Scarica Sociologia delle migrazioni, M. Ambrosini e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia delle Migrazioni solo su Docsity! Ambrosini: Sociologia delle Migrazioni 1° Capitolo In questo primo capitolo, si dà una definizione di migrante proposta dalle nazioni unite: il migrante è una persona che si sposta in un paese diverso da quello di residenza abituale e che vive in quel paese da più di un anno. Da questa definizione, si possono ricavare tre elementi: l'attraversamento di un confine nazionale e lo spostamento in un altro paese; questo è un paese diverso da quello in cui il soggetto è nato o ha vissuto abitualmente nel periodo precedente; il secondo elemento riguarda la permanenza prolungata nel nuovo paese, di almeno un anno. Vengono tralasciate le migrazioni interne, spostamenti inferiori ad un anno, troviamo poi delle visioni giuridiche di chi siano immigranti e cittadini, i quali, ad esempio sono nati in Italia, però sono considerati comunque stranieri in virtù allo jus sangunis (diritto di sangue). Nel senso comune immigrato è colui che proviene da un paese povero, ma naturalmente qui troviamo dei paradossi perché gli americani non sono considerati immigrati, non vengono messi sullo stesso piano dei marocchini o dei tunisini, poi magari, consideriamo i rumeni come immigrati quando loro, nella realtà sono europei, appartengono all'unione europea. Il concetto di immigrato richiama una percezione di doppia alterità: nazionalità straniera e condizione di povertà, se riuscissimo a liberarci di uno dei due stigmi, quel soggetto cessa di essere considerato immigrato. Le migrazioni sono processi dinamici evolutivi che comportano una serie di adattamenti e modificazioni nel tempo; riguardano anche sistemi di relazioni che afferiscono ad aree di transito e destinazione, coinvolgendo una pluralità di attori e istituzioni. La migrazione e i migranti, in termini generali abbracciano le diverse direzioni riguardanti tanto l'emigrazione quanto l'immigrazione. Le migrazioni sono costruzioni sociali complesse, agiscono su tre principali fronti: le società di origine, ossia la loro capacità di offrire benessere, libertà e diritti dei cittadini con politiche più o meno favorevoli all'espatrio per ragioni di lavoro da parte della popolazione; abbiamo poi, i migranti attuali e potenziali, i quali hanno aspirazioni, progetti, legami potenziali. infine, abbiamo le società riceventi, le quali agiscono sotto un duplice profilo, dal punto di vista della domanda di lavoro, ma anche dal punto di vista dell'importazione e mobilità di accoglienza dei nuovi arrivati. La formazione delle minoranze che afferiscono a diverse nazionalità, spiccano in questo quadro le dinamiche riguardanti i processi di inclusione dei migranti nelle società riceventi, le quali presentano certe caratteristiche: possiamo avere i gruppi subordinati all'interno di società complesse, i quali presentano aspetti fisici e culturali soggetti ad una valutazione negativa da parte del gruppo dominante; questi acquisiscono auto-coscienza di gruppo se legati da una lingua, una cultura, una storia comune, una posizione sociale. Questa identità minoritaria la possono tramandare alle generazioni successive. Possiamo avere molteplici tipologie di immigrati. Possiamo avere gli immigrati per lavoro: in prevalenza maschi poco istruiti, che continuano a lavorare nei settori e nelle occupazioni meno ambite dei paesi riceventi. Questi, peraltro, sono poco tutelati nei rapporti di lavoro perché per lo più sono migranti irregolari. Hanno pochissime possibilità di avere un ingresso regolare nella società di accoglienza, pertanto hanno una limitazione nel riconoscimento dei titoli di studio e delle competenze professionali, ma anche difficoltà nel miglioramento professionale. Le donne, sempre più protagoniste delle migrazioni per lavoro, anche come prime migranti, ossia aprono la strada ad una eventuale immigrazione familiare, specialmente in servizi alla persona e famiglie, con possibilità di miglioramento professionale ancora più scarse dei maschi. Gli immigrati stagionali o lavoratori a contratto: sono sottoposti a una regolamentazione specifica, l'ingresso era autorizzato per periodi limitati per far fronte a esigenze temporanee di manodopera, ad esempio l'agricoltura e l'industria alberghiera. Questa viene definita come migrazione circolare, preferita a forme più stabili di insediamento. Abbiamo gli immigrati qualificati e gli imprenditori: una quota crescente nei flussi internazionali, ma non in Italia, verso paesi come gli Stati Uniti d'America, il Canada, l'Australia, dove esistono specifici programmi di reclutamento ad esempio informatici, ingegneri, scienziati. Si sta inoltre sviluppando il fenomeno del lavoro indipendente tra i migranti giunti come lavoratori dipendenti, questo modifica l'immagine dell'immigrato come lavoratore subalterno e dequalificato. I familiari al seguito, questa è una categoria che si è sviluppata successivamente all'abbattimento delle frontiere in Europa, un'immigrazione per lavoro, nella prima metà degli anni 70. I ricongiungimenti familiari, avvengono meno per motivazione, ma più frequente per gli ingressi ufficiali, aumenta così la quota di popolazione immigrata che non partecipa al mercato del lavoro, con aumento di domanda dei servizi sociali. Il profilo anagrafico tende a normalizzarsi, si ha un equilibrio tra femmine maschi. I rifugiati richiedenti asilo: componente cresciuta negli ultimi anni, con gli anni 90 di seguito alle guerre balcaniche, conflitti mediorientali. Due categorie vengono distinte dalla convenzione di Ginevra del 1951 (richiedenti asilo: persone che si spostano in cerca di protezione ma non rientrano nei criteri della convenzione, ossia non sono in grado di provare una personale persecuzione esplicita). Le istituzioni internazionali hanno previsto nuove figure e forme di protezione, per la rigidità della convenzione. Le migrazioni forzate includono anche persone obbligate a trasferirsi per catastrofi naturali o altro che sconvolge il loro ambiente di vita e i mezzi di sussistenza. Il numero dei rifugiati e dei richiedenti asilo è in aumento, le minori opportunità di immigrazione per lavoro ha provocato il ricorso alla strada del rifugio politico come porta d'ingresso nei paesi a sviluppo avanzato. Migrazioni irregolari. L'immigrato irregolare è colui che è entrato in maniera regolare ed è rimasto oltre la scadenza del titolo che gli aveva consentito l'ingresso ( es. visto turistico); il clandestino, invece è colui che è entrato in modo fraudolento, senza documenti, documenti falsi con la corruzione dei pubblici ufficiali; vittima del traffico di esseri umani, è la persona straniera coinvolta spesso donna in un attraversamento delle frontiere con la forza o l’inganno, condizionata nella libertà di scelta, residenza o lavoro, costretta in attività che procurano introiti alla rete criminale che ha organizzato l'ingresso o la gestione del soggiorno ( es. prostituzione); Migranti di seconda generazione: termine inteso in senso ampio, si è figli nati nel paese di origine e ricongiunti in seguito (minori immigrati) che sono nati nel paese ricevente, questo pone problemi definitori e istituzionali: i cosiddetti “ migranti senza migrazione”, nati e cresciuti fuori dal paese di origine verso i quali le legislazioni nazionali non hanno un atteggiamento univoco, ossia ci sono paesi in cui la cittadinanza viene riconosciuta per il diritto di suolo, altri in cui la cittadinanza viene riconosciuta attraverso il diritto di sangue, mentre in Italia possono fare domanda di cittadinanza raggiunta la maggiore età; Migranti di ritorno: coloro che rientrano nei luoghi di origine dopo aver trascorso un periodo della loro vita in un altro paese, questi apportano capitali, competenze professionali utili. Caso particolare di migranti di ritorno verso la patria ancestrale dei loro discendenti, a questi viene accordato lo status particolare che ne facilita il rientro e l'inclusione in comunità dei cittadini, dimostrando di avere un ascendente della nazionalità, acquistano automaticamente lo status di italiano contesti e tendenze: 1) Sviluppo industriale grande migrazione dal 1830 alla prima guerra mondiale: l'Europa, terra di emigrazione di massa, in particolare verso le Americhe che, si vide la realizzazione di grandi Il secondo momento si verifica quando si è stabilmente nella società ricevente dai 5 ai 15 anni dall'arrivo. L'immigrazione determina uno sviluppo demografico della società, oltre ad alimentare il mercato del lavoro. Il terzo momento si verifica quando la popolazione straniera si stabilizza, sorgono leader e si affermano movimenti che richiedono nuovi rapporti con la società ricevente; la società è richiamata in causa a sviluppare processi di inclusione per considerare l'altro come elemento significativo. Questo approccio pone in rilievo un progressivo radicamento nelle società riceventi dei migranti, anche se spesso in posizione discriminata. 2° Capitolo Alla ricerca delle cause Non esiste una teoria esplicativa globale delle migrazioni, si hanno diversi contributi come visioni parziali. Le spiegazioni macro-sociologiche danno una visione dei fenomeni migratori più diffusa nel senso comune, meno diffusa nelle grandi cause strutturali operanti a livello mondiale e soprattutto nei paesi di provenienza tra le quali: (la povertà, la mancanza di lavoro, la sovrappopolazione, le guerre). a questa visione viene data forma teorica grazie ha delle distinzioni. A tal proposito possiamo trovare i fattori di spinta, ossia gli studi demografici: bisogna fare una distinzione tra fattori di spinta e fattori di attrazione, a cavallo tra l'ottocento e il novecento prevalevano fattori di attrazione da parte dei sistemi economici più sviluppati, attualmente prevalgono quelli di spinta, i migranti si muoverebbero per effetto di fattori espulsivi (sottosviluppo, oppressione, miseria) operanti nei paesi di origine, anche senza disporre di effettive opportunità di accoglienza e occupazione nelle aree di destinazione. La pressione migratoria è un fenomeno di trapasso della popolazione dal sud al Nord del Mediterraneo è conseguenza di alcuni squilibri che hanno dato uno sviluppo progressivo dell'invecchiamento della popolazione sud europea, mentre si ha uno sviluppo maggiore della popolazione giovanile nel Nord Africa e nel terzo mondo, peraltro, un aumento dell'offerta di lavoro che non trova sbocchi occupazionali secondo la teoria neomarxista della dipendenza: le migrazioni per lavoro discendono da diseguaglianze geografiche nei processi di sviluppo, indotte da relazioni coloniali è neo coloniali che riproducono lo sfruttamento del terzo mondo attraverso scambi ineguali; accresce il divario tra i luoghi di origine e di destinazione, impoverendo i primi delle risorse umane più valide per alimentare lo sviluppo dei secondi. La migrazione è la conseguenza di un impoverimento di alcune regioni del mondo sottoposte al dominio dell'Occidente. Secondo le teorie che vedono il mondo come un sistema affermano come la globalizzazione delle comunicazioni e gli scambi incrementano i legami tra diverse aree del pianeta. La migrazione è l'effetto di dominazione esercitata da paesi del centro sulla periferia attraverso lo sviluppo capitalistico, dal quale deriva una diseguaglianza economica che inasprisce questa dominazione; gli insediamenti di attività produttive in paesi in via di sviluppo generano uno sconvolgimento delle società tradizionali e provocano la formazione di masse di sradicati, gli individui giovani vengono sempre più socializzati a una mentalità e stili di vita tipici del mondo sviluppato, creando condizioni culturali e materiali che favoriscono le migrazioni per lavoro. Gli studiosi della globalizzazione affermano: come ci sia la libera circolazione di capitali e merci, mentre vediamo come c’è una vera e propria chiusura delle frontiere rispetto alla mobilità dei lavoratori; parallelamente i livelli di controllo che sarebbero necessari per rendere le frontiere impenetrabili non sarebbero compatibili con l'aumento degli scambi e delle comunicazioni, questo ha un impatto negativo anche su libertà civili incorporate dal modello occidentale; la teoria sistemica delle migrazioni: tiene conto di un gran numero di variabili e di relazioni chiamate in causa nella spiegazione degli spostamenti internazionali di popolazione; le migrazioni sono collocate nel contesto di rapporti di varia natura (economica, politica, culturale, linguistica) che legano i paesi e le aree geografiche, le persone emigrano da un certo paese verso un altro perché tra i due esistono già una serie di legami che favoriscono e incanalano le migrazioni in quella direzione. Le critiche affermano che: le migrazioni sono legate a differenze economiche profonde rare di partenza e destinazione, ma non è un fattore sufficiente a produrre movimenti di popolazione da un paese a un altro. Contestabile è il legame diretto tra la povertà e la migrazione: gli immigrati provengono prevalentemente da paesi in posizione intermedia nelle classificazioni internazionali sugli indici di sviluppo umano; non provengono inoltre da Stati più poveri ma da classi medie, le quali hanno un certo grado di istruzione ed esperienza professionale anche qualificata. Più aumenta la distanza geografica più le migrazioni tendono ad essere selettive, privilegiando soggetti più dotati di capitale umano e sociale. Essere poveri ed oppressi non basta per emigrare, occorrono risorse, conoscenze, capacità. Nelle teorie macro-sociologiche i migranti sono considerati soggetti passivi, in balia di forze sovrastanti e privi di capacità di scelta, definizione di obiettivi e progetti di vita. Lo schema push e pull factor è considerato insoddisfacente a livello internazionale, per la difficoltà di passaggio da macro-fattori strutturali a micro-scelte individuali, non tiene conto del ruolo delle donne primo migranti. le teorie macro sono utili nella ricostruire degli scenari di fondo dei movimenti migratori, illuminano fattori strutturali sottostanti e in certi casi indicano la direzione delle migrazioni internazionali; il modello di attrazione della domanda di lavoro povero, fa riferimento alla teoria marxiana dell'esercito industriale di riserva. L'ingresso di manodopera immigrata voluta dal sistema capitalistico, nel momento in cui i lavoratori cominciano ad avanzare rivendicazioni. In periodi di sviluppo, in cui aumenta la domanda di manodopera se il numero di lavoratori resta costante, il potere contrattuale si innalza; per contrastare questo rischio i datori di lavoro favoriscono l'ingresso nel mercato di nuovi lavoratori meno organizzati, più bisognosi di lavorare e accettare condizioni imposte. La mobilità geografica di manodopera è un metodo più agevole per ampliare l'offerta di lavoro, conferendo alle imprese maggiori opportunità di scelta in assunzioni, deprimendo i salari e il potere contrattuale delle organizzazioni dei lavoratori nazionali. Una versione più sofisticata viene data dalla teoria dualistica del mercato del lavoro, in cui in questo libro viene ricordato il contributo di Piore: nei sistemi economici occidentali si produce una divaricazione tra richieste espresse da lavoratori in posizione di forza (stabilità, buone retribuzioni, condizioni accettabili) e instabilità, scarsa redditività e bassa considerazione sociale di occupazioni ineliminabili (lavoro agricolo stagionale, domestico chiusa parentesi. Vi è pertanto la necessità di tutelare la popolazione lavorativa da fluttuazioni del sistema capitalistico, il quale impone l'esigenza di scaricare su altri lavoratori il peso delle incertezze. Si produce così, una suddivisione del mercato del lavoro in due segmenti: mercato del lavoro primario: dove i lavoratori sono sicuri, tutelati sindacalmente, ben retribuiti in cui essi hanno una maggiore forza contrattuale; mercato del lavoro secondario è costituito da posti precari, poco tutelati, mal retribuiti dei lavoratori più deboli come le donne con figli, studenti a carico. Gli immigrati sono spinti ad accettare posizioni ingrate purché vi sia la possibilità di lavorare e la necessità di risparmiare. Il prestigio non dipende dal lavoro svolto ma dal successo che si otterrà una volta tornati in patria con i capitali. Una volta stabilizzati si normalizzano, assorbendo valori e stili di vita, ma è troppo tardi per rientrare nel gruppo di origine. Determinante è l'attenzione ai lavoratori dei paesi poveri esercitata dai sistemi socio-economici delle società riceventi, tanto che una volta esauriti i tradizionali bacini di reclutamento, è prevedibile che la domanda di immigrati sia rivolta a nuove aree del mondo. Le critiche affermano che i migranti sono visti come individui passivi, non ci si spiega perché alcuni partono e altri no, perché alcuni rimangono relegati in occupazioni marginali e altri accedono a posizioni migliori, non è presso in considerazione il quadro normativo. Altra versione è data dall'approccio domandista, ossia dalla teoria delle città globali, a tal proposito viene menzionato il contributo di Sassen. Dopo il declino dell'industria manifatturiera, grandi poli urbani si trasformano in sedi dei centri direzionali delle imprese che operano su scala mondiale; come la polarizzazione della popolazione urbana, crescono le classi dirigenti e professionisti ad alto reddito, declina la classe media con occupazioni stabili a reddito dignitoso, infine si allargano le fasce di lavoratori manuali che servono ad assicurare due tipi di attività: manutenzione delle strutture direzionali (settore pulizie, custodia) e servizi richiesti da persone con alto reddito per sostenere uno stile di vita agiato, all'interno e all'esterno delle abitazioni troviamo le lavanderie, i ristoranti, i collaboratori familiari. Queste figure prendono il posto delle persone che avevano un'occupazione precaria e redditi più bassi della classe operaia. Le critiche a questi approcci si riferiscono al trattamento degli individui come soggetti passivi, spiegano l'inserimento degli immigrati nei mercati del lavoro occidentale ma non comprendono perché partono solo certi individui. Le relazioni sociali scavalcano le frontiere, rappresentano una base per la continuazione della migrazione nel tempo, attraverso il mantenimento dei legami le migrazioni per lavoro possono trasformarsi in migrazioni familiari. I migranti svolgono un ruolo attivo nella società di provenienza. Possiamo trovare un conflitto con le teorie neo-classiche in cui le migrazioni non sono solo l'esito di decisioni economiche governate da leggi di domanda e offerta di lavoro ma sono fenomeni di natura sociale. Con l'approccio trans-nazionale, si pone l'attenzione a processi mediante i quali gli immigrati costituiscono relazioni sociali composite connettendo la società di origine, con quella di accoglienza, coinvolgendo congiuntamente non migranti e comunità di provenienza, nelle relazioni reciproche. I movimenti migratori formano cambi sociali attraverso le frontiere nazionali, producendo fenomeni sia in società di origine che in quella ricevente. I concetti di immigrato ed emigrante sono obsoleti di fronte alla capacità dei migranti di creare reti sociali, stili di vita e modelli culturali con caratteristiche sia della società di origine, ma anche quella ospitante, quindi si hanno identità culturali fluide. Il migrante come attore sociale è capace di fare da promotore di mutamenti culturali e sociali. Le critiche che derivano all'approccio trans-nazionale pongono all'attenzione la fluidità nell'attraversamento dei confini, il quale non rispecchia i comportamenti effettivi della maggioranza dei migranti, in realtà abbiamo avuto una progressiva integrazione nelle società riceventi, anche se marginale e tormentata. Le critiche network: spiegano la continuazione delle migrazioni, ma non l'inizio o lo spostamento verso nuove destinazioni; danno per scontato le condizioni di ingresso e i contesti istituzionali; l'idea e se mai di un relativo adattamento ai vincoli esterni, cercando canali alternativi per aggirare limitazioni alla mobilità. Altro limite è il funzionalismo implicito, nel quale si enfatizzano le valenze positive di reti sociali, trascurando le possibilità che producano effetti di intrappolamento in attività marginali o devianti; il concetto di network è troppo vago, enfatizza le dimensioni informali dei primo migranti, trascurando il ruolo di agenzie e istituzioni formali. persone ritenute affidabili. Le relazioni sociali influenzano le decisioni economiche. Il capitale sociale è un insieme di contatti e rapporti interpersonali utilizzabili dagli individui per perseguire strategie di inserimento e promozione. Le migrazioni nei sistemi produttivi contemporanei il fatto più rilevante della mappa migratoria degli ultimi decenni, ha fatto sì che ci fosse un cambiamento di status nei paesi affacciati sul Mediterraneo. Caratteristiche principali sono: l'evoluzione improvvisa e spontanea dei flussi di ingresso a partire dagli anni 70, si ha l'impreparazione dei paesi riceventi al nuovo ruolo di ospitanti, grande diversità dei paesi di origine, in cui si assiste ad asimmetrie di genere, o prevalenza di uomini o donne, incidenza di forme di soggiorno irregolare, marginalità sociale (carenza di politiche di integrazione, stereotipi stigmatizzati), concentrazione in occupazioni precarie. Regolamentazione normativa dei fenomeni migratori. La regolamentazione ha influito sulla densità, sulla composizione e destinazione dei flussi migratori (soprattutto dopo la crisi petrolifera e la chiusura delle frontiere dell'unione europea e le restrizioni degli USA). Diversi studi sostengono in prevalenza il fattore politico su altri elementi che determinano le dinamiche migratorie. Fenomeni rilevanti sono: 1) l'unione europea: ispirata dalla contrapposizione dei cittadini dei paesi membri o esterni, le cui possibilità di ingresso sono severamente disciplinate. L’ingresso dei paesi dell'est Europa ha modificato il quadro: ha attribuito a milioni di europei un diritto di mobilità geografica in precedenza sconosciuto, il processo sta continuando nell'area balcanica e nella Turchia; 2) i paesi che mantengono la possibilità di un'immigrazione legale per motivi di lavoro (USA, Canada, Australia), le migrazioni si sono caratterizzate come Skilled migrations, (lavoratori istruiti e qualificati ingegneri, medici, scienziati), tendenza che ha preso piede in Europa soprattutto in Germania, Gran Bretagna e Francia; 3) ricerca di nuove destinazioni, i paesi dell'Europa meridionale, dove le legislazioni sono meno restrittive e miranti a favorire ingressi per ragioni turistiche, meno preparati istituzionalmente e caratterizzati da mercati di lavoro ambiguamente ricettivi; 4) in Europa si assiste al rilancio di migrazioni temporanee o stagionali, su periodi brevi (le cosiddette migrazioni circolari), con l’intento non dichiarato di evitare l'insediamento stabile di lavoratori indispensabili; 5) drastica contrazione della possibilità di ingresso regolare, aggravando l'immigrazione irregolare, considerata anche come prodotto della regolazione normativa (alcuni sono regolari e lavoratori, altri regolari ma non autorizzati al lavoro, altri irregolari benché in vario modo inseriti nei sistemi economici); 6) gli effetti delle sanatorie: generano l'idea che una volta entrati sarà possibile in seguito regolarizzare proprio lo status giuridico, implicano una selezione di individui più disposti a rischiare e affrontare condizioni di irregolarità, quindi non premiare chi ha qualificazioni e attitudini al lavoro; 7) il quadro istituzionale riguarda la singola storia degli Stati che definiscono criteri di appartenenza alla comunità nazionale e l'accesso ad uno status di cittadino. Le critiche su questa regolamentazione normativa affermano come questa non può essere una spiegazione delle cause della migrazione, la quale filtra, seleziona o ostacola i primo migranti, tanto che quando manca la possibilità di un ingresso legale si cercano canali secondari (ad esempio il ricongiungimento familiare), oppure il visto turistico. La regolazione è una variabile ininfluente nella mediazione tra aspirazioni e concrete possibilità di insediamento, ma i suoi effetti sono imprevedibili, rischiano di provocare conseguenze inattese come la crescita della immigrazione irregolare. Vi è la necessità di un'adozione dell'approccio multi-causale, una spiegazione soddisfacente deve tenere conto dell'intreccio di fattori che le diverse teorie hanno messo in luce. 3° Capitolo inserimento nel mercato del lavoro La figura centrale dei fenomeni migratori è stata storicamente e rimane quella del lavoratore che attraversa le frontiere per cercare lavoro all'estero. Possiamo trovare tre prospettive teoriche: visione assimilazonista: questa si è sviluppata negli anni 20 del novecento dalla scuola di Chicago, gli immigrati al loro arrivo si trovano ai gradini più bassi della scala sociale, accollandosi lavori più sgraditi e abbandonati della forza lavoro nazionale. Col tempo si inseriscono nella società, apprendono la lingua e la cultura, abbandonano i vecchi retaggi e si assimilano al nuovo ambiente; man mano che avanzano nella scala sociale, i posti alla base della piramide vengono occupati dai nuovi ingressi. Gli andamenti stagionali sono abbastanza prevedibili nel centro-nord: il modello intermedio dell'industria diffusa, con impieghi stabili, caso noto è quello del Trentino Alto Adige, dove troviamo migliaia di ingressi ogni anno per lavoro stagionale (agricoltura, industria alberghiera). L'economia sommersa, un'attività capace di generare reddito, non regolata da istituzioni della società, in un ambiente legale sociale in cui le attività simili sono regolate. La carenza di regole può interessare diversi livelli del rapporto di lavoro: 1) lo status del lavoratore riguarda il fatto di non essere registrato, assicurato, retribuito in conformità a norme vigenti; 2) le condizioni di lavoro riguardano le norme di igiene e sicurezza 3)le forme di gestione dell'attività, può interessare la frode fiscale sistematica o l'utilizzo di pagamenti in contanti non registrati. Nelle geografie economiche contemporanee è tornato alla ribalta il lavoro nero, senza coperture previdenziali, senza contratto di lavoro evadendo tasse e contributi. Gli immigrati rappresentano un bacino di reclutamento favorevole, ossia hanno la necessità di trovarsi un lavoro qualsiasi per poter vivere, anche se inizialmente sono sprovvisti di documenti necessari per accedere a lavori regolari. Approccio interattivo decostruzionista: pone in rilievo le convergenze di interessi tra logiche della domanda e alcuni segmenti dell'offerta di lavoro (anche sommerso), gli immigrati sono sensibili ai vantaggi del lavoro irregolare: l'orientamento alla permanenza temporanea, la necessità di guadagno veloce, lo sradicamento sociale. Si ha una certa rigidità delle politiche di ingresso e concessione dei permessi idonei alla ricerca e all’occupazione che comportano una divaricazione tra domanda di manodopera e popolazione immigrata autorizzata al lavoro, quindi ci sono molti immigrati lavoratori che rimangono per alcuni periodi fuori dalla regolamentazione normativa e contrattuale. Possiamo avere diverse forme di irregolarità: 1) l'immigrato che, in mancanza di documenti validi, si inserisce in un'economia sommersa (comprese le famiglie che assumono collaboratrici in modo irregolare); 2) il lavoro nero comune, consta nel fatto che una persona potrebbe essere regolarmente assunta ma non dispone di un contratto di lavoro formale; 3) l'occupazione regolare di immigrati che non potrebbero essere assunti perché privi di permesso di soggiorno; 4) la piena regolarità e l'autorizzazione al soggiorno che apre l'opportunità ad una assunzione formale. Sia i lavoratori che i datori di lavoro, sia essi italiani o stranieri, l'economia sommersa non è un ambito separato contrapposto ad un'economia ufficiale, ma sono intrecciate da convenienze e complicità: concorrenzialità di imprese operanti nell'economia ufficiale, la quale si nutre della combinazione di fattori produttivi diversi, tra cui c'è il ricorso a forme di lavoro irregolare, ad esempio l'appalto ad un'impresa di pulizia che per vincere la gara a prezzi stracciati impiega lavoratori in nero. L'economia sommersa e il lavoro irregolare sono fenomeni differenziati, articolati secondo variabili o grado di volontarietà della partecipazione, la cui natura è dipendente- indipendente da attività e dalle convenienze che possono generarsi. Lavoro irregolare dipendente occasionale e stagionale, in questo caso si assiste ad un'elevata mobilità e transitorietà di inserimento, caso tipico è il lavoro bracciantile non regolarizzato, questo implica una mobilità territoriale e anche dei tentativi di composizione con altri lavori; lavoro semi- continuativo, questo comporta una certa continuità del rapporto di lavoro, viene utilizzato per periodi di picchi di domanda, fabbisogni periodici, specifiche commesse (ad esempio l'edilizia, i servizi turistici alberghieri). Lavoro stabile e continuativo: non formalizzato, presenta caratteristiche di continuità, simile ad un normale rapporto di lavoro. Nel sud dell'Europa si assiste ad una serie di trasformazione dei sistemi occupazionali (terziarizzazione, flessibilizzazione, informalizzazione dei mercati del lavoro, le quali si sono saldate con strutture economiche tradizionali in cui si assiste ad una ramificata presenza del lavoro autonomo delle piccole imprese, in cui si ha la diffusione dell'economia sommersa, il ruolo importante dell'agricoltura mediterranea, ma molto importanti restano anche l'edilizia, i servizi alberghieri domestici. Modello mediterraneo di immigrazione, specificazioni: 1) il lavoro degli immigrati in Italia assume connotazioni diverse secondo dei contesti locali; 2) le economie del Nord Europa non sono esenti da trasformazioni analoghe. La domanda di lavoro flessibile, meno tutelata e a basso costo non riguarda solo l'Europa del sud. La new economy, necessita dei cosiddetti lavori delle 5P: pesanti, pericolosi, precari, poco pagati, penalizzati socialmente. Solitamente toccano agli immigrati, lavori necessari per economie sviluppate ma che i nativi non sono disposti a compiere. Nell'Europa mediterranea, negli anni 90 si il supporto sociale dei parenti e dei connazionali è una precaria risorsa cui ricorrere nelle situazioni di emergenza che non si riescono a fronteggiare da soli (malattie, sfratti, prestiti, trasporto delle rimesse in patria); il sostegno emotivo è psicologico, ossia una condivisione amicale, una socializzazione, aiutano a reggere lo stress della lontananza da casa e la solitudine, la difficoltà di comunicare; i più esperti possono assurgere a ruoli di leadership o punti di riferimento per gli altri. Attraverso la frequentazione dei connazionali recuperano o riscoprono la propria identità culturale, sforzandosi di ri-situare le loro categorie culturali e simboliche all'interno del nuovo contesto. elementi di differenziazione. Le funzioni delle reti sociali sono diverse a seconda delle situazioni individuali e dei momenti. Si possono avere delle variazioni nel tempo: l'apporto decisivo nelle prime fasi, soprattutto per le persone sole. L'esperienza, la socializzazione linguistica, la capacità di muoversi nella società ricevente riduce il bisogno di fare riferimento alle funzioni delle reti. Il legame più stringente lo si può trovare per gli immigrati meno qualificati capaci di muoversi autonomamente, chi invece cerca posizioni più qualificate deve contare sulle proprie forze, qui sorge il problema della specializzazione e del capitale sociale. Funzioni delle reti sociali I migranti di una certa nazionalità devono concentrarsi in un determinato settore o svolgono la medesima occupazione; si cerca di associare le destinazioni occupazionali presunte alle attitudini culturali. Conta molto l'incidenza dei legami sociali che producono l'incontro tra domanda e offerta di lavoro, i rapporti interpersonali che diffondono informazioni sui posti di lavoro (in genere gli ambiti in cui essi stessi lavorano), l'appoggio di parenti e amici in un certo settore può influenzare la scelta dei datori di lavoro, ma il fatto che certi lavori si associno alla presenza di immigrati, questo tende a svalorizzarli e accelera l'esodo degli autoctoni. Nella costruzione sociale dei processi economici, un ruolo importante è rivestito dalle reti sociali, queste sono un soggetto determinante per l'incontro tra domanda e offerta di lavoro, specialmente il lavoro povero, lo studio sulle reti ci fa osservare come le relazioni sociali intervengono a strutturare l'azione economica. L'azione delle reti sociali a una notevole forma di costruzione sociale dei processi economici, questo significa assumere un approccio interattivo e dinamico, sensibile nei confronti dell'autonomia degli attori sociali, quindi è molto importante uscire dalla prospettiva in cui un'unica variabile va a determinare la domanda dei datori di lavoro, cui l'offerta è debole. I tratti specifici delle reti migratorie rispetto ad altre reti sociali, le reti migratorie consistono in reti più concentrate ed esclusive di quelle della popolazione autoctona; ognuno partecipa a diverse cerchie sociali (familiare, lavorativa, comunitarie), per gli immigrati passeggeri che si sovrappongono vi sono difficoltà linguistiche, il mantenimento dei legami con la madrepatria, atteggiamenti discriminatori della popolazione autoctona).il livello di istruzione ha un impatto ambivalente: gli immigrati studenti sono spinti verso medesime occupazioni marginali, quindi i connazionali privi di titoli, di conseguenza si sentono più discriminati e cercano avvolte di emigrare verso paesi più aperti, in cui è più agevole l'interazione economico sociale di quelli meno qualificati e disposti ad accontentarsi di lavori modesti. Molto importante è anche la coesione interna, la forza dei legami che tengono uniti i partecipanti e li vincolano al sostegno reciproco (fiducia, scambi di informazioni, circolazione di risorse); grazie alla coesione delle reti, la concentrazione occupazionale può essere un effetto della coesione. I rapporti che riguardano la coesione- composizione provocano la tendenza all'allontanamento dei soggetti con posizioni migliori, quando altri sono rimasti in condizioni marginali. La capacità di controllo sociale delle reti, in questo caso è molto interessante andare vedere come le reti fanno capo ad istituzioni dotate di autorevolezza morale con leader riconosciuti, dispongono di una maggiore capacità di influenzare i comportamenti dei membri; la frequenza degli incontri comunitari con un elevato valore simbolico ribadisce il ruolo delle guide morali e innalza la capacità di controllo, ad esempio la partecipazione ai riti religiosi rinforza le identità culturali; il fattore tempo è anche molto importante perché i gruppi arrivati prima occupano spazi disponibili nel mercato e attivano catene di richiamo a vantaggio dei connazionali, attuando una chiusura nei confronti di altri gruppi; anche dopo anni gruppi disorganizzati possono essere poco integrati, mentre le reti consolidate si sono dotate di istituzioni proprie, le quali possono generare una tensione tra l'appartenenza nazionale e l'inclusione nella società ricevente. Nel tempo gli individui possono intraprendere percorsi di inserimento più autonomi. l'azione della società ricevente, si basa su gradi di accettazione derivanti da rappresentazioni delle collettività. I gruppi coinvolti da stereotipi negativi sono oggetto di più rigide discriminazioni e si trovano condizionati nella capacità di sponsorizzare altri connazionali, mentre gruppi più accettati sono associati a occupazioni modeste e rischiano di essere soggetti ad una integrazione subalterna (visti bene ma associati a ruoli umili), in questo caso le reti svolgono una funzione di mediazione che contribuisce a rielaborare e rendere tollerabili i rapporti di lavoro culturalmente inaccettabili tra cui possiamo ricordare la collaborazione domestica. Limiti e risorse delle reti migratorie: vengono a rafforzare la segregazione occupazionale e la sponsorizzazione dei connazionali che si riferisce a nicchie di persone che vengono stereotipate; producono anche forme di controllo sociale, tengono a freno comportamenti devianti, ma esercitano una pressione di conformità che può condizionare la libertà individuale nella scelta delle amicizie e nelle pratiche religiose. Possiamo trovare una distinzione tra le reti: reti a struttura orizzontale, in cui partecipanti sono sullo stesso piano sociale, esercitano forme mutuo aiuto secondo codici di reciprocità allargata, anche se possono inserirsi elementi di sfruttamento dei neo arrivati; reti a struttura verticale, dove la persona o il gruppo o l'istituzione è in una posizione importante, perché può distribuire informazioni e risorse in modo discrezionale, traendo anche vantaggi dai rapporti di asimmetria; le reti informali, invece sono debolmente strutturate; le reti formali danno vita a istituzioni che diventano punti di riferimento per la socializzazione è l'interscambio; troviamo poi, le reti di genere: le reti femminili si appoggiano di più ai network nei tragitti migratori e questi mantengono una maggiore influenza sulle successive migrazioni di donne; si organizzano per favorire l'ingresso e l'inserimento lavorativo di altre donne, provvedendo alla sostituzione di chi lascia, sviluppano forme di socialità e animazione nel tempo libero, offrono protezione sostegno, organizzano servizi informali (ad esempio la custodia collettiva dei bambini). Nelle reti migratorie si possono individuare figure con funzioni tipiche: lo scout, ossia il pioniere: coloro che hanno aperto una nuova rotta migratorie diventano punto di riferimento per gli arrivi successivi (familiari, congiunti, compaesani); il broker, ossia il mediatore in quale molto importante per l'intermediazione tra domanda e offerta dei connazionali, raccoglie informazioni nei due sensi, garante per i patrocinati e mediatore nei conflitti; leader comunitario, il quale ha compiti di rappresentanza nei confronti della società ospitante (incarichi come mediatore interculturale) o leader religioso (orientato alla trasmissione di tradizioni culturali); il Provider di servizi, normalmente è una figura che dà assistenza per quanto riguarda le pratiche burocratiche, normalmente traendo profitto, a volte legalmente, con vere e proprie attività formali per i connazionali o illegalmente; il Corriere svolge un ruolo di connessione con la società di origine, gestendo scambi, ma ha una grande importanza nel mantenere i contatti tra due sponde del movimento migratorio, attraverso loro passano quantità ingenti di risorse economiche e beni carichi di valenze simboliche (doni per i figli, generi alimentari del luogo di origine). Le variabili influenti condizionano le capacità di sostenere e influenzano i percorsi di inserimento, questo incide sulla numerosità: gruppi troppo piccoli, con il rischio di trovarsi dispersi e affrontare in modo individuale le diverse sfide, possono essere anche grandi gruppi che non riescono a conoscere e filtrare i connazionali e far fronte alla moltiplicazione di domande di aiuto, incontrando più difficoltà nel formare delle reti funzionanti. Contano poi i sistemi di legami interpersonali che producono mutuo aiuto, a prescindere dalle collettività più ampie dei connazionali; la concentrazione consiste nell'addensamento territoriale e occupazionale che condiziona la frequenza e l'intensità dei rapporti sociali tra i partecipanti, i due aspetti si rafforzano reciprocamente: componenti nazionali numerosi ma diversi danno vita a reti meno dense e coese di componenti in cui le reti sono più concentrate a livello residenziale e occupazionale; non sempre l'aiuto dei connazionali e disinteressato: si possono incontrare persone specializzate nella mediazione tra i bisogni dei migranti e le società riceventi, che vivono traendo profitto da queste esigenze; abbiamo infine la formazione di reti devianti, le quali si concretizzano attraverso il reclutamento di connazionali come manovalanza per i traffici illeciti. Tuttavia, se non potessero contare sulle reti delle diverse nazionalità di appartenenza, sarebbero ancora più deboli, marginali sfruttati, l'alternativa non sarebbe un inserimento migliore e più diversificato. La stereotipizzazione dei diversi gruppi migranti non sempre corrisponde ad una dequalificazione e assenza di prospettive: esistono casi di nicchie ad alto livello professionale o casi in cui si verifica l'evoluzione di attività lavorative inizialmente dequalificate. In Italia, gli ambiti in cui vi è un maggiore ingresso dei migranti riguarda il settore della ristorazione, dell'edilizia e delle pulizie. Anche se sono attività altamente stereotipate, possono offrire prospettive. Insostituibili, di conseguenza il contributo delle reti al mantenimento dei riferimenti identitari, all'alimentazione delle diversità culturali, nell'organizzazione collettiva e dell'eventuale azione politica (lotta contro la discriminazione e la tutela culturale, dei diritti degli immigrati). Il progresso auspicabile, consiste nel consolidamento delle reti migratorie in forme associative democratiche con l’appoggio da parte della società civile per favorire un salto di qualità da parte delle aggregazioni basate sulla comune origine. Si possono avere diversi effetti negativi della solidarietà delle comunità migranti, questa dipende da una carenza di interventi istituzionali compensativi dei limiti delle reti: la presenza di servizi per l'impiego capaci di sostenere l'immigrato nella ricerca di un'occupazione migliore di quello che possono trovare le reti. Capitolo 5 il passaggio al lavoro indipendente Anche in Europa l'esperienza del lavoro autonomo per gli immigrati assume un'importanza crescente. Il tasso del lavoro autonomo e cresciuto più degli autoctoni, soprattutto nei grandi agglomerati urbani. Il tratto interessante e che fino agli anni 80 la scelta del lavoro autonomo coincideva con l'integrazione in società ospitante, ossia una naturalizzazione, invece ultimamente questo legame non è più così stringente perché ad emergere sono le capacità imprenditoriali delle Il modello interattivo: enfatizza la struttura delle opportunità, la distribuzione delle risorse a disposizione delle comunità migranti all'interno di un determinato territorio. Il primo mercato si svilupperebbe all'interno della comunità immigrata, per la necessità, dei gusti e dei richiami alla terra d'origine; essendo un mercato interno sovraffollato e con scarso potere di acquisto, arriva la spinta a muoversi verso mercati più aperti. L'accesso di imprese in questi ambiti è possibile per la diminuzione di offerta imprenditoriale da parte dei nativi. L'emergere dei nuovi arrivati come gruppi di rimpiazzo viene ricondotto a fattori socioculturali: l'auto selezione alla partenza, individui più preparati, predisposizione al commercio attraverso le risorse informali assicurate dal gruppo migrante di appartenenza. Si pone, in questo caso l'accento sulla mobilità bloccata, nella speranza ad una ascesa sociale, i migranti sono sorretti da una diversa visione della gerarchia delle occupazioni, che li porta a guardare con più interesse alla popolazione locale e ad attività indipendenti che comportano un mediocre status sociale. L'identificazione con un particolare gruppo migrante non è una caratteristica naturale o importata, ma valorizza il significato economico: le risorse informali sono fondamentali per garantire la sopravvivenza e la competitività dell'impressa, possono contare su lavoratori attinti da network di cui si ha fiducia. Si possono distinguere risorse specifiche delle comunità migranti e risorse di utilità generale. Le risorse specifiche generano un vantaggio in particolare nel contesto del mercato, ma non sono applicabili i generale, mentre le risorse di utilità generale sono dei requisiti che consentono risposte versatili a ogni tipo di domanda. Riguardo queste due risorse troviamo dei punti critici: l'insistenza sulla dimensione che riguarda la diversità comunitaria in riferimento all'imprenditorialità, solo una parte delle attività indipendenti sono di questo tipo, si fa una critica all'idea che gli immigrati come imprenditori agiscano diversamente dagli operatori economici nazionali; possiamo trovare un'enfasi sul concetto delle strategie utilizzate dalle comunità migranti, con un alto tasso di fallimenti ciò dimostra l'incidenza di un elevato grado di improvvisazione, con l'assunzione di comportamenti imitativi non sempre sostenuti da capacità e risorse adeguate; si ha una scarsa attenzione alla dimensione della regolazione politica dei mercati, ridotta a breve lista di leggi che si applicano specificamente agli immigrati. Kloosterman afferma che, considerare i processi delle attività economiche e sistemi sociali più vasti, significa comprendere il versante della domanda e del funzionamento dei mercati. L'offerta imprenditoriale immigrata, si differenzia sotto il profilo delle risorse da quella dei nativi. Sebbene il profilo tipico sia di soggetti carenti di capitale finanziario ed educativo, così emerge nelle economie avanzate un nuovo tipo di imprenditori immigrati, con una qualificazione elevata, che tende a differenziarsi per la composizione dell'offerta imprenditoriale; pochi imprenditori sono in grado di introdurre innovazioni sostanziali e opportunità prima inesistenti, molti aprono nuovi orizzonti in maniera più modesta, ad esempio introdurre cibi esotici all'interno di società occidentali; gli imprenditori immigrati tendono di espandere i loro spazi all'interno della società di accoglienza per nuove attività di piccola dimensione. Possiamo trovare tre livelli di struttura delle opportunità: nazionale, dove troviamo le istituzioni politiche e le regolamentazioni che possono favorire l'avvio di nuove imprese, la definizione di beni che possono essere venduti sui mercati è quelli forniti invece da un apparato pubblico, le famiglie, sono gli altri soggetti dell'ambito economico regionale, soprattutto dove abbiamo addensamenti locali di certe attività, questo costituisce la nascita di mercati naturali per la vendita di prodotti non forniti dagli autoctoni. Vediamo dunque come siano importanti tre variabili per far si che vi sia l'attività imprenditoriale dei migranti: molto importanti a tal proposito sono le reti sociali, che forniscono capitale sociale distribuito in maniera diversa tra i diversi gruppi, gli operatori acquisiscono conoscenze, informazioni, lavoratori, relazioni solide con clienti e fornitori; i mercati, riguardano gli oggetti di scambio (beni comprati e venduti), in cui troviamo soggetti autorizzati a parteciparvi, la struttura del mercato necessita di un numero di attori che abbiano un certo potere nel mercato; infine, abbiamo la regolazione politica, ossia l'insieme dei fattori normativi che vincolano o favoriscono la sfera economica, formando regimi regolativi diversi, dinamici, soggetti a pressioni politiche. i costi dell'intraprendenza, riguardano e approfondiscono aspetti critici diversi del fenomeno: gli studi di genere: la manodopera familiare non retribuita o sottopagata, sottoposta a ritmi e condizioni sacrificate, e spesso quella femminile; le relazioni di genere basate sulla diseguaglianza e sullo sfruttamento delle donne sarebbe la base di molte imprese di immigrati; analisi del funzionamento dei settori intensivi come ad esempio l'abbigliamento, basato sul decentramento e la lavorazione per conto di terzi (lavoro a domicilio illegale, impiego di immigrati irregolari); la vita di duro lavoro cui sono sottoposti i migranti, toglie loro molto tempo ed energie, queste energie vengono tolte alla famiglia, questo può far scaturire maltrattamenti domestici, divorzi, alla fine solo alcuni raggiungono il successo; Costi per la società più ampia, in questo caso ci si basta sul lavoro a basso costo che produce forme di sfruttamento, le quali rischiano di abbassare le condizioni di impiego degli altri lavoratori, condizionando l'azione sindacale, anche per i nativi che vogliono mettere in piedi un'impresa comporta costi e sacrifici. Bisogna domandarsi quali siano le alternative per gli immigrati, in termini di possibilità di miglioramento occupazionale e uso del tempo. Il caso italiano grande importanza viene data all’lavoro autonomo in economia italiana, il sistema economico e produttivo e la stessa organizzazione della vita sociale hanno bisogno di fornitori indipendenti di beni e servizi all’interno dei contesti locali. Se alcune trasformazioni strutturali, come la crescita della distribuzione, sottraggono spazi al lavoro autonomo e imprenditoriale, comunque la richiesta di beni, prestazioni di servizi personalizzati continuano ad alimentare la domanda; il robusto insediamento di operatori italiani nel settore rappresenta una barriera all'ingresso di lavoratori autonomi stranieri, soprattutto in attività più regolamentate, ad esempio i tassisti. Secondo la successione ecologica è più probabile che riescano ad inserirsi nelle attività più faticose e meno redditizie, abbandonate dagli italiani; la cornice legislativa si riferisce alla legge 40 del 1998, la cosiddetta legge Turco- Napolitano, che ha attenuato i vincoli derivanti dalla clausola di reciprocità liberalizzando la possibilità di avviare ditte individuali e imprese cooperative, aprendo le porte alla crescita di attività autonome di operatori, di gruppi nazionali discriminati da norme precedenti, ad esempio i marocchini. Eventuali aperture verso le società di capitali potrebbe consentire lo sviluppo di forme di impresa più articolate; I mercati delle diverse comunità migranti costituiscono un fenomeno nuovo, alimentato da una immigrazione più stabile che innalza la domanda di prodotti culturalmente connotati, che difficilmente possono essere forniti dagli autoctoni; le grandi città rappresentano un ambiente favorevole per l'istallazione di negozi di operatori stranieri, anche le reti migratorie sono il terreno per l'avvio di attività indipendenti; la mobilità bloccata: il lavoro indipendente rappresenta la reazione alle difficoltà che hanno gli stranieri nel progredire nelle organizzazioni gerarchiche. In Italia è quasi sconosciuto il fenomeno dello skilled migrations, ossia il non riconoscimento dei titoli degli stranieri, la scarsa conoscenza della lingua italiana impatta negativamente sulla possibilità di ottenere miglioramenti professionali. In futuro il lavoro indipendente degli immigrati è destinato a svilupparsi. Percorsi di accesso al lavoro indipendente sono: il passaggio da lavoro dipendente al lavoro in proprio, grazie all'esperienza acquisita nel settore attraverso le attività pratiche iniziate dal basso, ad esempio, l'edilizia, la pulizia, l'artigianato; lo sfruttamento delle risorse personali rappresentano delle buone condizioni di partenza, il percorso poi, è condizionato dalla domanda di lavoro per sfuggire a rischi di marginalizzazione, oppure per sfuggire a processi di ristrutturazione delle imprese, dando vita a "para-imprese".queste sono esperienze che tentano di cogliere le opportunità derivanti dalle trasformazioni delle economie urbane, quindi si ha il ritiro degli operatori autoctoni da certe attività perché si ha un cambiamento dei gusti e delle domande dei consumatori, questo porta ad una crescente domanda di popolazioni immigrate. Tipologie dell'imprenditoria immigrata: sono impresse afferenti alle comunità migranti, le quali rispondono a esigenze specifiche della comunità immigrata, installate in terra straniera fornendo servizi e prodotti non reperibili nel normale mercato, ad esempio l'alimentazione con delle macellerie che forniscono carne halal; importante è anche L'impresa intermediaria, la quale fornisce prodotti e servizi non tipicamente delle comunità migranti ma che necessitano di essere mediati attraverso rapporti fiduciari per essere fruiti: svariate attività tra le quali, traduzioni, consulenza legale, assistenza pratiche burocratiche) svolte da professionisti immigrati pagati dai connazionali, ma anche questo tipo di impresa fornisce attività di servizio rivolte a clienti interni al gruppo immigrato, ad esempio trasferimenti di valute, intermediazione mobiliare, vendita di giornali in lingua; L'impresa delle comunità immigrate allargate, si occupano del prodotto offerto che risponde alle peculiarità culturali degli immigrati stessi, ma anche alla clientela mista, ad esempio sono le macellerie o i minimarket, gli italiani sono attratti da prodotti a prezzi competitivi; L'impresa prossima è specializzata in servizi per la clientela immigrata, ma anche attraente risulta per la clientela italiana, ad esempio le agenzie specializzate in vendita di biglietti aerei per alcune destinazioni extraeuropee; Le imprese esotiche si occupano dei prodotti derivanti da tradizioni culturali dei paesi di origine per un pubblico di consumatori eterogeneo e sofisticato, sensibile alla diversità (ristorazione, abbigliamento, arredamento); 4) profilo promozionale: sono donne dalla varia provenienza, che hanno alti livelli di istruzione, con esperienze professionali significative in patria, con una aspirazione al miglioramento dello status, pertanto dimostrano di avere sentimenti di frustrazione per l'attuale collocazione occupazionale; se hanno figli la responsabilità genitoriale rischia di inibire investimenti formativi e la ricerca di una occupazione più idonea. Caratteri problemi di lavoro in ambito domestico. Le prestazioni che la società ricevente richiede derivano semplicemente dalla loro identità femminile tradizionale, ciò che sanno fare, oltre non gli è richiesto; la relativa facilità di trovare questo genere di occupazione ha come contrappunto la difficoltà a uscirne per inserirsi in attività più qualificate: la saldatura con questo stereotipo riguarda la comunità di appartenenza, ma anche le differenze legate al genere, si attribuiscono alle donne, sulla base del loro connotato e in base alla loro provenienza da certi paesi vengono dati attributi di gentilezza, docilità e correttezza che le renderebbero particolarmente adatte a certi ruoli; Le scelte e le prospettive delle donne immigrate: le prospettive ad una promozione, sembra verificarsi per alcune collettività, ossia un adattamento al ribasso tra l'offerta e la domanda di lavoro: arrivano persone meno istruite e volitive, in età più matura rassegnate al destino di collaboratrici familiari; riscontri di estesa violazione degli obblighi contrattuali, abusi e prepotenze. Soprattutto quando non c'è il permesso di soggiorno si riscontrano rapporti di lavoro premoderni, ossia legami personali, di dipendenza dalla benevolenza dei datori di lavoro, estesa a vari aspetti della vita privata. L'alterità culturale attribuita agli immigrati addetti ai compiti domestici-assistenziali consente di trattarli come laboratori diversi dai nazionali: si possono chiedere prestazioni lavorative di qualsiasi tipo in condizioni che sono normalmente improponibili. Si verificano però processi di familizzazione, soprattutto negli anziani in cui si sviluppano attaccamenti affettivi ed attribuzioni quasi familiari che rischiano di funzionare più sul piano delle aspettative che dei diritti. La familiarizzazione può portare alla formazione di legami sinceri e reciproci può comportare anche benefici per le lavoratrici, ossia a una minore forma di padronagio da parte dei datori di lavoro che assumono la figura di protettori nei confronti della lavoratrice, facendosi carico di problemi personali-familiari, aiutandola, ma sempre in forme volontaristiche e revocabili (anche attraverso la regolarizzazione del rapporto di lavoro che è presentata come concessione benigna). Per contro, la conclusione del rapporto di lavoro può essere vissuta come un tradimento e un'ingratitudine. Si tratta spesso di persone che in patria lasciano una famiglia, famiglie transnazionali. Si ha dunque una stratificazione internazionale dell'accudimento: un numero crescente di famiglie occidentali fa fronte a compiti di cura richiesti attingendo solo al mercato internazionale delle cure domestiche, l'offerta principalmente è rappresentata da donne migranti; le donne che emigrano per svolgere all'estero compiti di cura devono rinunciare a svolgere direttamente le funzioni materne, affidando i propri figli e cercando di alleviare la sofferenza con pratiche di maternità a distanza. Per molte donne tali occupazioni possono essere veicolo di emancipazione: possono essere rintracciati gli elementi di scelta da parte degli attori implicati (donne e famiglie); nei percorsi delle primomigranti che partono in cerca di lavoro sono rintracciabili aspirazioni a una vita più libera e dignitosa, svincolata dal controllo delle strutture familiari intrise di maschilismo. L'indipendenza economica diventa una forma primordiale di promozione sociale e la possibilità di provvedere alla famiglia eleva lo status sociale delle donne nella società di origine, sebbene sia cresciuta la riprovazione sociale, essendo accusate di abbandonare i figli. Protagonismo femminile. Gli studi antropologici mettono in luce lo spirito d'iniziativa, la capacità strategica e progettuale delle donne migranti, in un luogo la cui immagine delle donne è oppressa e sfruttata. Riguardo al protagonismo femminile possiamo rintracciare tre livelli: 1) Le emigrazioni temporanee maschili comportavano un aumento di autonomia delle famiglie, i quali assumevano la guida della famiglia, la permanenza delle donne faceva sì che gli uomini avessero sempre un luogo in cui tornare; 2) La scelta di partire è immediata in molti casi dal contesto familiare; le donne tradizionalmente si sentono più legate alla famiglia, le migrazioni femminili sono più dipendenti da ragioni familiari di quelle maschili, dimostrazione tangibile e che sono meno cospicue e i loro guadagni vengono mandati alle proprie famiglie. Il fatto di procurare le risorse per la famiglia ne aumenta il potere decisionale in seno ad essa. 3) L'emigrazione può essere un modo per sottrarsi in modo socialmente legittimo, per svincolarsi ad un'unione infelice, il divorzio, la violenza. La migrazione contiene un potenziale emancipativo, spesso precede l'emigrazione e viene sostenuto e rinforzato da una indipendenza economica acquisita, esempio ne è la riorganizzazione dei ruoli coniugali, si innalza la capacità di partecipare alle decisioni familiari su basi di eguaglianza; 4) nel mercato del lavoro non sempre le donne sono penalizzate rispetto ai partner maschili: per esempio, le infermiere Filippine negli Stati Uniti, hanno uno status professionale facilmente trasferibile, ricevono salari rispettabili; 5) la dedizione alla sfera domestica e dei familiari è stata riletta come luogo di protagonismo e iniziativa, tanto nei contesti delle società tradizionali che in quelli di immigrazione; qui sono le donne, le quali quando hanno la possibilità di movimento a costruire reti, possono gestire importanti funzioni di mediazione culturale, soprattutto sotto il profilo della conservazione di abitudini, rituali, nella trasmissione ai figli di valori che richiamano la loro identità ancestrale e il mantenimento della pratica religiosa. 6) nei rapporti con le società ospitanti sono tessitrici di rapporti e promotrici di processi di integrazione. Famiglie in emigrazione osservazioni che pongono in discussione visioni convenzionali delle migrazioni familiari: il concetto di famiglia viene applicato è definito dai paesi riceventi, le famiglie nucleari di tipo occidentale, mentre abbiamo concezioni di famiglie più allargate tipiche di altre culture; vediamo come la famiglia immigrata, che ha valori, tradizioni diverse rispetto alla famiglia della società ricevente, la quale è moderna. Si crea, così, un rifiuto rispetto ad affetti patriarcali che riguardano le famiglie immigrate che si devono adattare ad una realtà diversa, quella delle società riceventi, nelle quali si produce la crescita di famiglie monogenitoriali e anche la nascita di figli fuori dal matrimonio; è in discussione l'idea che le donne siano costantemente sacrificate in migrazioni familiari e registrino un regresso nelle condizioni di vita, autonomia, opportunità di lavoro. Gli immigrati, tendono ad avere un ruolo attivo nel definire la vita familiare, all'interno delle famiglie dei soggetti possono tentare di plasmare affetti familiari o modellarli in senso più favorevole ai propri scopi, attraverso la reinvenzione delle tradizioni. L'immagine della famiglia immigrata coesa e tradizionale, è un'immagine stereotipata. Le famiglie transnazionali: i membri di questa tipologia di famiglia sono spesso adulti, vivono in paesi diversi rispetto ai figli. Sono le donne che hanno indotto gli studiosi a introdurre tale categoria. In questa categoria si pone l'attenzione agli sforzi e alle sofferenze per mantenere i contatti con il nucleo familiare, tramite brevi rientri o mezzi di comunicazione per partecipare a eventi familiari e a decisioni più rilevanti. Si assiste a tal proposito ad una dislocazione affettiva: l'amore per i figli si traduce nell'allontanarsi da loro e cercare di guadagnare il più possibile per loro, dall'altra parte i figli vivono in solitudine, così aumenta l'insicurezza e la vulnerabilità, diventando "degli orfani sociali". Alle pratiche di cura familiare a distanza si aggiunge il flusso economico garantito dai guadagni che le donne emigrate riescono a percepire, questi sono aspetti di transnazionalismo dal basso: le madri che lasciano i figli in patria sono grandi produttrici di rimesse, ossia un progetto migratorio concentrato sul benessere e lo studio dei figli. Le strategie delle famiglie transnazionali, per rispondere alla separazione fisica consistono nella gestione delle frontiere: i mezzi usati dai membri per cercare spazi familiari sono i legami relazionali in situazioni in cui i rapporti di parentela sono dispersi dall'emigrazione. La gestione delle parentele è il modo in cui gli individui stabiliscono, mantengono o troncano i rapporti con altri membri; come la distanza, i tradizionali ruoli si ridefiniscono, senza convivenza fisica si ripensano i legami emotivamente significativi, ricreando la propria vita familiare. Al centro dei legami familiari, soprattutto per le madri, si attesta il nucleo duro del rapporto con i figli: la volontà di prendersene cura anche a distanza, il caring è un aspetto cruciale, si riflette nelle relazioni con i congiunti, nelle modalità comunicative, nei comportamenti economici (ad es. si rinforzano i contatti con la persona che si prende cura dei figli, si troncano se si rivela inadeguata). Non esiste un solo tipo di famiglia transnazionale ma una pluralità di strategie di adattamento alla separazione: 1) famiglie transnazionali circolanti: consiste in una mobilità geografica in entrambe le direzioni (dal paese di origine all'Italia e viceversa), i rientri delle madri sono abbastanza frequenti , le visite e le vacanze dei figli in Italia. 2) famiglie transnazionali intergenerazionali: consistono in lavoratrici-madri che sono spesso hanno un'età più matura e i figli grandi, contano di rimanere solo qualche anno, cercano di massimizzare i benefici economici, godendo di libertà di movimento impensabili in patria. Provengono soprattutto dall'Europa orientale ( Ucraina, Moldova); 3) famiglie transnazionali puerocentriche: madri con figli ancora giovani, impegnate in accudimento distanza; orientate alla permanenza in Italia, in questa tipologia troviamo le latinoamericane che pensano all'investimento degli studi in patria dei loro figli, ma anche le donne Filippine che pensano alla mobilità internazionale. Ricongiungimenti familiari: le famiglie interessate da un periodo di separazione forzata, fisica o culturale dalle loro famiglie, che hanno vissuto per un periodo più o meno lungo separati e in contesti culturali ed economici diversi. Nei paesi occidentali il ricongiungimento familiare è diventato il principale canale di ingresso per i nuovi immigrati, le istituzioni liberali cercano di limitare il diritto al ricongiungimento familiare, ad esempio in Italia, sono previsti determinati standard economici abitativi per poter essereci un ricongiungimento familiare. A questo proposito troviamo tre tipologie di famiglie dell'immigrato: la famiglia che vive la separazione, il tempo della lontananza dei legami affettivi per effetto della distanza rinsaldati da qualche ritorno, questi consistono in un momento di ricomposizione del nucleo; la famiglia ricomposta e diversa dalle precedenti, i protagonisti sono cambiati, i figli cresciuti, i coniugi divenuti indipendenti. Il ricongiungimento familiare è un nuovo inizio. Ci possono essere alcune varianti a complicare questi processi (che spesso durano molti anni): il ricongiungimento familiare con ruoli rovesciati, ossia i mariti sperimentano la frustrazione, la perdita di ruolo, il prestigio nella famiglia; il ricongiungimento familiare altera profondamente i presupposti tradizionali dei rapporti di genere. Anche per questi motivi i ricongiungimenti familiari dei mariti, oltre che per difficoltà economiche e burocratiche, avvengono in modo informale. Altro caso riguarda le madri sole, il ricongiungimento con i figli ormai adolescenti, si formano compagini familiari fragili, per ragioni economiche, carenza di tempo da dedicare ai figli, difficoltà con un concetto sintetico, capace di rilevare ciò che li accomuna e li distingue dai coetanei a cui non attribuiamo un tratto riconducibile ad un'esperienza di immigrazione personale o familiare. Qui si pone un nodo problematico, nel testo ci si pone la domanda: fino a che età si può parlare di seconda generazione? Si introduce a tal proposito una visione graduata, le generazioni dal primo anno ai cinque anni di età cominciano il processo di socializzazione a scuola primaria in un paese di origine, ma completano l'educazione scolastica all'estero. coesione sociale processi di integrazione il timore della società adulta e che i giovani non accettino di assimilarsi alla comunità di appartenenza. Il caso delle seconde generazioni rimanda alla tensione tra l’immagine sociale marginale, collegata all'occupazione umile dei genitori e alla inculturazione, ma anche agli stili di vita. Il problema si pone in quanto hanno assimilato gusti, aspirazioni, modelli di consumo dei coetanei, pertanto non sono disposti ad accettare condizioni subalterne dei genitori. Può verificarsi una dissonanza tra socializzazione culturale implicitamente riuscita ed escursione socio-economica, con il rischio di alimentare un potenziale serbatoio di esclusione sociale, devianza, opposizione alla società ricevente e alle sue istituzioni. L'integrazione delle seconde generazioni, visioni a confronto: impianto strutturalista: i figli sono permanentemente svantaggiati e condannati ad essere esclusi da occupazioni migliori; l'insuccesso scolastico sanziona la discriminazione sociale. L'impostazione diffusa tra gli studiosi europei, riflette il contesto meno ricettivo all'insediamento permanente. Il paradosso della integrazione riguarda il fatto che, mentre genitori rimanevano invisibili, inseriti in occupazioni con pochi lavoratori nazionali, i figli si proiettano verso un arco molto più ampio di opportunità ambite anche, espandendosi in situazioni in cui è possibile incontrare razzismo e discriminazione. Il minore successo scolastico, in molti casi è dovuto alla percezione di un trattamento discriminatorio che incide sulla motivazione allo studio e sulla disponibilità alla formazione. Da questi processi discenderebbe una crescente specifica condizione di povertà delle comunità migranti in Europa; letture neo-assimilazioniste, queste sostengono che l'assimilazione continua ad avvenire sempre e comunque anche non intenzionalmente. I figli degli immigrati apprendono la lingua, progrediscono negli studi, abbandonano le nicchie di specializzazione della loro comunità di origine, si sposano in misura maggiore con autoctoni. Brubaker da due significati del concetto di assimilazione: 1) l'assimilazione può essere vista come un processo generale e Astratto: l'aspetto centrale è che l'assimilazione è un processo per gradi; 2) l'assimilazione e anche vista come un processo specifico e organico, in grado di assorbire, incorporare le trasformazioni che avvengono all'interno della società. Per Brubaker, l'assimilazione è un processo sociale che avviene a livello aggregato, largamente non intenzionale e spesso invisibile, rappresenta una conseguenza di azioni scelte e individuali; va perseguita normativamente non in campo culturale ma a livello socio-economico. Sono soprattutto i contesti extraeuropei, quelli più aperti all'immigrazione in questa direzione, ad esempio l'Australia, ha un'impostazione assimilazionista in senso prescrittivo e monoculturale; La posizione intermedia la si può avere nelle grandi città americane, dove l'assimilazione dei giovani nell'ambito di comunità marginali in cui si trovano a crescere insieme a minoranze interne più svantaggiate, questi proiettano la convinzione di una discriminazione insuperabile da parte della maggioranza autoctona e un'idea di inutilità ad ogni sforzo di miglioramento. Per questi giovani della seconda generazione, la socializzazione prelude al fallimento. Oltre all'impostazione strutturalista, abbiamo il concetto di assimilazione segmentata, la quale intende cogliere la diversità dei traguardi raggiunti da varie minoranze: integrazione e accettazione sono possibili con il fallimento della marginalità. L'acculturazione selettiva: le minoranze in questo caso, sorgono nella cultura maggioritaria e gli aspetti che considerano sono positivi, ad esempio il valore dell'istruzione, l'impegno individuale per la promozione sociale e tendono a difendersi da influssi che reputano minacciosi, ad esempio, il consumo di droghe, i legami con altre comunità. Le reti delle diverse comunità migranti, costituiscono una forma di capitale sociale che influenza l'integrazione delle seconde generazioni con azioni di sostegno e controllo; i legami alle comunità immigrate possono favorire uno sviluppo di comportamenti in grado di rompere il circolo dello svantaggio e agevolare la mobilità sociale. Molte minoranze incoraggiano l'acculturazione selettiva, che può condurre ad una integrazione più efficace. Gli studenti bilingui hanno una maggiore autostima, aspirazioni più elevate, profitto scolastico maggiore della media. Tipologie delle forme di acculturazione: 1) Consonante: è un percorso classico attraverso cui i migranti si assimilano, abbandonano la lingua e le abitudini per abbracciare quelli della società ricevente, in questo caso si ha un rapido passaggio al monolinguismo; 2) Resistenza consonante: chiusura nella cerchia dei connazionali, in cui si attuano pratiche culturali linguistiche del paese di origine, non si fanno passi verso l'integrazione dei genitori e dei figli; 3) Dissonante (I): questo è il caso tipico di conflitto intergenerazionale nell'emigrazione, determinato da una rapida acculturazione dei figli e il loro rifiuto di mantenere legami culturali che richiamano le origini dei genitori, cui questi ultimi rimangono attaccate, quindi si assiste ad una divaricazione dei percorsi di inserimento; 4) Dissonante (II): i genitori perdono i legami e il sostegno della cerchia dei connazionali, rimanendo indietro rispetto ai figli nei processi di assimilazione, vedendo ormai superata l'autorità e il ruolo di guida nei confronti dei figli; 5) selettiva: riguarda l'apprendimento di abilità necessarie per inserirsi nel nuovo contesto; genitori e figli si muovono di comune accordo su due binari, riducendo il rischio di conflitti, salvaguardando l'autorità genitoriale e promuovendo l'efficace bilinguismo nelle nuove generazioni. Istituzioni mediatrici La famiglia: si assiste ad una ambivalenza tra il mantenimento dei codici culturali tradizionali e il desiderio di una integrazione e ascesa sociale nella società ricevente. La frammentarietà della rete parentale rappresenta un ostacolo alla capacità educativa della famiglia, laddove non si formano congregazioni coese della comunità a cui si appartiene. I figli presto si trovano in una situazione più avanzata dei genitori, soprattutto per la padronanza della lingua, nella società ospitante. Il problema dell'identità culturale, fa emergere la divergenza tra ciò che i genitori considerano valori irrinunciabili da trasmettere ai figli e ciò che i figli sperimentano negli altri ambiti; a tal proposito si assiste ad un rovesciamento dei ruoli: i figli assumono precocemente responsabilità adulte nei confronti della società ospitante, fino a diventare genitori dei genitori. Ciò indebolisce l'immagine dei genitori e il loro ruolo di guida nella crescita dei figli; la precoce perdita di autorevolezza, fornisce stereotipi che colpiscono i genitori e si ripercuotono sulla stima dei figli nei loro confronti, quindi si ha la tendenza a fuoriuscire da forme di integrazione subalterna accettata dai padri. Tutto questo porta ad un'attenzione nei confronti della trasmissione dei modelli culturali ispirati alla società di origine, così come conosciuta dai genitori, a volte idealizzandola, i modelli in cui convergono è il desiderio di controllo sul comportamento dei giovani, con la conseguente riaffermazione dell'autorità genitoriale. Riguardo alla dissonanza generazionale, i figli non si collocano sugli stessi livelli di aspirazione dei genitori e non si conformano alla loro guida; le problematiche di genere e gli equilibri interni alla famiglia determinano pressioni conformistiche più forti nei confronti delle figlie, mentre maggiori problemi sociali riguardano i figli maschi. I valori egualitari, l’enfasi nella conquista dell'autonomia personale, l'emancipazione femminile sono avvertiti come pericoli per i valori patriarcali. Questo determina questioni culturali intrecciate con problemi strutturali che afferiscono alla precarietà economica, con sistemazioni abitative provvisorie, di scarsa qualità, scarse dotazioni di servizi e luoghi di aggregazione; per i ragazzi ricongiunti non piccolissimi, l'arrivo in società ricevente rappresenta un arretramento delle possibilità di consumo e status sociale in patria, infatti, dopo il ricongiungimento familiare dovrebbero adattarsi ad uno stile di consumo più sobrio. Tipologie di Forme di identificazione degli adolescenti 1) Adolescenziali: di solito le femmine, dai 14 ai 16 anni di età, nate in Italia, hanno un'identità tipicamente adolescenziale, in cui si ha un conflitto su questioni generazionali perché hanno il desiderio di autonomia e libertà tipico dell'età, questo è sentito maggiormente dalle ragazze, in quanto hanno più restrizione dei maschi; 2) Integrati: ci riferiamo a giovani adulti, in cui non sono rilevanti le differenze di genere e il luogo di nascita. Non si definiscono facendo riferimento ad attributi di specifiche comunità migranti, in questo caso non emerge alcun conflitto: sia per il superamento dell'età adolescenziale, sia per l'elevata anzianità di residenza in Italia. 3) Ribelli: sono prevalentemente giovani maschi, arrivati recentemente in età adolescenziale, non hanno rielaborato ancora la separazione e il ricongiungimento; il legame è ancora molto forte con il paese di origine e il conflitto con i genitori è dovuto a conseguenze di una migrazione non voluta e non accettata; 4) Conservatori: consistono in due gruppi, giovani nati in Italia che hanno interiorizzato un modello educativo dai genitori che sono ambasciatori della cultura di origine, senza entrare in conflitto con la società; poi troviamo i giovani emigrati in preadolescenza e che, essendo da tempo in Italia, hanno superato il trauma del distacco è rielaborato la migrazione, senza perdere il legame con le proprie origini. La scuola: rapporto con il sistema educativo articolato, il quale va oltre le visioni assimilazioniste e strutturaliste: le risorse e le strategie delle famiglie, la loro capacità e determinazione nel favorire la carriera scolastica dei figli. Il livello di istruzione dei genitori può essere un elemento che favorisce il successo scolastico dei figli. I panorami di ammissione dei nuovi immigrati basati sulla preferenza per soggetti ad alta istruzione presentano un vantaggio collaterale, ossia maggiore sarà la probabilità di una buona integrazione dei figli nel sistema educativo e professionale; il funzionamento dei sistemi scolastici, il loro grado di apertura nei confronti di alcuni che hanno un background linguistico culturale diverso, vengono accompagnati nel loro inserimento all'educazione interculturale come valore; il contesto di ricezione dell'immigrazione riguarda alcuni fattori (la possibilità di ingresso regolare, la modalità di inserimento nel mercato del lavoro, l'incidenza di pregiudizi) intervengono a plasmare queste possibilità di inserimento e promozione sociale degli immigrati, riflettendosi sui 5) realistico: lo Stato, in questo caso è visto come attore principale, unitario e relazionale, preoccupato per la sicurezza nazionale. I conflitti internazionali hanno storicamente influito sulle prime migrazioni, sia in direzione restrittiva che liberalizzate; 6) liberale o neo liberale: si ha una visione ottimistica della crescente interdipendenza internazionale attraverso lo sviluppo di istituzioni sovranazionali come veicoli di diffusione della democrazia e cooperazione economica. Altra classificazione basata sull’organizzazione dei controlli applicati a migranti di Brochmann: abbiamo i controlli esterni espliciti, messi in campo dagli Stati per governare l'accesso al territorio (ad esempio i visti e permessi di soggiorno); poi abbiamo i controlli interni espliciti, che si sviluppano come conseguenza di imperfezioni dei controlli esterni, per intercettare gli immigrati che soggiornano illegalmente (anche con ingresso regolare) affidato a forze dell'ordine; i controlli esterni impliciti, sono forme di regolazione non dichiarata o indiretta in materia di ingresso e soggiorno (ad esempio la restrizione del concetto di rifugiato); infine, abbiamo i controlli interni impliciti: processi di chiusura sociale che assumono la forma di barriere non dichiarate nei confronti dell'accesso a determinati ambiti, o dispositivi che li rendono dipendenti dal Welfare, ponendoli ai margini della società (ad esempio, a rifugiati non è concesso di lavorare legalmente). Sforzi di chiusura delle frontiere e i loro limiti. Lo scenario europeo, da priorità alla repressione dell'immigrazione regolare, con un crescente impegno nell'armonizzazione di procedure tra paesi membri; il passaggio da una fase restrittiva della prima migrazione realistica, capace di implementare la politica attiva degli interessi, dal quale si è avuto il risultato opposto. Gli sforzi governativi responsabili, fanno sì che ci sia una prospettiva di politica comune in materia di visti, incrementando l'efficacia delle procedure di espulsione, con un coordinamento dei controlli alle frontiere e la repressione del traffico di persone. La lotta all'immigrazione irregolare si può attuare attraverso delle iniziative: In primo luogo, i controlli devono essere esterni, con un rafforzamento della vigilanza alle frontiere, ci deve essere anche la cooperazione con paesi di origine e transito dei migranti; la carente volontà politica di combattere l'economia sommersa è una tendenza alla deregolamentazione del mercato del lavoro, che può riguardare gli appalti e subappalti, l'esternalizzazione di attività prima svolte in azienda che favoriscono l'informatizzazione dei rapporti di lavoro. Le ragioni che limitano il successo degli sforzi politici per regolare le migrazioni. solo eccezionalmente i paesi riceventi intervengono su variabili che operano nei paesi di origine favorendo l'emigrazione; la regolamentazione spesso una risposta a breve termine, formulata sotto una pressione dell'opinione pubblica, nei confronti dei processi a lungo termine; gli strumenti politici si focalizzano solo su una parte dei movimenti migratori è sul numero limitato di variabili, ad esempio, difficilmente incidono sugli status degli immigrati naturalizzati; le regole scontano una tensione tra il riconoscimento di diritti individuali e la gestione dei flussi migratori, ad esempio la definizione di quote di ingresso che riguarda l'immigrazione per lavoro, ma non i rifugiati; le popolazioni immigrate insediate stabilmente contribuiscono a produrre nuova immigrazione. La difficoltà politica a chiudere le porte viene confermata dal fatto che, sia pure con reticenza e selettività, tutti paesi dell'unione europea ammettono qualche forma di immigrazione per lavoro. Le autorizzazioni per lavoro stagionale (agricoltura, turismo o per lavoratori altamente qualificati (soprattutto in ambito sanitario). In Italia, il sistema delle quote di ingresso in linea di principio è programmata annualmente, non sempre ottemperano la previsione; il sistema è destinato a rispondere prevalentemente al fabbisogno di lavoro manuale, soprattutto stagionale. Altre restrizioni le troviamo nel diritto di asilo e ingresso per ragioni umanitarie. Gli anni successivi alla caduta dei regimi comunisti, ma anche successivi alle guerre balcaniche, l'unione europea è sempre più interessata dall'arrivo di rifugiati politico-economici e da chi ha uno status incerto e prospettive indeterminate. L'ultimo decennio ha previsto misure per ostacolare questo tipo di ingresso, ossia la responsabilizzazione dei paesi di transito o primo ingresso (lì il rifugiato deve presentare domanda di asilo e in caso di riconoscimento viene attribuito questi paesi l'obbligo di accoglierlo). Ragioni delle sanatorie. La periodica esigenza di avvicinare l'inquadramento istituzionale del fenomeno migratorio con la sua effettiva presenza sul territorio, determina la regolazione, che fa emergere varie situazioni di invisibilità. Alle sanatorie sono anche il prezzo da pagare alla scelta politica della chiusura delle frontiere. Possiamo trovare due principali dispositivi di sanatoria della condizione irregolare: Programmi di regolarizzazione: specifiche procedure a carattere straordinario, valide per periodi limitati e per certe categorie di stranieri (principalmente lavoratori); Meccanismi di regolarizzazione: tutte le altre procedure attraverso cui gli Stati garantiscono lo status legale, di solito sulla base della permanenza prolungata, per ragioni di salute, legami familiari. Le politiche più a lungo termine adottano una procedura solitamente aperta a regolazioni caso per caso. La diffusione di pratiche di regolamentazione nell'unione europea, ma il quadro è ancora quello di una determinazione non così netta tra immigrazione legale e non autorizzata. Questo determina le spiegazioni della tendenza ad incorporare ingenti flussi di immigrati irregolari, destinati a venire alla luce in un secondo tempo, questi sono riconducibili a cinque fattori: La convenienza economica: una risorsa per il sistema economico e sociale; inoltre le restrizioni alla possibilità di ingresso e soggiorno dei cittadini di paesi che si è in contrasto con altri interessi (turismo, viaggi d'affari); attivismo delle reti maggioritarie: arrivo e insediamento di immigrati irregolari è favorito dai connazionali già insediati al loro inserimento in rete più o meno fitta e coesa; il vincolo liberale: nelle democrazie liberali hanno l'onore nel vagliare i confini nazionali, di mostrare che i modi in cui mettono in atto la vigilanza non violano i diritti umani fondamentali; tali vincoli impediscono di attuare provvedimenti drastici (deportazione, pattugliamento armato) che nei paesi extraeuropei sono efficaci a stroncare il migrazioni regolari. Per diventare più efficienti nella repressione, le democrazie dovrebbero diventare meno liberali (in Italia, le disposizioni inaspriscono la regolazione degli ingressi, soggiorno non autorizzato il trattamento degli immigrati senza documenti, ha riguardato molte critiche sotto il profilo della tutela dei diritti civili costituzionalmente garantiti). I principi liberali attengono all'obbligo di fornire a migranti irregolari determinati servizi (cure sanitarie, istruzione); I costi economici delle politiche repressive più efficienti consta di una difficoltà pratica di attuare le espulsioni nei confronti di immigrati provenienti da paesi con cui non sono stati siglati accordi per la riammissione degli espulsi; il paradosso è che vengono identificati ed espulsi principalmente immigrati da paesi che cooperano in materia di controllo della migrazione e nella misura della disponibilità di risorse economiche logistiche che occorrono per attuare tali procedure. La produzione istituzionale di illegalità, si ha quando si nega ad un lavoratore immigrato l'abitazione, oppure quando non risponde a dei parametri regolati in un certo modo, quindi si incentiva indirettamente il fenomeno dei ricongiungimenti non autorizzati; norme più rigide per il mantenimento dello status regolare favoriscono la caduta in una situazione di irregolarità dei migranti. L'Italia è generosa nei confronti degli immigrati regolari, per pressione delle lobby pro immigrati formate dai sindacati, organizzazioni religiose, associazionismo volontario: una coalizione informale attiva nella tutela degli interessi della parte più emarginata degli immigrati, soprattutto nella richiesta di provvedimenti di sanatoria e promozione pensa favorire l'emersione del fenomeno. I tratti rilevanti dei provvedimenti di sanatoria in Italia: abbiamo un carattere collettivo e di massa: i provvedimenti con termini rigidi, preceduti da aspri dibattiti, concepiti organizzati in modo da produrre affollamenti le corde, lunghi i tempi di attesa, ma anche ci sono le difficoltà di un esame approfondito delle varie istanze, quindi la ricerca degli escamotage; riguardo la ricorrenza periodica, a scadenze ravvicinate: una sanatoria ogni tre anni e mezzo produce degli effetti distorsivi: aspettative e strategie di chi punta a emigrare per cercare lavoro in Europa (l'Italia appare come un paese in cui non mancano le opportunità di impiego in economia sommersa e in qualche anno è facile ottenere permessi di soggiorno); l'Italia è, per dimensioni geografiche, il maggior paese dell'unione europea del sud ed è il più interessato dalle migrazioni internazionali; infine, troviamo elevati livelli di discrezionalità lasciati ai burocrati che esaminano istanze, in occasione di sanatorie che danno luogo a casi di disparità di trattamento e contenziosi prolungati. Le ricerche sui regolarizzati: sono risultati i lavoratori precari, la contraddizione intrinseca nell'immaginare che gli immigrati, per ottenere e conservare lo status regolare, debbano avere un'occupazione stabile, quando il mercato li richiede per colmare esigenze relative a lavori instabili e precari. I confini tra immigrazione regolare e regolare sono tanti, il passaggio è frequente e dipendono dalle scelte regolative della società di accoglienza. Capitolo 9 Un modello transitorio, in cui l'immigrazione e' vista come un fenomeno di passaggio, sostanzialmente ignorato, che non sollecita un'assunzione di responsabilità e non viene fatto oggetto di politiche vere e proprie. Un modello lavoratore ospite, in cui l'immigrazione e' vista come una necessità economica temporanea, e le politiche locali assumono compiti limitati, di risposta a bisogni di base; Un modello assimilazionista, in cui l'immigrazione e' considerata come un fenomeno permanente, ma la sua alterità culturale è' ritenuta passeggera; Un modello pluralista, postmoderno, in cui l'immigrazione non solo e' assunta come un tratto permanente, ma si accetta il fatto che la sua alterita' sia destinata a persistere. Le politiche locali si svolgono pertanto al riconoscimento della diversita' all'interno di città multiculturali, allo sviluppo di azioni positive per l'empowerment delle minoranze e al sostegno delle organizzazioni comunitarie. Alexander distingue inoltre quattro ambiti di azione politiche, in ognuno dei quali si riscontrano approcci e misure diverse a seconda dei modelli di riferimento: 1. giuridico-politico, in cui trovano luogo istituzioni come i comitati consultivi degli immigrati e le relazioni con le associazioni rappresentative; in ambito socioeconomico, dove si collocano le misure relative all'inclusione nel favoreggiamento dell'ingresso irregolare, e il sostantivo smuggler potrebbe essere reso come "passatore", un vocabolo prelevato dalla storia del contrabbando: colui che dietro compenso aiuta dei clienti consenzienti a varcare illegalmente una frontiera, svolgendo le funzioni di agente di viaggio fuorilegge. Il secondo termine identifica il piu' grave fenomeno della tratta di essere umani, e il trafficante e' colui che fa entrare delle persone in un altro paese con l'inganno o con la violenza, per tenerle sotto il suo potere e sfruttarle in diversi modi (prostituzione, mendicita', lavoro coatto, ecc.) oppure per rivenderle ad altri trafficanti. Il punto decisivo consiste nel consenso e nella collaborazione attiva delle persone fatta passare attraverso le frontiere: nel caso del trafficking questi elementi mancano, oppure sono in vario modo estorti, mentre sono una componente imprescindibile dello smuggling Salt e Stein distinguono tre stadi del trafficking: la mobilitazione e il reclutamento dei migranti nei paesi d'origine; il loro viaggio attraverso i confini fra gli stati; l'inserimento nel mercato del lavoro e nelle societa' di destinazione. TRAFFICO DI ESSERI UMANI E SFRUTTAMENTO DELLA PROSTITUZIONE Vale la pena di approfondire ora il terzo stadio del trafficking nello schema di Salt e Stein, considerando il caso piu' noto e inquietante di sfruttamento di immigrati fatti entrare illegalmente nel nostro paese: l'ingresso di giovani donne straniere da immettere nel mercato della prostituzione. La questione, oggetto di diverse ricerche nel nostro paese. 1. In primo luogo, ancora una volta, l'ingresso e la rapida espansione di un' offerta straniera in questo ambito molto particolare di scambi economici trova un evidente riscontro in una domanda interna molto ampia e soddisfatta. Come e piu' che in altri casi, tuttavia, gli operatori stranieri (criminali) che si sono inseriti non hanno semplicemente colmato dei buchi, ma si sono rapidamente imposti come protagonisti autonomi del "mercato", stimolando anche una domanda aggiuntiva, grazie a prezzi competitivi, al fascino dell'esotico, all'offerta di ragazze molto giovani, alla stessa visibilita' della "merce" in vendita. 2. Un'altra analogia riguarda il rapporto tra l'emancipazione delle donne italiane e la loro sostituzione con donne straniere. Qualcosa di analogo a cio' che avviene alla luce del giorno e nella sfera domestica per il ricorso a collaboratrici familiari e assistenti domiciliari immigrate, sembra avvenire nel buio e per le strade con l'acquisto di rapporti sessuali a pagamenti. 3. Un terzo collegamento con gli argomenti gia' affrontati in precedenza riguarda l'incidenza di forme di specializzazione etnica. Capitolo 11: Pregiudizio, discriminazione, razzismo. Capitolo 11 Pregiudizio, discriminazione, razzismo Possiamo prendere le mosse da un'indagine effettuata in Olanda negli anni settanta del secolo scorso. I ricercatori chiesero a due persone di rispondere alle medesime inserzioni pubblicitarie per la ricerca di personale. Le risposte erano le piu' simili possibili: l'eta' era la medesima, l'esperienza lavorativa era piu' o meno la stessa, le lettere erano scritte allo stesso modo. L'unica differenza era la razza: uno dei rispondenti era bianco, l'altro di colore. Spesso soltanto il rispondente di razza bianca era invitato per un colloquio. Anche quando erano invitati entrambi, nella maggior parte dei casi la scelta cadeva sul candidato di razza bianca: per i ricercatori, fu una netta conferma della persistenza della discriminazione razziale. Si potrebbe pensare che il problema, in un paese avanzato e aperto come l'Olanda, sia stato superato. Ma una decina d'anni fa l'esperimento e' stato ripetuto, questa volta in uno studio sulla selezione del personale nelle agenzie di lavoro temporaneo, e di nuovo la discriminazione razziale e' risultata essere una pratica diffusa. In Gran Bretagna, altro paese con una solida tradizione di impegno contro le discriminazioni, ricerche analoghe hanno prodotto gli stessi risultati: nel settore medico, negli anni novanta, i ricercatori scoprirono che, a parita' di curriculum, i candidati con un nome asiatico avevano la meta' delle possibilita' di essere ammessi a un colloquio di selezione per un posto in ospedale, rispetto a quelli con un nome anglosassone; Alla base del pregiudizio stanno meccanismi operativi tipici dei processi cognitivi delle mente umana: la conoscenza richiede classificazione, ossia distinzione e ordinamento degli "oggetti" in categorie in una certa misura precostituite. Tendiamo a conoscere generalizzando, ossia costruendo categorie collettive e riconducendo a esse i casi individuali che, a un sommario esame, ci sembrano riconducibili alle categorie con cui abbiamo gia' familiarita'. Questo modo di operare comporta preziosi risparmi di energie: pensiamo per esempio al fatto che il camice bianco, in un ospedale, ci aiuta a identificare immediatamente una persona come medico; oppure la divisa, in una grande piazza, puo' consentirci di individuare rapidamente l'agente di polizia municipale a cui rivolgerci per chiedere un'informazione. Il problema nasce quando i processi di categorizzazione danno luogo a forme di generalizzazione indebita, che consistono nell'attribuire a tutti i membri di un determinato gruppo sociale alcuni comportamenti o caratteristiche rilevate o sperimentate con uno o con alcuni individui del gruppo. Dai pregiudizi nascono gli stereotipi, ossia rappresentazioni rigide, standardizzate, per lo piu' intrise di valutazioni stigmatizzanti, che si applicano a gruppi sociali considerati collettivamente, appiattendo le differenze tra i casi individuali e semplificando la definizione della realta'. Questo avviene quando si comincia a pensare e a ripetere, per esempio che "gli africani sono pigri", o che "gli zingari rubano", o che "gli albanesi sono violenti", oppure che i "cinesi sono mafiosi"; o anche, per citare esempi piu' miti non meno pericolosi, che le "filippine sono brave domestiche, docili e sorridenti", o che i marocchini "sono commercianti nati", e si potrebbe continuare a lungo. Un derivato del pregiudizio etnico e dell'etnocentrismo e' la xenofobia, ossia l'atteggiamento di rifiuto o di paura nei confronti degli stranieri, che nell'esperienza delle societa' interessate dall'immigrazione internazionale si esprime principalmente come ostilita' nei confronti degli immigrati. LE DERIVE RAZZISTE: PRATICHE E IDEOLOGIE Questo complesso di atteggiamenti si traduce in quello che Taguieff, uno dei maggiori studiosi della questione, definisce, "pensiero razzista ordinario", ossia il razzismo diffuso, vago, non tematizzato, che consiste "nell'interpretare la distinzione tra Noi e Loro, o tra Noi e gli Altri, come una distinzione tra due specie umane. La complessita' del fenomeno ha dato luogo a diversi tentativi di spiegare le ragioni per cui si sviluppano le diverse manifestazioni di xenofobia e razzismo. Seguendo Wimmer possiamo distinguere quattro approcci. 1. Teorie della scelta razionale: xenofobia e razzismo deriverebbero dalla rivalita' competitiva tra immigrati e popolazione autoctona per l'accesso a risorse scarse, come i posti di lavoro e l'edilizia sociale. 2. Teorie funzionaliste: sono quelle che riconducono la xenofobia alla differenza culturale e all'incapacita' di assimilarsi degli immigrati, in quanto provenienti da societa' arretrate, che non hanno conosciuto la riforma protestante e l'illuminismo, oppure in quanto sprovvisti di adeguati livelli di istruzione e qualificazione professionale. 3. Teorie fenomenologiche discorsiva, le piu' recenti, che legano i fenomeni xenofobi a una trasformazione sociale in cui certe promesse politiche, come quella del welfare state, non possono piu' essere mantenute e si diffondono tensioni anomiche in ampi strati della societa', ponendo in crisi l'identita' collettiva e la sicurezza di se' che sarebbero necessarie per gestire relazioni pacifiche con le popolazioni immigrate: l'ostilita' verso gli stranieri diventa allora un modo per rinsaldare l'identita' nazionale e suoi confini. Il razzismo conosce poi una variabilita' nel tempo, quanto a bersagli dell'ostilita', e puo' spostarsi su altri gruppi etnici o nazionali, di solito neoarrivati. Non dovremmo dimenticare pero' che in tempi neppure troppo lontani, in America e nell'Europa settentrionale, gli immigrati etichettati come diversi e inferiori erano in primo luogo proprio gli italiani. Le ricerche storiche hanno mostrato che persino la percezione delle differenze fisiche, "razziali", dipende dall'accettazione sociale. Come spiegava Ignatiev in un libro dal titolo emblematico, Come gli irlandesi divennero bianchi, gli immigrati irlandesi, al loro arrivo in America, non erano considerati di razza bianca, e non solo a livello popolare, ma anche con dovizia di argomentazioni "scientifiche", erano bollati come "i negri d'Europa". Un altro ordine di considerazioni riguarda l'evoluzione del razzismo intellettualmente elaborato, talvolta definito come razzismo in senso proprio o in senso stretto. A differenza del razzismo ordinario o popolare che ha natura informale e irriflessa, questo pensiero razzista e' il frutto di una costruzione intellettuale che ambisce a una dignita' scientifica. Puo' essere infatti definito, secondo l'UNESCO, come "qualsiasi teoria che stabilisca una superiorita' o un'inferiorita' intrinseca di gruppi razziali o etnici, in basa alla quale si riconosca agli uni il diritto di dominare o di eliminare gli altri, presunti inferiori; o che fondi dei giudizi di valore su una differenza razziale". Al centro del razzismo classico o biologico stava dunque la nozione di "razza", costruita per analogia con le differenze tra le specie animali, basata sulla continuita' tra l'aspetto fisico e le qualità' intellettuali e morali, nonche' sulla superiorita' della dimensione collettiva su quella individuale, ossia sulle doti e le attitudini dei singoli. Le concezioni razziste servivano dunque a classificare le razze in ordine gerarchico, distinguendo razze superiori e razze inferiori, e fondano infine concezioni politiche tese ad attuare le idee relative alle differenze razziali. Si parla in proposito di due forme di questo razzismo classico. 1. secondo la prima (eterorazzizzazione) la razza sono gli "altri", diversi e inferiori, da sterminare o sottomettere; 2. per la seconda (autorazzizzazione), la razza siamo "noi", gli eletti, insigniti di un diritto naturale al dominio. I PROCESSI DISCRIMINATORI La discriminazione razziale consiste in comportamenti concreti che penalizzano singoli e gruppi in ragione di fattori come la nazionalita', la religione, l'apparenza fisica. Piu' precisamente, nei termini di Taguieff, la discriminazione puo' essere definita come: trattamento differenziale e ineguale delle persone o dei gruppi a causa delle loro origine, delle loro appartenenze, delle loro apparenze o delle loro opinioni, reali o immaginarie. Il che comporta l'esclusione di certi individui dalla condivisone di determinati bene sociali. Si possono poi distinguere negli studi sull'argomento diverse forme di discriminazione "razziale" ma non si tratta di una vera e propria classificazione, bensi di una sintetica rassegna delle questioni poste in rilievo da una letteratura che spazia dal diritto, alla politologia, all'economia. 1. Gli immigrati incontrano anzitutto forme esplicite o dirette di discriminazione. Quando per esempio si leggono gli annunci che propongono abitazioni in affitto, ma con la precisione che non si desiderano inquilini immigrati, si e' un presenza di una forma di discriminazione di questo tipo: per il solo fatto di essere immigrato, un soggetto e' escluso da un certo rapporto economico. La possibilita' di discriminazione e' insita in uno dei capisaldi delle nostre societa', ossia il libero mercato, con il connesso diritto da parte dell'imprenditore di scegliere liberamente chi assumere o con chi intrattenere rapporti economici. Va tuttavia osservato che molti paesi, compreso il nostro, si sono dotati di leggi per proteggere immigrati e minoranze etniche almeno contro le forme piu' evidenti di discriminazione, e che nel paese liberista per eccellenza, gli Stati Uniti, il sistema giudiziario e' particolarmente severo in proposito. 2. A volte pero' la discriminazione e' insita nelle stesse norme giuridiche. Si parla allora di discriminazione istituzionale. Questa consiste in limitazioni della possibilita' di accedere a determinate occupazioni, diritti o benefici, attuata dalle istituzioni pubbliche delle societa' riceventi, sulla base della cittadinanza, senza che questi vincoli siano rilevanti per la mansione e senza che vi sia una questione di sicurezza nazionale. 3. La discriminazione implicita o diretta, spesso intrecciata con quella istituzionale, tanto da essere a volte identificata con essa, ricorre invece quando disposizioni e pratiche sociali apparentemente neutre, giustificate, dotate di fondamenti razionali, adottando criteri generali, di fatto penalizzano o favoriscono alcuni gruppi etnici. Quando, per esempio, nel mercato del lavoro i requisiti professionali richiesti o le pratiche di reclutamento sono in teoria uguali per tutti, ma nella pratica trattano alcune componenti etniche piu' favorevolmente di altre. Si parla anche in questo caso di discriminazione oggettiva, che puo' operare senza la volonta' di discriminare, e chi si puo' desumere "in base alla enorme sproporzione tra eventi diritto o aspiranti a una certa posizione appartenenti a un gruppo minoritario e coloro che la ottengono di "fatto". 4. Molto frequenti nel mercato del lavoro sono infine comportamenti riconducibili a forme di discriminazione statistica. Si intende con questo termine, coniato dall'economia del lavoro americana, l'attribuzione a un intero gruppo sociale di atteggiamenti, caratteristiche, comportamenti, effettivamente osservabili in alcuni soggetti appartenenti al gruppo. LA DISCRIMINAZIONE SUI LUOGHI DI LAVORO La ricerca di Rathzel in Germania ha distinto quattro forme di discriminazione sui luoghi di lavoro. La discriminazione nella gerarchia occupazionale esistente: si riferisce al fatto che i lavori meno attraenti, piu' pericolosi, piu' dannosi per la salute e peggio pagato sono attribuiti in larga misura a lavoratori di origine immigrata. 2. Discriminazione al di fuori della gerarchia occupazionale: si riferisce a pratiche applicate solo a lavoratori immigrati, tese a collocarli al di fuori della struttura organizzativa, come il ricorso a contratti a breve termine, o l'imposizione di obblighi extracontrattuali, come quello di pulire l'area di lavoro loro e dei colleghi. 3. Discriminazione attraverso il trattamento egualitario: si riferisce all'applicazione di regole universalistiche a casi e situazioni che meriterebbero invece una maggiore flessibilita' e considerazione delle diversita' etnico-culturali: per esempio, e' considerato normale che i lavoratori musulmani vengano assegnati ai turni di lavoro che cadono durante le festsivita' natalizie, ma non che si venga loro incontro