Scarica Storia e antologia della letteratura per l'infanzia nell'Itlalia dell'Ottocento vol. II di Ascenzi e Sani e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura Classica solo su Docsity! STORIA E ANTOLOGIA DELLA LETTERATURA PER L’INFANZIA NELL’ITALIA DELL’800 VOL II CAP.1 GLI EMULI DI SAMUEL SMILES: SELF-HELPISMO E LAVORISMO NELL’ITALIA DEL SECONDO OTTOCENTO Durante la seconda metà dell’800 in Italia ebbero fortuna tra le pubblicazioni le operette legate al filone cosiddetto self-helpista (o lavorista). Il suo nome deriva dal testo di Smiles intitolato “Self Help” (Londra 1859). Questo testo fu tradotto in italiano nel 1865 da Strafforello con il singolare titolo “Chi si aiuta Dio lo aiuta ovvero storia degli uomini che dal nulla seppero innalzarsi ai più alti gradi in tutti i rami della umana attività”. Che questo libro riscosse molto successo in Italia è dimostrato sia dalle varie ristampe ma anche dalla diffusione di molta pubblicistica popolare ispirata a questo testo. Il successo di questo libro in Italia si deve in particolar modo alle condizioni socio-economiche e culturali createsi nella penisola all’indomani dell’unità d’Italia. Infatti in questo periodo andava creata un’economia industriale ed normale che scrittori italiani che vogliono l’espansione economica facciano riferimento alle situazioni nei paesi più avanzati e richiamino le ideologie che in essi vengono espresse a sostegno dell’industrializzazione. La letteratura del self-help andava ad affermare le virtù e i meriti degli imprenditori e, più concretamente, assecondava la volontà delle classi dirigenti di proporre ai ceti medi ed alla classe operaia un messaggio convincente e insieme stimolante che assicurasse rispetto degli ordinamenti ed adesione piena alla logica dell’economia capitalista. L’ideologia presente nel self-help smilesiano si fonda su dei postulati, primo fra tutti quello in base al quale “il successo nei diversi campi dell’attività umana, e specie di quella economico-produttiva, è dovuto semplicemente alla buona volontà e al duro lavoro”: la società capitalistica “mette a disposizione di tutti gli uomini i mezzi e le condizioni per percorrere positivamente la strada del successo economico e del prestigio sociale”. Questa ideologia rivendica quindi la possibilità per tutti, a prescindere dalla condizione sociale di partenza e dalla classe di appartenenza, di aspirare alla ricchezza e al successo, di costruire la propria fortuna. Smiles propone un messaggio che promuove l’elevazione sociale ed economica anche per la persona di origini e di professioni modeste, lanciando un messaggio positivo. I temi e gli obiettivi di Smiles vengono ripresi e declinati secondo una prospettiva pedagogica ed educativa nella Prefazione alla prima edizione italiana dell’opera di Smiles dove veniva precisato in particolare che ha poca importanza l’oggetto a cui l’uomo si applica; basta che egli vi si applichi con tutta l’energia del suo carattere. Nessuno può aiutare colui che non si aiuta da sé. E, al contrario, per chiunque ricerca sé stesso, e si appoggia sulle proprie forze, la menoma circostanza può far saltar la scintilla, che è la rivelazione dell’ingegno. “Chi si aiuta Dio lo aiuta” è diviso in 14 capitoli, ciascuno dedicato o ad un ambito della realtà economica e produttiva o alle principali qualità dell’uomo nuovo smilesiano. Sono presenti quindi una serie di insegnamenti pratici, brillanti aneddoti e biografie di grandi personaggi, con la consapevolezza che l’esempio è uno dei mezzi più efficaci per istruire l’uomo. “Chi si aiuta Dio lo aiuta” propone ai lettori un itinerario formativo che si caratterizza in quanto vuole andare a formare il carattere e vuole promuovere un ideale etico-civile affatto nuovo. Non è casuale che proprio l’educazione del carattere, inteso come il fulcro della personalità dell’individuo e il vero e proprio motore e centro ispiratore delle sue scelte e del suo comportamento, costituisca il vertice ed il momento culminante della proposta formativa veicolata dal Self- Help: ogni uomo deve aspirare ad avere un buon carattere, come uno dei supremi fini della vita. Il carattere è luogo di grado e di fortuna, nobilita ogni posizione. Percorrendo questa scia, nel 1867, l’Associazione per l’Educazione del Popolo di Firenze bandiva un concorso per la pubblicazione di un’opera che, prendendo esempio solo dalla vita di cittadini italiani, avrebbe dovuto narrare con finalità educative la vita di quegli uomini che, nati e cresciuti nella difficoltà, siano riusciti ad aggirarla con l’energia del volere e riuscirono a occupare posizioni sociali importanti a vantaggio loro e degli altri. In questo scenario si colloca Michele Lessona il quale, nel 1869, pubblica l’operetta “Volere è potere”. Questa operetta nasce dall’esigenza di fare gli italiani, ovvero di dare vita ad un 1 dirozzamento delle plebi e alla formazione del carattere degli italiani sulla base di ben determinate istanze morali e civili. Questi obiettivi rientrano nel programma di edificazione della Nazione e sono inoltre importanti per portare anche l’Italia al progresso e renderla pari a qualunque altro popolo civile. Il tema centrale in “Volere è Potere” riguarda la riforma del carattere e il rinnovamento dei costumi etico- civili delle popolazioni della penisola. Secondo Lessona la vera sfortuna del neonato stato Italiano era che molti italiani apparivano incapaci di operare pensando al futuro. Per questo si aveva bisogno di fornire un programma di riscatto culturale e civile che doveva abbracciare il singolo individuo e l’intera comunità nazionale. L’italiano doveva quindi guardare lo straniero e non temerlo, ma rendersi conto che egli è migliore e da questo punto far partire una riflessione di miglioramento di se stessi. L’uomo italiano deve apprendere una virtù: l’arte del lavoro. Sempre nel 1869 veniva dato alle stampe “Il Plutarco italiano. Vite di illustri italiani” di Carlo Mariani. Questa opera venne presentata nel 1867 al concorso di quell’anno dalla Società Pedagogica Italiana sul tema “Il nuovo Plutarco italiano”, era stata in un primo tempo bocciata. In seguito l’autore ripresentò una nuova edizione del testo ottenendo la medaglia d’oro. Questa opera era composta da 32 biografie di uomini italiani, come illustri esempi, a partire da Giulio Cesare fino a ripercorrere circa 2000 anni di storia. Queste biografie passavano per filosofi, scienziati, politici, uomini di Chiesa, ecc. L’opera “Le glorie e le gioie del lavoro” di Paolo Mantegazza costituisce il migliore esempio dell’evoluzione della pubblicistica self helpista nella penisola italiana che iniziò nel 1870 in virtù dell’accentuazione di alcuni temi a scapito di altri e della sostanziale messa fra parentesi di talune tra le dimensioni portanti dell’ideologia smilesiana. Al centro dell’opera si colloca il lavoro come centro dell’attività e padre di tutte le virtù. Il lavoro genera la prudenza e la previdenza, conduce l’uomo al bene, suscita in lui una salda moralità e ne consolida e rafforza l’ingegno e il carattere. L’altra faccia dell’ideologia lavorista proposta da Mantegazza riguarda il giudizio si poveri oziosi, i mendicanti, i nullafacenti ossia quelle categorie di disagiati che lo scrittore liquida sdegnosamente con il titolo di “parassiti”. Il lavoro è visto quindi come un’occasione di crescita e di riscatto essenzialmente morale; un lavoro destinato tuttavia a non rimettere in discussione le gerarchie e gli equilibri sociali consolidati; estraneo, a differenza dell’originario ideale self- helpista, ad ogni ipotesi di rimescolamento delle classi e di ascensore sociale. L’essenza del lavorismo italiano risiede interamente nell’appagamento morale e spirituale di colui che trova la sua realizzazione nel lavoro. Tra i testi più popolari che rispecchiano questa ideologia abbiamo “Battaglie e vittorie. Nuovi esempi di Volere è potere” di Augusto Alfani. Vuole proseguire l’opera di Lessona con il suo “Volere e Potere”. L’opera di Alfani si poneva l’obiettivo di correggere talune fallaci interpretazioni suscitate dalla lettura di Volere è Potere e di rettificare alcuni luoghi comuni. Infatti l’ascesa sociale e il superamento delle condizioni di partenza fino all’approdo a condizioni economiche e di status decisamente superiori a quelle di partenza erano un’eccezione e non una regola. Non potevano essere considerate il reale obiettivo dell’uomo e del lavoro veicolata dall’ideologia lavorista. DIFFERENZE TRA SELF-HELPISMO E IL LAVORISMO Nella cultura anglosassone il self-help è sinonimo di nobiltà del merito e realizzazione sociale, di ascesa e di circolazione tra le classi, e si salda con il processo di crescita economica e civile. Al centro della scena c’è il self-made man, l’uomo che costruisce autonomamente il suo futuro, sospeso tra virtù e fortuna e animato dalla passione per il lavoro, dall’ottimismo della volontà e da una profonda fiducia nel progresso e nell’intelligenza umana. Il lavoro costituisce la centralità. È il mezzo, lo strumento per andare al di là della propria condizione di partenza, per rompere le tradizionali barriere di classe e ascendere ai più alti livelli della gerarchia sociale. Di qui il delinearsi del moderno mito dell’imprenditore. Il tema dominante è quello dell’autorealizzazione individuale, la quale s’intreccia con quello dell’edificazione della moderna società industriale. Un sistema economico e sociale, fondato su un serie di valori consolidati e di principi di fondo che ne definiscono in modo inequivocabile il profilo (es. gusto del rischio e della sfida). Si aveva anche il sentimento di appartenenza ad una grande nazione e di contribuire con il proprio lavoro e con il proprio impegno civile all’edificazione di una società migliore. L’ideologia lavorista elimina in primo luogo uno dei capisaldi della tradizionale concezione self-helpista, ovvero l’ideale dell’ascesa sociale e del conseguente superamento delle barriere classiste realizzabile 2 Collodi proviene da una famiglia povera, ha una prima formazione in seminario ma non completerà questo percorso, uscirà dal seminario e si recherà a Firenze con la famiglia, che diventerà la sua seconda patria. A Firenze, grazie a degli sforzi economici della famiglia, continua i propri studi presso le scuole pie degli Scolopi, che è il luogo di formazione dell’elite cittadina. Si emanciperà sempre di più dalla condizione di disagio economico dalla quale proveniva e questo gli consentirà di svolgere un’ascesa sociale che lo porterà ad un livello elevato. Appena terminati gli studi lavora presso una libreria editrice fiorentina nota in città, frequentata da letterati che circolavano nella Firenze di quegli anni. Questo permette a Collodi di maturare intellettualmente, infatti il proprietario che vede in lui doti di scrittore, gli da il compito di dirigere il F 0 E 0bollettino delle novità editoriali all’interno ci sono tutti i libri in vendita e una piccola descrizione. Per lui fu un primo modo per testare le sue capacità di lettura. In questo stesso periodo inizia a collaborare con alcune riviste locali fiorentine (anche con pseudonimi) e possono essere considerate l’avvio di una carriera di Collodi, cioè quella di giornalista, che si incrocerà con la stesura di Pinocchio. Collodi, in quegli anni è anche un fervente patriota. Egli si arruola volontario nel battaglione degli studenti toscani per il fronte nella prima guerra d’indipendenza. Partecipa alla famosa “battaglia di curtatone montanara”. Quando torna a Firenze è un vero e proprio eroe, questo sarà alla base di un primo lavoro pubblico che gli verrà concesso e che lo porterà a diventare segretario presso il senato toscano. Nel 1853 decide di cercare di vivere unicamente del lavoro di scrittore. In questa fase si colloca la sua attività di critico teatrale e musicale e collaboratore con riviste umoristiche (“Fanfulla” uno tra i più importanti giornali satirici della Toscana). La sua vena umoristica la ritroveremo anche all’interno di Pinocchio. Questo è sintomo di un’innovazione letteraria dal punto di vista prettamente stilistico, che scardina il modello della letteratura per l’infanzia degli anni precedenti e che aprirà a quelli successivi. È quindi un innovatore e un anticipatore della letteratura per l’infanzia del 900. La vena patriottica non si esaurisce con la prima guerra d’indipendenza, ma sarà sempre un uomo politico. Nel 1859, quando scoppia la seconda guerra d’indipendenza, Collodi parte volontario all’interno dell’esercito piemontese. Tornato in patria, anche in questo caso, riceve un incarico prestigioso, diventa collaboratore giornalistico di un quotidiano politico molto importante: “La nazione di Firenze”. All’interno de “la Nazione” partecipa ad una campagna di sostegno per l’unificazione. Nel 1864, proprio per i servigi, gli viene proposto un altro incarico pubblico, diventa così funzionario della provincia di Firenze. È un incarico che nella sua vita sarà più una condanna che un beneficio perché era visto da Collodi come un freno alla sua carriera letteraria. In realtà questo incarico sarà fondamentale per lui perché, con l’inizio degli anni 80, andato ormai in pensione, il nostro autore si dedicherà alla letteratura per l’infanzia. Questo filone gli consentirà di mantenersi ma anche di valorizzare la sua vena artistica. All’inizio degli anni 80 comincia la sua vera carriera letteraria. Un altro filone che segue, oltre alla letteratura per l’infanzia, è la stesura di libri di testo e manuali scolastici per la scuola elementare. Il primo libro di successo che scrive Collodi si inserisce nel filone della Perodi: 1876 pubblicato da Paggi “I racconti delle fate voltati in italiano da Collodi”. Questi racconti erano ripresi dalla tradizione francese (es. Cenerentola, Cappuccetto Rosso, ecc.) scritte da Perraut. All’interno del libro c’era anche un testo di un’autrice che si chiamava De Beaumont, autrice de “La Bella e la Bestia”, più altre 4 fiabe di un’altra autrice francese. Collodi traduce quindi alcune delle principali fiabe di origine francese e rientra nel filone letterario molto fortunato che è quello delle Perodi, che gli consentirà un successo straordinario. Nel 1877 decide di rivisitare ed aggiornare un classico della letteratura italiana per l’infanzia cioè il Giannetto di Parravicini. Collodi conserva la struttura (narrativa e didattica) ma decide di innovarlo dal punto di vista linguistico e stilistico: semplifica la prosa e introduce l’umorismo. “Il Giannettino” non è solo un esperimento letterario ma è anche l’inizio di una serie di libri dedicati a questo personaggio. Nei libri dal 1877 al 1890, Giannettino girerà tutta l’Italia. Dopo l’unità d’Italia si voleva compattare il sentimento nazionale, il linguaggio ma anche l’esigenza di spiegare ai bambini in che cosa consisteva l’Italia di cui si dovevano sentirsi parte. Viene presentato come un libro di lettura che può essere utilizzato a scuola e che può far capire ai bambini le bellezze dell’Italia in cui vivevono. 3 titoli: “il viaggio per l’Italia di Giannettino parte prima l’Italia superiore” (1880); “il viaggio per l’Italia di Giannettino parte seconda sull’Italia centrale” (1883) e poi “parte terza: l’Italia meridionale” (1886)”. Giannettino è diverso dal personaggio del Giannetto di Parravicini infatti il Giannettino è un discolo, è un monello. Il Giannetto del Parravicini invece è un figlio di una famiglia umile che partendo dal nulla, con la voglia di imparare, riesce a migliorare la propria condizione sociale. Il Giannettino di Collodi è un discolo, fino ad ora non era mai successo. Ai bambini non piacciono solo i buoni, anzi… L’ambiente sociale in cui Collodi fa agire il Giannettino è quello della Firenze borghese, di una famiglia agiata, ecc. In questa confortevole dimora borghese Giannettino sbriglia la sua incontenibile 5 vivacità inducendo così la signora Sofia a cercare un educatore saggio e autorevole nella figura del dottor Boccadoro. Questi, istruisce il ragazzo dettandogli regole minute di comportamento, suggerendogli valori morali. Attraverso la guida e gli insegnamenti impartiti a Giannettino dal dottor Boccadoro si delinea una parte rilevante dell’ideale formativo vagheggiato da Collodi. Tutta l’opera educativa che il dottor Boccadoro svolge, è tesa a mostrare a Giannettino che l’istruzione, il buon comportamento, la lealtà morale, la conoscenza del paese e della società, i corretti rapporti con gli altri, sono i mezzi più adatti al conseguimento del massimo vantaggio: l’acquisizione di uno stimato, profittevole e dunque desiderabile ruole nelle file del nuovo ceto borghese della Terza Italia. Nel 1878 viene pubblicato “Minuzzolo”. Minuzzolo è un personaggio secondario all’interno della letteratura collodiana, però ha una caratteristica, è un esperimento letterario che funge da congiunzione tra il Giannettino e Pinocchio. Una caratteristica che lo assimila al Giannettino è quella che anche Minuzzolo è un libro di lettura. Un’altra caratteristica in comune al Giannettino è che anche Minuzzolo è un monello. Questo ragazzino se ne frega dei principi che la società borghese (rappresentata dagli adulti) che cerca in tutti i modi di racchiuderli in dei canoni caratteristici della società di quegli anni. È un monello che se la ride di fronte agli adulti che cercano di educarlo, rifiutando l’evento educativo dell’adulto. Qui siamo di fronte al rifiuto da parte del bambino dell’alfabetizzazione morale, di canonizzazione etica. Minuzzolo ci apre verso l’orizzonte di Pinocchio. “Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino” nasce come un romanzo a puntate all’interno del periodico per l’infanzia più importante dell’epoca, il “giornale per i bambini” (fondato da Martini e diretto da Collodi tra il 1883 e il 1885), ricalcando le orme di quella letteratura popolare che va di pari passo con la letteratura per l’infanzia. Un’innovazione importante è la composizione grafica, ovvero l’avvento dell’illustrazione. Il libro diventa più fruibile: caratteri più grandi, illustrazioni. L’avvento dell’illustrazione coincide con una concezione nuova della letteratura dell’infanzia che deve anche divertire. Le illustrazioni sono molto semplici. L’illustrazione sarà alla base del successo di Pinocchio. Il primo illustratore di Pinocchio è Enrico Mazzanti. Enrico Mazzanti ha già collaborato con Collodi all’illustrazione di fiabe uscita anni prima. Lui pubblicherà anche le illustrazioni in altri libri di Collodi ad esempio “storie allegre” (1887) nelle quali vengono pubblicate tutte le storie pubblicate da Collodi sul giornale per bambini e l’ultimo dei volumi di Giannettino. Mazzanti non è legato solo a Collodi ma è anche uno dei principali illustratore per l’infanzia dei principali altri autori citati fino ad ora cioè Baccini, Perodi, Capuana. In base ad una graduatoria stilata ogni anno dall’UNESCO il secondo libro al mondo più tradotto è Pinocchio (240 lingue). Un altro motivo della sua fortuna è il fatto che sia stato messo anche in cinematografia e a teatro. Si continua a reinventare nel corso del tempo. Un altro aspetto sono le “pinocchiate” riutilizzo del personaggio all’interno di un nuovo contesto narrativo completamente diverso dall’originale. Collodi si era dimenticato di registrare i diritti d’autore, quindi molti altri scrittori inizieranno a scrivere altri Pinocchi, così sono nate le pinocchiate ovvero scrittori diversi da Collodi che scrivono avventure apocrife ma che hanno come protagonista sempre Pinocchio. Collodi Nipote (il nipote) sfrutta il filone inventato dal nonno e inizia a pubblicare una serie di pinocchiate. Nel 1917 esce la pinocchiata più interessante ovvero “il cuore di Pinocchio”. Siamo nella prima guerra mondiale, il Pinocchio protagonista di questa opera è un Pinocchio già in carne ed ossa, che diventa carne da macello sulle trincee della prima guerra mondiale, dalla quale tornerà con molte protesi metalliche a causa delle mutilazioni. Si ha lo sfruttamento della letteratura dell’infanzia come strumento ideologico utilizzato sui bambini. Le pinocchiate sono lo specchio del successo di quest’opera e del personaggio che esce dal volume e diventa un personaggio universale. Le pinocchiate iniziano ad uscire una decina di anni dopo quello originale e hanno caratteristiche simili tra loro ovvero estrapolano Pinocchio dal suo contesto geografico e dal suo ruolo. Giuseppe Petrai pubblicherà un’opera che uscirà nel 1923 (un anno dopo la marcia su Roma) “Le avventure e spedizioni punitive di Pinocchio fascista”. Le pinocchiate sono la quinta essenza della fortuna di Pinocchio. Diventa un’icona mondiale e viene sfruttata per i propri comodi. CAP. 4 FRA INFANZIA E SCUOLA: CUORE (1886) DI EDMONDO DE AMICIS 6 De Amicis scrisse quasi contemporaneamente due opere: “Cuore” e “Il romanzo di un maestro”. Decise poi, insieme all’editore Treves di pubblicare prima il “Cuore”. Quest’ultimo era chiamato dall’autore stesso “il libro di lettura” e riscontrò un grande successo nel mondo della scuola. Divenne poi oggetto di traduzione in tutto il mondo, anche se rimane la scuola la più grande dispensatrice di soddisfazioni per De Amicis. Il Cuore deamicisiano è la storia di un anno scolastico (il 1882) narrato in forma di diario dal protagonista, Enrico Bottini, alunno di terza elementare in una scuola urbana di Torino. Il racconto si snoda attraverso una pluralità e varietà di registri comunicativi: accanto alle annotazioni e riflessioni di Enrico sui molteplici episodi della vita scolastica e sulle piccole e grandi vicende che punteggiano la sua quotidianeità, troviamo infatti una serie di ammonimenti, esortazioni morali e considerazione edificanti racchiusi in messaggi scritti sul diario del protagonista dai suoi genitori. Ci sono anche i nove racconti mensili che il maestro fa trascrivere i quali ripropongono altrettanti esempi di virtù morali e civili e di amor di patri incarnati da fanciulli delle diverse regioni della penisola. Questo romanzo presenta una vasta galleria di personaggi di differente età ed estrazione sociale, che vanno ad incarnare una pluralità di tipi umani e di profili etico-civili. Così vicino al protagonista, proveniente da una famiglia della buona borghesia urbana di Torino, troviamo il folto gruppo dei suoi compagni di scuola che De Amicis ci propone come esempi viventi di moralità e virtù o, ma più raramente, di vizi. Accanto ai giovani alunni abbiamo anche figure di adulti, a partire dal maestro Perboni (e gli altri maestri) e i genitori. Si arriva poi ai protagonisti degli eventi drammatici e delle vicende tristi o liete che caratterizzano la vita cittadine che irrompe ovviamente anche tra le mura scolastiche. Il Cuore è considerato uno degli strumenti più potenti di unificazione culturale e nazionale. Non a caso, la fondamentale e prioritaria necessità di educazione al sentimento nazionale e all’amor di patria, che costituisce uno degli assi portanti del dispositivo ideologico/pedagogico di questa opera, s’intreccia indissolubilmente con l’altrettanto fondamentale e ambizioso programma volto a favorire il dirozzamento delle plebi, ovvero a promuovere l’elevazione e la civilizzazione delle classi popolari sulla base della visione del mondo e del patrimonio di valori propri della borghesia progressista e dei nuovi ceti produttivi artefici e protagonisti del processo di unificazione politica nazionale. L’obiettivo di fondo è quello di costruire una sorta di egemonia borghese sull’intera società, facendo leva sulla mentalità diffusa, mirando a costruire un nuovo immaginario individuale e collettivo tra le giovani generazioni e, infine, sollecitando l’adesione delle plebi urbane ai valori etico-civili, ai costumi sociali e ai modelli comportamentali delle élites borghesi. Inoltre De Amicis dimostra di percepire le differenze di classe ma non le colloca in una prospettiva di evoluzione. La società è stata e sarà sempre luogo di disparità e di conseguenza di squilibri. Alle istituzioni civili spetta di compensare il dislivello permanente tra condizioni oggettive di inferiorità o di superiorità nella sola forma concepibile: il riconoscimento di pari dignità a tutti i cittadini, quale che ne sia la collocazione gerarchica. CAP. 5 L’ESOTICO, L’AVVENTUROSO, IL LUSSUREGGIANTE: IL MONDO FANTASTICO DI EMILIO SALGARI Emilio Salgari nasce nel 1862. Egli pubblica molte opere prima su quotidiani, per poi dare vita anche a delle opere vere e proprie pubblicate. Egli scriverà anche sotto pseudonimi presso altri editori. Emilio Salgari viene considerato un abile manipolatore della realtà storica in quanto ci ha insegnato che le più affascinanti storie d’intrattenimento nascono da avvenimenti reali. Le avventure di Sandokan e del Corsaro Nero, il primo realmente esistito e il secondo ricco di richiami storici, percorrono sentieri in parte già solcati da personaggi che si leggono nei libri di storia. I sentieri salgariani si snodano però in territori sospesi in una dimensione fantastica, dove avvengono fenomeni strani. I suoi libri sono stati come una sorta di grande atlante geografico, dove si è costruito un immaginario fatto di avventura, di libertà, di amore per l’ignoto, ma anche di rispetto per le diversità e le minoranze che risalta nell’epoca dell’imperialismo europeo. Non è certo un caso che questo approccio, così estraneo e distante dai canoni tradizionale della letteratura per l’infanzia nostrana (in quanto incentrato sulla fantasia e non su valori morali) abbia da un lato affascinato molti ragazzi in tutta la penisola, dall’altro abbia dovuto affrontare pesanti critiche da parte di chi voleva difendere la letteratura per l’infanzia “moralmente virtuosa”. I romanzi di Emilio Salgari risultano essere indubbiamente anomali per il loro totale disancoramento della quotidianità e dalle presunte logiche della teoria e pratica 7 Chi sono? 1. De Beaumont → l'abbiamo già incontrata nella bella e la bestia tradotta in italiano per la prima volta all'interno del libro delle fiabe di Carlo Collodi. Tra le favole corrotte dal Collodi insieme a quelle di Perrot ci sono le sue. Lei è stata la prima a iniziare il filone letterario della giornalinistica (giornalini, ..) per bambini che avrà un successo enorme all'inizio della prima metà del 900. E' vissuta cavallo tra la prima e la seconda metà del 700 in Francia, era un'istitutrice che si sposterà dalla Francia per andare a Londra e fonda un giornale che è un primo approccio a questo genere “Il magazine des enfantes” che è una rivista che tratta tematiche scientifiche scolastiche ed educative inserendo all'interno dei testi letterari piuttosto lunghi e pesanti che si propone l'intento educativo perché era pensato come un insieme di dispense teoriche da poter utilizzare da altri istitutori nell'ambito dell'attività educativa svolta coni bambini a loro affidati al fine di garantirgli quotidianamente una serie di letture originali d'impianto moralistico/didascalico da utilizzare nelle pause tra una lezione e l'altra per ricrearli un po'. Perché è un proto-periodico per l'infanzia? Non è veramente un periodico ma è quello che comincia ad introdurci; è un periodico che lo è non nella struttura ma nella periodicità. Cos'è la periodicità? Il quotidiano = tutti i giorni settimanale= settimana … Il nostro giornale è un periodico in questo senso perché esce periodicamente ma a livello strutturale ha una struttura di un testo monografico, o libro che è colmo di testi lunghi in più. A livello formale il periodico è organizzato in colonne mentre il testo della Beaumont è scritto con frasi su tutta la pagina come i libri. Ma introduce il concetto di periodicità (fine 700 → dopo illuminismo) c'è una contestazione dell'assolutismo e la necessità di costruire un nuovo rapporto tra potere e popolo e entra chi forma l'opinione e crea consenso e così nasce quello periodico. Qual è la fortuna italiana del magazine des enfantes? Collocata nell'epoca dell'ultimo decennio del 700 / primo decennio dell'800 il periodo in cui anche in Italia viene tradotto questo periodico. La percezione che si ha di questo testo è quasi di un libro. 1757 uscita del periodico in originale; fine 1700 – inizio 1800 diffusione in Italia con nomi che non sempre sono quelli letterali, viene tradotto anche come “Scuola delle fanciulle” ma l'autore è sempre lo stesso. Natura ibrida → un giornale può avere un autore? No perché c'è un'autorialità collettiva ma il Magazine des enfantes invece ha l'autrice (Beaumont). C'erano dialoghi morali e fiabe. 2. Arnaud Berquine è anche lui un autore di un altro proto-periodico per bambini che si chiama “L'amie des enfantes” che esce tra il 1782-1783 e che è una raccolta di raccolti morali, dialoghi educativi (Fenelon; il dialogo educativo trasmette contenuti) ci sono un adulto e un bambino, uno trasferisce il contenuto e l'altro viene educato, rappresentazioni storiche che vengono raccontate per trasferire nozioni di storia, poemi e poesie a puntate. Cosa notiamo? Le tipologie testuali coincidono con i generi letterari che abbiamo detto contraddistinguere la prima fase evolutiva della letteratura per l'infanzia italiana che sono racconti educativi. Periodici come palestra letteraria all'interno dei quali ci si esercita per pubblicare brevi testi. Anche lui viene tradotto in Italia “ L'amico dei fanciulli” 1795-1830. IN ITALIA Il primo e fondamentale esempio, in Italia, di una pubblicazione periodica con finalità educative dedicata all’infanzia e alla gioventù è costituito da “Il giornale dei fanciulli”, il mensile fondato a Firenze nel 1834 dallo scrittore Pietro Thouar, il quale ne fu anche il direttore ed il principale compilatore (insieme a Bayer). Il periodico venne soppresso solo un anno dopo a causa delle idee liberali e dei pur velati riferimenti alla causa risorgimentale. Alle origini de “Il giornale dei fanciulli” si ponevano una serie di aspirazioni e di istanze, 10 prima fra tutte quella di promuovere in Toscana e nel resto della penisola, al pari di quanto esisteva già da tempo nei principali paesi d’Europa, una letteratura di stampo moderno e con finalità schiettamente educative destinate all’infanzia e alla gioventù. Più in particolare, in sintonia con gli orientamenti che animavano il gruppo di pedagogisti ed educatori toscani d’indirizzo cattolico-liberale, Thouar si proponeva di avviare, attraverso il periodico, una necessaria quanto urgente opera di formazione delle coscienze, la quale avrebbe dovuto rendere possibile la vera e propria rigenerazione morale e civile della gioventù italiana. Ciascun fascicolo de “Il giornale dei fanciulli” comprendeva circa 40-42 pagine su due colonne, con rare illustrazioni in b/n, nelle quali erano ospitate favole, novelle brevi racconti morali, poesie, dialoghi e commedie per fanciulli, accanto ad una serie di rubriche fisse. Accanto ai contributi originali di alcuni autori (tra cui lo stesso Thouar) vi furono inserite anche opere straniere in traduzione. Tra le rubriche fisse del periodico fiorentino meritano di essere segnalate quelle dedicate all’”Educazione” e “Istruzione elementare”, le quali accoglievano contributi e interventi destinati principalmente ai genitori e agli istitutori. Tali testi si proponevano di illustrare e discutere i moderni indirizzi formativi e i più efficaci metodi ai quali ispirare l’educazione e l’istruzione della gioventù. Direttamente rivolte ai giovani lettori erano invece le massime raccolte nella rubrica “Religione, morale, vita civile”. Di notevole interesse erano anche le rubriche “Calendario Storico-biografico”, “vite degli uomini celebri” e “Biografia nazionale”attraverso le quali il periodico fiorentino diretto da Thouar si proponeva di promuovere tra i suoi giovani lettori una più profonda conoscenza della storia patria e una vivida consapevolezza del ruolo esercitato nei secoli passati nelle arti, nelle scienze e nella vita civile e culturale europea. Sulla stessa scia si poneva la rubrica intitolata “Biografia nazionale”, la quale, attraverso una serie di profili biografici puntava a celebrare letterati, scienziati e artisti che avevano reso grande l’Italia negli ultimi secoli”. In questo giornale trovano spazio infine anche una serie di interventi a sostegno dell’istituzione delle scuole di mutuo insegnamento e degli asili infantili aportiani. Dopo la soppressione de “Il giornale dei fanciulli”, Thouar divenne il principale artefice delle “Letture per i fanciulli”, la pubblicazione mensile rivolta a bambini e ragazzi edita come supplemento della “Guida dell’educatore”, il periodico pedagogico ed educativo fondato e diretto da Raffaello Lambruschini. All’origine delle “Letture per i fanciulli” si poneva innanzi tutto la volontà dello stesso Lambruschini di colmare la lacuna che ancora contrassegnava l’Italia sul versante delle pubblicazioni di letteratura infantile. Le “Letture per i fanciulli” erano costituite da fascicoli di 16 pagine con illustrazioni in b/n e accoglievano racconti morali, novelle, commediole e dialoghetti per fanciulli compilati in larga misura da Thouar. Nel 1844 venne cambiato il nome in “Letture per la gioventù”, per ampliare il numero di potenziali lettori. Nel 1870 vedeva la luce a Milano il primo fascicolo de “Le prime letture”, la rivista per l’infanzia e la gioventù edita per i tipi dello stampatore Giacomo Agnelli. Promotore e direttore ne era lo scrittore e insegnante Luigi Sailer. Nel proemio all’inizio del primo fascicolo, dopo aver richiamato l’obiettivo di raccordare l’educazione impartita in famiglia con l’istruzione scolastica e di favorire la crescita armoniosa e la maturazione dal punto di vista intellettuale e morale dei suoi giovani lettori, Sailer passava a delineare la struttura e le caratteristiche editoriali del periodico, non mancando di rilevare come esso si sarebbe caratterizzato per la sua capacità di offrire letture piacevoli ed istruttive adattate sia ai fanciulli più piccoli che a quelli un po’ più grandi. Il riferimento ad una concezione pedagogica ed educativa di matrice essenzialmente liberale moderata. Edito a cadenza quindicinale e caratterizzato da fascicoli di 16 pagine con illustrazioni in b/n, il periodico “Le prime letture” comprendeva quattro distinte rubriche o sezioni: “Storia e morale”, “Scienza e arte”, “Poesie” e “Varietà”. Questo periodico godette sin dall’inizio delle simpatie di larga parte della stampa periodica della penisola. “Le prime letture” accoglievano oltre a racconti, novelle a sfondo morale, dialoghi e commediole, poesie per l’infanzia e altri scritti originali dei collaboratori, anche testi letterari di divulgazione scientifica in traduzione. A partire dal 1875 ogni fascicolo del quindicinale fu arricchito da un ampio supplemento di circa 300 pagine l’anno contenente racconti, novelle, dialoghi e poesie in lingua inglese, francese e tedesca. Si trattava di una grande novità e le finalità era prima fra tutte quella di offrire ai giovani impegnati nello studio delle principali lingue straniere l’occasione di perfezionare e arricchire le loro competenze linguistiche in modo piacevole. A partire dalla metà degli anni Settanta, “Le prime letture” di Luigi Sailer furono interessate da una grave crisi finanziaria. Per far fronte a questa difficile situazione, nel corso del 1877, Sailer era costretto a cedere la proprietà del periodico. Nonostante gli sforzi, nel 1878 la casa editrice fu costretta ad interrompere la produzione. Le motivazioni individuate da 11 Sailer sono che il periodico andava ad incarnare aspirazioni e progetti decisamente in controtendenza in una realtà problematica come quella italiana, caratterizzata da elevati livelli di analfabetismo e da una scolarizzazione primaria ancora molto carente e dunque con un pubblico di potenziali giovani lettori troppo ristretto per supportare la crescita e il radicamento di pubblicazioni periodiche specializzate. Al principio degli anni Ottanta nacquero due tra i più significativi periodici per l’infanzia e la gioventù dell’Ottocento: il “Giornale per i bambini” (1881-1889) e “Cordelia. Giornale delle giovinette italiane” (1881-1942), promosso a Firenze dal linguista Angelo De Gubernatis. Edito con periodicità settimanale e caratterizzato da fascicoli di 16 pagine con numerose illustrazioni in b/n, “Il Giornale per i bambini”, il cui primo numero portava la data del 7 luglio 1881, usciva come supplemento della rivista politica e letteraria capitolina “Il fanfulla della domenica”. Oltre alla rubrica fissa denominata “La Posta dei Bambini”, nella quale erano pubblicate le lettere inviate dai piccoli lettori al direttore, il “Giornale per i bambini” comprendeva una serie di sezioni destinate ad accogliere i testi letterari e gli scritti di altro genere ospitati dal periodico: “Racconti”, “Novelle”, “Fiabe e leggende”, “Commedie”, “Favole moderne”, “Poesie”, “scienza popolare”, “Dialoghi”, “Biografie”, “Proverbi”, “Mitologia”, “Viaggi ed escursioni” e “Giuochi e Varietà”. Quando nacque il giornale il diretto era Ferdinando Martini. A partire dal 1883 la direzione del giornale fu assunta da Carlo Collodi e poi, dal 1887 da Emma Perodi. Con riferimento alla prima fase del “Giornale per i bambini”, ossia a quella coincidente con la direzione di Ferdinando Martini, il periodico si concentrava sul mondo infantile borghese il quale non aveva potuto contribuire attivamente al Risorgimento e che quindi doveva essere educato ai principi e ai valori che lo avevano ispirato al fine di consolidare la nazione che ne era sorta. L’educazione che il “Giornale” trasmetteva era un’educazione laica di matrice positivista, basata sulla valorizzazione dell’industria e del lavoro, sulla centralità della famiglia, sulla netta distinzione delle classi, che dovevano però imparare a vivere in armonia. Il “giornale per i bambini” faceva della scuola il perno attorno cui costruire la nuova generazione di italiani, per cui il “giornale dei bambini” doveva assumere una funzione di completamento del sistema scolastico nazionale. Al contempo, tuttavia, si voleva anche andare incontro alle nuove esigenze delle prime generazioni di italiani, fornendo loro nuovi racconti e novelle in grado di dilettarli ed educarli tramite la proposta di storie originali e interessanti. Tra i molteplici lavori appare sul “Giornale per i bambini” nel corso del primo biennio di pubblicazioni, un significato particolare era destinato a rivestire la “Storia di un burattino” di Carlo Collodi. La pubblicazione dell’intero romanzo in ventisei puntate sul “Giornale per i bambini” dal luglio 1881 al gennaio 1883. Dopo una forzata sospensione durata quasi quattro mesi, a partire dal 1882 la pubblicazione del racconto riprende, stavolta con il nuovo titolo “Le avventure di Pinocchio”, e va avanti per altre undici puntate settimanali. La crescente concorrenza e il calo degli abbonamenti fatto registrare nel 1889 spinse l’editore a proporre a Emilio Treves (noto editore) la fusione tra il “Giornale per bambini” e “Il Giornale dei fanciulli”, fondato a Milano nel 1881 e diretto da Cordelia (Virginia Treves Tedeschi). Nel 1889 i due giornali vennero quindi fusi. Nel 1881, Angelo De Gubernatis iniziò a pubblicare “Cordelia. Foglio settimanale per le giovinette italiane”, il più longevo tra i periodici per l’infanzia e la gioventù apparsi nel corso dell’Ottocento. Diretto dallo stesso De Gubernatis tra il 1881 e il 1884, il periodico fiorentino fu poi affidato alle cure di Ida Baccini, la quale lo diresse tra il 1884 e il 1911, anno in cui la direzione passò a Maria Maiocchi Plattis, ecc. Prenderemo in esame solo la fase ottocentesca. “Cordelia” nasceva con l’intento di far fronte alla grave carenza in Italia di letture adatte a fanciulle e ragazze, ovvero di libri e giornali educativi che costoro avrebbero potuto leggere tranquillamente. Rivolto essenzialmente a fanciulle e ragazze del ceto borghese di età compresa tra i dodici e i diciotto anni, “Cordelia” ebbe in origine periodicità settimanale, con fascicoli di formato in 8° di 8 pagine su due colonne. Oltre a pubblicare racconti a puntate, “novelle, bozzetti dialoghi di lingua parlata, di valenti scrittori bene accetti alle famiglie italiane. “Cordelia” comprendeva diverse rubriche fisse, come ad esempio, “Conversazioni con mia figlia” nel quale erano raccolte riflessioni ed esortazioni di carattere morale e proposte di lettura di opere educative. Interessante era anche la rubrica “il Piccolo carteggio”, dove erano pubblicate le lettere inviate al periodico dalle giovani abbonate e le risposte fornite dal direttore. Vi era poi la rubrica “Palestra delle giovinette” e “Palestra delle maestre” destinate ad accogliere componimenti scolastici di maestre o allieve. Per far fronte alle difficoltà incontrate, De Gubernatis introdusse una serie di mutamenti sul piano editoriale: il giornale cambia la periodicità, il numero di pagine e il formato. Da foglio settimanale di otto pagine diventa una rivista mensile di 64 pagine, cambiando anche il sottotitolo da “Foglio 12 dapprima “La domenica dei bambini” e in seguito “il tesoro dei bambini” si caratterizzò per l’impostazione tradizionale ma di alto profilo e per la ricchezza e varietà delle letture proposte ai giovani lettori. A fronte della formula editoriale solida e accattivante, del ricco apparato iconografico e della ampiezza e modernità delle tematiche affrontate, si distinse per la sua sostanziale chiusura nei riguardi delle idee progressiste alle quali contrappose con forza una concezione della società e dello sviluppo del paese ispirata al conservatorismo crispino e, più in particolare, all’ideologia rigidamente élitaria e classista che caratterizzava tanta parte della borghesia italiana fin de siècle. Roma fu uno dei poli della stampa periodica anche grazie al supporto di piccoli tipografi e stampatori che si sforzarono di dare vita a testate destinate ad appassionare i fanciulli italiani di ogni condizione. Un ruolo di primo piano su questo versante ebbe Luigi Capuana il quale nel 1892 diede vita ad un suo settimanale “Cenerentola. Giornale per fanciulli” destinato ad uscire fino al 1894. Comprendeva fascicoli del formato di 30,5 x 22,5 cm di 12 pagine con illustrazioni in b/n e a colori. Questa pubblicazione voleva risultare si istruttiva ma anche divertente. Voleva essere un giornale al pari di quelli inglesi, francesi e americani. In particolare il nuovo settimanale doveva proporsi come piacevoli da leggere per i ragazzi nel tempo libero, sollevandoli dalle noiose incombenze scolastiche. Questo giornale voleva educare i propri piccoli lettori facendo leva sulla fantasia e puntando soprattutto sull’immaginazione in quanto considerata la facoltà meglio sviluppata in quell’età (divertire e divertendo educare). Il settimanale si distinse per la veste editoriale molto curata e vivace e per la scelta di privilegiare i testi di narrativa e la letteratura di fantasia. Abbiamo poi rubriche di divulgazione scientifica, di curiosità letterarie e varia umanità; nonché una serie di rubriche destinate ad accogliere avvincenti narrazioni di vicende e personaggi della casa regnante dei Savoia e della storia della patria, con riferimenti al risorgimento. A distanza di pochi mesi dall’avvio delle pubblicazioni si presentarono subito delle criticità infatti nel 1893 la pubblicazione fu affidata ad una tipografia editrice più economica e subì una serie di significativi mutamenti: pur conservando il formato originario, il numero delle pagine passa da 12 a 8 e, nel complesso, la nuova veste grafica appare più modesta; minore è anche il numero delle illustrazioni presenti in ciascun fascicolo. Nel 1894 si ebbe la definitiva cessazione delle pubblicazioni di “Cenerentola”. Abbiamo poi un altro importante giornale, “Il messaggero dei fanciulli”, diretto da Emma Perodi, che qualche mese più tardi assumeva il nuovo titolo di “Messaggero della gioventù” che si caratterizzò per l’ambizioso progetto perseguito dalla sua direttrice: quello di riprendere i trascorsi del mitico e insuperato “Giornale dei bambini”. In realtà si ispirò solo vagamente a quest’ultimo ma ebbe piuttosto come riferimento un fortunato giornale di Parigi dal quale riprese non solo la periodicità, il formato e l’impaginazione, ma anche la scelta di intrattenere i propri giovani lettori con una serie di curiose rubriche e di divertenti e appassionanti letture. Il settimanale diretto da Emma Perodi si mise subito in luce per la sua formula editoriale moderna e per la ricchezza e vivacità dei suoi contenuti. Notevole a questo riguardo fu anche l’intento d’istruire alimentando la naturale curiosità dei ragazzi. Già alla fine del primo anno fu costretto ad interrompere le pubblicazioni anche a causa della concorrenza da parte di un altro giornale famoso in quel periodo: “Il novellino. Foglio illustrato a colori per bambini” diretto da Onorato Roux. Edito con periodicità settimanale e caratterizzato da fascicoli di 8 pagine del formato 20x29,5 cm su due colonne, potè avvalersi di un ricco parterre di collaboratori di primissimo piano. Fu famoso per una particolare attenzione ai fanciulli più piccoli. Il “Giornale dei bambini” ebbe periodicità settimanale e i suoi fascicoli, di grande formato, comprendenti ciascuno 12 pagine con illustrazioni in b/n e a colori, ospitò inzialmente racconti, novelle, ecc. Redatto quasi completamente dalla stessa Ida Baccini era però affiancata da collaboratori esperti. A partire dal 1902 il giornale inserì molte nuovi rubriche destinare a riscuotere successo. Nel 1904, probabilmente a causa di una crisi, il giornale subì un ridimensionamento, ma non riuscì mai ad affermarsi in maniera definitiva. I tempi era ormai mutati e con loro anche i gusti dei ragazzi. Fu così che Ida Baccini diede l’ok per far confluire il suo “Giornale dei bambini” nel nascente “Il giornalino della domenica”. Quest’ultimo riscosse un grandissimo successo in quanto offrì ai suoi lettori non solo occasioni di diletto autentico ma anche conoscenze e informazioni sul mondo degli adulti capaci di stimolare in essi un punto di vista autonomo e 15 una nuova consapevolezza circa le esigenze della società e i principi che ispiravano e regolavano la vita dello Stato e il progresso della comunità civile. 16