Scarica Storia Romana di Geraci - Marcone e più Sintesi del corso in PDF di Storia Romana solo su Docsity! Storia Romana (manuale Geraci e Marcone) Parte seconda Capitolo 3. La conquista dell’Italia Fonti: nel periodo tra V sec. a.C. – III sec. a.C. abbiamo diversi documenti. Documenti letterari: - Dionigi di Alicarnasso, eventi fino al 44 a.C. - Diodoro Siculo, nel libro XX - Livio, fino al 293 a.C. - Cassio Dione, libro III-X di cui abbiamo solo dei frammenti - Appiano di Alessandria, fino alla metà II sec. a.C. - Plutarco, scrive le biografie di Coriolano e Camillo - Polibio, nel libro II e III “storie” Documenti epigrafici: -Fasti trionfali, in età augustea - Laminette auree di Pyrgi, in lingua etrusca e fenicia risale al VI sec a.C. - Elogi sepolcrali della famiglia dei cornelii scipioni - L’elogium di Cn. Cornelio Scipione barbato Fonti archeologiche: - suolo dell’Italia, iscrizioni di difficile interpretazione. Lazio dopo la caduta della monarchia Roma controllava un territorio che si estendeva dal Tevere alla regione Pontina. Questo dato è confermato dal Trattato romano-cartaginese del 1° anno di repubblica dove Cartagine si impegna a non attaccare i territori soggetti a Roma. Tra VI e V sec questo equilibrio rischia di crollare perché la città latina approfittano di una crisi di Roma per affrancarsi in una lega. Alcuni cittadini degli stati membri però condividevano dei diritti: - Ius connubii, matrimonio tra cittadini di diverse comunità - Ius commercii, contratti legali - Ius migrationis, diritti civili estesi a chi prendeva la residenza. Questi diritti avevano un forte mobilità sociale ‘orizzontale. Battaglia del lago regillo e il Foedus Cassianum La lega latina risulta forte sconfiggendo Arrunte nella battaglia di Aricia. Dopo qualche anno, tentano di attaccare Roma con l’obiettivo di ristabilire la monarchia, la guerra fu suscitata da Ottavio Mamilio di Tusculo. La battaglia avvenuta nel 496 a.C. sul lago Regillo vede la vittoria di Roma con a capo Aulo Postumio Albo. Tra gli esiti dello scontro troviamo il trattato Cassiano, un accordo bilaterale per mantenere la pace che si può definire un’alleanza difensiva e di collaborazione. I diritti sopracitati risultano ancora validi tra i cittadini. Per consolidare le vittorie militare vengono fondate delle colonie miste, i cittadini dei nuovi centri erano romani, Latini e anche originari della località conquistata. Questo è ciò che avviane ad Anzio nel 467 a.C. quando i Volsci di affiancano a latini e romani. Queste colonie però vengono definite più correttamente come colonie latine. Nel 486 a.C. Roma stringe un’alleanza anche con gli Ernici (sud est di Roma), non è chiaro se in questo patto rientrava anche la lega latina. I conflitti con sabini, equi e volsci L’alleanza tra Roma – lega latina – Ernici risulta preziosa per fronteggiare la minaccia di tre popolazioni: sabini – Equi – Volsci che vengono dagli appennini. Il loro spostamento si può collocare in un moto più generale, quello delle popolazioni italiche osco-sabelliche. Questa migrazione avviene per la ricerca di luoghi fertili dove coltivare e vivere. Alcune tra queste popolazioni sono i Piceni, gli Irpini, i Lucani, i Bruzi, gli Apuli, i Sanniti. Le fonti testimoniano che durante il V secolo Roma si scontrò ripetutamente con queste popolazioni riuscendo comunque a resistere. La frequenza di questi scontri fu una delle cause della recessione economica di Roma. I Volsci iniziano la loro discesa alla fine del VI secolo, la popolazione occupa la pianura pontina e alcune città latine nella parte meridionale del Lazio. Si ricorda l’offensiva di Gneo Marcio Coriolano del 490-488 a.C. che minacciò addirittura Roma. Gli Equi conquistano la regione dei monti Prenestini e furono bloccati sui monti albani dove nel 458 a.C. Lucio Quinzio Cincinnato riesce a vincere con l’esercito romano. Nel 431 a.C. avviene un’altra vittoria romana contro gli eserciti di equi e volsci. I Sabini più a nord minacciano direttamente Roma. Le fonti registrano delle campagne condotte dai romani contro la Sabina riuscendo a conquistare dei territori. Sorgono così altre due tribù romane la Claudia e la Clustumina. Un’altra importante offensiva sabina fu quella comandata da Appio Erdonio nel 460 a.C che riuscì a conquistare il campidoglio, la vittoria durò poco perché i romani riuscirono a cacciarli. Il conflitto con Veio Roma deve fronteggiare da sola la forte città di Veio collocata a 15 km a nord da Roma. Veio è un’importante rivale nel controllo delle vie di comunicazione sul Tevere e per le saline. Lo scontro durerà lungo il V secolo a.C. per concludersi all’inizio del IV secolo a.C. possiamo dividere il conflitto in tre guerre: - Prima guerra (483-474 a.C.) i veienti occupano un avamposto sulla riva sinistra del tevere, la città di Fidene, Roma prova a reagire ma perderà la battaglia. - Seconda guerra (437-396 a.C.) i romani vendicano la sconfitta con Aulo Cornelio Cosso che uccise il tiranno di Veio, dunque occupano e distruggono Fidene. - Terza guerra (405-396 a.C.) per 10 anni i romani provano a conquistare la città di Veio, Livio racconta le operazioni in maniera mistica. Marco Furio Camillo riesce a privare i veienti della protezione di Gionone con una evocatio e la città venne conquistata e distrutta. Questa vittoria rappresenta una svolta, a causa del lungo tempo passato a combattere i soldati ricevettero una paga, stipendium, per assicurare il loro sostentamento e quello dei loro familiari. Per fronteggiare questa spesa fu introdotta una tassa, tributum (censitaria). Inoltre, la conquista di un ampio e fertile territorio permette in parte la distribuzione ai privati e in parte l’ager publicus. L’invasione gallica Dopo la conquista di Veio avanza la minaccia dei Galli su Roma. La datazione dell’invasione non è certa, gli storici hanno due ipotesi: - Livio data l’invasione su due ondate, la prima intorno alla metà del VI secolo a.C. che si dirige verso la Spagna, e la seconda ondata verso l’Italia. La prima ondata avrebbe battuto gli etruschi, fondato la tribù degli insubri e la città di Mediolanum (Milano). Successivamente si sarebbero estesi per tutta la pianura padana, infine, la tribù dei Senoni fino alle Marche. - Polibio invece data l’invasione (unica ondata) tra la fine del V secolo a.C. e i primi anni del IV secolo a.C. Gli studiosi definiscono la datazione di Livio più affidabile anche grazie al confronto con alcune testimonianze archeologiche ed epigrafiche. Inoltre, rifiutano l’idea dell’invasione violenta bensì credono si tratti di una lenta infiltrazione, questa teoria è chiamata ‘del farsi della celticità’ perché si fondono ai popoli insediati in precedenza. Nel 390 a.C. i Senoni guidati da Brenno invasero l’Italia centrale (si tratta di razzie), il primo obiettivo fu la città etrusca di Chiusi. Lì si trovavano tre ambasciatori romani che, andando contro lo ius gentium, intervengono in difesa dei chiusini. Questo affronto spinge i Celti a chiedere una riparazione da Nel 316 a.C. si riaccende il conflitto, i romani attaccano Saticula ma le operazioni risultano favorevoli ai Sanniti (vittoria a Lautulae). Negli anni successivi Roma cerca di recuperare terreno grazie alle strategie del senato. Saticula fu conquistata nel 315 a.C. insieme a Fregelle e altre colonie latine. Furono ristabilite le comunicazioni con la Campania grazie alla costruzione della via Appia tra Roma e Capua. In questi anni Roma riforma il suo esercito perché lo schieramento a falange non era efficace nei territori montuosi dei Sanniti. Dunque. La legione viene divisa in 30 manipoli ognuno di 120 uomini e schierata su tre linee: principes, hastati, triarii. In questo modo Roma riesce a battersi sia a sud contro i Sanniti che a nord contro una coalizione di Stati etruschi che attaccarono la colonia latina di Sutrium nel 311 a.C. L’esercito etrusco fu fermato e costretto alla resa nel 308 a.C. e i romani poterono occuparsi solo dei Sanniti. Roma vince la battaglia di Aquilonia e fu firmata la tregua nel 304 a.C. che portò al rinnovo dell’alleanza Roma-Sanniti del 354 a.C. Roma tornò in possesso di Fregelle e Cales, mentre ai confini Lazio-Campania nasce la tribù Teretina. Come conseguenza a questa vittoria, negli Appennini centrali alcune comunità vengono inglobate da Roma come gli Ernici (privati del diritto di voto), gli Equi (sterminati dai romani dopo l’ennesima rivolta, al loro posto nasce la tribù dell’Aniensis). Le popolazioni osco- sabelliche (Marsi, Peligni, Marrucini, Frentani, Vestini in Abruzzo) concludono dei trattati con Roma. La posizione di Roma fu consolidata dalla costruzione della Via Valeria nel 307 a.C. (prosecuzione della via Tiburtina) e dalle nuove tribù Alba Fucens e Carseoli. Alla fine della seconda guerra sannitica Roma è lo stato più forte della penisola italiana. La terza guerra sannitica Lo scontro si riapre nel 298 a.C. quando i Sanniti attaccano dei territori della Lucania, le comunità di questa zona erano schierate in parte con i romani e in parte con i sanniti, comunque i romani accorsero e riuscirono a concludere gli sconti con un trattato. Gellio Egnazio, capo dei sanniti crea una lega antiromana insieme a Etruschi, Galli e Umbri. Lo scontro tra Roma e questa coalizione avviene nel 295 a.C. a Sentino e viene ricordata come lo scontro più importante avvenuto fino ad allora. Gli eserciti dei due consoli Quinto Fabio Rulliano e Publio Decio Mure riescono a vincere sui Sanniti e sui Galli. I Sanniti tentano di resistere creando una nuova armata (Legio linteata) che fu massacrata dai romani nella battaglia di Aquilonia del 293 a.C., i sanniti furono costretti alla pace nel 290 a.C. A nord Umbri ed Etruschi concludono i trattati con Roma dopo la battaglia di Sentino nel 294 a.C., qualche anno più tardi i Galli tentano un attacco nell’Italia centrale ma furono bloccati e sconfitti nel 283 a.C. nella battaglia del lago Vadimone. Infine, nel 264 a.C. tutte le comunità di Etruria e Umbria erano socii di Roma. Ci verificarono delle ribellioni all’interno di queste comunità come nel caso di Volsinii nel 265 a.C. che fu distrutta completamente a testimonianza di come Roma poteva reagire per porre fine alle questioni interne. Verso l’adriatico nel 290 a.C. i romani sconfiggono i Sabini e i Pretuzzi nell’Abruzzo settentrionale, e in questo territorio sorgono nuove colonie come Hadria. Il territorio della Sabina porto notevoli vantaggi economici a Roma perché era un territorio molto fertile. Successivamente venne annesso anche il territorio dei Senoni, la regione era chiamata ager gallicus e vi fu fondata la colonia di Sena Gallica (nel 268 a.C. la colonia di Ariminum). I Piceni si trovano dunque circondati e tentano una guerra contro Roma nel 269 a.C. ma furono costretti alla resa, alcuni furono deportati a Salerno altri ricevettero la civitas sine suffragio, conservarono la loro autonomia. La conquista di Piceno fu consolidata nel 264 a.C. con la creazione della colonia a Fermo. I confini di Roma continuano ad ampliarsi. Il conflitto con Taranto Nel Mezzogiorno i Sanniti erano stati domati, i Lucani, i Bruzi e Taranto erano autonomi. Un nuovo motivo di tensione fu l’espansione delle popolazioni italiche verso le città greche della costa che decisero di difendersi in un’alleanza: la Lega italiota (Taranto era a capo). La lega non impedisce l’avanzata dei Lucani e dopo la morte di Archita (guida di Taranto) la lega si andò sfaldando perdendo potere. I tarantini chiesero aiuto alla madrepatria, Sparta, nel 342 a.C. Gli spartani inviano re Archidamo III che morì in battaglia. Nel 334 a.C. arrivò in soccorso Alessandro il Molosso, le prime operazioni contro Lucani e Bruzi avevano avuto successo ma anche lui morì nello scontro. Negli anni seguenti ai popoli italici si aggiunse la minaccia di Roma, Taranto richiede l’aiuto di Sparta e fu inviato Cleonimo che riuscì a firmare un trattato con i Lucani e con Roma (fissano i confini terreni e marittimi). I tarantini, stanchi di Cleonimo lo cacciarono, quest’ultimo approda nel territorio dei Veneti che lo fermarono e lo uccisero. Per ultimo, i Tarantini chiesero aiuto a Agatocle, tiranno e re di Siracusa che interviene contro i bruzi e gli Iapigi. La sua morte nel 289 a.C. priva i tarantini di un protettore. Nel 285-282 a.C. i Lucani minacciano la città di Turi, i turini richiedono l’aiuto di Roma che insedia una guarnigione nella città. Come gesto di sfida Roma invia una flotta nel golfo di Taranto e invia presidi nelle poleis greche del Mezzogiorno, con questo gesto Roma esprime la volontà di un ruolo egemone su italioti e nel meridione. Taranto non accetta l’occupazione dei romani e attacca la flotta e riprende Turi, questo atto fece scoppiare il conflitto. L’intervento di Pirro Taranto si trova costretta nuovamente a chiedere aiuto alla madrepatria, in loro soccorso arriva Pirro, re dei Molossi e capo della Lega epirotica. Grazie alle sue capacità di condottiero e alla sua efficace propaganda riesce a recuperare l’appoggio di tutte le potenze ellenistiche. Nel 280 a.C. Pirro sbarca in Italia con un esercito molto numeroso, Roma si trova costretta ad arruolare i capite censi (gli esentati dal servizio militare) ma non bastò e fu duramente sconfitta ad Eraclea. Questa disfatta mette in pericolo le conquiste di Roma, Lucani e Bruzi si uniscono a Pirro, idem le altre città greche e i Sanniti. Ciò nonostante, Pirro non riesce a chiudere il conflitto con una vittoria definitiva (tenta di suscitare una ribellione da parte degli etruschi) e intavola una pace con Roma. Le richieste furono durissime e il senato le declinò. Pirro rafforza l’esercito e minaccia nuovamente le colonie romane di Venosa e Luceria, lo scontro con l’esercito romano avvenne ad Ausculum nel 279 a.C. e fu Pirro a vincere. Il re non riusciva a concludere la guerra perché Roma sembrava inespugnabile e intanto i rapporti con i suoi alleati andavano a deteriorarsi a causa delle forti richieste finanziarie. La svolta avviene quando Siracusa chiede aiuto a Pirro per affrontare i Cartaginesi in Sicilia. Pirro ha due motivi per agire: la ricchezza dell’isola e la coerenza della sua propaganda, dunque accetta. Nel 279 a.C. Roma e Cartagine avevano stretto un’alleanza militare contro il loro nemico comune, secondo le testimonianze di Polibio. Inizialmente Pirro colleziona numerose vittorie costringendo i cartaginesi a rifugiarsi a Lilibeo (rifornita via mare poteva resistere per lungo tempo), la situazione si dimostra statica e Pirro decide di attaccare con la sua flotta la costa africana ma il tentativo fallì. I romani intanto avevano guadagnato terreno e Pirro fu costretto a risalire l’Italia in soccorso ai suoi alleati. La situazione economica di Pirro era tragica, fu costretto a tassare notevolmente Taranto e le altre città greche e a saccheggiare i templi (atto offensivo), atto che fece cambiare la sua opinione ai sudditi. Lo scontro decisivo con Roma avvenne nel 275 a.C., l’esercito romano è capitanato da Manio Curio Dentato e l’esercito di Pirro si dà alla fuga. Pirro accetta la sconfitta e torna in patria (Epiro) dove morì nel 272 a.C. nello stesso anno Taranto si arrese a Roma. La vittoria romana fu completata gradualmente con l’annessione dei territori del Salento, delle città greche e di Reggio. I lucani dovettero cedere l’area in cui sorgerà Paestum nel 273 a.C., i Bruzi il territorio montuosa della Sila, la lega dei Sanniti venne sciolta e in qui territori sorgeranno Beneventum e Aesernia. Nel 267-266 a.C. i romani si occupano della Puglia meridionale dove fondano Brundisium nel 244 a.C. La vittoria su Pirro fu importante su diversi piani: storiografico perché Roma viene citata dagli storici greci, diplomatico perché il re d’Egitto invia a Roma un’ambasceria per stringere amicizia. Il dibattito sul concetto di romanizzazione Con “romanizzazione” intendiamo il processo di uniformazione ai modelli romani dei territori acquisiti da Roma e dunque dei popoli sotto il profilo giuridico, istituzionale, socioeconomico e culturale. In realtà è un concetto molto più complesso che andrebbe differenziato su diverse categorie, ma per comodità si utilizza questo termine generale. Capitolo 4. La conquista del mediterraneo Le fonti Numerose sono le fonti letterarie a partire da Polibio di Megalopoli nel 264 a.C., periodo della prima guerra punica. Dal 218 a.C. anche Livio, poi Pompeo Trogo, Cassio Dione. Paolo Orosio negli ultimi decenni del IV secolo a.C., Floro tra I secolo d.C. e II secolo d.C. Accanto a queste fonti narrative è necessario citare anche fonti biografiche: Cornelio Nepote e Plutarco. Questi autori attinsero alle fonti storiografiche degli annalisti e di storici come Sileno di Calatte e Sosilo di Sparta, Pomponio e Cicerone. Altri esponenti della letteratura antiquaria come Macrobio. Abbiamo testimonianze relative ai trattati militari, ad esempio, “stratagemmi” di fine I secolo d.C. In questo periodo accresce la produzione di documentazione epigrafica, come il trattato stretto tra i Romani e la Lega etolica (I guerra macedonica), rilevante è la produzione in latino come l’elogio di C. Duilio inciso su una colonna in età augustea. Il contrasto tra Roma e Cartagine Nel 264 a.C. Roma controlla tutta la penisola italiana fino allo stretto di Messina, causa di uno scontro tra i cartaginesi. La situazione precipita quando i Mamertini (mercenari italici) prendono Messina, i Siracusani reagiscono e un esercito con a capo Ierone colpisce i Mamertini e marcia verso Messina. Quest’ultimi strinsero un accordo con i Punici e accolsero l’aiuto di una flotta di Cartaginesi. I Siracusani sono costretti a ritirarsi. I Mamertini si stancarono presto della tutela dei Cartaginesi e chiedono aiuto a Roma. A Roma si apre un dibattito sull’agire o meno: attaccare significava violare l’alleanza con Cartagine, ma lasciare Messina ai Cartaginesi era una minaccia alla penisola appena conquistata. Cartagine è al centro di un vasto impero formato da comunità alleate e altre soggette al loro dominio. Avevano un regime oligarchico, il comando militare era separato dal potere politico. Grazie ai mezzi finanziari potevano schierare numerosi eserciti e potenti flotte. Non è chiaro dalle fonti se l’intervento in Sicilia da parte dei romani abbia violato dei patti: - Secondo il trattato di Filino è stata una violazione di una clausola dell’alleanza Roma- Cartagine. - Polibio sostiene la non esistenza di questa clausola. Nonostante ciò, è probabile che ci fosse un accordo sui confini che Roma non abbia rispettato. Roma deciderà di aiutare i Mamertini per motivazioni economiche, poiché la Sicilia era considerata un territorio molto ricco. Le operazioni della prima guerra punica L’attraversamento dello stretto da parte dell’esercito romano di Appio Claudio Caudice diede inizio alla prima guerra punica (264-241 a.C.). come prima cosa il presidio cartaginese lasciò Messina senza combattere, i romani affrontarono comunque cartaginesi e siracusani. Quest’ultimi nel 263 a.C., capitanati da re Ierone decidono di allearsi con i romani perché La definitiva conquista dell’Italia settentrionale aprì la distribuzione di terre fertili ai cittadini romani, inizia un periodo di migrazioni interne e di fondazione di nuove colonie. Nel 191 a.C. vengono fondate le colonie di Placentia e Cremona, nel 189 a.C. Bonomia, nel 183 a.C. Mutina e Parma che segnano una svolta negli insediamenti di cittadini romani di pieno diritto. La forma urbana era diversa dalle vecchie coloniae civium romanorum. Nel 181 a.C. viene fondata la colonia di Aquileia. A sud degli appennini la colonia di Luca nel 180 a.C. e di Luna nel 177 a.C. Per l’organizzazione e il consolidamento delle conquiste Roma procede alla costruzione di una rete stradale iniziata nel 220 a.C. con la Via Flaminia (Roma-Rimini), la via Emilia nel 187 a.C. (Rimini-piacenza), Via Postumia nel 148 a.C. (Genova-Aquileia) e verso la metà del II secolo la via Annia o Popilia (Rimini-Aquileia). I Cartaginesi in Spagna e i prodromi della seconda guerra punica Cartagine cerca di affermarsi nella penisola iberica, per ora limitata alla costa sud-orientale (Gades). La conquista fu affidata alla famiglia Barca (AsdrubaleAmilcareAnnibale), la loro avanzata preoccupò la città di Marsiglia, alleata di Roma che nel 226 a.C. concluse un trattato con Asdrubale (e ambasceria del senato) secondo cui l’esercito cartaginese non doveva superare il fiume Ebro. Un elemento di contrasto fu il trattato tra Roma e la città iberica di Sagunto a sud dell’Ebro. Ma il rancore dei Cartaginesi parte dalla sconfitta del 241 a.C. La seconda guerra punica I successi di Annibale: La presa di Sagunto da parte di Annibale fece scoppiare il conflitto, Roma non fece in tempo ad intervenire e i cartaginesi riescono ad espugnare la città. Il piano di Annibale era quello di attaccare la penisola via terra, cercando di staccare a Roma i suoi alleati. Iniziò l’attacco nel 218 a.C., l’esercito riesce ad attraversare i Pirenei e ad evitare lo scontro con l’esercito di Publio Cornelio Scipione, arrivarono anche alle Alpi e riuscirono ad attraversale nonostante le numerose perdite per il clima avverso. Riescono ad assicurarsi l’alleanza con i Boi e gli Insubri. Il primo vero scontro fu sul fiume Trebbia dove Annibale vinse contro Scipione e Tiberio Sempronio Longo. L’anno dopo Annibale riesce a vincere anche sul lago Trasimeno contro l’esercito di Caio Flaminio. La minaccia cartaginese si avvicina a Roma e dunque inizia la magistratura straordinario di Quinto Fabio Massimo (dittatore per 6 mesi, chiamato il temporeggiatore). La sua strategia era quella di isolare i cartaginesi dai loro possibili rinforzi e costringerli alla resa, ma questa strategia avrebbe permesso la distruzione del territorio italico, per risolvere questa situazione Fabio Massimo fu affiancato dal suo magister equitium Marco Minucio Rufo che decide di reagire attivamente ai cartaginesi. Nel 216 a.C. Roma organizza una controffensiva con gli eserciti di Caio Terenzio Varrone e Lucio Emilio Paolo a Canne (Puglia), ma Annibale riesce a vincere. La battaglia di Canne è famosa per la strategia di accerchiamento messa in pratica dai cartaginesi (numero minore) contro i romani. Inoltre, questa battaglia mise in atto il piano di disgregazione di Annibale secondo cui il popolo era dalla parte dei cartaginesi e gli aristocratici appoggiavano ancora Roma. Secondo alcuni studi è più probabile che Annibale abbia offerto ad ognuna città delle proposte diverse. Dopo questa sconfitta di Roma molte comunità meridionali passano dalla parte di Cartagine: Sanniti, Lucani, Bruzi, città di Arpi, alcune poleis della Magna Grecia (Metaponto, Turii, Crotone, Locri). Nel 215 a.C. Ierone di Siracusa morì, al suo posto salì al trono Ieronimo che decide di schierarsi con Cartagine, nello stesso anno si venne a sapere di un’alleanza tra i cartaginesi e Filippo V di Macedonia, per il dominio dell’Adriatico. La ripresa di Roma e la vittoria: la guerra sembrava perduta per Roma, ma anche in difficoltà riesce a ribaltare la situazione. Decisiva fu la fedeltà dell’Italia centrale a Roma, e la parziale fedeltà dell’Italia meridionale che non si schierò completamente con Annibale. Ad esempio, Reggio rimane fedele a Roma perché alcuni popoli a loro ostili erano passati dalla parte dei Cartaginesi. Ad Arpi (Puglia) tra 214 e 213 a.C. era divisa in due fazioni: quella popolare si era schierata con Cartagine, l’aristocrazia rimane fedele a Roma. A Taranto nel 212 a.C. un piccolo presidio romano impedisce lo sbarco degli aiuti cartaginesi per Annibale. Il ritorno alla strategia di temporeggiamento aiutò Roma a riguadagnare alcuni territori e a organizzarsi per combattere (arruolamenti straordinari degli schiavi). Nel 211 a.C. Capua venne riconquistata dai Romani. In Sicilia Marco Claudio Marcello riesce a conquistare Siracusa nel 212 a.C., questo impone il controllo romano su tutta l’isola. Nell’Adriatico una flotta romana impedisce attacchi da parte di Filippo V anche grazie all’aiuto della lega etolica, dunque, viene firmata la pace di Fenice del 205 a.C. La svolta decisiva avvenne in Spagna quando i fratelli Scipione (Publio Cornelio e Cneo) riuscirono ad impedire l’arrivo di aiuti ad Annibale, nel 211 a.C. i due fratelli vennero sconfitti ed uccisi, al loro posto verrà nominato il figlio Publio Cornelio Scipione detto l’Africano. Asdrubale riuscì ad attraversare l’esercito di Scipione ma venne arrestato dagli eserciti di Marco Livio Salinatore e Caio Claudio Nerone sul fiume Metauro nel 207 a.C. Intanto, Scipione affronta gli eserciti cartaginesi in Spagna nella battaglia di Ilipa nel 206 a.C. Scipione nel 205 a.C. fu eletto console e iniziò i preparativi per l’invasione dell’Africa, intanto Annibale si ritira nei pressi di Crotone. Fondamentale per la riuscita dell’operazione fu l’alleanza con la tribù numida dei Massili (Massinissa). Lo sbarco avvenne nel 204 a.C., Roma vinse la battaglia dei Campi Magni. Le trattative di pace non hanno avuto esito a causa delle condizioni troppo dure di Scipione, intanto Annibale torna a Cartagine nel 203 a.C. La battaglia finale si svolse nel 202 a.C. a Zama che si concluse con la vittoria dei romani. La pace venne siglata nel 201 a.C. e prevede: consegna della flotta, pagamento di un’indennità, cedere i territori esterni all’Africa (Spagna), il riconoscimento del regno di Numidia governato da Massinissa (re cliente, riconosciuto come reges socii et amici populi romani) legato a Roma e la limitazione in politica estera. L’eredità di Annibale: la strategia di Annibale di disgregare il territorio ha come conseguenza che Roma afferma in maniera più rigida e diretta il controllo sue queste comunità. Questa nuova politica è stata messa in atto già nel 204 a.C., quando 12 colonie non hanno abbastanza uomini da fornire a Roma per la guerra (209 a.C.) e Roma decide di punirli imponendo un contingente e un tributo ancora più alto. Capua fu punita più di tutte, fu privata dagli organi di autogoverno, l’ager campanus fu sequestrato. Punizione simile spetta anche ai territori del Sannio, dell’Apulia, della Lucania e del Bruzio che diventano ager publicus di Roma. Parte di questi territori demaniali rimase indivisa, ma nel II secolo a.C. queste terre saranno soggetto di trasformazioni significative in agricoltura. Altre aree subiscono l’impianto di cittadini romani, altre vedono la nascita di nuove colonie dal 197-192 a.C.: Volturnum, Liternum, Puteoli, Sipontum, Salernum, Buxentum, Tempsa poi Copia e Valentia. L’obiettivo delle colonie era quello di creare dei capisaldi per il controllo delle popolazioni italiche. Alcune risultarono disabitate altre divennero importantissime per il commercio come Puteoli (pozzuoli) e Copia e Valentia. Sul piano economico e sociale è importante la crisi dei piccoli e medi proprietari terrieri che erano la maggioranza della popolazione. Questa crisi ha diverse motivazioni: 1. Perdite umane durante la guerra, 2. Distruzioni materiali dei campi a causa delle battaglie, 3. Incuria dei terreni, 4. Confische e riduzioni alla condizione di ager publicus. Gli sviluppi del II secolo a.C. peggiorano la crisi dell’ambiente contadino, i motivi: 1. I contadini-soldati erano sempre chiamati a partecipare alle campagne militari, 2. Fenomeno dell’inurbamento (crescita demografica delle città), 3. Classe dirigente senatoria che investe sulla terra (219 a.C. plebiscito di Quinto Claudio per limitare l’esercizio dei commerci marittimi). Nelle tenute dell’élite lavoravano numerosi schiavi che consentono oltre alla produzione cerealicola anche coltivazioni intensive (ulivo, vite) destinati al commercio. Si afferma il modello economico della villa reso paradigmatico da de agri cultura di Catone. Nelle zone collinari e montuose, intanto, si afferma l’allevamento di ovini sempre grazie agli schiavi. Questo sviluppo fu ovviamente graduale e non omogeneo. La seconda guerra macedonica Roma si impegnò nel conflitto contro Filippo V di Macedonia a sostegno degli Stati greci con cui aveva una rete di relazioni (lega etolica, regno di Pergamo e Atene). Lo sforzo militare era concentrato ad Oriente ma comunque Roma dovette intervenire. Filippo V attacca dunque delle città della lega etolica e con Pergamo e Rodi al largo di Chio e fu sconfitto. La rivalsa arriva poco dopo la vittoria di Lade. Dunque, lo scontro inizia nel 201 a.C. A Roma dopo un dibattito si decise di intervenire (i comizi centuriati cambiano idea sulla pace) mandando un ultimatum a Filippo V (atto sicuramente propagandistico per Roma) che ovviamente rifiutò. Roma però guadagnò il sostegno di alcuni stati come Atene. Alla fine del 200 a.C. l’esercito romano sbarca ad Apollonia, negli stessi anni si aggiunse alla coalizione antimacedone la Lega etolica. Nel 198 a.C. avviene la svolta: Tito Quinzio Flaminio diventa comandante delle truppe e raggiunge successi anche sul piano diplomatico, chiese ai macedoni la Tessaglia, richiesta che sarà rifiutata ma che sarà d’impatto per gli stati greci che si schierarono con Roma, persino la lega achea. Nello stesso anno Filippo V avrà in mano pochi territori e decide di intavolare dei trattati di pace interrotti da Flaminio. Il comandante annienta l’esercito macedone nella battaglia di Cinocefale in Tessaglia e Filippo V sarà costretto ad accettare le condizioni della pace (pagamento indennità, consegna della flotta e ritiro delle truppe). Potrà mantenere il suo regno in Macedonia, scelta che vedrà contrari gli Etoli (vecchi nemici romani). Nel 196 a.C. in occasione dei giochi istmici Flaminio proclama la libertà e l’autonomia degli stati greci. Nel 195 a.C. Roma combatte contro re Nabide di Sparta per la città di Argo, l’intervento di Roma fu necessario a non sconvolgere gli equilibri della Grecia. Nel 194 a.C. l’esercito romano lascia la Grecia. La guerra siriaca Negli stessi anni della guerra macedone Roma stava portando avanti delle trattative con il re di Siria Antioco III con cui si era venuta a creare una sorta di guerra fredda. Antioco approfitta della debolezza dell’Egitto e della Macedonia per estendere i confini alle città greche della costa occidentale dell’Asia minore (Lampsaco e Smirne), città che chiesero aiuto a Roma. Antioco avanza pretese sulla costa della Tracia, Roma chiede la cessazione degli attacchi ma la richiesta viene rifiutata dal regno di Siria. Intanto Roma preferisce lasciare un presidio in Grecia, scelta che provocò il malcontento della lega etolica. La guerra fredda si trascinò fino al 192 a.C. quando la lega etolica chiede ad Antioco di intervenire contro Roma, gli unici aiuti che riceverà la Siria saranno quelli degli Etoli, mentre la lega achea e Filippo rispettano i patti con Roma. Questa inferiorità numerica condannò Antioco alla sconfitta nella battaglia delle Termopili e la fuga in Asia minore. Nel 190 a.C. fu console Lucio Cornelio Scipione, affiancato da Publio Cornelio Scipione Africano che diedero ordine all’esercito di attaccare la Siria, sia da terra che da mare, Roma collezionò numerose vittorie: Capo Corico, Campo Mionneso e Magnesia al Sipilo (definitiva). La pace fu firmata nel 188 a.C. da parte romana a opera di Cneo Manlio Vulsone che intanto aveva intrapreso una campagna contro le tribù celtiche dell’Anatolia centrale i Galati. Con la pace di Apamea Roma non aveva voglia di impegnarsi in altri scontri, Antioco sarà costretto a pagare un’indennità di guerra, affondare la flotta, consegnare i nemici di Roma, liberare i territori a ovest e a nord del Tauro. I territori conquistati furono consegnati a alcuni alleati di Roma: re di Pergamo Eumene II e la repubblica di Rodi, mentre le città greche della costa ottennero l’autonomia. La potenza della lega etolica fu ridimensionata e costretta all’impotenza, Roma conferma la sua politica di controllo in Grecia. Le tensioni politiche dei primi decenni del II secolo a.C. Oltre alle grandi vittorie e ai nuovi territori acquisiti, Roma dovrà affrontare anche dei cambiamenti politici interni. Uno di essi è il processo degli Scipioni, entrambi (Lucio e Scipione l’Africano) furono accusati di frode ai danni dello stato, si supponeva che avessero trattenuto per interessi personali parte dell’indennità di guerra della Siria. Lucio non fu accusato solo grazie al veto di uno dei tribuni della plebe mentre, Scipione l’Africano, offeso, si reca in esilio politico. Questo processo era ispirato alla figura di Marco Porcio Catone che mira attacchi contro l’individualismo che rischiava di mettere in pericolo la gestione della politica da parte della nobilitas. Come seconda motivazione troviamo la legge Villia promulgata nel 180 a.C. che introdusse un’età minima per la magistratura e l’intervallo di un biennio tra una carica all’altra. Sulle trattazioni monografiche troviamo la Guerra giugurtina di Sallustio Crispo, quest’ultimo intraprese la carriera politica e si schierò dalla parte della fazione popolare, la stessa di Cesare, infatti è un suo sostenitore. Dopo la vittoria di Cesare sarà reintegrato alla vita politica e fu assegnato alla provincia Africa Nova. Dopo l’uccisione di Cesare (44 a.C.) si ritira dalla vita politica. Tra le altre fonti troviamo gli scritti di Cicerone che conobbe personaggi di quel periodo e che cita all’interno dei dialoghi filosofici, politici e nei trattati retorici. Altri riferimenti diretti sono i cippi confinari iscritti, militari e le iscrizioni frammentarie per comprendere la distribuzione delle terre dopo i Gracchi. Ad esempio, Sententia Minuciorum (o tavola di Polcevera), Tabula Contrebiensis, dalla Spagna la Deditio di Alcàntare, Tabula bantina. Importanti sono i vari decreti, la lex parieti faciundo ecc. abbondante è la documentazione epigrafica in lingua greca, i decreti onorari, le iscrizioni, i dossier con le controversie tra città ecc. L’età dei Gracchi (133-121 a.C.): una svolta epocale? Grazie alla tradizione storiografica aristocratica (in polemica contro il tribunato della plebe) si identifica la degenerazione dello Stato romano nell’età dei Gracchi che non si fonda più sul rispetto della tradizione. La datazione è schematizzata ma in questo periodo avvengono dei fenomeni drammatici e connessi tra loro. Mutamento degli equilibri sociali La guerra annibalica aveva indebolito Roma a livello economico (finanziamento campagne militari e devastazione del territorio) ma le conquiste esterne avevano compensato il deficit (nuove ricchezze, nuovi mercati, schiavi, nuove idee greche). Gli indennizzi fanno confluire a Roma notevoli capitali che modificano l’assetto sociale. Per prima cosa i nuovi beni diedero l’impulso all’attività di sfruttamento e di opere pubbliche (appalto ai privati). Secondo punto, i romani e gli italici vengono introdotti nel grande commercio. I negotiatores sono coloro che si istallano nelle nuove province, essi esercitavano anche professioni bancarie. I senatori fanno fortuna con la costruzione di strade e porti. Ma un’altra categoria in ascesa sono gli equites, appartenenti alle 18 centurie equestri il cui livello di censo (400'000 sesterzi) permetteva l’accesso al senato, sono compresi parenti dei senatori, ricchi proprietari terrieri, pubblicani e uomini d’affari. Esclusi dalle cariche pubbliche potevano far parte dal 149 a.C. del tribunale permanente. I continui rapporti con l’oriente comportano la diffusione dell’ellenismo a Roma/in Italia, le nutrici o gli schiavi delle famiglie facoltose erano greci che si occupavano dell’educazione dei figli o dell’amministrazione delle proprietà dei padroni. Crisi della piccola proprietà fondiaria e inurbamento Lo sviluppo del commercio modifica la fisionomia dell’agricoltura italica, ecco comporta la manodopera servile, l’importazione di materie prime e la spinta verso colture più speculative. Ciò comporta la rovina dei piccoli proprietari dediti all’autosussistenza che si vedono costretti a vendere la proprietà e a spostarsi verso i centri urbani in cerca di lavoro. La nuova organizzazione fondiaria indirizza l’agricoltura ad un fine commerciale che i piccoli proprietari non potevano reggere. Roma inizia a crescere, la massa urbana diventa sempre più consistente inizia la trasformazione in grande metropoli e tutti i problemi che essa può comportare. Rivolte servili Con la nascita di grandi tenute agricole e dei territori destinati al pascolo in cui lavoravano solo schiavi, si creano i presupposti per delle rivolte servili. La zona maggiormente soggetta fu la Sicilia in cui scoppiarono rivolte nel 140-132 a.C. e nel 104-100 a.C., queste rivolte causarono molti disagi a causa della guerriglia con forme di banditismo, della conformazione del territorio e della sottovalutazione del fenomeno da parte di Roma. La prima scoppiò ad Enna, capitanata da Euno, la seconda ad Agrigento con Cleone. Roma fu costretta a inviare tre consoli ma solo Publio Rupilio riuscì a domare le rivolte con molta violenza nel 132 a.C., sempre Rupilio si occupò della riorganizzazione del territorio e formulò degli ordinamenti, la lex rupilia. Due fazioni dell’aristocrazia: optimates e populares I mutamenti sociali si ripercuotono anche all’interno della nobilitas: - Optimates : o boni, richiamano la tradizione degli avi, politica ispirata ai buoni principi, sostengono l’autorità e il senato. - Populares : sono i difensori dei diritti del popolo, approvazione di tre leggi tabellarie (espressione scritta del voto), esse sono ‘lex gabina tabellaria’, ‘lex cassia tabellaria’, ‘lex papiria tabellaria’. La questione dell’ager publicus e il tentativo di riforma agraria di Caio Lelio Con le guerre di conquista aumenta anche l’ager publicus a disposizione. Le parti erano concesse ai privati a titolo di occupatio, l’utilizzo era garantito con il pagamento minimo di un canone, vectigal. Con la crisi, l’age publicus, viene assegnato sempre di più ai ricchi proprietari terrieri a discapito dei piccoli proprietari. Era necessaria una legge che limitasse questa occupazione, fu proposta da Caio Lelio ma mai approvata a causa dell’opposizione dei senatori. Tiberio Gracco Membro della nobilitas, nell’anno 133 a.C. (tribunato della plebe) propone una riforma agraria che potesse limitare la distribuzione di ager publicus. La sua proposta di legge consisteva del fissare l’occupazione di terreno pubblico ad un numero stabilito. Un collegio di triumviri: Tiberio, Caio Gracco e Appio Claudio Pulcro (princeps) si sarebbero occupato della distribuzione delle terre ai poveri proprietari. Lo scopo della legge, oltre che quello personale di consensi, era quello di ricostruire il ceto medio-basso di proprietari terrieri che garantivano la leva militare. Nonostante le buone intenzioni della riforma, i grandi proprietari si sentono espropriati di una proprietà che considerano loro, dunque sorgono delle opposizioni. Il tribuno della plebe Marco Ottaviano pone il suo veto sulla legge impedendone l’approvazione, più di una volta. Con il ripetersi della situazione Gracco lo accusa di non svolgere a dovere il compito per cui era stato nominato, dunque, viene deposto e la legge Sempronia viene approvata. L’opposizione non si placò e Gracco intende ricandidarsi al tribunato per evitarne la revoca, questo gesto è stato visto come una brama di potere personale. Gli avversari guidati da Publio Cornelio Scipione Nasica lo assalirono e lo uccisero. Da Tiberio a Caio Gracco: la commissione agraria, Scipione Emiliano e gli alleati latini e italici Dopo la morte di Tiberio la commissione triumvirale viene rinnovata, le testimonianze ci arrivano da cippi graccani nel Piceno, in Campania, in Lucania. Il malcontento delle aristocrazie italiche e latine cresce, poiché si ritrovano a dover restituire dei territori a beneficio dei romani. Il portavoce delle proteste fu Scipione Emiliano, morto improvvisamente, sostituito da Fulvio Flacco console nel 125 a.C. che propose agli alleati di prendere la cittadinanza romana per ottenere le terre. L’opposizione a questa proposta fu molto vasta. Un sintomo di irritazione degli alleati furono le rivolte scoppiate ad Asculum che furono represse con molta violenza. Caio Gracco Nel 123 a.C. fu eletto tribuno della plebe Caio Gracco (due mandati) che ampliò la precedente riforma agraria del fratello. Caio propose l’istituzione di nuove colonie in Italia e nel territorio cartaginese. La nuova legge frumentaria aveva l’obiettivo di calmare il mercato ed evitare le speculazioni, assicura una quota di grano mensile a tutti i cittadini romani. Vennero costruiti dei granai pubblici, e questa presenza dello Stato è evidente anche nel caso degli annona. Gli annona erano il rifornimento dei beni essenziali necessari alla città. Il compito spettava in parte agli edili (sorveglianza dei mercati) la testimonianza ci arriva dall’iscrizione di Larissa, l’epigrafe documenta una crisi annonaria. Con una legge giudiziaria Caio limita il potere del senato in questo campo integrando dei cavalieri nell’albo dei giudici. I senatori-governatori sarebbero stati giudicati dai rappresentanti di quei cavalieri che vincevano gli appalti. Altro provvedimento di tutta l’età repubblicana era la scelta del senato prima delle elezioni consolari delle province per non avere preferenze. Per gli alleati Caio propone l’estensione ai Latini della cittadinanza romana e agli italici la cittadinanza di diritto latino ma suscita notevoli opposizioni e non sarà approvato. L’oligarchia senatoria si sente minacciata e punta sul veto di un tribuno della plebe, Marco Livio Druso che fece delle proposte impossibili, quando Caio nel 122 a.C. tornato a Roma si rende conto che la situazione politica è drasticamente cambiata e la sua popolarità è in declino, non verrà rieletto. La colonia cartaginese doveva essere revocata per presagi funesti e nonostante l’opposizione di Caio e Fulvio Flacco scoppiano dei disordini gravi e il senato fece ricorso al senatus consultum ultimum affidando ai consoli il compito di sistemare le cose. I consoli decisero nell’eliminazione dei sostenitori di caio e la morte dei due uomini politici. Progressivo smantellamento della riforma agraria I sostenitori dei Gracchi vengono perseguitati ma nel 120 a.C. mettono in stato d’accusa Lucio Opimio e la legittimità del senatus consultum ultimum. Opimio fu assolto e le riforme dei Gracchi non furono abolite ma mitigate nel tempo. Nel 121 a.C. i lotti furono dichiarati alienabili, nel 119 a.C. non vennero più assegnate nuove terre, la commissione agraria fu abolita e infine nel 111 a.C. una legge sopprime il tributo e le terre diventarono una proprietà privata. Province, espansionismo e nuovi mercati: Asia, Gallia, Baleari, Dalmazia danubiana Prima del 133 a.C. le province romane sono: Sicilia, Sardegna, Corsica, Spagna Citeriore e Spagna Ulteriore, Macedonia e Africa. Si trattava di assumere la gestione diretta di un territorio, le nuove terre erano soggette a diverse condizioni come un magistrato nuovo affiancato ad una commissione senatoria decemvirale che fissava le line generali di riferimento indicate (erroneamente) come lex provinciae. La redactio in formam provinciae faceva riferimento alla formula provincia, un prospetto ufficiale e dettagliato del territorio (es: lex rupilia in sicilia). Nel 133 a.C. il re di Pergamo Attalo III morì e lasciò i territori ai romani ma Eumene III (Aristonico) guidò una rivolta contro questa scelta, si rivolse alle popolazioni interne promettendo condizioni di vita migliori. Approfittando dell’impegno bellico romano in altre zone (Numanzia, Sicilia, ecc.) il compito di fermarlo fu affidato ai re alleati di Roma, dalle poleis e dalle comunità locali. Le forze associate riescono a resistere alle rivolte e con l’arrivo di Marco Perperna riescono a vincere. Chi stronza definitivamente la ribellione fu Manio Aquilio nel 129 a.C. che riorganizzò nuovamente in territorio, in questo modo Roma si assicura il dominio nella penisola anatolica. La Gallia meridionale attira l’attenzione dei romani che aiutano l’alleata Marsiglia contro le tribù celto-liguri e galliche. Nel 123 a.C. Caio Sestio Calvino fondò il centro di Aquae Sixtiae, nel 122 a.C. Cneo Domizio Enobarbo e Quinto Fabio Massimo vincono contro Allobrogi e Arverni e fondano la nuova provincia narbonese. Sempre nel 123 a.C. furono conquistate le Baleari da Quinto Cecilio Metello, le isole fecero parte della Spagna Citeriore. Intanto in Dalmazia continuano gli scontri contro le tribù illiriche che terminarono nel 119 a.C. con la vittoria di Lucio Cecilio Metello e nel 114 a.C. Marco Minucio Rufo vince e sottomette gli Scordisci in Grecia. I commercianti italici e l’Africa; Giugurta; Caio Mario comuni anche se i loro scopi erano diversi: chi voleva l’autonomia e il distacco da Roma e chi voleva la cittadinanza romana. Nel 90 a.C. i due consoli Lucio Giulio Cesare e Publio Rutilio Lupo si dividono i territori da fronteggiare, a meridione Cesare a settentrione Lupo (che sarà ucciso, al suo posto va Mario). Nel 90 a.C. Roma cerca una soluzione politica al conflitto con delle leggi: lex Iulia de civitate (cittadinanza agli alleati fedeli), lex Plautia Papiria (cittadinanza a chi depone le armi), lex pompeia. La rivolta viene circoscritta ma non si arresta (morirà Catone dell’89). I successi romani si devono a Cneo Pompeo Strabone e a Lucio Cornelio Silla. Con la concessione di cittadinanza a tutta l’Italia si inaugura un processo di unificazione politica dell’Italia, ciò ha ripercussioni nella costituzione del corpo civico e nella vita della città, Roma infatti, sta diventando una metropoli cosmopolita poiché gli italici riescono ad ottenere l’ingresso al senato e alle magistrature. Capitolo 2. I primi grandi scontri tra fazioni in armi Le fonti Le due fonti principali sono “le guerre mitridatiche” e “Guerre civili” di Appiano, a seguire troviamo le testimonianze di Plutarco, Velleio Patercolo, Livio, Cassio Dione, Diodoro Siculo e le Verrine di Cicerone. Sulla prima guerra mitridatica abbiamo testi dello storico greco Memnone di Eraclea, poi le opere di Granio Liciniano sul periodo 87-79 a.C. Interessante è la lettera di Mitridate al re dei Parti Arsace dove accusa i romani di slealtà e brama di espansionismo. Altri riferimenti a questo periodo sono presenti nella Geografia di Strabone. Per la documentazione epigrafica si ricorda la Legge osca della Tabula Bantina la cui datazione è ancora oggetto di discussione. Al periodo di municipalizzazione appartiene la lex municipii Tarentini. In lingua greca abbiamo documenti ufficiali di Silla e Mitridate. I rapporti tra Roma e l’Oriente ellenistico erano documentati per via epigrafica (lex antonia de termessibus). Tra i testi in lingua greca si ricorda il dossier con gli atti amministrativi relativi ad alcune controversie. La presenza di uomini d’affari romani nel Mediterraneo è testimoniata dal decreto di Gizio del 71 a.C. Le fonti narrative del periodo sono costituite da Appiano e da Cassio Dione, da Sallustio e da Cicerone (orazioni e lettere). Tra le Vite di Plutarco troviamo quelle di Pompeo, Cesare, Crasso, Cicerone e Catone Uticense. Per la conquista della Giudea di Pompeo le testimonianze ci arrivano dallo storico ebreo Flavio Giuseppe in lingua greca. Mitridate VI Eupatore Durante la guerra sociale tra romani ed italici, in oriente inizia ad avanzare una minaccia: i Ponti. Provengono da Caucaso e si erano insediati nell’altopiano iranico fino ad occupare la Mesopotamia e la Babilonia. Nel 95 a.C. il loro re era Tigrane, re d’Armenia. Intanto nella penisola anatolica era in atto un frazionamento politico dovuto alla nuova provincia romana d’Asia che favorisce la nascita di piccoli stati. Nel 112 a.C. Mitridate VI Eupatore diventa re del Ponto e riesce a stabile accordi con gli stati vicini (Bitinia, ecc.) e a conquistare territori limitrofi (Bosforo Cimmerio, Crimea, Colchide). Non contento accusa Roma di avergli sottratto dei territori che possedeva suo padre (Frigia) e che ora appartenevano alla provincia d’Asia. Dal 104 a.C. il senato era attento alle sue mosse, poiché si era impossessato di altri territori, per sorvegliare la situazione mandano Mario per una missione diplomatica di osservazione. Nel 92 a.C. Silla interviene per ripristinare sul trovo di Cappadocia un re filoromano. Approfittando della guerra sociale Mitridate riprende la politica espansionistica e invade la Cappadocia, verso il 90 a.C. Roma decide di mandare in Oriente Manio Aquilio per rimettere i legittimi sovrani sui rispettivi troni (Cappadocia e Bitinia) come Nicomede IV che si approfittò della situazione danneggiando i Ponti. Mitridate cercò un risarcimento ai romani che rifiutarono e così dichiarò guerra a Roma. La sua azione fu efficace perché la propaganda colpì e convinse il mondo greco soggetto a Roma, promettendo autonomie e diritti. In Cappadocia batte l’esercito romano e diventa padrone di tutta l’Asia, Manio Aquilio fu ucciso. L’isola di Delo e Atene, capisaldi romani si schierarono dalla parte di Mitridate, solo alcuni rimasero fedeli a Roma (Rodi, Afrodisia, Licia, Grecia, Etolia, Tessaglia). Nell’88 a.C. l’esercito pontico invade le Grecia centrale e ottiene l’adesione di Beozia, Sparta e Peloponneso. Roma decide di intervenire e affida il comando della guerra a Lucio Cornelio Silla. Il tribunato di Publio Sulpicio Rufo e il ritorno di Mario; Silla marcia su Roma A Roma il tribuno Publio Sulpicio Rufo riprende il problema dell’inserimento dei cittadini italici nelle tribù, questa affluenza di persone minacciava gli equilibri politici. Il loro ingresso nei comizi centuriati era accettato, quello che non andava bene ai romani era il loro ingresso nelle tribù. Per limitarli era loro concesso entrare a far parte solo di poche tribù. La guerra sociale e le azioni di Mitridate avevano avuto come conseguenza l’impoverimento di Roma e dei romani. Per far fronte a questo problema Sulpicio Rufo impone dei provvedimenti: richiama dall’esilio i complici degli italici, inserisce i nuovi cittadini in tutte le 35 tribù e stabilisce un limite massimo di indebitamento. Sostituisce Silla con Mario per combattere contro Mitridate. Silla indignato marcia su Roma, la conquista e dichiara i suoi avversari nemici pubblici, Sulpicio fu ucciso, Mario scappa in Africa. Silla fa approvare delle norme prima di partire per l’Oriente nell’87 a.C. Ogni proposta di legge doveva essere approvata dal senato prima del voto popolare e i comizi centuriato devono essere l’unica assemblea legislativa legittima. Silla e la prima fase della prima guerra mitridatica Sbarcato in Epiro nell’87 a.C. sconfigge Archelao, attraversa la Beozia, assedia Atene e la saccheggia. Si dirige verso la Grecia centrale e in Macedonia affronta e sconfigge le truppe di Mitridate. Intanto la situazione in Asia stava cambiando e il successo di Mitridate andava scemando. Lucio Cornelio Cinna e l’ultimo consolato di Mario Lucio Cornelio Cinna, console dell’87 a.C. propone nuovamente l’iscrizione dei nuovi cittadini alle 35 tribù ma fu cacciato da Roma. Si rifugia in Campania e con l’aiuto di Mario marci su Roma, la prendono con la forza e Silla fu dichiarato nemico pubblico. Mario fu rieletto console insieme a Cinna nell’86 a.C. intanto un nuovo corpo di spedizione sarà spedito in Oriente contro Mitridate. Cinna fu rieletto console fino all’84 a.C. e dà inizio a un periodo di dominio e di riforme (opera legislativa) e vengono ammessi i cittadini nelle tribù. Verso la fine dell’84 a.C. Silla cerca di ritornare e Cinna cera di bloccarlo ad Ancona ma fu ucciso da una rivolta di soldati. Conclusione della prima guerra mitridatica Nell’86 a.C. due armate romane opposte si trovano in Grecia, una è quella di Silla, l’altra è di Lucio Valerio Flacco (Cinna). Esse agiscono parallelamente senza attaccarsi. Flacco conquista Macedonia e Tracia e poi fu ucciso dai suoi soldati, al suo posto scelsero Caio Flavio Fimbria che riprese Pergamo. Silla intanto voleva concludere in fretta e stipulò una pace a Dardano, le condizioni erano: Mitridate conserva il suo regno ma consegna la flotta, paga un’indennità e abbandona l’Asia. Nicomede IV recupera la Bitinia e Ariobarzane la Cappadocia. Dopo le trattative Silla sbarca in Italia nell’83 a.C. La pace di Dardano non fu definitiva, infatti, a causa di Lucio Licinio Murena le ostilità ripresero, egli provocò Mitridate che reagì sconfiggendolo e occupando la Macedonia. Questa viene considerata da seconda guerra mitridatica. Intanto la Siria a causa di una crisi dinastica diventa parte del regno di Tigrane. Le proscrizioni; Silla dittatore per la riforma dello Stato. A Brindisi raggiunge Silla, Cneo Pompeo e dopo due anni Silla riesce a trionfare sugli avversari impadronendosi di Roma. Questa guerra civile aveva causato molte morti e distrutto la cultura dei sanniti. A Cneo Pompeo fu affidato il compito di eliminare i mariani rifugiati in Africa e Sicilia. Silla introdusse liste di proscrizione con i nomi degli oppositori da giustiziare (spt. Senatori e cavalieri) questo causò un passaggio di fortune da famiglie aristocratiche a famiglie in ascesa. Inoltre, le comunità italiche che hanno parteggiato con i mariani furono smembrate e utilizzate per la formazione di colonie per i veterani e i soldati sillani alterando così la fisionomia etnica, culturale sociale ed economica. In mancanza dei consoli (morti) il senato nominò un interrex, il princeps senatus Lucio Valerio Flacco che presentò ai comizi la lex Valeria: nomina Silla dictator legibus scribundis et rei publicae constituendae, una dittatura a tempo indeterminato. Il vecchio ordinamento non era più allineato ai mutamenti quindi: le comunità latine/italiche diventano municipia, aumentano le province, ridimensionamento del senato (ogni proposta doveva passare dal senato, 600 membri tra cui cavalieri e nuovi cittadini), 8 pretori, tribunali riservati al senato e divisi per competenze, limitazione dell’ostentazione delle ricchezze, successione delle magistrature e età minime per accedervi, limitazione dei tribuni della plebe (limite al veto), soppressione distribuzioni frumentarie. Il pomoerium (limite sacro del territorio dove non è permesso combattere) fu esteso tra Arno e Rubicone, fu costituita anche la provincia della Gallia Cisalpina. Compiuta questa riorganizzazione Silla abdicò nel 79 a.C. Il tentativo di reazione antisillana di Marco Emilio Lepido Nel 78 a.C. Marco Emilio Lepido tenta di ridimensionare l’ordinamento sillano (richiamo degli esiliati, ripristino ridistribuzione agraria, restituzione delle terre ai vecchi proprietari). queste idee scatenarono una rivolta in Etruria, Lepido si unì ai ribelli e marciò su Roma. Il senato dichiarò il senatus consultum ultimum, affidò il comando a Quinto Lutazio Catulo con Pompeo, dotato di imperium. La rivolta venne stroncata e Lepido scappò in Sardegna, ma il primo strappo all’ordinamento sillano era stato compiuto. L’ultima resistenza mariana; Sertorio Quinto Sertorio si era distinto durante la guerra sociale e gli fu attribuito il ruolo di governatore della Spagna Citeriore che trasformò in uno ‘stato mariano’ in esilio. Tutti i tentativi di Silla di abbatterlo furono vani grazie alla conoscenza del territorio. Verso la fine del 77 a.C. a Sertorio si uniscono le truppe di Lepido (comando di Marco Perperna Veientone), questa presenza di profughi consentì di istituire a Osca un senato di 300 membri (simile romano) e una scuola per gli autoctoni. Roma non contenta decise di intervenire mandando Pompeo con un imperium straordinario. In Spagna Pompeo subì alcune sconfitte ma con il tempo la situazione migliora anche a causa di dissapori tra le fila di Sertorio che lo condussero alla morte per complotto a mano di Perperna. L’attentatore fu giustiziato da Pompeo nel 71 a.C. La rivolta servile di Spartaco Nel 73 a.C. scoppia la terza rivolta servile a Capua, i ribelli si rifugiarono sul Vesuvio dove costituirono un esercito formato da schiavi, gladiatori ma anche uomini liberi ridotti in miseria. Questo contingente era guidato da tre gladiatori: Spartaco, Crisso e Enomao. La rivolta si estese rapidamente nel sud Italia ma non avevano un piano preciso e unitario, Spartaco voleva superare le Alpi e scappare, gli altri volevano saccheggiare l’Italia, il senato affidò il comando dell’esercito a Marco Licinio Crasso che riuscì a isolare Spartaco in Calabria, i ribelli tentano di passare in Sicilia ma furono traditi dai Pirati. Costretti ad arrestarsi furono sconfitti in Lucania, i superstiti tentano di fuggire verso nord ma furono intercettati in Etruria da Pompeo e uccisi. Il consolato di Pompeo e Crasso e lo smantellamento dell’ordinamento sillano (70 a.C.) Dopo la vittoria Pompeo presenta la propria candidatura come console (anche se non ha i requisiti per farlo), così il consolato del 70 a.C. va a Pompeo e Crasso. I due consoli completarono lo smantellamento dell’ordinamento sillano. Nel 75 a.C. per mano di Caio Aurelio Cotta era stata abolito il divieto per il tribunato della plebe di ricoprire cariche successive. Nel 73 a.C. i consoli fecero approvare una legge frumentaria (Lex Terentia Cassia), restaurarono il potere ai tribuni della plebe (proposta leggi e diritto di veto). Furono eletti i censori che epurarono il senato, condussero un censimento di cittadini. Infine, Lucio Aurelio Cotta modifica le giurie dei tribunali permanenti distribuendo equamente le cariche tra senatori, cavalieri e tribuni aerarii. Intanto in Sicilia il pretore Caio Verre fu accusato per malversazione, Cicerone conduceva l’accusa (che vinse). Pompeo in Oriente; operazioni contro i pirati; nuova guerra mitridatica Tra l’80-70 a.C. riemerge la minaccia dei pirati e quella di Mitridate. La pirateria approfitta della situazione di conflitto, dell’instabilità politica e del commercio degli schiavi in Oriente. I romani tollerano questa attività perché portava beneficio a Roma (traffico degli schiavi). I pirati agivano nelle coste dell’Asia, dell’Africa e a Creta, attaccavano le navi commerciali e si dileguavano in fretta rendendo il commercio difficoltoso e rischioso. Nel 78-75 a.C. fu affidato il comando di una campagna in Cilicia per distruggere le basi piratiche a Publio Servilio Vatia ed ebbe successo. Nel 74 a.C. Marco Antonio si concentra su Creta ma fu sconfitto, nello stesso anno la Cirenaica fu fatta provincia. Le operazioni contro Creta nel 69 a.C. passarono a Quinto Cecilio Metello che riuscì a riconquistare l’isola che divenne provincia romana. Clodio termina il tribunato ma non smette di utilizzare le sue bande, il suo bersaglio preferito era Pompeo. I suoi avversari imposero il ritorno di Cicerone mettendosi d’accordo con il tribuno Tito Annio Milone, questo ritorno fu favorito da Pompeo che si pentì per non aver evitato l’esilio e che era preoccupato per i successi di Cesare. Nel 57 a.C. Cicerone ritorna a Roma e Pompeo si trova in difficoltà poiché non voleva sbilanciarsi nei conflitti per non perdere la fama. I consoli e Cicerone decidono di affidargli la cura annonae, dei poteri straordinari per la durata di 5 anni per provvedere all’approvvigionamento della città. Intanto si chiede la revoca della legge di Cesare sull’agro campano. A Lucca si incontrano Cesare, Pompeo e Crasso e i tre si accordano per prorogare il progetto di Cesare in Galli per altri 5 anni, l’elezione a consoli nel 55 a.C. di Pompeo e Crasso e dopo il consolato ad entrambi sarebbero state affidante le province delle due Spagne a Pompeo e la Siria a Crasso. Cesare tornò in Gallia e trovò la Bretagna in rivolta che grazie alle popolazioni costiere era dotata di una flotta. Cesare con l’aiuto di Decimo Giunio Bruto Albino fece costruire dei battelli sulla Loira in grado di battere gli avversari e permettendo alle legioni di dominare sulla terraferma. Sul Reno due tribù germaniche, Usipeti e Tancteri, cercavano di attraversare il fiume ma Cesare riuscì a batterli con la costruzione di un ponte di barche. Nello stesso anno (55 a.C.) compì un’incursione esplorativa in Britannia. L’anno dopo si verificò la vera e propria campagna militare che consentì di raggiungere il Tamigi e la sottomissione di alcune tribù della costa. La grande crisi scoppiò nel 52 a.C. per opera di Vercingetorìge, re degli Arverni che inizia a sterminare i romani e gli italici della Gallia centro-occidentale. Cesare si precipitò immediatamente nelle loro terre e tenta di espugnare la città senza riuscirci. Cesare fu costretto a dirigersi verso nord per unirsi alle forze di Tito Labieno e insieme inseguirono il re degli Arverni che si chiuse nella roccaforte di Alesia. Dopo un lungo scontro la roccaforte cede e il re Vercingetorìge si arrese, fu condotto a Roma dove verrà ucciso. Nel 51 a.C. Cesare provvide a dare un ordinamento alla nuova provincia senza consultarsi con il senato. (Gallia Comata) Crasso e i Parti Nel 54 a.C. Crasso arriva in Siria e cerca di inserirsi della contesa dinastica dei Parti scoppiata alla morte del re Fraate III tra i figli Orode e Mitridate. Diventa re Orode II e Crasso decide di appoggiare il fratello rivale spingendosi in Mesopotamia senza molti problemi. Nel 53 a.C. Crasso si inoltrò in Mesopotamia con l’intento di affrontare i Parti nonostante non conoscesse abbastanza l’avversario. Fu una mossa avventata che si rivelò disastrosa, infatti, nella Mesopotamia nord-occidentale incontra l’esercito dei Parti che capitanato da Surena massacra la spedizione romana. La sconfitta di Carre viene considerata come una delle più gravi, la provincia della Siria si trovò minacciata. La vendetta sarà l’obiettivo di tutta l’età tardo- repubblicana. Crasso sarà ucciso durante la ritirata e Surena fu condannato a morte dal re che lo considerava un rivale. Pompeo console unico; guerra civile tra Cesare e Pompeo Pompeo rimane vicino Roma per adempiere al suo incarico di curatore della riforma agraria, intanto tra 54-53 a.C. si rompe il vincolo tra Pompeo e Cesare con la morte di Giulia (Crasso era morto). Pompeo si avvicinava politicamente alla fazione anticesariana. Nel 53 a.C. a Roma scoppia una grave crisi poiché non si erano eletti in tempo i consoli e fu proposto Pompeo come dittatore. Nel 52 a.C. si raggiunse l’anarchia, per strada si scontravano le bande di Clodio e di Milone. Per risolvere la situazione Pompeo fu eletto unico console e fece votare delle leggi repressive contro la violenza e il broglio elettorale che ristabiliscono un equilibrio precario. I nemici di Cesare vorrebbero rimuoverlo dalla carica così da accusarlo da privato cittadino per i modi con cui aveva condotto la guerra. L’opzione preferita da Cesare era rivestire di nuovo il consolato congiungendolo al proconsolato, vuole presentare la candidatura restando assente da Roma. Nel 52 a.C. Pompeo aveva proposto un provvedimento secondo cui è necessario un intervallo di 5 anni tra magistratura e promagistratura, ciò era una minaccia anche per Cesare ma non per Pompeo che si fece esentare da questa legge (riveste il proconsolato in Spagna rimanendo a Roma). Intanto, riprende la regola delle coppie consolari e gli fu affiancato un collega. Una seconda legge implica l’obbligo di presentare la propria candidatura di persona. Nel 51 a.C. ha inizio una lotta giuridica tra Cesare e i suoi oppositori basata unicamente su cavilli giuridici per poter ottenere il consolato fino al 49 a.C. e la candidatura nel 48 a.C. Con la nuova procedura risultava facile rimpiazzarlo ma non le vecchie norme la provincia di Cessare doveva essere dichiarata consolare preventivamente. Nel 50 a.C. un tribuno, Caio Scribonio Curione propose di abolire tutti i poteri straordinari (Cesare e Pompeo) per superare questa crisi e il senato votò favorevole. In quegli anni Cicerone propone un’intesa civica tra tutte le componenti dello stato. All’inizio nel 49 a.C. Cesare propone la deposizione del comando di entrambi (lui e Pompeo) ma il senato non accetta. Due tribuni pongono il veto e furono cacciati, poi il senato dichiara il senatus consultum ultimum affidando ai consoli e a Pompeo il compito di proteggere lo stato. Nominano i successori di Cesare nelle province e questo suscita in Cesare una forte reazione. Cesare supera il Rubicone e dà inizio alla guerra civile. Pompeo e i consoli scappano verso la Grecia, intanto Cesare occupa la costa adriatica meridionale per fermare la fuga di Pompeo. A Roma lascia Marco Antonio e Marco Emilio Lepido per affrontare le truppe pompeiane in Spagna. Cesare riuscì ad assalire e sconfiggere i pomepiani spagnoli presso Ilerda. Nel 49 a.C. tornò brevemente a Roma dove era stato eletto per breve tempo a dittatore. Pompeo si trovava a Tessalonica e tentava di bloccare le navi cesariane senza riuscirci: Cesare traghetta sette legioni e attacca Durazzo ma si rivela un fallimento finché non arrivarono i contingenti di Marco Antonio. Cesare si reca in Tessaglia inseguito da Pompeo e lì avviene lo scontro, nella piana di Paleofarsalo che si conclude con la sconfitta di Pompeo. Pompeo scappa e cerca rifugio in Egitto (era in corso una contesa per il trono e la sua presenza poteva causare solo problemi) ma fu ucciso. Cesare si fermò in Egitto un anno per risolvere la lotta tra i fratelli e per assicurarsi il loro appoggio. Cleopatra VII fu regina d’Egitto insieme al fratello Tolomeo XIV. La regina era incinta del figlio di Cesare: Tolomeo Cesare. Marco Antonio, intanto a Roma si occupava degli affari interni, fu costretto ad occuparsi del tribuno Publio Cornelio Dolabella che innescava continue sommosse. Antonio fu costretto ad attuare una dura repressione che mina la sua fama. Nel 47 a.C. Farnace (figlio di Mitridate) approfitta della situazione per occupare nuovamente i territori, Cesare intervenne in tempo e lo sconfigge a Zela, nel Ponto. Nello stesso anno Cesare riparte verso l’Africa per affrontare i pompeiani superstiti che erano appoggiati da Giuba, re di Numidia (ostile a Cesare a Curione, ucciso). Cesare vinse a Tapso, intanto sia Catone che Giuba morirono suicidi. Il regno di Numidia diventa una provincia romana chiamata Africa Nova. Ritornato a Roma Cesare celebra i successi in Gallia, in Egitto, in Numidia ecc. poi fu costretto a recarsi in Spagna dove i figli di Pompeo, Cneo e Sesto, erano pronti a combattere. Cesare vinse anche questa battaglia e tornò a Roma per riorganizzare la sua politica. Cesare dittatore perpetuo Nel 48 a.C. fu dichiarato dittatore per un anno, tra 46 a.C. e 44 a.C. ricopre il suo terzo, quarto e quinto consolato ( il terzo con Marco Emilio Lepido ma a metà anno gli fu conferita la dittatura per 10 anni) e infine il titolo di dittatore a vita. Oltre a molte magistrature si aggiungono i poteri straordinari: tre anni di parefectus moribus (compito dei consoli), presenza alle assemblee della plebe (gli fu assegnata la potestà tribunizia), potere di fare trattati di pace o di guerra senza consultazioni, attribuzione di magistrature e scelta di candidati, titolo di imperator e di padre della patria. Dal 49 a.C. approva numerose riforme: richiamo in patria degli esuli, facilitazione ai debitori, diritto di cittadinanza romana agli abitanti della transpadania. Tra 46 e 44 a.C. ridimensione il numero all’interno degli organi dello stato: senatori da 600 a 900, questori da 20 a 40, edili da 4 a 6, pretori da 8 a 16, garantendo spazio ai suoi sostenitori. Inoltre, abbassa le qualifiche censitarie per l’ammissione all’ordine equestre, rivede il sistema tributario provinciale, ridimensiona il periodo delle cariche di propretori e proconsoli, promulga la legge suntuaria per porre freno agli sperperi. Discioglie le associazioni popolari riportando i collegia alle funzioni religiose e di mestiere. Conferma le distribuzioni di grano ma dimezza il numero dei beneficiari. Realizza un programma di colonizzazione e di distribuzione di terre ai veterani di Cesare. Attività di ristrutturazione urbanistica ed edilizia che forniscono anche lavoro. La lex Iulia municipalis che riordina le norme di governo e di amministrazione pubblica dei municipi e di Roma. La riforma del calendario civile ebbe effetti duraturi, Cesare fu affiancato dall’astronomo Sosigene per creare un calendario (verrà applicato sul serio solo nell’8 a.C.) che entra in vigore nel 45 a.C. Le idi di marzo L’eccessivo controllo dei poteri e gli innumerevoli onori creano allarme sia tra i suoi oppositori che tra i suoi sostenitori. I primi mesi del 44 a.C. Cesare stava rivestendo il suo quinto consolato appoggiato da Marco Antonio e dal suo magister equitum Marco Emilio Lepido (campagna militare contro i Parti). Il malcontento cresce quando secondo un oracolo sarà un re a sconfiggere i Parti, quindi Cesare e la sua aspirazione monarchica. Fu organizzata una congiura da Marco Giunio Bruto, Caio Cassio Longino e Decimo Giunio Bruto Albino che ebbe luogo il 15 marzo 44 a.C. nella curia di Pompeo. Cesare morì trafitto dai pugnali dei cospiratori. Capitolo 4. Agonia della Repubblica Le fonti Le fonti principali sono: Cassio Dione, Appiano che si basa su ‘storia’ di Asinio Pollione, le ‘lettere’ e le ‘filippiche’ di Cicerone, Orazio e Virgilio (nell’Eneide qualche testimonianza), le trattazioni diLivio e di Velleio Patercolo. Il quadro viene completato dalle biografie con ‘vita di Antonio’ ‘vita di Bruto’ di Plutarco e ‘ vita di Augusto’ di Svetonio. Per la documentazione epigrafica abbiamo alcuni scritti in lingua greca, principalmente testi incisi sulle pareti tra i quali ‘lettera di Ottaviano’ che chiarisce i rapporti tra il triumvirato e le province orientali prima di Azio. Al 31 d.C. risale una lettera di Ottaviano per gli abitanti di Mylasa. Per la documentazione latina ricordiamo l’iscrizione del monumento commemorativo della battaglia di Azio e l’iscrizione ‘Laudatio Turiae’. Accenni a questo periodo si trovano nel res gestae divi Augusti. L’eredità di Cesare; la guerra di Modena I cesaricidi non si occuparono dei collaboratori di Cesare: Marco Antonio e Marco Emilio Lepido. Attorno a loro si riunirono gli altri sostenitori cesariani come Aulo Irzo, Caio Vibo Pansa Cetroniano. Al contrario i cesaricidi non avevano un programma e minacciati da questi personaggi si rifugiano in Campidoglio. L’idea di Lepido era quella di assalire i congiurati ma prevalse l’idea di Antonio ovvero, ottenere la legittimità degli ultimi provvedimenti di Cesare. Dopo molte trattative impone la politica del compromesso: Amnistia per i congiurati e convalida degli atti del defunto dittatore (più funerali di Stato). Sarebbero subentrati a Cesare Publio Cornelio Dolabella e Marco Antonio come consoli. Dopo il consolato Antonio avrebbe ottenuto la Macedonia e a Dolabella la Siria. Antonio entra in possesso del testamento di Cesare e ne approfitta per far approvare delle leggi, si fa interprete della politica di Cesare. Il testamento diceva che Cesare avrebbe lasciato la maggior parte dei beni al figlio adottivo Caio Ottavio e il resto ad altri parenti. Alla morte di Cesare Ottavio si trovava ad Apollonia, arruolato nell’esercito, si recò a Roma e reclamò l’eredità, onorò i lasciti previsti dal testamento e si guadagnò la simpatia dei cesariani che lo videro come un mezzo per limitare Antonio. Alla fine del suo consolato, Antonio si fece assegnare la Gallia Cisalpina e la Gallia Comata per tenere sotto controllo l’Italia. Intanto, Bruto e Cassio anziché recarsi a Creta e Cirene (assegnate come province) decidono di occupare Macedonia e Siria. Antonio cercò di occupare la Cisalpina ma l’assegnatario Decimo Giunio Bruto Albino rifiutò ed ebbe inizio la guerra di Modena. Nel 43 a.C. il senato decise di mandare i consoli Aulo Irzo e Caio Vibio Pansa Cetroniano in aiuto di Decimo Giunio. Vicino Modena Antonio fu sconfitto e si ritirò verso la Narbonese. Irzo e pansa morirono. Il Triumvirato costituente; le proscrizioni; Filippi Ottavio chiese al senato di diventare console ma gli fu negato così marciò su Roma. Nel 43 a.C. fu eletto console con il cugino Quinto Pedio, i due revocano l’amnistia e Ottavio si fece (senatore) di cui si apprezza sia la descrizione degli eventi sia il valore letterario e critico. Le storie coprono il periodo dal 69 d.C. al 70 d.C. Altre testimonianze ma in lingua greca sono le opere di Filone, Flavio Giuseppe che pubblicò ‘guerra giudaica’. Di Lucio Anneo Seneca ci sono rimaste importanti opere di filosofia politica quali ‘la clemenza’ e ‘i benefici’ ma anche un epistolario e opere filosofiche scientifiche, morali e letterarie. Di Plinio il Vecchio abbiamo Storia Naturale, di Publio Papinio Stazio alcuni poemi epici e le Silvae, gli epigrammi di Marco Valerio Marziale, le satire di Decimo Giulio Giovenale. Di età Flavia sono ‘istituzione oratoria’ di Marco Fabio Quintiliano e le opere di letteratura tecnica di Sesto Giulio Frontino. Impero Romano e impero dei Cesari: Azio e la cesura tra storia repubblicana e storia del Principato Con il 31 a.C. si definisce l’inizio del Principato, il regime istituzionale incentrato sulla figura di un reggente unico, il princeps. Bisogna tener conto che la storia dell’Impero Romano è cronologicamente molto più ampia e comporta lo studio dell’espansione del dominio di Roma. Nel 31 a.C. avviene la vittoria ad Azio su Antonio e Ottaviano si ritrova a capo di tutto lo Stato Romano, tuttavia, tornare alla normalità dopo una guerra era molto difficile, si incontrano molti problemi come il fatto di aver eliminato le attitudini monarchiche di Antonio e Cleopatra ma ciò che andava a sostituirli era qualcosa di analogo. Nel 32 a.C. Ottaviano deve affrontare un senato dimezzato (300 senatori scappati) che rappresenta solo una minoranza del popolo, altre difficoltà provengono dagli eserciti, il malcontento dei soldati è dovuto al congedo frettoloso e senza ricompense datogli da Ottaviano per evitare rivolte. Agrippa dovette tornare a Roma ed affiancare Mecenate proprio per controllare che non scoppiassero rivolte in Italia e a Roma. La calma non tornò subito, Mecenate fermò un movimento insurrezionale capitanato da Marco Emilio Lepido. Per sedare i tumulti militare dovuti ai ritardi nella distribuzione delle terre Ottaviano si indebitò molto (anche i suoi sostenitori) ma ciò non calmò le proteste, inoltre, Ottaviano non si fide di senatori e cavalieri e decide di portarli con sé per la campagna di Azio per tenerli sotto controllo. Al termine della guerra civile era necessario stabilire un regime, quello più sensato era un regime monarchico seguendo il progetto di Cesare (che però fallì). La tattica usata da Ottaviano consisteva dell’applicare gradualmente delle norme rivoluzionarie, la presenza di un solo imperatore è frutto di continui aggiustamenti, ripensamenti connessi ad una logica di fondo, il modello si è consolidato per tappe. Dall’età di Augusto in poi la storia romana si identifica come storia dell’impero, intesa come storia del rapporto e dell’interazione di territori e popolazioni rispetto al centro del potere. Il triennio 30-27 a.C. Tra il 30 e il 27 Ottaviano cerca di ristabilire la normalità senza perdere la posizione di dominio. Le fonti antiche interpretano il processo in maniera diversa: - Cassio Dione: mette due lunghi discorsi in bocca ad Agrippa e Mecenate, il primo è per il ripristino della democrazia, il secondo è per la forma monarchica, prevale quest’ultima con qualche attenuazione. - Tacito: delinea un bilancio sulle modalità di ascesa di Ottaviano. - Velleio Patercolo: insiste sul ripristino degli ordinamenti distrutti dalla guerra civile. - Strabone: è favorevole alla monarchia perché Ottaviano viene visto come un padre della patria. - Res Gestae: autobiografia di Ottaviano in cui esprime il suo operato e le sue idee. Il primo atto di Ottaviano nel 30 a.C. fu quello di designare l’assetto del nuovo territorio e assegna l’Egitto a Caio Cornelio Gallo con la carica di prefetto. Per garantire il controllo assoluto viene negato a senatori e cavalieri di entrare nel territorio. L’esercito contava 70 legioni, troppe unità che costavano troppo allo stato e costituiva una minaccia instabile, vennero ridotte a 26. Dal 31 al 23 a.C. Ottaviano ricopre la carica di console, da solo fino al 28 a.C. e condiviso successivamente con membri fidati. Ad eccezione di Marco Licinio Crasso che si era distinto nella campagna in Macedonia e il suo prestigio era di gran lunga superiore a quello di Ottaviano, così fu fatto sparire. Nel 29 a.C. Ottaviano era assente dall’Italia ma fu eletto console insieme a Sesto Appuleio, in Oriente stava sistemando l’assetto dei territori, conferma 4 re e forma tre province romane: Asia, Bitinia-Ponto e Siria. Nel 29 a.C. torna a Roma in trionfo per le tre campagne militari passate. Nel 28-27 a.C. il consolato fu condiviso con Agrippa, in particolare nel 28 a.C. gli furono attribuiti poteri censori e procedettero alla lectio senatus, avviene l’epurazione del senato (via 190 senatori antoniani). Ottaviano fu fatto princeps senatus, nello stesso anno viene coniata la moneta con Ottaviano. Il rapporto tra organismi repubblicani e potere del principe: la translatio dello Stato al volere decisionale del senato e del popolo romano nel 27 a.C. Al settimo consolato Ottaviano rinuncia formalmente ai suoi poteri straordinari accettando il comando decennale sulle province e sulle legioni relative ad esse, gli furono assegnati anche i regni clienti, i principati e le tetrarchie. Al popolo fu ridato il potere decisionale sul governo delle terre pacificate. Questa ripartizione pone in mano a Ottaviano il potere militare evitando di affidarlo ad altri generali. La ripartizione del 27 a.C. subì degli aggiustamenti e qualche giorno dopo il senato lo proclama ‘Augusto’, ciò lo sottraeva alla sfera politica per proiettarlo in una dimensione sacrale, ad esso si aggiunge la corona civica e lo scudo d’oro. L’architettura istituzionale da lui adottata si rivela ispirata al compromesso con la tradizione repubblicana senatoriale, il funzionamento delle istituzioni repubblicane divenne più regolare l’eccezione è l’inserimento del principe in questa struttura. Dal 26 a.C. al 23 a.C. Augusto fu continuamento eletto console dal 26 al 23 affiancato dai suoi fedelissimi. Tra il 27 e il 25 a.C. fu assente da Roma, si recò in Gallia e in Spagna settentrionale dove combatte contro Asturi e Cantabri, questo per rafforzare il legame con l’esercito, i veterani e per dimostrare il suo interesse per Roma. Nel 26 a.C. si ammalò e affidò ad altri la campagna militare. La crisi del 23 a.C. Si verificarono tre eventi: malattia di Augusto, processo di Stato e una congiura. In Spagna Augusto si era gravemente ammalato, così tanto da tornare a Roma nel 24 a.C. Il problema del principato augusteo era la valenza della persona poiché era tutto basato su di essa, le cariche assegnategli non sono trasmissibili ad eredi, con la sua morta lo schema raggiunto sarebbe andato perduto. Alla sua morte le cariche sarebbero tornate agli organi istituzionali dello Stato ma la situazione che si venne a creare, la concentrazione di più poteri in un uomo avrebbe lasciato un vuoto di potere molto grave. La morte di Augusto avrebbe fatto scoppiare le guerre civili. Intanto Ottaviano fa progredire alcuni suoi parenti: la figlia Giulia che fa sposare con Marco Claudio Marcello, quest’ultimo poté accedere alle cariche pubbliche in giovane età. Sul letto di morte Augusto affida il controllo ad Agrippa ma contro ogni aspettativa guarisce. Marcello morirà e Giulia sposerà Agrippa. A partire dal 31 a.C. il fatto che Augusto occupava entrambe le cariche di consoli irritò chi puntava al potere come Marco Primo che agì contro gli Ordisi Traci accusando Ottaviano di aver dato l’ordine, Augusto si presenta in tribunale. Intanto nel 23 a.C: Murena collabora con Fannio Cepione per organizzare la congiura contro Ottaviano che fallì. Dopo tutte queste vicende Augusto decide di introdurre delle correzioni al regime: depone il consolato ma in cambio ottenne l’imperium proconsolare questo gli permise di agire sulle province, si definiva proconsul. Questo potere non gli permetteva di agire nella vita politica a Roma, non poteva convocare né senato né popolo, per ovviare a questo problema di fece designare i diritti di un tribuno della plebe, riceva la tribunicia potestas. In questo modo poteva convocare il senato. Le elezioni erano state poste regolarmente nel 27 a.C. e potevano essere influenzate da Ottaviano: per nominatio (accettazione candidature) e commendatio (raccomandazione). Nel 5 d.C. la legge Valeria Cornelia istituì un sistema di compromesso, i comizi centuriati ratificavano i candidati tramite delle elezioni preliminari, che li assegnava a 10 centurie, esse erano formate da senatori e cavalieri ripartiti in diverse centurie per sorteggio ma questo sistema non era permanente. Con il tempo le assemblee ricoprirono un ruolo sempre più marginale. Il perfezionamento della posizione di preminenza Nel 22 a.C. Augusto, a causa di una carestia, rifiuta la dittatura e assume la carica di cura annonae (occuparsi dell’approvvigionamento di Roma). Nel 19 e nel 18 a.C. assume i poteri di censore e di console: la sella curulis e 12 littori che portavano i fasci, tutto ciò per una lectio del senato per ridurre il numero dei membri. Nel 23 a.C. Agrippa riceve un imperium proconsolare di 5 anni per risolvere delle questioni in Oriente (Augusto rimane a Roma). Questo imperium è discusso: se maius (=inferiore ad Augusto) o pari ad Augusto. Agrippa non riesce a concludere la causa perché morì nel 12 a.C. Tra il 22 e il 19 a.C. Augusto si recò al confine orientale per sistemare la questione partica e armena, la trattativa diplomatica ebbe successo e fu celebrato come una vendetta militare. Nel 18 a.C. scadeva il mandato di 10 anni sulle province, Augusto e Agrippa si videro rinnovare per altri 5 anni l’imperium proconsolare e Agrippa anche la tribunicia potestas. Intanto aveva avuto due figli da Giulia: Lucio Cesare e Caio. Nel 17 a.C. Augusto li adottò entrambi rendendoli suoi eredi. Nel 12 a.C. morì Lepido che ricopriva la carica di Pontefice massimo, alla sua morte l’incarico passò ad Augusto (capo religioso) e per ultimo gli fu attribuita dal senato anche la carica di pater patriae nel 2 a.C. I ceti dirigenti (senatori ed equites) Le cariche affidate ad Augusto creano a fianco dell’ordinamento repubblicano un potere personale equivalente alla somma delle magistrature repubblicane, nell’iniziativa politica a Roma e nel governo dell’Impero si ebbe una duplice sfera di competenza: tradizionale repubblicana e specifica del princeps. Il senato avevo subito numerose trasformazioni, i membri furono aumentati. Augusto agì attraverso vari procedimenti che mirano a ripristinare la dignità dell’organo governativo: favorisce l’accesso delle élite provinciali più romanizzate (Gallia meridionale e Spagna). Queste misure furono adottate: nel 29/28 a.C. e nel 18 a.C. Nel 28/29 a.C. in veste di console si fece conferire la potestà censoria e procedette alla lectio senatus, revisione delle liste dei senatori espellendo le persone indegne (censo non consone agli standard). Nel 18 a.C. condusse una radicale revisione riportando i senatori a 600 e rese la dignità senatoria ereditaria. Durante la repubblica, colore che godevano di un censo pari a 400'000 sesterzi poteva aspirare alla carica equestre. A questa categoria appartenevano anche i figli dei senatori (prima della carriera politica), la differenza tra senatori ed equites è l’aver intrapreso la carriera politica, questa distinzione veniva espressa con il laticlavio (fascia porpora) portata dai senatori. Questo simbolo con il tempo verrà utilizzato impropriamente anche dai cavalieri e dai figli di entrambi. Augusto ristabilì l’ordine permettendo di portare il laticlavio solo ai senatori e ai loro figli, inoltre, aumentò il censo a un milione per entrare in senato. Augusto poteva inserire in senato anche chi non apparteneva ad una famiglia senatoria a patto di avere una magistratura, ma era lui ad assegnare una carica ai propri candidati. Attraverso la procedura dell’adlectio i candidati erano scelti tra coloro che avevano rivestito una magistratura. Augusto distinge tra ordo equester e senatus, creando un ordo senatorius formato dalle famiglie senatorie. Ma anche l’accesso all’ordo equester fu codificato secondo principi generali. Si definiscono anche i due gruppi da cui viene reclutata la classe dirigente romana: amministratori militari e civili, e ufficiale dell’esercito. I senatori detenevano le più importanti magistrature a Roma e le maggiori posizioni di comando in ambito civile e militare delle province. Il loro numero non era sufficiente. Dunque vennero impiegati anche membri dell’ordine equestre in ambito giudiziario, appalti pubblici, campo militare e cariche amministrative. Roma, l’Italia, le province L’assetto di Roma è caotico e l’intervento di Augusto si può considerare su due piani: monumentale e quello dei servizi. Non diede molta importanza alla sua residenza che si era trasformata in parte in un edificio pubblico, accanto fece costruire un tempio per Apollo ma in generale si concentrò sul Foro romano. Lì fece costruire un tempio in onore di Cesare, accanto l’arco partico e l’arco aziaco, restaura la sede del senato, eresse la basilica in nome di Caio e Lucio Cesare figli di Giulia scomparsi prematuramente. Costruì un nuovo for, il forum augusti - Lex Iulia de adulteriis coercendis : condanna i reati sessuali, diventano crimini pubblici e perseguiti da una quaestio de adulteriis. Riguarda sia l’adulterium che lo stuprum. - Lex Iulia iudiciorum publicorum : riordina il sistema delle quaestiones perpetuae. - Lex Iulia de ambitu : mitiga le pene per reati di corruzione. - Lex de annona : colpisce la speculazione del grano. - Lex de vi : distingue vita pubblica dalla vita privata. - Lex theatralis : assegna i posti in teatro vieta ai senatori di fare gli attori. - Lex Fufia Caninia ed Aelia Sentia: restringono il diritto di manomettere gli schiavi. - Lex Iulia Maiestatis : riordina la materia che riguarda i crimen maiestatis, pena capitale a chi avesse minacciato le cariche dello stato, comprese offese e attentati. Prove dinastiche e strategie di successione. L’opposizione. I poteri di Augusto e il suo carisma crearono l’auctoritas ma ciò non costituiva una vera e propria carica, infatti essa non è ereditaria. Augusto aveva avuto solo Giulia come figli adunque doveva trovare un modo per trasmettere le cariche ad una persona che potesse prendere il suo posto senza imporre la svolta monarchica alle istituzioni. La prima preoccupazione fu quella di integrare la famiglia nel sistema politico e nella propaganda, celebrandone l’ascendenza divina (nobilizza gli antenati). Nel suo ruolo di pater familias sottolineava il carattere tradizionale romano della sua gens allargata con matrimoni e adozioni. Il ruolo assunto dalla domus principis gli consente di trasferire al suo erede clientele e prestigio, inoltre la sua posizione nello stato veniva ampliata dai trionfi dei suoi parenti. L’erede scelto avrebbe acquisito il patrimonio privato e il prestigio per accedere alla carriera politico-militare (prima la potestà tribunizia, poi l’imperium proconsolare ed infine le funzioni da princeps). Nel 23 a.C. con il matrimonio di sua figlia Giulia con Marcello cerca di inserire un suo discendente maschio dotandolo di cariche fin da giovane. Inoltre, Augusto si era ammalato in Spagna e designò Marcello che però morì lo stesso anno. La seconda persona designata fu Agrippa, suo collaboratore a cui fu attribuito l’imperium proconsolare per 5 anni nel 23 a.C., nel 21 a.C. sposò la vedova Giulia e dal matrimonio nacquero 5 figli (Caio e Lucio Cesari e Agrippa postumo, Giulia minore, Agrippina maggiore). Nel 20 a.C. venne inviato nelle Gallie e in Spagna ottenendo delle vittorie, nel 18 a.C. l’imperium fu riconfermato e gli venne attribuita la tribunicia potestas ma morì nel 12 a.C. Nel 17 a.C. Augusto aveva adottato Caio e Lucio Cesari (troppo piccoli), ma si concentrò sui figli di Livia e Nerone: Tiberio e Druso. Tiberio dovrà sposare Giulia ma il matrimonio è infelice. Tiberio fu due volte console e nell’11 a.C. gli fu conferito l’imperium proconsolare che fu riconfermato nel 6 a.C. (più potestà tribunizia). Si ritirò dalla vita politica e andò in autoesilio. Intanto, Druso riceve l’imperium proconsolare nel 10 a.C. in Germania dove conduce due brillanti campagne, morì nel 9 a.C. Dal 6 a.C. Caio e Lucio Cesari furono introdotti in politica e ricoprirono l’incarico di consoli, ottennero anche il titolo onorifico di princeps iuventutis. Caio e Lucio però morirono molto giovani, nel 2 e nel 4 d.C. Nel 2 d.C. Tiberio fu autorizzato a rientrare dal suo esilio, a Roma scioglie il matrimonio con Giulia che fu colpita da uno scandalo e quindi esiliata da Augusto stesso. Su ordine di Augusto Tiberio adotta Germanico nel 4 d.C. (figlio di Druso) anche se aveva già un figlio, Druso minore. Contemporaneamente Augusto adotta Tiberio e Agrippa Postumo e fece legare ancora di più la famiglia con dei matrimoni. A Tiberio fu attribuita la potestà tribunizia e l’imperium proconsolare su Germania e le Gallia, dove riuscì ad ottenere diverse vittorie, questo valse il rinnovo dell’imperium. Nel 14 d.C. Tiberio fu chiamato dall’Illirico per le gravi condizioni di salute di Augusto che morì lasciando una personalità con pari poteri in ambito militare e civile. Nonostante tutto le opposizioni ad Augusto erano presenti, chi era nostalgico della repubblica e chi riteneva l’operato di Augusto poco efficace. Ma c’erano anche membri stessi della sua famiglia che erano in competizione per ottenere le più alte cariche. Vi erano anche discendenti di Antonio e suoi seguaci. Oltre alle varie congiure ricordiamo un evento inquietante: la caduta in disgrazia di Caio Cornelio Gallo, primo prefetto d’Egitto che fu accusato e si suicidò. Nel 19 a.C. fu incolpato Marco Egnazio Rufo che aveva presentato la sua candidatura al senato, ma fu rifiutato e incriminato per aver cospirato contro Augusto fu giustiziato. L’evento più grave è collegato alla famiglia di Augusto. La figlia Giulia fu accusata di immoralità e dunque fu mandata in esilio. Secondo alcune fonti la sua immoralità era data (oltre all’adulterio) dai suoi amanti, alcuni erano nemici diretti di Augusto come Iullo Antonio, Tiberio Sempronio Gracco, Appio Claudio Pulcro, Cornelio Scipione, tutti condannati a morte o all’esilio. Come lei anche la figlia Giulia Minore che nell’1 d.C. frequentava Lucio Emilio Paolo messo a morte per aver complottato contro Augusto. Entrambe furono esiliate ed escluse dal mausoleo di Augusto. L’organizzazione della cultura Il programma edilizio di Augusto mirava a completare i progetti di Cesare. Uno specifico programma figurativo esaltava la pacificazione e la discendenza divina da Venere ed Enea. Questa celebrazione avviene attraverso cerimonia, monetazione, nella letteratura e nel coinvolgimento degli intellettuali per avere i consensi. Uno dei documenti più indicativi è l’autobiografia di Augusto, il res gestae dove ripercorre le tappe del suo operato e di come ha portato pace e prosperità all’Impero. Grazie ad altre opere storiche come quelle di Tito Livio, o di altri poeti di età augustea possiamo comprendere i messaggi di Augusto. Virgilio nelle Egloghe e nelle Georgiche canta la pace del nuovo principato, nell’Eneide canta le nobili origini di Augusto. Stessa cosa in Orazio, Ovidio, Properzio, il merito va a Mecenate che riesce a creare un circolo di autori affini all’ideale augusteo. Altri momenti importanti furono le celebrazioni dei ludi saeculares tenuti a Roma nel 17 a.C. Il nome di Augusto era anche inserito nelle formule delle preghiere, nelle province orientale si introduce il culto dell’imperatore, a Roma viene affiancato al culto di Cesare divinizzato. Capitolo 2. I Giulio Claudi Le fonti L’intero periodo giulio-claudio è coperto soprattutto da Svetonio, Velleio Patercolo (ultimi capitoli), Sesto Aurelio Vittore, Eutropio, Paolo Orosio, Eusebio di Cesarea. Altri riferimenti vari si trovano in Valerio Massimo, Flavio Giuseppe. Su Caligola abbiamo le testimonianze di Filone. Per Claudio e Nerone sono importanti le opere di Seneca ma anche di Lucano, Persio e Calpurnio Siculo, Petronio, importanti anche gli atti degli apostoli (Paolo Apostolo). Rilevante è la documentazione epigrafica, Tabula Hebana, Tabula Siarensis, Tabula Ilicitana. Importante è anche la documentazione numismatica e papiracea, come gli editti di Germanico in Egitto, la lettera di Claudio agli Alessandrini, gli atti dei Martiri Alessandrini e i documenti raccolti nel Corpus Papyrorum Judaicarum. Negli ultimi anni di Nerone era in composizione anche l’Editto di Tiberio Giulio Alessandro promulgato in Egitto. Una dinastia? Augusto morì in Campania nel 14 d.C., il suo corpo fu portato a Roma e le sue ceneri tumulate nel Mausoleo in Campo Marzio. L’orazione funebre fu pubblica, celebrata ai Rostra da Tiberio e Druso minore. Il senato lo volle divinizzare con l’appellativo di Divus mentre a Tiberio furono rafforzate le cariche. Tiberio era consapevole di non poter sostituire Augusto per questo suggerì al senato di affidare le cariche di Augusto a più persone. Nonostante ciò, il senato insiste ad attribuirgli le stesse cariche come soluzione temporanea. In questo periodo il senato si rese conto dell’impossibilità di un ritorno alla repubblica. Tra il 14 e il 68 d.C. le cariche rimasero all’interno della famiglia Giulio-Claudia (dagli Iulii, Giulio Cesare e Augusto e dai Claudii con Tiberio Claudio Nerone primo marito di Livia). Alla morte di Tiberio la volontà di Augusto di far succedere Druso minore e Germanico (nipote di Tiberio che viene adottato) fallisce poiché sia Germanico che Druso muoiono nel 19 d.C. e nel 23 d.C. La successione andò in favore di Caio, detto Caligola (Germanico + Agrippina maggiore) fu una scelta basata unicamente sulla linea familiare e non su una carriera politico- militare. Anche se Caligola preferiva vantarsi della sua discendenza Antoniana che Augustea. Alla sua morte il potere passò allo zio (?) Claudio Germanico, primo princeps estraneo alla casa Giulia, ma prese il nome di Cesare. L’ultimo esponente fu Nerone, che derivava dalla famiglia dei Domizi. Era figlio di Cneo Domizio Enobarbo, famiglia aristocratica, fu erede della famiglia Claudia e Giulia solo per la madre Agrippina minore e per adozione da parte di Claudio (poi sposa Agrippina in seconde nozze). Caligola decise di dare rilievo al ramo Antoniano della famiglia. Tiberio (14-37 d.C.) Tiberio non fu molto amato ma nonostante tutto riesce a portare avanti il progetto augusteo. I problemi non mancano, primo tra tutti è il difficile rapporto tra principe e senato. I tratti negativi del carattere di Tiberio oscurano la sua politica coerente con quella di Augusto, il rifiuto di onori divini dimostra il suo spirito tradizionalista. Studi recenti dimostrano come Tiberio sia stato un uomo di governo, un militare attento anche al governo delle province. Durante il suo principato ebbe sviluppo la nuova modalità di elezione dei magistrati superiori attraverso la destinatio (voluta da Augusto) affidata prima a 10 centurie poi se ne aggiunsero altre. Questo sistema non funziona facilmente e l’assemblea centuriata tende a diventare formale, parallelamente si assiste alla decadenza dei comizi tributi. Principe e senato sembrano collaborare anche se l’obiettivo politico non è lo stesso, Tiberio dovrà affrontare una richiesta di autonomia e libertas del senato, in più dovrà attenuare anche gli scontri interni alla famiglia e alla corte imperiale. L’inizio del principato di Tiberio fu segnato dall’eliminazione di Agrippa Postumo su ordine di Augusto morente. Alla scoperta della morte di Augusto, le legioni in Pannonia e nella Germania Inferiore si ammutinarono e iniziarono una protesta che fu placata da Druso minore. Sul Reno i dissidi continuarono, nelle Gallie interviene Germanico per riportare la calma e sotto il suo comando alcune campagne al di là del Reno ebbero successo ma non furono decisivi. Germanico voleva rinnovare le imprese di Druso e Tiberio. Fu Tiberio stesso a fermare le campagne e a stabilizzare il confine sul Reno, nel 17 d.C. assegna a Germanico l’imperium proconsolare maius sulle province orientali. La situazione tra Reno, Elba e Alto Danubiosi risolse grazie all’ostilità tra Cheruschi, Catti e Marcomanni mediata da Druso minore. Due re entrano in conflitto, uno vinse ma l’altro fu ucciso da una congiura. Nel 16 d.C. avvengono due gravi episodi all’interno della corte imperiale: Marco Scribonio Druso Libone fu accusato di cospirazione contro l’imperatore, fu arrestato e condannato ma si suicidò, stessa fine farà il suo servo Clemente. Inevitabile il collegamento tra sua moglie Scribonia e Giulia maggiore (esiliata). L’assetto orientale aveva lasciato parecchi problemi: l’Anatolia e la Cappadocia erano sotto dominazione romana, la Tracia, e i territori intorno al Mar Nero erano instabili, le due Armenie, la Commagene, la Mesopotamia, la Siria hanno il problema della pressione partica, la Palestina, i Natabei sotto dominazione romana. Il re di Cappadocia fu chiamato a Roma perché sospettato di infedeltà e lì morì nel 17 d.C. così il territorio diventò provincia romana, stessa fine per la Commagene. In Armenia i Parti tolgono dal trono il re filoromano, dunque, per sistemare la situazione viene mandano Germanico con il suo imperium. Per mancanza di fiducia Tiberio gli assegna Cneo Calpurnio Pisone come alleato e sostegno. Germanico risolve velocemente la questione armena ponendo al potere il re Artaxias e finita la missione si reca in Egitto dove suscita un grave incidente istituzionale (a causa della legge di Augusto, cavalieri e senatori non potevano entrare). Tiberio disapprovò questo gesto, Germanico aveva preso iniziative ad Alessandri e dunque nascono contrasti con Pisone. Subito dopo Germanico muore in Claudio dovette risolvere delle questioni irrisolte lasciate da Caligola. Pose fine nel 42 d.C. alla guerra in Mauretania dividendo il regno in due province: Mauretania Cesariense e Mauretania Tingitana. Nel 47 d.C. Cneo Domizio Corbulone svolge delle campagne in Germania ma senza esito, quindi, fu fermato da Claudio. In Oriente invece, nel 43 d.C. riunisce la Licia alla Panfilia creando una nuova provincia, nel 46 d.C. il regno di Tracia fu affidato ad un procuratore, la Giudea diventò un regno sotto il controllo di Giulio Agrippa I ma alla sua morte diventò nuovamente una provincia. Al figlio Agrippa II affidò nel 50 d.C. la Batanea, la Traconitide, l’Auranitide e le regioni verso il Libano. Antioco IV di Commagene riebbe il suo regno fino al 72 d.C. poi fu annesso alla Siria da Vespasiano. I privilegi delle comunità ebraiche furono ristabilite così come le istituzioni delle poleis greche per evitare contrasti tra loro. Per prevenire i tumulti fa espellere gli ebrei da Roma nel 49 d.C. In Armeni Mitriade fu rimesso sul trono, però nel 51 d.C. Vologese si installò sul trono in Partia e riuscì ad imporre il fratello in Armenia, il problema toccò il principato di Nerone. In Tracia, alla morte del re Remetalce III, una parte andò alla provincia di Mesia, l’altra divenne una provincia procuratoria. L’impresa militare più rilevante di Claudio fu la conquista della Britannia meridionale nel 43 d.C. che fu ridotta a provincia. Tutto ciò grazi ea 4 legione capitanate da Aulo Plauzio. La lotta politica all’interno del senato e delle famiglie segnò tutto il periodo del principato, in particola la grande rilevanza dei liberti e delle donne fu una novità vista male dal senato. Rilevanti furono gli intrighi familiari. Claudio sposa in terze nozze Messalina di nobilissime origini, con lei ha due figli, Ottavia e Tiberio Claudio Cesare (Britannico). Messalina era una donna ambiziosa e si liberò di tutti i rivali, commise l’errore di farsi scoprire con Caio Silio, quindi fu condannata e uccisa. Inizia la lotta per scegliere la nuova moglie di Claudio e fu scelta Agrippina minore, già madre di Lucio Domizio Enobarbo che fece adottare da Claudio nel 50 a.C. con il nome di Nerone Claudio Cesare Druso Germanico. Inizia una politica di screditamento per Britannico, Nerone avrà a toga virile nel 51 d.C. e sarà console nel 58 d.C., nel 53 d.C. sposa Ottavia. Nel 54 d.C. Claudio segna come eredi entrambi i figli ma morì lo stesso anno per cause misteriose. La società imperiale Alla base della società antica c’era la differenza espressa dallo status giuridico delle persone. Augusto stesso procede nel differenziare senatori ed equites, e introdusse differenze anche all’interno dei ceti dirigenti dei municipi, regolò i privilegi tra cittadini romani, provinciali liberi e schiavi. La schiavitù era un fenomeno caratteristico della società a partire dall’età tarda repubblicana, la maggior parte era impiegata nell’agricoltura. Col tempo vi fu un notevole numero di schiavi domestici, alcuni di origine greca erano i più istruiti. Una categoria importante era quella degli schiavi imperiali, la familia Caesaris, si occupavano delle finanze e raggiungevano potere personale superiore ai senatori. Ma c’è differenza tra ricchezza e status giuridico. Lo schiavo che riusciva ad acquistare la sua libertà diventava un liberto ma rimaneva legato al padrone in un rapporto di clientela. Nel I secolo d.C. i liberti risultano il ceto economicamente più attivo. Nella casa imperiale i liberti avevano ruoli importantissimi, i 4 liberti di Claudio erano a capo dei dipartimenti. Un gruppo rilevante sono i provinciali liberi, abitanti delle poleis greche su cui l’imperatore aveva potere sullo status, i privilegi, promuovere i ceti dirigenti cittadini ecc. Ottenuta la cittadinanza il passo successivo era aspirare ai ceti dirigenti: l’ordo senatorius o il ceto equestre. L’esercito era uno dei fattori più importanti di promozione sociale nel corso dell’età imperiale. I veterani potevano entrare a far parte delle élite municipali e acquisivano prestigio alla propria famiglia rivestendo le magistrature locali. Nerone (54-68 d.C.) Il principato di Nerone era fondato su premesse diverse da quello di Augusto. I poteri del princeps vennero consolidati (debolezza della repubblica), il mutamento è narrato nel ‘de clementia’ di Seneca, è un manifesto teorico e del programma di Nerone secondo cui tutti i poteri sono concentrati su un unico uomo. Nerone era molto giovane e assecondò l’influenza di Seneca e del prefetto Burro, cercando una collaborazione con il senato. Il suo interesse verso l’oriente lo portano a sviluppare un’idea assolutistica e monarchica che provoca l’opposizione del senato e delle famiglie repubblicane. Alla morte di Claudio fu fatta giurare fedeltà alle milizie solo a Nerone, l’elogio funebre di Nerone fu scritto da Seneca e dichiara di voler seguire le orme di Augusto. A causa della giovane età la regia del governo è nelle mani di Seneca, Burro e della madre Agrippina che si servì del potere per eliminare molti nemici (compreso Britannico). La situazione precipita quando Nerone vuole divorziare da Ottavia per sposare Poppea Sabina, la madre non vuole e Nerone la fa eliminare con la scusa di un incidente. L’amministrazione fu efficiente, sostituisce nel 55 d.C. i questori dell’aerarium con due praefecti aerarii Saturni, ciò comporta l’intromissione dell’imperatore anche nelle finanze. Nel 58 d.C. abolisce le imposte indirette per favorire lo sviluppo economico e del commercio. Intanto stava emergendo il carattere artistico di Nerone, incline alle arti e alla letteratura. Dal 59 d.C. organizza teatri ludo-musicali, Iuvenalia, nel 60 d.C. i Neronia, nel 61 d.C. fece costruire un ginnasio e le terme, si dimostrò un imperatore vicino alla plebe. Nel 62 d.C. morì Burro e questo comportò una svolta decisiva in politica, due figure di spicco divennero prefetti: Fenio Rufo e Caio Ofonio Tigellino. Nerone intanto ripudia Ottavia, sposa Poppea che avrà una bimba, Claudia, morta poco dopo. Nel 64 d.C. Roma fu devastata da un gravissimo incendio, Nerone si trovava ad Anzio ma tornò subito per cercare di risolvere la situazione. Lui stesso sarà accusato dello scoppio dell’incendio ma fece ricadere la colpa sulla comunità cristiana. Numerosi cristiani furono perseguitati ed uccisi. Nerone iniziò subito a ricostruire la città secondo un nuovo piano urbanistico più razionale e rigoroso ma le spese si concentrarono soprattutto sul palazzo imperiale suscitando malcontento. I costi erano enormi e per compensare aumentò le tasse e i tributi delle province. Scoppiò una grave crisi finanziaria che cercò di tamponare con una riforma monetale nel 64 d.C. (consiste nel ridurre il peso delle monete). La svalutazione peggiorò la situazione, esattamente come l’elevato numero di processi e confische per rimpinguare le casse dello stato. Nel 65 d.C. scoppiò una congiura (dei Pisoni), il complotto coinvolse anche l’élite dirigente, il loro obiettivo era ucciderlo in pubblico ma fu sventata e i complottisti uccisi tra cui Seneca e Fenio Rufo. L’opposizione non fu eliminata del tutto, infatti, ha luogo l’organizzazione di un’altra congiura (Viniciana) che fu sventata a Benevento nel 66 d.C. nella repressione furono coinvolti anche importanti capi militari. In politica estera, nel 64 d.C. il regno del Ponto fu annesso alla provincia di Galazia, idem la Panfilia e le Alpi Cozie. Nerone progetta una spedizione nel Caucaso per contenere le tribù sarmatiche senza compimento. Ma i teatri di intervento furono tre: Armenia, Britannia e Giudea. In Armenia i parti impongono come re Tiridate, per fronteggiare questa situazione Nerone manda Ceno Domizio Corbulone che marciò contro il re per proporgli il riconoscimento della sovranità da Roma diventando una monarchia subordinata all’Impero Romano. Tiridate rifiutò e Corbulone devastò le capitali dell’Armenia. Tiridate scappò e al suo posto si pensò di eleggere re Tigrane V, finita la missione Corbulone tornò in Siria perché ne diventò il governatore. Ma Tiridate si insediò nuovamente e attaccò un territorio partico, Nerone inviò Lucio Giunio Cesennio Peto che collezionò una sconfitta dopo l’altra. Nel 62-63 d.C. Corbulone e Tiridate raggiunsero un accordo: ritiro delle forze romane e di quelle partiche, Tiridate riconosciuto re d’Armenia solo con l’incoronazione per mano di Nerone, fu proclamata la pace nell’Impero. In Britannia Publio Ostorio Scapula ha affrontato numerose rivolte, la più importante scoppiò nell’Anglia orientale. Il re filoromano degli Iceni alla sua morte lascia metà territorio a Nerone e l’altra metà alle sue figlie ma la durezza degli amministratori filoromani portò al massacro di coloni romani. La reazione di Caio Svetonio Paolino arrivò e la regina a capo della ribellione si suicidò. Nel 66 d.C. Nerone parte per un tour artistico in Grecia che durò ben 2 anni. Intanto nello stesso anno in Giudea avviene la requisizione del tesoro del tempio di Gerusalemme ciò provocò una rivolta che minacciava anche il coinvolgimento della Palestina. Nerone mandò Caio Licinio Muciano e Tito Flavio Vespasiano. Vespasiano riesce a controllare la situazione in Palestina. Intanto nel 68 d.C. a Roma la situazione va peggiorando ed Elio, capo dei liberti imperiali, convince Nerone a tornare in patria. (intanto scoppia una ribellione in Gallia Lugdunense ma viene placata da Lucio Virginio Rufo). Ci furono altre sollevazioni di legati: in Terraconense, in Africa, le truppe sul Reno. Anche i pretoriani abbandonarono Nerone, il senato lo dichiarò nemico pubblico e riconosce Galba come nuovo imperatore. Nerone sceglie il suicidio, ma la sua fine coincide con la fine della dinastia giulio-claudia, la mancanza di un erede fece rivivere a Roma un periodo di guerre civili favorendo l’affermazione militare. Capitolo 3. L’anno dei quattro imperatori e i Flavi. Le fonti Il periodo è coperto dalle Vite di Svetonio e da quelle di Plutarco, alcune opere di Tacito. Vanno ricordati anche Sesto Aurelio Vittore, Eutropio, Flavio Giuseppe. Notizie sparse possono rilevarsi in Plinio il Vecchio, in Marco Fabio Quintiliano, in Plinio il Giovane, in Dione di Prusa, in Aulo Gellio, in Lucio Flavio Filostrato, in Stazio, Marziale, Giovenale. Rilevante è la documentazione epigrafica, papiracea e numismatica. Vanno menzionate la lex de imperio vespasiani, e la lex flavia municipalis. L’anno dei quattro imperatori: il 68/69 d.C. Si creano le condizioni per una guerra civile che vede lo scontro tra senatori, truppe urbane, governatori di provincia o comandanti militari che si dichiararono imperatori. Il principato, anche se militare, rimane in mano agli italici, solo dopo la dinastia flavia entrano in gioco i provinciali. Con la proclamazione di Vespasiano si dimostra come il principato potesse essere rivestito da un uomo di origine modesta. La storiografia tende a ridurre queste vicende che porteranno l’esercito e le province ad assumere un ruolo sempre più rilevante. La crisi del 69 d.C. è caratterizzata da quattro imperatori, Galba esponente dell’aristocrazia, Otone dei pretoriani, Vitello e Vespasiano dell’esercito, si scontrano tra loro e l’asse dell’Impero si sposta lontano da Roma, le legioni provinciale possono imporre il loro volere. L’Impero non è più un affare di una sola famiglia, Galba tenta di adottare Lucio Calpurnio Pisone perché lo aveva candidato come guida dell’impero. Galba (giugno 68 – gennaio 69) Servio Sulpicio Galba era un anziano senatore, aveva rivestito incarichi in Germania, in Africa e in Spagna Tarraconense. Alla notizia della ribellione delle truppe galliche i suoi soldati lo proclamano imperatore, lui rifiuta la carica ma si occupa di acquisire il sostegno degli oppositori di Nerone e dei pretoriani. Galba fu poi riconosciuto imperatore, le legioni della Germania Superiore non giurano subito fedeltà e quindi anche il governatore della Germania Inferiore, Capitone fu accusato di complotto e fu ucciso. In Africa anche Macro non lo riconosce. A Roma il prefetto Ninfidio Sabino tenta di usurpare il ruolo di Galba ma fu represso, intanto Galba non riesce a guadagnarsi la popolarità necessaria al potere, si rese impopolare tra la plebe e l’esercito per i tagli alle spese. All’inizio del 69 d.C. in occasione del giuramento annuale dell’imperatore, due legioni della Germania Superiore si ribellarono, e con loro anche quelle della Germania Inferiore che proclamano imperatore Aulo Vitellio. Galba pensò di risolvere adottando come collaboratore Lucio Calpurnio Pisone Frugi Liciniano, l’esperimento durò pochissimo, i pretoriani acclamano Otone come imperatore e massacrano Galba, Pisone e i suoi seguaci. Otone (15 gennaio – 14 aprile 69) Marco Salvio Otone fu popolare tra i pretoriani e l’ordine equestre, dopo il linciaggio di Galba fu riconosciuto dal senato e da alcune province. Fu proclamato ufficialmente il 15 gennaio del 69 d.C. ma il principato durò pochissimo. Fu costretto a misurarsi con le ribellioni in Germania, i governatori di Belgica, Lugdunense e Rezia sostenevano Vitellio, a loro si uniscono Aquitania e Gallia Narbonese. Nonostante il cambio dell’imperatore in Otone la ribellione non si blocca. Vitellio (15 aprile – 21 dicembre 69) Domiziano (81-96 d.C.) Domiziano non gode di una buona nomea, è stato definito dalla storiografia come un cattivo imperatore (non andava d’accordo con il senato). Peggiora la sua iniziale condizione, l’epurazione compiuta insieme a Muciano prima dell’arrivo di Vespasiano. Nonostante ciò, il suo stile di governo autocratico fu efficace e utile per l’impero. Domiziano durante i principati precedenti aveva accumulato dignità ma nessun potere governativo, rivestì solo il consolato eponimo. Dall’84 d.C. assunse la potestà censoria, l’anno dopo la potestà perpetua. Tra l’85-86 pretese l’appellativo di dominus et deus. Sposa Domizia nel 70 d.C. Già tra l’82-83 d.C. deve affrontare una serie di campagne contro i Catti (popolazione germanica), i territori conquistati furono controllati con la costruzione di accampamenti fortificati collegati tra loro sul limes (confine e rete di strade). I distretti militari delle due Germanie diventano province regolari, Domiziano celebrò il trionfo fregiandosi del titolo Germanicus. Nello stesso periodo fu segnata la linea di confine oltre il Reno e gli agri decumates, in questo modo provvede alla sicurezza della zona. Nasce così un sistema di difesa dei confini (termine limes definirà i confini artificiali), in Oriente e Africa l’articolazione delle strade militari e dei forti che costituivano i limes furono tracciati a rete per un maggiore controllo. In Britannia Agricola stava combattendo per la Caledonia e si stava preparando ad attaccare l’Ibernia ma nell’83 d.C. fu richiamato a Roma perché Vespasiano rinuncia alle nuove conquiste, preferisce consolidare le frontiere, fu una scelta lungimirante. Tra 84 e 85 d.C. si inizia a delineare il problema della Dacia poiché re Decebalo era riuscito ad unificare le tribù e a guidarle contro i romani in Mesia. Domiziano stesso li affrontò e poi affida la missione a Cornelio Fusco, nell’86 Fusco penetrò in Dacia ma fu circondato e sconfitto, sospendono le attività, intanto la Mesia fu divisa in Mesia superiore e Mesia inferiore (province). Nell’88 riprese la guerra con Lucio Tettio Giuliano che consegue una splendida vittoria. Re Decebalo ottiene la pace a causa della rivolta di Lucio Antonio Saturnino in Germania Superiore, quindi Decebalo deve concludere un foedus in cui accetta la dipendenza dall’impero ma si tratta di una sistemazione provvisoria. Intanto Domiziano deve affrontare la sollevazione dei Marcomanni, dei Quadi e degli Iazigi sul Danubio. La guerra fu dura ma Roma vince nel 93 d.C. contro gli Iazigi. La natura della rivolta di Saturnino rimane incerta ma inaugura un periodo di persecuzioni ed eliminazioni di persone sospettate di minacciare il potere del princeps. Nell’89 Saturnino si era fatto acclamare imperatore dalle legioni in Magonza, Domiziano marcia con i pretoriani verso nord insieme alla legione di Marco Ulpio Traiano, il pericolo venne scongiurato grazie a Lucio Appio Massimo Norbano (legato di Germania inferiore), la testa di Saturnino verrà esposta a Roma come monito. Una possibile causa della rivolta può essere la trascuratezza degli eserciti stanziati lungo il Reno. Nel 92-93 d.C. in Oriente muore Agrippa II, i suoi territori vennero assorbiti dalla Siria, l’unico stato cliente sarà quello di Nabatene. Domiziano continuò l’attività dei suoi predecessori. Reprime gli abusi di potere dei governatori nelle province, riforma per l’assegnazione dei posti negli uffici centrali (funzionari equestri), prosegue la costruzione dei municipi e l’emanazione di leggi (lex flavia municipalis) e altri provvedimenti riguardo l’occupazione abusiva dei subseciva, lo smantellamento di vigneti per le colture di grano. Risale al 90 d.C. la ‘tariffa di Koptòs’ che riporta le tariffe di viaggio. L’aspetto moralistico fu un tratto tipico dell’azione politica di Domiziano, colpisce gli adulteri, le donne immorali, la prostituzione e ogni genere di perversione dei costumi sessuali. Altrettanto rigorosa fu la severità in ambito religioso. I rapporti con il senato si inasprirono quando accentua il carattere autocratico dell’imperatore, alla rimozione di alcuni membri ecc. L’atmosfera attorno a Domiziano si fa più cupa e minacciosa. Inizia una serie di processi contro gli adulatori del principe (non solo gli oppositori come i filosofi repubblicani), una delle vittime fu il cugino dell’imperatore Tito Flavio Sabino. Il contrasto divenne sempre più aspro, rimuove generali dell’esercito e procede all’autocelebrazione. La situazione precipita quando furono colpiti anche i sostenitori di Domiziano, ad esempio Tito Flavio Clemente, Manio Acilio Glabrione ecc. Infine, nel 96 d.C. Domiziano cadde vittima di una congiura organizzata da senatori e funzionari del palazzo (forse anche Domizia). Il senato proclama imperatore Marco Cocceio Nerva e procede alla damnatio memoriae di Domiziano (distruzione del ricordo). Il sorgere del cristianesimo Il cristianesimo nasce dall’ebraismo e si afferma come una religione nel corso del I e II secolo d.C. e scaturisce dalla predicazione dei Gesù di Nazareth, in Galilea. Il cristianesimo primitivo nasce come movimento all’interno del giudaismo, tra i diversi gruppi si distinguono i sadducei (conservatori aristocratici), i farisei (ceti medi) più gli esseni (esistenza rigorosa) a cui si deve la produzione di testi sacri. Le condizioni sociali e politiche del tempo impediscono le aspirazioni politiche di sadducei e zeloti (partito rivoluzionario indipendentista). Gli ebrei si trovano a scegliere tra farisei e cristianesimo, i primi seguono le leggi di Mosè, i secondi una nuova religione. Intanto i primi seguaci di Gesù predicavano e diffondevano la dottrina, una delle figure più importati è quella di Paolo di Tarso che si convertì, diventò la figura simbolo della diffusione del Vangelo. Le comunità cristiane inizialmente si organizzarono in modo diverso nelle varie città, nel II secolo d.C. prevalse la struttura della comunità guidata da un episcopos. L’autorità romana imperiale affrontò la questione giudaica senza distinguere i movimenti, spesso le comunità ebraiche vennero riconosciute come un corpo estraneo e espulse da Roma, prima con Tiberio (per l’opposizione al mos maiorum), poi con Claudio nel 49 d.C. (a causa di alcuni disordini), e anche con Nerone (contrasti con l’autorità imperiale e capro espiatorio per l’incendio di Roma).Vespasiano e Tito distrussero il tempio di Gerusalemme e i focolai di resistenza, poi Domiziano promuove l’imperatore come rappresentante di Giove utilizzando come accusa contro gli oppositori anche l’ateismo. Al contrario Traiano vieta la persecuzione dei cristiani per motivi religiosi, potevano essere arrestati solo se denunciati e con un capo d’accusa. Nel corso del II secolo d.C. il cristianesimo mise radici in tutto l’Impero, le denunce e le persecuzioni continuarono, contemporaneamente i cristiani facevano circolare le storie dei propri martiri per consolidare la fede cristiana. Capitolo 4. Il II secolo Le fonti Per il principato di Traiano possediamo le testimonianze di Plinio il Giovane con il Penegirico, un importante documento per l’oratoria latina che definisce la figura dell’imperatore come optimus princeps (scelta del migliore e non per dinastia). Di Plinio abbiamo anche le Lettere ma sono testi di carattere più letterario. Svetonio continua la sua opera sulle vite degli imperatori, nota dal XVII secolo come ‘la storia Augusta’ risulta scritta da più autori: Elio Lampridio, Elio Sparziano, Flavio Vopisco, Giulio Capitolino, Trebellio Pollione e Volcacio Galliano. L’attribuzione risulta ancora incerta, alcuni sostengono sia stata scritta da un solo autore alla fine del IV secolo. Nonostante sia poco attendibile spesso è l’unica fonte disponibile. Di questo periodo abbiamo anche le Vite di Andriano, Antonino Pio, Marco Aurelio, Lucio Vero, Avidio Cassio e Commodo. La narrazione di Cassio Dione è disponibile solo nelle forme abbreviate delle epitomi, altre epitomi sono di Sesto Aurelio Vittore, Eutropio, Paolo Orosio ed Eusebio di Cesarea. Il periodo di grande fioritura della cultura greca nel II secolo d.C. è testimoniato dai filosofi. Di essi abbiamo le opere di Dione di Prusa, Elio Aristide, Luciano di Samosata e Filostrato. Inoltre, ricordiamo i rapporti tra alcuni intellettuali greci e il potere imperiale, ricordiamo Erode Attico senatore a Roma ma di sostegno ad Atene, le orazioni di Dione di Prusa che lo fecero bandire da Augusto ma sarà riabilitato da Nerva. Gli intellettuali greci fanno spesso da consiglieri a principe, ricordiamo l’Orazione a Roma di Elio Aristide e i Discorsi sacri. Allo stesso movimento culturale appartengono Plutarco di Cheronea, Luciano di Samosata, Luciano fu un filosofo cinico, mentre a Flavio Filostrato si attribuisce ‘Vita di Apollonio di Tiana’ e ‘vite dei filosofi’. Il giurista Gaio compone ‘istituzioni’ fonte indispensabile come ‘geografia’ di Claudio Tolomeo. Importanti per il periodo sono anche Frontino, Pausania, Arriano di Nicomedia, Aulo Gellio e Lucio Apuleio di Madaura. Tra i retori attivi nel II secolo d.C., gli autori di opere latine, abbiamo Marco Cornelio Frontone. Di Marco Aurelio possediamo un’opera autobiografica. Nel II secolo d.C. assume grande rilevanza il fenomeno della diffusione del cristianesimo e della persecuzione dei cristiani. Le notizie ci arrivano attraverso gli Evangeli, gli Atti degli Apostoli, Lettere di Paolo e gli scritti apocrifi. Giustino fu autore di due Apologie dirette all’imperatore e al senato dove critica le procedure giudiziali contro i cristiani. Ireneo, vescovo di Lione è uno dei più grandi teologi del II secolo. Rilevanti sono alcuni componimenti degli Atti dei martiri redatti da scrittori contemporanei o testimoni oculari. Il documento cristiano più antico pervenuto sono gli Atti dei martiri scillitani. Tra le fonti documentarie più rilevanti per il II secolo d.C. ci sono le colonne celebrative di Traiano e Marco Aurelio per celebrare la campagna contro i Daci e contro i Marcomanni. I numerosi documenti epigrafici che provengono da tutto l’impero sono molto importanti. Ricordiamo le iscrizioni sul funzionamento delle istituzioni alimentarie di Traiano e Adriano, i regolamenti fiscali, le disposizioni sull’amministrazione dei fondi imperiali e sugli appalti. Rilevante è la tabula Banasitana che concedeva la cittadinanza ai notabili locali africani. Il II secolo d.C. è quello più denso per la produzione epigrafica e papiracea soprattutto in Egitto che ci fa conoscere l’organizzazione sulle province orientali. Nerva (96-98 d.C.) Il II secolo d.C. è considerato il più prospero dell’Impero Romano, infatti, con il raggiungimento di un equilibrio interno riesce a godere di uno sviluppo economico e culturale. Questa visione ottimistica trova delle fonti la conferma. Questa stabilità è stata raggiunta grazie al sistema successorio di Nerva che al momento giusto decide di adottare Traiano. La difficoltà che si presenta è la dichiarazione di fedeltà dei pretoriani a Domiziano nel 97 d.C. che potrebbe portare ad un’altra guerra civile. L’adozione fu subito accolta dal senato e nel 100 d.C. viene pronunciato il discorso (panegirico di Plinio il Giovane). In quest’opera si evidenziano due diversi modi di vedere il periodo: per dinastia o per ‘il migliore’, principio che viene applicato nella scelta dell’imperatore. Il motivo dinastico ha portato ad avere 4 imperatori in poco tempo, le adozioni si spiegano per simpatia o per occasioni e non nel mettere a capo dell’impero qualcuno di capace, il migliore. Il principato di Marco Cocceio Nerva dura solo due anni ma riesce a ripristinare i rapporti tra imperatore e senato. (padre e nonno erano giureconsulti, la madre è di dinastia giulio-claudia) Non aveva ricoperto cariche militari ma fu amico di Nerone che lo aveva onorato nel 65 d.C. come pretore designato, era in buoni rapporti anche con Vespasiano e Domiziano. La scelta è ricaduta su di lui per tanti possibili motivi: non aveva un legame con gli eserciti, salute non buona e niente figli (principato di transizione), carattere mite, estraneità a gruppi politici. Nel 97 d.C. ricopre il primo consolato insieme a Lucio Virginio Rufo. Le fonti del periodo sono limitate, troviamo qualche accenno in Cassio Dione e in Plinio il Giovane, importante è la testimonianza delle monete. La prima preoccupazione di Nerva fu controllare le reazioni all’assassinio di Domiziano e di scongiurare l’anarchia, mentre il popolo è indifferente, i pretoriani non lo sono. Nerva fece giurare alle truppe provinciali la fedeltà, fece abolire le misure impopolari di Domiziano e sospende il processo della damnatio memoriae. La monetazione riflette il desiderio di un’atmosfera nuova all’interno dello stato. Successivamente si occupa di una politica finanziaria favorevole a Roma e all’Italia, vota la legge agraria (assegna terreni ai nullatenenti) e il programma delle istituzioni alimentari (prestiti agli agricoltori da parte dello Stato, ipoteca sui terreni versata ai funzionari che serviva a sostenere i fanciulli indigenti, migliora la produttività e il sostentamento dei poveri), trasferisce alla cassa il costo del cursus publicus (mantenimento di strade), riorganizzazione del sistema di approvvigionamento idrico di Roma. Il principato di Nerva ha avuto poche opposizioni ma nel 97 d.C. ci sono sintomi di una crisi per problemi economi e politico-militari. Gli sgravi di Nerva accentuarono i problemi in cui viveva l’impero. I pretoriani furono aizzati da Casperio Eliano che chiedeva (e ottenne) la pena di morte per gli assassini di Domiziano. Questo gesto punisce colore che hanno portato Nerva al potere, per impedire una nuova disgregazione dell’impero e una guerra civile Nerva designa un successore dal forte potere militare: adotta Marco Ulpio Traiano (governatore Germania Superiore). Nel 98 d.C. Nerva morì e Traiano diventò imperatore. Gli eserciti giurarono fedeltà e il senato ne approvò la carica, Eliano fu giustiziato. “Il governo dell’impero affidato al migliore”: Traiano (98-117 d.C.) divisa in 4 distretti giudiziari assegnati a senatori di rango consolare (scelta criticata e poi revocata perché ristretta all’Italia), nei giudizi venne tutelata la dignità della persona e i diritti individuali. Per difendere gli interessi del fisco crea la figura dell’advocatus fisci. In Africa la alex Manciana promuove l’utilizzo di terre incolte, in Lusitania le tavole bronzee conservano le leges metalli Vipascensid che regolano la conduzione degli appalti delle miniere. Nel 136 d.C. la salute di Adriano peggiora e sceglie come successore Lucio Ceionio Commodo (poi Lucio Elio Cesare), dopo il secondo consolato fu mandato come legato nelle due Pannonie ma nella via del ritorno morì (138). Adriano deve scegliere un altro erede: Tito Aurelio Fulvo Boionio Arrio Antonino che per ordine di Adriano adottò Lucio Ceionio Commodo e Marco Aurelio, dunque, lo schema dinastico era stato già stabilito da Adriano. Nonostante l’adozione risulta la predisposizione di un assetto dinastico. Adriano morirà nel 138 d.C. Antonino Pio (138-161 d.C.) Tito Aurelio Fulvo Boionio Arrio Antonino (Pio) era un ricchissimo senatore, la sua carriera era stata principalmente civile: un consolato, console circoscrizionale (distretti giuridici), proconsole in Asia e membro del consiulium del principe. Il suo principato è ritenuto dalle fonti come uno dei migliori, non si ricordano particolari eventi traumatici. Le testimonianze arrivano da Frontone e dall’historia augusta. Antonino restò tutto il tempo del principato in Italia, non compie viaggi per l’Impero, nelle cariche conservò tutti coloro che erano stati nominati da Adriano. Cerca di mantenere dei buoni rapporti con il senato e per farlo dovrà abolire la divisione in distretti giudiziari di Adriano. Le operazioni militari furono svolte dai luogotenenti, ne 139 d.C. in Britanni, Quinto Lollio Urbico sviluppa una politica di espansione verso la Scozia costruendo un nuovo vallo (vallum Antonini) che ha la funzione di caposaldo da contenimento e da difesa. Un’altra politica di espansione, molto più cauta, fu portata avanti nella Germania Superiore tra 155-160 d.C., il limes fu spostato più avanti. Altre opere militari ebbero luogo in Mauretania Tingitana contro le popolazioni locali, in Dacia dove impone un sovrano cliente, in Armenia con un re assegnato da Roma. Antonino Pio fu anche un coscienzioso amministratore, compie numerose opere pubbliche e sviluppa la distribuzione di sussidi alle giovani orfane italiche. Non si registrano grandi opposizioni ad eccezione di due congiure, una di queste fu quella di Cornelio Prisciano nel 145 d.C. in Spagna. Antonino morì nel 161 d.C. lasciando Marco e Lucio come consoli. Lo statuto della città Con Antonio l’impero raggiunse l’apogeo del proprio sviluppo e il consenso delle élite delle città. Va sottolineata l’importanza di due aspetti dell’impero: il processo di integrazione dei ceti dirigenti con la cittadinanza romana e il valore attribuito alla vita cittadina. La città con le sue strutture rappresentava il segno distintivo della civiltà, i romani creano istituzioni dove non ne esistevano e vi si affidano se già esistenti. Nell’impero vi sono diverse tipologie cittadine e diversi statuti, civitates in occidente e poleis in oriente ed erano organizzante secondo tre tipologie (in base all’integrazione nello stato romano): 1) Le città peregrine : preesistenti, erano le più numerose e si distinguono per il loro status giuridico nei confronti di Roma: a) città stipendiarie (pagano un tributo), b) città libere (diritti speciali), c) città libere e immuni (niente pagamento), d) città federate (città autonome con patto di uguaglianza). 2) I municipi : città a cui Roma concede uno status elevato concedendo un diritto latino/romano ai cittadini, se romani conservano una condizione giuridica autonoma da Roma. 3) Colonie : città di nuova fondazione che gode di cittadinanza romana, essa adotta il diritto romano. (status considerato un privilegio onorario). Si realizza una gerarchia tra le città che favorisce lo spirito di emulazione, l’evoluzione dello statuto delle singole comunità comportava l’integrazione dei provinciali nell’Impero (con la cittadinanza). Le città erano anche il centro economico, commerciale e culturale. In oriente ellenistico l’esperienza cittadina era data dalla tradizione delle poleis mentre in Spagna, Africa e Sicilia le tradizioni greche si erano mescolate con quelle fenicie e puniche, nell’Europa continentale alcune zone godevano delle tradizioni celtiche altre non avevano una cultura di tipo urbano. La complessità delle situazioni giuridiche sta anche nel mix di tradizioni e culture presenti in un centro urbano e l’assimilazione romana non risolve immediatamente il dislivello. Per Roma le città sono un raccordo con le realtà locali dell’impero, il loro scopo era assicurare l’ordine e la stabilità dell’impero e delle sue popolazioni. Marco Aurelio (161-180 d.C.) e Lucio Vero (161-169 d.C.), Marco Aurelio e Commodo (177-180 d.C.) La successione di Marco Aurelio avvenne senza problemi, sposò la figlia di Antonino, Faustina minore con cui ha molti figli. Quello che stupisce è che Marco appena diventato imperatore recupera idee di Adriano e pretende il doppio consolato con il fratello Lucio Vero. Per l’occasione avviene anche il cambio onomastico in: Lucio Aurelio Vero e Marco Aurelio Antonino. Questo è il primo caso di doppio principato, le fonti letterarie ci mostrano il grande contrasto (di carattere) dei due imperatori. Il principato fu immediatamente scosso da agitazioni sulle frontiere della Britannia, della Germania e della Rezia che vennero inizialmente sedate. Nel 161 d.C. riemerge il problema partico, il nuovo re decide di occupare l’Armenia e di imporgli un loro re, Pacoro, per risolvere la situazione fu mandato il legato di Cappadocia che fu gravemente sconfitto. I Parti riescono a dilagare anche in Osroene e Siria, inizia così un conflitto in più fasi: armeniaca, partica e medica. Fu inviato Lucio Vero in oriente, che con un gruppo di esperti, si stabilì in Antiochia per risolvere la situazione. Alla Cappadocia assegnò Marco Stazio Prisco Licinio Italico che penetrò in Armenia e cacciò il re, in Siria pone Caio Avidio Cassio che con le sue legioni inizia l’assedio contro la Partia, l’attacco ha successo, riesce a penetrare anche in Media e ad attaccare gli Arabi (alleati dei parti). La pace fu conclusa nel 166 d.C. forse affrettata dalla peste, tuttavia, il bilancio delle campagne partiche fu positivo, in Armenia e Osroene furono posti dei re clienti, tuttavia, sorge la minaccia delle popolazioni a nord dei Balcani e del Caucaso che mettono in crisi la stabilità dell’impero orientale. Il controllo del fronte orientale favorisce l’apertura di nuove vie commerciali con l’estremo oriente. La guerra fu la causa indiretta della crisi che colpì successivamente l’impero, la causa sarà la pestilenza portata dai soldati che causa gravi conseguenze demografiche ed economiche. Inoltre, la debolezza della frontiera settentrionale tra Reno e Danubio crea le condizioni adatte per un assalto da parte dei popoli confinanti: Marcomanni, Quadi, altre genti germaniche; in Dacia: Iazigi, Sarmati, i Bastarni, i Roxolani, i Longobardi, i Vandali, i Burgundi e gli Alani. Nel 162 d.C. fu nominato legato in Germania Superiore Caio Aufidio Vittorino. Dal 160 le tribù germaniche iniziano a minacciare i confini settentrionali dell’impero, nel 166 prima del ritorno dell’esercito da oriente, i Quadi e i Marcomanni (alla testa della coalizione germanica) penetrano all’interno dell’impero ed arrivano a minacciare anche l’Italia. Dunque, nel 168 i due imperatori si muovono verso nord per fronteggiare l’emergenza militare e creano una zona militare unificata ad Aquileia che riesce a respingere l’attacco germanico. Nel 169 d.C. Lucio Vero morirà improvvisamente lasciando a Marco Aurelio il peso delle guerre. Marco cercò subito un collaboratore: il legato della Pannonia inferiore Tiberio Claudio Pompeiano. I successivi 11 anni saranno caratterizzati unicamente da guerre (danubiane): 170-174 con Marcomanni e Quadi, 174 con Iazigi, 178 con Marcomanni e Quadi. Per fronteggiare le ingenti spese militari Marco procede con una vendita all’asta di beni imperiali, nel 170 si sposterà tra Pannonia inferiore e superiore per delle offensive (di scarso successo), intanto in Dacia era stato ucciso il governatore e i Costoboci ne approfittano per penetrare in Tracia e in Macedonia. Nel 171-172 d.C. ebbe inizio una controffensiva lungo il limes. In Spagna si ebbe un’incursione di Mauri, respinta da Vittorino, in Egitto i Bucoloi furono sedati da Avidio Cassio. Sul limes danubiano si alternato attacchi a trattative diplomatiche, alcune tribù vengono accolte entro i confini, le truppe romane entrano nel territorio marcomanno e sconfiggono il popolo. La guerra continua contro i Quadi che furono sottomessi nel 174 e dovettero accettare dure trattative di pace. Intanto la campagna di espansione nelle zone sarmatiche stava continuando, ma fu interrotta dalla proclamazione di Cassio come imperatore (fu ucciso dalle sue truppe ancora prima di uno scontro con Marco). Marco prosegue il viaggio in Oriente, tocca la Siria, la Palestina, l’Egitto e ritorna a Roma. Nel 177 d.C. affida il ruolo di coreggente al figlio Commodo (nome in Lucio Elio Aurelio Commodo). Nel 178 d.C. i Marcomanni e i Quadi si ribellarono per le dure condizioni a loro imposte, Marco Aurelio riparte verso il fronte, questa volta la loro sconfitta fu definitiva, i territori furono conquistati e annessi all’impero. Nel 180 Marco Aurelio morì prima della campagna contro gli Iazigi. Nella politica interna Marco Aurelio mantenne la linea dei suoi predecessori, ripristina i giudici circoscrizionali dei distretti giudiziari, introduce un registro di nascite, al suo periodo risale la tabula Banasitana (concessione di cittadinanza). Marco Aurelio è il primo imperatore-filosofo, scrive ‘a se stesso’ una riflessione morale. Con lui si ritorna alla prassi di successione dinastica. Durante il suo principato avviene la persecuzione dei cristiani (177 in Spagna). Commodo (180-192 d.C.) Prese il nome di Marco Aurelio Commodo Antonino e divenne unico imperatore, dalle fonti viene descritto come un tiranno incapace, dunque, solo opinioni negative. Sale al trono giovanissimo e i primi anni del suo principato si delineano solo grazie alle figure di staff e consiglieri affidategli dal padre che agiscono al suo fianco. Commodo risulta disinteressato alla politica, alle guerre e delega tutte le decisioni agli esperti della cerchia. Prosegue la campagna sul Danubio con qualche successo poi decide di interrompere le ostilità e di imporre una durissima rete clientelare. Dispone dei lavori di rafforzamento del limes che durò molto tempo, e per questo intervallato da scontri contro Daci, Germani, Pannoni e Sarmati risolti dai generali di Commodo. A Roma si serve dei collaboratori del padre Vittorino e Pompeiano, ma soprattutto si serve del sostegno di Elio Saotero (come un tutore dal 180-182). Nel 182 d.C. ha luogo la prima congiura organizzata dalla sorella Lucilla che però fallisce e quest’ultima sarà esiliata e poi uccisa. Questo episodio porta Commodo a fare una epurazione della famiglia, in seguito inizierà la lotta per i primi posti all’interno della corte, ciò comporta l’uccisione di Saotero. Nel 184 d.C. le popolazioni di Britannia oltre il Vallo dilagano nella Scozia Meridionale, grazie all’intervento di Ulpio Marcello la situazione viene risolta. Nel 185 insorgono le truppe britanniche ma vengono placate da Publio Elvio Pertinace. Nello stesso anno cadde anche Perenne accusato di corruzione, il suo ruolo di pretorio fu preso dal liberto Marco Aurelio Cleandro che approfittando del disinteresse di Commodo innesca un circolo vizioso di corruzione e vendita delle cariche pubbliche. A causa sua furono sospesi i sussidi alimentari e i donativi per i soldati, inoltre si aggiunse una grave carestia che fece irritare la popolazione, Commodo offre Cleandro come capro espiatorio nel 190. Nel 188 d.C., Materno, riunisce bande armate in Gallia per penetrare in Italia e attentare alla vita dell’imperatore ma il tentativo fallì. Commodo mostra la sua stravaganza con prodezze da gladiatore nell’arena e ciò mette in luce anche le sue inclinazioni dispotiche che causano la rottura definitiva con il senato. Tra il 190 e il 192 affida il governo ad un cortigiano Eclecto, alla concubina Marcia e a Quinto Emilio Leto. Intanto, Publio Elvio Pertinace fu eletto prefetto e poi console con Commodo nel 192. Nel 192 Commodo decide di assumersi il consolato ma fu sorpreso da una congiura che lo uccise. Commodo non dimostrò interesse verso le province o verso i soldati, il suo consenso era fondato sui pretoriani. Tuttavia, sotto il suo principato ci sono notevoli fenomeni di integrazione della cultura provinciale come l’accoglimento di divinità straniere nei templi romani. La tradizione senatori alo dipinge come uno dei peggiori tiranni, la sua memoria verrà riabilitata solo con Settimo Severo. L’economia romana in età imperiale Roma contava circa un milione di abitanti è dunque interessante approfondire l’approvvigionamento della popolazione. La gestione del complesso dei servizi finalizzati al vettovagliamento di Roma era affidata a una magistratura apposita: la prefettura dell’annona riservata ad un personaggio di rango equestre. Il servizio annonario coinvolgeva vare province e comporta un regolare afflusso di merci dal Mediterraneo. Parliamo non solo di grano ma anche di vino, olio, pane, carne provenienti da diverse parti dell’impero. Date le difficoltà e l’alto costo del trasporto per terra le rotte marittime erano particolarmente utilizzate. Nelle province con il tempo si andò realizzando attraverso l’urbanizzazione e la monetizzazione l’incremento dell’area del mercato e delle spese dell’autoconsumo. Bisogna sottolineare che ogni provincia ha alle spalle il proprio sviluppo economico e la propria storia. Questo periodo fu chiamato ‘anarchia militare’ poiché il potere fu detenuto da circa venti imperatori (e usurpatori), il problema era strutturale, quando l’imperator esi occupava di una zona le altre entravano in agitazione e mettevano in atto progetti di usurpazione. È il caso dell’impero gallico, visto come un’entità autonoma ma non separatistica che durò circa trent’anni. Il regno di Massiminio il Trace ottenne dei successi militari ma impose una forte pressione fiscale, ecco spiega anche l’improvvisa coesione del Senato contro di lui, lo dichiararono nemico pubblico. Il senato proclama imperatore Gordiano (e il figlio) che vennero uccisi, dunque, il senato affida il potere a venti consolari, tra loro due augusti: Pupieno e Balbino. Nel 238 d.C. Massiminio fu ucciso dai suoi soldati nei pressi di Aquileia. A Roma Pupieno e Balbino furono uccisi dai pretoriani che proclamano augusto Gordiano III, sostenuto dal prefetto Timesiteo, alla sua morte fu acclamato imperatore Filippo l’Africano che stipula una pace con i persiani, il suo regno terminerà in modo cruento. Decio e la persecuzione dei cristiani Al posto di Filippo fu acclamato imperatore il senatore Messio Decio che aveva combattuto lungo il Danubio. L’obiettivo di Decio era quello di difendere le frontiere minacciate costantemente dai nemici, per farlo aveva bisogno del totale consenso nei confronti dell’imperatore, dunque, decide di rafforzare l’osservanza dei culti tradizionali. Questo mette in pericolo di cristiani, Decio è responsabile di una violenza persecuzione tra 250-251. Morì nei Balcani nel 251 d.C. Valeriano Sul confine gallico e germanico troviamo gli Alamanni e i Franchi, nel basso Danubio i Goti e ad oriente i persiani. Dopo una serie di imperatori militari posti e deposti velocemente tra 251 e 253 viene incoronato imperatore il senatore Valeriano. Ebbe l’accortezza di dividere il principato con il figlio Gallieno che si occupò dell’impero occidentale. Valeriano affrontò la minaccia persiana in oriente concludendo con diverse sconfitte. Valeriano fu catturato dal re Sapore e ucciso crudelmente. Gallieno Gallieno nel 257 eleva il figlio Valeriano a Cesare, si ritrova solo a governare l’impero tra 260- 268 d.C. egli riesce a bloccare l’avanzata di Alamanni e Goti sacrificando dei territori (Dacia). Per sedare le ribellioni degli usurpatori dovrà accettare la formazione di due regni separatisti: il primo è quello delle Gallie, esteso a Spagna e Britannia con a capo Postum; il secondo con Siria, Palestina, Mesopotamia con a capo Odenato. Odenato mantiene saldi i vincoli con Roma, alla sua morte la moglie Zenobia organizza il principato in chiave antiromana, il figlio Vaballato nel 271 si proclama sovrano indipendente. Gallieno è ricordato per una serie di riforme: rimedia alle ribellioni militari affidando il comando delle legioni ai cavalieri e non ai senatori, introduce una nuova strategia per la difesa dei confini con unità mobili di difesa, pose fine alla persecuzione dei cristiani (la Chiesa inizia a consolidare la propria organizzazione anche in Oriente e mette a capo i vescovi). Aureliano, gli imperatori illirici Gallieno morì nel 268 pe una congiura, questo porta al potere il comandante di cavalleria Claudio II, il primo di una lunga serie di imperatori illirici. Claudio ottenne due importanti vittorie contro gli Alamanni e i Goti. Alla sua morte nel 270 sale al potere Aureliano che riesce a fermare le popolazioni barbariche e fece costruire una cinta muraria attorno Roma. Riesce a sottometter due stati autonomi: la Siria e le Gallie, ristabilendo l’unità dell’Impero. Aureliano ristabilisce anche l’autorità alla figura imperiale e promuove la riorganizzazione della vita politica ed economica dell’impero. Significativa fu la riforma monetaria (nuova moneta) e l’introduzione di un nuovo culto per stabilizzare la divinizzazione dell’imperatore. Nel 275 Aureliano fu ucciso, dopo troviamo il breve regno di Tacito e poi Probo che riuscì ad ottenere dei risultati significativi contro i barbari. Fu ucciso e il suo successore, Caro porta al termine la campagna contro la Persia. Nel 283 fu ucciso per una congiura e la stessa sorte toccò ai figli Numeriano e Carino. Alla fine, nel 285 d.C. diventa imperatore l’illirico Diocleziano che riuscì a riorganizzare lo stato romano. Diocleziano Il regno di Diocleziano rappresenta un taglio netto con l’epoca precedente (si definisce Dominato il suo periodo, e Principato quello precedente), viene considerato il punto di partenza di una nuova epoca. Il suo regno si distingue per la volontà di restaurazione dello stato su tutti i livelli (politico-militare, amministrativo ed economico). La prima decisione consiste nel luogo di residenza dell’imperatore, spostato a Nicomedia per essere più centrale. Riesce a consolidare il potere monarchico, concepisce un sistema nuovo che pone al vertice dell’impero un collegio imperiale di 4 monarchi detti tetrarchi, sono due augusti e due Cesari (Augusti > Cesari). Questo sistema è stato ideato per fronteggiare meglio le crisi regionali. Il principio introdotto era quello della cooptazione, ovvero, i due Cesari sarebbero diventati Augusti e avrebbero designato due Cesari a loro volta, questo procedimento fu attuato nel corso di qualche anno. Nel 285 Diocleziano nominò Cesare a Massimiano, poi designato suo successore diventa Augusto, nominò due Cesari: Galerio e Costanzo Cloro. Il governo imperiale riusciva a rimanere unito grazie a Diocleziano che divise i tetrarchi per le aree dell’impero: - Diocleziano: province orientali - Massimiano: Italia, Africa e Spagna - Galerio: area balcanica e area danubiana - Costanzo Cloro: Gallia e Britannia La conseguenza principale di questa organizzazione fu la perdita di potere del senato e delle magistrature. Un importante caratteristica di questo imperio fu la forma di ‘religione politica’ attribuitagli, il sovrano era considerato espressione dell’essenza di una divinità. Le riforme di Diocleziano La riorganizzazione amministrativa fu efficace e duratura, le province furono ridotte per favorire il governo, l’Italia perse i privilegi. Furono costituite circa un centinaio di province affidate a vari governatori, ma alle province di frontiera furono affiancati dei comandanti militari. Le province furono raggruppate in 12 distretti amministrativi dette diocesi a loro volta riunite in 4 aree affidate ai prefetti del pretorio. Le esigenze militari necessitano una riforma, aumenta il numero di legioni e rende la cavalleria un’unità indipendente, sviluppa l’idea di Gallieno delle unità mobili per il pronto intervento che prenderanno il nome di comitatenses. Le necessità militari e l’organizzazione burocratica resero necessaria una riforma del sistema fiscale. Le innovazioni di Diocleziano riguardano il censimento, l’imposta sul reddito agricolo, il pagamento delle imposte anche per l’Italia. Importantissima fu la riforma monetaria, il denario aveva perso valore, quindi, introduce nuove monete (tra cui i follis in rame) e impone un calmiere dei prezzi nel 301 d.C. dove sono indicati i prezzi massimi per moltissimi articoli, questo editto non produce risultati concreti e la svalutazione della moneta procede. In campo militare riesce a stabilizzare le frontiere e ad arrestare le minacce di invasione. I successi significativi riguardano le rivolte in Britannia ed Egitto. Infine, nel 298 d.C. Cesare Galerio riesce a firmare una pace con i persiani. La persecuzione dei cristiani Lo spirito conservatore di Diocleziano si manifesta con due editti, uno sulla tutela del matrimonio e l’altro con la persecuzione della setta persiana dei Manichei. Diocleziano aveva promosso un’intensificazione del culto imperiale che giustifica la persecuzione dei cristiani (intanto la Chiesa aveva consolidate le proprie strutture). Le vicende della persecuzione sono legate alla tetrarchia. Nel 303 un primo editto dispone la distruzione delle chiese, il rogo dei libri e il divieto di assemblee liturgiche. Un secondo e terzo editto decretano l’arresto e la morte dei sacerdoti, nel 304 un quarto editto ordina una persecuzione generale contro i cristiani. Nell’applicazione di questi editti i tetrarchi non furono equi, la persecuzione più violenta fu condotta ad oriente da Diocleziano e Galerio, in occidente cessò quasi subito con Cloro. Nel 311Galerio decide di interrompere la persecuzione, non abbiamo certezze sulla motivazione, dai documenti emerge che Galerio considera il dio dei cristiani come un vero dio e con l’editto del 311 la religione cristiana otteneva lo status di religio licita in tutto l’impero. Galerio propone anche un programma edilizio nella sua patria, a Romuliana (Serbia). Diocleziano e Galerio assumono Ercole come patrono poiché appartengono alla discendenza divina, nasce così la tradizione di attribuire ai sovrani i nomi di Giove ed Ercole. Nel 305 d.C. Diocleziano e Massimiano abdicano e al loro posto subentrano Cloro e Galerio che a loro volta nominano cesari Severo e Massimino Daia. Eppure, il sistema tetrarchico entra in crisi, alla morte di Cloro nel 306 l’esercito nomina il figlio Costantino come imperatore ma anche Massenzio (figlio di Massimiano) rivendica il potere imperiale. Capitolo 2. Da Costantino a Teodosio Magno: la tarda antichità e la cristianizzazione dell’Impero Le fonti Le fonti che disponiamo per la tarda antichità e il IV secolo sono ricche ed eterogenee. Ci è giunta l’opera storia in latino di Ammiano Marcellino, infatti, in quel periodo fiorisce nuovamente la stesura di opere storiche, in particolare Ammiano copre il periodo 354-378. Una fonte eccezionale sono gli scritti in greco dell’imperatore Giuliano. Disponiamo poi di una serie di brevi testi di storia romana di Vittore, Eutropio. Di notevole interesse è la serie di panegirici latini indirizzati ai vari imperatori. Fonti importanti sono retori e pensatori greci di Constantinopoli e Antiochia come Temistio e Libanio. Questa età vede la fioritura dei grandi scrittori cristiani in latino e greco come Girolamo, Ambrogio e Agostino (latini), Gregorio di Nissa, Gregorio di Nazianzo e Giovanni Crisostomo (greci). Ricordiamo e opere di Eusebio di Cesarea ‘storia ecclesiastica’. Una delle novità è rappresentata dall’agiografia come ‘vita di Martino’ di Sulpicio Severo e ‘storia lausiaca’ di Palladio di Galazia. L’epistolografia è una base documentaria importante per le relazioni sociali, si è conservata una corrispondenza di scrittori latini e greci e dei padri della Chiesa. Due fonti sono importanti per le informazioni sull’esercito tardoantico: la prima è un trattatello ‘sulle cose della guerra’, il secondo è ‘notitia dignitatum’ in cui è presentata l’organizzazione civile e militare delle province. Anche la poesia è una fonte per gli eventi del IV-V secolo. Fonte storica importante è il codice teodosiano, voluto da Teodosio II è una raccolta di costituzioni imperiali che operano tra 429 e 438. Dopo un secolo, troviamo il codice giustinianeo di Giustiniano pubblicato nel 534. La documentazione giuridica è integrata dalla fonte epigrafiche come il rescritto di Spello e la tavola di Trinitapoli. Il quadro d’informazione viene valorizzato dalla documentazione archeologica e dai reperti iconografici. Le ricerche sulla ceramica ci fanno capire i flussi commerciali di tutto l’impero e anche dell’evoluzione economica. La produzione artistica ha favorito valutazioni innovative sulle tendenze culturali, ideologiche dell’età tardoantica. Un’età di rinnovamento e non di decadenza Il periodo che va da Costantino a Giustiniano è chiamato Tarda Antichità ed è un’età di transizione. Due concetti tendono ad identificarlo come un periodo negativo: il Dominato (imperatore rispetto al sistema) e lo Stato coercitivo (società divisa in honestiores e humiliores), le implicazioni di queste definizioni sono eccessive se sottintendono le componenti di dirigismo e assolutismo. La tarda antichità è stata rivalutata soprattutto per le notevoli esperienze culturali e artistiche, al suo interno si distingue una fase significativa con il regno di Costantino e la morte di Toedosio I, ovvero il IV secolo e l’affermazione del cristianesimo come religione dell’Impero. Le esigenze dello stato cambiano, l’organizzazione di corte ruota attorno alla figura dell’imperatore, il governo dello stato è retto dai detentori delle più alte cariche civili e militari che vanno ad affermarsi con il tempo. Il ruolo del senato è in declino, scompaiono le cariche burocratiche dei cavalieri (uniti con quelle senatorie), l’aristocrazia preferisce difendere i propri interessi. Il senato non ha più un potere reale, vi si accede sempre dopo la questura ma sono magistrature che non hanno più un carattere decisionale, il consolato è solo un titolo onorifico. Il rapporto con la plebe urbana è complicato, la responsabilità degli approvvigionamenti ricade sulle famiglie senatorie. La legislazione è importante per garantire collaborazione delle élite provinciali attraverso la mediazione di una gerarchia amministrativa incentrata sulla corte imperiale. In questo nuovo sistema l’aristocrazia romana non si rivede più. Il problema della conversione La conversione di Costantino è preceduta dal riconoscimento del fallimento delle persecuzioni dei cristiani, così come emerge nell’editto di Galerio. Costantino aveva già intrapreso un percorso politico e religioso che si allontanava dalla tetrarchia e dal politeismo, infatti, egli era in cerca di una divinità personale che lo proteggesse. Si narra di una visione di Apollo avuta dall’imperatore che gli profetizzava i 30 anni di regno, ciò che è importante è la scelta di Apollo, il sole, come unica divinità, la sua conversione si stima a questo periodo, prima della battaglia di ponte Milvio al 310-311. Dopo la sua conversione la religione non aveva caratteri definitivi se non quelli di religione monoteista. Con il battesimo nel 337 Costantino completa la propria adesione al cristianesimo, si proclama vescovo universale e decide di essere battezzato sul punto di morte per avere vita eterna. Morì il giorno di Pentecoste del 337, questo evento fu visto come un segnale divino. Adesso il concetto patrimoniale dell’Impero conquista una valenza positiva in età costantiniana, ai suoi figli Costanzo II e Costante fu attribuito il potere in modo legittimo anche se le cose poi andarono diversamente. Costantinopoli È la città voluta da Costantino, l’anno celebrato come fondativo in realtà è quello dell’inaugurazione, i lavori iniziarono nel 325. La città fu concepita pe ospitare un numero elevatissimo di abitanti, per costruirla utilizzarono il tesoro di Licinio, i beni confiscati ai pagani e altre tasse. L’obiettivo di questa città non era solo religioso, ma Costantino voleva concentrare l’attenzione anche sull’Oriente attribuendo anche le stesse cariche presenti a Roma. Eppure, sappiamo che l’eguaglianza di statuto dei senatori non implica una parità delle due assemblee, il senato di Roma risulta più influente di quello di Costantinopoli (che si occupa solo di questioni cittadine). La morte di Costantino e la fine della dinastia costantiniana A battezzare Costantino fu il Vescovo di Nicomedia, Eusebio. La funzione di Costantino (secondo se stesso) nei confronti dell’Impero e della Chiesa, è testimoniato dalle fonti di Eusebio di Cesarea (storia ecclesiastica e vita di Costantino). L’imperatore è considerato come un vescovo laico, questo rese legittima la sua sepoltura nella basilica di Santa Sofia, le disposizioni per la sua sepoltura lo indicano come un imperatore isoapostolo. Alla sua morte viene coniata una moneta di ‘consacrazione’. Sorprende che Costantino non abbia affrontato il problema della successione, alla sua morte c’è un clima di incertezza, la partecipazione dei figli alla dignità imperiale lascia intravedere un possibile ritorno alla pluralità di sovrani ma un collegio imperiale è poco plausibile. Costantino aveva prestabilito l’impostazione a un solo imperatore, l’esercito era favorevole a una successione dinastica quindi i possibili eredi erano i figli e i nipoti di Costantino, quest’ultimi, Dalmazio e Annibaliano furono eliminati dunque la scelta ricade sui figli Costantino II, Costante e Costanzo che si accordarono per il governo congiunto dell’Impero. L’equilibrio fu precario, Costantino II fu ucciso da Costante, e Costane morì per un usurpatore (poi eliminato), rimane solo Costanzo II che dovrà trovare un collega per l’occidente. La scelta ricade sul cugino Giuliano, proclamato nel 360 che riesce a garantire la sicurezza delle Gallie. La minaccia fratricida fu scongiurata dalla morte repentina di Costanzo II. Costantino: una figura controversa La crisi dinastica rende evidente il progetto irrealistico per il governo futuro dell’impero. Dopo la morte di Costantino l’impero era di nuovo lacerato da conflitti sia religiosi che politici. Giuliano morì nel 363 d.C. La fortuna di Costantino prescinde dalla rivoluzione religiosa, e la divisione dell’impero in greco e latino parte anche da qui. La fine della dinastia costantiniana pone il problema della non coincidenza del destino dell’Impero con quello della Chiesa, il fallimento del progetto politico oscura l’aver cristianizzato lo Stato romano. Costantino viene santificato, Giuliano, dopo la morte diventa un simbolo di battaglia ideologica per chi attribuiva al cristianesimo la sua rovina. Nel trattatello ‘sulle cose della guerra’ viene presa di mira la politica monetaria di Costantino che non fa altro che impoverire i ceti più deboli. Il regno di Giuliano Giuliano regnò come imperatore solo due anni (361-363) poi morì durante una campagna contro i Persiani. È ricordato per il tentativo di reintrodurre la religione pagana, aveva elaborato un programma per avere un’amministrazione efficiente e onesta e una rivitalizzazione nel ruolo delle città. Tuttavia, incontrò due difficoltà: la guerra contro i persiani da portare a termine e le tenzioni per la restaurazione del paganesimo. Questo progetto comporta l’abrogazione dei privilegi fiscali dei cristiani che causò malcontento anche tra i pagani. Segue un periodo di crisi che colpisce la città di Antiochia ma Giuliano non riesce a risolvere gli attriti, la vicende ci viene narrata da Giuliano stesso. Le città che nel IV secolo traevano più profitti erano sicuramente le nuove capitali imperiali, contemporaneamente si presenta il declino delle altre città dell’impero. Giuliano si reca in oriente nel 362, questo rappresentava un onore per il popolo, ma si presenta una crisi di comunicazione tra il sovrano e i cittadini, ciò basta per mettere in discussione i rapporti tra Giuliano e i suoi sostenitori. Giuliano passerà alla storia come l’Apostata, ovvero, il rinnegato e con lui si estingue la dinastia costantiniana. La riforma del paganesimo proposta da Giuliano Giuliano oltre a promuovere il ritorno al paganesimo si impegna in un disegno di riforma della religione pagana tradizionale basandosi sulle forme organizzative della Chiesa cristiana che reputa efficaci e funzionali. La morte di Giuliano. Il regno di Valentiniano L’Impero romano nel IV secolo presenta una stabilità al suo interno, almeno fino alla morte di Teodosio nel 395. L’ascesa di Valentiniano si deve alla crisi politica scoppiata alla morte di Giuliano, egli era un ufficiale sotto il governo di Giuliano che aveva partecipato alle campagne in Gallia. Eppure, alla morte di Giuliano viene eletto imperatore il cristiano Gioviano, intanto Valentiniano viene promosso di carica ed entra a far parte dell’entourage dell’imperatore. Nel 364 Gioviano morì improvvisamente e Valentiniano fu richiamato dalla missione per essere eletto imperatore. In entrambe le elezioni si era tenuto conto del problema religioso, il nuovo imperatore ricerca subito un collega con cui dividere il potere dell’impero: il fratello Valente a cui toccherà l’oriente. Valentiniano si occuperà dell’occidente in particolare della Gallia, della riorganizzazione militare della regione della difesa renana. Ciò trova conferma anche nella documentazione numismatica ed epigrafica. Per consolidare la sua posizione Valentiniano nomina Augusto il figlio Graziano, era una scelta di impostazione dinastica per sedare le turbolenze. Segue il trasferimento a Treviri della capitale imperiale, è infatti documentata un’intensa attività edilizia in questa città gallica. Nel 368 fu pianificata una spedizione transrenana, l’ultima vittoriosa. Valentiniano morì improvvisamente nel 375, qualche giorno dopo l’esercito pone sul trono il figlio piccolo: Valentiniano II. Fu posto fin da piccolo per rafforzare la dinastia, il governo resse fino all’usurpazione di Massimo nel 383 d.C. La sconfitta di Adrianopoli. Teodosio I Valente deve affrontare una situazione difficile: l’invasione degli Unni nell’Europa centro- orientale, questo popolo pressava i Goti che a loro volta si riversavano sulla frontiera danubiana. Falliranno i tentativi pacifici, Valente li affronta nel 378 ad Adrianopoli e ne uscì sconfitto. Le conseguenze furono gravi anche a causa della consapevolezza della crisi militare dovuta alla barbarizzazione dell’esercito, infatti, la convivenza con i barbari rappresenta un problema. Graziano rimasto al trono con il piccolo Valentiniano II cerca appoggio in Teodosio, il suo compito era risolvere la situazione orientale. Teodosio concluse nel 382 un accordo con il capo dei Goti, Fritigerno, secondo cui ricevevano delle terre all’interno dell’impero come popolazione autonoma, foederati. Intanto in Occidente le cose si complicavano, nel 383 avviene l’usurpazione da parte di Massimo su Graziano (suicida). Massimo governò sulla Gallia poi si muove verso l’Italia ma fu sconfitto da Teodosio nel 388, qualche anno dopo nel 392 anche il generale Arbogaste prova a far salire al potere Eugenio, uccidendo Valentiniano II, nel 394 Teodosio interviene di nuovo sconfiggendo Eugenio. Teodosio fu attento al problema religioso e con l’editto del 380 d.C. dichiara la religione cristiana la religione ufficiale dell’impero, convocò a Costantinopoli un consiglio ecumenico per stabilire una legislazione. Protagonista degli ultimi decenni del IV secolo è il vescovo di Milano, Ambrogio, figura di spicco. I fondamenti ideologici dell’Impero tardoantico Dopo la crisi del III secolo l’obiettivo del sovrano era trovare un’alternativa al senato in modo da evitare i colpi di mano militare. Il popolo aveva la necessità di esprimere il proprio punto di vista ma mancava il mezzo per farlo, le forme di potere locale erano diventate nella tarda antichità delle interlocutrici privilegiate del governo romano. Con il nuovo regime le assemblee legislative decadono e il sovrano diventa la rappresentazione dell’ordine divino sulla terra, impersonificava le leggi e il giusto. Il suo scopo era incrementare nei suoi sudditi il dovere morale, diventa un intermediario tra il popolo e Dio. La sacralizzazione della figura imperiale aveva radici antiche, già con il principato augusteo (epiteto di augusto), poi anche con la rivoluzione costantiniana. L’equivalente si verifica anche in Persia dove la dinastia dei Sasanidi rappresenta i propri sovrani come rappresentanti della religione di Zaratustra. Diocleziano utilizza il fondamento teologico per ristabilire l’ordine all’interno dell’Impero, è qui che l’aspetto dell’imperatore acquisisce importanza. La bellezza del monarca era un criterio di derivazione orientale. La voce fuori dal coro è Giuliano che anziché presentarsi sbarbato come faceva i sovrani si mostra barbuto come i filosofi. La vittoria del cristianesimo e la risposta pagana Nel IV secolo si ha una svolta decisiva in campo religioso, il trionfo del cristianesimo porta novità fondamentali nella politica e nella società. La risposta pagana si concentra in un gruppo di aristocratici romani di rango senatorio che difendono il culto pagano per tutelare la loro identità politica. Il tentativo viene mosso anche da Giuliano che però fallisce e viene riconosciuto come un santo pagano per questo. Pagani e cristiani alla fine del IV secolo d.C. Il dibattito più accesso e significativo tra cristiani e pagani avviene tra il prefetto romano Quinto Aurelio Simmaco e il vescovo di Milano Ambrogio, la questione verteva sul ripristino in senato dell’altare della vittoria. Esso ha un valore simbolico che coinvolge la funzione dell’aristocrazia senatoria romana che era ancora pagana. Parte sesta. Capitolo 1. La fine dell’Impero romano d’Occidente Le fonti Le fonti relative al periodo finale dell’impero romano sono molto ricche. Di alcune opere ci rimangono solo dei frammenti come per Olimpiodoro di Tebe, Prisco di Panion (poi ripreso da Giovanni Antiocheno) e Marco di Filadelfia. Un arco cronologico ampio è descritto nel ‘storia ecclesiastica’ di Evagrio dal 431 al 594, altre informazioni sono fornite da ‘cronografia’ di Giovanni Malala e da quella omonima di Idazio (che riprese quella di Gerolamo) dal 379 al 468. Per le vicende dei regni romano-barbarici del V secolo abbiamo solo brevi cronache: ‘chronicon’ di Marcellino Comes, ‘storia della persecuzione vandalica in Africa’ di Vittore de Vita, l’epistolario di Cassiodoro su dati della vita pubblica e sulla storia politica dell’inizio del VI secolo, lo stesso autore scrisse ‘storia dei goti’. Informazioni di qualità sono fornite da fonti non storiografiche tra gli scrittori cristiani come Agostino, ‘epistolario’ di Gerolamo sulla vita sociale, Ennodio con ‘vita di Epifanio’ e questo per l’occidente, per l’oriente troviamo ‘dialogo sulla vita di san Giovanni Crisostomo’ di Palladio. Per la letteratura pagana va ricordato il poeta Rutilio Namaziano, info importanti si trovano all’interno del’epistolario e nei ‘panegirici’ degli Alarico anche perché il suo trionfo risulta effimero, Attila anni dopo evita di compiere lo stesso errore di Alarico. Nonostante la sconfitta del paganesimo, il sacco di Roma e le invasioni barbariche, la città rimane perno della vita collettiva. Abbiamo a che fare con costruzioni di bagni, terme, portici, basiliche e teatri, l’impegno edilizio è sentore di volontà patriottica di preservare la struttura della città classica. La crisi del potere politico romano ha degli esiti sulla vita della città, lo sappiamo dal dato archeologico (scomparsa di tipologie edilizie), dal dato demografico, numismatico, epigrafico che spiegano a più livelli i cambiamenti di Roma. Fattori di crisi L’irruzione dei Goti a Roma innesca un processo di destrutturazione e di appropriazione dello spazio urbano da parte di privati e comunità cristiane. La dislocazione può essere accertata anche su Roma ma con l’identificazione di nuove strutture abitative e di come esse rispondono al sovraffollamento. Hanno un notevole impatto su di essa anche le invasioni che si susseguirono e che rappresentarono la caduta dell’impero. Nel 455 l’assalto dei Vandali di Genserico ebbe un carattere sistematico, quella nel 472 risulta più grave perché viene attuata nonostante la presenza dell’imperatore, Antemio. L’Italia intanto era divisa in due: a nord con Ricimero e a sud con l’imperatore legittimo. È caratteristico dell’ultimo periodo del mondo antico la differenziazione delle vicende dei vari territori, soprattutto in Occidente. In Italia si identificano quattro momenti: - Il primo: successivo al 476 con la dominazione di Odoacre e il regno ostrogoto di Teodorico - Il secondo: Guerra greco-gotica che provoca gravi devastazioni - Il terzo: restaurazione dell’autorità bizantina in Italia - Il quarto: Invasione longobarda dell’Italia e l’inizio della nuova età. La situazione è critica, nel 476 ci fu una sollevazione dei barbari in Italia contro Oreste, al comando viene innalzato il comandante germanico Odoacre che depose l’imperatore legittimo Romolo Augustolo. Odoacre controllava la situazione militare ma la sua posizione era incerta, traeva la legittimità solo dall’essere capo delle forze militari. Il senato prese l’iniziativa di chiedere all’imperatore Zenone di attribuire a Odoacre il titolo di patricius. Questo a dimostrazione che l’occidente non necessitava di un imperatore e che un capo barbarico fosse ritenuto legittimo a regnare sull’Italia. Gli Unni Le origini degli Unni sono controverse, sappiamo che erano un popolo nomade proveniente dalla steppa euroasiatica, non disponiamo di documenti che testimonino la loro origine o la loro lingua. Le informazioni ci arrivano dalle fonti romane del IV secolo. Sappiamo che fu la loro pressione a spingere i Goti sul Danubio, e grazie a loro i Goti e i Romani stringono un’intesa fallita poi con Adrianopoli. È accertato che un gruppo consistente di Unni si era stabilito nell’Europa orientale verso la metà del V secolo occupando la pianura ungherese, questo spinge popoli come i Vandali, gli Alani, gli Svevi e i Burgundi a varcare le frontiere dell’Impero romano. Roma era ancora capace di reagire a questi attacchi grazie ad Ezio che nel 433 acquisisce il potere alla corte di Ravenna. Riuscì a sottomettere Burgundi e Alamanni e a spingere oltre il confine Franchi e Alamanni. Tenta di ristabilire l’ordine in occidente ma fu interrotto dall’invasione dei Vandali in Africa, tenta una riscossa dalla Sicilia nel 440 ma non riuscì a metterla in pratica a causa di una minaccia ancor più grave: Attila. Con i Vandali stipulò un trattato nel 442. Da nord Attila, capo degli Unni con il fratello Bleda, cerca di rinegoziare i rapporti con l’Impero chiedendo una somma maggiore a Costantinopoli, nonostante l’accordo lo scontro ebbe luogo poco dopo e gli Unni riescono a conquistare diverse città e a minacciare Costantinopoli. Attila costrinse l’impero orientale ad una pace umiliante nel 442-443 con l’aumento del tributo. Nel 444 Attila fece assassinare il fratello per governare da solo, Costantinopoli interpreta il gesto come una debolezza e tenta la riscossa, Attila reagisce violentemente nel 447 con un assalto senza particolari esiti se non la sottomissione dei popoli barbari. Attila poi decise di spostarsi ad Occidente, penetrò in Gallia ma Ezio riesce a rispondere prontamente e Attila si ritirò ad Est dove ebbe luogo una battaglia che termina con Ezio vincitore. Nel 452 Attila varcò le Alpi, assediò Aquileia e altre città della Pianura Padana (tra cui Milano) ma si tratta di un successo effimero. Dopo l’incontro con Papa Leone ritorna sui suoi passi, in realtà l’arresto è dovuto alla mancata logistica del suo esercito che non riesce a condurre campagna militare di lungo periodo. Le due campagne occidentali dimostrano la fragilità dell’impero unno. La morte lo prese di sorpresa e con lui termina anche l’impero unno, i suoi successori non riuscirono a tenere le popolazioni barbariche sotto controllo perché l’impero aveva un’organizzazione politica instabile, non avevano capacità di governo a causa della mancanza di strumenti burocratici, la guerra civile scoppiata alla sua morte fece crollare velocemente l’impero unno. Attila fu uno dei motivi della crisi dell’impero occidentale, in Spagna Ezio non riesce a intervenire, gli Svevi prendono il controllo del territorio, perdono anche il controllo della Britannia, sull’Africa settentrionale e sulla Gallia Meridionale. La fine dell’Impero romano d’Occidente La situazione dell’impero d’Occidente rimane precaria, Ezio fu ucciso nel 454 d.C., dopo di lui Valentiniano III fu assassinato nel 455 da Petronio Massimo che non riesce a consolidare il suo potere. Nel 455 Roma fu saccheggiata nuovamente dai Vandali di Genserico. Petronio fu ucciso dalla folla, al suo posto fu eletto imperatore Eparchio Avito, deposto poco dopo. Maggioriano, imperatore dal 457 al 461 fu l’ultimo imperatore a reagire militarmente e a promuovere qualche riforma per alleviare la crisi sociale ed economica. Nel 461 fu ucciso dal generale barbaro Ricimero, l’imperatore voluto da Costantinopoli era Antemio e fu attaccato nel 472 sia da Ricimero che da Olibrio. I due barbari scomparvero e l’imperatore d’oriente Zenone, assegna nel 474 l’occidente a Giulio Nepote, ma contro quest’ultimo si schierò Oreste. Formalmente la fine dell’Impero d’occidente avviene nel 476 d.C. quando Romolo Augustolo fu scacciato da Odoacre che non rivendicò la carica di imperatore, finì così in silenzio l’impero occidentale. Sant’Agostino e il problema della caduta dell’Impero romano Il declino e la caduta dell’Impero romano rappresentano un controverso problema storiografico. Due sono i tipi di spiegazione che si è cercato di dare: uno monocausale cioè un motivo ben definito, e uno pluricausale ovvero tanti motivi che sommati hanno portato al declino. Il problema della fine dell’impero era già stato avvertito dai contemporanei, l’Africa godette di prosperità e libertà per altri vent’anni circa e molti senatori e nobili vi trasferirono. Agostino, vescovo, si trovò costretto a rispondere alle incertezze dell’élite che aveva abiurato la religione pagana. Agostino distingue due ‘città’ intese come ‘comunità, quella terrena e quella celeste. Capitolo 2. I regni romano-barbarici Il regno di Teodorico in Italia Odoacre controlla l’occidente mentre Zenone cerca l’intervento delle popolazioni barbariche amiche. Fu così che Teodorico, re dei Goti scese in Italia nel 488 d.C. con il titolo di patricius per eliminare Odoacre (succede nel 493 d.C.). Inizia un regno ostrogoto in Italia e parte della Dalmazia. Gli ostrogoti non rappresentano una maggioranza demografica ma comunque sono un gruppo omogeneo, era diverso il loro peso politico e sociale. Le intenzioni di Teodosio erano volte a mettere in atto una collaborazione tra goti e romani, ciò è testimoniato dall’emanazione di alcune leggi per regolare i rapporti tra le due comunità di uguaglianza. Scelse un entourage di personaggi romani perché capaci e qualificati dell’aristocrazia romana. Fece restaurare i monumenti in decadenza in varie città, soprattutto a Ravenna (chiesa di S. Apollinare Nuovo, Mausoleo, palazzo regio). Il periodo del regno di Teodosio è ricordato in modo positivo dopo anni di invasioni e instabilità. L’economia dopo un lungo declino è in ripresa, purtroppo la collaborazione tra Goti e Romani inizia a cedere, uno dei fattori che favorirono l’intesa era l’ostilità dei cattolici verso Costantinopoli, ma a lungo andare le differenze tra le due comunità spezza l’intesa. Teodorico imprigiona il Papa e condanna a morte il suo entourage romana. Nel 526 Teodorico muore e lascia il regno alla figlia Amalasunta, l’assassinio di quest’ultima è l’ennesimo motivo per l’intervento di Costantinopoli in occidente. I regni romano-barbarici d’occidente Possiamo distinguere due fasi delle invasioni barbariche, la prima è la penetrazione di piccoli gruppi pellegrini situati in zone limitrofe dell’impero, ciascuno con le proprie tradizioni quindi abbiamo la coesistenza di due componenti, per questo motivo chiamiamo la prima fase ‘dei regni romano-barbarici’. La seconda fase è caratterizzata dall’invasione di popoli germanici che riescono ad imporre al popolo romano la loro organizzazione, ricordiamo i Longobardi, i Franchi, gli Angli e i Sassoni. I nuovi regni nascono dalla disgregazione dell’impero occidentale e per la prima volta era data loro la possibilità di insediarsi all’interno dei confini e di poter esercitare la propria autorità sulle terre. Questi regni hanno comunque una breve durata. Il regno dei Burgundi costituitosi nel 443 (terra dell’attuale Borgogna) aveva a capo re Gundobaudo che fu riconosciuto dall’imperatore d’oriente Anastasio, tuttavia il loro regno fu sottomesso dai Franchi nel 534. Il regno Ostrogoto durò mezzo secolo (V-VI) e coincide con il regno di Teodorico. Nel 418 nasce il regno Visigotico nella Gallia sud-occidentale che fu riconosciuto da Roma e riesce ad ampliarsi in Spagna e Provenza. Dopo la sconfitta contro i Franchi, i Visigoti passarono nella penisola iberica e lì fondarono un nuovo regno (scacciati gli Svevi). Data importante è il 589 quando il loro re Recaredo si convertì al cristianesimo (è l’unico regno più longevo a conservare le strutture politiche e amministrative dell’impero romano), il regno visigotico di Toledo durò fino al 711 d.C. quando fu sostituito dagli arabi. Il più importante regno barbaro è quello dei Franchi, capitanato dal re Clodoveo (dei Merovingi) che convertitosi al cristianesimo favorisce l’integrazione tra i franchi dell’aristocrazia gallo-romana. Grazie alle vittorie di Clodoveo e dei suoi successori riescono a conquistare tutta la Gallia e riescono a fermare l’avanzata araba. In Europa del Nord le azioni di pirateria di popoli germanici portano all’occupazione di ampi territori che nel giro di due secoli si affermò in Britannia, la popolazione celtica fu sostituita da una di ceppo germanico, nasce così la Britannia anglosassone. La società romano-germanica Le modalità di istallazione dei popoli furono varie. In Britannia si tratta di una conquista vera e propria senza copertura giuridica o forme di intesa. Nella Gallia meridionale, in Spagna, in Italia e in Africa settentrionale l’insediamento avvenne sulla base di una copertura giuridica, di un trattato che assicurava il rispetto delle istituzioni civili. Si deve tener conto anche della realtà religiosa, infatti ciascun popolo possedeva la sua Chiesa nazionale. In alcune regioni si realizzò un dualismo amministrativo con romani e barbari sottoposti a gerarchie differenti, in ogni caso l’arrivo dei barbari velocizzò l’allontanamento dal modello di vita antico in classi e ceti molto rigidi. Il regime misto presupponeva spesso a diverse raccolte giuridiche differenziate per la nazionalità. La Gallia e le invasioni barbariche Alla fine del 406 d.C. i Vandali, gli Svevi, gli Alani e i Burgundi varcano il Rodano e si espandono in tutto il territorio imperiale, nel 470 d.C. il territorio è completamente in mano agli invasori. Queste invasioni suscitano reazioni differenti, c’è chi le vede negativamente c’è chi li vedi positivamente. Le risposte a questa situazione materiale e morale di crisi potevano essere varie, una di queste è l’ascetismo, un’altra è la ricerca da parte degli aristocratici (ormai falliti) di una carica ecclesiastica. L’integrazione tra Romani e barbari nei nuovi regni Sidonio Apollinare è coinvolto nella resistenza dell’impero ma contemporaneamente è interessato al nuovo regno Visigoto, nell’opera che scrive appare diviso tra la tradizione e l’attrattiva della nuova monarchia, in qualche modo si sforzò di garantire in Gallia la continuità romano-gotica. Nel VI secolo ha un ruolo decisivo per l’idea Gotica, Cassiodoro. Anche lui si sforza di trasporre l’ideologia romana nelle realtà politiche del regno ostrogotico. L’opera ‘storia dei Goti’ è una novità rispetto alla storiografia latina tradizionale perché considera il popolo da un lato come barbari esterni alla storia romana, dall’altro come continuatori dell’impero romano. Il monachesimo atteggiamento di totale subordinazione. La parola chiave per esprimere il fondamento dei rapporti sociale dell’impero bizantino è: tàxis, ovvero, ordine, un ordine cosmico. Questa concezione va tenuta presente per comprendere la mimesis, ovvero l’imitazione del modello, l’imperatore stesso imita la figura di Cristo. La Chiesa bizantina Nel mondo bizantino un ruolo di rilievo fu svolto dalla Chiesa, in particolare tra V e VI secolo la funzione pubblica dei vescovi era una caratteristica della vita urbana. Vi era una precisa gerarchia, nelle città operavano i vescovi, nei capoluoghi i metropoliti, nelle città importanti gli arcivescovi e nelle tre città principali i patriarchi. Il patriarca era nominato dall’imperatore. La Chiesa, infatti, cadde sotto la tutela dello Stato. Hanno un’importanza rilevante i monasteri, in origine ebbero una dimensione anarchica in cui il monachesimo e l’ascetismo rappresentavano l’unica via di ricerca della perfezione cristiana. Per capire le peculiarità dell’impero bizantino è necessario considerare le dispute teologiche che costituirono i fattori di una grave crisi. Le controversie nascono già nel 325 con il concilio ecumenico di Nicea, lì si distinsero due scuole teologiche: quella di Antiochia più razionalista, e quella di Alessandria di carattere mistico. La questione discussa era la natura divina della persona di Cristo. Il cesaropapismo Il sistema politico dell’impero d’oriente è designato come ‘cesaropapismo’, esso è speculare al governo teocratico (Dio esercita il potere tramite un rappresentante) di cui abbiamo testimonianze nella Bibbia, il termine fu coniato da Flavio Giuseppe. Il cesaropapismo presuppone un sovrano che pretende di agire come un papa, questa differenza sta alla base delle incongruenze tra occidente e oriente. Nella tradizione latina è riconosciuto un dualismo tra fini religiosi della Chiesa e mondani dello stato. Nella filosofia del cesaropapismo lo stato diviene per la Chiesa una autorità effettiva, e la Chiesa ha una parte diretta nell’esercizio di una componente del potere temporale. L’intervento dell’imperatore ha un ruolo diretto anche nei dibattiti teologici, ad esempio il concilio di Efeso convocato da Teodosio II, dove l’imperatore non può restare neutrale. L’assistenza verso i poveri nel mondo bizantino Nei primi secoli dell’impero bizantino furono create delle istituzioni assistenziali, la giurisdizione di Giustiniano realizzò dell’assistenza dallo stato alla chiesa. Nella legislazione giustinianea fu riservato molto spazio ai poveri, si preoccupò dei riflessi che la povertà e l’impoverimento potevano avere sull’ordine pubblico. Dunque, i poveri validi furono o rimandati nelle campagne se non originari della città, o impiegati in attività di interesse pubblico se cittadini della capitale, mentre, per i poveri invalidi furono organizzate forme di filantropia. La fine del mondo antico Il regime imperiale di Augusto si fondava sul potere personale che cercava riconoscimenti del popolo romano attraverso i meccanismi dell’ordinamento repubblicano, riuscì a incidere in modo determinante le istituzioni fino ad aderire ad un nuovo assetto dello stato. A livello di funzioni svolgeva quelle di comandante dell’esercito, di giudice supremo e di fonte di diritto, il tutto con l’aiuto di una cerchia ristretta. La crisi del III secolo trasformò l’imperatore in un soldato, la chiesa lo riconosce come uno strumento di Dio, avviene la sacralizzazione della figura dell’Imperatore (già dal principato augusteo). In occidente di presentarono le condizioni per un’organizzazione nuova dell’economia e della politica. La cesura è avvertita dai contemporanei con le invasioni barbariche e dalla nascita di nuovi stati lontani dall’ideologia romana. Inizia una nuova età che chiamiamo ‘Medioevo’, la società risentì delle trasformazioni del quadro politico, la civiltà urbana diventa rurale e l’economia naturale prevale su quella monetaria. I regni romano-barbarici si organizzavano attorno alla figura del capo militare, questi re ricevono titoli latini ed emanavano leggi in latino. Più grave fu la frattura determinata dall’espansionismo arabo del VII secolo, tra VI e VII il quadro politico era gravemente compromesso: da un lato l’impero bizantino ha problemi interni ed è minacciato dai barbari, dai persiani e dagli arabi, quindi, è impossibilitato a intervenire in occidente, dall’altro abbiamo l’Italia occupata dai Longobardi. Il fatto nuovo è sicuramente il dinamismo degli arabi che in breve occuparono un vasto territorio. All’interno del mondo cristiano assistiamo alla separazione sempre più evidente tra Costantinopoli e il papato romano, si perse così anche l’ultimo fattore di unificazione, quello religioso. Fine 😊