Scarica Storia contemporanea: dal mondo europeo al mondo senza centro. (RIASSUNTO CAP 19) e più Sintesi del corso in PDF di Storia Contemporanea solo su Docsity! 19. All’origine delle due Europe (1945-1961) 19.1 Logica della guerra fredda Per guerra fredda si intende la fase storica avviata dopo la sconfitta del Terzo Reich (1945) e conclusa con la dissoluzione dell’Unione Sovietica (1991). Questa si fonda sulla contrapposizione tra le due massime potenze postbelliche: URSS e USA. La definizione di “guerra fredda” esprime la logica bellica del conflitto, ma anche il fatto che non sia mai sfociata nello scontro militare diretto: entrambe avevano infatti a disposizione la bomba atomica, e uno scontro armato si sarebbe potuto rivelare fatale, un olocausto nucleare. La posta in gioco centrale della guerra fredda era il controllo dell’Europa: questa venne di fatto spartita in due blocchi, sommariamente battezzati “Est” e “Ovest”. Da qui il paradosso: la guerra fredda è una pace europea in cui i conflitti sembravano vaghi e lontani. Occorre ora riassumere i caratteri di fondo del conflitto: 1) l’Europa non era più il centro del mondo: erano emersi due poli esterni, ciascuno dei quali si contendeva il controllo del vecchio continente.! 2) per conquistare l’egemonia sul continente occorreva impadronirsi della Germania, dividendola il Repubblica Democratica Tedesca e Repubblica Federale Germania. 3) il senso del conflitto si legge su te scale: Europa, Germania, Berlino.! 4) La dimensione militare della guerra fredda, organizzata nel Patto Atlantico a direzione americana e nel Patto di Varsavia a guida sovietica, ne esprime la logica! binaria. A suggellarla, il Comicon e la Comunità economica europea.! 5) Non si trattava solo di un confronto tra potenze, ma tra visioni del mondo liberaldemocratico- capitalista e sovietico-comunista. Entrambe si disegnavano come portatrici di una missione universale, in una guerra tra ideologie che serviva anche da legittimazione interna.! 6) Ne risultò in Europa la compressione delle posizioni intermedie, sebbene queste venissero incentivate dalle forze opposte (i sovietici sostennero il movimento pacifista, così come gli americani supportarono le sinistre anticomuniste). 19.2 Meccanica della spartizione (1945-1949): il caso tedesco Le radici della guerra fredda affondano nella seconda guerra mondiale: le grandi potenze europee erano o declassate o liquidate, e dei cinque vincitori formali, tre erano di grado nettamente inferiore rispetto ai due trionfatori, Stati Uniti e Unione Sovietica. Infatti la Cina era impoverita e in preda alla guerra civile, la Gran Bretagna ridotta ad ancella dell’America e la Francia umiliata da Hitler. Ma anche le due potenze non erano di certo pari: gli Stati Uniti esibivano una superiorità schiacciante, avendo addirittura per un certo periodo il monopolio della bomba atomica. Ma la loro supremazia era soprattutto economica: mentre la Russia usciva stremata dal conflitto, il dollaro diventava divisa nazionale e moneta di riferimento degli scambi internazionali. L’American way of life si svelava magnete geopolitico e culturale persino nel blocco nemico.! La guerra fredda era conseguenza dell’incompatibilità degli obiettivi, degli interessi e delle ideologie dei vincitori: non c’era, nel dopoguerra, un progetto definito. Questo spiega anche perché non ci fu un trattato di pace con la Germania: le visioni di sovietici e americani erano irriducibili. La conferenza di Jalta aveva preparato la nascita dell’ONU e la “Dichiarazione sull’Europa liberata”, ma non fu lì che nacque la cortina di ferro che divideva l’Europa: quella non fu frutto di un piano, ma semmai dell’assenza di un piano. In assenza di un progetto condiviso, decisioni prese come provvisorie rimasero a tempo indeterminato. È il caso del regime di occupazione in Germania, fondato sulla spartizione dello stato e della capitale in quattro zone di influenza. Parte della Prussia era già stata occupata dall’URSS, fino alla linea Oder- Neiβe. Migrazioni incrociate tra le varie zone d’influenza avvennero per quasi cinque anni, e quel confine divenne il simbolo di un trattato di pace atteso e mai realizzato. I vaghi progetti unitari tratteggiati alla fine della guerra, sanciti dagli accordi di Postdam, si limitavano a evocare principi molto generali: denazificazione, democratizzazione, prefigurazione di un futuro stato a partire da cinque amministrazioni centrali tedesche, ma ciascuno dei vincitori interpretava tali criteri a suo modo. La spartizione del Reich fu sancita dalla nascita delle due Repubbliche: a questa divisione si arrivò dopo quattro anni di tensioni e dopo il fallimento dei tentativi di compromesso tra vincitori. Nella zona orientale le truppe sovietiche avviarono una campagna di smantellamento e trasferirono in Russia le industrie. Sul piano politico i partiti borghesi e liberati vennero eliminati, in funzione di una alleanza tra socialdemocratici e comunisti chiamata Partito socialista unitario (SED). Questo approccio rese chiaro che la neutralizzazione della Germania evocata dai sovietici era una maschera per coprire l’annessione del Reich al blocco dell’Est. Nelle zone occidentali, invece, occorre distinguere tra approccio punitivo francese e le politiche di inglesi e americani, attivi nel promuovere i partiti anti-sovietici. Nel 1947 le zone inglese e americana si unirono, e a breve seguì quella francese. L’evento decisivo verso la nascita di uno stato tedesco fu il battesimo del marco: il 20 giugno 1948 nasceva la nuova moneta delle zone occidentali, che sancì la frattura economica tra le due zone. Per rappresaglia, Mosca decise il blocco di Berlino: fece estrema pressione agli alleati perché sgomberassero la capitale, e sbarrò tutti i corridoi dall’ovest verso Berlino. A Londra si vagheggiava un accordo che concedesse ai russi il controllo della Ruhr, ma Truman risolse la situazione con un ponte aereo che per un anno rifornì i berlinesi, finché Stalin non revocò il blocco. 19.3 Nascita e precario consolidamento dell’impero sovietico (1949-1953) Per i russi, la zona di occupazione sovietica in Germania era l’avamposto di un intero progetto europeo: occorreva omologare l’Est agli standard sovietici. L’assimilazione geopolitica, politico- economica e ideologica di paesi formalmente indipendenti (Cecoslovacchia, Polonia, Ungheria, Romania, Bulgaria, DDR) si compiva in maniere diverse, tenendo conto di tre fattori: collocazione geostrategica, condizione sociopolitica e influenza degli alleati occidentali. Avviata subito dopo la fine della guerra, la costituzione di una sfera di controllo prevedeva l’impiego di leader comunisti, la liquidazione degli oppositori irriducibili e delle elite, la compressione delle masse nel partito unico della classe operaia e la riforma agraria nel segno della collettivizzazione delle campagne.Tutto ciò escludeva la prassi democratica: Stalin stesso era ben consapevole che un governo liberamente eletto sarebbe stato antisovietico. Nella pratica, il processo di assimilazione dell’Est fu tutt’altro che lineare: in Germania il controllo fu esercitato in maniera diretta, ma le cose erano diverse in Austria. Anch’essa, come la Germania, era stata divisa in quattro sfere di influenza, ma nella zona sovietica i comunisti erano deboli, e l’importanza strategica dell’Austria era comunque ridotta. Stalin allora si avviò verso un percorso di neutralità negoziata con gli alleati occidentali. Diverso fu il caso della Finlandia: confinando con la Russia, il governo sapeva di non potersi permettere alleanze occidentali: una neutralità limitata. Ma la questione più delicata perl’Unione Sovietica era la Polonia, che fra i paesi conquistati dall’Armata Rossa era anche il più rilevante per le potenze occidentali: una questione d’onore, ma anche politica, perché negli Stati Uniti i polacchi avevano una certa influenza. La russofobia impiantata sul territorio, insieme alla presenza della chiesa, ostacolavano il