Scarica Storia Romana - G. Geraci, A. Marcone e più Sintesi del corso in PDF di Storia Romana solo su Docsity! STORIA ROMANA GIOVANNI GERACI, ARNALDO MARCONE I. I POPOLI DELL’ITALIA ANTICA E LE ORIGINI DI ROMA 1) L’ITALIA PREROMANA 1. L’ITALIA DELL’ ETA’ DEL PRONZO E DEL FERRO Nella penisola italiana tra l'età del bronzo medio (XVII-XIV a.C.) e la prima età del ferro (IX sec a.C.) si passa dalle presenza di una miriade di gruppi umani al sorgere di complesse organizzazioni protostatali che colmavano il distacco evolutivo col vicino oriente e l’Egitto. L’età del bronzo medio si contraddistingue per la sua uniformità: i siti risultano dislocato un po' ovunque nella penisola, anche se in numero prevalente lungo la dorsale montuosa, ecco perché tale cultura viene denominata anche appenninica. Gli insediamenti si riducono è quelli che restano si estendono in maniera notevole, quindi avviene uno sfruttamento più intensivo delle risorse disponibili. Questo è particolarmente evidente nella cultura Terramaricola che prevedeva capanne su impalcature di legno, che facevano da difesa naturale. I villaggi della cultura Terramaricola erano trapezoidali circondati da un argine ed un fossato e attraversati da strade perpendicolari tra loro. La prima età del ferro invece si differenzia per la diversa modalità di sepoltura: la cremazione in Italia settentrionale e lungo la costa tirrenica fino alla Campania e inumazione nel resto d’Italia. Vi troviamo quattro culture principali: Cultura della Golasecca: tra i laghi del Piemonte e della Lombardia Cultura d’Este: vicino Padova Cultura della Magnagrecia: è l’insediamento di coloni greci che senza dar vita ad entità politiche sottomisero le popolazioni indigene, lungo la costa ionica, tirrenica e Siciliana. Sorsero così Taranto, Crotone, Siracusa, Reggio Calabria, Napoli. Cultura Villanoviana: localizzata in Etruria e in Emilia. Il nome deriva dal nome di una necropoli nell’omonima località nei pressi di Bologna. Facevano parte di questa cultura uomini capaci di fabbricare utensili e armi in ferro: sono loro i diretti antenati degli etruschi. 2 2. I PRIMI FREQUENTATORI DELL’ITALIA MERIDIONALE Fra il bronzo antico ( XXII-XVII sec a.C.) e il bronzo medio (XVII-XIV) inizia la frequentazione commerciale delle coste meridionali dell’Italia ed alcuni artigiani egei si trasferiscono nei villaggi meridionali diffondendosi ceramiche più evolute di quelle locali. Verso il VIII sec a.C. La Grecia colonizzò l’Italia meridionale, probabilmente perché le civiltà indigene intanto erano diventate più popolose, il che significava più mercato. 2) GLI ETRUSCHI 1. ORIGINE ED ESPANSIONE DEGLI ETRUSCHI Gli etruschi sono la più importante popolazione dell'Italia preromana. Noti ai greci con il nome di tirreni, sembra che chiamassero sé stessi rasenna. La loro origine etnica è l'incontro di due tipi di processi: l'evoluzione della struttura sociale interna e i rapporti con le colonie greche dell'Italia meridionale. Quindi uno sviluppo autonomo, realizzatosi nella zona fra Toscana, Umbria e Lazio settentrionale. Nonostante ciò, essi non diedero mai vita ad uno stato unitario. Si organizzarono in città indipendenti con carattere autocratico, governate da un gruppo ristretto di proprietari terrieri e ricchi commercianti. Le battute d'arresto furono La battaglia navale con i Focei nel 530 a.C. . Questi avevend fondato in Corsica la colonia di Alalia apparvero agli etruschi come una minaccia per i loro scopi commerciali. La sconfitta con i greci di Siracusa a Cuma nel 474 a.C. Nel 396 a.C. I romani si impossessarono della città di Veio, mentre i celati si impossessarono dei loro possedimenti nella val Padana. Nel III sec a.C. L’Etruria passo in mano romana. 2. RELIGIONE E CULTURA Le divinità del pantheon etrusco sono in gran parte assimilabili a quelle greche, in alcuni così anche i nomi sono di origine ellenica come ad esempio Heracle per Eracle o Apulu per Apollo. Come in Grecia al di sopra di Zeus c'era solo il fato, per gli etruschi al di sopra di Tinia, dispensatrice di folgori, c'era il fato. L’aldilà è un proseguimento della vita, nelle tombe infatti venivano messi cibi, bevande e simboli dello status sociale del defunto. Successivamente l’aldilà fu una destinazione alla quale si perveniva dopo un lungo viaggio a piedi, o con un mezzo di locomozione. Agli etruschi premeva molto la corretta interpretazione dei segni della volontà divina: il loro sistema scientifico era l’aruspicina cioè l’esaminazione delle viscere 5 La monarchia romana aveva la caratteristica di essere elettiva: l'assemblea delle famiglie più in vista eleggevano il re. Originariamente il re doveva essere affiancato da un gruppo di anziani, che sarebbero diventati poi il senato. Il re era il supremo capo religioso, affiancato dal collegio dei sacerdoti. 7. PATRIZI E PLEBEI La divisione in classi sociali e la basate dalla forma arcaica che rimarrà per tutta la storia della repubblica: la divisione tra patrizi e plebei. Per tradizione i patrizi erano i discendenti dei primi senatori, la cui nomina si faceva risalire a Romolo. 8. L’INFLUENZA ETRUSCA Roma conobbe uno sviluppo notevole nel VI sec a.C. quando era sotto il dominio etrusco, che ha lasciato segni importanti nella stessa tradizione letteraria. 9. SERVIO TULLIO E TARQUINIO IL SUPERBO La figura del sovrano Sergio Tullio è circondata dalla tradizione da elementi eroici. Egli fu educato alla corte del re Tarquinio (che aveva connotati tipici del tiranno ellenico: promotore di opere pubbliche, politica espansionista, malvisto dal popolo) del quale sposò una delle figlie. Quando il re fu assassinato da due sicari al soldo dei suoi figli, la moglie di Tarquinio dispone che Servio assuma i poteri regi. 10. RAFFORZAMENTO DELLA MONARCHIA Il predominio etrusco su Roma portò un rafforzamento dell'istituto monarchico: lo provano le insegne stesse del potere regio, quali la corona, il trono, il manto, lo scettro, i fasci. Tra il VII e il VI sec fu creato il comitium, luogo dove il popolo si riuniva per deliberare, la sede della vita politica; difronte ad esso fu costruita la prima sede delle assemblee del senato. Servio Tullio trasformò la città a livello politico-istituzionale: creò l'ordinamento centuriano, cioè l'organizzazione della popolazione in classi, a loro volta articolate in unità dette “centurie”, stabilite in base al censo. 11. TRADIZIONE ORALE E STORIOGRAFICA Solo a partire dalla seconda metà del III sec abbiamo testi scritti che sono arrivati fino a noi. Precedentemente c'era l’oralità, c'erano i simposi, dedicati solo alle élite però, dai quali si può essere creata una memoria comune. La logica dei simposi era quella di valorizzare il passato per rafforzare la coesione sociale del presente. Quindi qual è il confine tra storiografia e favolistica del pensiero romano? Wiseman, storico inglese contemporaneo, dice che quando un atto era degno di memoria era tramandato due volte: per gli illetterati tramite ballate di 6 cantastorie itineranti, è per il pubblico colto tramite carminia, componimenti poetici, canti, poesie, versi. Un esempio di elaborazione storiografica potrebbe essere il racconto di Servio Tullio, che, anche se su base folclorica, non nasconde l’illegalità che si trova alla sua presa di potere. 12. LA FAMIGLIA Nel vocabolario del romano manca la parola famiglia, tipica delle società moderne. Familia in latino comprende tutti coloro che ricadevano sotto l’autorità di uno stesso individuo, il capofamiglia detto paterfamilias il cui primo diritto era quello di rifiutare i figli, se lo prendeva fra le braccia (nel caso di un maschio) o ordinava alla moglie di allattarla (nel caso di una femmina) lo accettava, se no venivano esposti. Il paterfamilia era, nella sua forma più antica, un unità parastatale: unità economica, politica e religiosa il cui fine era la propria perpetrazione. 13. LA DONNA La donna aristocratica riceveva un’educazione intellettuale (letteratura, musica, danza) e non doveva solo fare una vita domestica. Accompagnava il marito nella vita pubblica e condivideva con lui il compito dell'adozione dei figli. Il marito aveva pieno potere sulla propria moglie (manus): poteva punirla se aveva bevuto o addirittura ucciderla in caso di adulterio. Il matrimonio non avveniva mai prima dell'età di 12 anni e raramente avveniva per amore. Era un contratto finalizzato con lo scopo di avere figli legittimi. Era il padre di lei che decideva il marito e la cerimonia di fidanzamento era accompagnata da diversi riti. In origine si contraeva un matrimonio con la Conferratio cioè la divisione di una focaccia di farro tra i due sposi Mancipatio cioè una sorta di atti di compravendita Usus cioè un ininterrotta convivenza dei coniugi per un anno Siccome mancava l’atto scritto, il ruolo dei testimoni era fondamentale in caso di contestazione. 14. AGRICOLTURA E ALIMENTAZIONE L’agricoltura di Roma arcaica era limitata a condizioni poco favorevoli del terreno, cui si aggiungeva la bassa qualità delle tecniche agricole. L'agricoltura e l'alimentazione erano complementari: il bestiame serviva a produrre concime e gli animali da traino aiutavano l'uomo nel lavoro. Il farro era il cereale maggiormente coltivato che veniva macinato solo dopo essere abbrustolito è battuto. La farina di farro era alla base della mola salsa (una specie di farina di grano tostato e salato) e della puls (piatto tipico romano, come 7 per noi gli spaghetti, a metà strada fra la pappa e la farina: è l'antenato della nostra polenta). Il farro e l'orzo venivano associati tra loro con la veccia creando il ferrago che assicura un minimo di sopravvivenza, e che in un età più evoluta sarà destinato alle bestie, tornando ad essere consumata in età medievale! 15. L’IDEOLOGIA INDOEUROPEA NEI RACCONTI DI ROMA Indoeuropei è una denominazione convenzionale di una popolazione vissuta in epoca molto remota nella grande pianura russa tra il III, IV o addirittura VI millennio a.C. Intorno al II millennio di spostarono imponendo la loro lingua ai popoli conquistati, ma adottandone la scrittura. Così nascono gli Ittiti in Anatolia e i Micenei in Grecia. Solo così può spiegarsi l'interdipendenza delle varie lingue. Secondo gli indoeuropei il mondo doveva essere organizzato in riferimento a tre funzioni complementari: Potenza del sovrano Forza fisica (in matricolare del guerriero) La fecondità degli uomini, degli animali e della natura (prosperità materiale) Roma arcaica ha un’importante eredità indoeuropea anche nella teologia e nella tradizione dove la storia rocambolesca di Sergio Tullio si ritrova in una tradizione indiana: sono schemi narrativi ereditati dal solstrato indoeuropeo. 16. LE ORIGINI DI ROMA SECONDO UN IMPERATORE ROMANO La tradizione sulle origini di Roma poneva difficoltà anche a gli storici romani. Cicerone riconosceva oscurità nella storia romana arcaica. Nel 48 Claudio, imperatore romano appassionato di antichità etrusche, pronunciò un discorso in senato a favore dell’ammissione nell'assemblea di alcuni illustri rappresentanti della Gallia Comata. Se dimostrare la tradizionale apertura di Roma nei confronti degli stranieri prende spunto da vicende delle origini della città 17. LA GRANDE ROMA DEI TARQUINI Il regno dei Tarquini durò 107 anni, dalla fine del VII al alla fine del VI, Roma divenne la città più estesa del Lazio pur rimanendo culturalmente eterogenea dove ciascun centro preservava una propria identità specifica. II. LA REPUBBLICA DI ROMA DALLE ORIGINI AI GRACCHI 1) LA NASCITA DELLA REPUBBLICA 10 all'interno di queste in centurie. Il meccanismo di questi comizi non prevedevano la maggioranza di voti individuali ma la maggioranza nelle unità di voto costituite dalle centurie, assicurando così un consistente vantaggio all’elemento più facoltoso e più anziano (quindi presumibilmente più conservatore) della cittadinanza. LE centurie infatti non avevano tutte un uguale numero di componenti perché le persone dotate di censo più alto e le più anziane erano molte meno rispetto agli altri cittadini. La funzione più importante dell’assemblea centuriata era di eleggere i magistrati superiori e dei consoli. 2) IL CONFLITTO TRA PATRIZI E PLEBEI Il periodo che va dalla nascita della repubblica al 287 a.C. è dominato tra contrasti civili tra patrizi e plebei. 1. IL PROBLEMA ECONOMICO Roma era prosperata anche perché si trovava in un punto particolare in cui passava il commercio dall’Etruria alle altre città etrusche in Campania, ma quando Ierone di Siracusa nel 474 a.C. fece crollare il dominio etrusco in Campania, indirettamente creò un danno a Roma. Questo portò difficoltà interne: annate di cattivo raccolto è gravi carestie, e la popolazione, colpita dalla fame, venne ripetutamente colpita da epidemie. Gli effetti dei cattivi raccolti e delle malattie colpivano in particolare i piccoli agricoltori che per poter sopravvivere si indebitarono nei confronti dei proprietari terrieri. Spesso succedeva che, non riuscendo ad estinguere il debito, questi fossero venduti in terra straniera o messi a morte. 2. IL PROBLEMA POLITICO Essendo questa la situazione, il patriziato, meno interessato alla crisi economica, aveva assunto il monopolio della magistratura. 3. LE STRUTTURE MILITARI E LA COSCIENZA DELLA PLEBE La plebe prende coscienza delle propria importanza perché nel V sec cambia il modello tattico dell'esercito eclissando il combattimento aristocratico costituito da una fanteria pesante di nobili seguiti da clienti con armamento leggero. Il nuovo modello era costituito dagli opliti, cioè da fanti con armatura pesante che combattono l'uno di fianco all'altro in una formazione chiusa: la falange. Un sistema che i romani apprendono dal mondo greco con l'Inter edizione etrusca. 4. LA PRIMA SECESSIONE E IL TRIBUNATO DELLA PLEBE Nel 494 a.C. la plebe, esasperata dalla crisi, sciopera e lascia la città priva di forza lavoro e soprattutto indifesa contro le aggressioni esterne, ritirandosi in massa sull’Aventino, il colle di Roma maggiormente legato alle tradizioni plebee. In questa occasione la plebe si diede propri organismi: Un’assemblea generale che prima votava per curie, poi per tribù, e che ha perciò il nome di concilia plebis tributa. Il meccanismo di voto assicurava la prevalenza dei proprietari terrieri. L'assemblea poteva emanare dei provvedimenti che prendevano il nome di pleiscita 11 (“decisioni della plebe”) che naturalmente non avevano valore per lo stato ma solo per la plebe. I rappresentanti ed esecutori della plebe erano i tribuni della plebe, ai quali si riconobbero diversi poteri come quello di incorrere in aiuto di un cittadino contro l'azione di un magistrato. Chi commetteva violenza contro di loro era messo a morte. I tribuni ebbero poi accordata la facoltà di convocare e presiedere l’assemblea della plebe e sottoporre ad essa le proprie proposte. Questa prima secessione dunque portò a risultati politici, perché l’organizzazione interna fu riconosciuta dallo stato. 5. IL DECEMVIRATO E LE LEGGI DELLE XII TAVOLE La plebe quindi volle un codice di leggi scritto e nel 451 venne nominata una commissione di 10 uomini patrizi che avrebbe steso in forma scritta un codice giuridico. Nel primo anno compilarono un complesso di norme scritte su 10 tavole di legno affisse nel foro. Nel 450 venne nominata una seconda commissione di decemviri che comprendeva anche la plebe, e che stese altre due tavole, così si spiega il nome delle leggi delle XII Tavole col quale è noto il primo codice legislativo di Roma. 6. TRIBUNI MILITARI CON POTERI CONSOLARI Un plebiscito indetto da M. Canuleio riconosceva la legittimità di matrimoni misti tra patrizi e plebei. Così facendo divenne difficile escludere i plebei dalle alte cariche e allora il patriziato ricorse ad un espediente: i due consoli patrizi e aventi la facoltà di prendere auspici, sarebbero stati assistiti da un certo numero di tribuni militari, i comandanti dei reparti che componevano le legioni, e che potevano essere anche plebei, ma che non potevano trarre auspici. 7. LE LEGGI LICINIE SESTIE Queste leggi furono proposte da Licino e Sestio, esponenti di due ricche famiglie plebee, in più Licino aveva sposato la figlia di un illustre patrizio, tale Marco Fabio Ambusto il cui prestigio contribuì molto all’attuazione delle leggi. Le leges Licinae Sextiae prevedevano: La massima estensione del terreno di proprietà statale occupata da un privato doveva essere 125 ettari. Abolizione del tribunato militare con potestà consolare, e la completa reni reintegrazione alla testa dello stato dei due consoli, dei quali uno doveva essere plebeo. La figura del pretore, che, dotato di imperium, poteva essere messo alla testa di un esercito, anche se i suoi poteri erano subordinati a quelli dei consoli. 8. VERSO UN NUOVO EQUILIBRIO Con le leggi Licinie e Sestie progressivamente i plebei ebbero accesso a tutte le cariche dello Stato. 9. LA CENSURA DI APPIO CLAUDIO CIECO 12 È attribuita ad Appio Claudio la costruzione del primo acquedotto della città e la via che congiunge Roma a Capua, chiamata appunto via Appia, che si rivelò di importanza strategica nel corso della seconda guerra sannitica. 10. LA LEGGE ORTENSIA La legge Ortensia stabilì che i plebisciti votati dalla plebe avessero valore per tutta la cittadinanza di Roma. 11. LA NOBILITAS PATRIZIO-PLEBEA Le conquiste che beiamo visto formarono una nuova aristocrazia, formata dalle famiglie plebee più ricche e influenti delle stirpi patrizie. A questa nuova élite si da il nome di nobilitas (da nobilis che aveva il significato di “noto, illustre” e che venne a designare tutti coloro che avevano raggiunto il consolato). La nobilitas presto si rivelò come il vecchio patriziato. L'accesso alle magistrature era riservato a poche famiglie, la nobilitas divenne esclusiva e quando un personaggio raggiungeva alti vertici essendo estraneo alla nobilitas veniva chiamato homines novi. 3) LA CONQUISTA DELL’ITALIA 1. LA SITUAZIONE DEL LAZIO ALLA CADUTA DELLA MONARCHIA DI ROMA Tra il VI e il V sec a.C. molte città, approfittando delle difficoltà interne di Roma, si strinsero in una lega i cui membri condividevano alcuni diritti tra cui: Ius connubii cioè il diritto di contrarre matrimonio con cittadini di altre comunità Ius commercii cioè il diritto di commerciare con cittadini di altre comunità Ius migrationis cioè un latino assumeva pieni diritti civili in qualsiasi comunità semplicemente prendendovi residenza. 2. LA BATTAGLIA DI LAGO REGILLO E IL FOEDUS CASSIANUM Nel 493 a.C. Roma sconfisse le forze congiunte della lega e si concluse un trattato che avrebbe regolato i rapporti fra Roma e i latini per i prossimi 150 anni. Il trattato, siglato nel 493, dal console Cassio e perciò detto foedus Cassianum prevedeva: La pace da ambedue le parti. Commercio tra di loro. Aiutarsi l’un l’altra in caso di guerra, dove il bottino della battaglia sarebbe stato equamente diviso. Agli alleati sarebbe stati riconosciuti i diritti della lega latina di cui sopra. Nel 486 Roma si alleò anche con gli Ernici, stringendo il medesimo patto. 3. I CONFLITTI CON SABINI, EQUI E VOLSCI I Sabini, gli Equi e i Volsci erano delle popolazioni che avevano sede nelle regioni ostili dell’Appennino e che mano mano, a causa della forte crescita demografica e della conseguente incapacità di assicurare la sopravvivenza di tutti, migrarono verso terre più fertili. Per questo motivo nel V sec a.C. sorsero una serie di conflitti fra Roma e queste popolazioni montanare. 15 l’aiuto di Cartagine, che una volta aiutatili installò una sua guarnigione in quella zona. I Mamertini si stancarono della presenza cartaginese in casa loro e chiesero aiuto a Roma. Ora, Cartagine era una colonia fondata dai Fenici di Tiro, a poca distanza dalla odierna Tunisi. Era capitale di un vasto impero formato da comunità alleate e popolazioni soggette, e si estendeva dalle coste del nord Africa alla Spagna meridionale, dalla Sardegna alla parte occidentale della Sicilia. Era guidata da un regime oligarchico. Conveniva ai romani mettersi contro Cartagine? Si, perché era l'unica occasione per impadronirsi della ricchissima Sicilia, è l'occasione doveva essere presa al volo. Così cominciò la prima guerra punica, che durò 23 anni. Il più si combatté in mare, lungo le coste sicule. Roma investì molto sulla flotta e si vide arridere dalla vittoria, impossessandosi della Sicilia e ritirando un indennizzo di guerra dai cartaginesi. 2. LA PRIMA PROVINCIA ROMANA La Sicilia divenne la prima provincia romana, fu mandato nell'isola un magistrato annuo che la amministrasse. “Provincia” da questo momento vuol dire “soggetto all’autorità di un magistrato romano”. 3. TRA LE DUE GUERRE I cartaginesi cedettero a Roma –causa ribellione non andata a buon fine- anche la Sardegna e la Corsica, che andarono a formare la seconda provincia romana. Roma si espanse anche a nord Italia. 4. LA SECONDA GUERRA PUNICA Annibale voleva togliere alleati a Roma, voleva diminuire il potenziale umano. Annibale partì nella primavera del 218 a.C. da sud-est della Spagna con un imponente esercito, valicò i Pirenei e le Alpi. Il primo grande scontro si ebbe sul fiume Trebbia, un affluente del Po, dove Annibale sconfisse gli eserciti di Scipione. Annibale avanzava imperterrito riportando conquiste, e facendo strada nella mente dei romani, l'idea che fosse impossibile sconfiggerlo, Roma temporeggia per 6 mesi per far sì che ad Annibale finissero le risorse. Ma così facendo i cartaginesi stavano devastando l'Italia, per cui Roma decise di passare nuovamente all’offensiva, ma l’esercito di Annibale era più forte e riportò diverse vittorie. La svolta si ebbe in Spagna dove i fratelli Publio Cornelio e Cneo Scipione interruppero gli aiuti destinati ad Annibale. Tuttavia, dovendo affrontare le forze che i cartaginesi avevano concentrato nella penisola iberica, vennero sconfitti e uccisi. Venne nominato quindi, come comandante delle truppe in Spagna, il figlio omonimo di Publio Cornelio Scipione, che sarà noto col cognomen di “Africano”. Nel 206 baby Scipione vinse in Spagna nella famosa battaglia di Ilipa. L’anno dopo fu eletto console e invase l’Africa, volendo eliminare per sempre la minaccia punica alleandosi con Massinina, re dei massili. 16 Il trattato di pace prevedeva la consegna di tutta la flotta meno dieci navi, e il pagamento di una fortissima indennità. Ai cartaginesi non fu concesso di dichiarare guerra se prima Roma non l’aveva autorizzato è il regno di Numida, governato da Massinissa divenne una specie di gendarme romano in terra africana. 5. LA SECONDA GUERRA MACEDONICA Filippo V re di macedonia attaccò il regno di Pergamo e la repubblica di Rodi, che decisero di chiedere aiuto a Roma. Roma, anche se aveva deciso di intervenire, inviò comunque un ultimatum a re Filippo. Fu una mossa furba che suscitò la simpatia di alcuni stati greci, tra cui Atene, alla quale Roma si presentò come liberatrice. Filippo allora volle chiedere la pace, ma cinicamente Roma lo annientò lo stesso. Il trattato di pace prevedeva il ritorno delle truppe dall’area greca, il pagamento di un indennizzo e la consegna della flotta tranne 5 navi. 6. LA GUERRA SIRIACA Antioco III, se di Siria invase le città greche e dell’Asia minore. Roma, sempre molto diplomaticamente, gli chiedeva di cessare gli attacca ma lui niente. Intanto le truppe romane in greci avevano dato l'impressione ai greci di aver solamente cambiato padrone, avevano capito che loro in realtà non erano veri liberatori; così la Grecia, stanca del protettorato romano invitò espressamente Antioco III a liberarla dai suoi falsi liberatori. Nel 192 a.C. scoppiò la guerra tra Roma e Antioco (più alleati). Roma vinse, Antioco scappò in Asia minore, Roma lo raggiunse e lo annientò. Il trattato di pace prevedeva un enorme indennità di guerra, consegnare la flotta meno 10 navi, la consegna di Annibale che intanto aveva trovato rifugio nelle corte siriana, e sgomberare i territori dell’asia minore che furono spartiti tra gli alleati di Roma (il re Pergamo Emanuele e la repubblica di Rodi). Alla Grecia non fu riconosciuto niente per essersi schierata dalla parte opposta. 7. LA TERZA GUERRA MACEDONICA Il re di macedonia Filippo V era devoto a Roma, ma quando morì gli successe il figlio Perseo, a cui si rivolsero le città greche. Iniziò una guerra che vide Roma vittoriosa; il re fu portato in Italia e la monarchia in Macedonia fu abolita, al suo posto fu divisa in quattro repubbliche che non potevano intrattenere alcun rapporto tra loro. I quattro stati dovevano versare una tassa a Roma pari alla metà di quella che precedentemente era pagata al re. 8. LA QUARTA GUERRA MACEDONICA E LA GUERRA ACAICA Un tale Andrisco, facendosi passare per figlio di Perseo tentò un ultima volta di dichiarare guerra a Roma, e restaurare la monarchia, e dopo qualche successo venne annientato dalle forze del pretore Quinto Cecilia Metello. Roma si rese conto quindi di risistemare l'area greca in un modo migliore: tutte le leghe vennero sciolte e ridotte all’impotenza, è ovunque furono imposti regimi aristocratici di provata fedeltà. 17 9. LA TERZA GUERRA PUNICA Dopo la sconfitta della seconda guerra punica Cartagine si era ripresa in fretta, riuscendo a pagare tutti gli indennizzi con largo anticipo. Il re di della Numida Massinissa, approfittando del fatto che i limiti del suo stato non erano fissati con precisione, o fingendo che non lo fossero, avanzò sempre più pretese territoriali dai confinanti cartaginesi. Questi, non potendo dichiarare guerra senza l’approvazione di Roma, sollecitarono lo stato romano, ma non ebbero alcuna risposta. Così, senza l'approvazione di Roma, Cartagine dichiarò guerra a Numida, ma l’esercito, privo di addestramento, fu fatto a pezzi. Nel 149 un imponente esercito romano sbarcò in Africa e si fece consegnare dai cartaginesi superstiti una notevole quantità di armamenti per placare il tutto. Ma quando i romani chiesero ai cartaginesi di trasferirsi ad almeno 10 miglia di distanza dalla costa, questi si opposero. Il tutto si trasformò quindi in un assedio alla città di Cartagine, che fu saccheggiata, rasa al suolo, e il suo territorio trasformato in una nuova provincia d’Africa. III. LA CRISI DELLA REPUBBLICA E LE GUERRE CIVILI (DAI GRACCHI AD AZIO) 1) DAI GRACCHI ALLA GUERRA SOCIALE 1. L’ETÀ DEI GRACCHI (133-121 a.C.): UNA SVOLTA EPOCALE? In questo periodo vengono a galla problemi tra loro connessi, creati essenzialmente dall’espansione stessa del dominio romano. 2. MUTAMENTO DEGLI EQUILIBRI SOCIALI Le precedenti guerre avevano a lungo tenuto lontani i cittadini dalle loro case e dai loro poderi; portato un’affluenza di ricchezze in mano di pochi; una massa enorme di schiavi; schemi e idee greche. Tutti gli indennizzi pagati a Roma modificarono la struttura sociale, molti romani e italici si introdussero nel commercio (olio, vino, grano, schiavi..) e divennero negotiatores, uomini d'affari che si installavano nelle province e che esercitavano anche professioni bancarie. I rampolli dei romani più ricchi furono cresciuti ed educati da schiavi e liberti di cultura greca, il che portò alla diffusione dell’ellenismo. 3. CRISI DELLA PICCOLA PROPRIETÀ FONDIARIA E INURBAMENTO Il denaro che fluiva all'interno di Roma aveva accentuato l’agricoltura: i prodotti della terra non erano più destinati unicamente al padrone, ma venivano venduti, il che era motivo di aumentare lo sfruttamento degli schiavi. 4. RIVOLTE SERVILI Gli schiavi, molto spesso, erano trattati in modo disumano, ed in Sicilia (dove più diffusi erano i latifondi ed i pascoli) gli schiavi si ribellarono nel 140-132 e nel 104- 100 a.C. Publio Rupilio nel 132 sedò le rivolte. 20 guerra civile portò al riconoscimento della cittadinanza agli italici fino alla transpadania, il che inaugurava un processo di unificazione politica. Tutti, dunque, per partecipare alla vita politica dovettero recarsi a Roma, che assumeva sempre più l'aspetto di una città cosmopolita. 2) I PRIMI GRANDI SCONTRI TRA FAZIONI IN ARMI 1. MITRIDATE VI EUPATORE Roma nell’istallarsi nella penisola anatolica (odierna Turchia) aveva favorito la coesione di tanti piccoli stati, limitandosi solo a sorvegliare che essi non si unissero. Appena Mitridate VI divenne re del Ponto, uno degli Stati, si lanciò verso una politica espansionistica ottenendo alleanze e conquistando territori. Nel 90 a.C. Roma decise di intervenire con l'intenzione di rimettere al loro posto i sovrani di Bitinia e Cappadocia, spodestati da Mitridate. Mitridate intanto riuscì a sollevare tutto il malcontento dei greci verso i romani che portò ad una rivolta in massa nel mondo greco; Roma allora decise di affidare il comando a Lucio Cornelio Silla che allora era occupato nell’assedio di Nola. 2. IL TRIBUNATO DI PUBLIO SULPICIO RUFO E IL RITORNO DI MARIO; SILLA MARCIA SU ROMA Mentre Silla velocizzava le operazioni di Nola per poi partire per l’asia minore un tribuno della plebe, tale Publio Suplicio Rufo si adoperava per privarlo del comando della guerra. La guerra contro Mitridate aveva portato ad un impoverimento dello stato romano, molti debitori non potettero più ripagare i propri creditori; e difronte a questi problemi Publio propose una serie di provvedimenti tra cui il trasferimento del comando della guerra da Silla a Mario. Appreso questo Silla marciò su Roma, se ne impadronì, fece uccidere Publio, mentre Mario riuscì a fuggire in Africa. Silla poi, dopo aver fatto approvare alcune norme (ogni proposta di legge doveva essere approvata dal senato prima di di essere sottoposta al volere popolare; i comizi centuriati erano gli unici legittimi) partì alla volta dell’oriente. 3. SILLA E LA PRIMA FASE DELLA PRIMA GUERRA MITRIDATICA La prima cosa che fece Silla fu saccheggiare Atene, poi sconfisse l’esercito affiliato a Silla in Macedonia e liberò la Grecia dalle armate di Mitridate. 4. LUCIO CORNELIO CINNA E L’ULTIMO CONSOLATO DI MARIO Mario intanto, ritornato dall'Africa, fece una nuova marcia su Roma accompagnato da Lucio Cornelio Cinna, uno dei due consoli che Silla aveva spodestato. Insieme ripresero il potere e mandarono una nuova spedizione in oriente contro Mitridate in sostituzione dell’esercito di Silla che ormai non era più legale. 5. CONCLUSIONE DELLA PRIMA GUERRA MITRIDATICA Le due armate trovatesi in Grecia non si scontrarono mai fra di loro, ma combatterono parallelamente contro la minaccia di Mitridate ricacciandolo in Asia. Si stipulò un trattato di pace in cui Mitridate poteva conservare il suo regno 21 ma doveva evacuare l’Asia, versare una pesante indennità, e consegnare la sua flotta. Silla lasciò in quelle zone un governatore. Mitridate, dopo aver aspettato che Silla se ne andasse, uccise il governatore dando così inizio alla “II guerra mitridatica”. 6. LE PROSCRIZIONI; SILLA DITTATORE PER LA RIFORMA DELLO STATO Silla, tornato in Italia, si impadronì dei territori d’italia e di Roma, uccise gli oppositori e stilò un elenco di avversari politici –reso poi pubblico- contenente tutti i nomi da eliminare, principalmente senatori e cavalieri. Siccome entrambi i consoli morirono nel conflitto nell’82 a.C., il senato, secondo la tradizione, nominò un interrex, Flacco, il quale invece di nominare i nuovi consoli, fece al senato una proposta: Silla dittatore con l'incarico di redigere leggi e di organizzare lo stato. Tale dittatura non era come quella classica, di sei mesi, ma a tempo indeterminato. Silla quindi rimise in atto le norme mise in atto in precedenza; il senato fu portato a 600 membri con l'immissione di numerosi partigiani di fiducia; furono ridimensionati i poteri dei tribuni della plebe, limitato il loro diritto di voto e annullato quello di proporre leggi; il pomoerium (limite sacro del territorio cittadino, entro il quale non era lecito entrare con le armi) venne allargato quasi a comprendere tutte le zone d'Italia che condividevano la cittadinanza romana. Dopo tutti questi rinnovamenti, Silla abdicò alla dittatura, si ritirò in Campania dove morì l’anno dopo, 71 a.C. 7. IL TENTATIVO DI REAZIONE ANTISILLIANA DI MARCO EMILIO LEPIDO Uno dei due consoli Marco Emilio Lepido, padre del futuro triumviro, tentò di ridimensionare l’ordinamento di Silla. Marciò su Roma reclamando un secondo consolato e la restituzione del potere al tribuno della plebe, la rivolta però fu stroncata e Marco Emilio Lepido fuggì in Sardegna dove morì. 8. L’ULTIMA RESISTENZA MARIANA; SERTORIO Intanto le truppe che aveva riunito Marco Emilio Lepido, ora comandate da Marco Perperna (suo luogotenente), si unirono a quelle di Quinto Sertorio, un filomariano che era diventato governatore della Spagna Citeriore dove aveva creato una sorta di stato mariano in esilio. In questa regione quindi fu creato uno stato vero e proprio, con un senato è una scuola (prendendo il modello romano); la nuova capitale fu Osca, una città vicino i Pirenei. Arrivato in Spagna Pompeo attaccò Quinto Sertorio che invece fu ucciso a tradimento da Perperna, convinto di trarne vantaggio. Quest’ultimo fu giustiziato a sua volta da Pompeo nel 71 a.C. 9. LA RIVOLTA SERVILE DI SPARTACO A Capua, in una scuola di gladiatori, una settantina di loro si erano ribellati e si erano asserragliati sul Vesuvio. A loro si unirono sbandati, espropriati, diseredati, tutta gente che aveva interessi diversi. La rivolta si estese rapidamente in tutto il mezzogiorno, ma mancava totalmente di un obiettivo comune. Crasso riuscì a sconfiggere Spartaco e company in Calabria dove furono traditi dai pirati che presero solo i soldi senza traghettarli in Sicilia. Migliaia di prigionieri furono fatti crocifiggere da crasso lungo la via Appia, tra Roma e Capua. 22 10. IL CONSOLATO DI POMPEO E CRASSO E LO SMANTELLAMENTO DELL’ORDINAMENTO SILLANO Crasso e Pompeo furono eletti consoli e insieme smantellarono l’ordinamento sillano, furono restaurati i poteri dei tribuni della plebe, che poterono di nuovo proporre leggi e opporre il loro veto alle iniziative di altri magistrati. 11. POMPEO IN ORIENTE; OPERAZIONI CONTRO I PIRATI; NUOVA GUERRA MITRIDATICA La pirateria, che i romani avevano estirpato nel Mare Nostrum, aveva continuato ad esistere in oriente, particolarmente in Asia minore, a Creta e lungo il litorale africano dove la costa frastagliata riparavano i piccoli vascelli corsari. I pirati attaccavano le navi commerciali, e il trasporto di merci divenne sempre più difficile. Contro i pirati fu inviato Marco Antonio (padre omonimo del futuro triumviro) che riportò sconfitte presso Creta. La faccenda dei pirati fu perciò delegata a Pompeo che li sconfisse. A Pompeo fu anche assegnato il comando della guerra contro Mitridate, il quale si fece uccidere pur di non finire nelle mani dei romani di Pompeo che nel suo tragitto si impadronì anche di Gerusalemme e del suo tempio dove costituì uno stato autonomo, ma tributario, aggregato alla provincia di Siria. 12. IL CONSOLATO DI CICERONE E LA CONGIURA DI CATILINA Mentre Pompeo era impegnato in oriente Lucio Sergio Catilina, discendente di una famiglia aristocratica decaduta, volendo divenire console dilapidò tutti il patrimonio per costruire la propria immagine. Divenne invece console Marco Tullio Cicerone, un homo novus, sostenitore di Pompeo, che nella sua campagna elettorale aveva attaccato la corruzione di Catilina. Catilina però non si arrese, organizzò in Etruria un esercito filosillano, ma il piano fu scoperto e sventato da Cicerone. 3) DAL PRIMO TRIUNVIRATO ALLE IDI DI MARZO 1. IL RITORNO DI POMPEO E IL COSIDDETTO “PRIMO TRIUMVIRATO” Il primo triunvirato era un accordo di sostegno reciproco che vede uniti Crasso, Pompeo e Cesare. Fu un accordo segreto e privato con lo scopo di eleggere Cesare il 59 a.C., che varasse una legge agraria che sistemasse i veterani di Pompeo. 2. CAIO GIULIO CESARE CONSOLE Cesare fu eletto console nel 59 a.C. La prima cosa che fece furono due leggi agrarie che prevedevano una distribuzione ai veterani di Pompeo di tutto l’agro pubblico in Italia, tranne quello della Campania e di altre terre in mano privata. Furono migliorati i procedimenti per concussione; dovevano essere pubblicati i verbali delle sedute del senato e delle assemblee popolari. A Cesare fu attribuito il proconsolato della Gallia Cisalpina, quella Narbonese e dell’Illirico. 25 scranno e compiuto qualche passo cadde ai piedi della statua di Pompeo. Per alcuni le sue ultime parole furono in greco rivolte a Bruto: <<anche tu, figlio?>>. Sempre Plutarco dice che la statua di Pompeo fu insanguinata abbondantemente tanto da sembrare che lo stesso Pompeo presiedesse la vendetta sul nemico. 4) AGONIA DELLA REPUBBLICA 1. L’EREDITÀ DI CESARE. LA GUETTA DI MODENA Eliminato Cesare, i cesaricidi non si preoccuparono di eliminare anche i suoi più stretti collaboratori: Marco Elmilio Lepido (che aveva fatto nominare Cesare dittatore) e Marco Antonio (uno dei suoi più fidati luogotenenti). Marco Antonio impose una politica di compromesso che prevedeva la clemenza per i cesaricidi, addirittura per Decimo Bruto fu confermata l'assegnazione della Gallia cisalpina; abolì la dittatura; impose nuovi progetti che aveva trovato fra le carte di Cesare, diventando in pratica l’unico interprete della politica di Cesare nonché suo continuatore. Erede di Cesare era Caio Ottavio, suo figlio adottivo, che reclamò l’eredita, ed era intento a vendicare suo padre. Vista la situazione Marco Antonio, invece della macedonia si fece assegnare la Gallia cisalpina, per poter controllare più da vicino la situazione a Roma. Decimo Bruto rifiutò di cedergliela e si rifugiò a Modena, Marco Antonio mosse guerra a Modena ma fu sconfitto da Decimo Bruto e dalle forze del senato accorsegli. Fu costretto a rifugiarsi nella Gallia Narbonese. 2. IL TRIUMVIRATO COSTITUENTE (COSIDDETTO “SECONDO TRIUMVIRATO”); LE PROSCRIZIONI; FILIPPI Poiché i consoli erano entrambi periti nella guerra di Modena, Caio Ottavio chiese il consolato. Al rifiuto non esitò a marciare su Roma. Nel 43 il senato quindi rettificò il volere di Cesare accordando ad Ottaviano – suo figlio adottivo nonché suo erede - un imperium di propretore con il quale poteva sedere in senato tra i questori, prendere la parola e votare con i consolari, aspirare al consolato dieci anni prima dell’età legale. Nello stesso anno, con un abile strategia, si fece eleggere console dal senato. Prima di imporsi su Antonio, acerrimo rivale, che aspirava, come lui, al potere, deve eliminare Bruto e Cassio, coloro che avevano ucciso il suo prozio Cesare. E per fare ciò ha bisogno proprio di Antonio al suo fianco. Ottaviano quindi chiede a Lepido di fare da mediatore tra lui e Antonio e ad ottobre Marco Antonio, Ottaviano e Lepido si incontrarono a Bologna e nell’illegalità più totale decisero di spartirsi il potere, richiamandosi alle dittature di Silla e Cesare, dividendosi così l'amministrazione delle province. 26 A novembre P.Tizio conferì con la Lex Tita valore legale al triumvirato, decretandoli “triumviri investiti di potere consolare allo scopo di restituire stabilità alla repubblica”: decidendo per una durata di 5 anni (dal 43 al 38) e conferendo ad ognuno dei tre un potere uguale a quello dei consoli. La Gallia Cisalpina e Transalpina fu affidata ad Antonio; la Gallia Narbonese e le due province di Spagna a Lepido; Africa, Sicilia e Sardegna ad Ottaviano. Nel tentativo di rafforzare quest’alleanza Ottaviano sposa Claudia, figlia acquisita di Marco Antonio che all'epoca ha solo undici anni. Inutile dire che non basta trasformare Ottaviano e Marco Antonio da rivali ad amici: più che altro li unisce la vendetta per i cesaricidi. Infatti la loro prima azione è una spietata epurazione dei nemici interni: attraverso delle liste vengono fatti i nomi di più di cento senatori (tra cui Cicerone). Chi si trova in queste liste sa che una volta catturato verrà ucciso e i suoi beni verranno confiscati è la sua testa tagliata e appesa alla tribuna degli oratori nel Foro. 3. CONSOLIDAMENTO DI OTTAVIANO IN OCCIDENTE; LA GUERRA DI PERUGIA; SESTO POMPEO; GLI ACCORDI DI BRINDISI, DI MISENO E DI TARANTO; NAULOCO Nel 42 i cesaricidi furono uccisi, e rientrati a Roma i triumviri provvedono ad una nuova spartizione dei territori: Roma viene affidata ad Ottaviano, l'Africa a Lepido; Marco Antonio parte per l’oriente per riprendere la battaglia contro i prati che Cesare stava preparando prima di essere ucciso. Conquistare quelle regioni significa controllare il commercio di spezie, ma l'invasione della Partia non avrà successo. 4. ANTONIO IN ORIENTE Nel corso di questa campagna Marco Antonio conosce Cleopatra, regina degli egizi già amante di Cesare, e se ne innamora, quindi da lì a poco lascia l'Oriente e si trasferisce ad Alessandria lasciando campo libero ad Ottaviano. Approfittando della lontananza di Marco Antonio inizia una campagna di propaganda contro di lui accusandolo di disinteressarsi delle sorti di Roma. Marco Antonio quindi torna, sbarca a Brindisi, e muove guerra contro Ottaviano, sennonché i due eserciti si rifiutano di combattere: non vogliono alzare le armi contro altri romani. Da qui si stipulano gli accordi di Brindisi, che rinnovano il triumvirato per altri 5 anni (c’è una piccola postilla che Augusto aggiunge come condizione per l’intesa: Antonio, sempre più disinteressato a Roma per via di Cleopatra, deve dimostrare interessamento alle sorti di Roma… sposando sua sorella Ottavia!) Il giovane Cesare si accattivò le truppe di Lepido e, accusandolo di aver appoggiato Sesto Pompeo (proclamatosi padrone della Sicilia minacciò le rotte commerciali e l’approvvigionamento di grano), lo mandò in esilio a Circei, dove rimase per 24 anni. 27 Quando Antonio decide di ripudiare Ottavia per sposare la regina egiziana, la grande nemica di Roma, Ottaviano coglie l'attimo. Ora, pensa, il Senato non potrà opporsi a una guerra contro Antonio. Non è più una lotta di potere tra due uomini ambiziosi ma una lotta epocale fra due mondi. Occidente contro Oriente. il testamento di Antonio, sottratto alla casa delle Vestali, nel quale Antonio scrive di voler lasciare in eredità a Cleopatra, il suo intero patrimonio e nomina come suoi unici eredi i due figli avuti da Cleopatra. Ottaviano, in un famoso discorso al Senato, ha gioco facile a dimostrare che Antonio non è più un Romano, ma è diventato uno strumento nelle mani della seducente regina egizia. 5. LO SCONTRO FINALE; AZIO Lo scontro finale si consuma ad Azio, in Grecia, nel 31 a.C. E’ una battaglia strana, i cui sviluppi sfuggono alle previ- sioni. Sulla carta, Antonio dispone di forze superiori sia in mare sia in terra ma non ne approfitta e commette molti errori. Quando le sue navi, più massicce e pesanti di quelle avversarie, escono dal golfo in formazione di battaglia, trovano ad aspettarle la flotta di Ottaviano, naturalmente affidata al comando di Agrippa. L'esito della battaglia è incerto, ma dopo mezzogiorno avviene qualcosa di strano: la nave di Cleopatra abbandona lo scontro e si dirige verso sud seguita da 60 navi egizie. Perché? Non si sa: forse la regina intuisce l'esito negativo e vuole tornare in Egitto. Forse si tratta di un piano prestabilito: molti pensano che l'obiettivo tattico di Antonio fosse soltanto forzare il blocco per riparare in Egitto, una "ritirata strategica" con l'intenzione di rinviare a un altro momento lo scontro decisivo. Quando però Antonio abbandona i suoi uomini per seguire la regina, si compie il disastro. Senza più il loro comandante sia la flotta sia l'esercito si arrendono: il vincitore è Ottaviano e il grande Egitto diventa una provincia romana. Antonio si suicida poco dopo ad Alessandria mentre il figlio di Cleopatra e Cesare, Cesarione, viene assassinato. Cleopatra, rimasta sola, teme di essere portata a Roma come schiava dopo esserci entrata come regina e si toglie la vita prima che questo possa accadere. E’ stato questo evento a rendere il nostro mondo più occidentale che orientale, la vita sarebbe stata differente, anche il nostro stesso linguaggio. La rottura dei triumviri si ha nel 33. IV. L’IMPERO DA AUGUSTO ALLA CRISI DEL III SECOLO 1) AUGUSTO 1. AZIO E LA CESURA TRA STORIA REPUBBLICANA E STORIA DEL PRINCIPATO Con la vittoria di Azio su Antonio e Cleopatra nel 31 a.C. Ottaviano si ritrova ad essere padrone assoluto dello stato romano. La soluzione rivoluzionaria di Ottaviano fu l’invenzione della figura del Principe. A partire da Augusto si può parlare di storia dell’impero. 30 Nell’Eneide Virgilio celebra Enea come antenato di Augusto e profetizza il suo dominio universale Ci fu quindi un vero e proprio culto sulla sua persona, anche se non tutti lo idolatrano: Ovidio, ad esempio, fu accusato di non essere in linea con la riforma augustea per quello che ha scritto in alcuni carmi. 2) I GIULIO CLAUDI 1. UNA DINASTIA? Alla morte di Tiberio non poté avverarsi la predizione di Augusto cioè la salita la trono di Germaico, suo pronipote che ha fatto adottare a Tiberio, perché questi morì nel 19 e quindi il trono andò in favore di Galigola, suo figlio. Caligola, non essendo stato adottato da Tiberio non aveva condiviso con lui né imperium proconsolare né potestà tributizia 2. TIBERIO (14-37 d.C) Il suo governo fu una positiva prosecuzione di quello di Augusto. Tiberio aveva un brutto carattere che oscurava la sua etica positiva, egli infatti voleva rispettare la repubblica e valorizzare anche la figura di Augusto. Non cercò di conquistare la Germania e di espandersi. Germanico, suo figlio, era valoroso e dotato di eloquenza e cultura: era un degno successore! Tiberio, per impedirgli di proseguire il suo disegno di conquistare la Germania, lo mandò in Siria dove poi morì d’avvelenamento (si pensa sia opera del proconsole Pisone, col quale non andava tanto d'accordo). 3. CALIGOLA (37-41 d.C.) Il suo impero fu relativamente breve. Caligola aveva manie di grandezza e di stravaganza, considerava sé stesso una divinità ed esaurì tutti i soldi pubblici per spettacoli e piani edilizi. Era un folle tiranno, scarsamente interessato all’impero quanto a rafforzare il suo potere personale; era propenso al governo dispotico orientale. L'imperatore per affermare la propria divinità piazzò una sua statua all’interno del tempio di Gerusalemme, suscitando le proteste degli ebrei, che consideravano ciò un sacrilegio. Nel gennaio del 41 d.C. Caligola cadde vittima di una congiura. 4. CLAUDIO (41-54 d.C.) Le fonti storiche lo presentano come sciocco ed inetto, dedito a manie erudite. Divise l’amministrazione centrale in quattro grandi uffici: un segretariato generale, uno per le finanze, uno per le suppliche, uno per l'istituzione di processi davanti all’imperatore. A capo di questi dipartimenti c'erano liberti, per questo l'impero di Claudio fu anche ricordato come “il regno dei liberti” Risolse i problemi d’approvvigionamento granario e idrico: costruì il porto di Ostia, costruì un nuovo acquedotto. Ampia fondazione di colonie. 31 Il regno di Claudio è caratterizzato da intrighi di corte: Claudio sposò Messalina che accusata di intrigare contro il marito venne messa a morte. Allora sposò la nipote Agrippina, che una volta fattogli adottare il figlio avuto dal precedente matrimonio, lo avvelenò. 5. NERONE (54-68 d.C.) Il principato di Nerone rappresenta un qualcosa di molto diverso rispetto al quello classico augusteo. Seneca, esattore di Nerone, elaborò nella sua opera del 55 d.C. De Clementia una nuova concezione teorica del governo. Secondo Seneca, da Augustoin poi la res publica è nelle mani di una sola persona, il potere e la ricchezza sono assoluti e sono dono degli dei: questo implica nel principe la responsabilità di porre virtus e clementia alla base delle proprie azioni. È un manifesto teorico, un “programma di governo” per l’imperatore. Nerone in un primo momento fu influenzato da Seneca, ma siccome era un ammiratore della Grecia, dell’oriente e dell’Egitto vi prese spunto per trasformare il governo in un governo teocratico, assolutistico e monarchico provocando l’opposizione senatoria. Il dispotismo di Nerone culminò nell’incendio di Roma del 64 d.C. di cui furono incollati i cristiani. I soldi per la ricostruzione furono tanto altri da aumentare le tasse e suscitare quindi rivolte varie. Per rimpinguare le casse dello stato requisì il tesoro del tempio di Gerusalemme nel 66 d.C. Assicurata la situazione a Roma Nerone partì per la Grecia dove compì una tournée artistica e agonistica. Era insomma più interessato a questioni ricreative che a questioni di governo, tanto che il senato lo dichiarò “nemico pubblico” e a Nerone non gli restò altro che il suicidio. 3) L’ANNO DEI QUATTRO IMPERATORI E I FLAVI 1. L’ANNO DEI QUATTRO IMPERATORI: IL 68/69 La fine di Nerone segna anche la fine della dinastia Giulio-Claudia e la mancanza di una soluzione preordinata per la successione fu la causa di una grave crisi che fece rivivere all’impero, per breve tempo, le guerre civili. Le guerre civili videro contrapposti senatori, governatori di provincia o comandanti militari che assunsero il suolo di imperatore. Tutti contro tutti. In questo periodo si videro quattro imperatori. Servio Sulpicio Galba Era un anziano senatore, governatore della Spagna Terraconense. Una delegazione di senatori lo incoronò nel suo viaggio verso Roma. Non seppe guadagnarsi la popolarità. Marco Salvio Otone Era stato amico d'infanzia di Nerone, senatore delle provincie danubiane d'Oriente, fu proclamato imperatore nel 69. Contemporaneamente le legioni sul reno non lo riconobbero e proclamarono imperatore il legato della Germania superiore Vitellio. 32 Aulo Vitellio Le sue truppe sconfissero quelle di Otone presso Cremona, il quale il giorno successivo all battaglia si suicidò. Divenuto imperatore, avendo difficoltà a controllare sia i propri soldati che quelli di Otone, congedò un gran numero di pretoriani e rimpiazzati con soldati provenienti da regioni del Reno. Fu a questo punto che le regioni orientali e quelle danubiane si ribellarono e proclamarono imperatore Vespasiano. Tito Flavio Vespasiano Sconfisse le truppe di Vitellio, lo scontro si protrasse anche a Roma che vide addirittura l’incendio del Campidoglio. Mentre si trovava in Egitto Vespasiano fu riconosciuto imperatore dal senato. 2. LA DINASTIA FLAVIA (69-96 d.C.) Con Vespasiano inizia la dinastia dei Flavi, che comprende il periodo di impero di Vespasiano stesso e dei suoi due figli Tito e Domiziano. 3. VESPASIANO (69-79 d.C.) Orientò il potere ad una successione dinastica. Dovette fronteggiare il grave deficit nel bilancio provocato dalla politica di Nerone e dalla guerra civile. I suoi provvedimenti gli diedero la fama di tirchio ed esoso ma alla fine si rivelò un ottimo amministratore che riuscì a risanare il bilancio dello Stato. Grazie al bottino di guerra della guerra Giudaica promosse la ricostruzione del Campidoglio, del Colosseo, e del Foro della Pace. Complessivamente il suo principato godette di un certo consenso. 4. TITO (79-81 d.C.) Il breve regno di Tito, chiamato dagli antichi “ amore e delizia del genere umano” fu funestato da gravi calamità naturali, tra cui l’eruzione del Vesuvio, nel corso del quale morì Plinio il Vecchio, naturalista e scrittore. La politica di Tito era legata alla generosità, in parte che giustificata da questi eventi catastrofici. 5. DOMIZIANO (81-96 d.C.) Diede vita ad un governo autocratico, inviso quindi al senato, preoccupò l'amministrazione delle province. Si era autoproclamato censore a vita e si faceva chiamare “Signore e Dio”, intentava processi contro chi non seguisse la religione di stato, tipo gli ebraici o i cristiani. Domiziano nel 96 d.C. Cadde vittima di una congiura, cui partecipò anche la moglie. Il senato, dopo la morte, proclamò la demanatio memoriae, quello che sappiamo di lui lo dobbiamo a Tacito e Plinio il Giovane. 6. IL SORGERE DEL CRISTIANESIMO Il cristianesimo, che nasce dall’ebraismo, viene formandosi come religione strutturata nel corso del I e II sec, scaturita dalla predicazione del suo predicatore, Gesù Cristo, originario di Nazareth in Galilea al tempo di Augusto e crocifisso sotto Tiberio. Tra i diversi gruppi in cui il giudaesimo, la religione del popolo ebraico, era articolato vi erano gli aristocratici conservatori ( i sadducei) e i più popolari e 35 7. COMMODO (180-192 d.C.) Fu l'antitesi di Marco Aurelio. Le sue inclinazioni dispotiche, la sua stravaganza, le sue stesse innovazioni in campo religioso (integrò molti Dei nelle province come ad esempio Mitra; decise di divinizzassi da solo, quest'idea anti-augustea causò la sua demanatio memoriae alla sua morte) determinarono inevitabilmente la rottura col senato di cui egli perseguitò alcuni membri. Commodo era talmente ossessionato dai gladiatori che fu l'unico imperatore a combattere nell’arena. Lucilla, sua sorella, complotta da subito per far uccidere il fratello, convincendo il suo amante per farlo uccidere. 8. L’ECONOMIA ROMANA IN ETÀ IMPERIALE V’è un eccezionale fabbisogno alimentare a Roma che aveva un milione di abitanti, circa 1/6 della popolazione della penisola. La magistratura che si occupava dei servizi finalizzati al vettovagliamento di Roma era la prefettura dell’annona. “Annona” significa propriamente il rifornimento e la conservazione dei viveri necessari alla sussistenza della città soprattutto di grano, pane, olio d’oliva, vino e carne di maiale. Comportava un afflusso di merci dal mare, il grano ad esempio era importato dall’Egitto, mentre l’olio dalla Spagna del Sud. V. CRISI E RINNOVAMENTO (III-IV SECOLO D.C.) 1. LA CRISI DEL III SECOLO E LE RIFORME DI DIOCLEZIANO Gia durante il regno di Marco Aurelio e del figlio Commodo si erano manifestati diversi fattori di crisi: I barbari premevano ai confini. L’esercito interno nominava gli imperatori a suo piacimento. Tali imperatori imprimevano una marca assolutistica, una “monarchia militare”, basare la sua autorità sulla forza degli eserciti. Grave situazione economica dovuta alla necessità di dover finanziare un esercito sempre più esigente che portò ad una svalutazione monetaria. 2. TENDENZE ASSOLUTISTICHE L’esercito che sceglieva gli imperatori portò l'idea del potere imperiale verso una forma sempre più marcatamente assolutistica. 3. IL CRISTIANESIMO La crisi morale dell’impero porta una progressiva sfiducia nel valori religiosi, questo favorisce il manifestarsi di nuove tendenze religiose che si propongono di soddisfare i bisogni esistenziali dell’uomo in quella che è stata definita “un’epoca d’angoscia”. Nel III sec di istituirono le primitive chiese cristiane, e mentre questa nuova fede fa sempre più proseliti, si fa più dura l’avversione della società politica: nel 250 si realizzò la prima persecuzione dei cristiani. 4. LA DINASTIA DEI SEVERI 36 La situazione confusa che si presentò dopo l’assassinio di Commodo del 192 presenta forti analogie con quella del 68-69 d.C. Ci fu un periodo di regni effimeri. La vera lotta per il potere riguardava chi aveva il controllo delle forze militari più ingenti. Settimo Severo, un generale di origini libiche ottenne la vittoria decisiva sui rivali nel 197 d.C. e mosse con i suoi soldati alla volta di Roma. Con Settimo Severo ha inizio l’epoca della “monarchia militare” nella quale la forza dell’imperatore si basava sulla forza degli eserciti. La filosofia di governo di Settimo Severo si può riassumere nelle raccomandazioni date ai suoi figli sul punto di morire: “andate d’accordo, arricchite i soldati e non preoccupatevi degli altri”. Sotto di lui infatti era cresciuto il soldo, la paga dei soldati. A Settimo successero i figli M.Aurelio Antonino, noto come Caracalla (per via del cappuccio indossato sopra la tunica) e Geta. Caracalla anche lui volle tenere una campagna in oriente contro i Parti, e durante una di queste spedizioni fu assassinato in Siria durante una congiura militare senza che avesse provveduto a nominare il successore. Divenne imperatore Macrino, uno dei capi della congiura; è la prima volta che una persona appartenente all’ordine equestre viene nominato imperatore. Tuttavia l’opposizione del senato fece si che il regno di Macrino durasse solo un anno (217-218). Divenuto imperatore Elagabalo, un uomo alquanto strano ossessionato dall’inserire a Roma il culto esotico del dio Sole, venerato in Siria. Arrivò al punto di portare a Roma un suo simulacro, una pietra nera di forma conica, e di fargli erigere un tempio sul Palatino. Elagabalo fu assassinato dai pretoriani eleggendo Alessandro Severo, ultimo della dinastia. Dopo la dinastia dei Severi si ebbero 50 anni di lotte militari e civili. 5. L’ANARCHIA MILITARE Al posto di Alessandro Severo l'esercito proclamò imperatore un ufficiale di origine Tracia, Massimino. Con il suo regno comincia l’epoca di massima crisi, un periodo in cui si susseguono una ventina di imperatori e che viene definito come la fase dell’anarchia militare. 6. GLI IMPERATORI ILLIRICI L’illiria corrisponde grosso modo all’odierna Croazia – Albania. Claudio II fu il primo degli imperatori illirici. Morto di peste nel 270 fu seguito da Aureliano. Egli fece costruire una imponente cinta muraria (circonferenza 18km, spessore 4m), il che da un idea della pericolosità della situazione che dovette affrontare: scacciare le popolazioni barbariche che avevano invaso la pianura padana. Con Aureliano si passò da un’autocrazia militare ad una teocrazia dove il culto solare si identificò col culto dell’imperatore. 7. DIOCLEZIANO E IL DOMINATO Con Diocleziano si chiude definitivamente l’età buia della crisi del III secolo. Si tratta di un età di riforme e novità. 37 Cambia residenza: l’imperatore non risiede più a Roma ma nell’odierna Turchia, a Nicomedia. Cambia sistema gerarchico: al vertice c'erano ora quattro monarchi, detti tetrarchi, due dei quali, detti augusti, erano di rango superiore a gli altri due, detti cesari. Con questo si proponeva di fronteggiare meglio le varie crisi regionali attraverso una ripartizione territoriale del potere L'esercito fu potenziato e le truppe migliori furono messe a disposizione dei tetrarchi, che le potevano dislocare nelle zone di confine che si fossero venute a trovare delle difficoltà. Mise una nuova tassa sul reddito agricolo. L’impero fu suddiviso in 12 unità dette diocesi. Anche l’italia quindi, nella sua diocesi italiciana, perse il suo antico privilegio di non far parte del sistema provinciale e venne equiparata alle altre regioni dell’impero. Intensificò il culto imperiale facendosi chiamare Iovius, figlio di Giove. Nel 303-304 avviò una violenta persecuzione contro i cristiani per rafforzare l’impero da un punto di vista religioso. VI. DA COSTANTINO A TEODOSIO MAGNO: LA TARDA ANTICHITÀ E LA CRISTIANIZZAZIONE DELL’IMPERO 1. UN’ETÀ DI RINNOVAMENTO E NON DI DECADENZA Il periodo che da Costantino arriva a Giustiniano è chiamato dalla storiografia moderna “Tarda Antichità”. Coincide grossomodo col IV secolo e coll’affermarsi del cristianesimo come religione di stato. Dopo Diocleziano l’imperatore non risiede più a Roma il che comporta il distacco della aristocrazia senatoria dagli organismi del potere, il senato non ha più il suo potere reale, le magistrature non hanno più capacità decisionale. Ai questori e ai pretori era delegato l'onere di organizzare giochi per la plebe di Roma. Quanto al consolato era non più di un titolo onorifico conferito dall’imperatore. 2. COSTANTINO Nel 310 Costantino abbandona la tetrarchia perché sembra protendere per una religione monoteistica di tipo solare, due anni dopo eliminò Massenzio sul Tevere alle porte di Roma, ottenuta grazie ad un apparizione del segno segno di Cristo con scritto “in hoc signo vinces”. Con Costantino si verificò l'inserimento di strutture della chiesa in quelle dello stato. Il concilio di Nicea del 325 Le 12 diocesi di create da Diocleziano furono raggruppate in 4 grandi prefetture: Gallie, Italia ed Africa, Illirico ed Oriente. Fondò Costantinopoli quale “nuova Roma” nel 330 d.C. per dar vita ad una capitale scevra da ogni paganesimo, in una posizione strategica d’ingresso al mar Nero. Successivamente fu dotata di tutte le strutture che dovevano equiparare Roma. 40 punto di vista militare (i barbari potevano quindi far carriera e salire la gerarchia militare) e sociale (in Italia del nord si agglomeravano accampamenti barbari). Ciò nonostante i romani volevano mantenere le distanze per evitare che questo popolo si espandesse, vedi ad esempio l’impedimento delle unioni miste. 2. CRISTIANESIMO E MONDO EBRAICO La risposta che la chiesa dava alla questione barbarica è quella semplicemente di sconsigliare i matrimoni misti. Non si interessa dei barbari in quanto tali, ma solo indirettamente quando si occupa di eretici. Sant' Ambrogio reputava inaccettabili le unioni miste con altri che non erano della stessa fede, tuttavia è conciliante è disponibile verso i barbari quando si tratta di affari. 3. LA DIVISIONE DELL’IMPERO; STILICONE Alla morte di Teodosio per la prima volta l’impero viene diviso in due: Occidente: Onorio. Risultò rovinoso, in balia delle orde barbariche. Oriente: Arcadio. Superata la crisi gotica del 378 doveva affrontare i persiani. Non solo erano due corti diverse, ma si creano due amministrazioni, due eserciti del tutto autonomi. In realtà Teodosio non voleva che alla sua morte l’impero si dividesse e affidò i suoi figli a un generale di origine vandalica, Stilicone, che però vistosi in una brutta situazione di invasioni e avendo promosso un compromesso con i barbari fu accusato di tradimento e ucciso dallo stesso Onorio nel 408. 4. IL SACCO DI ROMA Alla morte di Stilicone, grande difensore di Roma, questa fu alla mercè di Alrico re dei visigoti, che entrò in Roma e la saccheggiò nel 410 d.C. Era la prima volta dopo il 390 a.C. che Roma veniva saccheggiata e i pagani dettero la colpa ai cristiani perché avevano oscurato gli antichi riti. 5. VANDALI E UNNI I vandali dalla Spagna passarono in Africa dove conquistarono Cartagine e fondarono un regno, che però siccome era privo di forza e coesione interna fu conquistato da Giustiniano nel 543 d.C. e inglobato dell’impero d’Oriente. 6. LA FINE DELL’IMPERO ROMANO D’OCCIDENTE Roma fu saccheggiata la seconda volta dal re dei vandali Genserico. Formalmente la fine dell’impero romano d’Occidente si ebbe nel 476, quando Romolo Augustolo fu scacciato da un capo barbaro, Odoacre che non rivendicò per se il titolo di imperatore ma lo consegnò a Zenone (imperatore d’oriente). Cadde così “senza rumore” l’impero d’Occidente. 7. SANT’AGOSTINO E IL PROBLEMA DELLA CADUTA DELL’IMPERO ROMANO Sant’Agostino dice che l’impero è caduto per le sue manie di grandezza, non si può dominare l’universo! Quello spetta a dio. Gli ampliamenti territoriali che si fondano sulla sopraffazione e sull’ingiustizia sono sempre da condannare. 41 VIII. I REGNI ROMANO-BARBARICI 1. IL REGNO DI TEODORICO IN ITALIA L’imperatore d’oriente Zenone per eliminare il barbaro Odoacre, inviò in Italia Teodorico re dei Goti alleati nel 493 a.C. Avendo avuto la meglio Teodorico volle attuare una politica di collaborazione fra Goti e Romani, cioè regolare i rapporti tra le due comunità etniche basandosi su principi d’uguaglianza. Teodorico ammirava molto il mondo romano, si circondò della aristocrazia romana e restaurò monumenti romani. Per motivi di religione però non fu possibile la coesione: i Goti erano ariani mentre i bizantini erano cattolici. Teodorico reagì alla cosa imprigionando il papa Giovanni I. 2. I REGNI ROMANO-BARBARICI D’OCCIDENTE Ci furono due tipi di invasioni barbariche: una interna ed una esterna che fu operata dai popoli già da tempo stanziati ai confini dell’impero e che furono in grado, una volta entrati, di imporre la propria organizzazione alla popolazione romana. Il regno più importante fu quello dei Franchi con la figura decisiva di Clodoveo della dinastia dei Merovingi. Grazie a lui la quasi totalità della Gallia passò sotto il dominio dei Franchi che assunsero un ruolo di primo piano sotto la guida di Carlo Martello che nel 734 fermò l’avanzata degli arabi. 3. LA SOCIETÀ ROMANO-GERMANICA L’installazione dei barbari sul territorio romano avvenne secondo modalità molto differenti. In Britannia fu una semplice conquista senza neanche forme di intesa tra invasori ed indigeni. In Gallia meridionale, Spagna e Italia l’invasione avvenne sotto un trattato che assicurava il rispetto per le istituzioni. I superstiti delle élite romane erano cristiani, i barbari erano ariani, e gli invasori della Britannia pagani. Questo significava che ciascun popolo possedeva la propria chiesa. L'arrivo dei barbari accelerò un allontanamento di uno stile di vita classico. 4. LA GALLIA E LE INVASIONI BARBARICHE Le invasioni che sconvolsero la Gallia meridionale portarono lutti e devastazioni. Dal punto di vista religioso Salviano in Sul governo di Dio disse che i barbari erano puri, e si contrapponevano ai corrotti romani. 5. IL MONACHESIMO Una delle conseguenze delle invasioni barbariche fu l'affermazione del monachesimo in varie forme. C'erano delle comunità di persone che vivevano attorno al vescovo, come nel caso di sant’Agostino; c'erano poi delle vere e proprie fondazioni monastiche, le più importanti furono nel V sec nelle isolette prospicienti la costa delle Gallia meridionale. Alternavano una vita in solitudine e vita in comunità, e cosa importantissima, i monasteri divenivano gli unici centri di cultura, dove la lingua greca scomparve completamente sostituita esclusivamente dalla lingua latina. Benedetto fu il grande fondatore della vita monastica in occidente, che anche se rifiutava lo studio della letteratura pagana, lasciò grande spazio alla cultura per far sì che i monaci sapessero leggere le 42 Scritture. Si può affermare che i monasteri non fossero altro che delle scuole, dove il monaco riceveva una preparazione religiosa. 6. LA TRASFORMAZIONE DELLA CITTÀ ALLA FINE DEL MONDO ANTICO In Italia, dal punto di vista urbanistico, gli elementi di continuità e discontinuità si intrecciano in maniera esemplare. Se guardiamo su Google Maps l'Italia settentrionale rimaniamo colpiti di quanto la rete viaria romana si sia fossilizzata con quella moderna (vedi la via Emilia, Modena, Parma, Piacenza ecc..). Nelle maggior parte delle città il Foro continuò a svolgere la sua funzione di centro economico in quanto sedé del mercato, ma perse il suo ruolo di direzione politica. Nel medioevo si affermano il palazzo regio e la cattedrale che riflettono i principali poteri di ogni città, quello statale e quello vescovile. In generale l’età tardo antica è costituita dalla costruzione di chiese di notevoli proporzioni non solo nelle capitali ma anche in città minori, sopra le tombe dei martiri sepolti nei cimiteri romani. Le chiese altomedioevali invece si differenziano per le loro piccole dimensioni, causa della loro scomparsa. La costruzione di mura tra il IV e il V sec avviene un po' ovunque in occidente, mentre si verifica una intensa costruzione di chiese episcopali. È questo il momento in cui le mura cittadine diventano una componente essenziale nell’iconografia della città. 7. UN NUOVO TIPO DI ALIMENTAZIONE Il declino della vita urbana e l’allontanarsi dalle produttive delle regioni costiere significò una riduzione delle colture di cereali, vite e olivo che avevano caratterizzato l'economia romana. La base dell’alimentazione romana era infatti rappresentata dalla compresenza di grano, olio e vino, integrati da formaggio o altri latticini, e in misura inferiore, della carne. Il modello culinario delle culture barbariche invece era rappresentato, per via del clima freddo e umido, da cereali e ortaggi integrati da prodotti dei boschi e delle foreste; i cereali nel mondo germanico servivano per produrre birra, il corrispettivo nordico del vino. A diffondere la conoscenza del pane e del vino e a propagandarne l'importanza fu poi la chiesa. Nel medioevo abbiamo un impoverimento delle zone costiere, dove gli spazi incolti erano una risorsa al sostentamento grazie all’allevamento del bestiame, i suini si nutrivano con le ghiande delle querceti. 8. L’ITALIA DURANTE LA GUERRA TRA GOTI E BIZANTINI Lo storico bizantino Procopio (VI sec) presenta la situazione dell’italia che aveva subito le conseguenze del conflitto tra Goti e bizantini. Descrive uno scenario apocalittico dove c'era gente che moriva d’inedia, e dove alcuni si mangiavano a vicenda; altri si fiondavano sull’erba e sforzandosi per tirarla fuori dal terreno morivano perché non avevano più forze. I cadaveri non venivano divorati neanche da gli uccelli perché privi di carne.