistenza di giustificazioni per questo comportamento. L’obiettivo è spesso l’auto-realizzazione carismatica. Gli OL digitali dovrebbero avere almeno una di queste caratteristiche: - essere considerati esperti di un prodotto o servizio - essere un membro attivo di una comunità online - partecipare con alta frequenza e dare un contributo sostanziale - essere considerato da altri utenti come soggetto che ha buon gusto in relazione alle decisioni di acquisto. Diventano OL coloro che riescono a raccontare la loro esperienza con un prodotto, quelli che riescono a condividere contenuti di qualità ed in modo cadenzale. I contenuti dovrebbero essere caratterizzati da: - originalità: novità, innovazione e non convenzionalità; autenticità (come forma di risonanza con i propri follower) - unicità: distinzione rispetto agli altri 7 - L’opinione pubblica in una società ha una funzione integrativa: noi ci formiamo un’opinione pubblica sulle cose perché serve a tenere unita una società (collante) - Serve a costruire coesione sociale a partire dalla natura sociale degli individui. Per questo è un problema quando l’opinione pubblica è sempre più segmentata: rende difficile la coesione sociale. “L’opinione pubblica è il frutto di un lavorio sociale teso all’allineamento” L’opinione pubblica si forma all’intersezione di: - Media - Comunicazione interpersonale e rapporti sociali - Manifestazioni individuali di opinione - Percezione dei climi di opinione nel proprio ambiente sociale. “L’opinione pubblica si forma nell’interazione tra il monitoraggio compiuto sull’ambiente sociale circostante e i comportamenti dell’individuo stesso” Elisabeth Noelle-Neuman. Questa idea che sia importante l’azione di cercare di capire cosa pensano gli altri, cosa pensa la maggioranza delle persone che vive con noi, non nasce da Noelle-Neuman; va a recuperare un trattato del 1950 sull’evoluzione del modo di vivere in società degli americani in varie fasi della storia dello studioso David Riesman (The lonely crowd: a study of the chnaging american character). Alla fine del percorso storico che costruisce, viene fuori quanto sia importante per l’individuo contemporaneo quanto sia importante conoscere cosa pensano gli altri. Riesman si chiede dove gli individui attingano le regole per vivere insieme. Propone una analisi critica del rapporto tra individuo e società; in ogni tipologia di società (premoderna, moderna, postmoderna) è caratterizzata da: - un “tipo di individuo” - un modo in cui la società si garantisce la conformità dei comportamenti degli individui. La società si basa su un meccanismo di integrazione e di conseguenza, attraverso la socializzazione diffonde modelli di comportamento “conformi”. Quello su cui indaga Riesman è come passano le regole tra gli individui. Suddivide la storia della società in tre grandi fasi (storia breve perché è dall’arrivo degli europei): - pre-moderna: in queste società gli individui agiscono diretti dalla tradizione tramandata oralmente, sono legati a ruoli (nascita, genere, status) immutabili e dipendono dalla fedeltà tra amici e parenti. Non hanno bisogno di grandi strumenti per la condivisione delle regole, basta la trasmissione orale. - moderna: in queste società gli individui agiscono diretti da un personale e individuale sistema di valori (mediati anche dalla stampa) possono mutare il proprio status sociale. I componenti della società non sono tutti conosciuti, per questo i media iniziano ad essere importanti come strumento che unisce e uniforma le regole di comportamento (le regole si sono fatte più complicate). - post-moderna: in questa società gli individui agiscono diretti da: o pressioni sociali esterne: ci adeguiamo all’opinione dominante o norme di gruppi primari 10 due aspetti nuovi o bisogno di essere conformi ai valori delle reti sociali cui appartengono. L’individuo monitora costantemente il suo interno come se avesse un “radar”. Torna importante appartenere a comunità locali perché è impossibile che ci sia un gruppo di riferimento che contenga tutto il mondo. Quando ad esempio un individuo si trasferisce cerca dei gruppi che condividano con lui alcune esperienze (tutti italiani, tutti trasferiti dall’estero, ecc…) È chiaro che non sono più tribù, però le reti sociali sono molto importanti. Da qui parte Noelle-Neuman a spiegare quello che succede intorno a sé: gli individui temono l’isolamento sociale, perché se ci vengono meno le reti sociali di appartenenza restiamo in difficoltà. Per evitare la condizione di isolamento gli individui monitorano costantemente ciò che gli altri pensano sui temi caldi dell’opinione pubblica. Soprattutto quando si tratta di temi divisivi. È un comportamento molto diffuso nella società contemporanea, spesso evitiamo di dare la nostra opinione prima di aver sentito quella degli altri. Se percepisco che l’opinione dominante non è la mia, tendo ad essere silente. Gli individui monitorano il clima di opinione e individuano quello dominante attingendo ai media e all’esperienza personale opinione pubblica duale. Gli individui nel monitorare il clima di opinione sviluppano una competenza tale che li mette in condizione d valutare se il proprio punto di vista rispetto ad un tema controverso li colloca tra coloro che condividono una posizione maggioritaria o minoritaria. Il risultato della loro valutazione influenza il loro comportamento soprattutto nella sfera pubblica e in particolare attraverso il mettere in mostra o il nascondere le proprie opinioni, per esempio, attraverso l’eloquio o il silenzio. Spirale del silenzio Sopra c’è l’opinione pubblica prevalente: quella intuita dai media, dai social e dai racconti. Allora si danno due casi: - persona a favore che con entusiasmo racconterà il suo punto di vista sentendosi coerente all’opinione dominante, aumentando la percezione che quella sia l’opinione dominante - persona in disaccordo , che percepisce che la sua idea è minoritaria e che esprimerla sarebbe fonte di isolamento, di conseguenza non dirà nulla. Sempre di più si percepirà che l’opinione dominante. In questo processo i media sono strumenti significativi: - rappresentano alcune opinioni come dominanti. Ciò che i media presentano come degno di attenzione e significativo “finisce per imporsi come una seconda forma di conformità sociale, a volte persino in contrasto con la percezione primaria degli orientamenti collettivi”. - Rappresentano alcune opinioni come minoritarie. 11 Le opinioni che scivolano nel silenzio scompaiono o vengono descritte come posizioni minoritarie. Gli effetti: - slcune opinioni appaiono più forti di quanto non siano in realtà, mentre coloro che hanno un’opinione diversa appaiono più deboli di quanto siano effettivamente - il risultato è un’illusione ottica o acustica riguardante la situazione effettiva della maggioranza nel generarsi di un processo di spirale di silenzio. I media degli anni ‘70 - propongono modelli di opinione pubblica consonati e cumulativi (si ripetono racconti simili per tutto il palinsesto - forniscono le argomentazioni utili a sostenere la propria opinione (se appartiene a quella dominante) I media degli anni ‘20 - pur in un contesto mediale diversificato i media continuano ad esercitare una funzione di orientamento riguardo ai temi e alle posizioni dominanti nel dibattito pubblico. “I media quindi possono definire e proporre un’opinione come dominante anche se non lo è” Noelle-Neumann MINORANZE RUMOROSE Elihu Katz: “anche i gruppi minoritari possono generare un effetto di spirale e configurare nuovi movimenti di opinione”. Ci devono essere delle condizioni: - abbiano accesso ai media - abbiano alcune caratteristiche: coerenza e difesa ad oltranza di alcune posizioni. Se succede tutto questo, allora sono in grado di risalire la spirale. Identifica diversi movimenti minoritari: - minoranze rumorose. Adesso invece viviamo in un’epoca di minoranze rumorose, di movimenti che non si limitano a fare proposte più o meno convincenti ma pretendono di imporle con manifestazioni in piazza nelle quali ciò che conta non è la validità della proposta ma il clamore che riesce a suscitare intorno ad essa. Le minoranze rumorose: casi in cui opinioni minoritarie riescono a diventare oggetto di discorso dei media e diventare anche a volte opinioni dominanti - Elihu Katz. Anche i gruppi minoritari possono generare un effetto di spirale e configurare nuovi movimenti di opinione. Purché questo succeda devono verificarsi determinate caratteristiche: Abbiano accesso ai media riuscire a far parlare di sé (televisione, stampa, radio) condizione imprescindibile. 12 La percezione di una divergenza di opinioni genera l’effetto a spirale anche nei social media. Un altro tema di questa ricerca è: quanto le persone credono di essere in grado di monitorare l’ambiente che li circonda? I social media danno l’idea di conoscere meglio le opinioni della propria rete sociale. - il tipico utente di Facebook, che accede al sito alcune volte al giorno, ha la metà delle probabilità di essere disposto ad avere una discussione sul tema Snowden anche in un incontro face to face rispetto a chi non usa i social media. I social media sembrano scoraggiare le prese di posizione pubbliche su temi divisivi e a favorire gli affetti a spirale. Quella del Pew Research Center non è l’unica ricerca svolta su questo tema. Un’altra ricerca chiamata The Spiral of Silence Revisited ha dato questi risultati: - anche nelle piattaforme social I media possono influire (attraverso i profili istituzionali) rappresentando le opinioni dominanti - esistono poi altri modi di monitorare l’opinione tipica dei social media: o click speech i like e le condivisioni così come i commenti degli utenti possono essere strumenti di interpretazione del pensiero della maggioranza (Von Sikorski & Hänelt, 2016) chi teme maggiormente l’isolamento monitora costantemente questi indizi per individuare l’opinione dominante - Isolamento: in caso di espressione di un’opinione dissonante dalla maggioranza dei social media: o Possono verificarsi forme di isolamento offline legate alla sovrapposizione delle reti sociali online e offline o Online l’isolamento si manifesta nella forma dell’hate speech e degli attacchi personali - Fattori intervenienti: o il livello di divisibilità dei temi trattati più sono divisivi e più si verifica l’effetto spirale del silenzio o i soggetti verso cui si esprime il dissenso si crea un effetto a spirale soprattutto quando i soggetti coinvolti sono vicini a chi parla o questo fenomeno è legato alla necessità di conservare la propria affidabilità sociale e non incrinare la propria rete di relazioni - Elementi specifici: la scelta di restare in silenzio quando si esprime un’opinione tiene ampliamente conto anche della percezione della maggior parte degli utenti dei social media. Se si percepisce di fare parte di una minoranza si preferisce restare in silenzio. Uno dei motivi potrebbe essere che è difficile per le persone stimare o prevedere cosa pensano veramente i loro network e come potrebbero agire dopo che è stata rivelata una visione di minoranza. Il ruolo dei commenti: 15 - circa la metà dei lettori di notizie sui social media legge i commenti agli articoli, anche se solo il 14% commenta regolarmente - anche se solo una parte ristretta dei commenti letti dai lettori esprime opinioni, essi esercitano un’influenza rilevante sul modellamento della percezione dell’opinione pubblica o l’ostilità dei commenti online può cambiare la percezione da parte del pubblico dell’articolo stesso, in quanto i membri del pubblico che hanno visto commenti contrari alla loro opinione personale hanno valutato l’articolo come di parte, anche se il contenuto era neutro o la depersonalizzazione dei commenti online fa si che il pubblico sia più propenso a vedere somiglianze tra sé stesso e gli altri commentatori, e quindi è più probabile che sia influenzato da commenti online che da commenti interpersonali. - a causa della loro visibilità massiva, i commenti sulle piattaforme digitali possono avere delle conseguenze maggiori delle opinion espresse a livello interpersonale - negli ambienti online in cui l’opinione pubblica è relativamente uniforme e coesa, il pubblico indeciso tende a conformarsi al parere della maggioranza Dalle altre ricerche sull’opinione pubblica e i social media, abbiamo quella sui BOTs (“Are social bots a real threat? An agent-based model of the spiral of silence to analyze the impact of manipulative actors in social network” European Journal of Information Systems, 2019). Si definiscono social BOT gli account automatizzati su siti di social media che agiscono in modo simile agli esseri umani, mettono like, condividono e pubblicano contenuti e non sono necessariamente riconoscibili come automatizzati agli utenti umani. Tra questi social BOT ce ne sono alcuni tipi progettati per diffondere un’opinione particolare attraverso i loro messaggi e sono quindi pensati per cercare di influenzare le opinioni degli utenti umani. Gli astronauti, una tipologia di BOT, si sforzano di creare l’impressione falsata che le idee o le opinioni date siano sostenute da una larga parte della popolazione. Poiché non c’è praticamente alcun limite al numero di social BOT che possono essere implementati, la conversazione su un argomento può essere inondata di messaggi generati automaticamente che presentano una certa opinione, creando così l’impressione che molte persone abbiano tale opinione. Se i social BOT che sostengono una certa opinione si diffondono all’interno di una rete, ciò può portare alla falsa impressione che l’opinione del BOT sia condivisa da più persone reali di quanto lo sia in realtà. Di conseguenza, le persone che sono d’accordo con questa opinione si sentono più sicuri ad esprimerla pubblicamente, mentre coloro che non sono d’accordo tacciono per paura di essere socialmente isolati. Per tutte queste ragioni possiamo affermare che l’effetto a spirale si crea anche nei social media. Teoria della coltivazione Nasce negli anni 70 la Teoria della coltivazione, di Georg Gerbner: i media contribuiscono alla formazione dell’opinione pubblica attraverso il loro 16 storytelling (The Crown è uno storytelling che contribuisce al racconto della monarchia inglese e alla formazione di un’opinione su quest’ultima). Le storie, proposte e ripetute dai media, si riflettono sul nostro modo di vedere e interpretare il mondo e producono una visione che diventa sempre più omogenea e mainstream. Il nome che Gerbner da a questa funzione che svolgono i media nella società è la funzione bardica, ovvero raccontare le “storie della comunità”. Il “bardo” tradizionale trasformava la vita quotidiana e le sue preoccupazioni in versi, i media trasformano le nostre percezioni della vita quotidiana in un sistema di linguaggio, ovvero ci propongono mondi, comportamenti e atteggiamenti sotto forma di storie che narrano presente e passato. Gerbner si ferma a questa definizione; John Fiske e David Hartley (1978), sviluppano ulteriormente la teoria della coltivazione, individuando le funzioni dei media: - articolare l’interpretazione della realtà - coinvolgere in un sistema di valori, che finiamo poi per condividere - spiegare le azioni dei singoli - rassicurare la cultura della sua adeguatezza o svelarne le inadeguatezze pratiche per farla evolvere - rassicurare che lo status e l’identità degli individui è garantito dalla cultura - trasmettere un senso di appartenenza culturale. Quello che aveva già anticipato Gerbner è che la funzione bardica ha degli effetti positivi ma ha anche degli aspetti negativi, ovvero la diffusione di alcuni stereotipi: - genere/età - salute - scienza - famiglia - educazione - politica - religione - violenza. All’interno della loro programmazione i media trattano temi che sono virtualmente in grado di generare un effetto di coltivazione (a lungo termine) VIOLENZA 1967-1985 Dal 1980 anche il livello di sfiducia nel prossimo e il livello di alienazione (che arriva da contenuti violenti ed espliciti) e depressione degli individui. 1. Es: la situazione dell’uomo moderno sta peggiorando; non è un mondo in cui vale la pena far nascere dei figli; le istituzioni pubbliche non sono interessate ai problemi della gente comune 2. Es: le persone non aiutano gli altri ma pensano solo a se stesse; le persone cercano di trarre vantaggio solo dagli altri e non di comportarsi correttamente; non ci si può fidare della maggior parte delle persone. Uno storytelling che insiste sulla aggressività e sulla violenza coltiva nell’immaginario sociale un’immagine del mondo più rischiosa e aggressiva di quanto sia in realtà. Questi hanno una ricaduta nel campo sociale, cresce il 17 La selettività del consumo è finalizzata a: - ridurre la dissonanza cognitiva - cercare sostegno informativo e rendere più articolata la propria idea - ridurre il costo di elaborazione delle informazioni - Attribuire un giudizio di qualità ai media - Cercare una consonanza con l’audience “media audience homopily” attraverso la selezione ed esposizione di contenuti identitari. Effetti della selettività possono avvenire a livello di contenuto: - Evitare il discorso pubblico e politico o le news - Focalizzare il consumo mediale su specifici argomenti - Privilegiare alcuni media rispetto ad altri perché ritenuti più affidabili - Privilegiare contenuti e media vicini alle proprie posizioni culturali e politiche. ECHO CHAMBERS La rete produce (anche attraverso i social media) una diffusione indistinta di informazioni da molte tipologie di fonti diverse e spesso “disintermediate”. In questo contesto la distinzione tra notizie vere e false è più difficile e l’opinione pubblica si struttura a fatica. Gli individui si confinano in echo chambers in cui trovano conferma e continua ripetizione del medesimo punto di vista (sintonico con il proprio). Tutte queste azioni fanno si che ci costruiamo attorno un mondo fatto di contenuti omogenei, che ci confermano nella nostra opinione, percependo con ostilità chi la pensa diversamente. Questo è il caso del cybercascades, ovvero la promozione di campagne d’odio comunicative verso i “nemici”. Da qui nasce la tendenza all’autosegregazione: difficoltà di dialogo per la ricerca di soluzioni comuni (radicalizzazione delle idee). Influenza sul dibattito pubblico: - la capacità di espressione aggressive e violente di chi è chiuso nelle echo chambers porta i politici a costruire relazioni specifiche con questi gruppi se non ad assumerne le forme comunicative - polarizzazione e contrapposizione tra individui che influenzano anche dinamiche sociali - diffusione e credibilità delle fake news: 2 tipi quella completamente falsa misinformation : quella che storpia l’evento per sfruttarlo a proprio vantaggio (visual). Ad esempio, utilizzare una foto di allevamenti intensivi falsa, per calcare sulla brutalità dell’atto, ecc… Quando una fake news conferma la nostra idea, la diffondiamo per avere ulteriori conferme da parte di altre persone - le echo chambers producono cascade informative che portano a propagare online contenuti che sostengono una specifica posizione. Alcuni studiosi hanno studiato questa situazione in cui i social ci permettono di creare un mondo in cui non mettiamo in discussione il nostro punto di vista, e anzi siamo a contatto solo con soggetti che la pensano come noi. Cass Sunstein: “in una democrazia che meriti tale appellativo le vite, comprese quelle digitali, devono essere strutturate in modo che le persone si imbattano spesso in prospettive o temi che non hanno specificatamente selezionato”. 20 FILTER BUBBLE Le echo chamber sono potenziate dalla presenza delle cosiddette “filter bubble”. Per spiegare cos’è, è stata fatta una ricerca negli Stati Uniti su 10 milioni di utenti di diverso orientamento politico, a ci si è chiesti in che modo la loro esposizione alle social news di differenzia: - la tipologia di amici - i tipi di news condivisi - le modalità di interazione con il newsfeed o la frequenza di connessione o l’interazione con specifici amici o click su link o like a pagine. Le filter bubble sono il mix tra il funzionamento degli algoritmi, la rete sociale che mi sono costruito e le mie pratiche quotidiane di uso dei social; «Meccanismi online di polarizzazione dell’informazione prodotti dalle logiche degli algoritmi nei social media e dai motori di ricerca come Google». The filter bubble, What the internet is hiding from you? - Il fondamento: gli algoritmi ci propongono contenuti che ci piacciono, sulla base di quello che abbiamo già scelto, fatto, o che interessa persone simili a noi. Gli aspetti negativi che vengono messi a fuoco all’interno del libro: - si crea un contesto iper-personalizzato - la selettività è invisibile, perché operata dall’algoritmo e perché gli utenti ne sono spesso inconsapevoli - gli utenti sono passivi perché le logiche di filtraggio non sono note. Tutti questi fenomeni si legano alla misinformation: - circolazione di voci (intenzionale o non intenzionale) di “voci non confermate” che contribuiscono alla costruzione di una credulità collettiva e, alle volte, di una verità credibile e condivisa - è alimentata dal fatto che, nei social media, il flusso di comunicazione visibile attraverso la bacheca di ciascun utente si compone di testi a diverso statuto: articoli prodotti dai media, meme satirici, commenti di persone comuni, opinioni di politici o personaggi pubblici - queste diverse tipologie di testi si succedono senza soluzione di continuità, componendosi in un discorso collettivo in cui la notizia confermata si affianca alla satira (meme) e all’opinione o all’ipotesi formulata senza un vero controllo sui fatti - il fenomeno che l’Oxford Dictionary (nel 2016) ha definito post-verità viene descritto in modo molto simile alla misinformation: tutto ciò che è «relativo o che denota circostanze nelle quali fatti obiettivi sono meno influenti nell’orientare la pubblica opinione rispetto agli appelli all’emotività e alle convinzioni personali» - quando si entra in relazione con fake news coerenti con il proprio punto vista si innescano processi di proattitudinal information (ricerca di informazioni coerenti a conferma, non informazioni veritiere e oggettive) - è possibile incrementare le credibilità delle fake news attraverso l’alimentazione di un processo a cascata tramite political bots Le filter bubble sono anche legate al processo di radicalizzazione. 21 Il processo di radicalizzazione delle posizioni politiche nella contemporaneità fa si che la ricerca di informazioni sia: - partisan – polarizzata - finalizzata a confermare la propria identità - legata all’appartenenza a reti omofile: persone che la pensano simile a me i media dialogando con le audience polarizzate producono contenuti ricolti specificatamente a loro. A questo punto gli altri sono tutti quelli che stanno fuori dal mio mondo di certezze. Quanto più io mi convinco che la mia opinione sia quella giusta, tanto più lego gli altri a un’opinione sbagliata; devo convincerli di quello che è giusto, ovvero la mia idea. EFFETTO A CASCATA L’effetto a cascata descrive come lo stesso contenuto può raggiungere un utente di Facebook (o di un altro social media) attraverso molti flussi di comunicazione, e assumendo forme diverse per ciascuno di essi. 1. condivisione diretta della fonte 2. condivisione di qualcuno che descrive e commenta 3. fonti della fonte che sono state recuperate online L’effetto sulla formazione della rappresentazione della realtà è molto forte. Questo effetto costruisce credibilità poiché la percezione di chi riceve l’informazione è che questa sia confermata e condivisa da molte fonti diverse (anche se alle volte, all’inizio della cascata, c’è un’unica fonte non sempre verificata) “un turbinio di catene tutte iniziate da diverse persone che agiscono indipendentemente e spesso convergono su un gruppo di amici e conoscenti”. Nell’ambito del processo di costruzione dell’opinione pubblica l’effetto a cascata agisce sulla percezione della realtà che ci circonda e delle sue caratteristiche perché contribuisce alla trasformazione in informazione reale delle voci, dei rumors che circolano in rete e alla definizione rilevanza di un tema in base alla quantità di condivisione che ci raggiungono. Coltivazione ed esposizione selettiva sono fenomeni attivi anche nel mondo dei media digitali. Comunicazione digitale e società Tutto inizia negli anni Ottanta: - il pubblico e la comunicazione mediale sono sempre meno di massa - le audience sempre più segmentate per la diversificazione dei canali - i prodotti mediali riescono a soddisfare le esigenze dei singoli - l’offerta mediale si pluralizza e diversifica - il consumo si personalizza: walkman, videoregistratore, videocamera, dispositivi personali e portatili tattili e connettivi, … evoluzione dei device Questa evoluzione avviene in sintonia e in sinergia con l’evoluzione del contesto sociale verso la “Network Society”. Il primo che si occupa di questi temi è Manuel Castells (1996-1998 – The information Age: the rise of the network society), il quale ha una posizione 22 l’effetto a cascata: ho ricevuto questo messaggio tre volte da tre fonti diverse, il che conferma la perenne movimento come singole individualità tra diversi network separati da confini sfumati (fuzzily-bounded networks”. “i confini tra i gruppi sono più permeabili, le interazioni avvengono con interlocutori differenziati, i legami si collocano all’interconnessione di network multipli e le gerarchie (quando esistono) sono meno pronunciate e talvolta ricorsive” (Wellman, 1999). SOCIAL NETWORK REVOLUTION Effetti sul rapporto tra tecnologia e vita quotidiana: - La tecnologia è definitivamente portante e pervasiva. - La possibilità di essere in relazione con le proprie reti sociali è costante nell’ambito della vita quotidiana. INTERNET REVOLUTION Effetti sulla posizione degli utenti nella comunicazione. Le relazioni sono alimentate da nuovi tipi di contenuti prodotti e condivisi dagli utenti che hanno assunto maggiore potere comunicativo. La connective society spinge gli utenti a condividere contenuti per tenere aggiornata la rete social, anche grazie alla potenzialità degli strumenti a ovunque e in qualsiasi momento. In questo tipo di società siamo spinti a pubblicare, diventa una necessità. MASS SELF COMMUNICATION All’interno della rete di realizza una comunicazione che: - Potenzialmente è ancora di massa - Caratterizzata fa forme del contenuto nuove (post meme): ha contenuto culturale e diversi generi comunicativi (TikTok) - Autogenerata (contenuti), autodiretta (emissione), autoselezionata (ricezione): parte di comunicazione generata dagli utenti, in cui decidono a chi è rivolta (in che piattaforma condividere), in cui sono attori per processo di selezione (cosa guardare) - Molti a molti. Questo tipo di comunicazione è chiamata mass self communication (autocomunicazione di massa), nella quale gli utenti sono coinvolti in un processo di comunicazione individuale, ma che ha ancora ancora delle caratteristiche di comunicazione di massa (può essere visto da chiunque). Dentro questa comunicazione quelli che prima erano ricettori ora sono anche attori. Nuovo senso della posizione nella comunicazione: - da oggetto (destinatario) - a soggetto (emittente e destinatario) - in grado di raccontarsi, autorappresentarsi, essere esposti a commenti. I contenuti destinati alla comunicazione di massa che fruiamo attraverso le piattaforme social sono le pubblicità (promozione dei prodotti), tutte le iniziative della campagna elettorale (leader di partito che si sono improvvisati tiktoker), le news (tutte le grandi testate giornalistiche che hanno profili social. Queste forme di comunicazione di massa si mescolano insieme ai professional generated content (influencers, creators, …) e ai contenuti degli utenti comuni. Nuovo senso della posizione nella comunicazione consapevolezza di avere un nuovo ruolo comunicativo nella società. 25 Nuovo senso della posizione della comunicazione: - tematizzazione generalizzata del quotidiano “non esiste ambito sociale che non sia comunicabile in modo istantaneo all’interno delle reti di comunicazione, al punto che i vissuti quotidiani tendono ad essere tematizzabili come fatti pubblici”. Esempio: Fedez mostra la sua ferita chirurgica post-intervento (messa in scena pubblica delle questioni private). La valutazione sull’opportuno o inopportuno è individuale, quello che ha generato la pubblicazione di queste foto è stato questa abitudine che abbiamo di poter usare dei fatti privati per parlare di questioni pubbliche, affiancata dal fatto che non ci scandalizziamo (sensibilizzazione, no discriminazione, tematizzazione). SINTESI: la cultura della connessione che si genera nella connective society è una cultura in cui le strutture dei social media sono entrate gradualmente al centro delle nostre routine e pratiche quotidiane. È una società connotata dal web 2.0, l’infrastruttura digitale su cui poggia. Web 2.0, Tim O’Raily: - è un insieme caratterizzato da un insieme di piattaforme (social) che non sono siti web ma funzionano soltanto se gli utenti le riempiono di contenuti - Queste piattaforme funzionano meglio se gli utenti le usano (instagram senza contenuti non esiste, è inutile) condizione di esistenza sono gli utenti che condividono (costante pressione a produrre contenuti) - Wikipedia: se nessuno la scrive non esiste - Fiducia negli utenti di queste piattaforme, che le aggiornano - Il motore che fa funzionare queste piattaforme sono i dati che lasciamo, oltre agli utenti (amazon mi consiglia cosa comprare grazie agli acquisti precedenti e agli acquisti di coloro che hanno le mie stesse abitudini d’acquisto). Le piattaforme funzionano al meglio quante più persone lo usano perché senza di noi non esistono, si basano sulla fiducia reciproca, il capitale che queste piattaforme accumulano è fatto di dati (risorsa che gli consente di funzionare bene). Il resto delle informazioni sono utili a quegli anni, ma sono ormai inesistenti. 26 Elementi costitutivi ed effetti sociali delle piattaforme 2004 - entriamo in una rete in cui i siti web vengono mantenuti ma vengono introdotte le piattaforme del web 2.0 che introducono questi concetti nuovi, che sono l’idea che queste piattaforme esistano e funzionino bene grazie al contributo degli utenti. 3 sviluppo del web - frattura ancora più radicale di quello che può essere una ulteriore cambiamento del web 2.0 - platformization (piattaformizzazione) del mondo della rete e della società, ci troviamo a vivere in un contesto in cui queste hanno una importanza dominante, strumenti che utilizziamo attraverso il mobile per gestire la nostra vita quotidiana. Il grosso passaggio che si è compiuto nell’ultimo decennio è il legame con le piattaforme digitali, nel modo e nella forma in cui sviluppiamo attività della vita quotidiana. Elementi costitutivi: 1. I dati A. Le piattaforme raccolgono automaticamente grandi quantità di dati relativi a contenuti prodotti e circolanti e relativi a comportamenti degli utenti per migliorare i servizi che offrono, ottimizzazione dell’offerta a e del marketing delle piattaforme, poi diventa una raccolta che può avere effetti sui consumatori. Senza questi dati non riuscirebbero a fornire questi servizi. B. Raccolta è consentita e modellata da hardware e software a. dai device utilizzati per accedere che incorporano software e app che raccolgono i dati; b. dai click del mouse (indirizzi, geolocalizzazione e interessi) - ogni volta che facciamo click o selezioniamo qualcosa stiamo lasciando una traccia (digital footprints) c. dai social buttons (bottoni che permettono di condividere contenuti su diverse piattaforme) e dai pixel (piccoli semi frammenti di software che si agganciano alla nostra identità digitale). Le piattaforme cercano di inglobarci in un sistema unico. Un altro strumento è l’indirizzo IP che corrisponde al device con il quale accediamo. I pixel si agganciano all’indirizzo IP o a account. d. Pixel: 1. (es. Cookies, acettarli per accettare che questi ci seguano per un certo tempo dopo che siamo usciti dal sito - cookies di prime parti = se li tiene lui; cookies di seconde parti - dati vengono condivisi con il sito e con una rete di siti che sono in uno stesso gruppo; e terze parti - vengono condivisi con diversi siti web e possono essere 27 Contenuti, informazioni, prodotti culturali circolano e raggiungono gli utenti attraverso le piattaforme, che diventano: Luoghi dove si negoziano le regole di convivenza: “mixandole in modo crescente con norme sociali e socio-tecniche create negli ambienti online” Van Dijck – 2013. Sono senza soluzione di continuità: il mondo online e offline si mischiano, influenzando la nostra vita quotidiana. Le regole che utilizziamo nel mondo online vengono utilizzate nel mondo offline. Esempio: il tempo di risposta online, un lungo tempo di risposta è percepito come indifferenza; questo si trasla offline come un bisogno di risposte immediate e di feedback. Anche la privacy è cambiata: cosa è mio e cosa rendo pubblico. È aumentato il controllo della propria immagine e privacy, ma si sono anche allargati i confini della nostra privacy: quello che pubblichiamo spesso rientra nella sfera del privato (spazio ibrido). 3. Effetto di collasso dei contesti: Dana Boyd. Quando comunicando attraverso i social perdiamo il controllo dei confini della nostra audience, non conosciamo tutti gli interlocutori a cui stiamo parlando e che appartengono a sfere sociali diverse. Dovremo mantenere una comunicazione neutra per tutti, ma spesso è impossibile: per questo i contesti collassano e adotto stili comunicativi non prendendo in considerazione le diverse sfere. In questo modo le relazioni si appiattiscono in un unico tono comunicativo medio. Facebook, per esempio, aveva creato delle liste, modalità per mandare messaggi in modo selettivo (gruppo lavoro, gruppo amici stretti, ecc). Le regole di convivenza che esistono online si negoziano tra bisogni degli utenti, accoglienza da parte degli utenti delle affordances e coevoluzione rispetto alle regole della vita sociale. Possiamo analizzare tre processi che sostengono gli effetti sociali. Le affordances offerte dalle piattaforme contribuiscono a modellare la socialità online (e offline): - Datafication: codifica dei comportamenti e delle emozioni per poterle standardizzare ed elaborare in forma di dati. Le piattaforme ci danno codici per relazionarci con gli altri (siamo influenzati dalle grammatiche imposte dalle piattaforme). Più i nostri comportamenti sono standardizzati, più i possono essere raccolti sotto forma di dati e, successivamente, venduti. Quanto più ricca è la gamma di emozioni che possiamo esprimere sulle piattaforme, più la lettura dei nostri comportamenti è precisa: funziona rispetto alle relazioni interpersonali e nei confronti delle imprese. o Sharing and following: strutturate attorno ad azioni precodificate (espressioni delle emozioni, pratiche come il follow, il tag o lo share). Seguire qualcuno rivela un interesse ed è un tipo di gestualità che fa nascere una relazione di amicizia o sentimentale che prima non esisteva (Come esprimo interesse per una persona? La seguo su instagram). Sono dinamiche relazioni introdotte dalle piattaforme. Il tag è un modo far capire che tengo al fatto che le persone sappiano con chi sono. Instagram ha inserito la possibilità di essere seguiti senza seguire, prima con Facebook non era possibile. Siamo abituati a sapere di essere osservati da qualcuno senza che ci sia reciprocità 30 (consapevolezza di essere on stage): questo cambia il modo di rivolgerci alla nostra audience. Il fatto che nelle piattaforme il following sia la logica dominante (seguo qualcuno, anche senza che lui segua me), cambia il modo con cui noi ci percepiamo nei confronti con gli altri. Costruisce una società con molti tratti performativi, in cui non ci sono relazioni interpersonali ma l’audience. - Mercificazione: trasformazione di contenuti ed emozioni in merci che possono essere scambiate all’interno e all’esterno delle piattaforme. Se posso codificare le relazioni in modo preciso, gli spazi pubblicitari sui social sono più costosi (lucrare sui dati raccolti). - Selezione: gli utenti vengono indirizzati verso specifici contenuti e oggetti secondo un principio di data driven ovvero alimentato dal flusso di informazioni originato dagli utenti. Le piattaforme si fanno strumento principale di selezione dei contenuti. I MECCANISMI DELLE PIATTAFORME: DATIFICAZIONE La datificazione è uno dei meccanismi che determinano gli effetti sociali delle piattaforme viste precedentemente. Le piattaforme funzionano grazie alla raccolta di dati. Essere davanti a processi di datificazione significa che ci sono aspetti del mondo che non erano mai stati quantificati in modo sistematico, ma oggi vengono trasformati in dati (dove siamo nello spazio, come paghiamo, …). Quasi tutti gli aspetti del mondo in cui viviamo, della nostra vita quotidiana, possono essere quantificati e trasformati in dati. Le piattaforme hanno a disposizione i dati come risorse primarie per: - sviluppare tecniche di analisi predittiva in tempo reale: distribuire pubblicità e servizi personalizzati. Analisi predittiva nel marketing: utilizzo di dati, algoritmi statistici e tecniche di apprendimento automatico che permettono di identificare con maggiore precisione la probabilità di avvenimenti futuri (e dunque di risultati) sulla base dell’analisi di dati storici. Sono modelli predittivi basati sulla segmentazione dei clienti in funzione di diverse variabili; sulle previsioni di comportamento; sulle raccomandazioni di prodotti, servizi e pubblicità. Queste tecniche sono utilizzate su diversi temi, non solo i comportamenti di acquisto. - raccolta di dati (in tempo reale) o Pratiche standard datificate (Big Five): richeste di amicizia, like, condivisioni, valutazioni, suggerimenti o Pratiche standard datificate (di settore): gioco, affitto, guida, apprendimento, acquisto Esempio: la datificazione del like Quando metto like, nel news feed dell’utente si vede: metriche dell’oggetto a cui si è messo like. Facebook incorpora l’informazione e include nelle metriche dell’oggetto a cui si è messo like (se far vedere più spesso il post, a chi farlo vedere, ecc). Facebook insight: dati visibili agli utenti finali, ma visibili ai social media manager (sono strumenti funzionali a questo ruolo). Il mio like diventa parte di un set di dati aggregati dalla piattaforma, visibili solo ai gestori della Facebook In. o Standardizzazione: i dati-segnale raccolti devono essere standardizzati per poter essere elaborati e così le azioni possibili: 31 vota, rispondi, commenta, condividi, apprezza, aggiungi agli amici, segui - circolazione dei dati: piattaforme di settore, siti e app (accesso, remix e trasformazione dei dati per nuove applicazioni). Tipicamente i dati messi a disposizione sono quelli di geolocalizzazione. Una terza piattaforma può usare le mappe, i luoghi, per esempio per geolocalizzare i suoi servizi, arricchire i contenuti in base al luogo ecosistemi che partecipano all’economia della piattaforma. Gli utenti della piattaforma possono vedere: insight sul proprio profilo, attività di amici e followers, consumi simili, valutazioni. I MECCANISMI DELLE PIATTAFORME: SELEZIONE I contenuti a cui gli utenti accedono sono frutto di un processo di selezione basato su utenti e algoritmi (al posto di esperti professionisti). Sicuramente siamo davanti a un sistema di media algoritmici, la circolazione dei contenuti è dominata da sistemi di filtro. Selezione di piattaforma: la capacità delle piattaforme di attivare e filtrare l’attività dell’utente attraverso le interfacce e algoritmi, gli utenti, interagendo con le piattaforme, possono condizionare la visibilità e la disponibilità online di determinati contenuti, servizi o persone. L’utente inserisce degli input, in termini di like, commenti e azioni gli algoritmi elaborano gli input sulla base di logiche prefissate. È un rapporto vicendevole, di scambio continuo di informazioni tra i due, diventando un meccanismo circolare. La selezione di piattaforma non è prevedibile perché gli algoritmi agiscono in combinazione con le azioni degli utenti. Rispetto al processo di selezione algoritmica c’è un problema di trasparenza: noi vediamo quello che facciamo e vediamo il risultato (quello che ci viene fornito in risposta). Apparentemente percepiamo questa selezione come guidata dalle nostre scelte, in realtà il passaggio tra questi algoritmi non è trasparente perché questi sono come delle scatole nere (black box): ne conosciamo il funzionamento in ingresso e in uscita, ma non le logiche interne. Ci sono diverse tipologie di selezione algoritmica: 1. personalizzazione Sulla base dell’analisi predittiva, a partire dalle azioni passate di interessi, desideri, esigenze di ciascun utente gli algoritmi restituiscono risponde con offerte coerenti. La personalizzazione si basa anche sull’affinità: prossimità con la propria rete sociale, con le persone che segue, alle pagine e ai gruppi. Considera anche azioni e preferenze di gruppi più ampi. 2. reputazione e trend Le piattaforme modellano il flusso delle informazioni tenendo in considerazione questi due aspetti. 32 Sono un programma di hosting che consente agli editori di estendere le campagne pubblicitarie o ti attivarne di specifiche riduce il controllo degli editori sul rapporto con l’audience. Sono vantaggiosi per le piattaforme perché mantengono gli utenti sulle stesse e permettono loro di controllarne i dati. Oggi una forma di presentazione giornalistica che può essere fruita per intero attraverso la piattaforma social sono i video brevi: sono contenuto giornalistico prodotto a livello professionale da una testata, secondo un linguaggio nativo, che viene fruito per intero attraverso la piattaforma social senza bisogno di spostarsi sul sito del giornale. - Facebook news: sezione dei social network che diffonde articoli della stampa. Notizie scelte in base a ciò che gli utenti leggono e condividono. Notizie del giorno, selezionate da un team di giornalisti assunto dalla compagnia. Flusso personalizzabile. gli editori aderiscono a Facebook news e i loro contenuti entrano nel flusso. gli editori guadagnano sulla base delle visite o delle pubblicità presenti sulla piattaforma. Tra le due formule, quella degli instant article è rimasta sottotono, mentre la strategia di rete che vede le piattaforme rete come aggregatori ha avuto più successo. Nuovo ruolo editoriale delle piattaforme I contenuti informativi sono contenuti di rilievo per gli utenti, per questo alle piattaforme social interessa entrare in questo settore (soprattutto durante la pandemia). Social media: “applicazioni di internet che si basano sui fondamenti tecnologici del web 2.0 e che permettono la creazione e lo scambio di contenuti generati dagli utenti”. Questa emergenza sanitaria ha determinato un’evoluzione fondamentale nel modo con cui le piattaforme social hanno gestito il loro rapporto con la natura editoriale dei contenuti che pubblicano e l’informazione. Si tratta di un cambiamento che ha riguardato tutte le piattaforme a maggiore diffusione mondiale da cui sarà difficile tornare indietro. Partiamo dall’idea che queste piattaforme siano social media, però ora è successo qualcosa che ha cambiato i social. Dobbiamo fare un passo indietro per capire questo cambiamento: dobbiamo tornare allo scandalo di Cambridge Analytica. Il 17 marzo del 2018, Christopher Wylie rilascia dichiarazioni a testate giornalistiche britanniche molto importanti, lasciando trapelare delle indiscrezioni circa un uso improprio fatto delle piattaforme social durante la campagna elettorale di Trump del 2016, soprattutto Facebook. Quello che dice Wylie è “L’azienda Cambridge Analytica avrebbe sfruttato i dati personali di oltre 5 milioni di utenti di Facebook al fine di tragettizzare e ottimizzare al massimo la portata della propaganda politica di diverse campagne elettorali, compresa quella per l’elezione di Trump nel 2016”. Cambridge Analytica è una società di consulenza politica britannica spin off dell’università di Cambridge (nata dall’università). 35 Lascia intendere che i dati personali di questi utenti sono stati utilizzati, in modo improprio, per rendere più efficace una campagna elettorale e favorire un candidato a sfavore di altri. L’esito di queste dichiarazioni è che le azioni di borsa di Facebook crollano, ed è l’inizio dei problemi economici che Meta ha tuttora. Premesse: È possibile usare la psicometria per calibrare e rendere più efficaci i messaggi che vengono inviati a un pubblico. Cambridge Analytica vuole realizzare un progetto basato sulla psicometria: si profilano persone con profili psicologici diversi e, in base a questi, come le persone percepiscano dei messaggi in modo diverso da altri. Il primo passo Questa società ha bisogno di dati per sviluppare questi profili; quindi, affida a un suo collaboratore l’ideazione di un sistema per rilevare più dati possibili usando anche le piattaforme digitali. Aleksandr Kogan (ricercatore dell’Università di Cambridge) crea una società d’appoggio, Global Science Research, e crea un app “This is your digital life” che sembra un gioco: - L’utente risponde alle domande e ottiene un suo identikit digitale (associandolo a pietre preziose) - Kogan accumula dati (ufficialmente per fini scientifici) e li passa a Cambridge Analytica. Il bug Nel 2013, quando vengono raccolti i dati, i Tos (terms of service) di Facebook non impediscono che terze parti raccolgano dati sia sui soggetti che hanno dato l’autorizzazione sia sui loro amici e contatti in Facebook. Quello che avviene non è illegale, ma senza l’autorizzazione degli utenti, i dati vengono venduti a terzi. E’ stata oggetto di raccolta anche la rete di conoscenze degli utenti che hanno fatto il quiz, per un totale di 87 milioni di utenti (di cui 37 milioni inconsapevoli). Secondo step Aleksandr Kogan cede i dati raccolti a Cambridge Analytica che li usa per elaborare i profili psicometrici degli utenti che hanno aderito al test: - L’affiliazione per partito - I soggetti più sensibili a certi tipi di campagne - I temi più efficaci pei i singoli. Tutto questo lavoro è funzionale alla campagna elettorale di Trump. Vengono inviati ai cittadini statunitensi messaggi di propaganda elettorale calibrati sui loro profili psicografici, così da essere più persuasivi. Problema La raccolta dati: Facebook è una piattaforma di comunicazione politica per cui l’uso dei dati a fini elettorali non è inusuale, né illegale purché i dati siano raccolti legalmente. Invece, in questo caso, le cose si sono svolte in modo non trasparente. I dati sarebbero stati raccolti senza la consapevolezza degli utenti (soprattutto quelli degli amici e amici di amici); senza che gli utenti si rendessero conto di quante informazioni stavano cedendo e come lo stavano facendo. Gli scopi per cui i dati sono stati raccolti non erano stati dichiarati. 36 Ma perché lo scandalo ha toccato Facebook principalmente? Facebook sarebbe stata a conoscenza dell’utilizzo illegittimo dei dati dei suoi utenti (tanto che nel 2016 ne aveva chiesto la cancellazione). Facebook non avrebbe informato gli utenti dell’uso illegittimo di dati di cui era a conoscenza. Quello di cui viene accusata Facebook è di non aver vigilato i dati dei propri utenti. Step 1 Zuckerberg all’inizio si assume la responsabilità dell’accaduto: “è stato un mio errore e mi dispiace. Io ho creato Facebook, io lo gestisco e io sono responsabile di ciò che accade”, aggiungendo di aver già risolto il bug e che non succederà più. Step 2 Le indagini su Facebook non finiscono. Zuckerberg alza un po’ il tono, ribaltando anche sugli utenti la responsabilità, affermando che se decidi di condividere determinate cose è ovvio che siano pubbliche. “Il nostro operato è corretto sulla base dei Tos: ci sono molti pregiudizi su ciò che facciamo che non siamo riusciti a chiarire per anni. Quindi, innanzitutto, la stragrande maggioranza dei dati che Facebook conosce su di te è perché hai scelto di condividerlo. Ci sono altre società Internet o broker di dati o persone che potrebbero provare a tracciare e vendere dati”. Step 3 Mette a disposizione una pagina per controllare se le proprie informazioni sono state condivise con Cambridge Analytica e un pulsante per rivedere quali app accedono al profilo. Facebook segnala direttamente agli utenti italiani coinvolti che i loro dati sono stati usati da Cambridge Analytica. Step 4 La richiesta di misure più stringenti per la privacy sui social e più trasparenza si è tradotta nel chiederci di autorizzare la gestione dei dati e nel meccanismo di protezione dei dati che le aziende devono mettere in atto. Zuckerberg: “noi non produciamo i contenuti”, “io considero Facebook una tech company e non una media company, perché è vero che siamo responsabili del contenuto, ma non lo produciamo noi” le persone hanno dichiarato che ci danno la proprietà dei loro dati e noi a questo ci atteniamo, sono loro che li rendono pubblici. Negli stati europei ci sono le norme GDPR: Facebook non può sottrarsi a queste norme. 37 1. Fino all’inizio di marzo le campagne hanno messo al centro: o il virus o le sue caratteristiche o le forme di prevenzione. Dopo il 10 marzo l’attenzione di sposta sui cittadini e sull’ulteriore evoluzione della loro vita quotidiana (protezione, responsabilità, solidarietà, cura di sé, coesione) 2. la comunicazione delle istituzioni si concentra in alcuni temi chiave: responsabilità collettiva verso gli altri in generale (altro generalizzato e paese) e responsabilità individuale (verso Natale). In sintesi: - Le istituzioni hanno svolto un ruolo importante, anche attraverso le campagne social, nel costruire la narrazione condivisa del vissuto e delle modalità di attivazione nel corso della pandemia. - Le due ondate sono state caratterizzate da andamenti differenti: Un investimento più trasversale nella prima che ha visto, nella seconda, restare attive nelle campagne solo alcune istituzioni. Una progressiva focalizzazione dei valori condivisi sul tema della responsabilità individuale (e collettiva) verso “gli altri”, il contesto sociale e ambientale, una generica lotta al virus. - La quantità di condivisioni su Facebook di alcuni post conferma: L’engagement costruito sulla responsabilizzazione individuale verso la collettività viene recepito positivamente e “fatto proprio” dagli utenti e dalle piattaforme I social media non vengono percepiti dagli utenti come piattaforme secondarie nella co-costruzione di una sensibilità collettiva e di una narrazione della realtà. La datification delle news La circolazione delle notizie attraverso i social media è sempre più tracciata - attraverso sistemi non specifici: Panel Meterizzati (Nielsen): individuano panel rappresentativi di persone disponibili a installare software che registrano il loro percorso online. Dati che provengono dai web server (Google Analytics): i risultati dei motori di ricerca Dati che provengono dalle piattaforme relativi all’engagement del pubblico (Facebook Analytics): post con più engagement (click, like, commenti. 40 L’insieme dei tre pacchetti di dati sono un elemento fondamentale su cui si basano le testate giornalistiche per la proposta e l’impaginazione delle news. L’informazione è data driven: le scelte editoriali si basano su queste analisi. Non abbiamo una pagina che in automatico mi manda le cose più gettonate e apprezzate; qui abbiamo una redazione che sceglie cosa proporre al pubblico usando questi dati come strumento di orientamento; - attraverso sistemi specifici: Pre-test di titoli e formati: la pagina è composta in base ai feedback Test di viralità Tracciamento della diffusione delle news nelle diverse piattaforme. Produzione data-driven dell’informazione pressione a produrre contenuti che sollecitino l’engagement. Supportare il processo decisionale con i dati: - Al posto di decisioni editoriali basate su un’autonoma valutazione giornalistica - Decisioni editoriali basate sulla richiesta di utenti quantificati. Questo meccanismo genera un privilegio accordato alle news originali e controtendenza, un faro informativo diverso (quello che vediamo nelle piattaforme social). Per questo motivo la redazione è vincolata al raggiungimento di certe performance, quindi scegliendo notizie che funzionino in termini di engagement. Testate data-driven @will_ita pagava i giornalisti in base a quanto le persone apprezzano il tuo articolo; spingeva alla scrittura di articoli sempre più forzati (provocatorio, controtendente). È un meccanismo che si è innestato nella scrittura de giornalismo per le piattaforme social. È una testata comunitaria, che si da degli obiettivi (generare consapevolezza sui grandi temi del nostro tempo). Le testate native, anche perché spesso sono data-driven, sono molto spesso comunitarie che fanno riferimento a una posizione culturale (raramente superpartes o oggettive). Non è sbagliato informarsi con queste testate, tenendo presente che sono comunitarie (precisa impostazione ideologica). Le testate native digitali sono molto spesso comunitarie. Ospitano il lavoro di giornalisti, spesso giovani, specializzati e formati per fare questo lavoro. Le due caratteristiche che ha l’informazione che circola su queste piattaforme sono quella di essere data-driven e quella di essere comunitaria. Case history – la costruzione delle fake news Il caso di Austin – Texas Il clima nel 2016 è molto teso per la campagna elettorale. Trump ha iniziato a far girare la voce che le manifestazioni in disaccordo con la sua candidatura siano organizzate dal partito democratico. - 9 novembre Erik Tuker (40 follower su Twitter) mette online un tweet in cui ipotizza che I manifestanti anti-Trump che si erano raccolti ad Austin non fossero spontaneamente, ma che fossero stati portati con dei pullman dai sostenitori del candidato democratico. Dopo alcuni giorni il suo tweet era stato condiviso 16.000 volte su Twitter e più di 350.000 su Facebook. Il problema è che il tweet si basava su una interpretazione errata dei fatti. 41 Siamo davanti a un caso di misinformation, non di fake news l’obiettivo del soggetto era scrivere il tweet per i suoi 40 followers, il suo obiettivo non era diventare virale. L’affermazione si basa su una rapida ricerca su google (ha cercato al semaforo gli eventi in quella città e il primo che ha trovato l’ha pubblicata) e sulla mancanza di tempo per fare verifiche più approfondite. Il tweet venne condiviso da un gruppo di supporter di Trump attraverso Reddit a sostegno della teoria che le manifestazioni anti-trump sono sostenute dai democratici. Il post di Reddit viene condiviso all’interno di un forum di conservatori Free Republic. - 10 novembre Al forum hanno accesso diversi personaggi politici conservatori che condividono il link attraverso le loro pagine Facebook. Questi post vengono condivisi più di 5.000 volte, e più di 300.000 utenti di Facebook condividono a loro volta il link al forum. 3 flussi: 1. Il manager della compagnia di autobus inizia a ricevere mail e telefonate in cui le vengono chieste delle spiegazioni 2. Un reporter della Fox TVchiede un’intervista per un servizio televisivo allo stesso manager sul sito locale viene pubblicata la smentita 3. I social media: la diffusione dell’informazione cresce attraverso Facebook (Right Wing News) e blog (Gateway Pundit). La manager della compagnia dei bus afferma di non aver affittato i pullman ai democratici, ma a un’azienda di software per una convention interna (non presente online). I flussi divergono: - Il tweet originale continua a diffondersi attraverso i social media - La comunicazione die media continua con interviste ai protagonisti (il manager di Tableau Software) diffuse attraverso emittenti locali o siti web di quotidiani locali - Tucker e alcuni siti di confutazione di bufale online pubblicano rettifiche - Tucker condivide attraverso Twitter un link al suo blog in cui descrive come si sono svolti realmente i fatti. Condivide anche il suo tweet originale con sovrapposta la parola: FALSO. Ma tutto questo non serve a niente, perché i flussi in cui si è inserito il tweet non sono gli stessi a cui arriva la smentita (reti locali). - 11 novembre L’informazione che continua ad essere diffusa attraverso le principali pagine dei conservatori è quella originale di Tucker (declinazioni della stessa notizia, che la fa sembrare vera). Tucker cerca di rimediare ma il suo nuovo post riceve 25 like e 27 retweet. La diffusione del tweet originale alla fine raggiunge 16.000 retweet. La confutazione dell’informazione da parte del sito Snoper viene condivisa 5.800 volte. 42 2. normativa: sulla base delle relazioni con il soggetto, lo si può definire espressione di valori o status desiderabili; fiducia basata sulla stima e il rispetto insieme di valori che il soggetto rappresenta 3. affettiva: le relazioni con il soggetto hanno permesso lo sviluppo di una relazione affettiva; fiducia basata sull’identificazione e sulla famigliarità hanno cura di rappresentarsi in dei momenti meno aspirazionali e più intimi (Chiara Ferragni) Questi tre tipi di credibilità possono combinarsi realizzando il massimo della credibilità (continuità e costanza della relazione). Non sempre i tre questi livelli entrano in gioco tutti insieme: escludendo gli influencer che utilizzano anche la dimensione cognitiva, per quanto riguarda la comunicazione sui social media la dimensione cognitiva è quella che entra meno in gioco nell’attribuzione di credibilità. Le news mi arrivano da vari soggetti (non so chi ha scritto l’articolo) allora si punta sulla credibilità di tipo normativo (se mi paiono affini al mio sistema di valori), o di tipo affettivo (se chi l’ha postato lo conosco). Due radici di credibilità: - la radice normativa: sostenuta dall’omofilia delle reti - la radice affettiva: sostenuta dalla frequenza delle relazioni mediate che si instaurano soprattutto all’interno delle reti omofile che le sostengono. La propagazione della credibilità all’interno dei social network è stata descritta come “simile al passaparola” (Serchan e Nepal, 2013). Si basa anche sulle forme di accreditamento con cui un individuo proietta la sua credibilità su un altro. Presentazione di un amico a un mio amico (Friend Of A Friend) in cui parte della propria credibilità viene trasferita sull’altro (ampia capacità di circolazione). Nei social media attraverso le FOAF (Friend Of A Friend network), la credibilità si propaga verso altri utenti che non si conoscono sulla base del numero di amici che hanno già attribuito loro credibilità e fiducia. Un membro di un social media può attribuire fiducia e credibilità a un soggetto che non è direttamente connesso con lui sulla base delle raccomandazioni di diverse altre catene di amici. La fiducia è composta combinando diverse catene fiduciarie. Fiducia e attuale sistema mediale Tutto questo influisce con il nostro rapporto con i media, perché vivere in un contesto in cui le forme di credibilità più diffuse sono quella normativa e affettiva ricade sul nostro rapporto con i media. Gli viene attribuita una fiducia sistemica: il sistema dei media agisce seguendo routines e automatismi affidabili mi fido perché la testata giornalistica, se non c’è stata una verifica di fonti e notizie, non pubblica. Credibilità cognitiva e normativa personale: credibilità della fonte (il giornalista) in quanto esperto e coerente con il suo ruolo o perché incarna un set di valori. Credibilità affettiva personale: credibilità del mediatore (ad esempio chi condivide una notizia) perché con lui si ha una relazione affettiva. La credibilità si basa sull’affettività e sull’omologia. Una verità credibile e condivisa 45 La costruzione di una verità credibile e condivisa si basa su alcuni meccanismi tipici della comunicazione attraverso i social media (e le piattaforme digitali come i blog o i forum). Gli utenti dei social media possono essere raggiunti dallo stesso contenuto che proviene da diverse fonti e, di conseguenza, percepirne una grande rilevanza (data dalla frequenza della visualizzazione) e credibilità (accumulando la credibilità delle diverse fonti). I contenuti che fluiscono tra le reti di amici che comunicano frequentemente attraverso i social media (con like, commenti, condivisioni) possono godere della fiducia relazionale e della percezione di essere parte di una identità condivisa che li caratterizza. Le catene di amici di amici basati sulla credibilità normativa o affettiva, quando sostengono la circolazione di un contenuto caricano quel contenuto della credibilità dei singoli e della catena di amici. Piattaformizzazione della salute Le piattaforme (Big Five e piattaforme di settore) stanno diventando un attore importante all’interno della gestione della salute, nella contemporaneità. Stanno diventando un intermediario tra le persone e gli istituti che si occupano effettivamente della salute. Una è certamente Apple, che essendo un produttore di hardware, si sta proponendo come un soggetto, uno snodo, nei processi di gestione della salute delle persone (wearable devices). Adesso anche Samsung sta cercando di promuovere questi dispositivi. Anche le piattaforme di settore si stanno muovendo in questa direzione. Ad esempio: patch per diabetici (con ago), che permette di monitorare tramite smartphone il livello di glucosio nel sangue in qualsiasi momento, avvisandomi se è troppo alto (forma di tutela). Passo oltre rispetto al mettersi l’Apple Watch integrazione della fisicità delle persone. L’evoluzione di questo patch, lo propone come utilizzabile da chi non ha il diabete perché monitora il metabolismo in generale (non riguarda solo chi ha una determinata patologia). Il modello di funzionamento è duplice: - offerta diservizi personalizzati, data-driven ai clienti: monitoro il battito cardiaco, ti dico quando devi alzarti che stai troppo seduto, ti dico se hai camminato abbastanza. Ho dei dati, li elaboro e te li restituisco medicina personalizzata - raccolta di dati scientifici utili e funzionali alla ricerca: le piattaforme stanno diventando un interfaccia tra le persone e la loro salute e sono strumenti funzionali alla ricerca, a disposizione delle istituzioni privatizzazione di dati pubblici (i dati della ricerca sono raccolti dalle piattaforme in forma di big data). In entrambi i casi si pone un problema di privacy. Il modello delle app per la salute: - promesse: soluzioni personalizzate (dalla perdita di peso alla gestione dei sintomi del parkinson) e sostegno della community in cambio della cessione dei dati personal e costruzione di una maggiore conoscenza e consapevolezza sulla malattia logica della personalizzazione e logica wiki tutti gli attori contribuiscono al bene comune, dal quale tutti traggono un uguale beneficio. 46 Le Big Five forniscono l’hardware per la gestione della salute e contemporaneamente di fornire le infrastrutture alle piattaforme di settore. Inoltre, vendono le app, consigliando anche le migliori. Spingono verso forme di monitoraggio costante. Le big five sviluppano le piattaforme per la raccolta e gestione dei dati (Google Cloud HealthCare & Life Sciences). Le istituzioni pubbliche diventano imprese economiche complementari rispetto a cui le piattaforme fanno da connettori con i “clienti” “pazienti” finali. Ad esempio, 23andMe è una società che ha creato un kit per conoscere le radici della propria persona. Affinché gli scienziati e i ricercatori accelerino i miglioramenti degli standard dell’assistenza sanitaria hanno bisogno di grandi set di dati da tutti noi. La tua partecipazione alla ricerca potrebbe contribuire a realizzare scoperte scientifiche che consentono prevenzione delle malattie, migliori terapie farmacologiche, nuovi trattamenti delle malattie, e soprattutto l’introduzione di terapie genetiche. Una volta acquistato il tuo kit potrai scegliere di unirti a questa rivoluzione della ricerca. Le Big Five connettono i pazienti, diventano un importante strumento di networking per chi condivide una condizione particolare di salute. Nel connettere le persone mettono. Disposizione tutte le loro risorse, datificando la loro condizione di salute (non connettono le persone solo per la connessione in se, ma per datificare la malattia). “La datificazione delle malattie personali dei pazienti prende forma sia come informazione strutturata (grafici e dati da portare anche ai medici), ma anche come rappresentazione narrativa (la narrazione soggettiva della malattia)” – Van Dijck.. La narrazione del covid vediamo che questo processo da parte dei media è stato interiorizzato: il modo con cui ci è stato raccontato questo evento è stato prima analogico, per poi diventare un racconto fortemente datificato (percentuali, decessi, positivi). Questo ha un impatto molto forte anche su come percepiamo la relazione con la nostra fisicità. Uno degli effetti è: “La datificazione delle malattie promuove una medicina basata sulle evidenze “patien-driven” dove i pazienti costruiscono dei panel di validazione di terapie e ipotesi scientifiche”. Citizen science: i pazienti sono co-modellatori della ricerca medica Ci sono degli elementi criticità in questo modello: - auto-selezione del campione: le persone che partecipano sono quelle che sono più capaci con la tecnologia - auto-somministrazione del farmaco: auto-medicazione - auto-registrazione delle evidenze: sono raccolti dalle persone senza le accortezze che ci metterebbe un medico. - Privacy: assicurazioni, datori potenziali di lavoro - Promozione di una di filantropia dei dati: produco tanti dati anche in forma non corretta, o in eccesso rispetto alla necessità. Le piattaforme di settore offrono strumenti di monitoraggio di specifiche malattie. La raccolta di dati in tempo reale e automatizzata rende queste app molto utili per la ricerca scientifica. Alle volte chi è in grado di usare queste app e di procurarsi i dispositivi appartiene a classi sociali privilegiate. 47 beni sono parte di un mercato sempre più importante (basti pensare agli accessori per personalizzare i protagonisti dei videogiochi), uno strumento di questo tipo offre vantaggi importanti”. Blockchain: permette di associare a un oggetto digitale un codice, che registra tutti i passaggi che questo oggetto fa, in modo che nell’oggetto è raccontata la sua storia. Funziona anche per la sicurezza alimentare: alcuni prodotti hanno un QR code che ci mostra tutti i passaggi della produzione di quel prodotto, tutta la filiera (non falsificabile). Media e culture algoritmiche Uno dei temi cruciali del dibattito contemporaneo sulle piattaformi digitali è il ruolo degli algoritmi. Già dal 2015 Ted Striphas ha messo in luce come il ruolo cruciale svolto dagli algoritmi in queste piattaforme si traduca in un importante impatto culturale tanto da introdurre il concetto di cultura algoritmica. Una cultura in cui gli algoritmi: - Intervengono in modo significativo a “ridurre l’entropia” in un contesto di overload cognitivo. Uno dei filtri che vengono utilizzati per farci arrivare contenuti interessanti è quello esercitato dagli algoritmi. Aiutano a non sentirsi sopraffatti dalle informazioni disponibili. - Contribuiscono a un processo essenziale della cultura: quello di definire la visibilità e il valore di prodotti culturali di Striphas e Seaver. La visibilità di un articolo viene decisa dagli algoritmi. - Contribuiscono a “riassemblare il sociale”, specialmente attraverso social media, sulla base delle affinità e connessioni individuate dagli algoritmi. Non soltanto amici, ma influencer, giornali, ecc. Attorno alla metà degli anni ’10, si inizia a mettere a fuoco che la presenza degli algoritmi come avente un impatto culturale e sociologico, non solo tecnologico. Gli algoritmi hanno dunque un potere sociale legato: - alla loro capacità di incidere sui processi sociali: l’attivazione di relazioni interpersonali mediata dagli automatismi delle piattaforme (Beer 2017) - al modellamento di visibilità e attenzione nei social media (Bucher 2012) gli algoritmi tendono a riproporci i contenuti più popolari (logica della popolarità). - ai processi di costruzione di significato che vengono suggeriti dalle selezioni algoritmiche (Hayles 2019 e Introna 2011) siamo esposti alle interpretazioni più popolari - alla capacità di individuare, catalogare e ordinare il mondo e le persone (Chenney-Lippold 2011). Tania Bucher fa spesso riferimento ai media digitali contemporanei come a “media algoritmici” (Bucher 2017 e 2018). I media algoritmici sono definiti “tecnologie mediali che si basano fondamentalmente su algoritmi per ordinare, filtrare, gerarchizzare e curare i contenuti” (Bucher 2020). L’elemento che li distingue dagli altri media è il processo di selezione e attribuzione di valore basato su “sistemi ricorsivi di suggerimento” basati sulle tracce digitali degli utenti e su meccanismi di “raccomandazione selettiva”. Meccanismi che non sono totalmente automatizzati o basati esclusivamente su 50 logiche di programmazione software, ma sono piuttosto il risultato della composizione di azioni degli utenti e azioni delle piattaforme, che si determinano a vicenda. Non ci suggeriscono percorsi diversi; sulla base delle tracce che lasciamo ci portano a ripetere le azioni. I media algoritmici condizionano i contenuti che fruiamo in internet. Ha un impatto anche su come le persone accedono ai contenuti culturali. Possiamo quindi dire che l’attuale panorama mediale è caratterizzato dalla presenza di media algoritmici, il cui funzionamento influisce sui processi di circolazione dei prodotti culturali (generati dagli utenti o professionali) introducendo nuove dinamiche di gatekeeping frutto dell’azione reciproca di utenti e logiche di programmazione. La pervasività dei media algoritmici ha effetti culturali nella diffusione di una cultura caratterizzata da logiche predittive finalizzate al consolidamento dei gusti e alla reiterazione dell’offerta. Gli algoritmi come artefatti culturali Gli algoritmi sono stati definiti degli artefatti culturali, prodotti e produttori di significati sociali. 1. Gli algoritmi sono modellati sulla base di visioni del mondo sociale e di obiettivi da raggiungere. Sono prodotti all’interno di un contesto sociale e ne sono parte integrante 2. Sono parte di una complessa rete di azioni e reazioni che coinvolgono tecnologie, gestori delle piattaforme e utenti. L’interazione tra utenti delle piattaforme e gli algoritmi su cui si basa il loro funzionamento è spesso consapevole (sappiamo che tracce lasciare per influenzare gli algoritmi). Gli utenti dei social media, soprattutto di quelli di più recente successo come TikTok, agiscono all’interno delle piattaforme consapevoli di poter orientare, adottando specifici comportamenti, le tipologie di contenuti che occupano il proprio feed. Like, passaggi veloci su immagini e video o, al contrario, l’attenzione prolungata riservata ad alcuni contenuti sono azioni strategiche con cui molti utenti cercano di interagire con il funzionamento degli algoritmi. Le pratiche che gli individui svolgono per interagire con gli algoritmi sono orientate da quello che Shellewald definisce immaginario algoritmico ovvero il processo di immaginazione sociale di cosa sono e come funzionano gli algoritmi (Bucher 2017). Questo processo di immaginazione non è individuale, ma sociale. l’immaginario algoritmico circola sotto forma di storie (storie algoritmiche) ovvero discorsi informali e bottom up che vengono prodotti quando gli utenti comuni condividono le esperienze vissute con gli algoritmi sia in forma diretta, sia in forma mediata (Schellewald 2022). Narrazione algoritmica Le narrazioni contemporanee ospitate tra i media algoritmici sono prodotte all’intersezione tra: - Azioni degli utenti (like, commenti, post) - Elaborazione algoritmica delle tracce lasciate a partire da queste azioni che si traduce in una restituzione di contenuti predittivamente ritenuti interessanti 51 - Intervento strategico degli utenti finalizzato a perfezionare questa restituzione di contenuti e a “far agire” l’algoritmo secondo le proprie preferenze e i loro cambiamenti nel tempo. A questo va aggiunto che gli utenti agiscono strategicamente sulla base di una immaginazione algoritmica spesso mediata anche da contenuti distribuiti e diffusi attraverso i social media e la ciclica riprogrammazione degli algoritmi sulla base dei risultati ottenuti in termini di marketing e comunicazione da parte delle piattaforme. Altri fattori intervenienti: - I processi di framing generati dalla diffusione di meme satirici che, ripresi e ripetuti nei post dei singoli, diventano un modo di raccontare la realtà diffuso attraverso i social. - La ricorrenza e ripetizione di modelli di racconto come quelli delle preparazioni di cucina, ma anche delle recensioni di viaggio e locali che si ripetono in forme sempre più codificate su piattaforme come Instagram o TikTok. - La proposta ripetuta e insistita di modelli “di tendenza” rende pervasive alcune forme di racconto, dall’altro le scelte degli utenti e le loro azioni strategiche nei confronti degli algoritmi privilegiano alcune tendenze rispetto ad altre. Effetto di framing raccontare una cosa che appartiene alla nostra realtà con un taglio satirico (#mainagioia, un'altra giornata così, …). Per esempio: frame di racconti di viaggio attraverso immagini suggestive, “5 cose eccezionali da vedere in un posto”, “5 cosa fare in una località”; sono dominanti nei social. Non è vero che non c’è un’influenza dei social nel modo in cui raccontiamo la realtà, sia sui social, che non. I media algoritmici mettono a disposizione degli utenti dei repertori discorsivi e narrativi in relazione a singoli eventi privati o pubblici. La tipicità algoritmica di queste risorse per la narrazione è legata al fatto che la loro selezione e distribuzione è basata su meccanismi predittivi e, di conseguenza, ripetitivi. Ogni utente (o ogni singolo gruppo connesso di utenti) ha la possibilità di accedere, in relazione a un singolo evento, a un repertorio di risorse narrative limitate e tendenzialmente coerente al suo interno su cui di conseguenza basare le proprie narrazioni. ESEMPIO: La giornata della donna 2022 La giornata della donna 2022 è stata variamente associata dai post celebrativi circolati sui social media di valori di empowerment, inclusività, solidarietà, body positivity. Valori che sono stati rappresentati in forma metaforica, simbolica, scegliendo di volta in volta tipi diversi di donne per rappresentare questi valori. Brand, istituzioni, persone comuni hanno ripreso questi valori e i modi in cui venivano raccontati nei post pubblicati in questa data. In alcuni casi riprendendo i trendind topics della giornata, in altri casi accogliendo le linee narrative dominanti nella propria “bolla algoritmica” frutto dell’intersezioni tra tracce digitali 52