Scarica Storia Moderna I - con il prof. P. Ventura e più Dispense in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! Storia Moderna I Lezione 01 02/03 L’uso della formula ‘prima età moderna’ (early modern) in italiano si è affermato a partire dall’accezione anglosassone del termine modern, che in inglese indica l’attuale, il recente, e non quindi i secoli XV, XVI ecc. Il manuale di Vittorio Criscuolo si ferma all’età napoleonica (peraltro egli è uno specialista di Settecento ed età napoleonica) e comprende una parte più introduttiva e tematica di circa 120 pagine che presenta un quadro strutturale delle società di antico regime (il quale coincide anche se non si sovrappone precisamente col concetto di prima età moderna); quello di Carlo Capra arriva agli anni ’40 dell’Ottocento; il manuale di Bellabarba e Lavenia ha una tendenza eurocentrica che vede il processo di avviamento alla costituzione dell’Europa. Nella comunità scientifica storica il XIX secolo è diventato da molti anni un territorio non più appartenente pienamente ai modernisti né ai contemporaneisti (che tendono a concentrarsi sul secolo breve, dalla fine della Grande Guerra), è diventato una sorta di terra di nessuno e di molti. Tra le pubblicazioni di Giuseppe Galasso c’è una ‘Prima lezione di storia moderna’ (per una collana di “prime lezioni” per l’editore Laterza), e ivi sono comprese alcune riflessioni sulla periodizzazione dell’età moderna e sull’ambiguità del termine moderno. Cos’è l’antico regime? L’antico regime (ancien régime) è anche il medioevo. È una definizione di carattere politico dovuta alla rivoluzione francese riferito negativamente a qualcosa da superare. La periodizzazione XV-XIX sec. deve tenere presente che essa comprende contesti storici diversi (la storia non si ripete). Ci sono diverse prospettive sulla periodizzazione dell’età moderna basate sull’ideologia, sulla religione, sulla nazione di chi le formula. Il Rinascimento è spesso visto alla base dell’età moderna; nella cultura germanica prevale la riforma luterana; per gli indigeni americani il momento del cambiamento è dato dalla colonizzazione delle Americhe; il 1453 vede l’affermarsi dell’impero ottomano sul Mediterraneo con la presa dell’Egitto nel 1517. Il Pio Monte di Misericordia è stato fondato da sette aristocratici napoletani nel 1602; vi si trova ‘Le sette opere di misericordia di Caravaggio’ (1606-1607). Svolge una funzione assistenziale ma in contesti di povertà diversi da quelle attuali. Vi sono fondazioni giuridiche (e.g. fedecommesso; maggiorascato) volte a mantenere l’integralità del patrimonio delle élite. Trattasi della trasmissione dei beni attraverso la primogenitura: il primogenito eredita il grosso, poi vi sono i rami cadetti. Ci sono anche nobiltà non di toga (magistrati) né di spada, bensì di servizio, ottenute per aver servito il sovrano o comprato un ufficio da persone di origine non nobile che hanno fatto carriera. C’era una tassa sull’ereditarietà degli uffici venduti: essi diventavano ereditari. Non c’era molta differenza con la concessione di un feudo, ma c’erano elementi di modernizzazione nonostante la vendita delle cariche sembri violare il principio di impersonalità della politica (laddove un sovrano non dispone personalmente di ciò di cui ha giurisdizione), si trattava di un canale che prescindendo dalle antiche nobiltà feudali di sangue rafforzava la sovranità e il ruolo delle monarchie, portando al consolidamento di monarchie nazionali. I sovrani potevano incassare con queste tasse. Proprio la fiscalità e la tassazione sono un filo rosso fondamentale dei secoli dell’età moderna. Se con Le Goff dobbiamo concordare nel non poter dividere la storia in dipartimenti, pure ciò si rivela talvolta necessario. Nell’età moderna vi sono i prodromi dell’età contemporanea. La stessa Costituzione italiana fonda sul processo di formazione delle costituzioni in età moderna. Sebbene la prima costituzione scritta sia quella americana, le origini del costituzionalismo moderno vanno Lezione 02 06/03 La seconda metà del corso vede un approfondimento monografico sulle crisi politiche, le rivolte e le rivoluzioni nell’età moderna. Esempi sono: la guerra dei contadini luterani del 1525 che cercano di coniugare il messaggio evangelico con le istanze antifeudali contro lo sfruttamento (Lutero assumerà nei loro confronti una posizione avversa); la rivolta antifeudale del 1520-1521 dei comuneros, rappresentanti delle comunidades della Castiglia nei primi anni di regno di Carlo V (re di Castiglia dal 1516 e imperatore dal 1519); il periodo seicentesco delle ‘rivolte contemporanee’, la cui contemporaneità è stata messa in evidenza dalla storiografia degli anni ’60-’80 del Novecento, dovute anche a cicli epidemici e alla piccola glaciazione del Seicento, come la prima rivoluzione inglese; le rivolte nella monarchia spagnola e la ribellione indipendentista del viceregno della Catalogna; la rivolta antispagnola di Masaniello, luglio 1647-aprile 1648; la fronda in Francia del 1648-1653 in cui l’italiano Mazzarino aveva assunto potere; le tendenze assolutistiche di prescindere dal ruolo dei poteri che costituivano un contrappeso, quali i parlamenti che potevano esprimere un diritto oppositivo di rimostranza nei confronti delle decisioni del sovrano e di approvazione in materia fiscale (nel Regno di Napoli dal 1442 fino al 1642 continuarono a tenersi sedute). Sui saggi: Benigno insegna alla Normale di Pisa, ed è specialista di storia politica del Seicento e dell’Antico Regime e dei linguaggi politici delle rivolte in cui non si contestava la monarchia, bensì il malgoverno. De Benedictis ha insegnato all’Università di Bologna. I primi testi suggeriti sono dedicati all’Europa nel suo complesso. Coi testi da Pérez in poi si passa a casi più specifici. Il saggio di Sabbatini (che ha insegnato all’Università di Siena) nel titolo fa riferimento a una ‘sollevazione’, nel contesto di una piccola repubblica (Lucca, che si manterrà indipendente fino all’Ottocento, a differenza di Siena), e la crisi politica – durata diversi mesi – vede le varie imprese che producevano manufatti di seta in un’opposizione a una riforma che avrebbe limitato la loro autonomia. Il testo del meridionalista Villari (deputato per il PCI a fine anni ’70) è di ispirazione marxista. Egli ha diretto a lungo la rivista Studi Storici dell’Istituto Gramsci (oggi Fondazione Gramsci, fonte e archivio della storia del PCI), fondata nel 1959. Villari è stato anche autore di manuali di storia dal medioevo all’età contemporanea. Il testo di Villari analizza le cause della rivolta napoletana (che in verità assunse un connotato antispagnolo solo dopo Masaniello, da ottobre 1647) a partire da un episodio del 1585, quando per via di una crisi del pane fu ucciso Starace, l’Eletto del Popolo (una figura istituzionale che governava la città insieme ai cinque Seggi aristocratici), incolpato della crisi del pane. La prima edizione del saggio di Villari si fermava ai primi anni ’40 del Seicento. Il contenuto politico della rivolta del ’48 non era l’antifiscalismo (Napoli aveva un regime privilegiato quanto a tassazione diretta: non c’era il catasto; tuttavia si pagavano le gabelle sui consumi). Michelangelo Schipa ha parlato del magistrato Giulio Genovino, ‘mente’ della rivolta, eletto del popolo dal 1620, che aveva intenzione di pareggiare i seggi del popolo e quelli aristocratici. Musy e Galasso si sono occupati della rivolta antispagnola di Napoli; Galasso l’ha fatto non in una monografia, bensì in una storia del Regno di Napoli, dedicando alla rivolta più di duecento pagine. D’Alessio (che viene dall’Università di Salerno e ha una formazione filologica) è anche autrice di una biografia di Masaniello. Il testo di Braddick specifica nel sottotitolo ‘A new history of the English civil wars’. C’è differenza tra rivoluzione e rivolta: la rivoluzione è maggiormente strutturata, la rivolta è più liquida; la rivolta magari non riesce a suscitare un cambiamento, la rivoluzione sì. Il testo di Jouhaud fa riferimento agli scritti, anche anonimo, contro Mazzarino, ministro plenipotenziario di tendenze assolutistiche, tra quelle figure che non erano primi ministri ma che di fatto governavano (con la monarchia di Filippo III in Spagna si istituisce la figura del valido, ‘preferito’). Lo storico Ribot si è occupato particolarmente della rivolta detta ‘guerra di Messina’, 1674-1678, una rivolta sconfitta militarmente ma che ha attivato l’intervento francese. Messina era caratterizzata da un sistema di privilegi commerciali che la rendeva competitiva con Palermo, privilegi azzerati con la sconfitta della rivolta. La guerra dei trent’anni aveva indebolito la Spagna già all’inizio del Seicento (a causa dei costi, della vastità imperiale ecc.). Anche Barbagallo si è occupato della guerra di Messina, scegliendo per sottotitolo una citazione dalla trattatistica politica. Il saggio di Joutard tratta una rivolta del sud della Francia, successiva alla revoca da parte di Luigi XIV dell’Editto di Nantes del 1598 tramite l’Editto di Fontainbleau del 1685. I camisardi erano degli ugonotti (protestanti) che svilupparono un movimento di ribellione all’inizio del Settecento principalmente per motivi religiosi contro l’intolleranza riaperta dall’Editto di Fontainbleau, rivendicando la convivenza tra cattolicesimo e calvinismo dopo decenni di guerre civili per motivi religiosi. La pace di Augusta del 1555 segna la sconfitta di Carlo V e il principio del cuius regno eius religio, e dunque una confessionalizzazione dei territori tra cattolici e luterani nell’impero. Domenico Cecere è insegnante di storia moderna alla Federico II. Sul programma: La sezione ‘Dalle crisi demografiche alla transizione demografica’ parte dalla Grande Peste del 1348 (perché ‘non si può dividere la storia in tranches’, come dice Le Goff) e arriva a quella fase di transizione che vede una diminuzione della mortalità e un aumento della natalità, dovute anche a rivoluzione industriale e alla capacità di ovviare a crisi di approvvigionamento alimentare. Malthus nel Saggio sul principio di popolazione del 1798 osservava una forbice dovuta alla maggiore intensità del ritmo della crescita della Quattrocento è la lingua ufficiale delle lettere dell’impero ottomano con la repubblica di Venezia; ebrei romanioti parlanti greco che abitano i Balcani fino a Istanbul; gli italiani, sebbene numericamente inferiori, lì da almeno tre secoli, al punto che prima ancora della conquista di Costantinopoli gli ottomani si trovano ad avere a che fare con mercanti genovesi e veneziani. Dopo il sacco di Costantinopoli del 1206 (quarta crociata), il doge veneziano Enrico Dandolo propone di spostare il nucleo centrale della Repubblica di Venezia a Costantinopoli, piuttosto che nella laguna. Gli italiani hanno quindi in mano potere economico e amministrativo dell’impero bizantino. I mercanti prima genovesi e poi veneziani (e dal Cinquecento gestita da ebrei sefarditi, fuggiti dalla Spagna) sono appaltatori della miniera di allume (sostanza mineraria utilizzata come fissante, in particolare nella produzione del vetro) nella città di Focea, miniera che appartiene all’impero bizantino. Questo articolo rende l’Anatolia rilevante fino al Cinquecento. Tra le colonie genovesi si contano Caffa e Cana (sulla foce del Don, da cui arrivava la canapa, utilizzata nelle corderie per fare le gomene nelle navi), dal Mar Nero alla cittadella di Galata, una città nella città di Costantinopoli, gestita da un podestà genovese; il podestà genovese Giustiniani consegnerà le chiavi della cittadella a Maometto II al momento della conquista. Gli ottomani si trovano spesso alleati con genovesi e veneziani contro i bizantini, anche se nel corso del Trecento emerge un’alleanza bizantino-greco-ottomana, stretta, più che con l’impero, con i potentati di frontiera. Nella prima capitale dell’impero ottomano, Bursa, si trova il monumento della dea verde che dimostra la forte influenza architettonica selgiuchide nella pianta delle moschee (una pianta non centrale, allungata, e più piccola). Nello stesso periodo nei Balcani si verifica una situazione forse anche più frammentata, dove si contrappongono più o meno le stesse forze, tolti i genovesi. Il califfato, finché nel Cinquecento Selim I non conquisterà Siria ed Egitto contro i mamelucchi, appartiene ai mamelucchi sunniti. In questa pluralità gli ottomani diventano sempre un po’ alleati dell’islam eterodosso, al punto da legarsi ad alcune tarikat (sette), espressione di marginalità ed eterodossia. I sultani amavano farsi accompagnare a caccia da principi bizantini e nelle discussioni da dervisci, santoni. Nella situazione frammentata della zona, una dinastia che si propone come parole d’ordine eterodossia (dunque leggerezza religiosa) ed eclettismo diventa un grande punto di aggregazione. L’élite bizantina entra a far parte dell’élite ottomana già dopo la conquista di Costantinopoli, anche convertendosi all’islam; di contro, Maometto II il Conquistatore, ‘il cristianissimo dei principi’, si inventa una genealogia per legarsi all’eredità imperiale romana, asserendo di essere in realtà greco poiché discendente dei … di Trebisonda, sovrapponendo la sua cultura musulmana alla tradizione imperiale. Questo eclettismo è un carattere originale nella cultura del vicino oriente dell’epoca. Dopo la morte di Maometto II, suo figlio e successore Bayezid II il Pio desiste dagli interessi del padre in occidente. Questi atteggiamenti diversi denotano l’originale alternanza nella politica occidentale degli ottomani. Il sultano Selim I conquista Siria ed Egitto. Egli è autore del più vasto espansionismo dell’impero ottomano. Trae in inganno un principe mamelucco in Anatolia. Per giustificare l’attacco ad altri islamici nonostante le alleanze con i cristiani genovesi e veneziani accusa di miscredenza i mamelucchi esponendoli all’attacco espansionistico. Dopo la loro caduta si sottomettono per effetto domino i potentati dell’Africa del nord, Marocco escluso, e i luoghi sacri dei pellegrinaggi islamici come Medina e La Mecca. Così Selim I diventa primo califfo ottomano. Il figlio Solimano il Magnifico ‘il Legislatore’ assumerà grande ruolo guida all’interno dell’islam. La storia ottomana dell’inizio dispone di poche fonti ottomane, disponendo noi perlopiù di cronisti bizantini o italiani. Le cronache successive del Cinquecento-Seicento invece vedono anche i sultani raccontare le proprie origini. Dalla seconda metà del Trecento in poi la lingua ufficiale dei documenti ottomani è l’ottomano, in caratteri arabi (sarà Atatürk a traslitterare il turco con l’alfabeto latino), ma ci sono diversi tipi di ottomano: uno scritto dal governo, uno cifrato scritto per i documenti economici finanziari, ecc. I documenti ottomani che abbiamo a disposizione possono testimoniare la mentalità ottomana nel descrivere sé stessi e gli altri: la differenza tra il modo in cui la storia ottomana è insegnata in Turchia e altrove è che in Turchia si tende ad analizzare la storia ottomana da un punto di vista interno, concentrandosi su come le fonti parlano dello Stato ottomano; altrove, si tende a preferire una storia comparativa. Carlo V, detestato da Solimano, nei documenti ottomani è definito ‘il re di Spagna’, non imperatore. L’aristotelismo sta nella categoria piuttosto che nella territorialità; gli ottomani vanno per valutazioni ideologiche più che territoriali. Per la retorica di Solimano Carlo V non può essere definito imperatore, perché di imperatore romano ce n’è solo uno ed egli è proprio Solimano. Analogamente lo zar di Russia è chiamato da Solimano ‘il signore di Mosca’. Parlando della flotta spagnola, la definisce ‘i miscredenti’, anche nelle comunicazioni con i veneziani: emerge una pluralità di occidenti dalle interpretazioni delle fonti ottomane; laddove la nostra storiografia si impunta a parlare di una battaglia di Lepanto, le fonti ottomane mostrano la frammentazione del fronte cristiano. All’inizio del Seicento, la repubblica di Venezia è scomunicata dal papa (periodo dell’interdetto), al punto che Venezia ragiona di convertirsi al protestantesimo. Paolo Sarpi affronta questo scontro a livello teologico. Dalle fonti del papa la pertinenza è prettamente dottrinale e giuridica: l’inquisizione non entra a Venezia, Galilei scappa a Venezia. Eppure nelle fonti ottomane, il sultano Ahmed I Lezione 04 09/03 Il manuale di Villari, molto in voga negli anni ’70, presta molta attenzione agli aspetti economici, in quanto segue un’impostazione marxista. Giorgio Chittolini riflette sul problema di trovare nell’età moderna l’antico regime, inteso come un ‘Paese lontano’, con la primogenitura, il fedecommesso, il sistema dei cadetti ecc., ossia sistemi che non consideravano i diritti come base di una società e che poggiavano bensì su di una concezione sacrale dei poteri e sui privilegi; ma anche la tolleranza e la convivenza tra culti, come con l’Editto di Nantes, 1598, con la conclusione della guerra civile in Francia per motivi religiosi (revocato dall’Editto di Fontainbleau del 1685 di Luigi XIV). Federico Chabod, morto nel 1961 nonché esponente della Resistenza nel CLN, che ha diretto L’istituto per gli Studi Storici fondato da Croce, si interroga sulla possibilità di parlare di ‘Stato moderno’ nel Cinquecento. Il tribunale, che oggi pertiene al potere giudiziario e riguarda la giustizia civile e penale, nell’antico regime aveva funzioni distinte, di carattere amministrativo, di corti di giustizia, ecc.: non c’era una distinzione chiara dei poteri nelle società di antico regime. La polizia, che oggi si occupa dell’ordine pubblico, nel Seicento aveva un’accezione più ampia (prima dell’istituzione di corpi di polizia preposti al controllo di spazi e ordine pubblico), una accezione di governo e controllo. Questo perché alcune funzioni si precisano e sviluppano nel corso dell’età moderna. Ci sono le professionalizzazioni di alcune categorie, come i medici, che assumono rilevanza allorché la medicina si sviluppa ed interviene nella società; si sviluppano anche le accademie scientifiche. Le epidemie del Seicento (peste, colera) favoriscono questo processo di formazione dell’importanza della categoria medica. A tal proposito Foucault parla di ‘medicalizzazione della società’. La Controriforma coinvolge aspetti che non erano forme di risposta al protestantesimo, ed è pertanto definita anche Riforma cattolica. Si afferma un processo di confessionalizzazione e formazione di religioni di Stato. Il clero cattolico viene formato attraverso manuali (e.g. Ignazio di Loyola e i suoi Esercizi Spirituali) che permettono di leggere diversi aspetti della Controriforma / Riforma cattolica. Le città di antico regime non sono gentrificate. La gentry è un ceto che vive nobilmente pur non avendo titoli. ‘Gentry’ riporta a una distinzione sociale; la città gentrificata è quella in cui si introduce una divisione cetuale (alta, media e bassa borghesia, ecc.). Nel Settecento Turgot in Francia abolisce le corporazioni che ponevano un freno all’economia. Le trasformazioni sull’economia vengono colte su archi di tempo molto lunghi. Criscuolo nei primi capitoli tratta: nel primo le definizioni concettuali di età moderna, la storiografia; nel secondo capitolo parla di popolazione, iniziando dalla nascita della demografia storica (fa riferimento tra gli altri a Malthus e al suo Saggio sul principio di popolazione, 1798) ponendo questioni e metodi che consentano di leggere i cambiamenti demografici a partire dalla peste nera (XIV secolo). Le enclosures, e quindi la privatizzazione della terra comune e la loro maggiore resa produttiva, cambiano il quadro della agricoltura e producono una maggiore articolazione della società (nascono i ‘fittavoli’, ecc.). Questo processo di privatizzazione delle terre parte dal Cinquecento, ed è gestito in Inghilterra dal Parlamento; in Italia la proprietà indivisa e il grande latifondo, benché meno produttivi, restano ancora fino al Novecento e alla riforma agraria del secondo dopoguerra. Il sistema di monopoli e privative, l’appalto delle imposte e la fiscalità caratterizzano le società di antico regime. Lo Stato odierno ha il monopolio delle imposte; così non era nel Cinquecento- Lezione 05 13/03 L’impostazione dei manuali differisce innanzitutto per la questione dell’autore. Criscuolo è unico autore del proprio manuale, e ha ripreso e sviluppato il modello del manuale di Carlo Capra. Criscuolo è uno specialista delle rivoluzioni del Settecento e dell’età napoleonica; si ferma proprio qui, senza giungere al congresso di Venna, a lungo convenzionalmente utilizzato come punto di chiusura. Una apertura maggiore verso le culture non europee presenta il Bellabarba - Lavenia del 2023; il Criscuolo ha invece una prospettiva maggiormente eurocentrica. Il manuale di Capra da cui Criscuolo prende ispirazione arriva al 1848. L’Ottocento rientrava nelle competenze dei contemporaneisti; oggi non è più così, e molti modernisti lavorano sul XIX secolo. Nel Criscuolo le prime 120 pagine circa sono dedicate a macrotematiche (concetto di modernità, popolazione, società, economia, Stati). Capra lo faceva in un numero più ristretto di pagine, circa 50. Con la transizione demografica, avvenimento fortemente periodizzante, si arriva, dopo un andamento altalenante della popolazione, a uno scenario di crescita costante del numero degli individui. Si afferma un nuovo approccio alla povertà con la istituzione di work houses, luoghi di reclusione dei poveri occupabili con fine produttivo. Si afferma una serialità nelle fonti: una fonte seriale è un registro prodotto in serie che tiene conto e aggiorna le informazioni di un dato ambito, e.g. volumi di commercio. La serialità delle fonti la dobbiamo alle società di antico regime. È essenziale, quanto alle fonti, distinguere tra un’età prestatistica e una statistica. Fernand Braudel ha parlato di una dominazione delle città in merito al loro potere commerciale (e.g. Venezia); lo stesso Braudel ha però fatto riferimento al sistema degli Stati: un paradigma caratterizzato da centralismo, svolgendo un ruolo amministrativo nelle politiche economiche e di imposizione fiscale. La cesura tra età prestatistica ed età statistica si colloca nell’Ottocento. La periodicità di un censimento dipende dal ruolo degli Stati, e dalla loro raccolta di dati col fine di governare economia e fiscalità. Nella cinquecentesca Spagna di Filippo II è istituito un sistema di relaciones topograficas, di conoscenza dei territori. Nell’accezione marxista la classe è definita in rapporto alla proprietà o meno dei mezzi di produzione. La marginalità è il sottoproletariato. La marginalità nelle società di antico regime è slegata dalla povertà. I monti di maritaggio consentivano la dote, mantenendo nel suo status un ceto impoverito. La dote era necessaria anche per entrare in convento. Criscuolo dedica attenzione anche alle minoranze religiose, come gli ebrei. La pluralità di giurisdizioni caratterizza le società di antico regime. Lo Stato rende più articolato e preparato il proprio sistema di funzionari. Nel Settecento si afferma un ruolo crescente di sovrani illuminati. Cresce il peso della sovranità, cresce l’articolazione degli Stati. Il ruolo delle corti si sviluppa e si differenzia; si pensi alla corte di Versailles di Luigi XIV, una corte in cui non è possibile dire ‘Lo Stato sono io’, checché ne sembrino dire Bellabarba e Lavenia. Tale sistema si rafforza soprattutto dopo il 1661, anno della morte di Mazzarino e della effettiva presa di potere di Luigi XIV, già sovrano. La pellicola di Rossellini ‘La presa del potere di Luigi XIV’ mette in evidenza il ruolo delle corti. Nella monarchia spagnola e nel sistema dei validos da Filippo III si vede la delega di potere a un ‘preferito’, attorno ai cui contendenti si sviluppano delle fazioni. I processi di ricomposizione territoriale delle monarchie cominciano nel XIV secolo (nel caso francese, con la conclusione della guerra dei cent’anni). Sebbene il periodo delle ‘horribili guerre d’Italia’ nel Criscuolo vada dalla discesa di Carlo VIII nel 1494 al 1530, è forse più corretto trascinare il periodo al 1559 quando la pace di Cateau-Cambresis sancisce l’egemonia spagnola sul panorama europeo. La pace di Augusta del 1555 riconosce la avvenuta divisione tra protestanti e cattolici nella prospettiva del cuius regio eius religio. All’interno di una stessa monarchia, il diritto consuetudinario caratterizzava di più la Francia settentrionale, il diritto romano quella meridionale. Nel Bellabarba – Lavenia, i curatori sono anche autori di alcuni capitoli. Co-autori sono anche Marco Verigi (capitolo I), Antonio Trampus (su tempo della chiesa e tempo del mercante), Marco Armiero e Roberta Biasillo (insieme, sulle rivoluzioni ecologiche; Marco Armiero è uno specialista di storia ambientale). Si pensi alla piccola glaciazione del XVII secolo. Questo manuale non segue uno sviluppo cronologico, bensì una articolazione per temi. Maria Pia Donati è specialista delle istituzioni scientifiche, che tratta nel manuale. quella dei marranos, gli ebrei convertiti). I moriscos sono importanti per l’agricoltura. Nel 1609 Filippo III ne decreta l’espulsione. Come il confessionale racconta la Controriforma e il maggiore ricorso al sacramento della confessione, il galeone testimonia l’attenzione per l’oceano. Le compagnie commerciali, nel corso del Cinquecento e poi anche per impulso di Elisabetta I, si sviluppano; le flotte vengono potenziate. Nel 1368 viene fondato l’impero Ming in Cina. Nel 1434 i portoghesi doppiano Capo Bojador. Vengono firmati a Toledo i primi statuti di limpieza de sangre. Il ghetto ebraico di Roma viene abolito solo nel 1870 con Roma capitale. Il ghetto aveva funzione tanto di segregazione quanto di protezione. Encomiendas: assegnazioni di territori che ricordano i feudi. Nel 1496-7 gli ebrei non espiati del Portogallo sono costretti al battesimo. Lezione 07 16/03 Il rafforzamento di ministri plenipotenziari (come Richelieu e Mazarino in Francia o valìdos della monarchia spagnola) è sintomo delle tendenze assolutistiche. L’assolutismo è da considerare come un insieme di tendenze a rendere dei poteri centrali, come sovrano e consigli ristretti, più forti e più in grado di neutralizzare i poteri concorrenti, come quelli delle assemblee parlamentari di antico regime. Queste tendenze assolutistiche, sottolinea Elena Fasano Guarini, si possono cogliere in processi che si snodano lungo un ampio arco cronologico, anche nell’approccio dei re cattolici Ferdinando e Isabella ai territori. Questa unione matrimoniale si trova a organizzare i territori spagnoli. Il controllo dei territori è opera di organi locali. Nella modernistica parlare di centro e periferie espone al rischio di schematiche dicotomie; è difficile considerare periferia nella monarchia spagnola il regno di Napoli, che non può nemmeno essere considerato una colonia. Nella monarchia spagnola a fine XV secolo c’è l’istituzione dei corregidores, emanazione dei sovrani, inviati dal centro, che nei territori di fatto controllano i regidores. Questo istituto ricorderà quello degli intendenti della monarchia francese. Questo modo di controllare i territori e quindi le élite locali lo si ritrova anche in altri contesti. Le figure che detengono molto potere delegato come il valido diventano figure chiave nel governo dell’intera monarchia. Richelieu e Mazzarino incarnano questa delega di potere, soprattutto in caso di reggenza (e.g. con Luigi XIV). Tendenza analoga si verifica in Inghilterra sotto Giacomo I. Più che di centro e periferia e di monarchia composita, un insieme caratterizzato da entità eterogenee, con pratiche istituzionali diverse, si può parlare di monarchia policentrica, per la monarchia spagnola nello specifico. La mentalità è una ‘prigione di lunga durata’: i valori, il titolo, la primogenitura sono idee che persistono finanche alla belle époque. Quali fonti ci consentono di ricostruire emozioni e mentalità nella prima età moderna? Nella monarchia spagnola con le pressioni per la dichiarazione del dogma dell’immacolata concezione (affermato solo nel 1854) da parte dei gesuiti tale idea immaculista diviene simbolo politico di alcuni sovrani quali Filippo IV. La categoria storiografica di monarchia composita è dovuta a John Elliot. convalidarla. Inizialmente la storia non è che la memoria messa per iscritto” La fotografia aerea ha reso possibile un più accurato studio della forma dei campi. La fotografia si tende a considerarla una fonte oggettiva; è in verità frutto della scelta di una inquadratura, ecc. Non bisogna considerare le fonti come un riflesso della realtà. La fonte è espressione di chi la produce e di certe finalità, è una costruzione (anche se non necessariamente una falsificazione). Dei campi a strisce fanno intuire una divisione delle proprietà. Ci sono anche delle fonti che sono una rappresentazione delle proprietà dei campi. Tra Sette- e Ottocento c’è una evoluzione della cartografia, ‘a volo d’uccello’. Queste sono tracce. Usare il termine ‘tracce’ non è declassare una fonte storica. “Mentre nel mondo antico e nel medioevo lo storico era innanzitutto il testimone, o chi aveva avuto accesso alle testimonianze di chi era stato più vicino ai fatti […], tra Cinque e Seicento si è fatta strada la consapevolezza che il sapere storico è fondata su altro che sulla semplice testimonianza o memoria dei fatti. La presenza dello storico-testimone non è più considerata una garanzia di veridicità; anzi, spesso è considerata un elemento di inquinamento delle prove”. Lezione 10 23/03 Secondo Romagnani c’è una differenza tra storico e testimone (sebbene possano coincidere, come nel caso di Bloch), laddove per il primo è necessario un distacco dai fatti narrati. Rispetto alle fonti è necessario attrezzarsi nei versi di un approccio critico fondato sulla loro veridicità e attendibilità, sulla possibilità di verificarle; le fonti sono al tempo stesso documento e monumento (frutto di una costruzione finalizzata a celebrare o dimostrare qualcosa). Una fonte che sia frutto di falsificazione mantiene una propria autenticità. Roberto Bizzocchi ha studiato un genere in cui le falsificazioni sono frequenti, ossia le epigrafi, in particolare quando c’è l’esigenza di addurre delle genealogie prestigiose; esse testimoniano la condivisione dei valori nobiliari. La nobiltà quale segmento apicale e depositario dei valori più importanti (titolo, terra, modo di vita) persiste fino al Novecento. Nel corso dell’età moderna c’è una differenziazione della nobiltà (e.g. la gentry). Hobsbawm parla dell’Ottocento come del ‘trionfo della borghesia’. Esso è il secolo in cui vengono celebrati il denaro e la ricchezza. Nell’età moderna vengono sviluppati apparati giudiziari e sistemi di polizia simili a quelli odierni, basati tra le altre cose su indagini e prove. La questione della garanzia di veridicità viene meno, sostituita dal timore di un inquinamento delle prove, quando lo storico coincide col testimone. La storia comincia dove finisce la testimonianza. Romagnani cita Jorge Lozano. Continua Romagnani: “Nessun testimone, nemmeno il più attento e smaliziato, è consapevole della portata storica degli eventi che sta vivendo. Nessun diplomatico avrebbe mai potuto affermare, tra il 1618 e il 1648, che era in atto la guerra dei trent’anni; nessuno avrebbe potuto scrivere, nel luglio 1789, ‘è iniziata la rivoluzione francese!’ […]. Il distacco è dunque necessario per formulare un giudizio storico”. “Pavone e gli altri hanno partecipato alla Resistenza, ma ne hanno anche parlato come storici, non ricorrendo ai propri ricordi bensì considerando più fonti e testimonianze, cercando di essere condizionati il meno possibile dalla propria esperienza personale. Se da partigiani parlavano di ‘guerra di liberazione’, […] da storici hanno parlato di ‘guerra civile’.” Si affermano due paradigmi: storia narrativa e storia rappresentativa fatta con metodi quantitativi, sviluppata dalle Annales, fatta di elaborazioni e analisi illustrate non tramite uno stile narrativo e letterario, ma molto spesso tramite tabelle e grafici resi possibili dalla serialità delle fonti. Nella tradizione storiografica anglosassone invece Lawrence Stone polemizzava in un articolo del 1979, propugnando una ‘nuova vecchia storia’ e un ritorno al racconto. Nel caso francese delle Annales è molto presente la tendenza a una storia totale e a una sollevazione di problemi. Braudel considera l’ambiente nei suoi tempi storici; la struttura dell’economia. Non è vero che le Annales non prestano attenzione alla storia politica: una delle opere di Bloch, Les rois thaumaturges, contiene aspetti di antropologia politica; Ruggero Romano, allievo di Fernand Braudel, ha fatto notare come si possa analizzare con approccio strutturale anche un singolo avvenimento (su una battaglia: il modo di fare la guerra, gli aspetti logistici, ecc.). Gli Stati a inizio età moderna strutturano la propria burocrazia e organizzano una fiscalità stabile. La rivoluzione militare (che poi è durata due secoli, ed è forse improprio chiamarla rivoluzione) vede modalità che si trovano nelle guerre d’Italia (inizio Cinquecento), nella guerra dei trent’anni, con uno sviluppo della trattatistica bellica; anche i sistemi difensivi si sviluppano, nonché la guerra di posizione: essa assegna centralità al bastione e al rafforzamento delle mura e dei terrapieni. Nel Cinquecento, particolarmente nel caso inglese dove la materia è disponibile, si afferma l’utilizzo del ferro per i cannoni; il ferro è più problematico rispetto al bronzo, che è però più costoso. Lezione 11 27/03 Le fonti inquisitoriali sono conservate nell’Archivio Segreto Vaticano. Studiosi di Riforma e Controriforma, tra i quali Adriano Prosperi, hanno celebrato la nuova possibilità di accedere a queste fonti da inizio anni 2000, un’apertura verificatasi sotto il papato di Giovanni Paolo II. Nelle rivolte poteva accadere che gli archivi locali venissero assaltati e incendiati; così anche nel corso di guerre – durante le guerre jugoslave venne distrutta la Biblioteca Nazionale di Sarajevo; la documentazione napoletana più preziosa fu messa ai ripari in un deposito fuori città, sfortunatamente incendiato dai tedeschi. Romagnani parla dell’archivio come di memoria istituzionalizzata; asserisce che l’ordinamento originario di un archivio non risponde a esigenze di studio, bensì a esigenze pratiche per chi vi ha riposto i materiali. Vi sono peraltro documenti esclusi, materiali di scarto. Vi sono archivi comunali (e.g. archivio municipale di Napoli), archivi quali l’archivio storico dell’Annunziata. L’Annunziata è un ospedale nonché brefotrofio di origine medievale. Due governatori dell’Annunziata su tre erano espressi dal seggio del popolo; il terzo era espresso dal seggio nobile capuano. Vi sono poi archivi di enti pubblici, e.g. archivio diocesano di Napoli. In un archivio diocesano non è possibile rinvenire le date di nascita, ma vi sono battesimi e matrimoni. Un archivio è funzionale a chi le carte ripostevi le maneggia frequentemente. Nell’archivio diocesano vi sono anche le visite pastorali; esse sono le visite (ovvero sopralluoghi di controllo) compiuti dal vescovo o dall’arcivescovo in ciò che rientrava nella sua giurisdizione. Nella fondazione delle chiese sono coinvolte confraternite, ordini, singoli nobili. Le visite pastorali vengono fatte anche per controllare le condizioni materiali (di una chiesa, di un oratorio, di un monastero); ma questo il vescovo lo può fare solo se quei luoghi sacri rientrano nella sua giurisdizione. In molti casi per esempio una chiesa non può essere luogo di visita pastorale da parte di un vescovo perché soggetta al patronato regio. Nelle cappelle è possibile ritrovare le gerarchie sociali. All’interno dello spazio sacro della chiesa si trovano le sepolture degli aristocratici. Tornando agli archivi, essi possono anche essere privati, e mantenuti da una famiglia che può anche decidere di donarlo in virtù di una particolare rilevanza storica. Uno storico ha definito l’associazionismo francese dell’Ottocento come ‘sociabilitée’; questi fenomeni di associazionismo possono essere esclusivi, come club o associazioni sportive. Si parla di sociabilità nobiliare anche per Cinque-Sei-Settecento: forme di sociabilità nobiliare possono essere per esempio l’attività letteraria e lo scambio culturale delle corti. Romagnani precisa che un archivio non è mai organizzato per argomenti, bensì per funzioni richiamanti le funzioni amministrative dell’ente che lo ha generato, e.g. archivio di Stato di Torino: corte, lettere private, ecc.; l’archivio di Stato di Venezia presenta quasi 2000 categorie: Maggior Consiglio, Minor Consiglio, esecutori contro la bestemmia ecc. La sezione degli Esecutori contro la bestemmia lascia intravedere la difficoltà di distinguere Chiesa e Stato nell’antico regime; ma senza scadere nel luogo comune, ricordando la chiara distinzione mostrata dall’interdetto veneziano del 1605: un conflitto di carattere giurisdizionale che richiese la mediazione del francese Enrico IV perché due religiosi erano stati processati dallo Stato. L’archivio di Stato di Napoli nasce come archivio della monarchia, con fine di governo. Nel caso della monarchia spagnola si trova un sistema polisinodale, un insieme di consigli che producono documenti volti al governo; consigli che sono anche di carattere territoriale (e.g. consiglio di Italia; di Sicilia ecc.). La giurisdizione sulla Sardegna perteneva invece al Concejo d’Aragon. Vi sono anche visite (visìtas) ossia controlli sulle amministrazioni dei vari Stati che componevano la monarchia spagnola. Durante la guerra dei trent’anni emerge la figura del generale imprenditore; è nel pieno del processo della rivoluzione militare (guerra di posizione, mercenari, sviluppo delle caserme ecc.). I sistemi giudiziari di antico regime vanno trovati negli archivi di Stato (e.g. archivio del tribunale del torrione di Bologna). Negli archivi notarili possiamo ricercare atti di compravendita, testamentari. Per studiare per esempio la religiosità e le pratiche sociali che riguardano la morte essi sono una fonte imprescindibile (per leggere le disposizioni di un nobile riguardo le proprie esequie, le messe funebri, il testamento). Con le riforme rivoluzionarie di fine Settecento la documentazione ecclesiastica è confluita negli archivi di Stato. Nell’archivio di Stato di Milano la riorganizzazione dei documenti per temi ha cancellato l’ordine originario dei documenti riferito alla loro funzione. Paolo Prodi nel 1999 ha pubblicato ‘Introduzione allo studio della storia moderna’, per l’editore il Mulino, dove un capitolo è dedicato alla tipologia delle fonti. Così fa anche Bizzocchi in ‘Guida allo studio della storia moderna’. Bizzocchi pone questioni riguardanti la critica delle fonti e all’aspetto intimo della cultura dell’antico regime. La storia delle emozioni annovera tra le proprie fonti la letteratura, gli epistolari. Bizzocchi cita anche le fonti figurative; inoltre, per la storia della mentalità egli fa riferimento alla ‘Bottega del caffè’ di Goldoni. Nei caffè si trovano consumi, affari e politica; non a caso gli Stuart cercano di limitarne le prerogative. nelle fonti iconografiche. Burke ha lavorato a ‘Testimoni oculari’, che considera le immagini a partire dall’antichità nella doppia valenza di fonti storiche e di agenti storici. La mobilità sociale è uno degli aspetti più significativi della prima età moderna; si pensi alla venalità degli uffici, alle cariche militari. L’alfabetizzazione delle élite può essere seguita tramite manoscritti e firme autografe. Chi ha più consuetudine con la scrittura nella prima età moderna sono chierici, mercanti, funzionari pubblici. Nell’età moderna tende a stabilizzarsi la diplomazia e per questo processo sono utili fonti quali le relazioni degli ambasciatori. Tullio De Mauro ha scritto una storia linguistica dell’Italia sottolineando il fattore della televisione nella diffusione linguistica (ma essa comincia le trasmissioni in Italia solo nel ’54); si pensi al ruolo di Alberto Manzi nell’alfabetizzazione. L’unificazione linguistica e la lingua nazionale sono un tema dell’età moderna. Bizzocchi per la diffusione della lettura mette insieme letteratura e iconografia, e lo fa citando per esempio l’attività editoriale nella Francia di fine Seicento con una collana editoriale, la Bibliothèque Bleue, ovvero una serie di libri a basso prezzo (quindi per le fasce più basse). Gli indizi sono importanti per gli storici dell’arte a partire dal medico Giovanni Morelli nell’attribuzione di tale opera a tale artista; come ha chiarito Ginzburg, questo riguarda non solo gli storici dell’arte. Dai libri in edizione tascabile presenti nella ritrattistica del Seicento deduciamo un rapporto con la lettura (pur tenendo presente che si tratta di una rappresentazione artificiosa). Nel Cinquecento si sviluppa il naturalismo. La prima accademia moderna, quella dei Lincei, è fondata dal naturalista nobile Federico Cesi (1603, Roma). Il naturalismo porta a delle forme ‘museali’, collezioni di meraviglie di carattere scientifico e collezionistico. Nel romanzo inglese del Settecento si trova la mobilità sociale, oltre che l’ideologia dell’affermazione dell’individuo. Bizzocchi fa riferimento a un ciclo del pittore inglese William Hogarth; tra i suoi cicli più famosi vi è ‘Matrimonio alla moda’ (1743- 1745), in sei quadri. Hogarth si afferma in un contesto di reazione alla predominanza, soprattutto negli ambienti delle accademie d’arte, di artisti italiani o fiamminghi. Egli non è solo pittore ma anche incisore e autore di un trattato di estetica, ‘L’analisi della bellezza’ (1753). Il suo intento nelle incisioni è la rappresentazione moralistica e satirica di pratiche diffuse nella società inglese (La carriera di un libertino, La carriera di una prostituta). Nel ‘Matrimonio alla moda’, in ‘Contratto di matrimonio’ si nota un albero genealogico, capitale simbolico di un nobile decaduto che necessita dei denari del ricco mercante. Il quadro è una fonte della pratica del contratto matrimoniale (si vede anche la figura dell’avvocato), degli scambi fatti tramite il matrimonio tra denari dei mercanti e titoli nobiliari. Nel ‘Dopo il matrimonio’ si percepisce l’estraneità tra gli sposi; la camera è in disordine dopo una notte passata a fare baldoria. La macchia nera sul collo del nobile è sifilide. Ne ‘La visita dal dottore ciarlatano’ vi sono il nobile malato, la madre e la giovane prostituta-amante. Dopo ‘Il risveglio mattutino della contessa’, ‘L’uccisione del conte’ avviene da parte dell’avvocato, ormai amante della contessa, che fugge seminudo dalla finestra. ‘Il suicidio della contessa’ avviene perché il suo amante è stato giustiziato. Lezione 14 03/04 Sulla popolazione Criscuolo comincia dalla nascita della disciplina della demografia. L’età moderna appartiene interamente all’epoca prestatistica, per la quale non sono disponibili sulla popolazione dati certi e continuativi. A partire dal secondo dopoguerra la demografia storica ha conosciuto progressi grazie ai registri in cui le autorità ecclesiastiche registravano gli abitanti per attestare l’adempimento degli obblighi religiosi. Ciò ha reso possibile la conoscenza approssimativa della popolazione, del suo stato (la sua composizione per genere e classi di età) e del suo movimento (a causa di guerre, carestie, epidemie). Criscuolo fa riferimento a una tecnica della demografia storica: la ricostruzione nominativa delle famiglie. È possibile studiare i comportamenti (come l’età da matrimonio). La demografia va considerata anche in relazione al ciclo economico. Criscuolo cita Montesquieu (anni ’20 del Settecento) sul calo demografico, paradossalmente in un periodo di ripresa demografica dopo la stasi del Seicento. La considerazione di Montesquieu è slegata dai dati. Criscuolo cita anche Hume, che giudicò assurda la pretesa di formulare dati precisi sulla popolazione: “non conosciamo esattamente il numero degli abitanti di nessun regno europeo e di nessuna città”. Quanto all’aritmetica politica Criscuolo cita il ruolo degli Stati e dei governi, che utilizzano dati importanti per l’attività di governo: conoscere per governare. Il mercante di tessuti John Grant si occupa di calcoli, e diventa un nome significativo dell’aritmetica politica analizzando i bollettini della mortalità settimanale londinesi. Non sorprende, data la consuetudine dei mercanti nella contabilità. Wiliam Petty (1623- 1687) si dedica a studiare la composizione e la crescita della popolazione, concentrandosi su Londra e Dublino. Nell’Ottocento la demografia si configura come un campo autonomo di studio sui fenomeni della società. Questo termine è introdotto nel 1855 da un mondiale si è sviluppata sia in Francia che in Inghilterra la demografia storica. Si tratta di arrivare a una scheda con le date di nascita e morte di tutti i componenti di un nucleo famigliare dal momento in cui questo si fonda fino alla dissoluzione causata dalla morte di uno dei coniugi. Lezione 15 04/04 Del Panta e Rettaroli in ‘Introduzione alla demografia storica’ confrontano la popolazione italiana nel 1861-1931 (con l’Unità si avviano i censimenti) e poi nel 1991 tramite piramidi demografiche. In età moderna il riconoscimento di essere cittadini non è un diritto, bensì una concessione, un privilegio legato alla nascita. Nel Regno di Napoli la condizione di cittadino è sancita da un privilegio. La fonte della legittimità è il sovrano. Questa condizione di cittadino prevede delle esenzioni fiscali. Nelle società di antico regime la tassazione non riguarda solo gli Stati. C’è anche la tassazione ecclesiastica. La tassazione nel caso di Napoli è indiretta e riguardava i consumi (erano le gabelle). Le magistrature rilasciano una patente (che attesta la cittadinanza). Per ottenere la patente servono dei testimoni e condizioni adeguate documentate (essere figli di cittadini, vivere in città da tot. anni ecc.). Nella seconda metà del Cinquecento si inizia a considerare anche la fede di battesimo. La nascita illegittima può portare alla cittadinanza ma attraverso il Tribunale dell’Annunziata. Nelle società di antico regime le gerarchie sono dichiarate, celebrate, permanenti nella mentalità. Una differenza riguarda per esempio le esecuzioni: i nobili decapitati, i non nobili impiccati. La seta era molto importante a Napoli. Si può essere membri di una nobiltà anche molto antica, ma se non si appartiene alle famiglie che gestiscono i Seggi non si ha potere politico. Dopo l’espulsione dei sefarditi dalla penisola iberica alcuni giungono nel Regno di Napoli. Napoli, presa da Alfonso d’Aragona il Magnanimo (1442), con Ferrante d’Aragona ha un regno autonomo. Vi arrivano degli stampatori, dei tipografi, a cui è riconosciuta la cittadinanza (lo studia David Abulafia). I nobili di seggio sono automaticamente riconosciuti cittadini. Il mercante o il grande artigiano che non può spostarsi per il regno ha bisogno di questa patente, che verrà usata dai suoi agenti. In antico regime vi è il sistema feudale e vi sono anche fenomeni di mondializzazione dell’economia. Le città sono centrali, si articolano in reti urbane. Marino Berengo distingue tra capitali che mantengono caratteri amministrativi, città-mondo ecc. Col Settecento si avvia la fase della transizione demografica, ossia l’inizio di una crescita costante della popolazione. L’industrializzazione non è simultanea ovunque. I primi sono Inghilterra, Belgio. L’industrializzazione riguarda non solo la crescita ma anche lo sviluppo. Sviluppo fa riferimento ad aspetti come qualità di vita, reddito pro capite, ecc. Dal Criscuolo: “l’urbanizzazione è un processo di concentrazione della popolazione che può avvenire tramite la crescita delle città già esistenti o tramite la creazione di nuovi centri di aggregazione”. Giovanni Botero nel 1588 pubblica un libro sulle cause della grandezza delle città: la loro magnificenza, la loro possanza (e la capacità di attrarre). Il sistema di acquisizione della cittadinanza a Venezia è quello che ci è meglio testimoniato. Il primo livello è quello che richiede 15 anni di residenza; il secondo, con la possibilità di commerciare in tutti i domini veneziani, richiede 25 anni di residenza continuativa. Si stabiliscono delle gerarchie produttive, con in cima patate, zucchero, grano. A partire dal 1492 francesi, spagnoli, portoghesi iniziano ad attraversare le acque dell’Atlantico. Umani, piante, animali riescono ad adattarsi, mentre le popolazioni indigene periscono anche a causa dalla morbilità. Si stabiliscono nuove gerarchie basate anche sull’etnia. Bisogna evitare l’idea di una riproduzione della società europea in questi contesti. Si arriva al Trattato di Tordesillas (1494) che stabilisce la raja, linea di demarcazione tra zone di influenza portoghesi e spagnole. Nel XVII secolo inizia una nuova fase guerra dei trent’anni vede la perdita dell’egemonia spagnola, sebbene ciò non significhi la perdita dell’impero globale. La tenuta di un dominio così vasto non poteva reggersi solo sul dominio, doveva necessariamente basarsi anche sul ruolo delle élite transnazionali. Nella monarchia spagnola chi poteva aspirare alla carica di viceré apparteneva soprattutto a famiglie dell’aristocrazia spagnola, e a volte italiana. La rilevanza delle nazioni era legata al ruolo economico delle loro élite (i banchieri genovesi e fiorentini, i mercanti lombardi) fino alla bancarotta spagnola del 1627. La loro è una nobiltà complessa, una nobiltà di servizio nei confronti del sovrano spagnolo. Il 1528-29 vede l’alleanza con la monarchia spagnola. Tra le istituzioni non si possono trascurare i ghetti. Il primo ghetto ebraico è quello del 1516 di Venezia; il più duraturo è quello di Roma, 1555-1870. Vi sono poi le istituzioni dell’assistenza (come il Real Albergo dei Poveri di Napoli della seconda metà del Settecento) rispetto a povertà ed emarginazione. Nell’antico regime la pluralità di giurisdizioni è una caratteristica fondamentale. Il concetto di società degli ordini rimanda a queste diverse giurisdizioni e funzioni sancite da una appartenenza. La società di antico regime aveva una base corporativa, un variegato universo di corpi, gruppi e comunità ciascuno con una diversa e ben definita configurazione giuridica: ordini cavallereschi, corpi militari, collegi professionali per i nobili come il collegio gesuitico di Napoli dove i gesuiti formavano le élite. Il rapporto con la scrittura non è scontato nella nobiltà: assimilati ai servitori delle corti aristocratiche e cardinalizie ritroviamo i precettori, i musici. Le collezioni di arte si costruivano attraverso il ruolo di figure che facevano parte di queste corti aristocratiche (come il maestro di casa). Criscuolo scrive che “la rivoluzione francese cancellò di colpo questo particolarismo creando le premesse per una società di eguali”. I criteri di distinzione di queste società erano il livello di ricchezza e soprattutto lo status in base alla nascita. Il ruolo di appartenenza è sancito da privilegi, obblighi, immunità, non da diritti. La divisione in tre ordini già non corrispondeva più alla società, già articolata tra mercanti, finanzieri, proprietari terrieri: una élite intermedia tra nobili (a loro volta una categoria scomponibile) e popolo. Nel caso inglese si pensi alla figura del fattore dopo i processi di privatizzazione delle terre. Questo gruppo intermedio va considerato anche in relazione alla cultura e allo stile di vita, nella loro idea di ‘vivere nobilmente’ pur senza la formalizzazione del titolo nobiliare (così nella gentry inglese). Si è soliti indicare questa élite intermedia col nome di borghesia, ma questo termine anacronistico può essere fuorviante: non hanno neppure la stessa mentalità delle borghesie dell’Ottocento, giacché non mettono in discussione le distinzioni cetuali. Perché si possa parlare di classe è necessaria la coscienza del proprio stato e delle sue esigenze. Questa coscienza era assente in quelle figure che cercavano solo di uscire dalla condizione di plebei. L’origine delle istituzioni totali poggia sulla correzione dei comportamenti quali vagabondaggio, mendicanza. I poveri in città aumentano a causa dell’aumento demografico (e quindi della crescente disoccupazione), delle carestie, delle guerre, della rivoluzione dei prezzi. I ‘poveri vergognosi’ sono invece persone i buona condizione sociale cadute in miseria. È evidente il mantenimento del riferimento alla condizione di nascita. Nel Cinquecento nascono quindi i reclusori, gli ospedali: istituzioni. Michel Foucault l’ha definito ‘la … dei poveri’: igiene sociale perseguita tramite reclusione, indottrinamento morale e religioso. In Francia nel 1662 si stabilì che istituzioni analoghe sarebbero sorte in tutte le città e borghi maggiori. La reclusione fu prevista anche per zingari e prostitute. Nel 1676 fu eretto a Parigi l’hotel des invalides. Le work houses inlgesi erano definite ‘asili abominevoli dove abusi, malattie e fame regnano costantemente’. condizionato da interferenze esterne e all’interno tutto incentrato sull’autorità del principe o del suo governo, autorità capace di irraggiare di sé le strutture della società intera, degli individui, dei corpi, della comunità”. Quest’ultima citazione appartiene a Giorgio Chittolini, Origini dello Stato, 1994. Chittolini richiama la persistenza dei poteri diffusi nella società: poteri signorili, reti clientelari, fazioni, comunità locali ecc. Sono entità in grado di condizionare dall’interno il funzionamento dello Stato nonostante lo sviluppo delle istituzioni statali. Capra fa notare che Bodin “parla di podestà assoluta, ma non intendendola come podestà illimitata”. “Il primo limite è costituito dal dovere del sovrano di rispettare la legge divina, e quindi di rispettare le leggi naturali che sono un’emanazione della legge divina: il mantenimento dei patti, il rispetto della proprietà, anche se solo in casi estremi era prevista una possibilità da parte dei sudditi di sottrarsi all’obbedienza rispetto al legittimo sovrano, il vincolo di coscienza che ne derivava ai regnanti era di notevole forza”. La seconda limitazione veniva dalle “leggi fondamentali del regno: l’ordine di successione, l’inalienabilità del demanio territoriale”. “La presenza di questi limiti è ciò che nel pensiero europeo distingue la monarchia dai poteri dispotici”. “Il potere sovrano non pretende di sostituirsi alle precedenti strutture di potere, ma soltanto di sovrapporsi a esse […]”. Le conferme di privilegi (su territori, su singoli individui ecc.) sono la contropartita per il sostegno dei potenti locali e per il loro contributo nei momenti difficili come le guerre. Dice Chittolini: “Gli Stati di antico regime sono organizzazione di cui già da tempo sono stati messi in evidenza caratteri ben distinti dallo Stato assoluto dell’Ottocento, in cui il potere appare più concentrato e più autonomo: esse sono caratterizzati da numerosi ordini e ceti all’interno, titolari ognuno di poteri”. Le realtà assembleari sono sia limite che cooperazione verso il potere del sovrano. “Tendono ad atrofizzarsi nell’Europa ccentrorientale”. John Elliot tramite la categoria della monarchia policentrica spagnola assegna centralità ad altre sedi (oltre che la capitale Madrid) che sono sede dei poteri economici finanziari (Genova, Anversa, Roma, Napoli). Lezione 18 20/04 La storia moderna vede la compresenza di diverse giurisdizioni; un processo di sviluppo, rafforzamento, crescita della sovranità; uno sviluppo della statualità; una legittimazione reciproca per quanto riguarda la fiscalità, in particolare nel settecentesco assolutismo illuminato tramite i catasti, si veda il catasto teresiano di Maria Teresa che oltre a censire i beni stabilisce di ripartire diversamente il carico fiscale. La ripartizione del carico fiscale viene affidata a un sistema geometrico particellare. Il catasto teresiano era già un progetto di Carlo VI. Resta il ruolo delle comunità. Quando parliamo di comunità ci riferiamo a un sistema istituzionale inteso in senso lato (anche il mir, la comunità di villaggio in Russia, è un’istituzione). Nel Regno di Napoli le università sono delle forme di comunità con le loro strutture di governo della stessa. Città e terre non infeudate sono nel demanio, dunque sotto la giurisdizione del sovrano. Nel Regno di Napoli queste comunità sono governate tramite un sistema di divisione in Seggi (dei nobili e del popolo); così è per esempio a Sorrento e Lecce. I seggi sono i luoghi fisici in cui avvengono le riunioni. Le famiglie nobili che non si sono premurate di entrare nei seggi non governano la città. La divisione in seggi non è però presente in tutte le comunità; e ci sono anche città con seggi aperti, non chiusi. Come istituzioni nel Regno ci sono anche i casali (Cosenza ne ha 85); l’Aquila ha invece un sistema di ville. Elena Fasano Guarini in Storia Moderna (Donzelli) ha contrapposto alla diffusa visione di un’affermazione dell’assolutismo la visione di una presenza nella storia degli Stati europei di tendenze assolutistiche. Queste sono individuabili nell’origine della monarchia spagnola (un’origine personale, tramite il matrimonio del 1469). La rivolta dei comuneros (di comunidades, di comunità urbane) è dovuta alla perdita di centralità politica della Castiglia. Carlo V ne diventa re a sedici anni, ma essendo imperatore ne vive distante. Da In età moderna nasce il debito pubblico. La riscossione delle imposte viene data in appalto. Una quota delle gabelle va anche agli enti religiosi. Le novità nell’esercito vedono l’emergere della figura del generale imprenditore, che organizza e finanzia il proprio esercito; ulteriore disciplinamento e inquadramento degli ufficiali il cui ruolo non è più riservato alle aristocrazie; una professionalizzazione degli eserciti, in cui hanno un peso crescente le armi tecniche come artiglieria e macchina belliche, al punto che nessuno intende rischiare una battaglia campale. Le guerre piuttosto che l’annientamento del nemico seguono gli sviluppi politici, con un ruolo crescente della diplomazia. Sorge la distinzione tra la corte e la famiglia del sovrano e la burocrazia regia, che accoglie nei propri ranghi anche la borghesia colta. “Figura emblematica della nuova burocrazia è il commissario, figura nominata dal sovrano e con un rapporto non patrimoniale con la carica che ricopre”. È il superamento della venalità delle cariche. Capra cita al riguardo gli intendenti francesi (sebbene contemporaneamente sussistesse in Francia la venalità delle cariche) e piemontesi o i commissari alle imposte prussiani. “Tocqueville a metà Ottocento sostiene che la tesi di accentramento e rimodellamento di cui furono protagonisti i rivoluzionari francesi aveva le sue premesse nel lavoro della monarchia borbonica”. “Lo Stato liberale ottocentesco si distingue dal suo predecessore – l’antico regime – […] per la le libertà individuali e per la limitata partecipazione dei cittadini alla partecipazione degli indirizzi di governo” Lezione 19 27/04 C’è una espansione dell’impero ottomano a partire dalla conquista di Costantinopoli, fino all’assedio sventato di Vienna del 1683. Francesco Benigno in ‘Parole nel tempo’ pone al centro le parole ‘identità’, ‘crisi’, ‘declino’, ‘decadenza’. Sono parole che più di altre contengono rischi di prigioni concettuali. Il termine ‘declino’ lo utilizza lo stesso Criscuolo rispetto al papato e all’impero rispetto al loro ruolo protagonisti politici del medioevo. Quanto al primo, Paolo Prodi ha invece considerato lo sviluppo della statualità nel papato in conseguenza del concilio di Trento. Il papato rinascimentale è un papato guerriero, e anche un papato delle grandi committenze (Giulio II); il papato della controriforma con Sisto V vede invece una figura di rigore, e una proiezione universale della Chiesa (si pensi ai gesuiti). Queste istituzioni rafforzano e articolano lo Stato della Chiesa. Anche il Sacro Romano Impero vede delle nuove concezioni del proprio ruolo nel mondo. Dopo l’impero medievale c’è un processo per cui viene meno il principio dell’unus imperator in orbe e della superiorità dell’imperatore su monarchie, principati e città libere. Agli inizi del XIV sec. l’impero si era dimostrato incapace di sostenere le sue aspirazioni in Italia e aveva sempre più ridotto il proprio ruolo nell’area tedesca. Nel XV secolo entrò in uso la denominazione, ufficializzata nel 1512, di Sacro Romano Impero della Nazione Germanica. È un processo che tende a ridefinire il baricentro di questa entità. Nell’impero ci sono più di 350 Stati assai differenti per status ed estensione, di fatto largamente autonomi, con una frammentazione massima nelle zone occidentali. È evidente la fragilità di questo insieme. La concentrazione in zona tedesca è assimilabile alle vicende delle altre monarchie. La bolla d’oro del 1356 (Carlo IV di Boemia) assegnava l’elezione alla corona imperiale a sette principi: re di Boemia, margravio di Brandeburgo (titolare di poteri giurisdizionali/amministrativi in una marca), duca di Sassonia, conte del Palatinato, arcivescovi di Magonza, Treviri e Colonia. Le deliberazioni della Dieta (Reichstag, ‘giorno dell’impero’, così come ‘Dieta’ viene da ‘dies’) avevano valore di legge generale. Questo organo veniva convocato dall’imperatore con frequenza irregolare. Ma l’età moderna vede l’affermarsi di stabilizzazione dei poteri, che significa anche una periodizzazione non episodica delle assemblee. La Dieta era divisa in tre ordini: oltre al collegio dei principi elettori, c’era il collegio dei principi e dei signori territoriali in cui erano rappresentati 120 principi ecclesiastici (arcivescovi vescovi e abati), una quarantina di Stati maggiori che avevano la dignità di principati e 140 signori minori laici ed ecclesiastici; c’era il collegio dei rappresentanti delle città libere (85 città), alcune riunite in leghe (e.g. la Lega anseatica di cui facevano parte alcune città marittime tedesche). Questa organizzazione rende bene l’idea della frammentazione. I cavalieri dipendevano direttamente dall’imperatore. Dal 1438 il titolo di imperatore diventa appannaggio della casa degli Asburgo, pur non essendoci il criterio di una successione dinastica e rimanendo il principio elettivo. Al di là dell’intervallo 1740-1745 questo appannaggio arriva fino al 1806. È una continuità dinastica di fatto. Questo porta alle guerre di successione (spagnola, polacca e austriaca) in mancanza di un erede al trono nella prima metà del Settecento. Nella Prussia il ceto economicamente più forte è quello agrario degli Junker; vi è poi l’ordine militare; c’è il potere dell’imperatore. È una situazione di bilanciamento ed equilibrio. La continuità dinastica nell’impero è frutto di una consuetudine di fare eleggere, quando ancora era in vita l’imperatore, il suo successore designandolo quale re dei romani, per conferire peso maggiore alla corona imperiale. Questa consuetudine è una premessa al rafforzamento istituzionale perseguito da Massimiliano I (imperatore dal 1493 al 1519). Gli Asburgo sono una dinastia feudale dalle origini incerte, Massimiliano si scontrò con una cronica mancanza di risorse. I banchieri finanziano la politica (si pensi ai Fugger con Carlo V). Ci sono resistenze dei territori ai processi di centralizzazione imperiale e fiscale; esse consistevano anche nella gelosa custodia di proprie prerogative. Nella Dieta del 1495 Massimiliano riuscì a ottenere solo l’istituzione di una tassa, il soldo comune, che la Dieta peraltro avrebbe dovuto approvare ogni anno. Questo impegno viene poi disatteso. Massimiliano, per assoldare truppe, doveva quindi ricorrere ad altro. Il matrimonio tra suo nipote Ferdinando con la figlia del re di Boemia e Ungheria fu alla base di un’altra espansione. Lezione 20 02/05 Le storie delle diverse nazioni sono inevitabilmente connesse. In seguito alla guerra dei cent’anni la Francia affronta un processo di ricomposizione territoriale e organizzazione statuale. Il 1453 è la data che segna l’uscita di scena degli inglesi, che perdono tutti i propri possedimenti su suolo francese a eccezione di Calais. La Bretagna è un altro grande Stato feudale. Anche in questo caso la riunificazione avviene tramite una politica matrimoniale: la figlia dell’ultimo duca, Anna, è obbligata a sposare l’erede al trono francese Carlo VIII. Egli è il sovrano con cui si aprono le guerre d’Italia; in pochi anni scende fino a Napoli, rivendicandone nel 1494 i diritti di successione. Carlo VII, per creare il primo nucleo di un esercito permanente (prima della fine della guerra dei trent’anni), istituisce nel 1439 la taglia, una tassa sui contadini. Essa viene rinnovata annualmente diventando tassa ordinaria. A differenza dell’impero dove le tasse devono ricevere periodica approvazione, essa viene rinnovata senza più chiedere l’autorizzazione degli stati generali. Essi dal 1484 non vengono più convocati fino al 1560; così è anche dal 1614 al 1789. Il ruolo amministrativo del sovrano è rafforzato da un consiglio. Nel 1515 inizia il regno di Francesco I (linea Valois-Angoulême), che dura fino al 1547. È il regno più popoloso in Europa. Egli è artefice di una politica di accordo con la Chiesa, giungendo al concordato di Bologna nel 1516. In cambio della rinuncia a sostenere la teoria della superiorità del concilio sul papa, il sovrano francese si vede riconosciuto il diritto di nominare vescovi, arcivescovi, abati e priori del regno di Francia. È la struttura della Chiesa gallicana. Sono gli anni in cui il papato rinascimentale è attivo in politica e in guerra. Riconoscere che il papa è al di sopra del concilio significa riconoscere la sua sovranità. Il 1522 è l’anno in cui viene formalizzato il sistema della venalità delle cariche. Esse diventano patrimonio di una casta di ufficiali inamovibili in quanto proprietari della carica. Questa casta sfugge al diretto controllo del re. Nel Quattrocento esistono nelle varie province francesi otto parlamenti, che diventano dodici nel Settecento. Al vertice dell’amministrazione giudiziaria c’è il parlamento di Parigi, supremo tribunale di appello. I parlamenti sono anche magistrature in cui si valutano gli editti regi e la loro corrispondenza con le leggi fondamentali del regno, con un seppur limitato diritto di rimostranza. Oltre alle funzioni giudiziarie il parlamento di Parigi ha il compito di registrare gli editti del re e per questo motivo diventa una prerogativa che lo rende ancora più importante, conferendogli un ruolo politico. Esso è il principale ostacolo all’assolutismo monarchico. I privilegi, le libertà, prerogative di carattere fiscale e giurisdizionale in deroga al diritto comune, consentono il rafforzamento della sovranità. Nel 1542 Francesco I stabilisce delle circoscrizioni fiscali, le généralité, proprio per la riscossione della taglia. Le province di recente annessione (Linguadoca, Provenza, Borgogna, Bretagna) rientrano sotto la denominazione di Pays d’Etats (Paesi di Stato). Qui Francesco I è costretto a contrattare annualmente l’ammontare dell’imposta, con i tre ordini riuniti negli stati provinciali, che autonomamente gestiscono riscossione e ripartizione del carico fiscale. Le ordinanze emanate dal consiglio del re non possono dare codice uniforme al regno poiché nel sud della Francia è in vigore il diritto romano, mentre nella parte superiore è in vigore il diritto consuetudinario. Parlare di accentramento e unità è semplificazione. Il regno è un mosaico di città e province, ciascuna delle quali mantiene le proprie peculiarità e franchigie al momento dell’ingresso nel regno tramite delle capitolazioni. In virtù di uno di Lezione 21 04/05 Dopo il 1519 re di Castiglia è Carlo V, che le toglie centralità nell’ambito di un progetto imperiale. La rivolta dei comuneros è del 1520-21. Essa assume a un certo punto delle istanze antifeudali. La rivolta viene sconfitta militarmente. Segue il perdono da parte di Carlo V. Lezione 22 08/05 La monarchia inglese nella fase successiva alla guerra delle due rose (tra York e Lancaster), dal 1455 al 1485, vede il successo di Enrico Tudor, che deve attuare il necessario superamento delle congiure e del diffuso stato di violenza, in particolare della nobiltà feudale, che ostacolano i processi della statualità. La feudalità, che caratterizza in modo strutturale l’antico regime della prima età moderna, è indicata in questo caso come un’antitesi allo Stato. Non fornisce sostegno alla sovranità, bensì opposizione. Questo schema lo si trova tanto nell’Inghilterra del XV secolo quanto negli anni della minorità di Luigi XIV (rivolta della fronde). La camera stellata è un consiglio ristretto privato del sovrano. Quanto all’amministrazione della giustizia, il tribunale si occupa in particolare dei reati di natura politica. C’è la necessità di intervenire tempestivamente nelle rivolte, nei disordini. È una sorta di tribunale straordinario: nel mondo inglese continua a vigere la common law (diritto consuetudinario), che ha la funzione di garanzia dell’indipendenza dei giudici dal governo. Nel caso inglese ci sono quindi dei limiti alla legislazione regia. Nel caso francese i parlamenti, dal ruolo prevalentemente giuridico, hanno diritto di rimostranza che però non si traduce in un diritto di veto: l’ultima parola spetta al sovrano. Enrico VII incrementa anche il proprio patrimonio fondiario per rafforzare il proprio potere, attraverso terre confiscate ai nobili ribelli. Questo gli consente la possibilità di convocare una sola volta, nel corso degli ultimi anni (egli muore nel 1509), il Parlamento bicamerale. La Camera dei Comuni è costituita dai rappresentanti eletti dalle contee e dai borghi. Il successore Enrico VIII (1509-1546) è impegnato in guerre continentali. Con lui si ha un esempio di delega del potere, nello specifico al cardinale Thomas Wolsey, che è al tempo stesso cancelliere e legato del papa. Il distacco dalla Chiesa cattolica avviene con l’Atto di supremazia. La world history, con l’intento di creare una storia universale che non sia incentrata sulla categoria dello Stato nazionale e che cerca di studiare i legami mondiali, ha dedicato attenzione alle civiltà extraeuropee. Gli studiosi artefici di questa svolta antieurocentrica sono stati perlopiù statunitensi. Parlare di storie connesse non è sinonimo di world history. Gli sviluppi sull’Africa sono stati a lungo inficiati dalla mancanza di fonti nelle zone non raggiunte dall’islam, le quali non conoscevano la scrittura. Ci si è basati soprattutto su resoconti di viaggi, diari, fonti missionarie. Le stime sulla popolazione consistono nel confrontare gli 86 milioni del XV secolo ai 102 milioni del XIX, con un’alta mortalità infantile e una aspettativa di vita di venti anni. L’agricoltura di sussistenza non è integrata dall’allevamento, a differenza di quanto avviene in Olanda, Inghilterra, Castiglia (la mesta). Non mancano tuttavia centri attivi nell’artigianato (cuoio, ceramica). L’Islam conquista prima il Maghreb, diffondendosi poi in Africa occidentale e orientale. L’espansione musulmana rappresenta un incentivo all’urbanizzazione (e.g. Timbuctù) e allo sviluppo delle attività commerciali. Certo è un’urbanizzazione esigua rispetto a quella europea. Prevalgono le piccole comunità in cui il principale legame di coesione è quello etnico o parentale, fondato su una discendenza comune da un leggendario capoclan. Al policentrismo si sostituiscono forme complesse definibili in senso lato come imperi o Stati. Manca l’idea di uno stabile dominio sul territorio e di una organizzazione territoriale solida, in quanto i confini di questi Stati sono incerti e mobili a causa del costante Stato di guerra, dalla necessità di espandersi per fini commerciali o per riscuotere tributi e pedaggi. Gli Stati si fondano su un potere personale giustificato dall’autorità mitico-religiosa. Ci sono dei regni (e.g. quello etiopico). Resta la centralità del villaggio. Il regno del Marocco è l’unico nell’Africa settentrionale a non essere soggetto agli ottomani. Nel 1591 sconfigge il regno Songhai provocandone la scomparsa. Anche in Africa c’è la possibilità di cristianizzazione. Il regno del Congo si insedia sui tratti finali del fiume, nelle zone delle attuali repubbliche del Congo e dell’Angola. Il re Nzinga Nkuwu si fa battezzare nel 1491; il figlio successore prosegue la cristianizzazione dello Stato, introducendo singoli aspetti del cristianesimo nell’ambito dei culti tradizionali. Questo fenomeno di simbiosi tra cristianesimo e paganesimo è molto diffuso. Anche a Napoli nel Seicento c’è un pantheon che arriva a comprendere fino a 25 santi patroni. Tornando al regno del Congo, i loro re tentano anche di appellarsi al papato per difendersi dalla brutalità predatoria dei portoghesi, interessati al monopolio del traffico degli schiavi. Il papa è un’autorità universale. Il trattato di Tordesillas del 1494 sancisce due sfere di influenza: spagnola e portoghese, ampliando i domini portoghesi rispetto all’accordo precedente. Il papa Alessandro VI è un arbitro a cui è chiesta la sanzione di questo accordo nel 1493, attraverso la bolla Inter Caetera. I portoghesi sono interessati al monopolio della navigazione africana, a costo di lasciare agli spagnoli quella americana. Nel 1503 è istituita la Casa de contratacion. C’è l’ingresso dei genovesi (legati alla Francia) nel 1529. Il monopolio si interrompe con la guerra di successione spagnola, che si chiude nel 1713-1714 portando all’interferenza dell’Inghilterra che ottiene l’asiento. Lezione 24 11/05 Le spedizioni portoghesi sono quelle che aprono la mondializzazione. Il trattato di Tordesillas che vede l’egemonia spagnola e portoghese è ancora nel XV secolo. Il quadro globale nel Settecento della guerra dei sette anni vede altre potenze coloniali, come la monarchia britannica o la Francia. La monarchia inglese investe già da Elisabetta sull’espansione e sui mari. Il caso francese richiede dei tempi diversi. Infatti nel corso del Cinquecento la monarchia francese è impegnata nelle guerre d’Italia, ossia fino al 1559 in conflitto con la monarchia spagnola, e nella seconda metà del Cinquecento è coinvolta in una guerra civile religiosa. Gli anni di potenziamento della flotta francese sono quelli di Luigi XIV e Colbert, con lo sviluppo di politiche mercantilistiche. Queste sono politiche protezionistiche doganali e di monopolio, come per esempio gli atti di navigazione inglesi del Seicento (e.g. 1651 con Cromwell, che blocca il dinamismo olandese nei commerci). Queste politiche vengono affidate alle compagnie commerciali, che hanno ruolo militare, politico, diplomatico. Nel caso dell’impero portoghese, oltre al primato della circumnavigazione dell’Africa con Vasco da Gama, bisogna parlare del consolidamento delle conquiste. Si entra nel campo della merceologia. Gennaro Avallone ha tradotto “Ecologia-mondo e capitalismo: la fine della natura a buon mercato”, un libro di Jason W. Moore, storico dell’ambiente e docente di sociologia, il quale attua una lettura che studia la prima età moderna nel ruolo degli stati europei in relazione a energia e ambiente, natura, sfruttamento. Carlo V nel 1542 rivede questo sfruttamento con delle leggi, anche sulla base delle critiche di Bartolomeo de las Casas. La chiave di lettura di Jason W. Moore è la critica al capitalismo e alle monocolture. Critica “l’idea che gli europei potessero esercitare il loro potere su un oggetto esterno [la natura]”. “La borghesia imperiale ha cercato di mettere a frutto la natura nel modo più a buon mercato possibile” tramite “la scoperta di miniere in America, la schiavitù degli indigeni, la trasformazione dell’Africa in una riserva di caccia commerciale delle pelli nere”. L’analisi marxista ha tradizionalmente visto nelle enclosures e nella privatizzazione delle terre una tappa fondamentale dell’accumulazione originaria. La centralità delle colonie spagnole e portoghesi nel XVI secolo è stata riconosciuta da altri studiosi. L’afflusso di metalli preziosi arriva fino in Cina, ma non promuove processi di sviluppo economico (si pensi alla mesta castigliana). La storia della Cina moderna inizia dalla caduta della dominazione mongola per una serie di rivolte contadine e per la rivolta militare dell’ex monaco buddhista Zhu Juanzhang, che dà inizio alla dinastia Ming (‘luminosa’). L’economia cinese è fondata su un’agricoltura diversa rispetto a quella europea feudale. È inoltre tendenzialmente isolazionista. C’è la predominanza del riso. Il riso assicura alla popolazione delle rese maggiori di cinque volte rispetto al frumento e ai cereali. Mezzo ettaro è sufficiente per nutrire cinque persone. Si coltiva inoltre tè. La risicoltura chiede però un sistema di irrigazione con un costante impegno e un’enorme massa di manodopera. Il riso è anche un’occasione per la riconversione produttiva delle aziende agricole. Nel Seicento la densità abitativa è tra 30 e 40 abitanti per km2 contro i 10 dell’Europa. Nelle zone intorno al Fiume Giallo e al Fiume Azzurro la densità è anche di centinaia di abitanti per km2. Rispetto alla produzione europea si utilizzano meno strumenti e meno animali, ma una manodopera più abbondante. Il modello della famiglia allargata arriva fino al Novecento. Nel periodo Ming vi è anche un notevole sviluppo di manifatture: seta, tessuti di cotone, porcellana. Nella seconda metà del Trecento c’è una peste e poi una ripresa demografica che porta gli abitanti nel periodo Ming da essere 65 milioni a 150 milioni. L’abbondanza di popolazione non coincide però con sviluppo e innovazioni. La Cina rimane in uno stato di arretratezza e carestie. L’infanticidio femminile è diffuso Lezione 25 15/05 Gli ex voto sono definiti tali sebbene si tratti più che altro di una sorta di patteggiamento. Porta San Gennaro e Porta Nolana sono state affrescate solo per evitare la condanna a morte. Le porte urbiche sono una sorta di palinsesti, la cui strategia comunicativa è fatta di simboli della regalità (le porte sono aragonesi), come l’ingresso trionfale di Carlo V, che è passato per la Porta Capuana. Con la formula ex voto ci si riferisce a una richiesta del governo della città e al ricevimento di tale grazia. Anche la Chiesa della Salute di Venezia è un ex voto per la cessazione della peste. L’assedio di Vienna respinto nel 1683 ha anch’esso generato una serie di monumenti ex voto. Al rafforzamento della sovranità concorre la stabilizzazione dei contatti diplomatici. La pace di Lodi del 1454 segna un periodo di equilibrio nel contesto degli Stati regionali italiani. Nel 1492 tuttavia muoiono i due protagonisti adoperatisi per il raggiungimento e mantenimento di questo equilibrio: papa Innocenzo VIII (a cui segue Alessandro VI, Rodrigo Borgia) e Lorenzo il Magnifico. Le guerre d’Italia, che coinvolgono la monarchia spagnola e quella francese, si chiuderanno con la pace di Cateau-Cambresis che definisce l’egemonia spagnola. Alla morte dei due risorgono delle mire espansionistiche. La Venezia quattrocentesca è più proiettata piuttosto sul Mediterraneo che sulla terraferma; questo cambia nel Cinquecento in relazione all’espansione ottomana. Anche Ludovico Sforza (Milano) punta a consolidare il potere usurpato dal nipote Gian Galeazzo. La discesa di Carlo VIII fino a Napoli, il quale reclama diritti di discendenza dagli Angioini, attiva un sistema di alleanze e opposizioni da parte degli altri Stati regionali. Milano e Venezia vogliono svolgere un ruolo oppositivo nei confronti di Ferrante d’Aragona a Napoli, il quale dà inizio una dinastia autonoma. Ferdinando II d’Aragona (1495-1496, la data schiacciata è emblematica della crisi aragonese), nipote di Ferrante, cerca di recuperare il regno con l’appoggio della monarchia spagnola. Gli è necessario anche l’appoggio veneziano. Le fonti diplomatiche veneziane, di residenti o ambasciatori (i secondi presenti nelle città più importanti, come Madrid, i primi nelle città meno rilevanti come Napoli) sono molto preziose per la testimonianza degli Stati regionali. Il consolato svolgeva anch’esso una funzione diplomatica, ma prevalentemente economica. I genovesi, élite del denaro, che a Napoli aprono dei banchi, entrano nel contesto della monarchia spagnola. Le relazioni diplomatiche sono quindi espressione di uno sviluppo della statualità. Così lo è la professionalizzazione, che coinvolge gli eserciti e l’attività diplomatica. In questi decenni ci sono anche tentativi di costruire altri Stati da parte degli esponenti delle aristocrazie italiane. L’alleanza antiveneziana di Cambrai del 1508 vede alleati Massimiliano d’Asburgo, il re di Spagna e il re di Francia. Essi sconfiggono i veneziani il 14 maggio 1509 ad Agnadello. La pace tra Francia e Spagna del 1516 testimonia l’equilibrio di quel momento. Dopo la pace di Augusta del 1555 Carlo V abdica a favore del figlio Filippo II e del fratello Ferdinando. Adriaan Florenszoon, vescovo di Utrecht, nel 1522 diventa papa quale Adriano VI. È precettore di Carlo V, e gli instilla quindi una visione religiosa e spirituale. Lezione 26 16/05 La monarchia spagnola è impegnata in termini di costi e risorse. Quello spagnolo è un impero con conquiste coloniali e sfruttamento economico dei territori. Magistrature quali la Regia Camera della Sommaria hanno durata secolare (in questo caso dal Quattrocento al Settecento, dal regno aragonese a quello borbonico). C’è una rapida affermazione del luteranesimo, che nel giro di pochi anni diventa religione di Stato (e.g. Danimarca). Le elaborazioni teologiche luterane operano un rovesciamento rispetto al valore delle opere quale è nel cristianesimo cattolico. Diverse tra le 95 tesi mettono in discussione il ruolo del clero e del papa. La ritualità caratterizza la politica di antico regime. Il tema del controllo del Mediterraneo è riscontrabile nel ‘Mediterraneo’ di Braudel. La centralità economica del mare viene messa in discussione dallo sviluppo dei traffici atlantici. Filippo II cerca il controllo del mare. Nel caso dei comuneros l’opposizione armata non mette in discussione la sovranità. Nell’ambito della monarchia spagnola la Castiglia è quella più colpita dal prelievo fiscale. Le risorse vengono reperite per esempio tramite la vendita di città e terre. Le comunità cercano di riscattarsi per restare in demanio, per mantenere una serie di privilegi. Nella rivolta dei Paesi Bassi si trova anche il tema dell’appartenenza religiosa (il calvinismo). L’editto di Nantes del 1598 consente la loro convivenza (sebbene mantenuta tramite anche basi militari) con i cattolici, fino alla revoca dell’editto da parte di Luigi XIV (1685). I Paesi Bassi hanno un modello politico medievale, che crede nelle forti autonomie cittadine. Vi si trovano dunque città, contee, vescovati caratterizzati da autonomia politica e amministrativa. il tasso di urbanizzazione delle Fiandre è, in termini assoluti, quello più elevato: circa il 18,5% di abitanti delle città con un incremento Lezione 27 22/05 Lezione col prof. Condone sui processi di espansione dei traffici europei e delle dinamiche politiche Uno dei fattori di stabilizzazione del commercio mondiale in età moderna è l’impero spagnolo. Esso offre un grande afflusso di metalli preziosi dalle Americhe che arricchisce il commercio europeo, anche non propriamente spagnolo. Questo afflusso in un primo momento provoca semplicemente inflazione. Da qui si spiegano le numerose bancarotte spagnole del Cinque-Seicento. Nel corso della prima età moderna il Mediterraneo è ancora il centro dei commerci europei; la parte orientale però non offre la possibilità di utilizzare metodi alternativi ai metalli preziosi come pagamento, a differenza della parte occidentale del mare: i sistemi di credito orientali non proteggono la persona che utilizza la carta di cambio. Il sistema economico della Spagna è troppo debole per gestire l’afflusso di risorse che le pervengono. La lana spagnola viene lavorata principalmente in Toscana perché la Spagna non ha gli strumenti e le capacita di gestire e lavorare le proprie risorse. La Spagna inoltre facilita le comunicazioni via terra. La via spagnola che passa per Milano e la Franca Contea collega Spagna e Paesi Bassi spagnoli. Tutto questo fino alla seconda meta del XVI sec. Nel 1651 all’interno del Regno di Napoli viene dichiarato come lo stato della moneta sia ormai intollerabile per la sua scarsezza e pessima qualità. Questo documento testimonia come nel regno principale vittima della questione fiscale spagnola i problemi economici diventano strutturali. Il taglio delle monete è quel fenomeno per cui da una singola moneta parte del metallo prezioso viene grattato via e riutilizzata per il proprio valore nominale anziché per quello reale; c’è falsificazione di monete. Se prima erano gli spagnoli ad andare nel nord Europa, nel XVII secolo sono inglesi e olandesi a proiettarsi sul Mediterraneo. Essi hanno strutture produttive e sono in grado di lavorare ciò che arriva da loro. Il sistema di commercio spagnolo vedeva un tragitto diretto da colonia a madrepatria. Gli inglesi non fanno così: portano prodotti finiti e ricevono in cambio l’oro che gli spagnoli hanno in abbondanza; a Smirne, più importante porto orientale, si procurano le spezie indiane, per poi tornare a Londra con un valore aggiunto. Il viaggio diretto verso l’India è infatti troppo lungo (circumnavigazione dell’Africa) e pericoloso, sottoposto a pirateria e maremoti. Un esempio di tragitto tipico inglese è descritto da un documento del 1651: Londra, Terranova (Canada), Napoli, Lipari, Londra. Lo stesso documento testimonia anche la pirateria berbera, subita dalla nave in questione all’altezza di Napoli. Il problema della pirateria limita il commercio fino al XIX secolo. Nel 1668 gli inglesi trovano un accordo diplomatico e commerciale proprio con i principati barbareschi (col signore di Algeri e col signore di Tunisi). Nella seconda metà del XVII secolo la dimensione religiosa nel commercio ha perso importanza. Non conta la fede di coloro con cui si hanno rapporti, ciò che conta è l’accesso al mare, ai canali di smercio. Il porto di Livorno è uno dei principali porti che gli inglesi raggiungono nei loro traffici. Già sul finire del XVI secolo infatti a Livorno si sviluppa un porto franco, ossia un porto neutrale (anche in tempi di guerra) dove diversi popoli possono entrare senza dazi e commerciare liberamente. La scelta di rendere Livorno porto franco dà a questo mercato importanza non solo nel commercio mediterraneo, ma anche in quello transatlantico. Il mercato russo, nonostante la ‘globalizzazione’, è piuttosto chiuso. Il porto di Arcangelo, inutilizzabile nei mesi invernali, è l’unico che consente un commercio tra la Russia e l’Europa, attraverso l’aggiramento della Scandinavia verso Londra o direttamente Livorno. La Russia finisce per dare il proprio commercio in mano ad agenti stranieri, e Livorno è l’unico porto dove le merci nordiche possono essere trovate. Il caviale russo è consumato quasi interamente dagli stati regionali italiani. L’altro grande operatore commerciale è l’Olanda, che mima il sistema coloniale portoghese. Mentre l’impero spagnolo si estende fisicamente e si basa su un largo consumo delle risorse, l’impero portoghese è fatto di singole roccaforti dislocate sul fronte asiatico con cui possono commerciare con l’entroterra e portare i beni in Europa. L’impero commerciale olandese si struttura in maniera simile a questa: singole roccaforti, pochi territori ampi conquistati (perlopiù nel territorio indocinese), basato non sul consumo diretto delle risorse locali quanto sul commercio dei beni. L’impero olandese dal punto di vista sia commerciale che politico entra in difficoltà per la competizione prima inglese e poi francese. Nel 1568 nascono le Province Unite emancipatesi dal controllo spagnolo. Le cose cambiano nel 1713, alla fine della guerra di successione spagnola. Sebbene anche altri Paesi comincino ad avvicinarsi al commercio degli schiavi dall’Africa alla Spagna, in questo anno gli inglesi ottengono la possibilità di fornire 4800 uomini neri all’anno da importare nelle Americhe spagnole come forza lavoro. Carlo II di spagna muore e non avendo figli nomina come erede al trono un nipote di Luigi XIV, e la preoccupazione per la nascita di un gigantesco impero franco-spagnolo vede l’opposizione degli Asburgo d’Austria. Alla fine i Borbone dominano su entrambi gli Stati sebbene separati, e gli Asburgo d’Austria ottengono solo alcuni territori a Napoli, Milano e in Sardegna, ma non il ritorno alla corona di spagna. Da questo momento gli inglesi mantengono l’equilibrio in Europa: nessun Paese è de facto troppo forte. In cambio ottengono questo diritto di trasportare gli schiavi dall’Africa alle Americhe spagnole, prerogativa prima solo dei Paesi sottoposti alla Spagna. È il primo caso in cui un Paese in maniera diretta ha un accordo trentennale per un controllo completamente indipendente di Il commercio triangolare nasce dalla necessità europea di portare manodopera europea verso l’America. Gli europei dall’Africa prendono due cose: materie prime e schiavi. Gli schiavi non vengono portati solo in America. La maggior parte degli schiavi sono turchi, greci, albanesi. Gli schiavi neri sono considerati inutili: importati dall’altra parte del mondo, soffrono di ‘fantasie’, ossia una sorte di depressione. La società europea fa uso di schiavi (a Napoli c’è un florido mercato di schiavi), ma non è una società schiavistica: produzione e commercio non ne fanno uso. Le Americhe invece hanno un tessuto economico che richiede la presenza di manodopera schiavile: sono società schiavistiche. In Europa gli schiavi sono relegati soprattutto all’aspetto domestico. Gli schiavi in America hanno vita breve, in particolare per le miniere. Gli europei portano in cambio in Africa armi, che servono a stabilire un’egemonia che ad alcuni africani serve anche per prendere gli schiavi stessi da dare agli europei. L’Africa subsahariana sviluppa un tipo di civiltà che non si basa sul controllo del territorio, bensì sul controllo delle tribù, dai confini mobili. Quando nell’Ottocento arrivano gli europei nasce la necessità di stabilire dei confini netti, che causano divisioni nelle tribù e l’utilizzo del sistema Stato in popolazioni che si fondano sul sistema tribale. Anche l’America porta qualcosa all’Africa: metalli che arrivano lì non direttamente per volontà degli spagnoli, bensì tramite la mediazione dei corsari inglesi che attaccano le navi spagnole. Verso la fine del XVI secolo ci sono tentativi di accordo tra Marocco e Inghilterra per la conquista e la spartizione delle colonie spagnole in America; anche gli ottomani vogliono tali territori. Il vescovo di Lima dichiara che di lì a breve l’intera Europa sarebbe caduta in mano ottomana, che la nuova Europa sarebbe nata in America e che egli sarebbe stato insieme papa e sacro imperatore. Nell’America spagnola ci sono i viceré, con un controllo vasto ma non infinito: i visitatori vanno nei viceregni a controllare e limitare l’influenza dei viceré. Tale controllo finisce spesso per essere così indiretto e complicato che per esempio le Filippine non si costituiscono con un governatorato che nasce per volontà di Madrid, bensì per volontà del viceré che si trova in Messico: nasce come una sorta di sottocolonia messicana. Per questo ha a capo un governatore e non un viceré, la cui elezione quest’ultimo contende col re. I viceré tuttavia non preferiscono essere inviati nelle Americhe, bensì in regni europei, in particolare nel più prestigioso: quello di Napoli. È vero che in America c’è maggior possibilità di corruzione, estrazione di risorse, vessazione, ma il prestigio di controllare un regno europeo è maggiore. Il regno di Napoli è vicino allo Stato pontificio, di cui è vassallo. Questa carriera può portare i viceré a diventare i futuri validos della corona di Spagna. Nascono però dei problemi in questo sistema dopo la guerra di successione spagnola. La monarchia spagnola comincia ad assegnare i ruoli di viceré in America a uomini di altri Paesi (il viceré del Perù è per esempio un napoletano). Questo rompe il rapporto fra Spagna e colonie americane. Quando la Francia di Napoleone invade la Spagna il sistema di controllo spagnolo crolla rapidamente. Lezione 28 23/05 Lezione col professor Domenico Maione. Alla conquista dei diritti: dalla rivoluzione americana all’età napoleonica Il Metropolitan Museum of Art di New York ospita il quadro ‘Washington Crossing the Delaware’ di Emanuel Leutze, 1851. La notte del 25 e 26 dicembre 1776 Washington attraversa tale fiume e conduce poi una vittoria nel New Jersey. La narrazione del quadro è mitologica e presenta elementi irrealistici come cavalli sproporzionatamente grandi o falsi storici (la bandiera), la posa innaturale e pensosa di Washington, uomo al comando con una visione progettuale mentre gli altri attorno si danno da fare. Delle tredici colonie protagoniste della rivoluzione americana il primo insediamento (1607) sorge lungo il fiume James, a Jamestown. Pochi dei fondatori sopravvivono ai primi anni, ma nel corso del tempo la colonia trova la ricchezza tramite il tabacco. Nel 1620 vede la luce la colonia del Massachussets, fondata dai padri pellegrini in dissenso con Giacomo I. Rhode Island è una colonia aperta alla tolleranza religiosa, così come la Pennsylvania (da William Penn). Nel 1664 New York (quando ancora si chiama Nuova Amsterdam) viene strappata agli olandesi. All’inizio del Settecento la popolazione complessiva è di circa 250.000 anime; nel 1775 sono oltre due milioni e mezzo di persone. Questa crescita è legata anche all’emigrazione dal vecchio continente. Motivo centrale è la possibilità di trovare opportunità di lavoro e terre da coltivare. Dal punto di vista economico le colonie più prestanti sono Virginia e New York. A nord l’economia si basa su esportazione di pellicce, legname, minerali. La proprietà contadina è ben sviluppata e si tratta di società aperte. Le colonie del sud invece si caratterizzano per la produzione di tabacco. Dal punto di vista commerciale le colonie sono legate alla madrepatria J. Godechot in ‘La grande nazione’ intorno alla metà degli anni ’50 propone una lettura del periodo rivoluzionario diversa da quella classica, ponendo l’accento sulle connessioni tra gli episodi rivoluzionari verificatisi lungo le due rive dell’atlantico. Egli punta il dito contro Mathieu. Evidenzia le somiglianze fa la costituzione francese e le costituzioni che si affermano in tutta Europa sotto le baionette rivoluzionarie. Di contro A. De Francesco in ‘Repubbliche atlantiche’ evidenzia il rischio di dilatare troppo i termini del discorso. I quaderni di doglianza sono registri compilati in occasione della convocazione degli Stati Generali per raccogliere su richiesta del sovrano le lamentele della popolazione. Un quaderno di doglianza datato marzo 1789 testimonia la richiesta di sopprimere le corvées, i diritti di caccia e di pesca, la bannalità di feudi, torchi e mulini. Gli eventi rivoluzionari francesi sono paradossalmente innescati dall’aristocrazia che rifiuta un pacchetto di misure fiscali preparate per far fronte al debito pubblico della corona. Si rende quindi necessario convocare gli Stati Generali (per la prima volta dopo 170 anni) col compito di approvare i provvedimenti. Vengono coinvolti tutti i cittadini di 25 anni o più che paghino un’imposta qualsiasi. Il 5 maggio 1789 il terzo stato si riunisce a Versailles. Precedentemente gli Stati Generali si dividevano in tre ordini: terzo stato (rappresentante il 98% della popolazione, molto composito), religiosi e nobili. I regolamenti elettorali non rendono possibile l’elezione di contadini e artigiani (principali promotori dell’abolizione dei diritti dei signori). Vengono eletti invece principalmente avvocati. Gli esordi politici del terzo stato riguardano alcune questioni procedurali. Esso si propone di fare la verifica dei poteri in comunione con gli altri due stati, ma ciò gli viene negato. Il 17 giugno 1789 allora si riunisce con la pretesa di rappresentare l’intera società francese, invitando chiunque volesse farne parte. La reazione è la chiusura della sala in cui si riuniscono. Il 20 giugno essi si riuniscono nella sala della pallacorda giurando di restare uniti finché non abbiano dato alla Francia una costituzione. Il licenziamento del direttore generale delle finanze genera delle sollevazioni popolari, a seguito delle quali si verifica la presa della Bastiglia, carcere politico in disuso. La rivoluzione intanto conquista città, sostituisce le amministrazioni. Le campagne vengono toccate da episodi particolari che Le Febvre ha inquadrato col tema della grande paura: in queste campagne, dove circolano le notizie degli episodi parigini, queste si uniscono a voci di complotti orditi dall’aristocrazia e dai signori locali, per cui le popolazioni in agitazione prendono possesso dei castelli locali. Il 4 agosto 1789 l’assemblea nazionale proclama l’abolizione della feudalità. I decreti del 5 e 11 agosto sopprimono tutti i diritti personali gravanti sull’individuo, ma i diritti federali (sulla terra) vengono dichiarati riscattabili. I contadini si oppongono al pagamento dei riscatti. Si arriva all’abolizione di questi diritti solo nel 1793. La dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino afferma le libertà di pensiero e opinione, ma non la libertà di coscienza (come sottolinea Mirabeau) per mantenere ancora il legame tra lo Stato e la religione cattolica. Il monarca Luigi XVI si risolve a lasciare la Francia e porsi sotto la protezione dell’Austria. Tra 20 e 21 giugno del 1791 prova a fuggire, ma viene fermato nei pressi di Varen, dove viene celebrato un funerale alla monarchia. Il sovrano firma la costituzione monarchico-costituzionale del 1791, per la quale il sovrano conserva l’esecutivo e ha veto delle leggi, nomina i ministri, ma i diritti politici vengono riconosciuti solo ai cittadini attivi con almeno tre giornate di imposta. I cittadini devono designare degli elettori che a loro volta eleggono i rappresentanti tra coloro che pagano almeno 10 giorni di imposta. Questa è di fatto una stretta ai diritti politici. Il 20 settembre 1792 l’avanzata prussiana viene fermata. Lo stesso giorno la Convenzione appena eletta si riunisce a Parigi. Il giorno dopo essa proclama la repubblica. La prima vittoria della montagna (i giacobini) contro la gironda è la condanna a morte del re (1793), grazie al sostegno dei sanculotti. Il 24 giugno 1793 viene approvata la costituzione giacobina, ispirata a principi radicali di democrazia: pone al primo posto l’uguaglianza giuridica; mentre il potere legislativo è assegnato a un’assemblea a suffragio universale maschile, l’esecutivo è affidato a 27 membri. La situazione bellica volge intanto al peggio. Il tentativo di arruolare gli uomini si traduce in una sollevazione popolare. In seguito a questi eventi la Convenzione decreta (10 ottobre 1793) l’inizio della dittatura del Comitato di Salute Pubblica, la cui guida è Robespierre. Il suo governo è in equilibrio fra le nozioni di virtù e terrore: questo significa l’eliminazione dell’opposizione politica (35.000-40.000 vittime). Egli stesso finisce sotto la ghigliottina il 9 termidoro anno II. Il potere legislativo viene diviso fra consiglio dei 500 (che propone leggi) e consiglio degli anziani (che approva o respinge le leggi). L’esecutivo è affidato a un direttorio di cinque membri, uno dei quali viene sostituito ogni anno. Col triennio repubblicano la penisola italiana grazie alla discesa dell’armata napoleonica (1796) sperimenta nuove forme di governo. Questo triennio è stato definito anche giacobino (oggi desueto), ma i giacobini italiani costituiscono una fazione minoritaria nell’ambito della cerchia repubblicana. Essi sono ‘illuministi passati all’azione’ (Cantimori). Essi sono favorevoli al coinvolgimento delle grandi masse, ma sono una minoranza politica. Nel 1796 vedono la luce le entità della futura repubblica cispadana. Napoleone ottiene il potere supremo a Bologna. La repubblica cispadana è inglobata nel ’97 dalla repubblica cisalpina insieme ad altre entità politiche sorte a Crema, Bergamo, Brescia. A Roma il biennio repubblicano si apre nel 1798; a Napoli la stagione repubblicana è più breve e dura solo sei mesi (gennaio – giugno 1799).