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Sociologia della Comunicazione e dei Media Digitali, Appunti di Sociologia Dei Media

appunti sociologia a.a. 2021/2022

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 17/12/2021

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sofiab01 🇮🇹

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Scarica Sociologia della Comunicazione e dei Media Digitali e più Appunti in PDF di Sociologia Dei Media solo su Docsity! SOCIOLOGIA DELLA COMUNICAZIONE E DEI MEDIA DIGITALI Al centro della comunicazione e dei processi ci sono i MEDIA e il loro rapporto con alcune importanti azioni collettive: informarsi, formarsi un’opinione, produrre e consumare cultura, agire e mobilitarsi. > Pensiamo ad esempio a Greta Thunberg, che fa impatto sull’opinione pubblica per poi arrivare sul singolo territorio; ci sono sempre state mobilitazioni per salvaguardare l’ambiente, però la dimensione e la portata globale che riescono ad avere questi movimenti nel XXI secolo è sostenuta dai media. I media agiscono e funzionano sulla base dei nostri interessi pregressi, ad esempio Netflix esamina i We See gusti di ogni utente per proporre contenuti che i potrebbero piacere; EV E RYTH N G dl I media digitali e soprattutto la digitalizzazione ha cambiato queste relazioni: - le teorie classiche vanno riconsiderate - emergono questioni relative alla privacy e alla fiducia LA FORMAZIONE PUBBLICA Premessa: i media digitali oggi in Italia; noi oggi ci troviamo all’interno di un sistema mediatico fortemente attivo, così come riportato dal CENSIS. Siamo entrati in una nuova transizione digitale, che adesso coinvolge anche coloro che finora ne erano rimasti ai margini. Oltre all’informazione e all’intrattenimento, i dispositivi digitali hanno garantito la continuità di molte attività, pubbliche e private: dalle relazioni affettive e sociali al commercio elettronico, dallo smart working alla dad. Il commercio elettronico ha ricevuto una spinta notevole verso la digitalizzazione, potenziando i siti di e-commerce per mantenere un contatto con i clienti e facilitare le vendite, soprattutto durante la pandemia. Oggi giorno sono 46 su 60 milioni gli italiani dotati di una connessione a internet, tanto che 1’86,3% della popolazione italiana è convinta che l’accesso a internet deve essere garantito a tutti, ovunque e comunque (diritto di accedere a Internet). Ormai, internet è diventato uno strumento poliedrico e multifunzionale: per tenere contatti con i familiari, amici e conoscenti, per pagare le bollette, multe o tasse, per le attività del tempo libero ecc... Inoltre, c’è una spinta a voler sempre potenziare e migliorare la propria connessione rete; effettivamente solo il 14,4% della popolazione si dichiara contraria al 5G, ritenendolo dannoso per la salute (fortunatamente dato infimo). Il 54,3% ha paura delle frodi durante le operazioni bancarie o gli acquisti online, il 43,1% teme i rischi legati al libero accesso alla rete da parte dei minori (es. progetto di Instagram per under 13, che è stato immediatamente frenato per timore che i giovanissimi approdassero in rete troppo presto). Il 27,6% teme la possibile dipendenza dai social, mentre il 22% è spaventato dagli haters. Vediamo come l’opinione pubblica non si concentra molto sui possibili effetti del 5G, ormai ritenuto sicuro dalla maggior parte, bensì sulle nostre relazioni con la rete L’opinione pubblica varia da contesto a contesto, ovvero varia in base all’area geografica in cui ci troviamo; la nostra opinione personale non rimane completamente ‘slegata’ dal osto in cui ci troviamo: se ad esempio mi spostassi dall’Italia alla Spagna, acquisirei nuove informazioni e anche la mia opinione ne verrebbe influenzata. L’opinione pubblica si forma anche grazie a ‘piccoli’ gruppi sociali, o soggetti, che sono in grado di influenzare le idee delle persone. Ma cosè l’opinione pubblica? + è il giudizio e modo di pensare collettivo della maggioranza dei cittadini; riguarda, quindi, la sfera delle valutazioni personali (importante/ meno importante o giusto/ sbagliato). É, inoltre, l'insieme delle idee che un determinato agglomerato umano (città, nazione, gruppo di nazioni) ritiene giusto e vero in un determinato momento: è situata sia sul piano geografico che su quello temporale, perché i giudizi possono sempre modificarsi con il passare del tempo. É anche un sistema di credenze sulla cosa pubblica, non riguarda la sfera della vita privata; l’opinione pubblica non è mai qualcosa di unitario, ma è l’insieme delle correnti di opinione anche opposte dominanti in una società. Opinione pubblica e social media si integrano: pensiamo a quando qualcuno va a toccare l'opinione di un gruppo non ancora affermato, e per questo motivo particolarmente bellicoso e riluttante ad ascoltare altre opinioni (scontri di opinioni). A volte le piattaforme sociali stesse si fanno interpreti di un’opinione dominante, come quando censurano prontamente: ad esempio, quando Twitter ha bloccato l’account di Donald Trump per la violazione del proprio codice (incitazione all’odio) durante l’assalto di Capital Hill. La comunicazione attraverso i media viene intesa come uno strumento attraverso cui ‘legare’ la società: il termine ‘comunicazione’ viene inteso nell’accezione di ‘mettere in comune’, come ad esempio la scelta di rappresentare in maniera trasparente i campioni delle Paralimpiadi, attraverso la quale i media stessi si fanno strumento di formazione dell’opinione pubblica, puntando all’inclusività e alla normalizzazione delle disabilità (uso consapevole e strategico; alle volte i fenomeni nascono in maniera spontanea). Walter Lippman 1922 è Uno dei primi e più importanti studiosi dell’opinione pubblica; afferma: “Ciò che l’individuo fa si basa non su una conoscenza diretta e certa, ma su immagini che egli forma o che gli vengono date” > la formazione dell’opinione pubblica è tanto più importante, quanto più è complessa la società in cui si forma E i media? L’opinione pubblica nasce quando nascono le società moderne, quando le persone cominciano a leggere e interessarsi di politica, è legata infatti allo sviluppo delle forme di libera espressione da parte degli individui sulla cosa pubblica. É veicolata inoltre dall’alfabetizzazione, dalla formazione di circoli culturali e politici (luoghi prestabilite dove incontrarsi) e dalla diffusione dei media (molteplicità di fonti di informazione). fondamentali perché si possa parlare di Opinion Leader: 1. LITERACY': elevata esposizione ai media, tendenza alla ricezione di maggiori informazioni, essere più informati degli altri 2. COMMITMENT: elevato coinvolgimento ed interesse per determinati argomenti, passione per gli argomenti ricercati (passione per la politica, cinema, moda.) 3. SOCIEVOLEZZA: capacità di trasferimento di informazioni a gruppi di individui (gregari) che appartengono allo stesso gruppo sociale, ovvero innata predisposizione alla narrazione coinvolgente 4. LEADERSHIP: riconoscimento, dal basso del gruppo dei pari, del possesso di maggiori conoscenze del leader, che lo identificano come tale Inoltre, gli O.L. possono essere: - VERTICALI: soggetti che hanno le caratteristiche dell’Opinion Leader e comunicano attraverso i media (tradizionali e digitali), quindi non fanno effettivamente parte di un gruppo sociale e non ne conoscono i membri - ORIZZONTALI: soggetti che hanno le caratteristiche dell’Opinion Leader e che agiscono all’interno di reti sociali più o meno ampie - MONOMOREI: hanno rilevanza in un solo o in un numero limitato di campi - POLIMORFI: l’influenza esercitata non riguarda un solo argomento ma, più in generale, idee, atteggiamenti, propensioni e scelte politiche come di consumo. Prendiamo in considerazione i leader verticali e monomorfi (come, ad esempio, i virologi Bassetti e Capua durante la pandemia): * hanno visibilità attraverso i media * hanno una specifica area di competenza * hanno influenza in gruppi sociali differenti Notiamo come dagli studi degli anni ’50 di Katz e Lazarsfeld si sia mantenuta la concezione di Opinion Leader fino ad oggi, approfondendo ad esempio le figure imponenti nell’ambito farmaceutico e medico. TIPOLOGIE DI OPINION LEADER Vengono analizzati attraverso quattro chiavi: 1. Raggio d’influenza (locale/ globale) 2. Area della conoscenza (monomorfi/polimorfi) 3. Comportamento (positivo/ distruttivo) > in rete nascono O.L. egocentrici che tendono a passare dei messaggi che non necessariamente vanno a vantaggio dei follower; queste persone sono capaci di divulgare notizie false, o che incoraggiano comportamenti negativi o dannosi Tempo d’influenza (breve/ lunga) > in rete è facile che nascano degli O.L. molto influenti in brevissimo tempo, per poi scomparire molto velocemente; magari sono legati a una vicenda di cronaca Vediamo nel dettaglio gli Opinion Leader distruttivi: incoraggiano i seguaci a perseguire obiettivi che violano gli interessi legittimi dell’organizzazione, utilizzando uno stile di leadership che comporta l’uso di metodi di influenza dannosi per i follower. L'obiettivo è spesso l’auto- realizzazione carismatica, anche a discapito dei seguaci. —- Un filone di studi ha cercato di spiegare le caratteristiche degli Opinion Leader digitali: essere considerati esperti di un prodotto o un servizio (literacy) essere membro attivo di una comunità online (commitment) partecipare con alta frequenza e dare un contributo sostanziale essere considerato da altri utenti come soggetto che ha buon gusto in relazione alle decisioni di acquisto Notiamo come anche per gli Opinion Leader digitali sono presenti le stesse caratteristiche identificate da Katz e Lazarsfeld, ma integrate con il mondo social. —- I contenuti degli O.L. digitali dovrebbero essere caratterizzati da: Originalità: novità, innovazione e non convenzionalità; 1’ Opinion Leader deve portare contenuti nuovi ed espressi in maniera originale, allo stesso tempo autentici, in modo da risuonare particolarmente con i follower ed empatizzare (ad esempio: Chiara Ferragni costruisce la propria risonanza con i follower attraverso post più ‘naturali’, come i post struccata, in pigiama, oppure quelli sulla maternità) Unicità: distinzione rispetto agli altri Qualità: cura dei contenuti e della forma; attrattivi e dimensione estetica; comprensibilità e assertività; funzionalità alla creazione della reputazione, ovvero dev’ esserci una strategia di comunicazione Quantità: quantità di messaggi postati e frequenza di pubblicazione x Tra quelli analizzati sopra, i due fattori chiave che portano gli utenti a percepire qualcuno come O.L. sono l’originalità e l’unicità Questi Opinion Leader digitali funzionano bene se incontrano degli utenti di Instagram con alcune caratteristiche: - Propensione all’interazione online anche con chi non si conosce - Congruenza dei contenuti del profilo e interessi, gusti, personalità dei follower Xx I fattori principali dei follower che fanno ‘scattare’ gli influencer sono la disponibilità ad interagire e segnalare il profilo ad altri utenti * Indispensabile è anche la sintonia tra gli interessi personali, in grado di far seguire i consigli degli O.L. La Leadership d’opinione, anche su Instagram, si configura in due aspetti, sia da parte del Leader stesso che da parte dei follower: prendiamoli come due poli. Da una parte abbiamo le caratteristiche dell’account stesso, dall’altro il comportamento e le intenzioni dei consumatori (follower). GLI OPINION LEADER E TWITTER: PRIMO STUDIO Una delle piattaforme dove possiamo notare gli Opinion Leader è Twitter: è particolarmente interessante soprattutto per la centralità delle news, dove gli OL riescono ad interagire e agire sull’opinione pubblica; si è scoperto poi che esistono soggetti che fanno da ‘snodo’ per le informazioni importanti, ovvero ricondividono le news. L’altro elemento a rendere Twitter molto interessante è la molteplicità di flussi comunicativi e delle relazioni. Se su insta vediamo l’OL che stabilisce una relazione di influenza coni follower, su Twitter vediamo l’OL legato al meccanismo della condivisione, in modo da diventare fonte di informazione per tanti. Le informazioni circolano su Twitter tramite intermediari, che o ripubblicano delle info, oppure prendono direttamente le notizie dalle testate giornalistiche. Questi OL sono al centro della comunicazione per molte persone, diventando effettivamente la fonte di informazione principale per i follower. Ma chi sono questi Opinion Leader di Twitter? + La maggior parte non sono dei giornalisti, blogger o uomini politici, ma fanno parte di quel bacino di utenti comuni, e indipendentemente dal loro status all’infuori dei social, diventano snodi importanti per le informazioni. Anche su Twitter, questi intermediari hanno delle caratteristiche: * seguono più fonti d’informazione rispetto agli altri * hanno più follower e visibilità degli altri utenti * sono più attivi e più coinvolti degli altri utenti (commitment) Possiamo trovare, quindi, la conferma che anche su Twitter si crea una rete sociale nella questi processi avvengono allo stesso modo, dipende dalla società in cui ci troviamo: 1. Fase pre-moderna > Riesman definisce le società premoderne in quanto organizzate in piccoli gruppi sociali, come delle tribù di nomadi, con relazioni occasionali, dove tutta l’organizzazione sociale si esaurisce nei piccoli gruppi. Come si definiscono allora i comportamenti conformi? Si fa riferimento alla tradizione come bussola principale, spesso tramandata oralmente, agganciata a comportamenti adeguati e distinti per ruoli (nascita, genere, status) generalmente fissi e legati a rapporti famigliari o amicali. Raramente queste tradizioni possono mutare nel tempo. 2. Fase moderna > nelle società moderne i forti nuclei/gruppi di famiglie si spezzano, perché le persone si spostano altrove per vivere; cadono quindi i legami, ci si ritrova nella necessità di trovare altri modi per sviluppare la socializzazione, con individui che cambiano il proprio status sociale perché spaesati e lontani dal proprio gruppo, e quindi devono adottare un’altra strategia. In questo caso si sviluppa un allineamento più individuale, dove il singolo cerca di informarsi tramite i media per capire quali sono i comportamenti conformi a questo nuovo vivere. Ecco come i media svolgono un ruolo fondamentale nel guidare l’individuo, che sviluppa un rapporto di valori allineato ai media. Ci troviamo in un contesto mutevole e in continua evoluzione. 3. Fase post-moderna + nelle società post-moderne la mobilità delle persone diventa ancora più differenziato e vario, lo status sociale cambia rapidamente, e i media non bastano più a fornire una bussola in questa complessità: pensiamo a un individuo che si trasferisce dall’altra parte del mondo, dove si ritroverà una rete sociale completamente diversa. Nella post-modernità diventa sempre più importante avere una rete sociale ed esservi ben inseriti, perché la vita si fa molto dinamica. L’allineamento non avviene più in maniera individuale, bensì avviene all’interno delle singole reti sociali: le persone hanno bisogno di avere sintonia con le reti sociali (colleghi di lavoro, di università, di Paese), non è più sufficiente affidarsi solo ai media. Le persone si allineano quindi tenendo conto sia del luogo e del tipo di società, sia dei punti di riferimento dei loro gruppi primari (famiglia, scuola), però allo stesso tempo hanno bisogno di allinearsi alla rete sociale che in un preciso momento li accoglie: ecco come le persone hanno sviluppato la capacità ci monitorare il pensiero comune di un gruppo sociale per facilitare l’allineamento e non entrare in conflitto o essere esclusi. Neumann si appoggia alla spiegazione della società post-moderna di Riesman, accordando sul bisogno di inserimento e allineamento con una rete sociale. Le persone percepiscono infatti l’isolamento come un grande rischio, perché vengono a mancare i punti di riferimento e sostegno: come soluzione noi teniamo sempre sotto controllo i pensieri di chi ci sta intorno, soprattutto quando ci troviamo davanti a temi divisivi. Ma come facciamo a monitorare le opinioni? Principalmente attingiamo alle nostre esperienze personali e ai media, che si prendono l’incarico di raccontare le opinioni dominanti (non come nella società moderna, non stiamo cercando dei modi di comportamento, bensì stiamo indagando sull’opinione pubblica). Si forma così un’opinione pubblica duale, data dall’intreccio tra il racconto dei media e le nostre percezioni personali; queste due parti possono anche essere distoniche. Sulla base di quello che noi monitoriamo, decidiamo se esprimere pubblicamente la nostra opinione o meno: se ci troviamo in un contesto dove l’opinione altrui è completamente diversa, preferiamo non esprimerci pubblicamente. Qui si spiegano i risultati elettorali ‘sfalsati’ rispetto ai sondaggi, dove le persone tendono a non esprimere un’opinione se hanno la percezione che questa faccia parte della minoranza. La nostra voglia di parlare ed esprimerci è proporzionale all’opinione prevalente: più siamo d’accordo, più parliamo, meno siamo d’accordo con la rete sociale, meno parliamo, anzi rimaniamo in silenzio per paura dell’isolamento. Molte volte, quindi, si crea una distorsione: le altre opinioni esistono e non è detto che se non si sentano non valgono nulla. C'è quindi un’enfasi sulle opinioni dominanti che fa spesso perdere di vista ogni altra opinione, rendendone t centrale solo una (non nella realtà, ma a livello Discrapanza d'opinione percepita di parlato) Opinione Pubblica prevalente I media ci raccontano costantemente delle opinioni dominanti, delle volte anche in maniera distonica con la nostra percezione, però hanno comunque il loro peso. È ili | Noi non cambiamo idea, bensì tendiamo ad dg un allineamento con le altre persone proprio per l’effetto a spirale, specialmente quando i media decidono di rappresentare delle opinioni come minoritarie e di nicchia. Questo effetto è una vera e propria illusione ottica/acustica all’interno di una rete sociale. Tutto questo meccanismo lo vediamo bene con i media degli anni ’70, con la funzione di fornire le argomentazioni utili a spiegare la propria opinione e con carattere cumulativo, ovvero ripetendo molto le informazioni. I media del 2021 continuano a esercitare una funzione di allineamento, soprattutto in certi aspetti consonanti e coerenti; sono di fatto in grado di fornire contenuti messi a disposizione nelle piattaforme digitali e di raccontarci l’opinione dominante, volta a creare l’effetto spirale. Conclusione dello studio Neumann > i media, quindi, possono definire e porpore un’opinione come dominante, anche se non lo è LE MINORANZE RUMOROSE Katz identifica delle minoranze rumorose, ossia delle minoranze che riescono, per alcune caratteristiche precise, a farsi sentire e avere voce all’interno dell’opinione dominante. Le minoranze rumorose sono proprio un’inversione di tendenza; Anche i gruppi minoritari possono, infatti, generare un nuovo effetto a ‘spirale al contrario’ e configurare nuovi movimenti di opinione. Infatti, all’inizio degli anni ’70 iniziano a emergere delle opinioni discordanti con quella dominante, ma che pian piano prendono piede: un esempio proprio di quegli anni riguarda la nascita di movimento ambientalisti, in contrasto con l’opinione dominante mirata al guadagno e all’impresa che risultava allora come prevalente. É quindi possibile per i gruppi minoritari di ‘risalire’ la spirale del silenzio, ma non per tutti: ci sono alcune caratteristiche evidenziate da Elihu Katz che permetterebbero ai gruppi minoritari di essere incisivi. 1. I gruppi minoritari devono necessariamente avere accesso ai media, come la televisione, la stampa e la radio (oggigiorno intendiamo anche i social media) 2. Devono focalizzarsi su un tema molto chiaro, coerente e preciso, muovendosi in difesa di qualcosa di ben identificato; la coerenza si accompagna alla difesa di alcune posizioni a oltranza. Ad esempio, il movimento BLM (ormai non è più minoritario per fortuna) mira alla difesa e la tutela della vita degli afroamericani o neri, ed è ben chiaro sui propri punti e sulla difesa dei diritti. La diffusione dei movimenti è sicuramente favorita dal modo in cui esso stesso comunica, ad esempio slogan (Black Lives Matter), vari hashtags, che rendono molto identificabile il movimento e fanno sì che esso entri nella testa delle persone, esprimendo il punto fermo e riassuntivo del movimento stesso. 3. Esposizione con tratti distintivi per facilitare l’esposizione pubblica (questa caratteristica va ad aggiungersi nella nostra epoca) Adesso viviamo in un’epoca di minoranze rumorose, di movimenti che non si limitano a fare proposte più o meno convincenti, ma pretendono di imporle con manifestazioni di piazza nelle quali ciò che conta non è la validità della proposta ma il clamore che si riesce a suscitare intorno a essa. Alle volte è quindi necessario per questi movimenti di dotarsi di qualcosa che li renda ‘vistosi’ e visibili durante tali manifestazioni (es. Hong Kong e gli ombrelli gialli durante le proteste), perché con l’evolvere del sistema dei media diventa sempre più importante come ci si mette in scena al fine di raggiungere visibilità mediatica. I MOVIMENTI AMBIENTALISTI Il movimento Green Peace nasce nel 1971, come esigenza di porre attenzione all'ambiente. Iln primo elemento che diventa oggetto di attenzione del movimento sono gli esperimenti nucleari svolti in Alaska: i sostenitori temevano per la ricchezza dell’ambiente, che nell’ottica degli anni ’70 veniva completamente trascurata (era considerata la terra perfetta per gli esperimenti, data la scarsa popolazione), in favore della produzione di armi nucleari per la difesa degli USA. Cosa fanno gli attivisti di Green Peace per farsi riconoscere? Prendono una barca, salgono con alcuni giornalisti per facilitare la loro visibilità e partono per l’ Alaska; il suo intento è quello di fermarsi in una zona che sarebbe stata investita dalle radiazioni se gli esperimenti fossero continuati. Almeno per il tempo in cui gli attivisti e i giornalisti si trovavano sul posto, gli esperimenti si sono fermati, e questi hanno ottenuto la visibilità sperata, proprio perché l’azione si prestava bene ad essere raccontata e diffusa (è una performance che richiama il piccolo contro il grande, Davide contro Golia...). La risonanza mediatica che ricavano si basa proprio sul loro gesto eroico, riescono a far Qui vediamo bene la spirale del silenzio in azione: ci troviamo davanti a un tema divisivo, che vede protagonisti coloro che ritengono sia giusto il costante monitoraggio di informazioni e coloro che invece sono contrari. Il Pew Research Center realizza una survey sull’opinione delle persone sulle rivelazioni di Snowden, indagando quale sia la loro propensione a parlarne (di persona od online, con l’ipotesi che sui social sia più facile parlarne) e la percezione dell’opinione di coloro che circondano gli intervistati. La prima cosa che emerge da questo lavoro di ricerca è che le piattaforme social non sono un posto dove ci si sente più liberi, anzi gli americani risultano meno propensi a discutere il caso Snowden sui social media che di persona (86% vs 42%), l’idea è che in un contesto interpersonale gli intervistati riescono a monitorare le opinioni circostanti, mentre dietro a un computer no. A maggior ragione, coloro che di persona sono più reticenti a parlarne vedono i social come un luogo dove non affronterebbero mai l'argomento. Ifthe topic of the government survelllance programs came up In these settings, how willing would you be to join in the conversation? Ri ef ponulaton my cry veline a Eomowtat Wiling Same hat unt lr Van ume rg sita ‘omily dinner 40 ss 12 13 die a resti iran with Frieda s 39 14 14 Ae a commualii moo:ine ar si 16 18 dic ene Fui Ls 18 19 ij at za 35 Or Twitter (besed 01 Twitter ni E; ve % users Sauscò, Fave egaaroh Center INChIman Project Survey AUAueT i Sapraribor i, I0.LT M>1W0i adutne SEN HESSARDH CEMTER Risultati dello studio: online o dal vivo, gli americani risultano più disponibili a condivider le proprie opinioni se percepiscono di essere in sintonia con la propria audience; ritroviamo anche in questo caso la spirale del silenzio. Anche per quanto riguarda il contesto online, le persone risultavano due volte più sicure a intervenire in una conversazione su Facebook se percepivano che il loro network/followers erano d’accordo con la loro opinione. The Spiral of Silence revisited > Come riescono le persone a monitorare l'opinione pubblica attraverso i social? É chiaro che anche sulle piattaforme online i media possono influire (es. con profili istituzionali) rappresentando le opinioni dominanti, però esistono anche altri modi di monitoraggio: I Click speech: i like e le condivisioni, così come i commenti degli utenti, possono essere strumenti di interpretazione del pensiero della maggioranza. Questi indizi vengono maggiormente tenuti d’occhio da coloro che sono spaventati dall’isolamento. ISOLAMENTO In caso di espressione di un’opinione dissonante dalla maggioranza nei social media: = possono verificarsi forme di isolamento offline legate alla sovrapposizione delle reti sociali online e offline - online l’isolamento si manifesta nella forma dell’hate speech e degli attacchi personali. Quanto più i temi sono divisivi, tanto più le persone temono l'isolamento e hanno paura di esporsi troppo; la percezione di vicinanza dei soggetti verso cui bisognerebbe esprimere un’opinione dissonante è un altro elemento che favorisce l’innescarsi della spirale del silenzio: se noto che persone vicino a me hanno un’opinione contrastante, sono più portato a non esprimermi in merito; questo fenomeno è legato alla necessità di conservare la propria affidabilità sociale e non incrinare la propria rete di relazioni. Al di là di riuscire a monitorare la percezione dell’opinione pubblica circostante, leggere i commenti sui social può far capire all’utente la tipologia di post e come viene trattato l'argomento: può risultare più o meno polarizzato verso un’idea oppure neutrale, perché i commenti influiscono molto sulla nostra percezione (tuttavia questo studio che connette i commenti con i post è uno studio ancora in via di sviluppo). Questo può accadere anche con i film e le recensioni, dove le ultime impattano sulla nostra percezione. TEORIA DELLA COLTIVAZIONE Georg Gerber negli anni 70 introduce un allargamento sguardo riguardo l’opinione pubblica, definendo come i media contribuiscano alla formazione dell’opinione pubblica attraverso il loro storytelling. Noi attingiamo sia dai programmi prettamente informativi, sia dalle forme di storytelling Questa è una forma di Istorytelling, raccontando la vita della famiglia reale inglese; contribuisce a formare l’opinione pubblica fornendo un quadro linterpretativo dei comportamenti della Imonarchia inglese, il quale ha avuto una scena nell’opinione pubblica mondiale. Anche il programma Amici, a suo modo, è una forma di storytelling che va a formare l’opinione pubblica, perché anch'esso fornisce un quadro interpretativo per un determinato pubblico, ad esempio suggerendo quali sono i talenti più meritevoli; in entrambi i contesti, vediamo esposti dei comportamenti/dettagli influenti. Persino nelle scelte politiche e di voto, queste forme di ‘racconto’ hanno la capacità di incidere; in che senso però parliamo di storytelling? Le storie proposte e ripetute dai media, si riflettono sul nostro modo di vedere e interpretare il mondo e producono una visione che diventa sempre più omogenea e mainstream. Non basta raccontare una volta, ciò che incide è ciò che viene costantemente ripetuto. Funzione bardica Ai media viene riconosciuta la funzione bardica, ovvero di raccontare le storie della comunità; il bardo tradizionale trasformava la vita quotidiana e le sue preoccupazioni in versi, i media trasformano le nostre percezioni della vita quotidiana in un sistema di linguaggio, ovvero ci propongono mondi, comportamenti e atteggiamenti sotto forma di storie che narrano presente e passato. Josh Fiske e David Hartley nel 1978 sviluppano ulteriormente la teoria della coltivazione improntata sulla funzione bardica; si concentrano sulle varie funzioni dei media: * articolare l’interpretazione della realtà * coinvolgere in un sistema di valori, distinguendo tra ciò che va bene (accettazione della diversità) e ciò che non va bene (l’emarginazione) spiegare le azioni dei singoli, fornendoci le motivazioni e i rapporti di causa- effetto all’interno di una società rassicurare la cultura della sua adeguatezza o svelarne le inadeguatezze pratiche per farla evolvere, come mettendo in luce dei punti d’ombra della società (es. quadri descrittivi di Gomorra e Narcos) rassicurare che lo status e l'identità degli individui è garantito dalla cultura, ad esempio riconfermando alcuni ruoli sociali (forze dell'ordine, medici...) * trasmettere un senso di appartenenza culturale, condividendo un sistema di valori e una rappresentazione della realtà. Gerbner appoggia le funzioni individuate da Fiske e Hartley, e aggiunge una serie di temi sui quali i media esercitano maggior potere sulla formazione dell’opinione pubblica; all’intemo della loro programmazione, i media trattano temi che sono virtualmente in grado di generare un effetto di coltivazione a lungo termine. Per lo più i temi trattati riguardano stereotipi legati a: genere/ età * salute * scienza * famiglia * educazione * politica * religione * violenza Nel selezionare i contenuti spesso cerchiamo un sostegno informativo per rendere più articolata la nostra idea; inoltre, tendiamo a ridurre il costo di elaborazione delle informazioni, non facendo un grande sforzo con contenuti ‘già noti”. Attribuiamo inoltre un giudizio alla qualità dei media e cerchiamo una consonanza con l’audience (media audience homopily) attraverso la selezione ed esposizione di contenuti identitari. La selettiv , già di per sé, ha degli effetti: * i primi effetti possono avvenire già a livello del contenuto: alcuni di questi si possono evitare (se non sono interessata alla politica, non fruisco di contenuti o news politiche). * evita il discorso pubblico e politico o le news. * focalizza il consumo mediale su specifici argomenti, mettendoli in primo piano (spesso creando una visione distorta della realtà). * privilegia alcuni media rispetto ad altri perché ritenuti più affidabili e in sintonia. * privilegia contenuti e media vicini alle proprie posizioni culturali e politiche ECO CHAMBERS La rete produce (anche attraverso i social media) una diffusione indistinta di informazioni da molte tipologie di fonti diverse e spesso ‘disintermediate’. Si vengono quindi a creare delle ‘nicchie’ di persone con un’opinione totalmente controcorrente (es. terrapiattisti) perché vengono favoriti dagli stessi social. Ci arrivano quindi molte informazioni, di dubbia fonte, e sta a noi determinare quanto un dato contenuto sia affidabile o meno; infatti, i motori di ricerca non fanno distinzione tra le varie fonti, ma portano informazioni disintermediate all’utente. Se su Google cercassimo ‘terra piatta’, il motore di ricerca studierà i link aperti, per poi riproporli in una seconda fase: si crea proprio l’effetto della spirale del silenzio, ci sembrerà che i terrapiattisti siano molto di più del dato reale L’opinione pubblica si struttura molto a fatica proprio perché sono presenti queste ‘nicchie’, favorite dai social media, per cui l'opinione dominante ci mette più tempo ad affermarsi. Molto spesso questa risulta frammentata, come se contassero maggiormente le singole opinioni. Gli individui stessi si confinano in eco chambers, in cui trovano conferma e continua ripetizione del medesimo punto di vista (sintonico con il proprio). Queste camere dell’eco si costruiscono tra le nostre scelte selettive e la nostra predisposizione ad accogliere opinioni sintoniche con il nostro punto di vista. I rischi: le eco chambers favoriscono lo sviluppo di campagne d’odio comunicativo verso i ‘nemici’ (cybercascades), che in una prima fase vengono fatte circolare e sponsorizzate pesantemente per divulgarle o per attirare dei giudizi negativi, in modo tale da far circolare queste cybercascades; le eco chambers intercettano quindi anche la spirale del silenzio, facendo percepire queste nicchie come importanti e significative. Si vanno a formare, quindi, difficoltà di dialogo e autosegregazione per la ricerca di soluzioni comuni (sarebbe anche impossibile cercare di dialogare con qualcuno che non è scientificamente e adeguatamente informato sulla realtà). Le eco chambers generano un impatto sul dibattito pubblico: la capacità di espressione aggressiva e violenta di chi è chiuso nelle nicchie porta i politici a costruire relazioni specifiche con questi gruppi, mutuandone le forme comunicative. Generano, nella sfera pubblica, forti contrapposizioni e polarizzazioni tra individui, che influenzano anche le dinamiche sociali (assunzioni ecc.) Cass Sunstein crede che stiamo correndo un rischio: lo sforzo da compiere verso i media digitali è che le persone si imbattano spesso in opinioni diverse dalla loro, o in tematiche che non hanno specificatamente selezionato, in modo tale da mettere in luce tutti i punti di vista e diminuire gli scontri. Le eco chambers sono potenziate dalla presenza delle filter bubble (meccanismi di polarizzazione dell’informazione, prodotti dalle logiche degli algoritmi nei social media e dai motori di ricerca come Google), ovvero quella bolla intorno a noi costruita dai media digitali. Questi fenomeni dipendono anche dalle relazioni interpersonali al di fuori della rete: tante più persone reali si incontrano per esporre un’opinione, tanto più conosco i diversi punti di vista e non rischio di rimanere intrappolato in una bolla. Una ricerca su circa 10 milioni di utenti (conservatori, liberali, neutri): cosa differenzia la loro esposizione alle social news? In base a cosa cambiano i feed? > hanno confermato l’effetto della filter bubble, in base a: * la tipologia di ‘amici’: in base a com’è composta la mia rete di amici, vedrò delle notizie diverse sul feed; se i miei amici hanno punti di vista diversificati, avrò una fruizione di news molto diversificata, viceversa se le opinioni dei miei amici sono molto sintoniche. * i tipi di news condivisi: dopo aver condiviso qualcosa, i social ne tengono conto, e sarò portato a vedere lo stesso tipo di notizie in futuro. * modalità di interazione con il feed (frequenza di connessione, interazione con specifici amici, click su link e like a pagine): quanto più mi collego per leggere certe notizie, tanto più mi verranno restituite le stesse fonti/opinioni. La nostra bolla filtrata è quindi determinata da tre argomenti: la modalità di funzionamento degli algoritmi, a che tipo di rete sociale sono connesso e quelli sono le mie pratiche quotidiane di uso dei social media. Si tende a creare un contesto iper-personalizzato, la cui selettività è invisibile (perché operata dall’algoritmo e perché gli utenti ne sono spesso inconsapevoli) e dove gli utenti stessi sono passivi, perché le logiche di filtraggio non sono note. MISINFORMATION Tutti questi fenomeni si legano alla misinformation: è la circolazione (intenzionale o meno) di voci non confermate, che contribuiscono alla costruzione di una credulità collettiva, e alle volte di una verità credibile e condivisa. La misinformation è diversa dalle fake news, perché nel secondo caso sappiamo di trovarci davanti a una notizia falsa, mentre nel primo si tratta di voci non confermate. E bene sempre informarsi e documentarsi, per riconoscere una notizia vera da una falsa. La misinformation è alimentata dal fatto che, nei social media, il flusso di comunicazione visibile attraverso la bacheca di ciascun utente si compone di testi a diverso statuto: articoli prodotti dai media, meme satirici, commenti di persone comuni, opinioni di politici o personaggi pubblici; ad esempio, prendiamo in considerazione due foto scattate da una persona comune e da un giornalista davanti a un centro vaccinale: nel primo caso, la persona è passata di lì in un momento specifico della giornata in cui non c’era nessuno a farsi vaccinare, mentre nel secondo caso il giornalista ha passato l’intera giornata a monitorare il flusso di gente, attestando che in realtà c’era molta affluenza. Nessuna delle foto risulterebbe falsa, però ci troviamo davanti a due elementi molto diversi in termini di credibilità. Noi, però, sul nostro feed potremmo vedere entrambe le foto, appoggiando magari inconsapevolmente una misinformation sulla campagna vaccinale rispetto a una foto scattata da un giornalista ‘appostato’ per tutto il giorno. Il fenomeno che l’Oxford Dictionary (nel 2016) ha definito post-verità viene descritto in modo molto simile alla misinfromation. Quando si entra in relazione con le fake news coerenti con il proprio punto di vista si innescano processi di proattitudinal information (ricerca di informazioni coerenti e che confermino ciò che pensiamo, di fatto confermando le fake news). Esempio: ‘la maggiorparte degli utenti social sono 18-25’ è una fake new, ma innesca dei meccanismi nel lettore di ricerca, perché ci troviamo d’accordo conla notizia. POLARIZZAZIONE Il processo di radicalizzazione delle posizioni politiche nella contemporaneità fa si che la ricerca di informazioni sia: * Partisan- polarizzata * finalizzata a confermare la propria identità * legata all’appartenenza a reti omofile, ovvero tra persone con opinioni sintoniche Anche i media, dialogando con le audience polarizzate, inviano specifici contenuti a specifiche persone. EFFETTO A CASCATA L'effetto a cascata descrive come lo stesso contenuto può raggiungere un utente di Facebook (o di un altro social) attraverso molti flussi di comunicazione, e assumendo forme diverse per ciascuno di essi. > Es. qualcuno va a documentare le condizioni di un allevamento intensivo e pubblica la foto su un sito; questa foto fa il giro dei social, con 100 condivisioni su Facebook, 30 nelle storie Instagram, 10 video su Tiktok.. qual è il risultato? Io, in quanto utente finale, vedo arrivare la stessa notizia da canali e persone diverse, e percepisco che ci siano 50 fonti che documentano questo fatto (quando in realtà la fonte originale era unica e fake, perché racconta le cose in maniera eccessiva ed estremizzata) Come avviene? privata. La seconda cosa che ha ulteriormente riconfigurato questi ruoli di autorità è che i media hanno esposto una serie di informazioni e conoscenze che sono tipiche di questi ruoli. La visibilità è quindi puntata sia sul backstage privato, che su quello delle conoscenze (es. se 50 anni fa una persona stava male, andava dal medico. Una progressiva influenza dei media per quanto riguarda informazioni e competenze mediche, come nella serie tv di Greys Anatomy, ha portato le persone a informarsi sempre, anche prima di andare dal medico. Da un lato, troviamo la rielaborazione del ruolo del medico (diminuzione dello status per il diffuso accesso alle info), e d’altra parte la messa a disposizione delle persone una serie di competenze che prima erano backstage di ruolo (riduzione dell’autorità, le rappresentazioni di ruolo potenzialmente messe in crisi). La diminuzione di status è significativa, e dipende dalla percezione della mancata distanza che una persona comune prova nei confronti di medici, politici, figure istituzionali, ecc... quanto più mi sento allo stesso livello di competenze di un politico, tanto più il ruolo di questo è sminuito e in crisi. I media ci fanno guardare, quindi, da uno spazio intermedio o laterale, nelle vite dei tre ruoli, tra backstage e primo piano. Quegli spazi che ancora vengono ritagliati nei reality sono di profondo retroscena. Il ruolo dei media contribuisce a far sì che noi stessi riconfiguriamo in maniera nuova le situazioni sociali; ogni cellulare o computer, oggi, è in parte “delocalizzati’, perchè ci seguono nelle nostre situazioni di comunicative, costringendoci a scegliere tra una situazione esterna (reale) e un’altra situazione comunicativa (con il cellulare). Ci porta a scegliere tra lo spazio privato e lo spazio pubblico, di fatto integrando l’uno nell’altro attraverso un dispositivo mobile. 1. Network Society Tutto inizia negli anni ’80, dove: * il pubblico e la comunicazione mediale sono sempre meno ‘di massa’, scenario tipico degli anni ’50/’60, anche grazie alla plurificazione dei canali * le audience sono sempre più frammentate e segmentate * i prodotti mediale riescono a soddisfare le esigenze dei singoli * l’offerta mediale si pluralizza e diversifica, il consumo mediale inizia a ‘seguire’ le persone (walkman, videoregistratore, videocamera, devices personali e portatili tattili e connettivi) Questa evoluzione verso la personalizzazione avviene in sintonia e in sinergia con l'evoluzione del contesto sociale, alla fine degli anni ’80 arriva anche la rete. Osservando questo contesto, il sociologo Manuel Castells scrive tre libri che fondano la sociologia dei media digitali (The information age, The rise of the network society, The individualisms era); si afferma un nuovo paradigma tecnologico che ha al suo centro le tecnologie dell’informazione. I modelli economici prevalenti (capitalisti o statalisti) entrano in crisi e si affermano alcuni movimenti culturali ‘portatori di valori sociali’ (ambientalismo, difesa dei diritti umani...). Castells fu il primo ad osservare il cambio da un modello comunicativo uno-molti (broadcast) a un modello comunicativo basato sulla rete, dove chiunque può comunicare con chiunque. Non solo, Castells afferma che il modello comunicativo di network a rete sarebbe stato quello dominante nel futuro, fatto che appare lungimirante negli anni ’80. Castells afferma anche che il web e il suo nuovo modello comunicativo avrebbe favorito l’affermazione di movimenti di nicchia, che in un sistema broadcast avrebbero fatto fatica a nascere. Alla fine degli anni ’90 ipotizza infatti la facile nascita e forza di questi movimenti. Da ‘The end of millenium’ del 1998 ‘Una nuova struttura sociale dominante, la società in rete; una nuova economia, l’economia informazionale/globale; e una nuova cultura, la cultura della virtualità reale.’ Si progetta un nuovo assetto economico e una nuova struttura sociale, non è semplicemente ‘internet’, è proprio una rivoluzione tra spazi reali e spazi virtuali. 1. L’informazione è centrale nella nuova società, perché diventa un motore dell’economia: non abbiamo più i canali classici, ora con l’avvento della rete ogni discorso finanziario o informazione importante viaggia tramite network; non sono più necessarie nemmeno le persone, i computer hanno dei criteri pre-impostati per comprare/vendere/finanziare o scambiarsi info. 2. Techno-socialità: le tecnologie agiscono in profondità sulle dinamiche individuali e collettive, di fatto la tecnologia influisce pesantemente sulla nostra socialità. 3. Network logic: ogni sistema o insieme di relazioni che poggia sulle tecnologie è dominato alla logica della rete. 4. Cambiamento: la società evolve in modo costante. 5. Convergenza: le tecnologie convergono in un unico sistema integrato; pensiamo al calcio, che per il primo anno nel 2021 non viene più trasmesso da un canale broadcast, perché Dawson ha comprato i diritti Gli effetti del modello di rete: * Differenziazione sociale e culturale difusa: la rete costruisce nicchie di mercato e di consumo, per cui anche la società ne risulta frammentata; la personalizzazione dell’offerta e del consumo (sia nelle forme del marketing, sia in quella della scelta di contenuti molto personalizzati) creano una frammentazione culturale. * La differenza di competenze nell’accesso ai media digitali crea una stratificazione sociale degli utenti (have/ have not - competenti/ non competenti). Non tutti hanno accesso alle piattaforme, così come non tutti hanno le competenze necessarie per usarle. Questa marginalizzazione cresce di pari passo con il crescere dell’importanza della rete. * L’esistenza di un unico ambiente mediale convergente (la rete) favorisce ‘’’integrazione dei messaggi in un unico schema comune? in cui i codici si mescolano: le forme espressive dominanti del 2021 sono le storie su Instagram e i Tiktok, e il fatto di avere così tanti contenuti culturali da una piattaforma sfocia inevitabilmente in gamification e misinformation, appiattendo alcune forme di linguaggio. 2. Connective Society L’innovazione tecnologica porta alla pervasività della condizione di connessione online o della propensione all’essere online networked. Con la fine degli anni ’90 comincia a strutturarsi il mondo dei social media (Myspace..) e così la possibilità di mettersi in contatto e porsi in costante relazione diventa centrale. Le condizioni di esistenza online e offline sono senza soluzione di continuità, ovvero si comincia a non poter più vivere senza essere connessi, al posto di avere una vita online e una offline. Osserviamo quindi i primi effetti di questa società, come il networked individualism (‘gli individui networked sono caratterizzati da forme di appartenenza parziale a molteplici network e fanno meno affidamento su forme di appartenenza permanente a gruppi stabili’- Rainie, Wellmann 2012). L’idea è che le persone non siano totalmente isolate e autori -ferite con l’arrivo dei social, ma oggi siamo in grado di mantenere e coltivare la nostra appartenenza a un numero alto di reti sociali; di fatto intratteniamo delle reti sociali ‘parziali’, come amici di amici, e la nostra vita da questo punto di vista diventa più complessa. Tutte queste reti finiscono con l’essere delle reti io-centrate, dove ‘io’ sono al centro di reti sociali forti, deboli e latenti a cui dedichiamo impegno, risorse e tempo. L’altro aspetto che viene osservato sulla società connessa è un altro elemento di novità, ovvero il modo in cui queste relazioni social si possono alimentare. Questo perché le nuove piattaforme ci hanno messo nella condizione di poterci scambiare prodotti culturali, ovvero contenuti prodotti e condividisi dagli utenti che hanno assunto maggiore potere comunicativo. Gli strumenti di questa internet revolution sono di due tipi: prodotti culturali realizzati dagli utenti, a cui dedichiamo molto tempo (post, stories...) e prodotti culturali scambiati dagli utenti (mene, gif..). Questo è un vero e proprio punto di svolta nella storia delle interazioni sociali, perché tutta la nostra produzione culturale diventa quotidiana e richiede impegno e tempo per mantenerci all’interno delle nostre reti. Questa attività di connessione e produzione culturale ha preso il nome di Mass self- comunication, che è il tipo di comunicazione prevalente nella società connettiva. Gli autori di questa nuova forma di comunicazione siamo noi; potenzialmente è ancora una comunicazione prodotti e circolanti relativi ai componenti degli utenti. All’interno delle Big Five, il vero capitale che costituisce un elemento di scambio non è il denaro, bensì i dati, il che spiega la particolare cura con cui le grandi aziende li raccolgono (data capitalism: più una piattaforma raccoglie dati, più può spenderli con le imprese per guadagnare denaro e potere) Pensiamo a Google: è in grado di raccogliere una varietà immensa di dati sugli utenti; questo ‘capitale’ non è spendibile sul mercato e dev’essere convertito in denaro, facendo pagare le aziende che vorrebbero inserire della pubblicità sugli spazi Google, siccome gli annunci sono studiati ad hoc secondo i nostri gusti. Inoltre, può letteralmente vendere i dati a fornitori di servizi. La raccolta di dati è consentita e modellata da hardware e software: * dai device utilizzati per accedere che incorporano software e app che raccolgono i dati * dai click del mouse (indirizzi, geolocalizzazioni, interessi) * dai social buttons e dai pixel *Social buttons e pixels: I social buttons fanno riferimento a ogni pulsante virtuale nei siti web per condividere sui social (‘share this on other socialmedias’). Questo lascia una traccia su che tipo di contenuti vengono maggiormente condivisi su dei social in particolare. Per quanto riguarda i pixel, invece, attraverso un meccanismo di retargeting, noi entriamo in uno spazio di e-commerce di un’azienda e il nostro ‘numero identificativo’ si aggancia a un pixel, che segue i nostri percorsi su internet per un periodo di tempo limitato, per poi riproporre la pubblicità dell’azienda di e-commerce. I cookies funzionano in un modo abbastanza simile al retargeting, ma a differenza dei pixel, non si agganciano al nostro n° ID, sono solo in grado di raccogliere informazioni sugli utenti, a cosa sono interessati ecc. Esistono poi altri tipi di cookies abbastanza problematici dal punto di vista della privacy: i cookies di terze parti. I dati della navigazione utenti ‘escono’ dalla competenza dell’azienda unica e vengono venduti ad altre società (marketing, ricerca di mercato...). è CASO CAMBRIDGE ANALITICA Se oggi ci troviamo a parlare della raccolta di dati e autorizzazioni da fornire alle piattaforme, è grazie a questo caso. Ci troviamo nel 2018, quando l’ex dipendente della società di ricerca di mercato Cambridge Analitca Christopher Wylie inizia a fornire una serie di dichiarazioni alle testate “The Guardian’, ‘The Observer” e ‘New York times’. Secondo Wylie, l’azienda Cambridge Analitica avrebbe sfruttato i dati personali di oltre 50 milioni di utenti Facebook al fine di targettizzare e ottimizzare al massimo la portata della propaganda politica di diverse campagne elettorali, compresa quella per l’elezione di Trump del 2016. Dopo queste dichiarazioni e i vari articoli a riguardo, le azioni Facebook sono calate. Cos'è successo? Guardiamo le premesse > Cambridge Analitica usava la psicometria per rendere più efficaci i messaggi indirizzati al pubblico; per raccogliere questi dati psicometrici, Cambridge Analitica si appoggiava a Global Science Research, che crea l’app ‘This is your digital life’ che sembra quasi essere un gioco: l’utente risponde alle domande e ottiene un suo identikit digitale, e intanto Kogan (ceo Global Science Research) accumula dati in via ufficiale per l’Università di Cambridge, passandoli poi a Cambridge Analitica. Nel 2013, quando sono stati raccolti i dati TOS (Terms Of Service) di Facebook non impediscono che terze parti raccolgano dati sia sui soggetti che hanno dato l’autorizzazione, sia sui loro amici e contatti in Facebook, che non avevano dato il consenso a questa operazione; parliamo di circa un totale di 87 mln di utenti. Il problema, quindi, sorge proprio quando Kogan cede i dati a Cambridge Analitica, includendo 3 elementi che rendono utili le info alla campagna elettorale (preferenze politiche, i soggetti più sensibili a certi tipi di campagne e i temi più efficaci per i singoli). Queste informazioni vanno a minare e manipolare subdolamente gli utenti grazie ai dati psicometria. Durate la campagna elettorale di Trump, 3 anni dopo, vengono inviati ai cittadini statunitensi messaggi di propaganda elettorale calibrati ad hoc sui loro profili psicografici, così da essere più persuasivi. Il problema sotto il profilo legale si presenta non tanto per Facebook che viene utilizzato come mezzo di comunicazione politica, né l’utilizzo di dati a fini elettorali: il problema sussiste nella raccolta stessa dei dati, che sarebbero stati raccolti senza la consapevolezza degli utenti (soprattutto quelli degli amici e amici di amici), e gli scopi per cui sono stati raccolti i dati non erano stati dichiarati. Ma cosa c’entra Facebook? Facebook sarebbe stata a conoscenza dell’utilizzo illegittimo dei dati dei suoi utenti (tanto che nel 2016 ne aveva chiesto la cancellazione, senza preoccuparsi che poi questa fosse avvenuta realmente), e non avrebbe affermato gli utenti dell’uso illegittimo dei dati di cui era a conoscenza. Già dal 2016 vediamo come l’azienda si preoccupi più di proteggere il proprio business, piuttosto che di tutelare gli utenti. Facebook ha gestito la situazione in questo modo: prima di tutto, Zuckerberg si è scusato pubblicamente e si è assunto le responsabilità dell’accaduto, e ha immediatamente risolto il bug, esplicitando sempre quali cookies hanno accesso e come verranno utilizzati i dati raccolti (prima grossa conseguenza). Successivamente, Zuckerberg smentisce un’ipotesi di monitoraggio degli utenti, ammettendo che il suo operato è corretto sulla base dei Terms of service; in terza battuta, Facebook mette a disposizione una pagina dove controllare se le proprie informazioni sono state condivise con Cambridge Analitica, poi un pulsante per rivedere quali app accedono al nostro profilo e segnala direttamente gli utenti italiani coinvolti che i loro dati sono stati usati da Cambridge Analitica. Vediamo come il suo approccio sia passato alla trasparenza quasi totale; Zuckerberg ammette poi di aver creato una Tech Company piuttosto che una Media Company; quindi, sono responsabili dei contenuti che ospitano, ma questi non vengono creati da loro. In tutta Europa (dove le norme sono più restrittive e a favore degli utenti) e parzialmente negli USA entra poi in campo il sistema GDPR, che rende i dati tracciati e tracciabili, dando ai singoli la possibilità in qualsiasi momento di cancellare le informazioni raccolte, generando ogni autorizzazione che ci viene richiesta (questo scandalo ha infatti reso ogni sito più trasparente nei confronti degli utenti, permettendoci di accettare e personalizzare i cookies). * Elementi costitutivi: GLI ALGORITMI Le piattaforme utilizzano gli algoritmi per filtrare automaticamente l’enorme quantità di dati raccolta e per connettere utenti, contenuti e pubblicità. Gli algoritmi sono degli insiemi di istruzioni automatizzate per trasformare i dati di input da parte degli utenti in output: prendiamo ad esempio la gerarchia dei risultati che compaiono sul motore di ricerca Google, dove esistono una serie di ricettori di input (pagine, numero di click...) e si trasformano in output con la rilevanza della pagina web nella ricerca. Gli algoritmi non sono però trasparenti e noti, sono considerati dei ‘segreti industriali’ al pari dei brevetti e soggetti a continui mutamenti. * Elementi costitutivi: LE INTERFACCE Le interfacce orientano il modo in cui produciamo contenuti, ci connettiamo a questi ecc. Rendono visibili e accessibili i contenuti, orientano la produzione, connessione e accessoa questi e agiscono secondo una logica predittiva: favoriscono certe azioni/ interazioni e ne disincentivano altre. Pensiamo alla home di Instagram, che ha ‘spostato’ il + per aggiungere contenuti dall’angolo a sinistra al centro della pagina, in modo da rendere gli utenti più attivi in prima persona. I reel, ad esempio, vengono spostati al centro della pagina, perché si cerca di non cedere alla competizione di TikTok. La terza attività che siamo chiamati a svolgere è rappresentata dall’icona dello Shopping online, che ha una posizione abbastanza centrale ora, affianco ai reels. * Elementi costitutivi: STATUS PROPRIETARIO Ogni piattaforma ha uno status giuridico ed economico. Ogni società ha la caratteristica di proprietà (è di qualcuno), scopo (lucro o no profit, anche se nella maggior parte dei casi l’obiettivo principale è di business) e luogo (è legalmente situata in un luogo, ha una sede e rende conto alle normative del determinato Stato in cui la sede principale è ubicata). Sharing Economy * Elementi costitutivi: MODELLO DI BUSINESS Ogni piattaforma ha il suo modello di business - Le piattaforme incoraggiano gli utenti a produrre continuamente contenuti > “un insieme di beni che devono essere continuamente investiti, nutriti, gestiti e sviluppati”. L’espressività come bene economico * Ilsèè presentato come una collezione di gusti (di consumi). * Larete di contatti è anche finalizzata ad ottenere vantaggi di visibilità, popolarità e autopromozione. ® Le informazioni sono ampie, ma mai complete, ambigue, fraintendibili. “Se il prodotto che “vendiamo” sulle piattaforme siamo noi stessi, la strategia neoliberista di promozione del sé consiste nell’esaltare le nostre qualità, senza mai fornire i dettagli che non vogliamo rendere noti”. In questo sistema si muovono attori istituzionali, editori, utenti svolgendo una funzione di nuova intermediazione che struttura il flusso informativo e commerciale attraverso l’utilizzo dei dati comportamentali degli utenti sottoponendoli alla logica degli algoritmi. L’ecosistema delle piattaforme è un ecosistema complesso dove: Imprese private (Facebook, Google ecc.) operano secondo logiche tese al valore pubblico (informazione). |Vengono promosse mobilitazioni e attività dal basso da parte di strutture altamente centralizzate. CASO META Metaverso (1992) parola per indicare la realtà virtuale. Siamo davanti a un fenomeno interessante, ovvero il rebranding di un’ azienda. Si sgancia dall’identificazione con Facebook per diventare qualcosa di diverso e più ampio: un ‘azienda che ha una vision. “Il Metaverso è un insieme di spazi virtuali da creare ed esplorare con altre persone che non si trovano nel tuo stesso spazio fisico.” I concetti sono l'immersione, incontrare persone senza muovermi da casa e si rivolge a un target giovane (testimonial Khaby Lame, video promozionale ragazzi giovani). Non è però un’idea particolarmente nuova > la realtà virtuale esiste già, se ne parla dagli anni ’90. Oculus e Horizon Workrooms Anni 80 Dataglove e addestramento dei piloti della NASA Questo Metaverso ha iniziato a nascere come possibile applicazione addirittura verso la fine degli anni Ottanta, quando è stato sviluppato in modo funzionante il Dataglove (un guanto con una serie di fibre che tracciavano e ricostruivano il movimento della mano che poteva essere utilizzato oltre lo schermo per muovere oggetti e compiere azioni in uno spazio ricostruito all’interno del computer). I costi erano elevati, si utilizzava in settori specifici > addestramento piloti della NASA dove era utile sperimentare certi movimenti. Gli anni 90 + diffusione di prodotti culturali che raccontavano un mondo parallelo costruiti attraverso i computer, attraverso la letteratura con il libro Snow Crash di Stephenson dove viene utilizzata per la prima volta la parola Metaverso. L’immaginario della realtà virtuale si costruisce attorno all’idea secondo la quale possiamo abitare fisicamente in questi mondi. Questo immaginario si basa su qualcosa che già esiste negli anni 90. Il primo mix di interfacce che è stato creato è legato all’azione delle mani (Dataglove) per riproporre i loro movimenti all’interno di uno spazio virtuale. L’altro aspetto dell’interfaccia è il visore che permette di essere isolati dallo spazio reale e vedere solamente ciò che è riprodotto all’interno del computer. Metaverso fa riferimento a tutto questo mondo. Anni 90 Gaming e VR immersiva Questo immaginario legato alla realtà virtuale non finisce con gli anni 80, ma pian piano cresce e il primo mondo in cui viene applicato al di fuori dell’addestramento dei piloti è quello del gaming. L’universo del gaming prova ad utilizzare queste nuove tecnologie nelle grandi sale giochi dove propongono queste strutture di cyber game (immersione in uno spazio tridimensionale). Anni 2000 Gaming e Enhanced Reality È ANN te A fine anni 90 c’è una sorta di battuta d’arresto o di switch perché la qualità di questi ambienti 3D che si riescono a costruire non hanno ancora raggiunto quella dimensione estetica visiva di oggi + lo spazio è semplificato, un po’ rigido. Le applicazioni tendono a rallentare. Quello che si affianca alla realtà virtuale è invece l’ Enhanced Reality 3 si mette da parte l’idea dell’immersione e si lavora su un altro tipo di interazione tra spazio reale e spazio virtuale che lascia inalterata la mia presenza nello spazio reale ma mi consente di agire oltre lo schermo (modello della Wii). Tutte queste realizzazioni che caratterizzano la realtà virtuale fino agli anni 2000 sono spesso interazioni uno a uno. 2003 Second Life (Linden Lab) Il primo ambiente virtuale multiutente (2007 11 milioni di utenti). È stato sviluppato a partire dal 2003. Si cerca di creare uno spazio 3D costruito all’interno del computer in cui mi posso muovere utilizzando un avatar, ma non I giocano; infatti, nasce con l’intento di essere uno spazio di \ LIFE servizi personalizzati agli stessi) + distribuire pubblicità agli utenti in modo molto mirato, sulla base delle analisi predittive che si possono svolgere anche in tempo reale. Nel marketing: utilizzo di dati, algoritmi statistici e tecniche di apprendimento automatico che permettono di identificare con maggiore precisione la probabilità (dunque di risultati) di avvenimenti futuri sulla base dell’analisi di dati storici (tutto ciò che noi lasciamo come dati porta a prevedere cosa faremo in futuro, cosa acquisteremo ecc); sulla base di diverse variabili: - modelli predittivi basati sulla segmentazione dei clienti in funzione di diverse variabili (chi comprerà cosa, che target ci sono, diversi comportamenti d’acquisto, recensioni rilasciate...); - previsioni di comportamento - raccomandazioni di prodotti, servizi e pubblicità (nell’area del marketing e del commercio) Questo processo di datificazione si basa su due meccanismi: la raccolta dei dati e la loro circolazione. Tutti i nostri comportamenti devono essere standardizzati per far si che siano datificati 3 devono essere facilmente riconducibili a delle categorie, a delle etichette. Raccolta dei dati (in tempo reale): * Pratiche standard datificate (Big Five): SCIE lLIHE] GIMerACeIa Saiu i standard datificate (di settore) CO IU) cn IE) LIMA] Datificazione like > - Visualizzazione nel news feed dell’utente. - Inclusione nelle metriche dell’oggetto a cui si è messo like. - Facebook insights: dati aggregati invisibili agli utenti finali, ma visibili ai social media manager. - Dati aggregati dalla piattaforma, visibili solo ai gestori della Facebook In. LA CIRCOLAZIONE DEI DATI I dati non restano di proprietà di una singola piattaforma, ma sono oggetto di un percorso di circolazione trasversale, sono dati che vengono condivisi. API > Application Programming Interface, piccole porzioni di software che sono interfacce che permettono alle piattaforme di settore, siti web, e app di usare una parte del database delle Big Five (tutto regolato e limitato da accordi commerciali, transazioni economiche, ricerche. Queste API vengono sviluppate da piattaforme di settore, siti e app che hanno bisogno di parti di dati che hanno le Big Five, e attraverso esse è possibile accedere e prelevare una parte dei dati, mescolandoli con dati che il sito web ha già e trasformarli per creare nuove applicazioni. Es: un’app ha bisogno di dati di geolocalizzazione/acquisto, sviluppa quindi un’API e fa un accordo con Amazon/Google per poter accedere a una parte del database. Es 2: un sito web di un brand che ha già un grande database sui suoi clienti, sviluppa un api per accedere a info sugli acquisti, ecc... accede a una parte dei dati, li mixa a quelli che ha già e sviluppa un’app di e-commerce, di fidelizzazione. Si generano così, degli ecosistemi di applicazioni che partecipano all'economia della piattaforma. Un esempio di piattaforma che utilizza moltissimo questa modalità di circolazione dei dati è Google Maps è Google Maps è anche Google Maps Platform in cui c’è una sezione “esplora i prodotti” che permette di utilizzare le mappe per creare dei percorsi, per creare una visualizzazione a 360° del percorso. Un altro esempio di app è Move It, che sviluppa consigli sul traffico, riconosce il traffico in tempo reale, calcola il percorso migliore utilizzando i mezzi pubblici per raggiungere un certo luogo; le mappe non le ha create Move It, nemmeno i mezzi pubblici, si appoggia ovviamente a Google Maps e anche Atm. Google Maps viene utilizzato anche da società di assicurazione per mettere a disposizione sistemi di valutazione per capire in che zona si trovano immobili da assicurare e per fornire una serie di info ai clienti. Il range di questi ecosistemi di applicazioni di settore che poggiano sul database delle Big Five e che partecipano così all’economia di quella piattaforma è molto ampio e diversificato. Qualcosa torna anche a noi utenti di questo database, non solo in forme di servizi (persone che puoi conoscere, pubblicità) ma anche: - informe di insight sul nostro profilo (se apriamo una nostra pagina anche noi possiamo su noi stessi avere una valutazione della nostra piattaforma/attività) - osservabilità di tutte le attività degli amici e dei follower - suggerimenti di consumi simili - valutazioni sul prodotto che ci interessa. Quindi alla fine, questa restituzione che le piattaforme fanno a noi di questo database ha anche una serie di effetti relativi a come noi ci sentiamo all’interno dell’ ambiente virtuale, genera un’azione di consapevolezza degli altri, delle loro esperienze, dei loro scambi svolti all’interno degli spazi virtuali. Anche rispetto alle notizie e fatti di cronaca che ci vengono restituiti noi abbiamo, proprio grazie alla restituzione del dato (quantità di like, visualizzazioni, commenti...), consapevolezza dell’evoluzione dei sentimenti pubblici nei confronti degli eventi > quali notizie sono maggiormente seguiti, partecipati, condivisi e quali no. MERCIFICAZIONE All’interno delle piattaforme gli oggetti (immagini, foto, video, post), le attività degli utenti (like, commenti, reazioni), le emozioni e le idee che vengono espresse in questi contenuti vengono trasformati in beni commercializzabili. Le valute con cui vengono scambiati non sono solo il denaro, può anche essere uno scambio che ha come oggetto l’attenzione, i dati, gli utenti e a volte anche il denaro. Quello che si viene a realizzare in questo processo di mercificazione è ciò che gli autori di Platform Society definiscono MERCATI MULTISITUATI: le piattaforme fanno da mediatore, sono in grado di aggregare, facilitare e controllare le connessioni e le transazioni tra gruppi diversi di utenti. Connettono in questo processo di mercificazione gli utenti finali (noi), gli inserzionisti (coloro che sono interessati a una comunicazione pubblicitaria) e i fornitori di servizi (per esempio i micro-imprenditori). Per spiegare cos’è un mercato multisituato dal punto di vista di una piattaforma di settore 3 AIRBNB Airbnb è una piattaforma che coordina/connette con un vantaggio economico, tanti tipi diversi di soggetti (utenti finali, micro-imprenditori che affittano, eventuali inserzionisti pubblicitari e magari altri fornitori di servizi) che ruotano attorno alla piattaforma e che hanno tra loro relazioni economiche diverse (tramite Airbnb l’utente finale ha una relazione economica con il micro-imprenditore, il micro-imprenditore ne ha una con il fornitore di servizi e con l’utente finale e l’inserzionista ce l’ha con l’utente finale). I meccanismi economici che, di solito, reggono questi mercati multisituati sono: «transazione commerciale (di cui alla piattaforma resta una percentuale degli incassi) - pubblicità personalizzata (quando non c’è la transazione economica legata al pagamento di un servizio), cioè accesso e contenuti sono offerti gratuitamente (accedo a Airbnb senza pagare) e questo consente alla piattaforma di massimizzare il numero di utenti (in quanto è gratuita) e quindi facilitare una raccolta di dati più ampia e ricca. Quindi, in cambio all’offerta gratuita di un servizio molte più persone sono disponibili ad utilizzare la piattaforma, quindi la raccolta dei dati è più ampia e più facile perché in cambio dell’iscrizione si ha un servizio gratuito, ed è quindi percepito come “a vantaggio” dell’utente finale. Ciò spinge anche sulla creazione di contenuti generati dagli utenti perché questi migliorano la qualità della raccolta dei dati, non solo più geografici. - data services > io, piattaforma, ho raccolto molti dati (o pochi ma precisi su un target piccolo) e vendo questi dati: offro gratuitamente una parte dei miei dati perché mi interessa che esistano e crescano anche delle piattaforme di settore o dei soggetti terzi, sono quindi disposto a cedere un po’ dei miei dati perché il fatto che esistono piattaforme di settore (come Airbnb) serve anche a me, piattaforma (fb). Questo è un esempio di scambio di dati. Oppure faccio pagare per accedere ai miei dati, a volte non faccio pagare le piattaforme ma degli operatori di alcuni settori > es: faccio pagare operatori del settore dell’informazione per sapere qual è il profilo sociodemografico degli utenti che seguono un certo topic, o anche del settore della salute, in America ad esempio ci sono molte piattaforme che offrono dei servizi basati sull’elaborazione di dati. Ciò consente alle aziende di raggiungere precisamente il loro target con un 1. Personalizzazione (io vedrò ciò che a me interessa) Si basa sull’analisi predittiva, a partire dalle azioni passate, di interessi, desideri, esigenze di ciascun utente. E sulla base di questa analisi predittiva le piattaforme risponde alle esigenze degli utenti con offerte coerenti. (es: Netflix 3 “continua a guardare”, “guarda di nuovo” > previsioni dei nostri possibili desideri futuri). Per ciascun utente il flusso di contenuti e di advertising è personalizzato in base: * ai segnali che vengono dai singoli utenti, aggregati in insiemi più ampi. * all’affinità (interazioni personali e scambi globali, cioè se una pagina riceve moltissimi like sarà più visibile di altre, quindi non solo nel senso di io utente che metto like ma anche rispetto a gruppi più ampi) di ciascun utente ai follower, ai following e alle pagine/gruppi. Quindi, le azioni determinanti, sono tutte le espressioni di apprezzamenti, le interazioni come i commenti e le condivisioni di ciascuno di noi e di coloro che assomigliano a noi che determinano una crescita di visibilità e di accessibilità dei contenuti che sono oggetto di questo tipo di azioni, che è la logica su cui gli algoritmi si basano. * alla popolarità > si cerca di creare un bilanciamento tra tema di interesse per il singolo e popolarità globale. (un responsabile della programmazione di Facebook ha descritto questo concetto così: “se mostriamo un aggiornamento a cento utenti ma solo un paio di loro ci interagisce, non lo mostriamo nel feed di tutti gli utenti potenzialmente interessati”, perché non avrebbe raggiunto un certo livello di popolarità globale). 2. Reputazione e trend (privilegiare contenuti che rappresentano dei trend) Le piattaforme selezionano e offrono agli utenti i contenuti che rappresentano dei trend tra gli utenti. Quindi, i temi che appaiono “trending” in alcuni momenti specifici verranno proposti con maggiore frequenza. Si visualizzano di più i contenuti che hanno una buona reputazione (molti commenti positivi, molti like) e i contenuti che entrano nei trending topic. Quali sono i contenuti trending? Cosa vuol dire essere un trending topic? Trending topic: è la selezione algoritmica dei contenuti, parole ed elementi che hanno generato l’incremento più ampio nel coinvolgimento degli utenti. Non è la diffusione bensì la spreadability, la capacità che hanno alcuni testi mediali di crescere rapidamente. Le piattaforme privilegiano i contenuti che generano un ampio e veloce incremento di coinvolgimento degli utenti. Inoltre, ci sono contenuti che sono ADATTI alla diffusione rispetto ad altri: - le challenges di canzoni su TikTok (quindi coreografie, musiche), che generano un’ampia e veloce diffusione; - gli hashtags, spesso abbinati a forme di mobilitazione sociale, politica e culturale. (non è l’hashtag che più persone usano, ma l’hashtag che ha generato l’incremento più ampio di coinvolgimento degli utenti + che quindi sono passati da 0 a 100 nel minor tempo). Inoltre, la selezione algoritmica privilegia i contenuti con una “buona reputazione”. Agli utenti viene costantemente chiesto di “recensire”; costruire la reputazione degli altri utenti e dei contenuti/prodotti. Esempio: crescita da parte di alcune testate giornalistiche la tendenza a postare sui social contenuti divisivi, articoli che generano una forte polarizzazione per cui si accende un forte dibattito tra favorevoli e contrari. A un certo punto Repubblica ha privilegiato a postare sui social dei contenuti fortemente divisivi e provocatori perché in questo modo generava un flusso molto significativo di commenti > questo faceva salire i post pubblicati dalla testata. Questo meccanismo è diventato talmente scoperto che poi pian piano lo hanno ridotto. Adesso adottano questo tipo di modello testate piccole come Milano Today per ottenere una maggiore visibilità. Il concetto da cui parte questa “buona reputazione” è che se un contenuto viene molto commentato significa che è interessante, che coinvolge gli utenti, ecc. L’altro sistema per salire è il clickbaiting > sistema per genere attività e far salire di attività i post (non fare completamente la notizia, ma portare l’utente a cliccare). In molti casi la tecnica di clickbaiting viene applicata al titolo degli articoli proposti online, in modo da ingaggiare la curiosità del pubblico fin dalla headline e portarli verso la direzione che si desidera. I commenti, le recensioni vere e proprie, le stelle; sono tutte forme di recensioni/espressioni di giudizio, funzionali a garantire una quantità di materiale sufficiente perché funzioni questo processo di selezione algoritmica. Sulla base di questa “buona reputazione” si propone di attribuire fiducia agli altri o ai prodotti/servizi. Tipicamente, i siti in cui avvengono “scambi tra pari” utilizzano il concetto di reputazione, come Ebay che è stato uno dei primissimi siti che ha consentito la compravendita di prodotti tra pari (sulla base di un’asta o vendita diretta) in cui ci sono una serie di indicatori reputazionali che fanno riferimento alla soddisfazione del cliente (le altre persone che hanno comprato un articolo cos’hanno detto), a quanti clienti lo hanno già comprato e alla reputazione che il venditore è riuscito a costruirsi (feedback positivo) + sono tutti indicatori reputazionali che portano alla fiducia grazie a un meccanismo collaborativo che vede da un lato le piattaforme premere per avere delle recensioni per costruirsi la reputazione e dall’altro gli utenti che rilasciano recensioni per averne in cambio indicatori d’affidabilità. Queste metriche di reputazione NON sono generiche, tutto ciò si basa sulla standardizzazione; funziona se il modo che ho per esprimere la qualità del venditore è uguale per tutti e possibilmente anche uguale tra le piattaforme (la stella, il feedback sono elementi di standardizzazione). 3. Moderazione Le piattaforme selezionano anche alcune tipologie di contenuti che non ritengono “adatti” e li rimuovono. I contenuti, quindi, vengono selezionati sulla base dei criteri di accettabilità che ciascuna piattaforma ha definito. I contenuti rimossi sono quelli che non corrispondono a quelli che ogni piattaforma ha definito criteri di accettabilità. Queste piattaforme, quindi, finiscono per definire cos’è accettabile o meno nell’ambito della comunicazione sociale; non tanto perché mettono in gioco meccanismi di selezione positivi, ma più per quelli negativi, che implicano la rimozione o cancellazione di contenuti. Es: criteri di accettabilità di Facebook > Facebook ritiene accettabili i contenuti che abbiano sicurezza e autenticità, in quanto Facebook si definisce come un luogo sicuro (no minacce, no intimidazioni, no esclusioni o limitazioni del diritto d’espressione altrui, nonostante ci sia un sacco di hate speech su Fb, perché non è facile distinguere la libertà di espressione dalla minaccia/intimidazione) e un luogo autentico (no rappresentazioni fuorvianti la propria identità o attività; questa non è una questione di fake news, ma di rappresentazioni fuorvianti, non corrispondenti al vero sulla propria identità, come l’esistenza di profili fake o attività economiche che si descrivono falsamente). Le piattaforme, in questo modo, si fanno portatrici di valori (come il valore della sicurezza e dell’autenticità). Esiste, inoltre, all’interno di Facebook un elenco MOLTO preciso di cose non ritenute accettabili divise per categorie: 1) Violenza e contenuti criminali (no contenuti violenti o che incitino ad essa, no organizzazioni pericolose, no pubblicità ad attività criminali) 2) Contenuti deplorevoli (no contenuti che incitano all’odio, no immagini di nudo, no contenuti crudeli o insensibili) 3) Sicurezza (no contenuti che istigano al suicidio o autolesionismo, allo sfruttamento sessuale, al bullismo) E quindi come una specie di etica sociale che attraverso questo percorso di moderazione propone qualcosa che ha un impatto sulla società (queste regole valgono in Italia, come in India, come in America, ecc...). Esempio: la foto rappresentante dei bambini in lacrime, di cui uno nudo, lungo una strada mentre scappano dal loro villaggio ormai in fiamme durante la guerra del Vietnam, con dietro i soldati che si stanno allontanando anch'essi dal villaggio che fu attaccato con la famosa sostanza incendiaria chiamata “napalm”; che ha vinto molti premi ed è intitolata “The terror of war”, scattata da Nick Ut, in Vietnam, nel 1972. They found the buses! Dozens line blocks away from the Austin pi © 307,616 people have shared this link Al forum hanno accesso diversi personaggi politici (conservatori) che condividono il link attraverso le loro pagine Facebook, per esempio Robertson Family Values. Questi post vengono condivisi più di 5.000 volte, e più di 300.000 utenti di Facebook condividono a loro volta il link al forum. Il tweet originale viene condiviso 5.000 volte e l’articolo pubblicato dal forum/blog viene condiviso 44.000 volte su Facebook. Si sono sviluppati tre flussi di comunicazione attorno a questo evento: 1. La diffusione dell’informazione sta crescendo in modo esponenziale attraverso Facebook e blog 2. Il manager della compagnia di autobus inizia a ricevere mail e telefonate in cui vengono chieste spiegazioni 3. Un reporter della Fox Tv chiede un’intervista per un servizio televisivo allo stesso manager Piano piano emerge la verità, ovvero che gli autobus non erano lì per propaganda politica, ma per portare ad Austin tutti i dipendenti e venditori di una grande azienda di software che avevano una convention aziendale lì. Quindi, casualmente, a qualche quartiere di distanza dalle manifestazioni anti Trump si sta svolgendo una convention aziendale di tutti i venditori di software che vengono da tanti diversi stati Americani, e quindi l’azienda ha preso un accordo con questa compagnia di autobus perché facesse da navetta per tutti questi venditori. La verifica a proposito di eventi ad Austin che giustificassero la presenza degli autobus su Google non ha intercettato per niente la convention, in quanto si trattava evento privato che non viene comunicato al di fuori dell’azienda e anche perché il motore di ricerca filtra per ogni utente i risultati per lui più rilevati e quindi non avrebbe comunque intercettato una notizia del genere. Quando il reporter della fox scopre la verità, ormai ogni flusso comunicativo sta “andando per conto suo”: * iltweetoriginale continua a girare sui social (e di conseguenza ciò che è comparso sui blog, forum, Facebook...) sostenuto dai sostenitori di Trump ® la comunicazione dei media continua con interviste ai protagonisti (il manager di Tableau Software) diffuse attraverso emittenti locali o siti web di quotidiani locali (in quanto non la considera la notizia del secolo) * Tuckere alcuni siti di confutazione di bufale online pubblicano rettifiche * Tucker condivide attraverso Twitter un link al suo blog in cui descrive come si sono realmente svolti i fatti. Condivide anche il suo tweet originale con sovrapposta la parola: FALSO. L’11 novembre l’informazione che continua ad essere diffusa attraverso le principali pagine dei conservatori è quella originale di Tucker, con le stesse foto; nonostante lui sia “sparito” da questa notizia. Lui cerca allora di rimediare, ripubblicando il suo tweet con sopra la scritta “false”, ma il suo nuovo post riceve solo 25 like e 27 retweet, e così non è servito a nulla, in quanto stanno circolando ormai moltissime versioni. Alla fine, il tweet originale arriva ad avere 16.000 retweet (senza considerare tutte le altre condivisioni). La confutazione dell’informazione da parte del sito Snoper viene condivisa solo 5.800 volte Alla fine, anche Tucker viene intervistato perché diventa di interesse dei media locali, anche perché ha avuto il coraggio di smentire e modificare; egli prende infatti consapevolezza di ciò che è successo esprimendo la sua consapevolezza sul fatto che non fosse una verità assoluta, ma solo una sua interpretazione. “Lesson learned” derivate da questa analisi di caso: Flussi di condivisione delle notizie Omofilia delle reti Logiche di credibilità FLUSSI DI COMUNICAZIONE A CASCATA La cascata rappresenta un’enorme insieme di fonti da cui arriva la stessa notizia > il tweet di Tucker si è diffuso attraverso 350.000 condivisioni. A volte queste fonti sono collegate/interdipendenti (i membri del gruppo su Reddit sono anche membri del forum FreeRepublic e hanno una pagina personale su Facebook). A volte, invece, non sono per niente collegate e sono quelle che generano i flussi di ricondivisione più convincenti > dalle attività di social sharing da parte di utenti le cui bacheche sono state raggiunte da post (o tweet) condivisi da profili e pagine differenti oppure da amici. Il fatto che una notizia arrivi da tante fonti diverse ce la fa sembrare assolutamente vera. I fenomeni di cascata all’interni delle reti sociali si attivano quando, la condivisione avviene a partire dall’osservazione delle attività degli amici connessi di cui vengono ulteriormente distribuiti i contenuti. (Kumpel 2015) I fenomeni a cascata sono potenziati dal fatto che noi stessi, perché ci fidiamo degli amici che hanno condiviso questa notizia, diventiamo ri-distributori; così ognuno contribuisce (anche se non interessato all'argomento) a potenziare questo meccanismo nel momento in cui ri condivide. Gli effetti a cascata sono attivati nei social da contenuti pubblicamente visibili (per esempio nelle bacheche) che vengono introdotti in una particolare rete da diverse fonti non connesse tra loro. Su Facebook (e in generale nei social) l'informazione può diffondersi attraverso una sovrapposizione su larga scala di brevi catene di condivisioni (tante catene brevi che ci arrivano in contemporanea) “un turbinio di catene tutte iniziate da diverse persone che agiscono indipendentemente, spesso convergono su un gruppo di amici e conoscenti.” La diffusione attraverso i social media può avvenire anche a distanza dalla fonte originaria delle informazioni (ovvero soggetti che sono lontani dalla fonte originaria e che ri- condividono contenuti condivisi da altri + il fallimento di Tucker di aver smentito tutto) In alcuni casi la ri-condivisione avviene accreditando la fonte che condiviso contenuto, in altri casi no. Nel primo caso si condivide direttamente il post del contatto attraverso cui si è venuti a conoscenza del contenuto. Nel secondo caso la fonte non viene accreditata e si recupera direttamente una fonte più lontana (un sito, un forum) anche se non si tratta necessariamente della fonte originale Queste dinamiche rendono molto difficile arrestare la circolazione del tweet di partenza. È infatti, molto difficile riprodurre le stesse dinamiche di attivazione multipla dei flussi di circolazione dei contenuti nel momento in cui si voglia rendere nota una rettifica. OMOFILIA DELLE RETI Si definisce omofilia delle reti sociali l’attrazione tra soggetti dovuta alla presenza di tratti comuni (insieme di valori) e la tendenza di questi ad associarsi e a stabilire legami con gli altri simili. Spesso contribuisce a strutturare le reti di relazioni degli individui e influisce sul loro comportamento, ovviamente l’omofilia delle reti sociali esiste anche nei social media dove spesso contribuisce a strutturare le reti di relazione degli individui e influisce sul loro comportamento comunicativo. Nella “vita reale” ci sono due grandi aree del riconoscimento di una similarità: - l’omofilia “di status” basata su caratteri come l’età, etnia, religione (nei social molto meno influente e riconoscibile) - l’omofilia “di valori” basata appunto su valori, attitudini, credenze (nei social elemento fondamentale, come mi pongo agli altri, in cosa credo, cosa ritengo giusto e sbagliato sono tutti aspetti importanti nel riconoscersi simili e affini a qualcuno sui social). Quali sono gli effetti dell’omofilia delle reti nei social media? 1. Percezione di somiglianza incrementale (una sorta di “accumulo”): - più percepisco alcuni soggetti come simili a me, più interagisco con loro (like, share, mention) Nella co-evoluzione tra modelli nella di comunicazione attivi in un contesto sociale e fiducia si sono creati: - lariduzione della fiducia nei media tradizionali (chiamata anche “fiducia sistemica” = fiducia nel funzionamento delle organizzazioni/istituzioni e nelle loro regole. Mi fido dii come funziona il sistema dell’’informazione. È un tipo di fiducia che sta calando all’interno del sistema sociale). - unincremento della fiducia nelle reti e nelle fonti comunitarie (sono fonti comunitarie le testate locali, per esempio, così come anche le reti sociali in cui circolano le informazioni, come un gruppo / una testata che seguo su un social, pensate per audience specifiche che consentono un dialogo e un coinvolgimento diretto degli utenti). Ciò succede perché alle fonti comunitarie attribuiamo una fiducia interpersonale, basata su una rete di relazioni reciproche e le sue qualità. Quandt, 2012 Questa dimensione è poi attiva ovviamente in tutti i meccanismi di comunicazione social e in tutti quei processi di costruzione delle fake news che si basano proprio su meccanismi di concessione di fiducia e di riconoscimento di credibilità. La fiducia interpersonale, basata sulla rete di relazioni reciproche e sulle sue qualità è sostenuta nei social media da: * intensità di relazioni reciproche, cooperative e regolari (anche perché questo tipo di fiducia si sviluppa in contesti * piccoli come fonti comunitarie/locali ed è quindi più semplice stabilire relazioni costanti e regolari) * likereciproci, attenzione costante... Questa continua attività di relazione reciproca costituisce un senso di familiarità diffusa (ci si riconosce come simili e ci si riconosce come tali). I tre grandi tipi di credibilità su cui reggono i meccanismi di fiducia sono: Credibilità cognitiva (sulla base delle nostre relazioni con il soggetto /medium /interlocutore che ci parla e lo si definisce competente/esperto; attribuendogli quindi credenza e fiducia razionale, basata anche su costi e benefici + se riconosco qualcuno come competente gli credo perché può rispondere a un mio bisogno). Credo in chi parla perché: * è competente * è riconosciuto credibile per la competenza in uno specifico settore. * è “l’esperto” > (i mezzi di comunicazione/le fonti informative attraverso le quali parla un esperto che io ascolto). Credibilità normativa (sulla base delle relazioni con il soggetto lo si può definire espressione di valori (che abbia valori simili ai nostri) o status desiderabili (per noi, come qualcuno che ci sembra più affidabile di qualcun altro); fiducia basata sulla stima e sul rispetto, più che sulle competenze razionali). Credo in chi parla perché: e incarna valori che si ritengono desiderabili, rappresentando così il “modello ideale” (dimensione aspirazionale). * è credibile per l’insieme di valori che rappresenta, è un “leader carismatico”. Credibilità affettiva (le relazioni con il soggetto hanno permesso lo sviluppo di una relazione affettiva; fiducia basata sull’identificazione e sulla familiarità) motivo per cui ci fidiamo di nostra madre, della nostra migliore amica... Quindi non sviluppata sulla competenza, né sull’aspirazione di valori condivisi, ma solo perché abbiamo costruito con queste persone delle relazioni nel tempo di tipo affettivo che comportano la fiducia reciproca. Credo in chi parla perché: ® hacon noi un rapporto affettivo. LE RADICI DELLA CREDIBILITÀ La credibilità cognitiva è in difficoltà in quanto è più difficile definire competente un soggetto all’interno dei social, non perché non ci siano gli esperti, ma perché in molti casi noi non veniamo a conoscenza di un contenuto direttamente dalla fonte primaria e perché anche gli esperti quando si collocano “alla pari” in relazione con gli altri all’interno di un social, rimangono esperti ma nell’ambito di una relazione di fiducia interpersonale, e quindi quella posizione di “superiorità” basata sulle competenze viene un po’ meno. Ci fidiamo quasi di più per la quantità e qualità di relazioni che abbiamo con loro (quanto li seguiamo, quanti like abbiamo messo, come si pongono come persone referenti di un insieme di valori) e non più per una credi! à puramente cognitiva. All’interno delle piattaforme social le due radici di credibilità che rimangono sono: - la radice normativa (sostenuta dall’omofilia delle reti). - la radice affettiva (sostenuta dalla frequenza delle relazioni mediate che si instaurano soprattutto all’interno delle reti omofile e che le sostengono). LA PROPAGAZIONE DELLA CREDIBILITÀ La propagazione della credibilità all’interno dei social network è stata descritta come “simile al passaparola”, Sherchan e Nepal, 2013 Questa propagazione della credibilità si basa anche sulle forme di accreditamento con cui un individuo proietta la sua credibilità su un altro. - Presentazione di un amico a un amico in cui parte della propria credibilità viene trasferita sull'altro. Quindi, un elemento fondamentale delle dinamiche di circolazione della credibilità all’interno dei social network è il passaparola, attraverso cui la credibilità si propaga e finisco a credere a qualche cosa o perché una persona fidata me l’ha girata o perché una persona fidata mi mostra la fonte originaria della notizia + la credibilità si trasferisce da un soggetto a un altro, arrivando a noi senza che sia chiaro da dove sia partita. Tutto ciò si basa sulle onde del FOAF = friend of a friend network: la credibilità si propaga verso altri utenti che non si conoscono tra loro, sulla base del numero di amici che hanno già attribuito loro credibilità e fiducia. Un membro di un social media può attribuire fiducia e credibilità a un soggetto che non è direttamente connesso con lui sulla base delle raccomandazioni di diverse altre catene di amici punto la fiducia è composta combinando diverse catene fiduciarie. UNA VERITÀ CREDIBILE E CONDIVISA La costruzione di una verità credibile e condivisa si basa su alcuni meccanismi tipici della comunicazione attraverso i social media (e le piattaforme digitali come i blog o i forum). Gli utenti dei social media possono essere raggiunti dallo stesso contenuto che proviene da diverse fonti e, di conseguenza, percepirne una grande rilevanza (data dalla frequenza delle visualizzazioni) e credibilità (accumulando credibilità delle diverse fonti). I contenuti che fluiscono tra le reti di amici che comunicano frequentemente attraverso i social media (con like, commenti, condivisioni) possono godere della fiducia relazionale e della percezione di essere parte di una identità condivisa che li caratterizza. Le catene di amici di amici basate sulla credibilità normativa o affettiva, quando sostengono la circolazione di un contenuto caricano quel contenuto della credibilità dei singoli e della catena di amici. INFORMAZIONE NELLA PLATFORM SOCIETY Accanto alla circolazione dei contenuti all’interno dei social che abbiamo analizzato finora, ci sono anche dei fenomeni più macroscopici (per ora abbiamo visto cosa succede alla credibilità e alle informazioni). Qual è il ruolo delle piattaforme nell’evoluzione del sistema dell’informazione? La risposta si trova analizzando due processi che sono in atto già dagli anni 90, quando sono nate le piattaforme digitali, le quali hanno avuto un impatto sul sistema dell’informazione (quindi su come funzionano i media giornalistici, le testate giornalistiche, il rapporto coni loro utenti) tutto si è modificato a partire da questi processi: Disaggregazione (N Riaggregazione (prima) (dopo) TI DISAGGREGAZIONE ANNI ‘90 sono selezionate da un team di giornalisti assunto dalla compagnia. Gli editori aderiscono a Facebook news e i loro contenuti entrano nel flusso e guadagnano sulla base delle visite o della pubblicità presente sulla piattaforma. Perché gli editori dovrebbero aderire a questa proposta che fa loro Facebook? 1. Perché in questo modo i loro contenuti entrano nel flusso, che altrimenti farebbero fatica in quanto il formato cartaceo è ormai molto in disuso e non riuscirebbero a raggiungere molte persone. Il supporto digitale è quindi quello più efficace per far sì che una testata giornalistica riesca ad arrivare al suo pubblico. 2. Perché gli editori guadagnano sulla base delle visite o della pubblicità presente sulla piattaforma. Abbiamo quindi visto che nella relazione tra testate giornalistiche e piattaforme social ci sono due possibili strategie che possono essere applicate: a) Strategie di network > le piattaforme social consentono la circolazione a link di contenuti per reindirizzare le audience al sito web dell’editore. b) Strategie native (come gli instant articles) > le piattaforme social ospitano i contenuti dell’editore e li connettono alla pubblicità, permettendo agli editori di vendere piccoli spazi pubblicitari dentro agli articoli. LA DATIFICAZIONE DELLE NEWS All’interno delle piattaforme digitali la circolazione delle notizie è sempre più tracciata (chi legge cosa, quali temi vanno di più, quali sono gli argomenti del giorno più cliccati, commentati e condivisi). La circolazione delle notizie attraverso i social media è sempre più tracciata, attraverso sistemi non spe : - Panel Meterizzati (Nielsen) + all’interno dell’attività di grandi società di ricerca di mercato alle volte fanno questionari/interviste. Nel momento si deve raccogliere dati su quello che la gente fa online a volte chiedono ad un campione non vastissimo di persone, ma comunque rappresentativo, di installare sul proprio device un piccolo pezzetto di software che registri le loro attività (raccolgono dati su tante attività degli utenti e anche sulle informazioni legate alle news); questo serve un po’ a capire, soprattutto per le testate, se il modo di lavorare funziona, se gli utenti seguono su Facebook... - Dati che provengono dai web server (Google Analytics) 3 quante persone cliccano su quella notizia? Quante persone cercano quell’argomento; anche questo serve ad avere un tracciamento di come circolano le informazioni all’interno della rete - Dati che vengono dalle piattaforme relativi all’engagement del pubblico (Facebook Analytics), per ogni testata restituiscono dati come “quali notizie sono state lette, da quante persone, quante hanno ricevuto like...” Tutti questi dati non servono soltanto a vedere quanto ha avuto successo un articolo piuttosto che un altro, ma sono utili per capire cosa produrre sulla base di quello che ha avuto successo. Siamo davanti a un meccanismo della produzione che è sempre più data-driven, sempre più guidato da questo pesante corredo di dati che ogni singolo articolo porta con sé (meno guidato dalle decisioni editoriali basate su un’autonoma valutazione giornalistica). Complessivamente nel momento in cui si decide che tipo di contenuti proporre nell’ambito della giornata ai propri lettori non si fa più a meno di questo corredo di dati > non esiste più soltanto un criterio basato sul cercare di dare un quadro informativo quanto più possibile completo della realtà, di quello che succede nel mondo, ecc. C’è una pressione a produrre contenuti che sollecitino l’engagement. Infatti, van Dijk dice che si prendono sempre più decisioni editoriali basate sulla richiesta di utenti qualificati. LA PUBBLICITA’ L'incremento dei canali attraverso cui si possono raggiungere gli utenti è uno svantaggio dal punto di vista della vendita di spazi pubblicitari perché il numero di inserzionisti non è infinito. Più canali ci sono, più gli investimenti degli inserzionisti si devono suddividere tra diversi canali e diverse testate. Se ho un solo canale attraverso cui posso raggiungere molti utenti, quel canale costerà molto. Se tanti canali attraverso cui posso raggiungere gli stessi utenti ciascun canale, sarà meno costoso. Lo sviluppo delle piattaforme ha fatto esplodere questa moltiplicazione dei canali. Non abbiamo più soltanto testate giornalistiche a stampa o radiotelevisiva, ma a queste si aggiungono tutti i canali digitali. “Online la relazione tra contenuti, pubblico e pubblicità genera molti meno ricavi di quanto non avvenisse offline” (Turow, 2021) NATIVE ADVERTISING Contemporaneamente questa crisi ha fatto nascere altre forme di pubblicità, diverse da quelle che conosciamo, tipiche della platform society, si chiamano Native Advertising. Native sia perché è nativo delle piattaforme digitali, ma soprattutto per il legame che ha con il tipo di contenuto. “Il Native Advertising fa riferimento ad annunci a pagamento coerenti con il contenuto della pagina, con il design e il comportamento della piattaforma in cui sono ospitati, in modo che l’utente li percepisca come parte di essa” IAB, Native Advertising Playbook, 2013 Si tratta di un metodo pubblicitario contestuale, ovvero la pubblicità è calata nel contesto dell’esperienza del fruitore. Il contenuto e l’advertising si adattano reciprocamente: il Native Advertising ibrida contenuti e annunci pubblicitari, rendendoli compatibili. I vantaggi del Native Advertising: > aggirare la “banner blindness”, ovvero aggirare il fatto che ogni volta che leggiamo una pagina web tendiamo a saltare a prescindere gli annunci pubblicitari, rendere invece la pubblicità coerente tende ad aggirare la disattenzione che di solito online viene attribuita a ogni contenuto pubblicitario. > creare engagement con l’utente, coinvolgerlo emotivamente nei confronti del brand. > creare forme di “continuous campaign”: instaurare una relazione e conversazione continua con gli utenti a differenza delle campagne tradizioni di interruzione. NETFLIX pesci PAID POST Share + Over the past three decades, the number of women serving time in American prisons has increased more than eightfold. Today, some 15,000 are ek in fecierai custodi and an additional 100000 dr Betinci bars in local alla. That sustaimed growth has researchers, former rimatis and orson reform advacates calling for women's facilities that co more than replicate a system designed for In occasione del lancio della serie OITNB, Netflix ha deciso di non limitarsi alle forme di adv tradizionali, ma ha fatto un’operazione di Native Advertising con il New York Times. Ha sponsorizzato una serie di articoli sulle condizioni delle donne nelle carceri americane. Questo è qualcosa che va oltre alla pubblicità coerente con i contenuti della pagina; è una forma di sponsorizzazione di contenuti giornalistici che non ne altera il contenuto, che anzi fa promozione in modo molto efficace. AUDIWEB Audiweb è l'organismo “super partes” che rileva e distribuisce i dati di audience di internet in Italia, offrendo al mercato dati obiettivi, di carattere quantitativo e qualitativo, sulla fruizione del mezzo. Nasce nel 2003 come sistema di rilevazione dei contatti Internet per permettere ad aziende, agenzie di pubblicità e centri media di pianificare gli investimenti pubblicitari. La sua nascita è legata da un’esigenza da chi produce contenuti sui siti web per dimostrare che i loro prodotti hanno un valore, anche in termini di raggiungere il pubblico. Esso può diventare un soggetto che misura in modo imparziale l'audience della rete, stabilendo dei criteri. Diventa un punto di riferimento. Audiweb è un Joint Industry Committee, un organismo partecipato dalle associazioni di categoria che rappresentano gli operatori del mercato. * IlSoftware Development Kit di Nielsen (SDK) è inserito dagli editori iscritti, previo accurato processo di certificazione, in video, pagine e applicazioni, restituendo dati censuari sui volumi della fruizione di tutti i contenuti online distribuiti tramite differenti piattaforme. * SDK consente di integrare gli strumenti di misurazione nei contenuti digitali indipendentemente dal device utilizzato per la fruizione del contenuto e consente la coerente attribuzione di tutte le audience rilevate, anche quando riferite a contenuti editoriali fruiti in applicazioni mobile di terzi, alla fruizione di video su differenti piattaforme, alla modalità Facebook in-app mobile browsing, a Facebook Instant Articles e Google AMP (acceleratore di download delle pagine da Google su mobile). Sistema Nielsen DCR Evolution, sistema di elaborazione statistica che consente di generare dei dati aggregati di audience mensile profilati per età e genere sulla base dei panel e dei dati rilevati dal Census. Audiweb registra e rende disponibile un catalogo: * Informazionisututta l’offerta editoriale internet strutturate sulla base gerarchica Parent / Brand / Channel e organizzate per categorie di contenuti editoriali e per macro-aggregazioni. ® Informazioni sull’offerta mobile (smartphone e tablet), in base alla gerarchia in vigore, con distinzione tra web-browsing e Apps. * Offrire tutte le informazioni sull’offerta editoriale disponibile su Internet. C'è stato un cambiamento importante nei sistemi di rilevazione di Audiweb: Informazione di servizio I dati della ricerca Audiweb 2021 derivano da un adeguamento della metodologia di rilevazione messo a punto per predisporre il sistema di rilevazione al nuovo scenario cookieless. Pertanto, sebbene basato sulle stesse principali componenti della ricerca, il processo di produzione non contempla più "big data" di terza parte, per questo motivo dati riferiti alla rilevazione del mese di gennaio 2021 e successivi non sono confrontabili con i dati prodotti fino a dicembre 2020. Non possono più utilizzare i cookies di terze parti, ovvero tutti quei dati che vengono rilevati nel momento in cui noi accediamo ad un sito, ma che vengono ceduti poi a dei soggetti terzi. AUDIWEB DATABASE Total digital audience dati elementari di navigazione e profili sociodemografici degli utenti che hanno navigato attraverso un computer o da device mobile (uno smartphone un tablet). LA TOTAL DIGITAL AUDIENCE NEL MESE DI SETTEMBRE 2021 TR remarrae con UtNTIUMO = 37.148 13.194 33.897 +23 Bal ch vrosgmne: | dida a I sof] TEMPO PERPERSONA- omo | 2:21 102 2:10 sb Q ta utent Unici — 44,522 28.876 39,145 è POPOLAZIONE - — 7A,Gx 48,4 897 TEMPO PER PERSONA 58:41 14:00 56126 TO cb Database ? Noi non possiamo vedere Audiweb Media View che è il sistema che consente di visualizzare i dati di audience mensili di tutta l'offerta editoriale online e i dati volumetrici giornalieri e settimanali di tutte le entità iscritte alla rilevazione Audiweb Census. eb Database è | —ISOCIAL MEDIA DI FRONTE AL COVID-19 cb Census cia . . : L’emergenza sanitaria ha determinato un’evoluzione fondamentale nel modo con cui le eb Database e | piattaforme social hanno gestito il loro rapporto con la natura editoriale dei contenuti che eb Census pubblicano e l’informazione. Si tratta di un cambiamento che ha riguardato tutte le piattaforme a maggiore diffusione mondiale da cui sarà difficile tornare indietro. cb Database e eb Census . , . , DI , si so ; Infodemia > circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta non vagliate eb Database e | ©ON accuratezza, che rendono faticoso orientarsi su un determinato argomento per la eb Census difficoltà di individuare fonti affidabili. (OMS, 2020) eb Database e eb Census eb Database gati alle Page | e Audiweb $ eb Census La prima piattaforma a prendere posizione è stata Twitter. Solo nel primo mese dallo scoppio dell’epidemia in Cina, su Twitter sono stati pubblicati oltre 15 milioni di tweet sul tema. Essa ospitava il problema dell’infodemia per la quantità di informazioni che circolavano. Si accorda (febbraio 2020) con il Ministero della Salute per inserire un messaggio che rimanda alla pagina internet del Ministero quando la ricerca verte sui temi legati al coronavirus. Informati! Per assicurarti di avere le informazioni ufficiali sul coronavirus consulta il sito del Ministero della Salute. Ministero della Salute @MinisteroSalute Twitter Oriente gli algoritmi di visualizzazione dei risultati in modo che i primi profili visibili agli utenti che cercano “covid” siano fonti affidabili. Facebook ha proseguito lungo la linea già avviata di contrasto alle fake news: - Attivazione di una squadra di fact-checker interna (persone che vanno a verificare la credibilità dei fatti comunicati a proposito del Covid). - Nessunindirizzamento a fonti istituzionali, ma solo revisione dei contenuti sulla propria piattaforma. “Inizieremo a cancellare post con contenuti pericolosi, cercando di indirizzare i lettori ai siti con le notizie corrette. Le nuove misure verranno anche applicate agli hashtag che promuovono fake news tramite foto su Instagram” — ha spiegato Kang-Xing Jin, capo della divisione sanità del social. È importante che chi usa Facebook non causi danno al pubblico. Per Jin, le decisioni sui post da rimuovere si baseranno sui consigli “delle principali organizzazioni sanitarie globali e locali” Anche Facebook, attraverso i suoi algoritmi, privilegia comunque fonti istituzionali come risultato di ricerca per chi usa il suo motore interno per trovare informazioni sul COVID-19. TikTok a febbraio mette al centro l’attività creativa degli utenti e li invita a: consultare siti e fonti attendibili prima di produrre contenuti sul Covid-19. #coronavirus Eri a Pinterest si rivolge ai propri utenti come creators, in questo caso responsabili di attività di content curation. In più suggerisce alcune fonti affidabili > compaiono dei pin dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Verso marzo le campagne iniziano ad attivare i cittadini sulla prevenzione. Durante il mese di marzo si aggiunge il racconto della conoscenza, nascono campagne che mirano a spiegare le caratteristiche del virus, rispondendo alle domande frequenti e facendo un lavoro di debunking (segnalazione di fakes). ALLE NON CE L'HA CAMINI CIONTVICA COSI [ECT Pieno mese di marzo > tema della protezione, con campagne che sottolineano l’importanza del restare a casa (es #iorestoacasa, #vogilamocibene) e l’importanza della solidarietà (#besafe, #besmart). rozza di 1 moto dagli li sia ll'aprto ‘lo dormitori Lavati posso le mani con acqua e sapone 0 con soluzione colica Non toccari occhi, naso, booce con le moni Copri chi e naso con fazzoleti monouso quando stami o fosse, Se non hai un fazzoeto usa la piaga del gomito Gli animali da compagnia non diffondono l nuovo corenavirus A a UN è gg mistero gni saluto B apri all 12:38 @ @ Anche in emergenza #Covidi9 è bene fi mangiamo. attenzione a ciò che £ importante adott perché contribuis alimentazione vari e bilanciata KA mantenere. Altro CLES LE Lai) Cio Qdc Lia (iso) Ceti rerisoro dll Saluto Per saperne di più leggi nostre ta è tito Non ci sono prove che animali domestici possano essere infettati, Tuttavia, è sempre consigliato lavarsi le mani con acqua e sapone copo il contatto con gli animali domestici. Questo ti protegge da vari batteri comuni LASCIA IL VIRUS FUORI DALLA PORTA 214 I #1ORESTO. Ad aprile si parla di dover affrontare la quarantena, e nascono campagne che mettono a tema l’esperienza della quarantena stessa, con istruzioni su come gestire la permanenza in casa e su come creare sostegno, suggerendo come gestire il tempo, come mangiare per mantenersi in forma con una vita sedentaria. Nello stesso mese continua anche il lavoro di debunking, che non smette mai, in quanto ci sono sempre fake news, di conseguenza, c’è la necessità della creazione di campagne che mirino a smentire le fake news che continuano a circolare a proposito magari della facilità di contagio ecc... In conclusione: Piattaforme, social, istituzioni e media hanno interagito in modo quasi inedito nello sforzo di arginare le fake news. Il Covid-19 è stato una palestra di comunicazione tra cittadini e istituzioni attraverso diverse chiavi (responsabilità, solidarietà, proiezione verso il futuro). Come ci dicevamo all’inizio, lo sviluppo della pandemia ha portato a diverse trasformazioni: 1. Nelle piattaforme nasce una natura editoriale 2. Rapporto piattaforme-istituzioni-social consolidato. PIATTAFORMIZZAZIONE DELLA SALUTE Il modello di funzionamento delle app propone un'offerta di sevizi personalizzati — data driven — ai clienti. L’altra logica su cui si basano tutte queste app è l’ipotesi di poter raccogliere dati scientifici utili e funzionali alla ricerca. Le promesse che ci vengono fatte: * soluzioni personalizzate (dalla perdita di peso alla gestione dei sintomi del Parkinson) e sostegno della community in cambio della cessione dei dati personali * costruzione di una maggiore conoscenza e consapevolezza sulla malattia - Logica della personalizzazione e logica wiki - «Tuttigli attori contribuiscono al bene comune, dal quale tutti traggono un uguale beneficio» (Kitchin,2014). Il ruolo delle Big Five è importante perché forniscono l’hardware, ma non solo 3 VENDONO ANCHE LE APP NEI LORO STORE. Le Big Five sviluppano piattaforme per la raccolta e gestione dei dati. Google Cloud & Life Sciences ha annunciato una collaborazione con il Broad Institute of MIT e Harvard per fornire accesso gratuito a uno dei set di dati genomici pubblici più completi al mondo, il Genome Aggregation Database (gnomAD). Si crea la situazione che abbiamo visto con le piattaforme di settore (fanno da connettori). In questo caso, le istituzioni pubbliche diventano imprese economiche complementari rispetto a cui le piattaforme fanno da connettori con i clienti, pazienti finali. È come se le Big Five avessero assunto un ruolo intermedio e di mediazione tra le istituzioni che fanno ricerca scientifica e le persone che possono fornire i dati utili. Come le persone forniscono i dati? Questo database di sequenze di DNA è stato costruito interagendo con delle aziende private facendosi mandare campioni contenenti sequenze di DNA. Questa società 23andMe (2006) prometteva in cambio un quadro previsionale di quali avrebbero potuto essere i problemi di salute delle persone. Ci sono stati poi dei problemi in quanto questi dati previsionali non sempre erano precisi. X Vero Io Get 50% OFF when you buy two Ancestry + Traîts kits Find out what your DNA says X , about you and your family. Welcome to you senno in s @e:::;» Allora si sono spostati 3 tramite il DNA raccontano le ascendenze, le origini della famiglia, i legami con etnie. Il claim > affinché gli scienziati e ricercatori accelerino i miglioramenti degli standard dell'assistenza sanitaria, hanno bisogno di grandi siti di dati... da tutti noi punto la tua partecipazione alla ricerca potrebbe contribuire a realizzare scoperte scientifiche che consentono prevenzione delle malattie, migliori terapie farmacologiche, nuovi trattamenti delle malattie, e soprattutto l'introduzione di terapie genetiche punto una volta acquistato il tuo kit potrai scegliere di unirti a questa rivoluzione della ricerca. L’altro tipo di piattaforme che poggia sui cloud delle Big Five sono quelle che connettono di pazienti. Queste piattaforme offrono l’opportunità non soltanto di mettersi in contatto con gli altri pazienti ma di monitorare giorno per giorno i sintomi. Danno l’opportunità avere un monitoraggio quotidiano costruito dal paziente, il quale si confronta con altri malati, ma anche con medici.