Scarica SOCIOLOGIA GENERALE RIASSUNTO e più Appunti in PDF di Sociologia solo su Docsity! SOCIOLOGIA GENERALE Appunti per esame di sociologia generale nel corso di scienze della comunicazione. Esaustivi, esame passato con 30. DEFINIZIONE DI SOCIOLOGIA DEL MANUALE: È la scienza che studia, con propri metodi di indagine e tecniche di ricerca, empiriche (volte cioè a produrre direttamente i propri dati) e non empiriche, i fondamenti, i fenomeni essenziali, i processi ricorrenti di strutturazione e destrutturazione, le manifestazioni tipiche della vita associata e le loro trasformazioni, i condizionamenti che i rapporti e le relazioni sociali esercitano sulla formazione e sull'azione degli individui e che gli individui esercitano su di loro, quali si ritrovano globalmente nella SOCIETÀ e in ogni tipo di collettività, seppure di minor scala; mirando, come ogni altra scienza, a ricondurre la varietà degli eventi particolari ad un numero limitato di leggi o proposizioni generali collegate tra loro per mezzo di schemi esplicativi e teorie di vario raggio. Tuttavia la SOCIOLOGIA non si riduce esclusivamente allo studio di ciò che è storicamente invariante, ossia a-storico, come sono i fondamenti biologici della vita sociale (es. BIOSOCIOLOGIA; GENOTIPO E FENOTIPO) o le basi sociali della COMUNICAZIONE, ma abbraccia pure tutti quei fenomeni che sebbene si siano costituiti ed evoluti nella storia, quali la FAMIGLIA, il LAVORO, la POLITICA, il DOMINIO si evolvono e mutano con tempi estremamente più lenti di quelli considerati dalla STORIOGRAFIA, inclusa la cosiddetta storia di lunga durata. La sociologia è quindi una scienza che segue il metodo scientifico per studiare i fenomeni sociali. Il termine sociologia è stato coniato da Comte che vede la sociologia come una scienza che va alla ricerca di leggi che regolano l’evoluzione delle società umane. Il periodo era la metà dell’800, periodo di grandi trasformazioni sociali (rivoluzione industriale, rivoluzione francese). Es. su slide di un questionario che mostra la ricerca in ambito QUANTITATIVO (fa riferimento alla statistica di dati campioni): E’ più probabile che sia un povero o un ricco a frodare il fisco? Seguendo il metodo scientifico, che è un metodo che ricerca la realtà e che sia verificabile da altri, lo studente ha creato un questionario sulla base delle conoscenze, ha analizzato i dati e ha raggiunto le risposte presenti sulla slide. Il metodo è un metodo rigoroso con preparazione questionario, formulazione ipotesi, elaborazione dei dati e risultati. Vengono analizzate dimensioni del rapporto col fisco, dimensione economica dei genitori e dimensione culturale dei genitori. 2 ipotesi: figli di genitori benestanti ritengono che frodare assistenza è più grave dell’evasione del fisco, seconda ipotesi studenti di ceto medio basso ritengono più grave evasione fisco. I Dati illustrano che essere figli di genitori con almeno 2 anni di studi universitari porta a ritenere che sia più grave evadere servizi di assistenza e analogamente sembra che per i figli con genitori con meno di 2 anni di studi universitari sia più grave evadere le tasse sul reddito. I dati confermano che c’è un legame tra livello di istruzione del genitore e atteggiamento dei figli. La SOCIOLOGIA è la scienza (-logia) della società (socio-). “La sociologia è un ampio commentario delle esperienze della vita quotidiana, un’interpretazione che trae alimento da altre interpretazioni e, a sua volta, le alimenta”. Zygmunt Bauman. (definizione dal libro manuale Alexander & Thompson). APPROCCIO DI TIPO QUALITATIVO: Ricerca sulla violenza nei luoghi di lavoro. 3 definizioni date dagli intervistati: «È di tipo psicologico e non fisico! O per lo meno nella maggior parte dei casi, nella stragrande maggior parte dei casi è psicologica e non fisica!» «… anch’io ho subito delle violenze psicologiche, da parte dei capi che magari qualche volta come dicevi te [riferito ad altro partecipante] all’inizio si può un po’ sbagliare, essere un po’ impacciati …» (I-1). «… ci sono anche quelli che fanno… violenza psicologica come ha detto lui [riferito ad altro partecipante] se tu non vieni… “ma vieni domenica a lavorare?”, “Ma non me lo potevi dire prima che mi sono già organizzato!”, “E va bene fai a meno, ma guarda che poi… noi facciamo una valutazione e mettiamo anche questo, è…”» Dopo questi commenti ci sarà il commento finale dello scienziato. Approccio diverso dal metodo quantitativo perché riguarda l’esperienza personale di ognuno posta in un contesto più ampio (struttura sociale). Si può usare un metodo o l’altro a seconda del fenomeno analizzato, ma in alcuni casi è interessante anche combinare i 2 metodi. Si può dire quindi che: La sociologia aiuta a trovare il senso delle nostre esperienze (azioni) confrontando o condividendo le nostre interpretazioni con quelle degli altri. Questo avviene non soltanto in un contesto individuale, ma avviene in un contesto più ampio, in rapporto con gli altri. Quando entriamo in rapporto con gli altri entriamo in rapporto di interazione sociale. Una prospettiva della sociologia è quella di considerare la realtà come composta da relazioni (in particolare sociologia relazionale). (Secondo l’approccio individualistico invece la società non è altro che la somma di individui). Per l’approccio sociologico non esiste una netta separazione fra il mondo esterno e le nostre personalità individuali. Secondo diversi gradi e livelli le nostre azioni possono essere determinate dalle circostanze sociali in cui viviamo. Mediante la prospettiva sociologica possiamo studiare le strutture sociali (forme e modelli di organizzazione che vincolano i comportamenti). Gli elementi di base delle strutture sono: I ruoli sociali (visti anche in sociologia dei processi culturali): sono aspettative di comportamento associate alle posizioni sociali. Possono essere ad esempio i ruoli di insegnante, genitore, amministratore, studente. Da ognuno di questi ci si aspetta un determinato tipo di comportamento. Le istituzioni sociali (nessi di ruoli stabilmente correlati e formatisi nell’ambito della cultura): è l’altro concetto fondamentale, e garantiscono che determinate azioni siano ripetute con regolarità. Se questo non avvenisse subentrano le sanzioni (formali o informali). E volendo si potrebbero aggiungere: Modernità e post modernità sono state un grande progresso ma hanno portato anche dei problemi come le disuguaglianze che possono portare degli svantaggi. Le principali tematiche della sociologia della modernità: I primi sociologi studiavano la modernità nei suoi diversi aspetti: la vita economica, l’organizzazione sociale, l’integrazione, la cultura, il genere e la socializzazione, la distinzione tra pubblico e privato e quella tra occidentalismo e orientalismo. LA GLOBALIZZAZIONE È un fenomeno sociale caratterizzato dalla continua crescita delle interconnessioni nel mondo. Si è sviluppato in modo sempre maggiore con la società post moderna. Oggi l’attenzione dei sociologi non si concentra più sulle società degli Stati nazionali, ma su problemi multinazionali e globali. I sociologi hanno diverse prospettive: DETERMINISMO VS. LIBERO ARBITRIO L’individualismo metodologico, qui chiamato libero arbitrio, consiste nel considerare che l’individuo è libero di compiere liberamente delle azioni sociali all’interno di un contesto. Il determinismo, si contrappone all’individualismo e: Afferma che le strutture sociali e i fattori culturali determinano il comportamento degli individui. Secondo Karl Marx, “la coscienza non determina la società: è la società che determina la coscienza”. Emile Durkheim, il fondatore della moderna sociologia scientifica, affermava che gli individui non controllano i fatti sociali. Secondo la prospettiva individualistica invece: Secondo un contro-argomento derivabile da George Herbert Mead, il sé creativo è il fondamento di ogni istituzione sociale. Partendo dalle idee di Mead, Erving Goffman ha raccontato una storia teorica centrata sul sé e la sua ingenuità – non è detto che le persone credano davvero nei valori sociali condivisi che affermano pubblicamente. Molte persone abbracciano dei valori ma non è detto che credano veramente in quei valori. Siamo quindi come degli attori in un palcoscenico e presentiamo un sé che deve essere convincente per gli altri ma non è detto che noi riteniamo davvero fondamentali per noi questi valori. Si può propendere per il determinismo o per la prospettiva individualistica in base a quello che si sta studiando ma sarebbe interessante unire le due prospettive in un processo di studio. STRUTTURA VS. CULTURA Molti dei grandi sociologi hanno raccontato storie sulle istituzioni, i processi e i gruppi a partire dalle strutture sociali. L’approccio strutturale è oggettivo. Si basa su ruoli e norme. Viene considerato come un approccio esterno all’individuo. (Ambito deterministico). Un approccio culturale, invece, privilegia i valori e le credenze e li mette al centro della società. L’approccio culturale è soggettivo. Anche la cultura è un qualcosa di esterno che appartiene alla società, ma abilita all’iniziativa personale. (Ambito individualistico). C’è relazione tra struttura e cultura. La prima ottiene l’effetto della cultura attraverso la costrizione o il compromesso, la cultura invece ottiene gli effetti della struttura grazie alla persuasione e la convinzione. La struttura vincola, mentre la cultura lascia spazio all’iniziativa personale. A volte si pone l’attenzione su una oppure sull’altra, ma in uno studio bisognerebbe riuscire a comprenderle entrambe. LA SVOLTA CULTURALISTA L’espressione svolta culturalista si riferisce a due fenomeni: La crescente importanza dell’industria culturale e della conoscenza nell’ambito economico. La crescente attenzione della sociologia per i fattori culturali e simbolici. MICROSOCIOLOGIA E MACROSOCIOLOGIA I sociologi non concordano tra loro nell’individuazione dei fattori che influenzano maggiormente la vita sociale. Da qui una decisiva bipartizione tra microsociologia e macrosociologia: I ricercatori che si occupano di microsociologia si concentrano sulle interazioni quotidiane tra individui. Ritengono che l’ordine sociale sia spiegabile a partire dal significato che gli attori attribuiscono a tali interazioni. I ricercatori che si occupano di macrosociologia si concentrano sulle strutture che sorreggono le società (ad es. famiglie, sistemi economici, ordinamenti religiosi etc.). Ritengono che l’ordine sociale sia spiegabile in termini di rapporti tra tali strutture e a partire dai cambiamenti che in tali strutture intervengono. (fa riferimento maggiormente alla dimensione strutturalista) TEORIE MICROSOCIOLOGICHE Le principali teorie microsociologiche sono (non prese dal manuale ma aggiunte per farci capire quali possono essere): Teoria dello scambio: elaborata da Homans (1973), prevede che gli individui basino l’interazione sulla considerazione del rapporto costi-benefici. I modelli puniti in passato sono evitati, mentre sono ripetuti quelli che hanno portato sanzioni positive. Etnometodologia: elaborata da Garfinkel (1967, 1974), prevede che gli individui basino l’interazione sulla condivisione di regole di senso comune, atte a orientare il comportamento proprio e l’interpretazione del comportamento altrui. Modello drammaturgico: proposto da Goffman (1959), prevede che gli individui agiscano come su un palcoscenico teatrale, agendo in modo formalizzato sulla ribalta e in modo non formale nel retroscena. Interazionismo simbolico: proposto da Mead (1934) e ripreso da Blumer (1969), suggerisce che la risposta individuale agli stimoli sociali trovi una mediazione decisiva nell’attribuzione di significati agli stimoli. L’interazione routinaria si basa sulla condivisione di tali significati, espressi dai simboli TEORIE MACROSOCIOLOGICHE (non prese dal manuale ma aggiunte per far capire quali possono essere) A livello macrosociologico sono due le teorie dominanti: funzionalismo e teoria del conflitto. Ci sono differenze significative tra le due scuole: I funzionalisti vedono la società come stabile e integrata e mettono in risalto il consenso sui valori tra tutti i membri di una società. I teorici del conflitto, le società sono costantemente soggette a mutamento e scontro e il focus di interesse sono le strutture di dominio. FUNZIONALISMO Il funzionalismo nasce con Spencer (1897) e il suo quadro concettuale viene rifinito da Durkheim (1893, 1897, 1912). Nel Novecento i principali esponenti della scuola sono Parsons (1951) e Merton (1949). La società è vista dai funzionalisti come un organismo vivente, composto di parti (ad es. la sfera economica, quella politica, quella religiosa), ciascuna delle quali svolge una funzione specifica. Se una parte smette di funzionare, il corpo sociale subisce a sua volta dei problemi o addirittura smette di funzionare. Secondo i funzionalisti, per spiegare un fatto sociale è necessario mostrare la funzione che esso gioca all’interno della società. I principali presupposti del funzionalismo contemporaneo sono i seguenti: Una società è un sistema di parti interrelate. I sistemi sociali sono tendenzialmente stabili. La loro stabilità è garantita dalla presenza di consenso diffuso intorno a un certo insieme di valori (a) e dalla presenza di meccanismi di controllo sociale specifici (b). La dinamica sociale produce ricorsivamente delle disfunzioni fisiologiche, che però vengono risolte per dissoluzione o integrazione nel sistema. Il mutamento sociale tende a essere graduale piuttosto che rivoluzionario. TEORIA DEL CONFLITTO La teoria del conflitto deriva dal pensiero di Marx (Marx, Engels, 1848). Secondo Marx il motore della dinamica sociale è il conflitto tra la classe dei capitalisti (i detentori dei mezzi di produzione) e quella dei proletari (i lavoratori). Capitalisti e proletari non hanno valori in comune: una classe sfrutta l’altra o ne è sfruttata. Per questa ragione, tali classi si scontrano incessantemente tra loro. Secondo le previsioni di Marx, i proletari avrebbero finito per ribellarsi e la rivoluzione avrebbe trasformato l’intera società. CAPITOLO 1 – LE STRUTTURE CULTURALI LA CULTURA Definizione del manuale: Indica in generale il modo di vita di gruppi o popolazioni. Può essere definita, in senso stretto, come gli specifici sistemi di significati che usiamo per orientarci nel nostro mondo sociale. NORME: regole scritte e non scritte che disciplinano specifiche situazioni e controllano il comportamento secondo determinate modalità. In alcuni casi sono ufficiose, in altri ufficiali come le leggi. Le norme guidano le nostre azioni e il nostro comportamento. LEGGI: norme scritte che prescrivono e proscrivono specifici comportamenti sotto minaccia di sanzione. Le norme possono essere formali o informali: Norme formali: stabiliscono il modo in cui persone e gruppi devono comportarsi. (Es.: codice penale: definisce inaccettabili e pertanto punibili l’omicidio, lo stupro, la rapina). Norme informali: indicano come è bene agire. (Es. non è bene fissare o indicare le persone; non è bene masticare a bocca aperta). Le norme sociali: Le norme sociali sono uno strumento che rende prevedibile il comportamento altrui entro un numero limitato di alternative. Le norme sociali sono tali in quanto i comportamenti che da esse si scostano incontrano invariabilmente qualche forma di sanzione. In ogni società la conformità alle norme viene mantenuta attraverso l’uso o la minaccia di sanzioni. Le SANZIONI si distinguono in: Positive: ricompensano chi rispetta la norma. Negative: puniscono chi non rispetta la norma. Formali: se applicate da specifiche autorità a ciò preposte. Informali: reazioni più spontanee e meno organizzate. Interne: quando le norme sociali sono state interiorizzate e quindi trasformate in norme morali. I VALORI Sono più generalizzati delle norme. Forniscono l’inquadramento degli ideali e anti-ideali al cui interno le norme acquistano un senso. Possono essere considerati come idee condivise su ciò che è bene o che è male, su quello che è desiderabile o non desiderabile, su quello che è sacro o che è profano all’interno di una società. (es.: il non camminare sull’erba del vicino per noi ha un valore se crediamo nel principio della proprietà privata). In sociologia si è soliti definire i valori come l’insieme di idee e opinioni condivise da una collettività riguardo a ciò che è giusto, buono, apprezzabile. Il valore indica un criterio di valutazione. In tal senso i valori sono: Orientamenti dai quali discendono i fini delle azioni umane -> valori e fini sono legati tra loro come in una catena. Trascendenti rispetto all’esistente -> indicano un dover essere che va al di là dell’essere, una tensione verso uno stato di cose ritenuto ideale e desiderabile ma che non è, o non è ancora, realizzato. Possono essere considerati come: Fatti sociali: in quanto, e solo in quanto, vengono fatti propri da individui o gruppi sociali, i quali orientano in base a essi il loro agire -> i valori sono forze operanti, perché forniscono le motivazioni dei comportamenti. I valori vengono fatti propri da individui e gruppi mediante processi, più o meno consapevoli, di scelta-> i valori sono sempre sia oggettivi, sia soggettivi. I valori universali: Sono i valori di “tutti”, ovvero sono quei valori nei quali una civiltà si riconosce e chi non li accetta si mette ipso facto al di fuori di essa. Sono i valori che definiscono i confini del vivere civile, la natura del “patto sociale”. Sono il risultato di processi di lungo periodo, intessuti di lotte condotte storicamente, e con alterne vicende, da gruppi umani concreti. CULTURA E CIVILTA’ Nei secoli XVIII e XIX: cultura e civiltà erano sinonimi, e indicavano le convinzioni, i modi e gli usi delle élite sociali. Quindi si trattava di concetti elitistici e visti in senso ristretto. Poi però un filosofo tedesco (Johann Gottfried von Herder) non ha accettato quest’idea di cultura e ha introdotto un concetto nuovo: ha sostituito con la parola “culture” il concetto di cultura alta. E qui cultura e civiltà vanno a distinguersi e dal punto che esistono più culture e non solo quella alta si iniziano a studiare anche le culture popolari. LA CULTURA OGGI SECONDO STUART HALL “La cultura si insinua in ogni angolo, in ogni fenditura della vita sociale contemporanea, creando una proliferazione di ambienti secondari e facendo di ogni cosa comunicazione. E’ presente nelle voci e nelle immagini senza corpo che si rivolgono a noi dagli schermi della nostra abituale stazione di servizio. E’ uno degli elementi chiave del mondo in cui l’ambiente domestico viene sintonizzato, tramite il consumo, con le tendenze e con le mode di tutto il mondo”. Questa definizione mostra la centralità della cultura nella società contemporanea e nel nostro agire quotidiano. Essa ci fornisce codici simboli norme e valori. Con questa svolta culturale vanno messi in risalto gli aspetti simbolici della vita. I simboli sono presenti in maggior numero e hanno un’influenza maggiore rispetto ad un tempo. A questo punto viene spontaneo chiedersi: le culture sono degli interi o delle parti? A seguito della recente “svolta culturale”, oggi i sociologi mettono in rilievo che i simboli, pur dovendo essere condivisi per costituire una cultura, certo possono non esserlo da ogni singolo membro di un gruppo sociale. Le persone che condividano un cruppo non è detto che condividano gli stessi simboli. Infatti all’interno di una società troviamo diverse credenze. CREDENZA: affermazione che tenta di descrivere un qualche aspetto della realtà collettiva (es.: “la Terra è rotonda”). Il modo in cui le credenze influenzano l’esperienza quotidiana è più importante della loro validità. Non ci sono solo credenze come quella citata sopra univoche per tutta la società, perché dentro una cultura esistono anche credenze che si scontrano e che mostrano quindi la società divisa in parti. Un esempio è l’aborto, c’è chi lo ritiene un diritto e chi è contrario. CULTURA E SUBCULTURA Subcultura: una cultura all’interno di una cultura. In certi casi le subculture sovvertono i valori dominanti; in altri casi li estendono in maniera importante e radicale. ATTEGGIAMENTI E COMPORTAMENTI La cultura fissa modelli e ideali, ma non definisce i modi specifici in cui i modelli simbolici funzionano nel mondo. Esiste inevitabilmente una certa distanza tra i sistemi di simboli che costituiscono la cultura e i comportamenti sociali concreti. C’è quindi una distanza e una distinzione tra modelli simbolici della cultura e le azioni che noi svolgiamo. ATTEGGIAMENTI: riguardano l’espressione dei valori e delle credenze delle persone. L’atteggiamento è una presa di posizione delle persone sulla base dei loro valori e delle loro credenze. (es.: azioni verbali. Sondaggi che esprimono il nostro pensiero e la nostra opinione su determinate cose). COMPORTAMENTO: riguarda tutto ciò che facciamo. I nostri comportamenti possono riflettere o meno i nostri atteggiamenti. Non sempre il nostro comportamento è coerente con il nostro pensiero. Una causa dell’incoerenza del nostro comportamento può essere una divisione culturale interiore. CLASSE, CULTURA E GENERI Classe socioeconomica: una delle più comuni classificazioni sociali, legata strettamente a occupazione e reddito. Spesso si attribuiscono ai membri delle diverse classi sociali posizioni diverse nella gerarchia sociale. Entro una prospettiva culturale la classe socioeconomica è il fattore più rilevante per comprendere gli stili di vita, i codici sociali e gli schemi di classificazione. (es.: linguaggio, vestiario, musica e comportamenti variano a seconda della classe sociale). Il sociologo francese Pierre Bourdieu ha evidenziato le differenze tra i codici culturali delle classi superiori e quelli delle classi inferiori. Le persone di status superiore propendono per una fruizione estetica astratta, mentre quelle di status basso propendono per un’arte di tipo figurativo e realistico. Oggi i sociologi rifiutano l’idea che la cultura delle classi economicamente più alte sia migliore. Spesso gli eventi terribili ed eccezionali sono per i sociologi come gli eventi naturali che forniscono agli scienziati i dati sperimentali usati per spiegare il funzionamento dei fenomeni naturali. COMUNICARE L’11 SETTEMBRE Che cosa ci dice la copertura negli Stati uniti dell’11 settembre sui media e sulla loro costruzione della realtà sociale? E questa analisi, poi, cosa ci dice delle dinamiche tanto della produzione quanto del consumo mediatici? La normale programmazione venne sospesa e i canali televisivi, che si fanno concorrenza, reputarono necessario condividere i servizi allo scopo di assicurare informazioni in tempo reale. Questo tipo di particolarità si vede solo in momenti eccezionali o di crisi, di solito non trasmettono lo stesso contenuto contemporaneamente, e quindi salta il meccanismo della concorrenza. Le poche grosse aziende che posseggono la maggior parte dei media utilizzarono le proprie risorse per raggiungere il pubblico di massa. Sospensione programmi intrattenimento e via libera a notiziari e informazione, questo ha contribuito alla costruzione di un’identità nazionale condivisa. COMUNICARE L’11 SETTEMBRE: TELEVISIONE VS. GIORNALI Anche se solitamente il loro modo di comunicare si somiglia, questo ha delle differenze nei momenti drammatici. La televisione funziona meglio nei momenti di crisi e può garantire immagini immediate e pochissimo elaborate di ciò che sta accadendo, mentre abitualmente tali immagini vengono modificate o censurate per evitare problemi. Diversamente dai giornali, la televisione mette il pubblico a proprio agio in modo “naturale”. Di solito la guardiamo a casa, in privato, dove ci sentiamo a proprio agio. I giornali invece, in quanto trasportabili, vengono spesso letti “in giro” e non nella nostra abitazione. La tv quindi durante i momenti eccezionali di crisi ha una dimensione privilegiata rispetto alla stampa nei momenti di crisi. LEZIONE 6 L’IMPORTANZA DEI MASS MEDIA I mass media impiegano la tecnologia per far arrivare i loro messaggi al maggior numero di persone possibili. Negli anni c’è stata una grande trasformazione tecnologica dei mass media e della società. INDUSTRIA CULTURALE: organizzazioni che hanno interesse (economico o di altro tipo) a far sì che i propri prodotti raggiungano il mercato più ampio possibile, finalità che esse perseguono utilizzando i mass media. L’industria culturale si può definire un’industria al pari delle altre. PRODOTTI CULTURALI: informazioni e saperi prodotti e diffusi dai mass media. Dal punto di vista sociologico i mass media del giorno oggi si possono spiegare partendo da 2 tipi di approccio (2 prospettive diverse che si concentrano su aspetti diversi): APPROCCIO ECONOMICO-POLITICO ALLA PRODUZIONE DEI MASS MEDIA: Questo aspetto si concentra sulla produzione. L’analisi economico-politica si concentra sulle strutture e i processi implicati nella produzione di cultura: la proprietà delle aziende di comunicazione (es. di strutture), la ricerca del profitto (es. di processi), la conquista del pubblico di massa, l’insofferenza dei privati per la regolazione pubblica e la loro diffidenza verso cambiamenti radicali. La soap opera è considerata alla stregua di veicoli pubblicitari per vendere prodotti (veniva usata come veicolo pubblicitario per vendere sapone alle casalinghe). Questa prospettiva, privilegiando la produzione, ritiene che il consumo di prodotti culturali (audience, chi li riceve) generati dalla comunicazione sia secondaria. (Es.: grafico famiglie con almeno un componente tra 16 e 64 anni che possiedono un accesso a Internet, 2008-2009 (per 100 famiglie con almeno un componente tra i 16 e i 64 anni). Famiglie raggruppate in base al Paese nel quale vivono: Paesi bassi, Svezia, Danimarca primi 3 paesi con più famiglie che hanno accesso a internet, Grecia, Romania, Bulgaria ultimi 3 paesi d’Europa per accesso a internet per famiglia. Tabella che rappresenta gli investimenti pubblicitari per mezzo di comunicazione nel 2007 e 2008 nel mondo, in Europa occidentale e in Italia. Possiamo notare che: A livello mondiale nel 2007 era la stampa il mezzo su cui vertevano la maggior parte degli investimenti, nel 2008 la tv. In Europa occidentale invece pur diminuendo l’investimento da un anno all’altro resta la stampa il mezzo su cui vertono il maggior numero degli investimenti, con un notevole incremento da 9 a 11 miliardi della pubblicità su internet (la tendenza che vede la crescita degli investimenti sulle pubblicità su internet cresce anche per quanto riguarda il mondo). Ci sono differenze per quanto riguarda l’Italia: se nel mondo e in Europa occidentale il veicolo principale di pubblicità nella maggior parte dei casi era la stampa in Italia nel 2007 e nel 2008 è la TV, con un ulteriore incremento da un anno all’altro. Da registrare poi come in ogni parte del mondo l’incremento della pubblicità su internet. Aumento di pubblicità nelle tv porta ad altre riflessioni: pensate al caso dei giornalisti. Alcuni si sentono offesi perché il loro stipendio è pagato dalle pubblicità sono così dipendenti dall’editore. In questo modo perdono la loro indipendenza editoriale e devono stare sempre attenti a non offendere chi fornisce loro le risorse). APPROCCIO SULTURALE AL CONSUMO DEI MASS MEDIA: L’approccio sociologico culturale si concentra sui simboli e le norme che vincolano la produzione e il consumo dei media, come i valori professionali dei giornalisti, i modelli di struttura narrativa dei contenuti mediatici e, soprattutto, i diversi stili di consumo dei prodotti mediatici. L’attenzione si focalizza sul consumo, considera quindi l’audience, e lo considera come un attore attivo che è un interprete attivo dei significati dei messaggi della comunicazione (mentre nell’approccio economico-politico l’audience viene considerato attore passivo). L’approccio culturale presta attenzione agli aspetti normativi che vincolano la produzione dei media. Le audience stanno diventando sempre più attente. Produttori devono presentare immagini sempre più precise, che piacciano al pubblico e che non offendano l’audience. Quindi le immagini pubblicitarie oggi richiedono anche più tempo e più denaro (investimento maggiore per quello che riguarda la produzione dei prodotti culturali). Definizioni: CONSUMO: le modalità di approccio e interazione tra il pubblico (audience) e un prodotto culturale. Tradizionalmente il consumo è stato considerato meno importante della produzione e i pubblici venivano considerati come ricettori passivi di quanto proiettato dai media (approccio economico-politico alla produzione dei mass media). La sociologia culturale, invece, considera i pubblici dei media come interpreti attivi dei significati veicolati dai messaggi mediatici (approccio culturale al consumo dei mass media). PRODUZIONE: le modalità di creazione e trasmissione un prodotto culturale. Considerando la produzione di un prodotto culturale dobbiamo esaminare non solo il prodotto, come uno show televisivo o una storia di cronaca, ma anche fattori strutturali quali la proprietà delle aziende di comunicazione, la conquista di un pubblico di massa, l’insofferenza dei privati per la regolazione pubblica. LEZIONE 7 LA CREAZIONE DI PRODOTTI CULTURALI IMPERIALISMO CULTURALE: termine usato per criticare il fatto che tutto il mondo è inondato dai prodotti della cultura americana: film di Hollywood, show televisivi e musica pop. Negli Stati Uniti la radio e la televisione dipendono storicamente dalla pubblicità, e alcune tipologie di programmi (le cd. soap opera) sono state create allo scopo di raggiungere precisi gruppi di consumatori. Studi sui gatekeeper: i primi studi dei mass media che analizzavano i fattori di selezione delle storie veicolate dai mass media. Negli anni Cinquanta David Manning White studiò la selezione delle notizie da parte di un redattore di un piccolo giornale americano. 3 categorie di commenti: - Alcuni dei suoi commenti non erano interessanti (“Non c’è posto”) - Altri erano tecnici o professionali (“Scritta male”). - Altri ancora esplicitamente politici (“Propaganda” o “Troppo rosso”). La conclusione a cui arrivò il ricercatore dopo aver osservato l’agire di un redattore del giornale fu che ciò che condizionava la selezione delle storie non erano solo valori politici, ma anche motivi organizzativi o di produzione (es.: primo caso). Questo studio ha dato stimolo a molti approfondimenti successivi sul tema dei mass media. Negli anni Settanta gli studiosi cominciano ad analizzare seriamente i mass media come testi culturali prodotti da persone concrete all’interno di organizzazioni concrete con limitazioni concreti. CAPITOLO III – LA SOCIALIZZAZIONE E IL CICLO VITALE SOCIALIZZAZIONE: il processo mediante il quale gli individui entrano nella società, interiorizzandone i codici, le narrative, i valori e i simboli. Comincia alla nascita e solitamente avviene dapprima in famiglia. La socializzazione, in generale è un processo che comincia in famiglia: può avvenire in modo formale: palese e conscio; o in modo informale: inconscio. SE’: il senso di chi siamo in relazione a noi stessi, agli altri e alla società. Si sviluppa attraverso un’interazione che è un agire e relazionarsi con gli altri (quindi non serve un singolo individui ma più individui). La socializzazione quindi è un processo che ci permette di essere sociali (interagendo con gli altri), e allo stesso tempo individuali (e quindi oggetti singoli). Noi nasciamo biologicamente completi, ma non compiuti da un punto di vista psicologico e sociale. Per questo è necessaria l’interiorizzazione sociale e la cultura affinchè il sé possa svilupparsi. Il paradosso della socializzazione: Facendoci interiorizzare codici, narrazioni, valori e simboli che esistono già, la socializzazione assicura la continuità delle società nel tempo. E tuttavia, imparare a “essere come noi” significa, allo stesso tempo, imparare come essere unici (aspetto individuale). Grafico: “Natura o cultura: fonti di variazione nella personalità”. Fa riferimento a uno studio iniziato nel 1983 basato su un registro di nascite di circa 8000 coppie di gemelli maschi americani nati tra il 1936 e il 1955. Lo studio analizza le coppie di gemelli maschi tra il 1971 e il 1981. Lo studio mirava a verificare la dimensione biologica. Gli scienziati concordavano che noi siamo biologicamente uguali, ma ci sono parti differenti tra gli aspetti biologici. Lo studio si basa sulle analisi di queste caratteristiche, guardando aspetti simili e differenze tra vari gemelli. Quindi la domanda generale è se da un lato l’uguaglianza può essere spiegata dalla dimensione biologica, come spiegare la diversità? La diversità infatti non può essere una cosa innata ma si sviluppa attraverso il processo di socializzazione. Considerati 5 tratti: - Apertura: (i tratti riferiti all’apertura sono dovuti da un lato alla genetica, dall’altro a dimensioni come ambiente non condiviso). Sarebbe la curiosità in riferimento a nuove esperienze e stimoli. - Gradevolezza: comprensivo, cordiale, gentile. - Scrupolosità: persona organizzata, responsabile, affidabile. - Neuroticismo: carattere instabile, nervoso, irritabile. - Estroversione: individuo socievole, capacità decisionale e persuasiva, ama la leadership. Questo per farci capire che oltre alla nostra dimensione biologica siamo influenzati da un'altra dimensione che è quella della socializzazione che influenza il sé e ci trasforma da una persona biologica (neonato) a una persona sociale (persona che interagisce con altre). Per descriverci quindi oltre alla dimensione biologica serve quella sociale. Passare da dimensione biologica a dimensione sociale vuol dire che una persona viene influenzata da istituzioni sociali (es.: famiglia) e culturali e acquisisce la capacità psicologica e allo stesso tempo abilità culturale di strutturare e ristrutturare i limiti soggettivi, avendo la capacità di essere flessibile cogliendo i significati della cultura che è stata trasmessa alla persona. La dimensione sociale ha quindi un significato diverso da società a società. LA STORIA DEL SE’ La storia del sé viene raccontata per dimostrare che non c’è un'unica concezione del “sé”, ma nel corso della storia la percezione del sé è mutata e si è trasformata. Secondo i sociologi non soltanto il Sé è sociale, ma la stessa esistenza di un “Sé” è relativa all’epoca storica. SOCIETA’ PREMODERNA Nelle società tradizionali la personalità individuale era legata alla tribù, alla classe, alla religione e al luogo fisico in modo continuo e indifferenziato: lo scopo della socializzazione era rendere le persone il più possibile identiche alle altre. VERSO IL SE’ MODERNO... “Cogito ergo sum” (Cartesio);” Essere o non essere, questo è il dilemma” (Shakespeare, Amleto). La democrazia basata sul consenso si fonda sulla profonda convinzione che il Sé sia autonomo e interiormente integrato. Solo presupponendo l’autonomia del Sé possiamo pensare che l’essere umano possegga quei “diritti inalienabili” che un governo democratico deve proteggere. IL SE’ POSTMODERNO Oggi siamo più esposti a variazioni dell’ambiente e delle esperienze e a un forte accrescimento della sensibilità individuale, dovuto a: Lo sviluppo di tecnologie comunicative avanzate. La rapidità delle migrazioni. La scomparsa dell’assimilazione (un noi, individuo simile a tutti gli altri) e la promozione della differenza e del multiculturalismo (un io). Il sé quindi è collegato alla socializzazione. Essa forma il sé e fa riferimento alle strutture della cultura e della dimensione sociale. LEZIONE 9 LA CREAZIONE DEL SE’ Selfways: modi caratteristici di essere una persona nel mondo. Emergono vivendo in determinati contesti socio-culturali. Fattori di socializzazione: influssi dell’ambiente sociale che trasformano un bambino da neonato inconsapevole a persona sociale competente. I fattori di socializzazione includono la famiglia, la scuola e i gruppi di pari. LA SOCIALIZZAZIONE E LA FAMIGLIA La famiglia è la prima agenzia che ha il compito di socializzare una persona. La socializzazione in famiglia viene detta anche “socializzazione primaria”, e corrisponde alla prima e più importante esperienza ed insieme di azioni per la formazione del sé del bambino. I bambini nel contesto familiare assorbono tutto quello che li circonda, per questo i genitori hanno una grande importanza STILE GENITORIALE E RIUSCITA DEI FIGLI Famiglia: si può considerare come un piccolo sottoinsieme di adulti che si assumono la responsabilità della socializzazione primaria del bambino. Il processo di socializzazione non riguarda solo il bambino piccolo, ma è un processo che riguarda anche gli adulti perché devono “imparare” il nuovo ruolo di genitori. Vedi tabella su stile genitoriale e riuscita dei figli lezione 9A: rapporto controllo/sostegno dei genitori: SOSTEGNO: comunicato attraverso i gesti fisici e simbolici che i genitori compiono per dimostrare che apprezzano le azioni e il sé del bambino. CONTROLLO: il controllo si esercita col potere. Cercare di plasmare e indirizzare il comportamento del bambino. Può essere usato nelle modalità: Induttivo: il controllo positivo. È il risultato naturale degli aspetti pragmatici. Il bambino sperimenta la disciplina come strettamente connessa all’amore dei genitori. I genitori usano le spiegazioni razionali per spiegare al bambino cosa è giusto e cosa non è giusto fare. Il bambino quindi forma il sé imparando dall’amore dei genitori, i quali esercitano il controllo induttivo, che è un controllo che aiuta il bambino a formare il sé (es.: genitore spiega al bambino che se sale sulla sedia cade e si fa male cerca di far capire al bambino il bene e il male delle sue azioni. Questa modalità di agire permette al bambino di capire in modo più facile le aspettative dei genitori). Coercitivo: controllo predominante, ristretto, imposto dall’alto e non spiegato al bambino. (Es.: il genitore non spiega al bambino le conseguenze che potrebbero accadere se salisse sulla sedia, ma si limita a ordinare di non salire sulla sedia). Il genitore appare irrazionale e arbitrario. Esercitando questo potere i genitori si sentono rifiutati piuttosto che legati al genitore, questo perché il rapporto di immedesimazione viene meno e i bambini reagiscono svalutando il proprio sé. Combinazione di queste dimensioni (su grafico): - Controllo alto – sostegno basso: non accettazione (raffigura la dimensione della coercizione. Il bambino non si sente accettato con un controllo alto e l’assenza di sostegno). - Controllo alto- sostegno alto: accettazione alta. LE FASI INTERMEDIE DELLA VITA ADULTA I sociologi e ricercatori hanno evidenziato un cambiamento nelle fasi vitali di avvicinamento all’età adulta: il numero delle tappe è sempre più alto e differenziato: Adolescenza prolungata e “crisi di identità” (fino ai 20 anni). Età adulta emergente (dai 17 ai 30 anni). Transizione di mezza vita (dai 40 ai 45 anni). Tarda età adulta (dopo i 65 anni). Possiamo dire che la società moderna è caratterizzata da una serie di fasi vitali post-adolescenziali. Se da un lato nella società postmoderna la transizione all’età adulta avviene in tempi più lunghi, dall’altro lato si può osservare che alcune tappe un tempo ritenute cruciali per la transizione all’età adulta vengono raggiunte oggi ad un’età diversa (es.: entrata nel mondo del lavoro viene posticipata; primo rapporto sessuale viene anticipato). LA PSICOTERAPIA E LA CURA DEL SE’ A partire da Sigmund Freud si è affermata in Occidente una cultura “terapeutica” che ritiene il Sé come responsabile del mondo sociale dell’individuo. Le domande sono due: “Chi sono?” e “Come sono diventato così?”. In entrambi i casi l’attenzione si focalizza sull’introspezione e la razionalizzazione degli impulsi più istintuali. CAPITOLO 5 – IL MATRIMONIO E LA FAMIGLIA Ricorda sempre di contestualizzare le istituzioni nel tempo e nello spazio. Un tempo per una coppia innamorata era “naturale” sposarsi, ed innaturale avere figli fuori dal matrimonio. Naturalismo: moderno e tradizionale allo stesso tempo. Era naturale per un uomo e una donna legarsi definitivamente l’uno all’altra mediante l’amore sessuale; naturale avere figli; naturale rimanere sposati; naturale avere famiglie composte solo da genitori e figli. I modelli di comportamento erano ben specifici. Oggi invece nell’epoca post-moderna questi modelli di famiglia non vengono del tutto a meno, ma accanto ad essi possiamo identificare altri modelli di famiglia. Quello che quindi era naturale un tempo, salta con la società post-moderna. Anche le identità e i ruoli dati un tempo cambiano con la società postmoderna (pensa alla diversità della famiglia attuale rispetto a quelle dei nostri nonni). Ci sono stati dei cambiamenti quindi in quelle che noi possiamo chiamare MICRO-ISTITUZIONI. Anche la famiglia ne fa parte: sono le istituzioni legate al senso di sicurezza personale e alla soddisfazione sperimentata nelle interazioni personali. Tendono a essere personali e private, e influenzano la struttura della socializzazione e della vita affettiva. Esempi di cambiamenti nelle micro-istituzioni che strutturano la socializzazione e la vita affettiva che si sviluppa all’interno della famiglia: Secondo le statistiche i modelli tipici di famiglia citati sopra non erano affatto tipici. (questi numeri ci mostrano dati empirici che dimostrano il cambiamento della famiglia rispetto ad un tempo). Per esempio: Nel 1970 c’erano solo 500mila coppie eterosessuali conviventi negli USA. Nel 1980 il numero era triplicato e nel 1990 ancora raddoppiato. Nel 1960 il 75% delle famiglie consisteva in coppie sposate (più della metà avevano figli). Nel 2000 la percentuale è scesa al 53% (e solo un quarto ha figli). I tre quarti delle persone interrogate da un sondaggio effettuato nel 1990 dalla rivista Newsweek hanno definito a famiglia come “un gruppo di persone che si amano e si prendono cura le une delle altre”, piuttosto che, come avveniva in precedenza, “un gruppo di persone legate da vincoli di sangue, matrimonio o adozione. L’avvento della società post-moderna ha fatto venire meno la naturalezza delle istituzioni che erano considerate solide nella società pre-moderna. Con la società post-moderna l’idea che la famiglia fosse un qualcosa di naturalmente dato salta. Definizioni moderne di matrimonio e famiglia: MATRIMONIO: «unione sessuale legittimata socialmente, che inizia con l’annuncio pubblico, intrapresa con una certa idea di permanenza, e assunta con un contratto matrimoniale più o meno esplicito, che definisce gli obblighi reciproci tra i coniugi e tra coniugi e i loro figli». [Stephenes, 1963] FAMIGLIA: «la famiglia è un gruppo sociale caratterizzato dalla residenza comune, dalla cooperazione economica e dalla riproduzione. La famiglia comprende adulti dei due sessi, tra i quali almeno due hanno una relazione sessuale socialmente approvata, e uno o più figli, biologici o adottati, dalla coppia che coabita sessualmente» [Murdock, 1949] Secondo la logica del funzionalismo la famiglia ha delle funzioni ben precise (ne abbiamo vista una: è nella famiglia che inizia la socializzazione). FUNZIONALISMO: prospettiva analitica che vede la società come un sistema composto di parti interdipendenti – come attori, istituzioni e Stato. – Ognuna delle parti ha una particolare funzione all’interno della società e opera insieme alle altre con una tendenza alla stabilità. La prospettiva funzionalista vede la società come un organismo biologico. Così come tutte le parti del corpo hanno una funzione e devono collaborare per il nostro benessere, anche nella società secondo il funzionalismo, le parti specifiche della società devono collaborare per il funzionamento e la riproduzione della società stessa. Secondo questa prospettiva quindi anche la famiglia ha una divisione del lavoro al suo interno. Divisione del lavoro secondo il genere: per il sociologo funzionalista Talcott Parsons, una famiglia funzionante si basa sulla divisione differenziale dei compiti e delle responsabilità in famiglia tra marito e moglie (fuori e dentro casa). Anche la divisione del lavoro di genere muta con l’avvento della società post-moderna, i ruoli sono cambiati. Nella società post-moderna quindi, sembra che le istituzioni del matrimonio e della famiglia che erano ritenute universali e naturali nella società moderna, oggi si stiano trasformando. L’istituzione del matrimonio è variata non solo nel tempo ma anche nello spazio. Es. linea di Hajnal: indicava che i paesi dell’Europa occidentale avevano un tipo di matrimonio e di famiglia diverso rispetto a quelli dell’Europa orientale. Questa linea che collegava Trieste a San Pietroburgo divideva i paesi dell’area occidentale (in cui le persone si sposavano ad un’età relativamente avanzata, e in cui una buona parte della popolazione restava celibe o nubile) dai paesi dell’area orientale (le persone che vivevano in quest’area si sposavano molto precocemente). Come si nota anche nel libro però anche nei paesi dell’Europa orientale negli ultimi 20 anni sempre meno persone si sposano precocemente. Questo evidenzia ancora di più come il matrimonio è un processo dinamico, e non statico, che si sta ancora evolvendo. Per quanto riguarda l’istituzione della famiglia, nell’epoca moderna, rispetto all’epoca tradizionale, anche la donna lavora. Grafico su: Condizione occupazionale dei genitori dei ragazzi da 0 a 14 anni nei paesi dell’Ocse dal 2007, valori percentuali: Questo grafico ci mostra che la condizione occupazionale all’interno della famiglia è mutata. Non c’è più un genitore che si occupa solo della casa. DAL MODERNO AL POSTMODERNO Con la complessificazione della società e l’individualizzazione delle traiettorie di vita, il modello della famiglia moderna sta declinando. I giovani escono di casa più tardi, convivono prima di sposarsi e le donne sono più attente nella pianificazione delle scelte lavorative e familiari. Ciò ha portato a una moltiplicazione dei modelli e delle traiettorie familiari. TASSO DI NUZIALITA’ : rapporto tra il numero di matrimoni celebrati nell’anno e la popolazione residente in un paese. Il tasso è un indicatore che indica la realtà sociale. Tutti gli stati hanno un tasso di nuzialità che si è abbassato nel tempo. La Svezia lo ha sempre avuto abbastanza basso, ma è andato calando. I tassi di Francia e Spagna erano abbastanza alti nel 1970 ma poi si abbassano notevolmente. La Corea prima discesa, poi risalita, ma dal 2000 in poi tendenza alla decrescita. Lo stesso vale per la Repubblica Ceca. Questo dimostra quindi che la tendenza è la diminuzione del numero di matrimoni. Con chi vivono, nel 2005-06, i giovani dagli 11 ai 15 anni, nei paesi dell’ocse: La maggior parte dei giovani vivono con entrambi i genitori, ma c’è una buona parte di giovani che vive con una famiglia ricostruita o con un solo genitore. Se potessimo confrontare questa tabella con Dopo un esame dei tassi di divorzi, Goode suggerì che il loro aumento poteva rappresentare un meccanismo di “filtraggio” con cui la società usa in modo più esteso una procedura istituzionalizzata per “domare” gli sconvolgimenti che avvengono in altre parti del sistema sociale. Unità familiare: si riferisce alla forma moderna della famiglia come unità autosufficiente. Sistema familiare: si riferisce alla forma tradizionale della famiglia come gruppo interdipendente di individui che lavorano e operano insieme come un micro-sistema sociale. GLI EFFETTI DELL’INDUSTRIALIZZAZIONE SULLE FAMIGLIE NUCLEARI CONIUGALI Con l’industrializzazione la produzione economica cominciò a spostarsi in istituzioni specializzate le cui relazioni strumentali e mercantili erano fondamentalmente incompatibili con i legami familiari. Le relazioni familiari si separarono dal lavoro (dalla dimensione economica) e dalla comunità, diventando emotivamente più intense. Questo ha portato ad altri effetti all’interno della famiglia, come le DIFFERENZE DI GENERE: L’industrializzazione produsse una crescente individualizzazione (interesse personale, importanza dell’individuo) e l’allungamento e la complessificazione della socializzazione (nascita ad es. di scuole materne che sono nuove agenzie di socializzazione per le persone). L’autonomia tuttavia si limitava ai ruoli maschili e femminili, che andavano irrigidendosi in una divisione “naturale”. Nella produzione agricola, incentrata sulla casa, delle società più tradizionali le donne ricoprivano importanti ruoli economici nella sussistenza della famiglia. Con la regolazione del lavoro in fabbrica le donne vennero relegate in casa e si impegnarono nei cosiddetti “lavori casalinghi”. Nonostante la loro autonomia crescesse, le donne continuavano ad essere subordinate agli uomini e la differenza di genere andò crescendo. Il patriarcato ha avuto un ruolo importante nella creazione di una forte tensione tra l’autonomia delle donne e il compito di crescere i figli nel contesto dei legami indissolubili del matrimonio. LE CRITICHE DEL FEMMINISMO Nasce negli USA quando, nel 1963 Betty Friedan pubblicò “La mistica della femminilità” che promuoveva l’uguaglianza delle donne e l’abolizione delle pratiche sessiste, e al tempo stesso descriveva l’uso e la difesa delle differenze e delle disuguaglianze di genere nella società. Dando l’avvio al femminismo moderno, Friedan attribuiva la frustrazione delle donne delle classi medie al dominio maschile e alla loro esclusione dalla sfera pubblica. L’ESCLUSIONE DEL GENERE DALLA VITA SOCIALE Nel 1940 solo il 14% delle mogli lavorava. Nel 1980 le mogli lavoratrici erano poco più del 50%. Oggi l’80% delle donne sposate sotto i 35 anni di età lavorano. La nascita del femminismo moderno è legata a questi cambiamenti, che hanno accresciuto la partecipazione delle donne al lavoro. LA DENATURALIZZAZIONE DELLA RIPRODUZIONE Tecnologie della riproduzione: progressi tecnologici – dalla contraccezione alla inseminazione artificiale – che hanno permesso di separare completamente il sesso dal concepimento dei figli. La famiglia può esistere indipendentemente dalle dinamiche riproduttive. Anche questo aspetto va ad influire ovviamente nelle nuove forme di convivenza. Denaturalizzazione perché se un tempo era naturale che le donne partorissero in un certo arco della vita nella società post-moderna la trasformazione delle tecniche di riproduzione permette anche di avere una maggiore autonomia e indipendenza della procreazione. In una società di questo tipo il ruolo della famiglia perde importanza nella socializzazione primaria. Questo implica l’istituzione di nuove agenzie di socializzazione. Ci sono grandi cambiamenti anche nell’ambito dei generi, in quanto anche i padri si prendono la responsabilità della socializzazione primaria dei figli. LA REAZIONE CONSERVATRICE Per via dei drammatici cambiamenti nella definizione della famiglia, delle relazioni e dell’autonomia lavorativa, molti critici di parte conservatrice hanno denunciato l’individualismo egoistico che produrrebbe una perdita dei valori familiari. CAPITOLO 6 – LA DISUGUAGLIANZA Il modello di successo individualista americano: il modello culturale condiviso da molti americani, che pensano che successi e fallimenti derivino da qualità e sforzi individuali, mentre le disuguaglianze dipendano da meriti e mancanze personali. Secondo una ricerca il 39% della popolazione USA sostiene che il motivo per cui ci sono persone bisognose è la pigrizia, mentre solo il 33% ritiene che ci siano delle ingiustizie sociali. La stessa ricerca condotta in Francia vede solo il 15% delle persone che vede come causa la pigrizia, mentre il 42% ritiene che ci siano ingiustizie e disuguaglianze sociali. C’è da aggiungere che se nella società moderna le posizioni sociali e le identità erano rigide, con la società post-moderna queste diventano meno rigide e più sfumate. In questo modo anche la disuguaglianza è andata sfumandosi, c’è meno rigidità. Possiamo dire quindi che nella società post- moderna il concetto di disuguaglianza è più sfumato rispetto alla società moderna e premoderna. Considerare che disuguaglianza e stratificazione sociale si debbano ricondurre ad aspetti esclusivamente individuali non è propriamente corretto dal punto di vista sociologico. STRATIFICAZIONE SOCIALE: disposizione gerarchica delle persone sulla base di differenze sociali – soprattutto per quanto riguarda l’accesso alle risorse, l’opportunità di vita e l’influenza sociale. La sociologia ha iniziato ad occuparsi della stratificazione sociale da quando queste differenze continuano a persistere nella società e a riprodursi di generazione in generazione. Le persone appartenenti agli stessi strati sociali tendono ad avere stili di vita simili (es.: andare al cinema, andare al teatro) e questi stili di vita possono esseri diversi rispetto a persone che occupano un altro strato sociale. Ciò che permette di mantenere le disuguaglianze è il POTERE: è un concetto che indica la capacità di riuscire a fare cose anche contro la volontà di altri soggetti. È la capacità di mobilitare le risorse della società allo scopo di conseguire un obbiettivo specifico. L’obbiettivo si concentra nello stato ed è un suo monopolio, tuttavia anche gli individui possono avere potere. Il possesso del potere dipende da una distribuzione di risorse che possono essere ricchezza, prestigio, forza fisica o forza morale. Il potere che viene conferito con un riconoscimento istituzionale diventa un’autorità: è una posizione formale o status ufficiale. LE POSSIBILITA’ DI VITA: sono le possibilità di accedere a beni materiali o culturali nel corso della propria vita. Dipendono non solo dal merito personale, ma anche da razza, genere e status socioeconomico. Le disuguaglianze che creano diversità tra i diversi cittadini di una società si ritrovano all’interno di una STRUTTURA SOCIALE: le relazioni durevoli e ordinate tra gli elementi della società che condividono e, a volte, regolano il comportamento sociale. Non sempre la stratificazione è consapevole. A volte si accetta la stratificazione sociale perché non si ha conoscenza di alternative possibili. In sociologia esiste un tradizionale dibattito metodologico sulla relazione tra struttura sociale e agire umano. Possiamo quindi considerare la stratificazione sociale come un termine in cui gli individui si adattano a posizioni o luoghi predefiniti in una struttura sociale gerarchica data. Noi abbiamo varie forme di gerarchia e all’interno di queste forme gerarchiche ci si può spostare, si può salire o scendere. IL SISTEMA DELLE CASTE CASTE: sono la forma più rigida di stratificazione. In un sistema di caste le posizioni sociali dipendono dalla nascita sulla base delle condizioni sociali della famiglia. Le possibilità di mobilità ascendente o discendente sono scarse, se non proprio nulle. (Nella società postmoderna sta venendo meno la rigidità delle caste). RAZZA, CLASSE E GENERE Sono 3 modi di analizzare la struttura sociale che rappresentano una certa stratificazione. La struttura di classe: è composta da posizioni nel sistema di produzione economica. La stratificazione dipende dal lavoro. In una struttura di razza: la stratificazione dipende dal colore della pelle. Il concetto di razza è diverso dal concetto di etnia. La disuguaglianza nella distribuzione dei redditi, misurata attraverso il “COEFFICIENTE DI GINI”, è cresciuta costantemente negli ultimi trent’anni in quasi tutti i paesi sviluppati. Le strutture della disuguaglianza si sono inoltre globalizzate come mai era avvenuto: il divario tra il quinto della popolazione mondiale più ricco e quello più povero era 74 : 1 nel 1990. Grafico su: disuguaglianze nelle distribuzioni dei redditi nei paesi dell’Ocse nel 2004-05. Notiamo notevoli differenze riguardo alla distribuzione dei redditi. Danimarca e Svezia hanno un grado molto basso di disuguaglianze. Questo tipo di analisi si chiama analisi ecologica: considera gli stati o le regioni e non gli individui. Grafico su: variazioni nella disuguaglianza nella distribuzione dei redditi nei paesi dell’Ocse dal 1985 al 2005. Da questo grafico notiamo come negli ultimi anni la disuguaglianza nella distribuzione dei redditi in alcuni contesti sia sempre cresciuta. SOCIETA’ DEI CONSUMI: una società i cui membri si considerano più consumatori che produttori. Gli Stati Uniti sono spesso descritti come una società dei consumi. “MIDDLE AMERICA”: la “grande classe media” con cui si identifica la maggior parte degli americani. Con il marketing si cerca di conquistare la grande classe media per avere una grande fetta di possibili acquirenti. PRIVATIZZAZIONE: il processo che porta le persone a considerarsi come consumatori individuali, piuttosto che come membri di una classe o un gruppo professionale. Con l’avvento della società postmoderna tutto diventa meno nitido e quindi anche questo processo di disuguaglianza e stratificazione delle classi sociali non sarà così netto. Si può dire che tutto sta andando in 2 direzioni: chi sta andando nelle elite e chi nella sottoclasse. CAPITOLO 11 – L’ISTRUZIONE Nei capitoli precedenti abbiamo già visto un po’ l’istruzione quando abbiamo parlato della socializzazione, quella primaria che avviene in famiglia e con lo sviluppo della società una socializzazione secondaria che avviene in un contesto esterno alla famiglia che è quello della scuola, in cui i bambini interagendo con gli altri hanno la possibilità di apprendere informazioni. Abbiamo visto l’istruzione anche in riferimento al contesto di mobilità sociale, perché acquisire una maggiore istruzione può permettere di modificare la propria appartenenza ad una classe sociale. ISTRUZIONE: indica in generale i processi grazie ai quali gli individui sviluppano le proprie capacità acquisendo conoscenze e abilità e ricevendo addestramento alle cose della vita: da come ci si comporta con gli altri (socializzazione) all’uso di particolari tecnologie. L’istruzione è un processo tanto informale quanto formale e si svolge sia a casa, sia con gli amici sia a scuola. ISTRUZIONE SCOLASTICA: si riferisce al tempo passato all’interno delle istituzioni educative formali. LE FINALITA’ DELL’ISTRUZIONE: L’istruzione insegna all’individuo a ricoprire i ruoli di: Cittadino: l’istruzione dovrebbe formare cittadini che hanno un’uguaglianza dal punto di vista della democrazia. Consumatore: fa riferimento a preparare i cittadini ad essere dei bravi lavoratori. Contribuente: competere per le posizioni sociali nel mondo del mercato del lavoro. L’istruzione può essere considerata come una merce spendibile nel mercato per guadagnare uno status sociale. ISTRUZIONE: PASSATO E PRESENTE Secondo Emile Durkheim e molti dei primi sociologi l’istruzione funzionava come forza moralmente coesiva, in grado di contrastare le forze disgregatrici della modernità. Nella società contemporanea le istituzioni scolastiche sono più simili a un prodotto, i cui consumatori sono gli studenti e le loro famiglie. L’UGUAGLIANZA DEMOCRATICA E LO STATO NAZIONALE UGUAGLIANZA DEMOCRATICA: principio per cui il fine dell’istruzione sono bravi cittadini (cittadino). La necessità di educare bambini e giovani alla cittadinanza nasce insieme allo Stato nazione: negli Stati Uniti il livello di istruzione è positivamente correlato alla partecipazione al voto. L’EFFICIENZA SOCIALE EFFICIENZA SOCIALE: principio per cui il fine dell’istruzione è l’addestramento dei lavoratori (consumatore). PROFESSIONALISMO: il passaggio da un curriculum centrato sull’apprendimento accademico a un curriculum finalizzato alla trasmissione delle abilità necessarie ai ruoli lavorativi. Formazione più pratica e meno teorica. MOBILITA’ SOCIALE: principio per cui il fine dell’istruzione è la capacità di gruppi e individui di migliorare o almeno conservare la propria posizione entro una gerarchia sociale (contribuente). L’effetto negativo della mobilità sociale è che può limitare le altre due finalità dell’istruzione: l’uguaglianza democratica e l’efficienza sociale. IPERCREDENZIALISMO E INFLAZIONE DA CREDITI L’obiettivo della mobilità sociale produce effetti secondari negativi, come l’aumento del numero minimo di crediti scolastici richiesti per ottenere posizioni professionali (che in pratica rimangono sempre uguali), o l’eccesso di titoli accademici necessari per posizioni professionali prestigiose. SINTESI STORICA DELL’ISTRUZIONE E DELLE SUE FINALITA’ Metà del XIX sec.: nell’epoca della scuola comune, la finalità era l’uguaglianza democratica. Fine XIX sec. e inizio del XX sec.: si affermano efficienza e mobilità sociale. Anni Sessanta e Settanta del Novecento: si comincia a passare da mobilità sociale a uguaglianza democratica. Anni Ottanta e Novanta: le finalità passano all’efficienza sociale, come il mantenimento o l’accrescimento degli standard educativi. Fine XX sec. e inizio XXI sec.: l’istruzione viene considerata in misura crescente un bene di consumo, finalizzato all’ottenimento di crediti e credenziali. Grafico su: decollo culturale. Data del superamento della soglia 50% di uomini alfabetizzati. Notiamo che in alcuni posti è avvenuto prima che in altri (Scozia, Germania, Norvegia). All’inizio è partita sotto la spinta dei protestanti, la dimensione religiosa in questo caso ha contribuito alla spinta educativa. Tuttavia anche con la crescita dell’istruzione i metodi di apprendimento da stato a stato sono diversi. DIFFERENTI PROSPETTIVE SULL’ISTRUZIONE FUNZIONALISMO: la prospettiva funzionalista, o struttural-funzionalista, si concentra sul contributo che le parti di una struttura danno al mantenimento dell’intero. Non contempla l’esistenza di conflitti tra le necessità delle varie parti. Questa prospettiva vede l’educazione come un processo che forma generazioni per il funzionamento del sistema società, come un elemento che prepara i giovani ad assumere i ruoli di cittadini e lavoratori. Principale esponente: Parsons. Questa prospettiva è stata però criticata per non aver colto i contrasti e i conflitti tra valori e interessi delle diverse classi sociali. TEORIA DEL CONFLITTO: l’istruzione contribuisce a perpetuare lo status quo spingendo gli individui a soddisfare le necessità di una società non egalitaria. Dà per scontato che esistano gruppi e interessi e che l’istruzione ne rifletta i conflitti sociali. Ogni classe è portatrice dei propri interessi e quindi entra in conflitto con le altre. Principale esponente: Weber. Vede l’istruzione dall’epoca industriale in poi come una competizione per migliorare o mantenere il proprio status. Queste 2 teorie si collocano a livello macrosociologica. INTERAZIONISMO SIMBOLICO Teoria dell’etichettamento: tentativo micro-sociologico di spiegare le differenze nei risultati educativi. Gli studenti che vengono convinti di essere poco intelligenti introiettano questa etichetta come parte integrante della concezione di sé e si comportano di conseguenza. Gli studenti si sentono etichettati come più o meno intelligenti a seconda dell’indirizzo che hanno conseguito. Questa teoria è stata criticata perché si concentra su una dimensione ristretta e non su un contesto ampio della società. Alcune ricerche sono COGNITIVE altre sono di tipo APPLICATIVO. Ci possono essere anche altri tipi di ricerca come: Ricerca pura auto commissariata dal ricercatore (per interessi del ricercatore) o da enti di ricerca (commissionata da un attore esterno). Ricerca applicata: risponde ad uno scopo esterno. Ricerca auto-commissionata: condotta per scopi formulati dal ricercatore. Ricerca su commissione: condotta per rispondere alla richiesta di un committente esterno. Ricerca azione o ricerca intervento: con una ricerca si va a fare un intervento pratico per verificare un fenomeno (es.: si fa una ricerca per verificare il grado di apprezzamento degli studenti sulle tecnologie della didattica a distanza. È una ricerca più sul versante applicativo perché i risultati permettono poi di migliorare eventuali difetti. Fare ricerca significa rispondere a degli interrogativi su cosa, come e perché. Quindi a descrivere, spiegare e prevedere. Descrivere: rispondere a delle domande riguardanti il che cosa, il come, il quanto e il quando di un certo fenomeno (es.: spiegare il tasso di divorzi e il suo sviluppo nel tempo). Spiegare: significa rispondere ad una domanda sul perché di un certo fenomeno individuando i fattori che lo rendono possibile e lo determinano (es.: spiegare il perché le persone usano sempre di più il cellulare e non hanno più relazioni dirette). Prevedere: dar conto del verificarsi di un fenomeno (es.: previsione calo di immatricolati di università a causa del covid). RICERCA QUALITATIVA: è adatta ad esplorare problematiche sensibili di piccolo ambiente e della vita quotidiana, povertà, situazioni estreme, piccole comunità (micro). RICERCA QUANTITATIVA: è invece accreditata per lo studio di fenomeni della vita collettiva, trasformazione di complessi modelli di comportamento e di pensiero, analizzare i confini di appartenenza o di gruppo sociale, valutare la diffusione di fenomeni. Analizza e quantifica il cambiamento attraverso comparazioni sistematiche nel tempo e nello spazio (macro). Grafico su: quesiti di ricerche e domande che ci si pone lezione 17B pg. 7/37. ALTRI TIPI DI RICERCA RICERCA ESPLORATIVA: tipo di ricerca che non ha delle precise ipotesi da verificare. Essa parte da interessi di conoscenza generali e procede seguendo alcuni criteri. Eventualmente si formulano delle ipotesi parziali lungo il percorso di ricerca sulla base di alcuni elementi emersi. RICERCA CONFERMATIVA: ricerca che ha precise ipotesi da convalidare. Non è ragionevole pensare che, indipendentemente dal disegno della ricerca, esista una tabula rasa. - I fenomeni indagati si possono riferire a persone, gruppi, organizzazioni o altri aggregati sociali. - La ricerca può essere riferita ad uno specifico spazio, ma anche a contesti più ampi. - Nella ricerca si può considerare solo un gruppo di soggetti o solo una parte, in questo ultimo caso si parla di campione. Non si può intervistare tutta la popolazione allora si intervista un sottogruppo. La presenza del campione apre il dibattito sull’inferenza cioè sulla possibilità di generalizzare da un solo caso. Qui sorgono dei problemi: come raccogliere un campione in modo rappresentativo? Quali sono le regole che permettono l’inferenza? Quanti casi occorre includere? Nella RICERCA QUANTITATIVA le regole di campionamento sono legate alla statistica e contraddistinguono strategie di campionamento basate sul criterio della casualità statistica. Le regole statistiche permettono che si possa quantificare il livello di errore della stima, il numero di casi che occorra includere nel campione, il numero di casi che fungono come sostituzioni. Nella RICERCA QUALITATIVA si utilizzano invece regole di campionamento non probabilistico: la scelta dei casi avviene secondo criteri stabiliti dal ricercatore (strategie intenzionali) in armonia con l’oggetto e i principi teorici del disegno della ricerca. Alcune strategie prediligono l’inclusione dei casi in modo da rappresentare la tipicità di un insieme. Altre prediligono l’inclusione di situazioni estreme o critiche. La numerosità del campione in questo caso viene determinata dalla saturazione: quando noi abbiamo visto il numero necessario di intervistati per poter rispondere al quesito della nostra ricerca (per la ricerca quantitativa è molto difficile arrivare a saturazione). TECNICHE DI RACCOLTA E ORGANIZZAZIONE DEI DATI Si possono distinguere in tecniche non mediate e mediate a seconda del tipo di relazione con le persone. Le famiglie di tecniche mediate sono quelle che utilizzano documenti o artefatti o immagini (es.: se voglio sapere cosa pensa la popolazione maschile di Verona sulla violenza sulle donne posso anche far vedere un’immagine di violenza alla popolazione che intervisto e chiedere cosa vedono e cosa ne pensano dell’immagine). Le tecniche di carattere non-mediato si raggruppano in due famiglie l’intervista e l’osservazione (es.: entra in un gruppo e osservano come vivono e come funziona il gruppo). Ci sono diversi tipi di interviste: Intervista individuale face to face Interviste di gruppo. La vasta tipologia delle interviste può essere classificata lungo un continuum che va da un minimo di strutturazione (intervista libera) ad un massimo di strutturazione (questionario) a seconda del grado di iniziativa del ricercatore nella relazione con l’intervistato. Interviste non direttive: si lascia all’intervistato la scelta di come rispondere. L’OSSERVAZIONE: è una categoria generale del modo in cui si possono raccogliere le informazioni. Essa può avvenire da una posizione esterna oppure da una posizione interna (l’osservatore è nel gruppo), quindi si parla di osservazione partecipante. L’osservatore può esplicitare o meno la propria identità. L’osservazione può essere non-strutturata, quando avviene secondo uno schema mentale del ricercatore, o strutturata quando si avvale di protocolli che stabiliscono che cosa quando e quanto osservare. DALLA RACCOLTA DEI DATI ALL’ELABORAZIONE Tra la fase di raccolta dei dati e quella di trattamento vi è una fase intermedia che è quella dell’organizzazione dei dati raccolti. I dati raccolti vengono organizzati in una certa maniera, per quanto concerne la ricerca quantitativa essi vengono organizzati in una matrice casi per variabili. In una matrice casi per variabili ciascuna riga contiene tutte le informazioni relative a un caso, mentre ciascuna colonna contiene tutte le informazioni relative a una variabile (foglio excel). Nella ricerca qualitativa i testi una volta raccolti vengono trattati come narrazioni e spesso presentati integralmente o attraverso interpretazioni del ricercatore estraendo le parti più significative per analizzare il fenomeno che si intende analizzare. In altri casi si utilizzano tecniche sistematiche di analisi del testo (in questo caso si fa una ricerca statistica dell’analisi del testo. Più simile ad una ricerca quantitativa). L’uso di queste tecniche prevede che i testi vengano organizzati entro una base di dati nella quale vengono scomposti in unità (frasi o paragrafi) e codificati in modo da poter essere ricomposti secondo insiemi significanti, che consentono di costruire tipologie. CHI CONDUCE LA RICERCA Quando si fa ricerca bisogna prestare attenzione anche al team di ricerca. È importante considerare la distinzione tra ricerca qualitativa e quantitativa in quanto ci sono delle diversità. Nella ricerca quantitativa si possono coinvolgere nel processo di ricerca diverse figure: statistici, intervistatori (appartenenti ad una società di ricerca), il ricercatore/ricercatori o gruppo di ricerca. Nel caso della ricerca qualitativa, considerato che molte decisioni devono essere prese al momento, la persona che compie la ricerca deve essere la stessa. RIFLESSIONI SU RICERCA QUANTITATIVA E QUALITATIVA I due modi di fare ricerca seguono schemi diversi: QUALITATIVA: esplorazione – scoperta – induzione. QUANTITATIVA: spiegazione – deduzione – conferma – induzione. I due modi di fare ricerca quindi su alcuni punti concordano ma su altri hanno delle diversità. Niero (2005) sostiene che è bene non considerare questa distinzione come una dicotomia (la distinzione tra le 2 non le contrappone necessariamente spesso è utile usarle insieme). Grafico su: ricerca quantitativa e qualitativa lezione 18A pg. 18/37 ANCORA SULLA DIVERSITA’ TRA RICERCA QUANTITATIVA E QUALITATIVA • le aree omogenee – sono caratterizzate dall’essere costruite empiricamente dal ricercatore nell’ambito dello specifico contesto di ricerca. Grafico su benessere e malessere lezione 19A pg 31/37. Ci fa notare quali possono essere le informazioni che raccogliamo a livello di unità ecologica, tutte le caratteristiche appartengono però ad un comune specifico. Ricerca secondaria su micro dati: ricerca su dati individualizzati per singolo rispondente. Ricerca secondaria su macro dati: ricerca su dati messi a disposizione del ricercatore in modo aggregato, ad esempio a livello di regione, provincia, comune. Meta analisi: è un tipo di analisi secondaria che utilizza solo risultati di molteplici ricerche, ma condotte allo scopo di dimostrare la stessa cosa (es.: ricerche nell’ambito della medicina). Esperimento: forma di ricerca QT orientata alla verifica delle ipotesi. In questo tipo di ricerca lo studioso non si sofferma ad osservare i fenomeni, ma introduce egli stesso fattori che sono suscettibili di provocare cambiamenti. Disegno sperimentale classico: (es.: effetti del farmaco su 2 gruppi) si basa su un’ipotesi causale secondo cui si attende che una variabile indipendente (variabile sperimentale) determini un cambiamento su una o più variabili dipendenti. Il disegno si basa su un gruppo sperimentale al quale viene sottoposto un programma e da un gruppo di controllo omogeneo al primo. I due gruppi devono essere “uguali”. I due gruppi vengono osservati secondo le variabili prescelte di controllo sia prima che dopo l’intervento della variabile. Il programma (la variabile sperimentale) viene implementata solo nel gruppo sperimentale e non nel gruppo di controllo. L’effetto atteso si rileverà confrontando i “risultati” dei due gruppi alla fine del programma. Considerato che i due gruppi sono omogenei le loro differenze si devono ricondurre alla variabile sperimentale. I problemi e le criticità del disegno sperimentale sono legati alla validità interna ed esterna. Validità interna: riferita alla capacità dell’intervento di modificare gli effetti (es.: somministrazione del farmaco). Validità esterna: l’intervento può funzionare anche se viene applicato ad altri casi. DISEGNI QUASI SPERIMENTALI Disegno per serie temporali: in questo tipo il gruppo sperimentale non viene comparato con un gruppo di controllo ma con sé stesso in momenti temporali diversi. Il problema è la variazione interna. Disegni quasi sperimentali con gruppi di controllo non equivalenti: disegni che adottano gruppi di controllo che non sono omogenei rispetto al gruppo sperimentale.