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Appunti di storia del duello Prof. Gabriele Paolini Unifi
Tipologia: Appunti
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Un duello è un combattimento formalizzato tra 2 persone – nell’occidente post medioevo è consensuale, prestabilito, che scaturisce per la difesa dell’onore e delle rispettabilità- Svolge secondo regole accettate in modo esplicito o implicito da uomini dello stesso stato sociale, armati allo stesso modo. L’obiettivo primario del duello è ottenere una sorta di soddisfazione e non l’abbattimento dell’avversario. SI tratta di ristabilire l’onore e la rispettabilità. Corso 800’ e inizio 900’- lo sviluppo e la pratica maggiore del duello si ha in Italia a partire del periodo rinascimentale, la ritualizzazione e la sua decodificazione (trattati) parte in Italia. Fino al 700’ il duello era stato riservato all’aristocrazia. A partire dal 800’ questo legame con l’aristocrazia comincia a venir meno e si trasferisce anche alla borghesia in ascensione. Il duello segue 2 regole precise: parte da un’azione che offende l’onore di uno dei due soggetti, il quale è colui che sfida l’altro. 2 contendenti che sono accompagnati da due padrini cui spetta il compito di organizzare il duello nel rispetto del codice cavalleresco e delle regole. I padrini vengono chiamati anche ‘secondi’, i ‘primi’ sono quelli che scendono sul terreno. I padrini portano il cartello di sfida, che va consegnato non oltre le 48 ore dall’offesa. Avviene sempre contra legem - contro l’ordinamento giuridico, che lo punisce o lo punirebbero. È sempre richiesta la presenza di un medico. ARMI La tipologia delle armi impiegate varia molto, in Italia sono tre: spada, sciabola e pistola. La spada ferisce di più, usata per offese più grave. Sciabole ferisce di punta ma non di taglio essendo quindi quella più usata perché meno pericolosa. Per le offese più gravi si ricorreva alla pistola, del modello caricate dal davanti (modello vecchio). La scelta delle armi spetta all’offeso, che tramite i padrini fa sapere all’offensore. I padrini si accordano le regole, le distanze, uso di quale arma, modalità di svolgimento, termine del duello (quando si sospende, se con un graffio o una ferita più importante, è correlato alla gravità dell’offesa) Nei duelli del ‘West’ americani solo 1 rimane vivo, mentre in quelli del 800 e 900, si caratterizzano per essere al primo sangue, bastava una ferita lieve subita da uno dei contendenti che i padrini sospendevano il duello con legittima soddisfazione. Perché studiarlo? Perché ci rivela, mentalità, usi, costumi e tendenze di un’epoca. Il duello si svolge anche quando l’offeso schiaffa l’offensore con un guanto, e lo getta a terra. L’offensore alla sua volta raccoglie il guanto se avrà accettato la sfida. Entro massimo 48 ore la sfida viene accettata, l’offeso invia i suoi padrini all’offensore che alla sua volta sceglie i suoi padrini. ACCETTAZIONE Perché si accettano i duelli? Perché rifiutarle, non esporsi come forma di coraggio significa incorrere in una gravissima disapprovazione sociale. La concezione dell’onere è una trasposizione del valore di un individuo. I livelli rusticani sono quelli realizzati dalle classi più basse, in genere con meno regole. LUOGO
Luoghi poco frequentati, si svolgeva all’alba, fuori città. Spesso anche nei cimiteri e dintorni. Fattorie isolate. Al primo sangue- una ferita All’ultimo sangue- con la morte di 1, è raro, e spesso non accettato dai contendenti. Non è che non c’erano morti, c’erano ma poche. Dalla fine 700 in poi si usciva vivi al primo sangue, quelli del 600’ e il periodo anteriore finiva spesso con la morte. DUELLO CON PISTOLE Distanza stabilita, sparano alternandosi (uno alla volta), il primo che ha diritto di sparare viene sorteggiato. Sparano su indicazione del padrino o del direttore dello scontro (come veniva chiamato). Si spara il primo colpo, non viene colpito nessuno. Il secondo, non colpisce. A quel punto lo sfidante può dichiararsi soddisfatti e a quel punto il duello è concluso. Altrimenti si prosegue, ma era raro sparare molti colpi, perché qualcuno andava a segno ed era una consuetudine molto cruente, si trattava di salvare l’onore e quindi bastava dare prova di coraggio. Una o entrambi le parti in causa potevano mancare volontariamente il bersaglio, per soddisfare le regole del duello senza che nessuno si facesse male. Iniziavano lo scontro mettendo a schiena contro schiena, con le pistole caricate, facevano un numero accordato di passi (dai padrini), si giravano e sparavano. 4 padrini- prima che avvenisse lo scontro si sorteggia il direttore dello scontro (chi dà il via, ferma in caso di colpi non dati ad una certa distanza o che erano contro regole). DUELLO PRIMA DELL 800’- Prima del 800’ il fenomeno era molto diffuso, in Germania, GB, Germania e Russia. Dopo la Rivoluzione francese in Italia il duello riprende vigore. Si era interrotto un po’ prima dovuto al fatto che la chiesa cattolica aveva influenza sulla popolazione, nemica dei duelli, li ha condannati perché si rischiava di togliersi la vita, una sorta di suicidio e quindi condannata. Inoltre, erano calati fino al 700’ per che gli stati italiani erano abbastanza lontani del mestiere delle armi. GB NELL 700’ vede tanti duelli, Francia meno rispetto al 600’’ ma sempre tanti, ma con la RF si dà la fine all’ ancient regime teoricamente il costume del duello doveva divenire di seconda importanza, viene ridicolizzato. Ma in realtà anche in Francia e Italia la decadenza del duello non c’è si assiste ad una ripresa del duello con tratti meno cruenti. Si parla di sopravvivenza del vecchio regime, contrariamente a quanto si pensava che l’800’ sanciva il trionfo della borghesia, e il cessare di una serie di concezioni, ideologie ed ecc. Studiando la persistenza del duello si capisce che l’antico regime dura molto più a lungo, o almeno forme dell’antico regime convive con forme di società borghese e durerà fino alla Prima guerra mondiale. Con la RF la pratica di duelli non è cessata ma continuò ad essere esercitata nella maggior parte dei paesi europei. Furono coinvolte le élite dirigenti nei più alti gradi, politici, militari, giornalisti, letterati. Avveniva senza che fosse avvertito un contrasto stridente con il sistema di diritti e doveri giuridicamente stabiliti, con la legge e le normali procedure. Ricorrevano al duello come metodo di risoluzione di conflitti privati, perché era legato a valori costitutivi dell’identità culturale dell’occidente, concetto di onore e onorabilità, il rispecchio fra sfera pubblica e sfera pubblica, giustizia privata e giustizia dello stato, leggi dello stato e leggi morali non scritte, ma proprio perché non erano scritte che erano nella coscienza immarcescibili.
Alla fine del secolo, la svolta fu la morte di Felice Cavallotti in duello, popolare leader della democrazia, l’evento fece scalpore e dette maggior vigore agli avversari del duello, ancora diffusa ma in declino, soprattutto per perché subisce colpi dai cattolici e socialisti in nascenti partiti di massa ostili al mondo liberale. Il duello è un’istituzione tipica del mondo liberale, ed entra in crisi in Italia ed Europa dopo la prima guerra, con l’avvento della società di massa, che si accompagna in Italia con la nascita e consolidamento del fascismo. Fine 700’- 1796 gli eserciti guidati da Napoleone scendono in Italia. Trovano una società lontana dal mestiere delle armi, in cui era molto forte l’influenza della chiesa nemica del duello da metà 500. La RF ha condannato il duello però a queste dichiarazioni non corrispondono ai fatti. Durante il periodo di Napoleone di continuo stato di guerra il duello si è moltiplicato, Napoleone personalmente era contro il duello, ma finiva col favorirgli perché il suo favore verso il coraggio e il pericolo erano celebrati, ciò ha contribuito per la persistenza dei duelli. Con la dominazione della penisola italiana, del 15ennio Napoleonico, c’è una forte ripresa dei duelli in Italia soprattutto fra i militari, che sono aggregati all’esercito francese e che combattono in tutta Europa contro i nemici napoleone. Sono molti grazie alla circoscrizione obbligatoria, svilupparono una embrionale coscienza nazionale insieme a forme di tutela dell’onore che avevano manifestazione nel ricorso al duello. Soldati italiani che venivano disprezzati dai soldati francesi che cominciarono a praticare scontri e sfide, anche letali, come espressione della coscienza del loro valore. Quando crolla il dominio Napoleonico fra 14 e 15, il duello non finisce, la legislazione italiana è durissima contro il duello, ma sono raramente applicate. Comincia la distanza fra ciò che è scritto nella legge e ciò che viene applicato, si affermano delle regole non scritte. Si duellava di più nel Piemonte nel Regno di Sardegna, stato dove la componente militare era tenuta in grande considerazione (per esempio, il Granducato di Toscana non aveva un esercito ). Per quanto riguarda gli ufficiali, la prassi era che fosse perseguito quel ufficiale che avesse rifiutato una sfida cacciandolo dal corpo al cui apparteneva, mentre chi partecipava si confrontava con pochi mesi di prigione. A partire degli anni 20 e 30 si registra un cambiamento, il fenomeno si diffonde e viene svolto dalla classe colta e istruita. In Gran Bretagna, in Francia che era praticamente legale, e in Italia si diffondeva come ‘una malattia contagiosa’. Dalla Francia vengono i modelli dei codici, nel 1936 viene pubblicato a Parigi un saggio sul duello, scritto da un Conte che non lo aveva chiamato codice del duello, era una sistematica analisi di tutte le regole cavalleresche approvate, giustificate che i duellisti e i padrini avrebbero dovuto conoscere e applicare nelle vertenze d’onore (duello), l’attendibilità viene rafforzata da 80 esponenti dell’aristocrazia e da militari francesi. Rappresentò il prototipo per tutti i codici, fu tradotto in diverse lingue. Francia - realtà a livello giuridico del duello, dopo 1815 vigeva il codice napoleonico che non faceva menzione del duello per scelta del legislatore che non voleva riconoscerne legittimità come reato, se si verificasse un duello con conseguenze gravi (perché se non succedeva nulla non si andava a tribunale) i tribunali oscillavano nei giudizi, prima fase dal 1819 al 1836 la giurisprudenza non applicava sanzioni se fosse stato rispettato il codice, mentre dal 1837 in poi in seguito ad un pronunciamento della corte di cassazione, si applicava le disposizioni previste per omicidio o ferimento grave ma questo non fu sufficiente per diminuire la frequenza dei duelli. L’analisi che uscì in un opuscolo contro il duello nel 1836, opera di un generale piemontese, Ettore Perrone di San Martino (esiliato in Francia), fu ripreso da tanti autori successivamente, partiva da concetti religiosi duello come ‘una forma di depravazione morale’, il coraggio veniva associato a forme di vigliaccheria, diceva che i duellisti erano i peggiori soldati. La tesi di fondo dell’opuscolo era che dopo la Rivoluzione francese si pensava che sarebbe significato anche la fine della popolarità del duello, ma non è stato così, è prosperato. Con l’ascesa della borghesia e quindi di nuovi individui provenienti dai vari ambiti (arti, militari, commercio) volevano imitare le pratiche della vecchia nobiltà, così il duello sopravvive, mossa da queste classi che desideravano distinguersi. Un altro aspetto era la scarsa tutela giuridica dell’offesa all’onore e
quindi trovano come valvola di sfogo e mantenimento del proprio status attraverso il duello. La natura delle pene congiunta alle incertezze di esecuzioni di esse finiva per incentivare il duello. Codice Albertino del 1839- Nuovo Codice penale approvato nel Regno di Sardegna Alleggerimento delle pene visto lo scollamento delle norme fino ad allora vigenti e la loro effettiva applicazione. Prevedeva: scompare la pena capitale (anche se qualcuno fosse morto in duello) il sopravvissuto rischiava 15 anni di carcere; riduzioni di pena se lo sfidato avesse provocato lo scontro con ingiurie gravi ad esempio. Differenze rilevanti fra sfidanti e sfidato- in presenze di ferite gravi se lo sfidante le infligge erano previste fino a 7 anni di carcere, se era lo sfidato 5. Una serie di attenuanti e aggravanti a seconda delle circostanze. Queste pene nella prassi vedevano molte attenuazioni. Duello ‘pietra di paragone’ ‘punto di riferimento’ – molto imitato – svolto nel 1825 Tra Alfonse de La Martin e l’esule napoletano Gabriele Pepe. Il francese pubblica un poema che trae spunto dalla morte di lord George Byron, caduto contro l’impero ottomano, per celebrare la figura dell’eroe romantico. In un passo del poema l’autore mette al personaggio una frase contro l’Italia, che veniva definita come un luogo di passato grandioso ma perduto, su un suolo antico i figli nascevano già vecchi, non avevano più il sangue dei loro avi e sopportavano senza vergogna gli insulti degli stranieri. Il personaggio dunque definiva l’Italia come una terra che ospitava della cenere umana. Poi a questa espressione viene associata l’idea che l’Italia fosse una terra di morti, (Giuseppe Giusti 17 anni dopo scrive una poesia di confutazione del termine). Il poema suscitò molto sdegno nell’opinione pubblica italiana e aumenta quando a Firenze mesi dopo l’uscita del libro in Francia e la sua circolazione in Italia, arriva la Martin come segretario dell’ambasciata francese nell’ambasciata francese, i letterati si infuriarono, per la scelta del diplomatico. La risposta è arrivata da Pietro Giordani, lo scrittore esiliato sulle rive dell’Arno da Piacenza, scrive un saggio dove immaginava la voce d’oltre tomba di Lord Byron che confutava le accuse di viltà evocando figure recenti gloriose e dimostrando che il silenzio degli italiani, era uno costretto dalle censure dei regimi assoluti, come non era la GB né la Francia del tempo. Quindi la risposta fu dalla censura bloccata. Poesia di Giuseppe Borghi che confutava Byron furono censurate. La Martin era preoccupata dell’ondata di censura, era accolto freddamente dai membri dell’alta società fiorentina. Tentò di discolparsi, pubblicò anonimamente a Lucca un nuovo opuscolo per cercare di spiegare il significato dei versi, ma non ebbero successo le spiegazioni dove si sosteneva che il poeta aveva messo in bocca all’autore cose che non condivideva, frasi pronunciate dal personaggio e non dell’autore. In un opuscolo pubblicato da Gabriele Pepe, colonello, combattente nelle file napoleoniche. Si approfitta di una polemica letteraria, sull’interpretazione del verso di Dante << Poscia , più che ' l dolor poté ' l digiuno .» se il conte in prigione si fosse mangiato o meno le carni dei figli morti. Pepe sosteneva che il conte non aveva mangiato la carne dei figli, inserisce una frase che si scagliava contro l’autore, indicava l’opera di La Martin, e scrive che ‘ costui si sforza di supplire all’estro onde vacuo e da concetti degni dell’estro con baie contro l’Italia’ baie (Ingiurie) ove i colpi dei fiacchi e degli imbelli potessero mai ferire – citazione letteraria dell’iliade. Definiva la Martin un fiacco e un ‘imbello’, non compariva nella bozza della censura, quando uscì il successo fu immediato, proprio perché era la replica che rispondeva a nome dell’Italia. La diffusione dell’opuscolo spinse La Martina scrivere una lettera a Pepe, chiedendo se con quella espressione si fosse
questi romanzi, momento della formazione dell’immaginario di una più di una generazione. La diffusione del duello viene rappresentata in opere ambientate anche in altre epoche, poiché no si può scrivere sull’attualità.
Nel 1848 si concedono gli statuti costituzionali e con l’inizio delle guerre per l’indipendenza si sottolinea una nuova fase del duello. Giuseppe Pisanelli, giurista, artefice del Codice civile dell’Italia unita, nel 1848 nello svolgimento della prima guerra di indipendenza si interrogava sul successo del duello. Si chiedeva perché la legislazione del 1838 sia rimasta inapplicata. La legge contradice il sentimento comune e è caduta in desuetudine. Afferma che il duello sembrava coinvolgere persone repugnanti ad infrangere la legge, ma che quando si trovavano davanti a delle situazioni ricorrevano alla legge. Il meccanismo mentale alla base del duello, l’offeso bisognoso della stima altrui credeva di trovare nel duello il mezzo per ribadire il suo nome, si espone ad un pericolo per provare di non essere un vile. L’offensore alla fine doveva tributargli la sfida che inizialmente aveva mostrato di negarli. Chi partecipava ai duelli, anche se usciva sconfitto, usciva con una sorta di aureola e l’opinione pubblica lo rispettava e applaudiva. Nel duello moderno, lo sconfitto e vincitore godevano ugualmente della stima del pubblico. Legge del maggio 1852 rimasta in vigore fino ai primi dei 900’- si occupava di provvedimenti per gli ufficiali di terra e di mare, recepiva dei regolamenti in vigore presso i comandi militari sulle mancanze contro l’onore. Si legittimò in questo modo che la mancata richiesta di riparazione con le armi alle offese ricevute per un ufficiale, come il rifiuto di battersi significasse automaticamente l’allontanamento dell’esercito. Cioè era preferibile partecipare ad un duello che rifiutarlo perché veniva considerato un vile. Gli ufficiali venivano posti sotto un dilemma, infrangere la legge o rischiare delle sanzioni blande (perché quelle previste dalla norma non erano applicate). Nel corso del decennio dal 1849 al 59 si diffuse nel territorio soprattutto in Lombardi e nel Veneto duelli che contrapposero nobiltà e borghesia liberali e di sentimenti filopiemontesi avversi all’Austria e ufficiali austriaci, modo scelto per marcare la differenza. Momenti e occasioni di fraternizzazione venivano evitati fra ufficiali e aristocratici e per ribadire questa frattura fra occupati e occupanti si faceva uso dell’arte dei duelli. Tra gli italiani si sorteggiava chi aveva il compito di battersi, si rispettava il codice cavalleresco, nelle trattative iniziali nella discesa sul terreno, salvo poi alla fine prendere congedo degli austriaci con frasi ‘ qui finiscono i nostri rapporti’, ‘da questo momento non ci consociamo e non ci salutiamo più’. Le signore lombarde fascinate dalla moda e dal patriottismo, le autorità austriache in tono dispregiativo le chiamavano ‘oche’, oche del Campidoglio, che nell’episodio della storia di Roma avevano svegliato Roma di fronte all’arrivo nemici galli. Quindi le oche contribuiscono a tenere accesa l’agitazione contro il dominio asburgico. Il nomignolo viene ripreso dai patrioti e ripetuto a titolo d’onore, far parte delle oche voleva dire essere una signora della società più distinta e patriotica. Gli scontri dei duelli erano una sorta di scontro patriotico, mezzo per tenere viva l’agitazione continua e morale per una guerra che non si poteva fare. Alberto Banti nota che i duelli hanno carattere formale e rituale ciò costringeva agli austriaci ad attribuire una sorta di riconoscimento agli sfidanti, la relazione era giocata da parte italiana sul filo dell’equivoco, ciò che agli occhi degli austrici era il riconoscimento di una parità di status sociale, per i patrioti era un
riconoscimento della parità dello status nazionale (italiani contro austriaci) ciò che volevano mettere in evidenza. Esempio di Alfredo Camperio milanese, che nel 1956 durante un ballo chiese a un ufficiale austriaco perché le sue divise e medaglie offendevano le signore. Camperio dice che il suo uniforme non è del loro imperatore ma sì dell’armata austrica di occupazione che sperava andassero via del paese. L’austriaco accetta di ritirarsi, e lo sfida ad un duello. Dato il contesto politico Camperio fu minacciato di arresto e per evitarlo dovette riparare nel Piemonte, ma prima di passare alla frontiera lascia un biglietto nel quale manteneva la proposta di duello all’ufficiale o a qualsiasi soldato asburgico che si responsabilizzassero per la sua condotta la ballo. Il duello avviene nel Ticino e si concluse con la vittoria dell’italiano e con un motivo di popolarità nella società di sentimenti liberali. Destinato a rappresentare un precedente decisivo fu il duello del parlamentare Conte di Cavour e Henri Avigdor (di Nizza, deputato). Da un resoconto parlamentare anonimo pubblicato sul giornale di Cavour, Avigdor si sentì preso di mira. Replicò su un altro giornale torinese provocando Cavour perché lo riteneva autore del resoconto. Dopo due padrini di Cavour si recano da Avigdor per chiedere se avesse inteso Cavour e lui ha confermato. Il giorno stesso dopo l’incontro i padrini di Cavour si incontrano con quelli di Avigdor per decidere lo scontro a Palazzo Carignano sede della Camera, luogo massimo di legge. Fu deciso a pistola, offesa considerata grave. Scelgono il luogo sul fiume Dora, tipica riservata ai duelli perché vicina al cimitero. Cavour consegna ai padrini una lettera con le sue ultime volontà, testamento, in caso di morte. Si sorteggia chi spara per primo, Avigdor vince, fa 30 passi indietro 3 davanti e parte il colpo di pistola. Non colpisce Cavour, Cavour lo fa altrettanto e sbaglia. I padrini discutono e si trovano d’accordo di decidere di sospendere il duello e di far inserire a quello di Cavour che non aveva intenzioni di offendere e in quello di Avigdor uguale. Uno dei padrini di Cavour anni dopo afferma che Avigdor non aveva altre intenzioni che unire il suo nome a quello di Cavour per far parlare di sé- Cavour se ne rendeva conto e si rifiutò di compiere di pubblicare. Cavour ammiratore delle istituzioni britanniche si è arreso al duello. Conseguenze- sui giornali le notizie del duello apparivano che Avigdor voleva critica le idee politiche di Cavour e non le sue qualità personali o quelli dei redattori del Risorgimento. Provocò l’intervento delle autorità giudiziaria torinese. Fu chiesta alla Camera la autorizzazione a procedere contro i duellanti, di aver violato il codice Albertino. Il pubblico ministero ha riferito di venire a conoscenza dello scontro leggendo i verbali rilasciati dei padrini sul giornale e chiedeva ai sensi dell’articolo 45 dello statuto di procedere contro Cavour ‘’nessun deputato può essere arrestato salvo flagrante delitto nel tempo della sessione parlamentare né tradotto in giudizio in via criminale senza il consenso della camera’’. Articolo derivato dai modelli europei GB e francese, serviva a garantire l’immunità ai deputati che doveva servire da ingerenze del potere esecutivo. Cavour quando ha saputo temeva che il governo avrebbe spinto l’autorizzazione a procedere influenzando la maggioranza anche per controbilanciare la notizia dell’arresto dell’arcivescovo di Torino (accusato di dure posizioni contro leggi che abolivano i tribunali ecclesiastici). Commissione parlamentare chiamata a pronunciarsi sul caso si è divisa fra una minoranza (composta dalla destra clericale, a favore dell’autorizzazione, perché lo riteneva un reato comune fuori della sfera politica) mentre la maggioranza argomenta che un deputato rappresentante del collegio elettorale, un impedimento all’esercizio delle sue funzioni legislative e parlamentari si risolveva in un danno anche per l’elettore del
Napoli e che aveva ispirato il romanzo storico di Massimo D’Azeglio Ettore Fieramosca (1833), nel suo 350° anniversario può essere attualizzata in chiave patriottica di rivendicazione del valore italiano di contro al dominio asburgico. Vittorio Emanuele II che colpisce la personificazione dell’Austria. 3 soggetti raffigurati con espressioni grottesche. E viene incoronato la rappresentazione dell’ITALIA turrita, vestita con panni classici greco romani. Negli anni dei moti risorgimentali, la figurazione duellistica è usata anche per raffigurare satiricamente l’opposizione tra repubblicani e filosabaudi , i dissidi interni al governo del Regno di Sardegna, come il fronteggiarsi delle diverse e inconciliabili posizioni ideologiche, economiche e giuridiche tra ministri (fig. 01, ispirata alla Leggi Siccardi, che aboliscono i privilegi goduti fino ad allora dal clero cattolico, e 02), o tematiche di politica estera (per esempio, la guerra di Crimea, fig. 03) e di costume (per esempio, la condizione femminile), e soprattutto un tema caro alle riviste di satira: la lotta per la libertà di stampa di fronte alle autorità liberali (fig. 04) Il mondo della pubblicistica satirica attesta dunque l’ immediata perspicuità del motivo del duello per il pubblico. Un duello ad armi disuguali. Chi vincerà? 1850 – Periodo immediatamente successivo al duello di Cavour- Duello fra il Ministro della Guerra generale della Marmora e l’arcivescovo di Torino (arrestato per le polemiche di prima) per le polemiche sull’abolizione del foro ecclesiastico. L’arcivescovo duella con un bastone pastorale, di legno e viene facilmente spezzato dall’arma affilata dello Stato. Si vuole simboleggiare la vittoria dello stato laico modernizzatore, rispetto alle leggi retrograde che consentivano agli ecclesiastici il privilegio di essere processati da un tribunale ad hoc. La Maga», 13 gennaio 1855. Il giornale di orientamento democratico presenta una serie di caricature originate dalle polemiche per la discussione al parlamento di Torino del disegno di legge (presentato dal ministro Urbano Rattazzi) sull'abolizione di quegli Ordini Religiosi ritenuti privi di utilità sociale. Nelle ultime due vignette si raffigura un duello tra la personificazione della Libertà e quella del Clero; vincitrice la prima alla Camera, grazie ai deputati eletti dal popolo, il secondo al Senato dove prevaleva in virtù del censo e della nomina regia e quindi di orientamento conservatore. «Il Fischietto», Torino, 19 gennaio 1856. Relativa alla guerra di Crimea, personaggi che rappresentano gli interessi contrapposti a proposito della guerra. Duello alla pistola nella parte di sinistra, ci si riferisce ai contrasti fra Austria e Russia al Congresso di Parigi, allora in corso. Nella parte di destra è raffigurato l'imperatore Napoleone III, intento a “pescare” la pace, sempre al Congresso di Parigi. «La Maga», Genova, 5 gennaio 1854. Cavour che lotta in vesti comiche contro la rappresentazione della difesa della libertà da parte dei giornali di opposizione contro la stretta repressiva che il governo presieduto da Cavour avrebbe voluto introdurre, aumentando i mesi di carcere e le multe per i reati di stampa. Il duello avviene fra il piccolo Cavour, armato di lancia, e un'alta e agile figura femminile, personificazione della libertà. Il «giornale politico con caricature» «La Maga» (Genova) nei numeri 115 e 116 del 24 e del 27 settembre 1853 conduce una denuncia del duello come «barbaro vezzo » particolarmente usato nel Piemonte cavouriano per cercare di intimidire la stampa. Ci furono casi a Genova in cui ufficiali sfidavano giornalisti accusandoli di reati di opinione. Duello visto come minaccia alla libertà di stampa, perché appunto praticata da professionali militari che sanno bene usare le armi rispetto ai giornalisti democratici.
Sul forte nesso tra pratica duellistica e attività giornalistica nel secondo Ottocento, è eloquente anche la litografia di Casimiro Teja proposta dal «Fischietto» del 4 settembre 1855: la nascita del giornalismo femminile viene suggerita con il disegno di due signore in abbigliamento da schermidore , con un’iscrizione sintomatica («E preparatasi ai pericoli del giornalismo»): affacciarsi al mondo del giornalismo implicava necessariamente l’andare incontro a vertenze che sfociano in duelli, il dover mettere in conto la sfida a duello come uno dei «pericoli del giornalismo» (fig. 02).
Il duello nel melodramma Frequenti sono le scene di duello sui palcoscenici del melodramma, vera e propria fucina dell’identità nazionale , in particolare in Verdi. La sfida a duello nella «Traviata» Il melodramma mette in scena quando Violetta è stata offesa dal suo innamorato ma siccome è donna non può sfidarlo quindi entra in scena il suo protettore il suo ex vecchio amante, il barone Douphol. Il barone fu ferito, ma migliora, Alfredo è andato all’estero per sottrarsi all’accusa del duello. I duelli si succedettero anche non solo in Piemonte ma anche in altri stati italiani durante il 49-59. Poi dopo la proclamazione del Regno di Italia vengono raccontati dai giornali. Per gli anni 60 i duelli erano diffusi in modo molto diffuso al nord come al sud, si parlava di 1 al giorno. I morti sommavano a poche decine, il duello all’ultimo sangue erano molto rari. Data alla scarsa pratica delle armi o all’imprudenza dei duellanti che non ha una volontà precisa di uccidere. Durante tutto 800 si prevale il duello al primo sangue, con prevalenza della sciabola. L’attenuazione del rischio legata anche al rituale della sfida e dell’intervento dei padrini spiega la popolarità del fenomeno. I critici del duello attribuivano la colpa alla diffusione del fenomeno alla scarsa rilevanza delle pene previste del codice del 1859.Facevano una comparazione con il territorio del veneto, dove ancora sotto regime austriaco, gli scontri erano molto rari. La diffusione in Italia era legata all’assetto politico istituzionale- Il giurista Pietro Elero, 1963, il fenomeno si è riversato dal territorio sabaudo (Piemonte) ai territori via via aggregati con il processo di unificazione. Omede Pantaleone, senatore, 1875, - Attribuisce valore positivo al duello ‘’per molti secoli quando era poco diffuso il duello erano tempi di barbarie e tirannia straniera in Italia, ora abbiamo riconquistato la libertà ma perché si è riconquistato l’ardore e voglia di difendere le proprie ragioni e il duello influisce a renderlo popolare. Polemiche sul congedo ai volontari Garibaldini: Enrico Cialdini deputato, ha pubblicato sul giornale una lettera in cui accusa Garibaldi (senatore) di voler essere al di sopra del governo e alla pari del re, lo accusava di essere presentato alla Camera in costume strano (poncio sudamericano e camicia rossa) e scriveva che Garibaldi poteva diventare pericoloso. Garibaldi rispose che la scelta dell’abbigliamento sia libera come il nuovo regno diceva di aver sposto una parte piccola dei torti che hanno preso i volontari, che hanno lavorato per l’esercito Piemontese con stipendio ridotto. Sembrava un duello eminente grazie all’intervento di Vittorio Emanuele II che si è fatto mediatore fra Garibaldi e Cialdini.
L’arma scelta fu la sciabola, Riboli ebbe la meglio su Cesarini il quale esce con una grave ferita al polso. Qualche giorno dopo Riboli accetta una sfida alla pistola da Carlo Canera di Salasco, 30 passi, fuoco a volontà avanzando, obbligo a chi fallisse il colpo di continuare ad avanzare verso l’avversario. Fu colpito SALASCO con una palla nel braccio. Questa sequenza di duelli costrinse Riboli ed i suoi padrini di esiliarsi per qualche tempo in Svizzera sfuggendo alla giustizia militare. Tuttavia, per volontà del ministero della guerra la vicenda si chiuse bene. Agli ufficiali di Montebello fu destinato un grande amico di Riboli, Ribola passa ad un regimento più prestigioso dove erano presenti tanti aristocratici regimento Piemonte Reale. Episodio dimostra la funziona aggregante del duello e la sua capacità di gettare posti fra classi scoiali diverse, la sfida testimoniava la democratizzazione del rituale. Si verifica uno dell’aristocrazia che si batte con uno di umili origini. 1863 – Minghetti (presidente del Consiglio) e Rattazzi Rattazzi in aula fece un discorso nel quale attaccava il ministero da cui gli era succeduto guidato da Marco Minghetti. Il giorno dopo ribadiva e rinfaccia Cavour e il Ministro dell’interno (toscano, Ubaldino Peruzzi) e il ministro della giustizia Giuseppe Pisanelli di essere stati al governo o vicini ai sovrani (Pio IX, Re di Napoli e il Granduca di Toscana). Rivela che l’anno prima Minghetti era stato disposto ad entrare nel ministero da lui presieduto accettando la carica di ministro della giustizia. Minghetti afferma che era falso. Rattazzi chiede la conferma di ciò che ha detto Minghetti. Minghetti risponde che mantiene le sue affermazioni. Rattazzi di fronte a Minghetti invia 2 padrini deputati. Minghetti accetta subito, perché aveva esperienza con le armi Mentre Rattazzi no. Quindi i padrini scelgono la pistola per cercare di pareggiare l’inesperienza. Siccome la scelta dell’arma spetta allo sfidato Minghetti sceglie la sciabola. Lo scontro si tiene in un bosco vicino a Torino, ci furono 3 colpi, R viene colpito al braccio e finisce lo scontro. I padrini dichiarano che hanno rispettato le regole e dato l’importanza dei ruoli di entrambi per il paese si considerava conclusa la questione. Le conseguenze si sono viste sia in Italia che all’estero, alcuni si chiederanno se lo scontro non potesse essere stato evitato. In Parlamento nessuno criticò i duellanti, perché avrebbe messo in difficoltà maggioranza (Minghetti) e opposizione (Rattazzi). Solo Massimo D’Azeglio, privatamente, scrive in una lettera e descrive il duello come qualcosa di ridicolo. Di conseguenza, il duello fra i due sancisse al massimo grado la legittimità della pratica nell’Italia degli anni 60’. L’impunità dei duellanti deriva dalla difficoltà di organizzare i processi, perché quando il duello veniva reso noto al magistrato fin dall’inizio ogni prova veniva a mancare. Ad esempio, in caso ci fosse una persona rimasta ferita diceva che se n’era procurata in un altro modo. Persone famose ma anche medici e chirurghi
non avevano problemi di dichiarare il falso sulle cause della ferita o anche quando c’era un morto, sulla causa della morte. Quindi i pubblici ministeri, anche quelli molto zelanti, non volevano avventurarsi in procedure in cui era praticamente sicuro il fallimento perché mancavano prove sufficienti e testimoni, oltre a non trovare nemmeno attenzione fra gli stessi giudici. La frequenza dei duelli e l’inefficacia della legge hanno spinto nel 1964 un deputato Mauro Macchi (sinistra) ad una proposta che prevedeva l’abolizione completa di ogni pena per i duellanti e per quelli coinvolti nella sfida (padrini) partendo del presupposto che gli scontri individuali nonostante riprovevoli ed anacronistici le pene della legislazione restavano lettera morta. ‘se gli stessi legislatore l’hanno violata, come potranno i giudici condannare gli uno ciò che gli altri furono lasciati impuniti?’. Un disegno di legge provocatorio per sancire giuridicamente ciò che era uno stato di fatto, ma anche perché difficilmente sarebbe stata accettata e non lo fu. Fu quindi riproposta altre volte nel 65 e nel 69 ma dopo viene lasciata cadere. A partire del 65 a seguito del trasferimento della capitale Firenze fu lo scenario di diversi duelli. Nonostante il codice granducale toscano fosse più duro anche in Toscana si ebbe un’impunità generalizzata. Scontro polemico fu quello che coinvolse Urbano Rattazzi (durante la guida al governo nel 67), in realtà fu uno scontro mancato. La sua moglie Maria Letizia Weis Bonaparte aveva 23 anni meno di lui, per i tempi risultava una persona troppo libera, presenza nota anche a Parigi nella capitale francese dove scrisse diversi romanzi dall’ambientazione e dai contenuti mondani e gallanti. Uno di essi fu messo in commercio e conteneva un capitolo dove si descriveva una città ‘ridicola e corrotta’, sembrava rimandare alla Firenze da poco capitale. Si riconobbero inoltre alcuni personaggi di primo piano raffigurati sotto nomi diversi. Il più indignato fu il Marchese di Bologna, Gioachino Pepoli, che si ritiene riconosciuto in uno dei personaggi nel quale Maria Letizia lo descrive come ‘imbecille’, ‘buffone’ e ‘sciocco’. Siccome non era possibile sfidare una donna, ne doveva rispondere il suo marito. Pepoli invia a Rattazzi i suoi padrini, esso stretto fra le difficoltà ad accettare la sfida e anche la necessità di rispondere chiede aiuto al ministro della giustizia (Sebastiano Tecchio) e al ministro della guerra, si diceva pronto a battere se lo avessero ritenuto inevitabile. In quanto sfidato Rattazzi scelse l’arma, la pistola. Al primo incontro Cialdini, uno dei padrini di Pepoli, voleva chiudere l’episodio e che Rattazzi si obbligasse a firmare una dichiarazione di biasimo nei confronti della moglie. Il ministro della guerra obiettò dicendo che era impossibile chiedere al Presidente del Consiglio un simile atto. D’altra parte, Maria Letizia scriveva da anni questi romanzi e non aveva mai nominato nessuno in maniera esplicita. Cialdini dice che non poteva rifiutare i duelli (perché un'altra persona si era offesa, la moglie di un suo amico) Cialdini che era uno dei padrini di Pepoli avrebbe poi portato la sfida di questo altro. Trattandosi di sfide diverse per offese a più persone il ministro della guerra trovò infondata la richiesta di soddisfazione. Cialdini si arrabbiò (perché pare che il libro raffigurasse in maniera feroce una signora a cui era sentimentalmente legato), la questione non si risolve dall’incontro con i padrini. Dunque, interviene Vittorio Emanuele II per trovare una via di uscita convoca il ministro della guerra e risolve per il giurì d’onore. Entrambi accettano per rispetto al sovrano. Compongono il giurì due senatori, e due militari. Il verdetto si dette sulla base di un precedente proveniente dalla GB, Rattazzi doveva concedere a Pepoli il duello ma solo dopo aver terminato la sua esperienza come Presidente del Consiglio. Il giornale pubblica il verdetto senza nominare il motivo del problema. Si evitò quindi che Rattazzi, ancora in carica, partecipasse a un altro duello. A partire del 69’ esplose il primo scandalo affaristico dell’Italia unita, della regia cointeressata dei tabacchi. Sommato al clima della sconfitta dei Garibaldini a Mentana, i problemi finanziari, la tassa sul macinato. La cessione del privilegio della manifattura e della vendita del tabacco ad una società privata di capitalisti italiani e stranieri, si accompagnò ad un susseguirsi di accuse a certi deputati di maggioranza accusati di
Nella Giurisprudenza del duello , Fambri dichiarava infondata l’accusa di voler legittimare codificandola ciò che era una materia al di fuori e contro le leggi dello stato. Sosteneva che il suo fine era lecito e ausiliario rispetto all’azione delle norme previste dal codice, perché tendeva a circoscrivere e a limitare un fenomeno sociale di rilievo. Nella società c’erano polemiche che derivavano da casi insolubili e che pure bisognava risolvere in qualche modo e meglio era farlo con il minor danno possibile. Quindi quelli che guidavano la legittimazione del duello che rendevano impossibile al gentiluomo di sottrarsi dalle pressioni dell’ambiente e della società. Secondo l’autore non si poteva abolire del tutto il duello perché ne sarebbe derivata una moltiplicazione dei rancori, una moltiplicazione dell’assassinio si doveva quindi parlare seriamente di una fine del duello quando si fosse ridotta la diffusione. Nel frattempo, occorreva fissare un impedimento a quella pratica perché non diventasse incontrollabile, necessaria quindi una giurisprudenza cavalleresca per agevolare le intese, per attenuare le conseguenze degli scontri e correggere l’ambiente. Risale al 1863 ma trovò applicazione pratica 15 anni dopo l’idea di un Codice Cavalleresco Italiano di cui fu autore il generale Achille Angelini. Comprendeva una sistematizzazione di norme e consuetudini che vigevano nelle diverse regioni. Con l’obiettivo di stabilire regole di condotta per i gentiluomini durante il duello, in questo modo si poteva ridurre il numero dei duelli. Credeva che il duello avesse la sua utilità perché il timore di esser chiamato a battere tratteneva gli spavaldi dalle provocazioni, evitava altri per certe offese di trasformarsi in assassini. Le ragioni del successo del codice di Angelini, oltre alla sua fama di essere stato aiutante di campo di Vittorio Emanuele II, si dette alla legittimazione data al codice da diversi esponenti illustri della società aristocratica e dell’esercito i cui nomi venivano riportatati in un lungo elenco finale dando una sorta di timbro di legittimità al codice. Sia il codice di Fambri che quello di Angelini sono diretti principalmente ad un pubblico aristocratico e alla borghesia, dato che sono libri da grande formato e veste pregevole. Jacopo Gelli , militare di carriera poi giornalista, pubblica nel 1888 un nuovo Codice Cavalleresco dal taglio agile, più economico e maneggevole. In questo modo diretto anche ai ceti medi e anche più bassi. Ebbe un successo straordinario con molte ristampe e nuove edizioni. Nel 1923 giunse alla quattordicesima edizione. Per l’autore un codice cavalleresco si trattava di un complesso di norme e di regole che erano il portato naturale delle trasformazioni e delle idee che imponevano a un certo uomo di accettare certe sfide. Centrale è il concetto di gentiluomo che nel corso del 800 stava subendo trasformazioni, prima era sinonimo di patrizio e nobiluomo, si sgancia dallo status sociale ed abbraccia una connotazione non classista ed indica ‘il rispetto di sé e di altri, capace di essere gente di pace e di guerra’. Tutti gli autori, da Fambri a Gelli erano accomunati dalla convinzione che ci fossero ingiurie tali da trovare tutela tenue o nulla per via giudiziaria, il caso più riferito era quello di un individuo che avesse ricevuto uno schiaffo. In questo caso rincorrere al tribunale non avrebbe diminuito il disonore bensì divulgato al pubblico l’offesa ricevuta. In caso di condanna, lo schiaffeggiatore rischiava al massimo pochi giorni di prigione e multa lieve. Per lo schiaffeggiato i danni personali in termini di stima e auto stima era incalcolabili, se avesse voluto ad esempio entrare in politico non avrebbe ricevuto voti, se fosse stato deputato e rifiutava di battersi sarebbe stato costretto alla dimissione per la pressione del collegio, se fosse stato un militare di carriera non avrebbe potuto restare nell’esercito a meno che non avesse accettato l’isolamento assoluto e completo Col duello recuperava tutti i vantaggi presso il pubblico che nessuna forza legale avrebbe saputo ridargli. Piu grave nei manuali e trattati era il caso di ricorrere alle vie legali laddove si trattasse di adulterio , in un caso del genere non si poteva rivolgersi al magistrato avrebbe disonorato a sé stesso e alla sua famiglia
divulgando comportamenti e situazioni che non dovevano giungere a conoscenza dell’opinione pubblica, senza contare che in tanti casi mancavano i testimoni e le prove per dare la condanna. L’offeso andando in tribunale subiva una offesa maggiore cioè lo stigma sociale. Credeva che il rispetto delle procedure cavalleresche fosse la più efficace garanzia contro la vendetta. Non consideravano duelli gli scontri tra aderenti a società criminali (mafie o camorra), non tanto per il ceto sociale e le armi usate ma perché le norme di queste società segrete delittuose non erano accettate né parificate, erano poste fuori della legge per scopi delittuosi. Autori scrivevano che il duello esigeva una ferita se non grave almeno tale che uno dei duellanti fosse impossibilitato di continuare lo scontro. Formula che ricorre nei verbali. Duello non era sinonimo di rischio mortale ma né tantomeno di parata. A volte nelle condizioni che fissano i padrini prima del duello si escludevano esplicitamente colpi alla testa o al petto. Anche nel caso di scontri alla pistola le conseguenze letali erano evitate con stratagemmi dei padrini. D’altra parte, la componente di pericolo e di rischio si evitava nei verbali scrivere regole come ‘il duello cesserà alla prima ferità si scriveva che ‘la parte che ha subito la ferita non era in condizioni di continuare’. L’aspetto del rischio effettivo anche se non grance c’era ed era una componente essenziale per giudicare un duello come tale. Gelli nel suo codice chiariva che il momento più critico da superare era quello dell’arrivo sul luogo e l’attimo che precedeva lo scontro. ‘ il coraggio non consiste nell’assenza di paura, ma nel fare il proprio dovere malgrado la paura’. Questo è il nucleo essenziale del discorso, ovvero, accettare la sfida con fermezza e sangue freddo e nel portarsi contro senza esitazioni. Diomede Pantaleone diceva ‘le nazioni che avevano il duello sono state le più grandi e più forti e quelle del coltello, del veleno e del sicario sono state conquistate le schiave.’ Il duello quindi è l’elemento che rivela la tempra di un popolo. Che distingue i popoli barbari caduti sotto il dominio degli altri e gli altri che si sanno difendere. Secondo questa interpretazione il duello era la base della dignità e del coraggio mentre in caso contrario la vendetta ne prendeva il posto producendo viltà e codardia. Duello resta una prerogativa maschile, la donna era riconosciuta inabile al duello per natura e qualunque offesa avesse ricevuto non la colpiva direttamente ma colpiva il maschio adulto che per le condizioni (parentela, posizione) aveva il diritto di tutela. Idea comune a tutti era quella che il fenomeno doveva essere regolamentato da corti d’onore (giurì d’onore) dovevano comporle individui di fama a livello locale dovevano pronunciarsi per esaminare una controversia tra due gentil uomini, prima di scendere sul terreno dovevano quindi rivolgersi a queste corti per chiedere un parere e cercare di risolvere la faccenda senza arrivare ad uno scontro. Secondo i sostenitori del giurì si poteva diminuire il numero del duello salvaguardando le regole della cavalleria. Fu una pratica rara, ci si arrivava quando il duello avrebbe provocato conseguenze molto gravi fra personalità di grande livello come quella di Rattazzi. Secondo Fambri le corti d’onore dovevano essere costituite nei principali centri dove c’era un tribunale civile e penale, formate da militari e civili con modalità analoghe alle giurie ordinarie e avrebbero dovuto esaminare ogni caso sottoposto dai padrini riconoscendo se ci fosse stata una provocazione, e da quale parte. In caso affermativo valutare natura e gravità dell’offesa per determinare la forma della riparazione. In caso di soluzione pacifica finiva tutto qui. Altrimenti si registrava per colpa di chi si arrivava la discesa sul terreno designando sotto la responsabilità di provocatore colui che le scuse non fossero state accettate dall’offeso. Meccanismo che fa sì che i tribunali avrebbero potuto giudicare in maniera espedita gli esiti di un duello a cui le parti nonostante tutto avessero voluto far ricorso. Il ricorso alle corti fu molto discusso e caratterizzò i lavori preparatori del nuovo Codice penale.
del giornale o un’esponente significativo della redazione a dover scendere lui sul terreno per salvare il decoro del foglio. Nel caso un giornalista rifiutasse doveva scender sul terreno un altro e farsi carico delle offese. Un giornale che scriveva e non difendeva le sue ragioni cadeva in discredito del pubblico. La facilità con cui si poteva offendere qualcuno tramite il giornale era dovuta alla mancanza di un’effettiva ed efficace legislazione a mezzo stampa. Alcuni sosteneva l’idea dell’applicazione di multe pesanti come modo da dissuadere i giornalisti, citando l’esempio della Gran Bretagna dove il duello era quasi scomparso nel 800’ grazie alla sua applicazione. L’idea quindi era quella di introdurre norme che colpissero la calunnia con la multa e non con pene personali che raramente venivano applicate. D’altra parte, la possibilità che un giornalista venisse chiamato a rispondere sul terreno rappresentava un gli dissuadeva contro le offese sconsiderate. Per i giornalisti più giovani il duello si trattava di un rito di passaggio. All’inizio 900 il ricorso al duello diventa un modo per il giornale di farsi pubblicità con poca spesa e rischio relativo. Critiche al duello Giornalisti liberali moderati si dichiaravano contro il duello, in particolare, Ruggero Bonghi. Diceva di voler salvaguardare il diritto alla replica e la ripresa di temi e questioni che altrimenti sarebbero state silenziate dalla sfida stessa. Se la sfida nasce da una questione politica, alla fine del duello teoricamente la questione sarebbe finita ma i giornalisti come tali non potevano lasciar stare e non trattare certi argomenti. Per i democratici, soprattutto Felice Cavallotti, si trattava di scuse anziché questioni di prestigio. Sostenevano che si nascondevano dietro il duello per offendere senza nulla rischiare. Dopo il 1870 con il trasferimento della capitale a Roma e la professionalizzazione del giornalismo il legame fra carta stampata e duello cambia. Legato all’episodio che si svolse con la creazione dell’Associazione della Stampa periodica italiana. L’episodio è del 1877, protagonista fu Augusto Pierantoni deputato che fu preso di mira dalla stampa di opposizione (giornale della destra il romano Fanfulla ) gli episodi si ripetono sul giornale e Pierantoni si arrabbia e riesce a individuare l’autore: il parlamentare Fedele Albanese. Alla Camera Pierantoni gli rimproverò aspramente gli articoli, Albanese si difende dicendo che si trattavano di frasi spiritose e che poteva scrivere di peggio. Pierantoni lo schiaffeggia 2 volte. Fatto che fu molto grave perché avviene nel Palazzo di Montecitorio. Così avviene il duello alla sciabola, in una villa fuori Roma e si concluse con una ferita grave sul braccio di Albanese. La reazione che ha provocato questo duello, fu che i parlamentari e i giornalisti di altri quotidiani anche di altre regioni indirizzavano a Francesco Crispi (Presidente della Camera) una vibrante protesta per l’accaduto. L’incidente sia per il motivo che il luogo in cui è avvenuto costitutiva un’offesa a tutta la stampa chiedendo al presidente provvedimenti. Crispi rispose disapprovando il fatto in sé e il modo e il luogo in cui è successo, luogo che definiva ‘inviolabile asilo a tutte le opinioni’ indica la soluzione a trovare nella stampa rimedi contro giornali che avessero costretto ad una risposta. La questione investe il tema della libertà di stampa e del dovere della polemica essenziale per i fogli di opposizione come il Fanfulla. Le circostanze spinsero i direttori dei quotidiani romani a riunirsi e così costituirono un giurì d’onore permanente fra i rappresentanti della stampa. Ogni giornalista a Roma era tenuto a consultarlo prima di un duello. Alcuni giorni dopo si tenne un’altra riunione di giornalisti e si discute per la creazione di un’associazione della stampa periodica che poteva risolvere non solo questioni del duello ma anche altre legate alla stampa. Nel 15 agosto del 1877 si tenne la riunione fondativa dell’ Assemblea per la stampa periodica in Italia che fu il primo organo di rappresentanza professionale per i giornalisti italiani. L’associazione risultò importante sul piano aggregativo e professionale per la categoria
ma non sul piano delle sfide l’istituto dei giurì d’onore fece fatica ad affermarsi e inoltre perché il numero degli scontri calò. Duello Nicotera-Lovito Il 6 dicembre 1883 l'onorevole Giovanni Nicotera , già ministro dell'Interno, nei corridoi di Montecitorio aggredì verbalmente il deputato Enrico Lovito , segretario generale del ministero degli Esteri, sputandogli due volte in faccia. Motivo del contendere era la nomina a cavaliere di un soggetto che Nicotera riteneva autore di un libello calunnioso ai suoi danni. L'inevitabile duello, tenutosi il giorno dopo, fu così feroce che il Lovito, già ferito, non sentì l' alt e continuò a scagliarsi contro Nicotera. Perfino uno dei padrini, intervenuti per dividere i contendenti, restò ferito. Vennero così infrante tutte le regole cavalleresche e il fatto suscitò ampia eco e vivace sdegno per i modi che avevano originato e caratterizzato la vertenza. Si parla di duello macello. (Paolini fa riferimento al suo libro che ha messo su moodle lezione 2 aprile) Duello che per i luoghi dove si originò, per i protagonisti ma per le forme del duello. E per le implicazioni che si concretarono nel rifiuto di concedere l’autorizzazione a procedere. Il duello più caratterizzante della stagione post-unitaria. Jacopo Gelli si dedicò alle statistiche del duello, anche se in maniera artigianale dati i mezzi e il fenomeno di per sé, lo fece attraverso lo spoglio dei giornali locali. Si avvalse inoltre di medici in tutta la penisola perché rendessero noti casi di cui avevano curato. Rilevazioni che hanno dei limiti ma pur con questi Luigi Bodio, il più celebre degli statistici del tempo, fondatore dell’ISTAT, inserì lo studio nelle pubblicazioni ufficiali. Nel periodo dal primo semestre del 1879 al primo semestre del 1895 si contarono 3 513 duelli. Dei quali 140 alla spada, 3137 alla sciabola e 223 alla pistola. In media 234 scontri all’anno. Il duello era un fenomeno urbano, dunque legata alle città e piccoli borghi e non presentava differenza nelle zone d’Italia. Le statistiche dei processi conferma che i processi per duello risultavano rari. Per esempio, fra il 1869- si parla di 32 dibattimenti, paragonato alla statistica di Gelli, dimostra come la repressione penale fosse contenuta rispetto l’ampiezza del fenomeno. Nel 1885 Cesare Parenzo deputato vicino a Crispi, critico del duello afferma che le cause all’origini di molti di essi e la provenienza dei duellanti da una classe di individui aliena da colpi penali lo rendevano un delitto sui generis a cui il tempo e i pregiudizi avevano concesso una sorta di autorità e lo rendevano difficile da estirpare. L’attenzione dei critici si concentra sul ruolo del pubblico, cruciale perché oltre ad esprimere un generale consenso al duello spesso li causava divulgando calunnie e offese riguardo all’onore dei singoli e delle famiglie. I critici attribuivano la colpa al ruolo dei padrini per lo svolgimento del duello, che il Codice penale del 1889 considerava come complici solo nel caso in cui avessero istigato al duello. Per i critici senza l’intervento dei padrini o in mancanza di una loro partecipazione, molte sfide non si sarebbero svolte. La centralità del loro ruolo si dà nel dettare la forma del duello e di assicurarne la lealtà (elemento imprescindibili) senza di loro quindi non si sarebbe arrivati sul terreno e c’era chi proponeva di infliggere a loro la stessa pena dei