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Storia dell'arte contemporanea 1: le esperienze artistiche del XX Secolo, Appunti di Storia dell'arte contemporanea

Le Avanguardie artistiche del XX secolo, in particolare il Surrealismo e il Dadaismo, e i loro maggiori esponenti come René Magritte, Salvador Dalì, Marcel Duchamp, Man Ray, Jackson Pollock, Mark Rothko e Barnett Newman. Vengono descritte le tecniche utilizzate e le opere più celebri, con particolare attenzione alla loro innovatività e alla loro capacità di ribaltare il concetto di arte. Il documento si concentra sul contesto storico in cui queste esperienze artistiche sono nate, caratterizzato da incertezze e contraddizioni a causa delle guerre mondiali e delle nuove scoperte scientifiche.

Tipologia: Appunti

2022/2023

In vendita dal 04/02/2024

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Scarica Storia dell'arte contemporanea 1: le esperienze artistiche del XX Secolo e più Appunti in PDF di Storia dell'arte contemporanea solo su Docsity! Storia dell’arte contemporanea 1 Le esperienze artistiche del XX Secolo maturarono in un contesto ricco di incertezze e contraddizioni, in cui l’Europa e il mondo furono sconvolti dalla Prima Guerra Mondiale e dalla crescita dei nazionalismi che portarono allo scoppio della Seconda. L’individuo si trovò da solo con sé stesso e venne messa in discussione anche ogni certezza artistica. Inoltre, poiché le nuove scoperte scientifiche (Freud, Einstein, ecc..) lasciavano intravedere infinite altre realtà parallele, anche il settore dell'arte si aprì a ricerche e sperimentazioni. È dunque in questo contesto che nacquero le cosiddette Avanguardie, le quali sono riuscite a ribaltare il concetto di arte dando voce a dubbi, speranze e angosce tramite nuovi strumenti espressivi. Le Avanguardie, in particolare il Surrealismo e il Dadaismo, hanno dato le basi a ciò che andrà a costituire l’arte contemporanea. Surrealismo Il Surrealismo si fonda sul concetto di riuscire a conciliare i due momenti dell’esistenza: quello della veglia e quello del sogno. Il Surrealismo è un automatismo psichico, cioè un processo automatico con il quale ci si esprime senza il controllo della ragione e senza preoccupazioni etiche o morali. Così facendo l’inconscio emerge e viene raggiunta la surrealtà, in cui veglia e sonno conciliano. La bellezza surrealista sta nel mettere assieme due oggetti che non hanno nulla in comune, in uno stesso luogo estraneo a entrambi. Tale situazione sorprende per la sua assurdità perché contraddice le certezze dell’osservatore. I maggiori esponenti del Surrealismo sono: René Magritte e Salvador Dalì. RENE MAGRITTE Detto anche il “disturbatore silenzioso”, per la sua capacità di riuscire ad insinuare dubbi sulla realtà attraverso la rappresentazione del reale stesso, con la sua pittura valorizza oggetti usuali che decontestualizzati appaiono inusuali, creando così condizioni irrealizzabili. Il tradimento delle immagini Magritte è famoso per un dipinto in cui viene raffigurata una pipa con sotto una scritta in cui afferma che “quella non è una pipa”, suscitando così incomprensione di fronte a qualcosa che si dava per scontato. Nonostante la pipa sia un oggetto reale, la sua rappresentazione non gli permette di svolgere la funzione per cui è stato costruito e quindi non può essere considerata una pipa vera, eppure chiunque alla domanda “Cos’è?” risponderebbe “Una pipa”. Golconda Rappresenta un insieme di figurette maschili, tutte vestite allo stesso modo con minime variazioni fra loro, sospese in aria secondo una precisa griglia geometrica. Non è dato sapere se le figurette sono immobili, se cadono come pioggia o si sollevino come dei palloncini, l’unica certezza è che stanno dove nessuno si aspetterebbe mai di vederle. SALVADOR DALI È il personaggio nel quale il Surrealismo trova la propria espressione più completa ed esasperata. Egli inventa una sua tecnica di automatismo che definisce “metodo paranoico-critico”, il quale consiste nell’interpretazione dei fenomeni deliranti secondo cui: paranoico = molle e critico = duro, attribuendo così una consistenza plastica a tutti gli elementi temporali e rigida a quelli spaziali. La percezione della memoria Opera nella quale è particolarmente evidente l’automatismo di Dalì, il senso dello scorrere del tempo è suggerito dal liquefarsi di tre orologi, sullo sfondo di un desolato paesaggio marino popolato solamente da due solidi geometrici, un quarto orologio divorato dalle formiche e dalla porzione di un volto con un occhio dalle lunghe ciglia. Costruzione molle Il tema dell’opera è l’incombere della violenza della guerra, e il ripugnante essere composto da forme anatomiche ne è l’allegoria. Una gigantesca mano strizza un seno di donna, un’altra mano, scarnificata e deforme, poggia a terra mentre un uomo le si affaccia da dietro. Un piede scheletrico poggia su un bacino, a sua volta sorretto da un altro piede. Nella parte superiore un volto orribile e ghignante. Al suolo tutto è un affastellarsi di ossa, fave bollite e vi è anche un armadio. Dadaismo Il dadaismo è un movimento che è un nonsenso, a partire dal nome, che non significa nulla, nato grazie ad un gruppo di intellettuali che sfuggirono alla guerra. Dada è tutto ed è nulla, è arte e al tempo stesso negazione dell’arte, nato per riscattare l’umanità dalla follia che l’ha portata alla guerra abbracciando la poetica del caso. I maggiori esponenti sono Marcel Duchamp e Man Ray. MARCEL DUCHAMP Considerato uno degli artisti più innovativi e influenti del Novecento, utilizza la tecnica del ready-made, consistente nel prendere oggetti di uso comune e porli nel contesto espositivo così come sono, togliendoli dalla loro funzione nel contesto sociale. Fontana Quando Duchamp espose Fontana, una delle sue opere più celebri, si gridò allo scandalo. La fontana non era altro che un orinatoio rovesciato, con su la firma R. Mutt e la data, con cui dimostrò che l’arte non era più fare, ma scegliere. L.H.O.O.Q. È un ready-made rettificato, cioè a cui ha apportato piccole modifiche, consistente in una riproduzione della Monna Lisa di Leonardo, a cui Duchamp ha aggiunto baffi e pizzetto, dissacrandola. Inoltre, il titolo dà origine in francese a una frase volgare: “Ella ha caldo al sedere”. JACKSON POLLOCK Egli utilizza la tecnica del dripping, realizzando quadri facendo sgocciolare sulla tela la pittura, muovendo velocemente il pennello o agitando il barattolo della vernice, lasciando spazio al caso e all’automatismo, lavorando con la tela stesa sul pavimento, in modo da sentirsi più parte del quadro. Vengono rinnegati gli schemi prospettici, la figura e lo sfondo assumono lo stesso valore e si trovano sullo stesso livello. MARK ROTHKO La cifra stilistica che caratterizza la sua pittura consiste in stesure monocrome con poche bande orizzontali dai margini sfumati, dove lo spessore del colore è diverso a seconda della zona. BARNETT NEWMAN La sua pittura è caratterizzata per un profondo senso di orrore nei confronti della guerra e dal desiderio di avventurarsi nell’inconscio, ed è strutturata in essenziali forme geometriche appena visibili e monocrome. I suoi quadri giganti, imprimono nello spettatore la consapevolezza della propria piccolezza, e hanno titoli e temi legati spesso alla Bibbia. Spazialismo e Arte Nucleare In Italia si vanno ad affermare due i movimenti: lo Spazialismo e il Movimento Nucleare. - Lo Spazialismo nasce grazie a Lucio Fontana, il cui obiettivo era fondere scienza e arte. Ed è proprio questa fiducia verso il progresso scientifico la più grande differenza con le altre esperienze artistiche, che tendevano invece a una riscoperta dell’interiorità dell’uomo. - Anche il Movimento Nucleare crede nel progresso e in particolare è influenzato dagli eventi di Hiroshima e Nagasaki, basando l’arte sull'energia racchiusa nella materia e in ogni suo atomo. La differenza tra i nucleari e gli spazialisti sta nel fatto che mentre Fontana buca la tela e utilizza il neon, i nucleari utilizzano gli strumenti tipici della pittura. LUCIO FONTANA La produzione di Fontana ha due titoli: Ambienti e Concetti spaziali, a questi ultimi si abbinano sottotitoli a seconda dell’opera. Scalone d’onore alla IX triennale di Milano In uno dei suoi ambienti più famosi, disegna, piegando un tubo al neon, un grande arabesco di luce. Il neon, con la sua linea che cambia e si trasforma a ogni minima variazione di visuale, lascia che lo spettatore si crei il proprio tema figurativo, con la sua fantasia e le sue emozioni. I primi Concetti Spaziali sono tele monocrome su cui interviene bucandole. Fontana usa i buchi come strumento per modificare la tela e portare lo spettatore dentro e oltre il quadro. New Dada A metà degli anni Cinquanta, vi è un periodo di rinascita e sviluppo, il boom economico porta nelle case di buona parte della popolazione nuovi oggetti: lavatrici, televisori, poster, cibi in scatola e bevande in lattina. Cambiamento che ovviamente influenzò anche gli artisti, i quali cominciarono ad inserire nei loro lavori gli oggetti di uso comune, segnando una svolta nel panorama artistico sia europeo che americano e mettendo le basi per la nascita della Pop Art. Ed è proprio in America che si afferma una nuova corrente: il New Dada. Tra i maggiori esponenti vi sono Robert Raushenber e Jasper Johns. ROBERT RAUSCHENBERG Mette a punto la tecnica che lui definisce combine-paintings, la quale consiste nell’assemblare oggetti di uso comune composti su fondi pittorici. Monogram È uno dei suoi più famosi combine-paintings. Sulla tela, stesa orizzontalmente e dipinta secondo i metodi dell’Espressionismo Astratto, si trova una capra impagliata il cui corpo è stato infilato in un copertone, proprio come negli antichi monogrammi una lettera veniva intrecciata all’altra. JASPER JOHNS Johns estrapola gli oggetti dal loro contesto e fa in modo di spingerci a prestargli attenzione , oggetto che, altrimenti, avremmo probabilmente ignorato. Bandiere, bersagli e serie numeriche sono tra i soggetti più ricorrenti nei suoi dipinti. Flag Il dipinto, ispirato da un sogno che l’autore fece, ha le dimensioni, i colori e il disegno della bandiera americana. Johns concepì l’idea delle bandiere sovrapposte, unendo la tecnica dell’encausto (colori mescolati e cera) e quella del collage, contrapponendo una tecnica complessa a un soggetto banale. Figura umana Si sviluppano anche una serie di esperienze che hanno come oggetto della loro attenzione la figura umana. Il pubblico, però, non vedeva di buon occhio questa cosa, in quanto l’uomo che ne emerge è sofferente e fragile, ed in cui gli spettatori rivedevano sé stessi. In realtà però, è grazie a questi artisti che la figura dell’uomo è riuscita a sopravvivere nell’arte. Tra loro ritroviamo Francis Bacon, Alberto Giacometti e Balthus. Eddie Diptycon L’opera è divisa in due tele: a sinistra le parole che esprimono i pensieri dei personaggi, a destra il dialogo tra essi. Non riusciamo a ricostruire cosa stia succedendo a madre e figlia, né chi sia Eddie. Nouveau Realisme La controparte europea della Pop Art prende il nome di Nouveau Réalisme, nelle cui opere si possono cogliere messaggi di denuncia e critica verso la società del consumo. Tutti i materiali hanno la stessa dignità artistica e per questo motivo anche la spazzatura e i rottami diventano protagonisti delle opere. Diverse furono le tecniche utilizzate dai vari esponenti di questa corrente: - dalle raccolte di oggetti, come le accumulazioni di Arman, che erano soprattutto composte da oggetti ferrosi e pattumiere. - alle compressioni di Cesar, realizzate con le lamiere delle automobili. - ai quadri-trappola di Daniel Spoerri, che esponevano come un dipinto i resti di un pasto. Egli lasciava un’asse di legno, che chiunque avrebbe potuto usare. E quando decideva di mettere fine all’azione, incollava tutto quanto vi si era accumulato sopra e appendeva la tavola al muro come un quadro. - fino ai décollages di manifesti strappati di Mimmo Rotella, creando composizioni il cui stupore deriva dal fatto che l’immagine di film di successo e personaggi popolari diventasse irriconoscibile. YVES KLEIN Fu uno dei fondatori del Nouveau Realisme, la sua arte si basa soprattutto sulla monocromia e la sua tavolozza è composta solamente da oro, rosa e, soprattutto, blu. Il suo scopo è riuscire a mantenere la brillantezza del pigmento e lo fa unendolo alla resina diluita in alcool. Successivamente, crea una tonalità di blu, l’unica che poi continuerà ad utilizzare e la chiamerà IKB (International Klein Blue), impiegandolo anche in diversi oggetti e opere scultoree. Affinché sia solo il colore ad avere importanza, l’artista evita ogni tipo di stesura che possa dare soggettività, e comincia a dipingere con un rullo da imbianchino. Fu anche l’anticipatore della Body Art, in quanto realizzò una serie in cui modelle nude, dipinte di IKB, si appoggiano contro dei teli bianchi, in modo da far restare impresse solo le impronte essenziali del corpo femminile. Minimal Art La Minimal Art è una tendenza impersonale e fredda che interessa sostanzialmente l’ambito della scultura. Le opere sono composte da forme geometriche elementari, usate singolarmente o in sequenza, e realizzate con materiale industriale (lastre di metallo, tubi al neon, plexiglas, legno e mattoni) del quale viene conservato anche il colore originario. Spesso l’esecuzione dell’opera è affidata a terzi, limitando l’intervento dell’artista alla sola fase di ideazione. Le opere vengono semplicemente appese al muro o poggiate sul pavimento senza alcun basamento, utilizzando lo spazio come una vera e propria componente dell’opera stessa. Alcuni dei più importanti esponenti sono Carl Andre e Donald Judd. CARL ANDRE Utilizza prefabbricati industriali semplicemente combinati tra loro senza ulteriori lavorazioni secondo strutture elementari (piramidi, cubi, scacchiere). Le sue opere di solito sono disposte direttamente sul pavimento e lo spettatore può anche camminarvi sopra, questo, insieme alla scelta dei materiali già finiti, al rifiuto delle lavorazioni e la predilezione per le composizioni orizzontali, rappresenta un cambiamento importante nella concezione della scultura. Alloy Square È una successione di quadrati di zinco e rame, 20 x 20 cm, disposti in scacchiera. DONALD JUDD È forse l’artista minimalista più freddo e rigoroso, sia per le sue strutture organizzate con moduli seriali, sia per i materiali di tipo industriale come l’acciaio, l’alluminio o il plexiglass. Senza Titolo L’opera consiste semplicemente in dodici parallelepipedi, di identiche dimensioni, messi a una distanza di 22 cm l’uno dall’altro, lucenti e smaltati, con la parte superiore in plexiglass. In questo modo è visibile non solo il volume esterno, ma anche quello interno. La sequenza è appesa al muro, sono unità orizzontali che si sviluppano in verticale, come se potessero continuare all’infinito. Arte Povera Nasce in un clima pieno di contraddizioni e tensioni, erano gli anni in cui in tutto il mondo scoppiava la grande rivolta studentesca e operaia, la quale rivelava i retroscena deludenti del boom degli anni cinquanta e l’illusione del benessere economico, rivendicando l’uguaglianza sociale. Ritornano i materiali poveri (sacchi, tele, legno, grasso, corde, rottami), quelli che rimandano all’universo naturale (animali, vegetali, terra, fuoco, lana) e quelli che esprimono l’energia (luce, cera, neon). Viene riscoperta la manualità delle lavorazioni e, a volte, anche la rozzezza e l’imprecisione che ne deriva. Alcuni dei maggiori esponenti sono: Michelangelo Pistoletto, Jannis Kounellis e Mario Merz. MICHELANGELO PISTOLETTO Molti dei suoi lavori sono installazioni di forma libera, effimere e spesso legate ad azioni teatrali, come Globe, una palla gigantesca prodotta con giornali, che l’artista spinge per le strade di Torino. Oggetti quotidiani, come i giornali, destinati ad un uso passivo, essere letti, diventano protagonisti di un’indagine sul comportamento delle persone di fronte a fatti inaspettati. Venere degli stracci Quest’opera è considerata il manifesto dell’Arte Povera. L’installazione è composta da una riproduzione di una Venere in cemento bianco posta, con le spalle rivolte al pubblico, di fronte a una montagna di stracci variopinti. L’effetto che si va a creare è il contrasto tra un soggetto classico, eterno e dal materiale nobile, con una massa disordinata, effimera e di oggetti di uso quotidiano. MARIO MERZ Tra le sculture e le installazioni che produce, particolare significato assume la serie degli Igloo, strutture in tubolare metallico che, a seconda del luogo dell’istallazione, possono essere ricoperte da vari materiali. Sopra ad alcuni vi sono applicati anche tubi al neon, considerato ormai anch’esso un materiale povero, visto il basso costo che aveva raggiunto. L’igloo interessa Merz per i suoi significati legati all’abitare, alla protezione, e al rapporto interno/esterno. KOUNELLIS Kounellis accostava i suoi elementi secondo una precisa logica: inorganico e organico, mettendo, dunque, nella stessa opera un materiale inerte e uno vivo, o che derivasse dalla vita. Cavalli Una delle sue opere che fece più scandalo fu quella in cui decise di esporre dodici cavalli vivi, legati a delle pareti, per tre giorni. La scelta del cavallo è dovuta al suo sempre nella storia dell’arte fin dall’antichità, nelle tele, nel bronzo nel marmo, scortando i più grandi personaggi. Kounellis li porta direttamente sulla scena, realizzando un quadro vivente in cui il confine tra realtà e rappresentazione cade. Happening e Fluxus Si era diffusa in tutto il mondo l’idea di performance, di un’azione fatta dall’uomo che abbia valenza artistica, portando alla nascita di diverse espressioni artistiche. Process Art Nasce in opposizione alla Minimal Art, con lo scopo di rompere la forma chiusa, ponendo l’attenzione sul processo di realizzazione dell’opera, piuttosto che sull’opera come oggetto finito. Vengono usati materiali morbidi e malleabili come il feltro, il lattice e la cera, e materiali da costruzione quali acciaio, rottami o colla. I processi sono semplici, viene usato il taglio, la colata o la caduta causata dalla forza di gravità. Alcuni degli esponenti sono Robert Morris, Joseph Beuys, Eva Hesse. ROBERT MORRIS Fa pendere dall’alto di una barra un fascio di strisce di feltro che, morbide ma pesanti, scendono fino a terra assumendo l’aspetto di un panneggio. Morris fa leva sulle proprietà dei materiali, sulla capacità di prendere forma autonomamente, come se l’intervento dell’artista non fosse necessario. EVA HESSE Una delle sue opere più famose è Repetition Nineteen III, la quale consiste nella ripetizione di diciannove cilindri in fiberglass quasi trasparente e di colore giallo, disposti in maniera casuale. JOSEPH BEUYS Realizza un’installazione chiamata la “Pompa del miele”, un macchinario che manda in circolazione miele, i cui componenti che la attivano ruotano su un blocco di grasso, trasformando il museo in una sorta di organismo vivente. Land Art La Land art è una tendenza che si esprime attraverso interventi di vario tipo, anche su vasta scala, direttamente sul paesaggio, il quale diventa materiale e occasione di recupero del rapporto dell’uomo con la natura. I luoghi preferiti sono gli spazi incontaminati, i deserti, e per questo l’opera può essere fruita solo con un viaggio o attraverso la fotografia. Si opera in modalità differenti a seconda di ciascun artista: si va da una minima alterazione del paesaggio, come il semplice camminare, fino a interventi che raggiungono la maestosità di un evento atmosferico, spesso fatti con metodi invasivi (es. bulldozer). I lavori sono spesso siti-specific, ovvero realizzati in relazione a luoghi precisi, impiegando materiali trovati sul posto oppure introducendo nuovi materiali nell’ambiente originario. Alcuni dei maggiori esponenti sono Robert Smithson e Christo. ROBERT SMITHSON Creò una gigantesca spirale, la Spiral Jetty, sulle acque del Grande Lago Salato nello Utah, spostando tonnellate di terra e rocce con l’aiuto di escavatori e camion. La colorazione rossa delle acque, data dalle alghe, gli sembrava una superficie perfetta per disegnare, inoltre la spirale è legata anche alla leggenda del luogo che, per spiegare la salinità dell’acqua, racconta di un vortice collegato al mare. È un’opera che era destinata a mutare e scomparire, oggi, infatti, si trova sommersa dalle acque. CHRISTO Insieme alla moglie, utilizzava tessuti industriali e corde per crea opere effimere imballando paesaggi e monumenti. Body Art La body art utilizza il corpo dell’artista stesso come materia prima, artista e opera arrivano, dunque, a coincidere. Il pubblico può essere presente o meno, può avere il ruolo di spettatore oppure entrare in contatto diretto con l’artista, mentre in altri casi è proprio il pubblico a creare la performance. Il forte desiderio di comunicazione e coinvolgimento, porta alla Body Art grandi consensi e grandi dissensi allo stesso tempo, soprattutto rispetto a certe scelte di alcuni artisti, disposti a rischiare la propria vita per la propria arte tramite una serie di performance estreme. Alcune figure che sottoporranno il proprio corpo alla violenza sono: Vito Acconci, Gina Pane, Marina Abramovic. VITO ACCONCI Nella performance Trademark, nudo, si morsica con forza fin dove riesce ad arrivare con la bocca, lasciando impressi sulla pelle le impronte dei denti, che vengono ricoperte d’inchiostro e stampate, come veri e propri timbri. GINA PANE Riflette con violenza e tenerezza sulla compresenza di amore e morte e della sofferenza, personale e collettiva, tramite performance come San Lait Chaud, in cui fa gargarismi con il latte e il sangue, dovuto alle ferite che lei stessa si è inferta sulle labbra.  MARINA ABRAMOVIC - ULAY Elementi essenziale nelle sue performance sono la sfida con sé stessa di superare i propri limiti corporei e la presenza del pubblico. Rhythm 0, Vengono posti su un tavolo vari oggetti: dai più innocui, come una rosa, fino ai più pericolosi, come una pistola con un proiettile. Si pose come oggetto nelle mani delle persone, che potevano decidere come e se interagire con lei. Durante tutta la durata della performance stette immobile, accettando senza opporsi qualsiasi cosa le venisse fatta. Le prime ore passarono tranquille, il pubblico la osservava, qualcuno le fece una carezza, le diede la rosa. Con il passare delle ore però le tolsero via i vestiti, fu spinta, ci fu chi le provocò dei tagli, le conficcò le spine di rosa nella pelle, le succhiò il sangue che fuoriusciva dalle ferite. Allo scadere delle sei ore, l'Abramovic, tornata ad essere persona e non più oggetto, si diresse verso il pubblico ed in quel momento la gente iniziò ad andarsene frettolosamente. Compirà delle performance anche insieme all’artista Ulay, suo compagno di vita, ad esempio rimanendo per sedici ore seduti schiena contro schiena, legati l’uno all’altro per i capelli. Dopo anni i due artisti sceglieranno di interrompere la loro relazione e faranno dunque un’ultima performance per dirsi addio, percorrendo la Grande Muraglia Cinese dai due estremi opposti, per incontrarsi a metà ma quel saluto, in realtà, non era l’ultimo. The Artist is Present. È all’interno di questa performance, uno dei suoi più intensi lavori, che i due si incontrano, nel 2010, L’Abramovic è rimasta seduta per tre mesi, impassibile, di fronte ad un tavolo e una sedia vuota disponibile a far sedere chiunque volesse mettersi faccia a faccia con lei. Ma l’impassibilità di Marina ha ceduto quando è stato proprio Ulay ad occupare quella sedia. Dimostrando ancora una volta che l’arte e la vita non sono due entità separate, ma l’una è niente senza l’altra.