Scarica Storia romana (Geraci-Marcone) e più Dispense in PDF di Storia Romana solo su Docsity! STORIA ROMANA L’Italia preromana Fonti: La prima storiografia romana, giunta a noi in frammenti, è quella dei greci Fabio Pittore e Cincio Alimento (attivi alla seconda guerra punica) mentre di una generazione posteriore abbiamo il latino Porcio Catone con il suo Origini. Tuttavia, l’attenibilità di questi documenti è dubbia, a causa del confluire in essi anche di testi leggendari. La rielaborazione in età augustea dei primi storici e del greco Dionigi di Alicarnasso con Storia di Roma arcaica e del latino Livio in Storia di Roma dalla sua fondazione. Di rilevanza sono anche le biografie redatte dal greco Plutarco alla fine del I° sec. d.C. su Vita di Romolo e Vita di Numa, inoltre rilevante è anche un opuscolo anonimo chiamato Origine del popolo romano della fine del IV°secolo. Spesso le trattazioni politiche fanno risalire le proprie idee all’epoca regia, portando spesso anacronismi sui materiali rinvenuti. Importanti sono anche le opere di antiquaria di Varrone (cont. Cesare) nel Lingua Latina e Agricoltura, nonchè l’opera Detti e fatti memorabili redatta da Valerio Massimo ma pubblicata da Tiberio. Di rilevanza sono anche le opere di Plinio il Vecchio nella Storia naturale e del tardoantico, o Saturnali di Macrobi, mentre abbiamo frammenti anche dalle opere di Cicerone nei suoi Discorsi. Prende spazio ovviamente anche l’epica: importante diventa l’Eneide di Virgilio. Pochi e di difficile interpretazione sono invece i ritrovamenti archeologici ed epigrafici (Vaso di Dueno e Lapis Niger, nonche la Tomba Francois di Vulci). L’Italia nell'età del bronzo si contraddistingue per la sua uniformità, con siti prevalentemente dislocati sulla catena montuosa appenninica: importante in questa fase è l'incremento demografico degli insediamenti maggiori, con la riduzione di quelli più piccoli (es. cultura terra maiolica) . Lungo le coste meridionali o nelle aree isolane si nota la presenza di merci dell’area micenea, sottolineando la fioritura di “commerci” e spostamenti di persone (tra età del bronzo ed inizio del ferro). Nella prima età del ferro, l’Italia è suddivisibile in varie culture locali, individuabili attraverso la sepoltura (cremazione in Settentrione, lungo la costa tirrenica fino alla Campania; la inumazione nel resto d’Italia) ed il ceppo linguistico, che si fa risalire alle lingue indoeuropee (come latino e “falisco” nel Lazio + “celtico” nella pianura padana e “messapico” in Puglia) e quelle non indoeuropee (come l’etrusco, ma anche il ligure ed il sardo). Importante era anche la presenza delle colonie greche lungo le coste meridionali (Magna Grecia: Taranto, Crotone, Agrigento, Napoli …) che influenzarono le popolazioni indigene (Sicilia importanti anche le colonie fenicie, come Palermo). Le origini delle popolazioni del Sud Italia sono fatte risalire a gesta eroiche di personaggi con tratti “mitici”: non solo molti insediamenti presentano tratti di popolazioni indigene (quindi lo storico Agostino ha sbagliato) ma la rete di scambi commerciali e culturali tra la Grecia micenea e le popolazioni italiche ha avuto più battute d’arresto, restando comunque influente nella formazione culturale di queste ultime. Gli Etruschi sono la popolazione più importante dell’Italia preromana: le sue origini vengono fatte risalire nella ricerca archeologica tra l’VIII° e VII° secolo A.C. con una commistione di evoluzione interna della società (derivata direttamente dalla popolazione “villanoviana”) e di influenze esterne dettate dalle polis nel Meridione (isola di Lemno ed iscrizione simil etrusca). Esistono numerose teorie della nascita di questa cultura, già dall'età romana: Erodoto (5° secolo A.C.) pensa che sia derivata dalla popolazione asiatica dei Lidi, simili ai Greci; mentre Dionigi (1° secolo A.C.) pensa ai Tirreni come popolazione autoctona, diversi dai Lidi per lingua. Questa popolazione ebbe origine tra il corso dell’Arno e del Tevere, e si organizzarono in città indipendenti (mai Stato unitario), ognuna con il proprio sovrano (chiamato “lucumoni”) ed a gestione prettamente aristocratica: l’unica sorta di unità statale e quella data dalla “lega delle 12 città principali” (tra cui Veio, Perugia, Volterra, Arezzo …). La fase espansionistica etrusca conosce due battute d’arresto: nel 530 A.C. con la “sconfitta” navale contro la colonia greca di Focea; e nel 474 A.C. la sconfitta riportata a Cuma contro le forze greche di Siracusa. Tuttavia furono due eventi a segnare la decadenza di questa civiltà: la presa di Veio da parte dei Romani e la perdita delle regioni padane cadute in mano ai Celti. Rinomati nella cultura etrusca sono i riti religiosi. Caratteristica è la forte somiglianza del loro pantheon con quello greco organizzato anch’esso gerarchicamente (es.Hercle/Eracle, con anche divinità indigene es. Selvans=Silvano), sopra cui dominava ,come nella civiltà ellenica, il Fato. L'Aldilà veniva concepito come una prosecuzione della vita del defunto, al quale nel tumulo veniva accompagnato con oggetti e bevande; nonché con carri o cavalli, si pensava che fosse un luogo lontano da raggiungere fisicamente. Importante era anche l'interpretazione delle volontà divine nei simboli terrestri, quindi lo sviluppo della “aruspicina” (etimologia ignota, con cui Cicerone indica il sistema scientifico etrusco) derivata da una concezione “cosmica ed unitaria” dell’universo (nelle viscere si proietta l'ordine cosmico). Il problema della lingua è che e di derivazione non indoeuropea, senza contare che i documenti a noi rinvenuti sono principalmente incisioni funerarie (quindi con nomi propri). I siti archeologici sono poco numerosi (se si esclude Marzabotto, o Volterra e le varie necropoli). I siti di sepoltura erano organizzati come vere e proprie città sotterranee (tombe a pozzo per cremazione fino a camera per inumazione). Tecnicamente avanzati per le tecniche architetturali per la copertura a volta o ad arco, rintracciabili nelle camere sepolcrali insieme agli affreschi di vita quotidiana: la tecnica più diffusa era sicuramente la ceramica (vasellame di bucchero). Nell'economia, gli Etruschi si basavano sull’agricoltura, la metallurgia e l'artigianato artistico: numerosi oggetti sono stati rinvenuti in differenti siti del Mediterraneo attraverso il commercio. Erano abili estrattori di metalli (ferro e rame) ed abili orefici (rinvenuti sopratutto in ornamenti funerari). FONTI: ● Etruschi: Erodoto “Le Storie” Dionigi di Alicarnasso: “Storia di Roma arcaica” “Storia di Roma e della sua fondazione” di Tito Livio ● Lazio antico: Settimonzio; Tevere; Santuari Plinio il Vecchio: “Storia naturale” Varrone “La lingua latina” Cicerone “La repubblica” Dionigi di Alicarnasso “ Storia di Roma arcaica” ● Enea e gli avversari Turno e Mezenzio Dionigi di Alicarnasso “Storia di Roma arcaica” Catone “Origini” Anonimo “Origine del popolo romano” ● Alba Longa Virgilio “Eneide” Catone “Origini” ● Componente sabina a Roma Varrone “La lingua latina” Roma arcaica La Storia romana e del Lazio ha avuto inizio con una forte influenza da parte della cultura greca ed orientale (deducibile dalle fonti archeologiche) già a cominciare dall'8° secolo A.C. (addirittura prima della civiltà etrusca). Fondamentali nella ricostruzione storica sono le fonti letterarie storiografiche, anche se bisogna ricordare che queste risalgono a periodi ben posteriori al periodo storico trattato: documenti storici risalenti alla comparsa della scrittura a Roma (7° secolo A.C.) non ne esistono tanti, e quindi si può dedurre l’importanza della trasmissione orale della tradizione caratteristiche la festa dei Lupercali il 15 Febbraio, fatta risalire alla festa di Romolo e Remo a seguito della concessione di Numitore re degli Albani di fondare Roma) ma anche l’introduzione dei “collegi artigiani cittadini” (che hanno permesso una nuova coesione sociale a discapito delle divisioni “razziali” tra Latini e Sabini, forse anche per le origini sabine dello stesso Numa). Seguì il regno di Tullio Ostillio a cui succedette Anco Marcio, in questo caso l’interrex fu molto breve, ma Livio solleva il problema della successione dinastica o in quanto Anco Marcio era nipote di Numa. Il Regno di Anco fu costellato da vittorie belliche, che portarono alla distruzione di città come Tellenae e Politonium (ma anche tradizionalmente a quella di Alba Longa); prima di ognuna di queste era necessario il rito feziale, ovvero la formula di dichiarazione di guerra. Fondò anche la città portuale di Ostia. A cominciare dal 6° secolo A.C. Roma conobbe uno sviluppo notevole sotto il dominio etrusco della città. I rapporti tra l'Etruria meridionale e Roma arcaica con la Grecia erano intensi (sopratutto il rapporto tra Corinto e Tarquinia, fatto risalire dal 650 A.C. con un accenno di Plinio il Vecchio con Ecfanto il pittore). La stessa discendenza del futuro re Tarquinio Prisco viene fatta risalire dalla città di Corinto, ed a causa della sua cittadinanza straniera non riesce ad accedere al governo della città natale; allora decise di trasferirsi a Roma (famosa per l’accoglienza degli stranieri) diventando amico stretto di Anco Marcio. A Servio Tullio vengono fatte risalire opere difensive e viene attribuito le fondamenta del tempio di Giove Capitolino, anche se i metodi (quali sfruttamento intensivo dei plebei) sono sospetto che fosse opera di Tarquinio il Superbo. L'influenza etrusca sulla città è piuttosto ricollegabile ad una volontà del popolo Tirreno di accedere alla città ed ai suoi collegamenti con le terre circostanti (quali sopratutto la Campania meridionale): nella tomba francois di Vulci è raffigurato la lotta dei fratelli Vibenna (probabili signori di Vulci che per circa due secoli ebbero scontri con le altre città etrusche e con la stessa Roma) insieme a Mastarna contro Gneo Tarquinio di Roma. E testimoniato che Servio Tullio fosse di origine etrusca e fosse lo stesso Mastrana. La sua successione a Tarquinio Prisco è poco chiara, in quanto avvenne a seguito dell’assassinio del re da parte dei figli di Anco Marcio, delusi di essere esclusi dal trono. Il predominio etrusco porta su Roma un’ondata di rinnovamenti (oltre alla edificazione della sede regale, ovvero la Regia, e la formazione nel foro del Comitium e di fronte la curia Hostilia, la prima sede delle assemblee senatorie): se a Tarquinio vengono collegati l’ampliamento dei senatori, a Servio Tullio viene collegato l’introduzione dell’ordinamento centuriato e la rifondazione di tribù territoriali a discapito di quelle gentilizie romulee (formando 4 urbane e 4 rustiche) . Alla sua figura vengono collegate così idee di un “secondo Romolo”, un fondatore che ha portato la tradizione storiografica antica a ricondurli innovazioni erronee o anacronistiche: esempio sono i pagi (collegati con l'innovazione territoriale) e la monetazione (datata 320 A.C.), ma tradizionalmente fatta risalire a Servio. Per finire c’è Tarquinio il superbo, il prototipo di tiranno, che in uno dei suoi abusi di potere stuprò l’aristocratica Lucrezia, dando il via a un’insurrezione da parte dei patrizi che porterà alla successiva istituzione della Repubblica (510 A.C). La famiglia romana era caratterizzata dalla potestas del pater familia, che comandava il gruppo non solo dei suoi figli ma anche sui “protetti” che per scelta si sottoponevano al suo potere; e si formava come un’unità economica politica e religiosa autonoma. Il padre aveva l’obbligo pubblico di accettare o rifiutare i figli, di perpetuare i culti familiari (sacra privata) degli antenati di ramo paterno (manes) ed aveva il diritto (anche codificato in legge) di diseredare un figlio ed avere potestas su di lui finché fosse in vita (cosa che implica alla famiglia un mantenimento obbligatorio per il figlio a carico). Il ruolo della donna differiva a seconda del rango sociale, ma in ogni caso all’interno del matrimonio era succube del potere (manus) del marito, il quale aveva totale libertà: principalmente veniva punita la donna che si discosta da comportamenti non consoni al suo ruolo, ovvero quello di procreare figli sani. La donna non poteva sposarsi prima dei 12 anni, ma i riti di sposalia (fidanzamento) avvenivano anche prima, sempre nell’ambito di matrimoni pilotati. Un’altra strategia sia politica che economica (oltre che per avere figli ereditieri) era l’adozione. Il matrimonio in Roma avveniva attraverso la usus (ovvero la convivenza annuale dei coniugi come atto matrimoniale dimostrativo) sostenuto dai testimoni di matrimonio; il divorzio era un atto altrettanto privato, così come il ripudio. L’anno decisivo per le popolazioni centro-italiche e sicuramente l’8° secolo, periodo in cui le popolazioni un tempo seminomadi iniziarono a stanziarsi in un determinato territorio ed a instaurarsi come ethos culturale: è in quest’epoca che il Tevere diventa un confine importante di distinzione culturale tra Etruschi e Laziali (poiché prima non esisteva una cultura a sud di questa stabile) e Roma diventa importante come punto d'incontro di numerose tratte ( es. sale sulla via Salina, verso l'entroterra). Le tecniche agricole erano limitate in conoscenze e qualità del terreno: diffuso era l'uso del farrago (un insieme di cereali) che assicurava la sopravvivenza minima. Il cereale più diffuso era il farro, che si sa ha resa bassa ed accostata alla accidentalità del terreno, si intuisce che nella Roma arcaica il sostentamento alimentare era un grosso problema (mangiavano sopratutto la puls → polenta / i greci li conoscevano come “mangiatori di puls”). La proprietà terriera (che viene fatta risalire a Romolo ) era originariamente collettiva, quindi il privato era limitato essenzialmente alla casa ed all’orto circostante (heredium in latino arcaico → orto); a questo termine si associa sors (nozione di trasmissione ereditaria delle terre ed, in età repubblicana, i lotti assegnati ai coloni). Si deduce che quindi il dislivello tra “patrizi” e “plebei” resta modesto. FONTI ● Tullio Ostilio Livio “Storia di Roma dalla sua fond.” ● Anco Marcio Dionigi di Al. “Storia di Roma arc.” ● ius Papirianum (Numa Pompilio) Livio “Storia di Roma dalla sua fond.” Digesto (Pomponio) Macrobio “I Saturnali” ● Rito feziale Livio “Storia di Roma dalla sua fond.” ● Culto di Vesta e i Lupercali (15 Febb.) Valerio Massimo “Detti e fatti memorabili” Dionigi di Al. “Storia di Roma arc.” ● Giorni fasti e nefasti e calendario Varrone “La lingua latina” Ovidio “I Fasti” ● Evoluzione del calendario di Numa fino a Cesare Livio “Storia di Roma dalla sua fond.” Macrobio “I Saturnali” ● Relazioni tra Roma Etruria e mondo Greco: Demarato Plinio “Storia naturale” Cicerone “La repubblica” ● Insegne regali romane dalla Etruria Dionigi di Al. “Storia di Roma arc.” ● Tarquini a Roma Livio “Storia di Roma” ● Mastarna/Servio Tullio e Cele Vibenna contro Cneo Tarquinio Tomba francois di Vulci ● Servio Tullio a Tarquinio Prisco e riforma dei comizi centuriati Livio “ Storia di Roma dalla sua fond.” ● Moneta Plinio “Storia naturale” ● Tarquinio il Superbo Livio “Storia di Roma dalla sua fond.” Fonti: Di Dionigi abbiamo le opere che arrivano fino al 444 in forma integrrale, i successivi scritti che tendono ad arrivare fino al 264, li conosciamo solo in forma frammentaria. Inoltre la Prima decade di Livio si arresta al 293: importanti diventano allora la Biblioteca storica di Diodoro Siculo e Vite parallele di Plutarco (sopratutto Vita di Pirro, le quali fonti sono scarsissime). Interessanti per la prima Repubblica sono anche le opere di Polibio (anche se si concentrano sulle guerre puniche) e sopratutto le Guerre Italiche, Sannitiche e Celtiche di Appiano (2° sec. d.C., basato sull’annalistica di Catone nelle Origini). Importanti sono le opere di Plinio il Vecchio nel Storia Naturale e di Aulo Gellio in Notti Attiche (che conserva numerosi frammenti altrimenti andati perduti es. 12 Tavole). Per le vicende istituzionali invece di rilevanza sono le Storie di Polibio nonché l’opera del giurista Pomponio, trasmesso a noi attraverso la raccolta di giurisprudenza romana voluta da Giustiniano il Digesto; ovviamente Cicerone nel Le leggi e La repubblica. Importanti anche se di dubbia fedeltà sono i Fasti Consolari (sopratutto quelli Capitolini) invece i Fasti Trionfali assicurano una storiografia militare e di politica estera dettagliata. La nascita della Repubblica (Cap. 2) La nascita della Repubblica è canonicamente collocata nel 510 A.C., ma la stessa storiografia sia classica che moderna sottolinea l’inaffidabilità delle fonti a loro disposizione per ricostruire fedelmente i fatti. La tradizione vuole che la rivolta sia stata scatenata a seguito di uno stupro di Sesto Tarquinio (figlio di Tarquinio il Superbo) ai danni dell’aristocratica Lucrezia; prima di suicidarsi, quest'ultima riferisce il fatto al padre, Spurio Lucrezio, ed a loro amici, tra cui Lucio Giunio Bruto e Publio Valerio Publicola: ruto fece votare alle fratrie la cacciata dei Tarquini e l’instaurazione del consolato (interrex: Spurio; console: Bruto). La datazione al 510-509 A.C. non è casuale, ma e frutto della elaborazione portata avanti dal erudito Varrone, il quale fa fondare Roma nel 753 e fissa la Repubblica nel 509 A.C.: la sua teoria trova riflesso in un documento epigrafico dei Fasti, chiamati Capitolini per la loro ubicazione. I Fasti sono liste di magistrati eponimi (che danno nome all'anno di carica) tramandati per via letteraria (esempio da Livio e Dionigi di Alicarnasso) ed a volte archeologica (i “Fasti Capitolini”). La loro attendibilità è messa in discussione da due prospettive: la prima e la dichiarazione di sincronismo tra la “pace di Antalcida” (386 A.C.) (pace tra le maggiori città greche) ed il sacco di Roma ad opera dei Galli (390 A.C.), secondo la tradizione varroniana; la seconda è la comparsa di cognomen plebei nei Fasti già a cominciare dal 5° secolo A.C. (mentre le fonti letterarie relegano la massima magistratura fino all’anno 367 A.C.) Il passaggio dalla forma monarchica a quella repubblicana non è stato sicuramente un passaggio rapido e senza segni: l’aristocrazia aveva covato anche nei secoli seguenti un odio verso l'istituto regale (i cesaricidi si richiamavano a Bruto ed ai Tarquini). Questo rancore è segnato da un periodo subito successivo alla cacciata di Tarquinio di caos sociale, nel quale Roma sarebbe stata contesa da numerose fazioni (tra cui Porsenna di Chiusi, che avrebbe comandato per qualche anno, fino alla sconfitta subita dalla Lega Latina ed Aristodemo di Cuma). La datazione tradizionale è stata probabilmente rielaborata per fare in modo che nel 510 A.C. combaciassero la cacciata dei Tarquini con la cacciata dei Pisistratidi da Atene; tuttavia la data non è così sbagliata (fonti dicono che il praetor maximus conficchi a Settembre un chiodo nel tempio di Giove Capitolino, che venne inaugurato alla nascita della Repubblica. Questo ha permesso all’edile Cneo Flavio di datare la inaugurazione (avvenuta nel 304 A.C.) del tempio della Concordia 204 anni dopo quella di Giove Capitolino. ● I sacerdozi Aulo Gellio “Notti attiche” Dionigi di Al. “Storia di Roma arcaica” Cicerone “Le leggi” Livio “Storia di Roma dalla sua fond.” ● Senato Polibio “Storie” ● Assemblee popolari (comizi centuriati e tributi, curiati in disuso) Cicerone “Le leggi” Aulo Gellio “Notti attiche” Patrizi contro plebei Gli scontri tra la classe sociale dei patrizi e quella dei plebei è dettata innanzitutto da un costante stato di tensione con le forze confinanti lo Stato romano: la sconfitta incassata dagli etruschi nel golfo di Cuma per mano del signore di Siracusa Ierone proiettò una crisi anche su Roma, la quale si trovava ad essere in posizione favorevole per la transizione dei beni dalle colonie tirrene in Campania; altro stato di tensione percorreva Roma con le popolazioni dell’entroterra, i Sabini, i quali bloccano il commercio del sale raccolto ad Ostia. Tutto questo ha portato ad un periodo, durante il 5° secolo, di carestie ed epidemie, che colpivano principalmente le classi meno agiate: i contadini così erano costretti ad indebitarsi con i proprietari terrieri e spesso dovevano ripagare con la legge del nexum (se non solleva il debito entro trenta giorni, l’indebitato passava di “proprietà” al debitore, che poteva servire a carico del proprietario o essere esposto al Comitium (nord del Foro, dove si tenevano le assemblee) per essere riscattato; altrimenti veniva decapitato o esiliato da Roma per essere venduto come schiavo). Ciò che chiedeva la plebe era la mitigazione dei tassi di interesse e la redistribuzione equa dell’ager publicus. (agro pubblico) La fascia plebea più benestante chiedeva l’accesso alla massima carica dello Stato (riservata ai patrizi) e la codificazione scritta delle leggi, in modo che non fossero più in balia dell’arbitrio del collegio dei pontifex, tutti patrizi. Altro nodo di dissidio era generato dai comizi centuriati: le centurie rappresentavano una realtà politica (nettamente indirizzata verso i patrizi) ma anche una base di reclutamento delle truppe. Dalla prima classe di censo venivano reclutati numerosi soldati (essendoci più centurie); ma grazie ad un armamento pesante ed ad una nuova tecnica di combattimento a “falange” (imparata dagli etruschi, che la appresero dai greci) le grosse perdite venivano dalle classe di reddito inferiore, che si trovavano a combattere scudo a scudo con i figli dei patrizi, ricavando però meno reddito rispetto ai ricchi (anzi spesso dovevano lasciare incolte le loro terre). Tradizionalmente la prima rivolta avvenne nel 494 A.C. ed avvenne in forma di sciopero generale, il che lasciò la città priva di forza-lavoro ma anche di difese; la plebe si ritirò sul colle Aventino (legato maggiormente a loro, con il tempio di Cerere Libero e Libera) e prese il nome di secessione. In tale occasione la plebe instaurò una propria assemblea generale (Concilium, solo accesso plebei) dalla quale si votava secondo tribù, e dalla quale venivano deliberati numerosi provvedimenti, ovvero i plebiscita, il quale potere non influiva sullo Stato e sui patrizi (fino all’instaurazione della Legge Ortensia nel 287 A.C. ad opera del dictator Quinto Ortensio). Vennero eletti oltretutto i rappresentanti delle volontà plebee, ovvero i tribuni della plebe (inizialmente 2, successivamente 10) e chiunque avesse violato l’autorità del tribuno sarebbe andato incontro al sacer, ovvero “consacrato alla divinità”, ovvero morte e confisca dei beni alla dea Cerere. Inoltre avevano il loro potere di “veto” su qualsiasi provvedimento civile che sembrasse andare a discapito della plebe (ius intercessionis) così come soccorrere un cittadino contro un magistrato (ius auxilii). Lo Stato riconobbe l’organizzazione interna della plebe, anche se il problema dei debiti rimase insoluto: a tal proposito nel 486 A.C. il console Spurio Cassio cercò di operare una manovra di distribuzione delle terre (anticipando sospettosamente nelle fonti antiche sempre poco attendibili il provvedimento dei Gracchi): fatto sta che venne ucciso perché accusato di aspirare alla tirannide. Una volta resosi conto della propria organizzazione interna, la plebe chiese una redazione delle leggi scritte; dopo qualche anno di agitazione, nel 451 A.C, dopo che una delegazione aveva passato tra anni ad Atene a studiare la costituzione di Solone, venne istituito il decemvirato (sospendendo i magistrati ed i tribuni della plebe). Dopo il primo anno venne redatta una legislazione di 10 tavole, ed il potere venne delegato un altro anno, portando alla formazione di altre due tavole di leggi: i decemviri (capeggiati da Appio Claudio) volevano perpetuare il loro potere, ma una secessione della plebe unita alla protesta della parte moderata dei patrizi (guidata da Marco Orazio e Lucio Valerio) portò alla abdicazione dei dieci ed alla elezione, nel 449 A.C. di questi ultimi come consoli. Questi si impegnano a riconoscere il ruolo decisivo dei tribuni della plebe, sancendo il loro ruolo e la loro inviolabilità, ed inoltre (nelle fonti scritte) venne promulgata la concilium plebis, ovvero che i plebisciti diventassero vincolanti a tutta la cittadinanza (sembra anacronismo). Un esempio è il plebiscito Canuleio, il quale voleva abrogare il divieto di matrimonio tra patrizi e plebei, rendendo irrilevanti le distinzioni di classe nelle cariche magistrali; il plebiscito comunque divenne legge (non si sa attraverso quale autorità) nel 445 A.C. In questo nuovo scenario i patrizi si trovavano ad affrontare la possibilità di essere ammessi alle cariche magistrali (sopratutto quelle riguardanti gli auspici) anche persone provenienti dai ceti plebei: così nel 444 A.C. si decise di eleggere al Senato, di anno in anno, due consoli tradizionali (di estrazione patrizia e con l’accesso agli auspici) oppure affiancare a ciò una carica, definita tribuni militum consulari potestate, dove in carica sarebbero stati eletti dai 3 ai 5 tribuni con carica militare (andando così a pareggiare la forza dei consoli, con estrazione non vincolata). Più probabilmente, a conoscenza delle fonti che attestano che il primo tribuno militare plebeo fu eletto solo nel 400 A.C., fino ad allora i tribuni militari cooperavano sottostando alla carica consolare. Il problema economico della plebe continuava a sussistere: prima Spurio Mellio (un ricco plebeo) nel 440 A.C. distribuì a sue spese grano ai più poveri, poi Manlio Capitolino (patrizio eroe della resistenza contro il Galli nel 390 A.C.) nel 376 A.C. (con la distribuzione delle terre di Veio e Capena nel 387 A.C.) propose che si elaborasse una nuova legge agraria, ma vennero liquidati con accuse di tirannide. Qualche anno dopo, due ricchi esponenti plebe, Caio Licinio Stolone e Lucio Sestio Laterano (che poggiavano sul sostegno di alcune famiglie patrizie moderate, come quella di Marco Fabio Ambusto, suocero di Stolone) presentarono al Senato un pacchetto concernente il problema dei debiti e delle terre. Il patriziato resistette con l’appoggio di alcuni tribuni della plebe, che imposero il veto sul pacchetto proposto dai loro stessi colleghi; ogni anno, tuttavia, i due esponenti venivano eletti a tribuni riproponendo il pacchetto. Roma cadde per qualche anno in un’anarchica situazione che spinse il Senato ad eleggere a dittatore Marco Furio Camillo (vincitore di Veio e vendicatore sui Galli) che fece passare i provvedimenti dei due tribuni per legge: il debito poteva essere estinguibile in tre rate annuali, poneva il limite di 500 iugeri/125 ettari di terreno privato, e che il consolato venisse ripristinato (eliminando il tribunato militare) con possibilità che uno dei due consoli potesse essere plebeo (non vincolante). Di tutta risposta, il Senato aristocratico nel 366 a.C. istituì due nuove cariche esclusivamente patrizie: il pretore, incaricato della gestione della giustizia, che sollevava dà questo compito i consoli impegnati nelle campagne militari (nel 242 A.C. venne distinto in pretore urbano e peregrino); e gli edili curiali “incaricati di curare i giochi”, che si sovrapporranno agli edili plebei. Questo processo di apertura politica verso le popolazioni plebee portò a progressivi cambiamenti: del 342 A.C. si legge nei Fasti la presenza di un console di discendenza plebea ed uno patrizio, mentre nel 352 A.C. venne eletto il primo dittatore plebeo Caio Marcio Rutilo, diventando anche di conseguenza parte del Senato dall’anno seguente, dal 300 A.C. il plebiscito Ogulnio permetteva l’ingresso ai plebei nell’ordine degli auguri e dei pontefici . Dal 326 A.C.,i due consoli Petelio Libone e Papirio Cursore, abrogarono la nexus (la legge che sanciva che i debitori finissero in schiavitù qualora non estinguessero il debito) Particolarmente riformatrice fu la censura di Appio Claudio (312-311 A.C.): a lui si attribuisce la costruzione del primo acquedotto romano e del primo tratto della via Appia, così come la proposta di stipulazione di liste senatorie con l’inclusione di persone di modeste origini e la possibilità di libera iscrizione ad una tribù o censura da parte dei cittadini, in modo da dare maggior peso alla componente cittadina della popolazione, ovvero la maggioranza votante. I provvedimenti vennero però rifiutati. Un suo cliente, Gneo Fabio, pubblicò il calendario dei giorni fasti e le formule usate nei processi giudiziari, fino ad allora custoditi dal collegio dei pontefici; questo lo portò alla popolarità e la possibilità di diventare edile. Ad Appio Claudio viene fatto risalire una riforma censitaria, che valutava il censo della popolazione non in base ai terreni e bestiame posseduto, ma attraverso il capitale mobile e le pietre preziose (forse anacronismo). La lex Ortensia (voluta dal dittatore Q.Ortensio) del 287 A.C., sanciva che i plebisciti votati dai concilia plebis (al quale partecipavano solo i plebei convocati dai tribuni della plebe o dagli edili) avessero ugual peso e vincolo delle leggi votate dai comitia tributa (convocati dai consoli o pretori ed al quale partecipava l’intera popolazione). A cominciare da questi anni, la classica aristocrazia patrizia cessò di esistere e subentrò una nuova classe sociale, la nobilitas (da nobilis, ovvero “illustre”, probabilmente a chi discende da un console o pretore o chi era stato uno o l’altro), formata dalle famiglie plebee più ricche e di quelle patrizie che seppero adattarsi al cambiamento, anche attraverso matrimoni. Tuttavia l’accesso era elitario, poiché era necessaria una gavetta di 10 anni nella cavalleria (la classe più elevata, con un accesso elevato a 1.000.000 di assi) e la campagna elettorale era basata sui clienti familiari del candidato: chi entrava in questo ordine era definito homini novi, nonostante necessariamente appartenesse alle famiglie facoltose romane. FONTI ● Problemi economici della plebe Leggi delle 12 Tavole ● Prima secessione (dell’Aventino) Aulo Gellio “Notti attiche” ● Tribunato della plebe Dionigi di Al. “Storia di Roma arcaica” Plutarco “Questioni romane” Livio “Storia di Roma dalla sua fond.” ● Edili Dionigi di Al “Storia di Roma arcaica” ● Decemvirato Livio “Storia di Roma dalla sua fond.” ● Leggi delle 12 Tavole ● Plebiscito Canuleio Livio “Storia di Roma dalla sua fond.” ● Leggi Licinie Sestie (Sestio Laterano e Licinio Stolone) Livio “Storia di Roma dalla sua fond.” ● Pretura ed edile curiale (366 a.C.) Digesto (Pomponio) ● Lex Poetelia Papiria (abolizione Nexus) Livio “Storia di Roma dalla sua fond.” ● Censura di Appio Claudio Cieco Diodoro Siculo “Biblioteca storica” maggiori) arrivò con la conquista di Boviano nel 304 A.C.: gli Equi che si erano ribellati vennero sterminati, mentre gli Ernici presero lo status di civitas sine suffragio; inoltre le popolazione osche dell’Abruzzo vennero sottomesse. Il casus belli che diede inizio alla terza guerra sannitica fu l’attacco a due città dei Lucani nel 298 A.C., i quali chiesero a loro volta sostegno a Roma: questi respinsero il pericolo e sottomisero l’intera regione. Il vero scontro però si tenne a Nord, a Sentino (Sassoferrato), dove una coalizione sannitica (capeggiata da Gellio Egnazio, supremo), etrusca (a seguito della campagna tra il 311 ed il 308 nell’interno Etruria) umbra e gallica, si scontrò con l'esercito romano nel 295 A.C.: l’esito fu favorevole ai Romani (grazie alla coalizione dei due eserciti dei consoli Quinto Fabio Rulliano e Publio Decio Mure (si immolò seguendo la devotio di suo padre contro i Latini) ed ai contingenti provenienti da colonie, municipium o socii. Questa vittoria comportò l’assoggettamento del Sannio nel 290 A.C., mentre l’ultimo attacco gallo-etrusco del 283 A.C. venne bloccato al lago Vadimone, con una controffensiva che si spinse fino all’Etruria interna e in Umbria; infine l’avanzata nel territorio marchigiano si concluse con la conquista dei territori fino alla base della pianura padana, e con la fondazione di Sena Gallica e Ariminum. Nel Mezzogiorno la situazione era più tranquilla: l’unica potenza ancora intaccata era la forte poleis Taranto (che secondo un trattato era in pace finché Roma non avesse schierato navi da guerra nel suo golfo). Tuttavia nel 282 A.C. una polis greca sulle rive calabresi del golfo, Turi, minacciata dai Lucani, chiese aiuto a Roma, che spedì una guarnigione e schierò navi da guerra di fronte a Taranto; questo atteggiamento ostile portò la poleis a scacciare la guarnigione romana, facendo precipitare la situazione. Taranto si trovò costretta a chiedere aiuto alla madrepatria, e la scelta logica cadde su Pirro, re dei Molossi e comandante della Lega epirota (che si estendeva nella bassa Albania e Nord della Grecia). Lo scopo della campagna di Pirro era la difesa delle città greche d’Occidente, rifacendosi alla sua dinastia discendente da Alessandro Magno ed al matrimonio con Lassana, figlia del defunto re di Siracusa Agatocle (sperando di colmare quel vuoto). I Romani, che dovevano affrontare un esercito di 22000 fanti e 20 elefanti, arrivarono a schierare perfino i capite censi (nullatenenti) e vennero sconfitti ad Eraclea nel 280 A.C., imponendo però grosse perdite all’esercito epirota (la celebre vittoria pirrica). L'esercito epirota era tuttavia insufficiente per assediare Roma, così vennero intavolate delle trattative che culminarono nella pace Appiano. Le condizioni, esposte dal tessalo Cinea espose al Senato romano, consistevano nell’obbligo da parte dei romani di liberare le poleis greche ed i territori occupati. Ma le richieste furono respinte grazie al saggio Appio Claudio Cieco. Pirro arrivò a minacciare le colonie latine di Venosa e Luceria nell’Apulia, così che Roma inviò un contingente per bloccare l’avanzata: nel 279 A.C. Pirro vinse ancora ad Ascoli Satriano ma subì grosse perdite e fu costretto a rinforzare l’esercito con truppe mercenarie, mentre Roma aveva un potenziale umano e militare illimitato. Il re dei Molossi così decide di prestare aiuto alla città di Siracusa, impegnata contro i Cartaginesi per il controllo della Sicilia: in terra cartaginese Pirro vinse sempre, meno che l’assedio finale alla città di Libello (rifornita e difesa dall’egemonia marittima della colonia fenicia); nel frattempo Roma stava guadagnando terreno nel Sud Italia, ed al disperato appello d’aiuto dei Sanniti e Bruzi, Pirro salpò per accorrere in loro aiuto, ma la sua flotta fu distrutta da quella cartaginese (279 a.C. secondo il trattato di alleanza militare contro Pirro tra Cartagine e Roma). Così nel 275 A.C., nei pressi della futura colonia di Beneventum, Pirro fu definitivamente sconfitto e costretto a fuggire in patria; tre anni dopo venne ucciso in una zuffa ad Argo, mentre nel 272 A.C. Taranto si arrese ad essere socii romana. FONTI ● Battaglia di lago Regillo (Roma vs. Lega) Dionigi di Al. “Storia di Roma arcaica” ● Sabini, Equi e Volsci Livio “Storia di Roma dalla sua fond.” ● Conflitto con Veio Livio “Storia di Roma dalla sua fond.” Plutarco “Vita di Camillo” ● Invasione gallica e sacco (390 a.C.) Polibio “Storie” ● Ripresa (distribuzione terre di Veio) Livio “Storie di Roma dalla sua fond.” Dionigi di Al. “Storie di Roma arcaica” ● Guerre sannitiche Dionigi di Al. “Storia di Roma arcaica” Livio “Storia di Roma dalla sua fond.” Corpus Inscriptionum Latinarum n. 309 Polibio “Storie” ● Guerra contro Taranto e Pirro Appiano “Le guerre sannitiche” Polibio “Storie” Dionigi di Al. “Storia di Roma arcaica” Fonti: La principale fonte per la prima guerra punica e del contemporaneo agli eventi Polibio nel suo Storie (il quale venne deportato insieme ad altri 1000 achei accusati di simpatizzare per Perseo di Macedonia); la sua opera ci è giunta integralmente solo per la Prima guerra e per il periodo fino al 216. Mentre di Livio conserviamo integralmente la Seconda guerra fino al 167, mentre per il resto sappiamo solo brevi riassunti e frammenti raccolti nel Periochae. Importanti si rivelano anche i libri di Appiano (Guerre Iberiche, puniche, illiriche, siriache e frammenti di macedoniche) e di Cassio Dione (che ricostruisce la sotiria romana dalle origini a Settimo Severo). Interessanti sono le biografie di Cornelio Nepote nel Vita dei condottieri stranieri e Vite parallele di Plutarco, mentre per la sistemazione della Sicilia la fonte migliore viene dà Orazione contro Verre di Cicerone. Per quanto riguarda l’epigrafia, di rilevanza sono il Trattato romano-etolico (conservato in lingua greca) e l’elogio di C. Duilio (Milazzo 260) anche il celebre Senatoconsulto sui Baccanali ed il Decreto di Emilio Paolo dalla Spagna. La conquista del Mediterraneo Nel 264 A.C. Roma controllava quasi tutta la penisola italiana, fino allo stretto di Messina, oltre il quale non poté spingersi a causa del Trattato di Filone tra Romani e Cartaginesi. Le due zone di influenza avevano come confine lo stretto di Messina, ai Romani era impedito di invadere la Sicilia, ai Cartaginesi invece era vietata l’intera penisola italiana (l’accordo, come riporta Polibio, probabilmente non era scritto ma di mutua intesa). Ma due potenze del genere erano destinate prima o poi a scontrarsi. Le prime tensioni avvennero a causa della guarnigione mercenaria dei Mameriti, che una volta congedati da Agatocle di Siracusa, si impadronirono di Messina saccheggiando le città vicine. I siracusani, guidati da Ierone, decisero di intervenire militarmente, ma furono costretti al ritiro a causa del supporto offerto ai Mameriti da parte della flotta cartaginese. I mercenari tuttavia si stancarono presto della tutela di Cartagine, e chiesero sostegno ai romani: un intervento in Sicilia avrebbe sicuramente provocato tensione con la colonia fenicia di Tiro, con la base poco distante da Tunisi. Essa poteva contare su domini lungo tutto il Nord Africa e nel Sud della Spagna con Sardegna e una fetta della Sicilia. Era capeggiata da un governo oligarchico e disponeva di un fondo finanziario che gli permetteva di possedere un grande esercito di mercenari. Senza contare il supporto di Siracusa. Il Senato era estremamente diviso a riguardo, tra una pace logicamente più efficace ed un intervento volto a scongiurare la possibilità di concedere il controllo di un punto strategico come Messina ai cartaginesi, nonché una buona possibilità per Roma di impossessarsi delle ricchezze dei campi siciliani. Quando l’assemblea popolare decise per l’invio di una guarnigione a sostegno dei Mameriti, scoppiò la lunga prima guerra punica (264-241 A.C.): i Romani riuscirono a respingere via terra i nemici, e la coalizione Cartagine-Siracusa si stava già sciogliendo per la volontà di Ierone. Esso aveva intuito il turbamento del suo popolo di essere alleato con gli storici nemici, per questo propose un'alleanza con Roma, la quale ne approfittò per assicurarsi un continuo rifornimento all’esercito attraverso il canale siracusano, poiché i cartaginesi erano estremamente forti in mare ed avrebbero disturbato gli approvvigionamenti. Nel 262 A.C. cadde sotto Roma l’importante colonia cartaginese di Agrigento. Cartagine, grazie al suo arsenale navale, riuscì comunque a mantenere posizioni nevralgiche dell’isola: questo spinse Roma alla creazione (anche grazie ai socii navales greci, come Taranto ecc.) di una grande flotta, che riportò già nel 260 A.C. guidata dal console Caio Dullio, una grande vittoria nelle acque di Milazzo. Nel 256 A.C. si pensava già all’invasione delle postazione cartaginesi in Africa: sbarcati a capo Bon, le operazioni militari guidate dal console Marco Atilio Regolo furono favorevoli, ma non seppe sfruttare la situazione di difficoltà cartaginese e l’insorgere delle popolazioni sottomesse alla egemonia fenicia. Così nel 255 A.C. l’esercito romano subì una grave sconfitta contro l’esercito africano guidato dal mercenario Santippo, e nella fuga numerose navi della ancora integra flotta vennero distrutte da una tempesta. Nel 249 A.C. Cartagine contava ancora su Libello e Trapani, ma era stremata nella guerra terrestre (guidati da Amilcare Barca), mentre Roma, a seguito del continuo assedio, era senza flotta: in quegli anni si decise di chiedere un prestito di guerra all’aristocrazia romana estinguibile in caso di vittoria per ricostituire la flotta. Nel 241 A.C. Cartagine non riusci più a rompere l’embargo posto attorno alle due città e chiese la pace: Cartagine fu costretta a devolvere un indennizzo di guerra di di 3.330 talenti in 10 anni e ad abbandonare le terre siciliane. La Sicilia divenne così la prima provincia romana imponendo un pagamento annuale (1/10 della produzione annuale, in cereali maggiormente), quindi senza un obbligo militare come invece era per le socie. L'amministrazione interna ed estera era data ad un magistrato (eletto annualmente): inizialmente era un questore della flotta, successivamente nel 227 A.C. vennero eletti due pretori extra, addetti all’amministrazione delle provincie di Sicilia (e successivamente della Sardegna). Si mantennero comunque stati indipendenti ma legati a Roma, come la Siracusa di Ierone e Messina Il periodo che va dalla fine della prima guerra all'inizio della seconda fu denso di avvenimenti: Cartagine si trovò in difficoltà a causa del divampare di numerosi focolai di ribellione (241-237 a.C.) sedati solo dalla forza di Amilcare Barca. Tra i focolai c’era la Sardegna e la Corsica: quando nel 237 a.C. Barca volle sbarcare per sedare le rivolte, Roma lanciò un ultimatum, obbligando Cartagine ad accettare per la sua debolezza. Nasceva così la seconda provincia romana di Sardegna e Corsica. Roma intervenne anche nel mar Adriatico, lanciando un ultimatum anche al regno di Illiria, (indebolito dopo la morte di Pirro e governato dalla reggente Teuta) di soffocare le azioni piratesche ai danni delle colonie greche nel nord della costa orientale dell’Adriatico (che stavano rovinando i rapporti mercantili con le colonie e città romane nella zona delle Marche). La regina respinse le richieste e venne dichiarata guerra nel 229 a.C.: la guerra si concluse presto col favore di Roma, che depose Teuta e bloccò ogni pretesa sulle suddette città, che divennero un protettorato romano. A Dementro, ufficiale di Teuta che sposò la causa romana, venne concessa l’isola dalmata di Faro. Quest’ultimo qualche anno dopo intraprese delle azioni ostili (forte di una presunta alleanza con Filippo V° di Macedonia), che si risolsero nella seconda guerra illirica, inserendo Faro nel protettorato romano (219 a.C.); Dementro fuggì in Macedonia e questo fu un focolare delle ostilità tra le due forze. L’attenzione per la conquista della valle Padana sorse quando i Galli incorsero nel territorio settentrionale romano per fermarsi solo all’altezza di Rimini, nel 236 a.C. La mossa politica di distribuire l’ager Gallicus (il territorio sottratto ai Galli Senoni qualche anno prima) ai cittadini romani da parte del console Caio Flaminio (detta legge flaminia), sia per propaganda sia per permise lo sbarco dell’esercito sull’Ellesponto, per giungere alla guerra di Magnesia sul Sipilo, dove Antioco fu sconfitto definitivamente. La pace di Apamea del 188 a.C. confermò il disinteresse romano per l’Asia minore. Oltre ad una ingente remunerazione, Antioco dovette disfare la flotta e consegnare i rifugiati nemici di Roma, tra cui Annibale (il quale fuggì in Bitinia, dove si suicidò). Vennero concesse anche retribuzioni territoriali alle due alleate (limite monte Tauro). L’espandersi della politica estera romana aveva portato all’acuirsi di tensioni interne allo Stato romano. Primo esempio è, nel 187 a.C., la condanna da parte di alcuni tribuni della plebe ai danni di L.Cornelio Scipione, vincitore di Antioco, di essersi impossessato di parte dell'indennità di guerra come bottino personale. Le accuse caddero con il solo veto di un tribuno, nel 184 a.C. Nello stesso anno venne accusato il padre, Scipione l’Africano che, in quanto “aiuto” nella campagna con il figlio in Asia minore, avrebbe concluso trattati personali con Antioco. Scipione negò le accuse e si ritirò nei suoi possedimenti a Literno in Campania, dove morì nel 183 a.C. Il processo contro gli Scipioni, ispirato dall homo novus Marco Porcio Catone, esprime una volontà di arginamento dell’individualismo di alcune casate nobili, che rischiava di complicare ulteriormente la tenuta politica di Roma (dà questa motivazione nella Legge Villa del 180 a.C., che poneva limiti di età di due anni per l’investitura a cariche pubbliche). Altro campanello fu il processo, nel 186 a.C., che il Senato mosse contro i culti bacchici, diffusissimi ai tempi e probabilmente originari dell’Asia Minore: il processo, chiamato Senatus Consultum de Bacchanalibus impose misure durissime a chi avesse professato il culto, con una regolamentazione interna del culto stesso (baccanali, proibizione a giuramenti o organizzazione interna) sia a Roma che in tutte le comunità socie o alleate, anche latine. Quello che preoccupava il censore era la formazione di società segrete interna allo Stato romano. In quegli anni giungevano numerose ambascerie greche al Senato, che sostenevano le loro ragioni diplomatiche contro le altre città della Grecia. A queste avance Roma tendeva sempre ad adottare una soluzione che privilegiasse l’aristocrazia filoromana piuttosto che la democrazia, che di conseguenza si trovava costretta a trovare sostegno in altre cause. L’occasione venne dalla morte del re macedone Filippo V° (che aiutò Roma contro l’avanzata di Antioco) e l’ingresso al potere del figlio Perseo, che trovava sostegno nelle ambizioni nazionaliste di numerose città elleniche. Questo apparve agli occhi di Roma come una sorta di sfida diplomatica, ad ogni azione che coinvolgeva il nuovo re vennero creati appositi documenti di dissenso. I preparativi di guerra, cominciati nel 172 a.C. a seguito di una dichiarazione contro Perseo di Eumene di Pergamo, vennero ultimati nel 171 a.C a seguito di una mossa diplomatica degli ambasciatori Marcio Filippo e Atilio Serrano, che instaurano una tregua con Perseo, in modo da permettere alll'esercito romano di prepararsi al meglio. (questa mossa venne accusata dà un drappello di conservatori, in quanto sleale ed antiromana nei confronti del nemico). Il re macedone ottenne il sostegno della popolazione dei Molossi e del re illirico Genzio: nel 168 a.C. quest’ultimo fu sconfitto dal console Lucio Emilio Paolo nei pressi di Pidna. La Macedonia sconfitta venne smembrata in quattro repubbliche che non potevano avere contatti tra di loro, tutte tributarie di Roma. Lo stesso avvenne per l’Illiria, smembrata in tre repubbliche. osì come la smembrazione in tre repubbliche. I Molossi vennero completamente distrutti. Rodi tentò una pace in extremis tra Roma e Macedonia ma dovette accettare la creazione di un porto franco a Delo, condannando la propria economia. La lega Achea, precedentemente sconfitta, era stata punita con l’esportazione a Roma di 1000 achei sospetti (tra cui Polibio). Desiderosi di vendetta sostennero la causa di Andrisco, che si spacciava per Filippo figlio Perseo, alla guida di un'altra rivolta contro Roma. Quest’ultimo riuscì a riunire la Macedonia sconfiggendo le milizie repubblicane (concesse da Roma in difesa dei “barbari”). Venne eliminato dal pretore Quinto Cecilio Metello nel 148 a.C., ed il Senato decise per l’espulsione dalla lega Achea di Sparta, Corinto e Argo. Questa decisione spinse la Lega ad una disperata guerra contro Roma: Metello e Lucio Mummio sconfissero definitivamente la lega e distrussero Corinto nel 146 a.C. Da qui, il Senato decise per la fondazione in Macedonia di una provincia romana, con facoltà di intervento in Grecia. Tutte le Leghe vennero sciolte in favore di regimi aristocratici fedeli a Roma Nel 146 a.C. venne distrutta per sempre anche Cartagine. Dopo la seconda guerra punica, Cartagine si era ripresa economicamente e militarmente abbastanza fretta, sempre restando fedele ai patti presi con Roma. Nel 196 a.C. Annibale venne eletto come un massimo magistrato, e venne accusato a Roma di cospirare con Antioco III°. Queste accuse spinsero Annibale a rifugiarsi in Anatolia ed assicurare la fedeltà della nuova giunta di governo a Roma. Motivo di tensione era tuttavia la politica espansiva del re numida Massinissa, che nel 151 a.C., dopo essersi impossessato di terre fertili cartaginesi, costrinse Cartagine a spedire un esercito senza consultare Roma (decisione presa per l'ignoranza del Senato alle precedenti richieste di aiuto contro Massinissa). L’esercito cartaginese, inesperto, venne sbaragliato: la stessa violazione della clausola avrebbe animato il Senato,diviso in due fazioni: quella che voleva portare la distruzione di Cartagine (tra le motivazioni troviamo Catone, che in veste di ambasciatore per le dispute tra Massinissa e Cartagine, aveva visto la città fiorente ed in armi, e sicuramente ricca e fertile, pericolosa per gli interessi di Roma. L’altra fazione puntava a mantenerla in vita (tra questi Scipione Nasica, preoccupato della prepotente politica estera di Roma, puntava al mantenimento della virtù della guerra contro un nemico storico, per non far cadere Roma nella lussuria). Nel 149 Roma sbarcò un imponente esercito in Tunisia: Cartagine cercò di chiedere la pace, ma quando venne chiesto di abbandonare la città, questi decisero per una resistenza ad oltranza. L’assedio risulto difficile, ma venne risolto nel 146 a.C. sotto il consolato di Publio Cornelio Scipione Emiliano (figlio di Emilio Paolo, vincitore nella battaglia di Pidna, ed adottato dagli Scipioni) dichiarando maledetta quella terra. Difficile questione è invece la conquista della Spagna (completata solo sotto il comando dell’imperatore Augusto). Nel 197 a.C. la penisola iberica contava due aree di influenza romana, a Sud attorno alla città di Cadice, e a Nord tra la zona costiera ed il fiume Ebro) si chiamarono la prima Spagna Ulteriore e Spagna Citeriore, organizzate in province (gestite quindi da pretori) e tributarie a Roma, con anche l’obbligo di prestare soldati ausiliari. La penetrazione verso l’interno fu una guerriglia, una guerra senza gloria che spesso portò a renitenza alla leva: la situazione veniva gestita con durezza dai magistrati romani, che instaurarono un tribunale speciale, il quaestio perpetua de repetundis, che eseguiva ogni abuso di potere possibile. Esemplare e la condotta dei due consoli Marco Porcio Catone (Citeriore), che sottomise con violenza numerose tribù facendo scoppiare quindi numerose rivolte altrove, e Tiberio Sempronio Gracco, che ebbe un atteggiamento conciliante per rimuovere le ostilità verso Roma. Conclusa la difficile guerra contro i Lusitani (147 139 a.C) (guidati dallo stesso stratega Viriato) la guerra si concentrò sulla celtibera Numanzia. Nel 137 a.C. l’esercito romano guidato da Caio Ostilio Mancino, dovette firmare una umiliante resa contro la città; la resa fu respinta e venne rieletto a console (con una deroga dal Senato) Scipione Emiliano (il distruttore di Cartagine) che, con un folto esercito, assediò e distrusse Numanzia del 133 a.C FONTI ● Prima guerra punica (264 241 a.C.) Polibio “Storie” Corpus Inscriptionum Latinarum n. 319 ● Prima provincia romana Cicerone “Seconda orazione contro Verre” Digesto (Pomponio) ● Tra le due guerre Polibio “Storie” ● Seconda guerra punica (218 201 a.C.) e prima macedonica (205 a.C.) Livio “Storia di Roma dalla sua fond.” Polibio “Storie” ● Seconda guerra macedonica (201 196 a.C.) Livio “Storia di Roma dalla sua fond.” ● Guerra siriaca (192 188 a.C.) Livio “Storia di Roma dalla sua fond.” ● Senatus consultum de Bacchanalibus Corpus Inscriptionum Latinarum n.18 ● Terza guerra macedonica (172 168 a.C.) Iscrizione proveniente da Delfi Livio “Storia di Roma dalla sua fond.” Cicerone “I doveri” ● Quarta guerra macedonica e guerra acaica (148 146 a.C.) Pausania “Guida della Grecia” ● Terza guerra punica (146 a.C.) Plutarco “Vita di Catone il Vecchio” Appiano “Le guerre puniche” Macrobio “I Saturnali” Zanora ● Spagna Appiano “Le guerre iberiche” Iscrizione latina di Cadice Fonti: La trattazione di Polibio, che con ogni probabilità e proseguita fino al 133, viene continuata da Posidonio e da Strabone. Di matrice antigraccana sono invece le brevi trattazioni rinvenute di Velleio Patercolo e di Floro, nonchè di Paolo Orosio, mentre importanti diventano i frammenti della Biblioteca storica di Diodoro Siculo, Detti e fatti memorabili di Valerio Massimo e Storia romana di Cassio Dione. Vite di Caio e Tiberio di Plutarco invece sono le uniche trattazioni giunteci monografiche. La documentazione epigrafica invece contra i cippi confinanti dei triumviri agrari, nonche l’Elogio di Polla. Una tavola bronzea (Tabula Bembina) conserva su un lato una lex agraria del 111 importante per la ricostruzione storica delle lex Sempronie dopo l’arginamento senatorio. Per il periodo che porta alla guerra sociale importanti sono le opere di Sallustio nel Guerra Giugurtina e Vita di Mario e Silla di Plutarco, mentre le Orazioni di Cicerone diventan una fonte non storigrafica in quanto cita spesso (conoscendol personalmente) i personaggi illustri in questo periodo. Per quanto riguarda le fonti epigrafiche importanti sono il Deditio di Alcatara ed i numerosi decreti ed iscrizioni onorarie che elogiano l’attivita dei magistrati locali e centrali. Ed in oltre in queto periodo che viene redatta la Lex Piratica. Dai Gracchi alla Guerra sociale La tradizione storiografica antica (di matrice aristocratica) individua nell'età graccana (131-121 a.C.) l’inizio della degenerazione dello Stato e il seme delle successive guerre civili. La guerra annibalica aveva portato numerose ricchezze concentrate nelle mani di pochi, ed aveva inferto un duro colpo all’agricoltura classica (che impiegava uomini liberi per molti anni), nonché la penetrazione della cultura greca in Italia. Numerosi rampolli romani venivano educati da precettori ellenici, che a volte gestivano anche i beni dei padroni. Aveva anche permesso ad italici e romani di immettersi nel grande commercio (negotiatores), facendo gli interessi di numerosi senatori (tramite lo sfruttamento di prestanome, che potevano essere schiavi) e degli equites, organizzati su base censitaria di 400.000 sesterzi. La loro ascesa economica aveva cominciato a marciare di pari passo anche con le aspirazioni politiche: per difendere i propri interessi volevano entrare nei tribunali permanenti (quaestio perpetua) che fsl 149 a.C. perseguivano i reati di estorsione che i magistrati inferivano ai singoli o alle comunità. Un massiccio uso della mano d’opera servile e l’importazione di grano aveva comportato una concorrenza rovinosa per i piccoli proprietari terrieri, che spesso si trovavano costretti a vendere la propria proprietà. Molti affluivano a Roma (che divenne così la prima metropoli del mondo antico), a causa del cambio dello sfruttamento I Cimbri (provenienti forse dalla penisola dello Jutland) ed i Teutoni (della regione dell’Holstein) avevano intrapreso una migrazione verso sud forse per cause di carestie. Arrivati nel Norico (Austria) vennero affrontati al di là delle Alpi da Cneo Papirio Carbone (per tutelare una zona di estrazione di oro e ferro): presso Noreia i romani venne sconfitti (113 a.C.). La loro espansione in Gallia spinse Roma a contrastarli, incassando presso Arausio una delle sconfitte peggiori della sua storia (105 a.C.). A Mario venne affidato il comando della guerra dal 104 fino al 100 a.C.: attuò una riorganizzazione dell’esercito (da 30 piccole unità la legione venne composta da 10 coorti di 600 uomini) dell'addestramento individuale e dell’armamentario. Nel 103 a.C. i Germani ricomparvero in Gallia: i Teutoni avanzarono verso la Gallia meridionale, mentre i Cimbri verso le Alpi centrali per valicarle. Nel 102 a.C. i Teutoni vennero battuti presso Aquae Sextie, mentre nel 101 a.C. i Cimbri vennero raggiunti e sconfitti presso Vercelle. Lucio Appuleio Saturnino era un alleato di Mario: nel 103 a.C. infatti lo aiutò ad essere eletto tribuno in cambio di una legge per la distribuzione delle terre africane ai suoi veterani di guerra. Nel 100 a.C. Mario fu eletto al sesto consolato, Lucio al secondo tribunato e Caio Servilio Glaucia a pretore: Saturnino propose una legge per la distribuzione delle terre della Gallia meridionale nonché la deduzione di colonie in Sicilia e Macedonia ed al giuramento imposto ai senatori di rispettare tale legge. Mentre Glaucia si candidava al consolato, un suo competitore venne assassinato: questo bastò al Senato per proclamare il senatus consultum ultimum. Mario così dovette far uccidere i suoi colleghi politici e lui si allontanò da Roma presso Mirtriade VII° di Ponto (poiché il suo prestigio era compromesso). Al brigantaggio, in Cilicia Tracheia (occidentale, contrapposto a quella Pedias urbanizzata) si aggiungeva a anche la pirateria, compromettendo l’asse marittimo dell'Egeo verso Cipro ed alla Siria-Fenicia. La creazione del porto franco di Delo aveva accresciuto le loro attività, contrastate dalla solo Repubblica di Rodi. Nel 102 a.C. venne inviato il pretore Marco Antonio (nonno del più celebre omonimo) con il compito le basi piratesche in Anatolia: i successi furono coronati dalla deduzione della provincia di Cicilia (corrispondente alla Panfilia) ed alla redazione nel 101-100 a.C. della lex de provinciis praetoriis con le norme anti piratesche. Marco Antonio chiede così aiuto alle comunità locali: il re di Bitinia Nicomede III° si oppose poiché la maggior parte dei suoi uomini erano entrati in schiavitù per debiti. Roma allora impose una inchiesta ai pretori: operazione che portò alla libertà di numerose persone. A questa seguirono le proteste della fazione schiavista che fece declinare l’operazione. Susseguirono numerose rivolte servili: esemplari sono quella del Laurion in Attica (103 a.C.) e quella in Sicilia (nel 104 a.C. al 100 a.C.); riuscì a reprimerla Manio Aquilio (luogotenente di Mario nella guerra ai Teutoni). Continuava la contesa tra cavalieri e senatori per la gestione dei tribunali permanenti: le tensioni erano tali che nel 95 a.C., con una legge, Licinia Mucia ordinò l'espulsione da Roma dei residenti italici o latini irregolarmente iscritti alle liste di censo. Nel 91 a.C. venne eletto tribuno Marco Livio Druso. Le sue norme si concentrarono sulla distribuzione di nuovi appezzamenti e deduzione di nuove colonie nonché l'abbassamento del prezzo del grano attraverso una nuova legge frumentaria. Propose l’entrata nel senato di cavalieri (alzando il numero di senatori da 300 a 600) e ridiese che il controllo passdei tribunali a questi ultimi; inoltre propose la cittadinanza romana agli alleati italici. L'opposizione fu vastissima e Druso venne assassinato. Questo episodio fece esplodere il risentimento degli Italici. L’espansione dell’influenza romana nel Mediterraneo e l’ingresso in un mercato più ampio aveva fatto sì che le differenze sociali tra aristocrazia romana e italica perdesse di significato; inoltre le leggi frumentarie ed agrarie erano riservate ai soli cittadini romani: gli Italici ne erano esclusi (nonostante avessero ampiamente contributo alle campagne romane) e si vedevano anche sottrarre i terreni. Non avevano rilevanza politica e militare nelle decisioni, e continuavano a pagare imposte per le reclute, ricevendo meno bottino e ripercussioni più violente in caso di violazioni. Le ostilità cominciarono ad Ascoli dove i romani vennero massacrati (90 a.C.): le insurrezioni si espansero sull’Adriatico (Piceni, Vestini ecc.) nell’Appennino centrale (Sanniti e Lucani) e meridionale. Campani e Apuli si aggiunsero dopo, mentre restarono fedeli a Roma gli Etruschi ed Umbri, nonché gli alleati latini e le città della Magna Grecia. Gli scontri furono durissimi, poiché Roma combatteva contro nemici addestrati al loro stesso modo. Gli insorti si organizzarono con la capitale a Confinium (ribattezzata Italica) e con propria monetizzazione, nonostante ci fossero fazioni che richiedevano la sola cittadinanza ed altre che covavano un sentimento di vendetta contro Roma. Roma spedì a settentrione il console Publio Rutilio Lupo fiancheggiato da Caio Mario (che gli succedette nel comando poiché il primo morì) mentre a meridione il console Lucio Giulio Cesare (che aveva come luogotenenti Lucio Cornelio Silla). Chiave di volta fu la legge Iulia de civitate (dal console Lucio Giulio Cesare) che concedeva la cittadinanza romana agli alleati rimasti fedeli ed a chi avesse deposto le armi. Nell’89 a.C. la legge Plautia Papiria concedeva la cittadinanza agli Italici che si fossero registrati al pretore romano entro 60 giorni, e la legge Pompeia (dal console Cneo Pompeo Strabone) che concedeva il diritto latino ai centri urbani transpadani. I successi vennero dà Lucio Cornelio Strabone (sotto il quale combattevano i giovani Gneo Pompeo, Catone e Catilina) e da Lucio Cornelio Silla (eletto console nell’88 a.C. assediò l’ultima roccaforte insorta di Nola). Le aristocrazie potevano entrare così nelle cariche magistrali, con i cittadini che per esercitare la propria influenza politica dovevano recarsi a Roma, rendendola così una città cosmopolita. FONTI: ● Decadenza della virtù di Roma per distruzione Cartagine: Velleio Patercolo “Storia Romana” Sallustio “La guerra giugurtina” ● Nuova economia : Plutarco “Vita di Catone il Vecchio” ● Negotiatores: Durbach “Choix d'inscriptions de Délos n.131” Durbach “Choix d'inscriptions de Délos n.105” ● Penetrazione ellenismo nella cultura romana: Plutarco “Vita di Catone il Vecchio” ● Crisi della proprietà fondiaria: Plutarco “Vite di Tiberio e Caio Gracco” Varrone “L’agricoltura” ● Rivolta servile in Sicilia: Diodoro Siculo “Biblioteca storica” ● Optimates e Populares: Cicerone “In difesa di Publio Sestio” ● Voto segreto (lex tabellarie) Cicerone “Le leggi” ● Tiberio Gracco Plutarco “Vita di Tiberio e Caio Gracco” ● Deposizione di Marco Ottavio tribuno Plutarco “Vita di Tiberio e Caio Gracco” ● Testamento di Attalo 3* Plutarco “Vita di Tiberio e Caio Gracco” ● Aristonico e provincia d’Asia Strabone “Geografia” ● Morte di Tiberio Plutarco “Vita di Tiberio e Caio Gracco” ● Le leggi di Caio Gracco Plutarco “Vita di Tiberio e Caio Gracco” Appiano “Le guerre civili” ● Distribuzione agraria ed aneddoto di Lucio Calpurnio Pisone Frugi (oppositore) Cicerone “Le discussioni tusculane” ● Fondazine di Aquae Sextie nella Gallia Meridionale Strabone “Geografia” ● Giugurta Sallustio “ La guerra giugurtina” ● Caio Mario homo novus ed arruolamento dei capite censi Sallustio “La guerra giugurtina” ● Cattura di Giugurta ed astio tra Mario e Silla Plutarco “Vita di Caio Mario” ● Cimbri e Teutoni Plutarco “Vita di Caio Mario” ● Editto di Alcantara-Lusitania di Caio Mario El bronce di Alcantara ● Rivolta servile in Sicilia (104 100 a.C.) Diodoro Siculo “Biblioteca storica” ● Ombre di Caio Mario Inscriptiones Italiae; Corpus Inscriptionum Latinarum 11; Inscriptionum Latinarum Selectae n.59 Diodoro Siculo “Biblioteca storica” ● Sesto consolato di Mario Livio “Periochae” ● Marco Livio Druso, proposta di cittadinanza e morte Appiano “Le guerre civili” ● Guerra sociale Diodoro Siculo “Biblioteca storica” Velleio Patercolo “Storia romana” ● Lex Iulia de civitate Appiano “Le guerre civili” ● Lex Plautia Papiria Cicerone “In difesa del poeta Aulo Licinio Archia” ● Lex Pompeia Asconio, commento a Cicerone ● Concessione cittadinanza sul campo da Caio Mario Valerio Massimo “Fatti e detti memorabili” ● Consulto senatori in favore a tre comandanti greci sostenitori di Roma nella guerra Inscriptiones Latinae Liberae Rei Publicae 2 n. 513 Fonti: Importanti sono Le guerre mitridatiche e Civili di Appiano, Vite parallele (Serrtonio, Locullo, Pompeo, Crasso e Cesare) di Plutarco, le Periochae di Livio, i frammenti di Cassio Dione ed i libri di Diodoro Siculo. Interessante e un estratto della Storie di Sallustio, dove sarebbe riportata la lettera di Mitridate spedita ad Arsace di Partia. Importante e anche la Geografia di Strabone. Successivamente vanno riconrdati i frammenti di Floro e di Velleio Patercolo (Tra morte di Silla e consolato di Pompeo e Crasso), nonche importante e il documento epigrafico della controversia tra i pubblicani e la citta di Oropo (Attica-Beozia). Per il periodo 70-50 importante, oltre ai gia citati autori, diventano Sallustio nella Congiura di Catilina e Cicerone per le orazioni che le lettere. Dalla conquista della Giudea di Pompeo interessante divena anche la testimonianza di Flavio Giuseppe nel Antichita giudaiche (ricostruzione popolo ebraico dà origini fino al 66 d.C.), mentre per la conquista della Gallia fondamentale e l’opera di Cesare La guerra gallica. Come fonte epigrafica prendiamo la Lex Gabina Calpurnia per l’immunita dell’isola di Apollo: Delo. Per la guerra tra Pompeo e Cesare tutti i documenti precedenti sono attenibili, con l’aggiunta delle biografie di Cesare ed Augusto di Svetonio; mentre come documento epigrafico prendiamo la Tavola di Eraclea contenente la lex Iulia de Municipalis. Per il periodo post idi di Marzo le fonti principali sono Nel 73 a.C. a Capua ,presso una scuola di gladiatori, scoppiò la terza rivolta di schiavi. Questi gladiatori (70 massimo) si accamparono sul Vesuvio e vennero raggiunti da tutto il meridione dà altri schiavi o gente libera caduta in miseria. A capo della rivolta stava Spartaco, un trace, e Cassio, un gallo. Spartaco voleva condurre rapidamente i suoi al di là delle Alpi, per far si che ognuno tornasse alla sua patria, mentre Cassio (i Germani e gli sbandati) preferivano il saccheggio. Il senato allora affidò un potente esercito a Marco Licinio Crasso pretore: riuscì a bloccare gli insorti in Calabria e questi, tentato il passaggio in Sicilia per mezzo di pirati, vennero traditi e travolti in Lucania nel 71 a.C. (data di morte dello stesso Spartaco). Una fazione di superstiti tentò la fuga nella Gallia Cisalpina, ma vennero intercettati in Etruria da Pompeo (di ritorno dalla Spagna) ed annientati. Marco Licinio Crasso fece crocifiggere le migliaia di prigionieri catturati lungo la via Appia, da Capua a Roma Pompeo (anche se senza requisiti) e Crasso vennero eletti nel 70 a.C. a consoli e si adoperano nello smantellamento dell’ordine sillano. Nel 73 a.C. era già passata una legge frumentaria (Terentia Cassia), ma nella loro carica restaurarono pienamente i tribuni della plebe, elessero i censori che epurarono il Senato e condussero un censimento a Roma che portò il conto di 900.000 cittadini. Il pretore Lucio Aurelio Cotta fece modificare la composizione dei tribunali permanenti, togliendo la prerogativa al Senato e ripartendo la composizione tra senatori, cavalieri e tribuni aerarii (non chiara come categoria, ma di censo ed interesse molto vicina ai cavalieri). La pirateria aveva ripreso piede nella parte orientale dello Stato romano (con le basi in Asia minore Creta e nord Africa): qui la pirateria era tollerata perché portava schiavi a favore degli acquirenti romani, ma la situazione era precipitata a seguito del crescente pericolo per i traffici occidentali (soprattutto per quelli che portavano rifornimenti di grano a Roma). Venne delegato alla guerra contro i pirati Marco Antonio (figlio), ma col solo l'appoggio alla provincia di Cirenaica ed al suo pretore Cecilio Metello Creta venne riconquistata e fatta provincia nel 68/67. Nel frattempo vennero riprese le ostilità contro Mitridate. La miccia fu un testamento (sospettato di falsificazione) lasciato dal defunto Nicomede IV° che lasciava la Bitinia (e quindi l'accesso esclusivo sul Mar Nero) a Roma. Mitridate invase allora il regno, ma contro di lui vennero mandati i magistrati di Cilicia Licinio Lucullo e di Bitinia Aurelio Cotta. Specie Lucullo riuscì a ricacciare Mitridate presso il regno d’Armenia del genero Tigrane (71) e assediò la capitale Tigranocerta nel 69. A seguito di scioperi dei soldati (esausti per la frenetica campagna) e dei finanzieri sulle province orientali (che videro limitati i propri tassi d'interesse per sostenere la campagna) Lucullo fu destituito il che permise a Mitridate e Tigrane di riprendersi e ricominciare le ostilità. Nel 67 venne esteso un imperium infinitum a Pompeo (proposta dal tribuno Aulo Gabinio) per la guerra contro i pirati (aveva poteri su tutto il Mediterraneo più costa entro 50 miglia): questo permise di circoscrivere i pirati nella Cilicia e sconfiggerli. Nel 66 su proposte di Caio Manilio tribuno venne delegato a Pompeo anche la campagna contro Mitridate. Cominciò con l’accordarsi con Fraate re dei Parti per tenere occupato Tigrane, di modo che potesse penetrare tranquillamente in Ponto. Mitridate fu costretto alla fuga nel Bosforo Cimmerio e qui trovò la morte nel 63. Pompeo penetrò anche nell’Armenia, ma accordò a Tigrane il controllo del suo regno (alienandosi le simpatie di Fraate) meno per la Siria che fu redatta a provincia romana (64) e della Palestina che divenne uno stato indipendente tributario della Siria (63). Inoltre riunì in un'unica provincia la Bitinia e Ponto ed ampliò la Cilicia per farla confinare con la Siria (da rivedere, poco chiaro) L’Egitto fino al 116 (con la morte di Tolomeo VIII° Evergente II°) controllava la Cirenaica e Cipro. A partire da questo periodo i principi egiziani cominciarono a chiedere sempre più spesso il sostegno a Roma per la loro autorità, legandosi ad essi anche attraverso testamenti (spesso falsi). Questo avrebbe portato nella sfera romana la Cirenaica nel 96. Lo stesso sarebbe accaduto anche al re Tolomeo X° Alessandro I°, in lotta con l fratello Tolomeo IX° Soter II°, che sarebbe fuggito presso Silla (88) e salito al trono nell’80 (riconosciuto da Roma) braccato dagli Alessandrini che prima di ucciderlo permisero a Tolomeo di redigere un testamento che legava ancor più Roma all' Egitto. Nell 80 gli unici Tolomei rimasti erano i figli di Soter II°: Tolomeo IX° Aulete e Tolomeo. Il primo fu proclamato re d'Egitto, il secondo di Cipro. La preoccupazione di Aulete era il riconoscimento di Roma (che sarebbe arrivato solo nel 59 con Cesare). Quando questo fu sollevato da un sommossa dal trono, fuggi presso Pompeo che attraverso Aulo Gabinio (governatore di Siria) lo riporto al trono con la forza nel 55. (Cipro venne rivendicata a provincia nel 58). Personaggio emblematico di questo periodo e sicuramente Lucio Sergio Catilina: si presentò nel 65 a.C una campagna onerosa per la carica a console, ma fu respinto per indegnità; si ripresentò nel 63 a.C. sostenuto da Licinio Crasso (che aveva come giovane alleato Caio Giulio Cesare, populares ed imparentato con Caio Mario e Cinna) ma venne battuto dall’homo novus Marco Tullio Cicerone (che aveva incentrato la sua campagna sulle collusioni politiche, di rimbalzo anche minando Catilina); si ripresentò nel 62 a.C. ma perdute le alleanze politiche uscì battuto. Allora mise in piano una cospirazione volta all'eliminazione dei consoli ed impadronirsi con la forza del potere: la congiura fu scoperta da Cicerone che invocò il senatus consultum ultimum, costringendo Catilina all’esilio ed alla pena capitale di 5 suoi sostenitori (l’unico ad opporsi era Giulio Cesare). Catilina cadde a Pistoia in uno scontro con l’esercito consolare FONTI: ● Rimostranze di Mitridate 7* Eupatore per la dichiarazione di guerra Appiano “Le guerre di Mitridate” ● Appello degli italici a Mitridate e l’odio di quest’ultimo Diodoro Siculo “Biblioteca storica” Velleio Patercolo “Storia romana” ● Epistola di Mitridate ad Arsace re di Partia Sallustio “Storie” ● Discredito e giustificazione romana alla guerra contro Mitridate (economico) Cicerone “Seconda orazione contro Verre”; “Discorso al popolo sul comando di Cneo Pompeo” ● Mitridate ordina il massacro dei romani ed italici Appiano “Le guerre di Mitridate” ● Il tribuno Publio Sulpicio Rufo e passaggio di carica militare da Silla a Mario Appiano “Le guerre civili” ● Silla marcia su Roma (88 a.C.) ed immissione dei neocittadini delle 35 tribù Appiano “Le guerre civili” ● Mario e Cinna bloccano gli approvvigionamenti di Roma e riprendono la città Appiano “Le guerre civili” ● Cinna e Maro consoli Appiano “Le guerre civili” ● Vittoria di Silla alla prima guerra mitridatica e accusa di Silla al re del Ponto Appiano “Le guerre di Mitridate” ● Silla riprende Roma (82 a.C.) Plutarco “Vita di Silla” Appiano “Le guerre civili” ● Dittatura di Silla, riforme ed abdicazione (82-81;79 a.C.) Appiano “Le guerre civili” ● Crasso ed il ceto affarista Plutarco “Vita di Crasso” ● Rivolta servile di Capua (73 71 a.C.) Appiano “Le guerre civili” ● Consolato di Crasso e Pompeo (70 a.C.) e processo a Verre pretore di Sicilia Livio “Periochae” Asconio, 17 commento a Cicerone ● Pirati nel Mediterraneo Plutarco “Vita di Pompeo” ● Iscrizione di Ilio in onore di Pompeo Année Épigraphique n. 940 Triumvirato ed idi di Marzo Nel 62 a.C. Pompeo sbarcò a Brindisi, convinto di trovare la ratifica degli ordini stabiliti in Oriente e le terre promesse ai suoi veterani. Il Senato si oppose, cosicché Pompeo dovette avvicinarsi a Crasso ed a Giulio Cesare, stringendo con loro un patto di sostegno reciproco (“primo triumvirato”). Il patto, segreto, doveva vedere console Cesare nel 59 a.C., il quale avrebbe varato una legge agraria per i veterani di Pompeo e vantaggi per cavalieri ed appaltatori, categoria che interessava a Crasso. Cesare venne eletto ed attuò una legge che vedeva la suddivisione dell’intero agro publicus rimanente in Italia (a parte la Campania) ai veterani pompeiani, e riducendo il canone d’appalto delle imposte nella provincia d’Asia. A Giulio Cesare spettava inoltre il proconsolato per la Gallia Cisalpina e dell’Illirico; Pompeo propose alla sua gestione anche la Gallia Narbonese (provenza, fondamentale per il collegamento con la Spagna), che aveva il posto vacante. Quando i triumviri dovettero partire per le rispettive provincie, aiutarono alla carica di tribuno della plebe Publio Clodio Pulcro: questo limitò la capacità dei censori di espellere i membri del Senato; nessun magistrato (meno gli auguri e i tribuni) avrebbero potuto interrompere le assemblee pubbliche; le distribuzioni frumentarie furono gratuite (questo comportò l’afflusso verso la città di numerose persone e liberates); legalizzò i collegia (associazioni private con scopi religiosi e di soccorso) che il Senato aveva soppresso nel 64 a.C. perché pericolose mine vaganti. Furono proprio i collegia il suo punto di forza, che seppe sfruttare come gruppi di pressione e poi come bande armate al suo servizio. Inoltre condannò chiunque avesse accusato a pena capitale un uomo senza permettergli l'appello al popolo: Cicerone era il bersaglio principale (in quanto eroe della congiura catilina) e lo costrinse ad allontanarsi da Roma, così come Catone che si recò presso Cipro da Tolomeo, il quale si tolse la vita e vide l’isola entrare nella provincia di Cilicia. A Nord della Narbonese la popolazione degli Elvezi si stava muovendo verso occidente, minacciando gli Edui e la stessa provincia: vennero sconfitti a Bibracte (capitale degli Edui) nel 58 a.C. Un folto gruppo di Svevi era passato al di qua del Reno, andando in aiuto ai Sequani, nemici degli Edui: questi chiesero l’intervento di Roma, che fece ritirare gli Svevi oltre il fiume e nominò il loro re Ariovisto amico di Roma. Dopodichè marciò verso le postazioni degli Sequani che vennero sconfitti presso l’odierna Mulhouse in Alsazia superiore. La presenza romana in Gallia centrale aizzò le tribù del Nord, tra i quali i Belgi (a nord della Senna): Cesare riuscì a sottomettere ognuna delle popolazioni fino a raggiungere l’estremo Nord della Gallia, dove campeggiano i Nervii (57 a.C.), mentre Publio Licinio Crasso (legato di Cesare) sottomise le regioni della Normandia e Bretagna. I successi venivano dalla disunione totale delle tribù di Galli, nonché dalla enorme popolarità di Giulio Cesare (condivideva le fatiche ed il campo di battaglia con i suoi soldati). Alla fine del 57 a.C. (forse a causa della grave situazione politica di Roma) dichiarò la Gallia pacificata, anche se metà del territorio non era mai stato calpestato da un legionario. Pompeo, preoccupato per il prestigio che Cesare stava accumulando in Gallia e pentitosi non aver aiutato Cicerone, si fece vicino alla fazione che voleva rientro dell’esiliato: Cicerone poté tornare a Roma nel 57 a.C. Clodio, ormai scaduto da tribuno, faceva ancora largo uso dei collegia come strumento di pressione, sopratutto su Pompeo. Quest’ultimo si trovava in una difficile situazione di stallo politico: non poteva esporsi politicamente per una fazione e rischiare di perdere compromettere il prestigio che i suoi avversari ancora temevano, ma allo stesso tempo restare fermo logorava il suo prestigio mentre quello di Cesare aumenta sempre più. Così accettò di buon grado la carica straordinaria di cura annonae (rifornimento alla città) per 5 anni, poiché la popolazione era pressoché raddoppiata ed aumentava sempre più grazie al provvedimento di Clodio. Cesare e Crasso si incontrarono a Ravenna e raggiunsero Lucca nel 56 (allora ai confini della Cisalpina) Floro “Epitome di Storia Romana” Cicerone Lettere agli amici 8,14,2-3 ● Popolazione romana dimezzata Appiano “Le guerre civili” ● Cesare dittatore (46-45 a.C.) Svetonio “Vita di Cesare” ● Censimento per tutta l’Italia (lex Iulia municipalis) Tavola bronzea di Eraclea (Lucania). Corpus Inscriptionum Latinorum F 593 ● Idi di Marzo Svetonio “Vita di Cesare” Agonia della Repubblica Restarono in vita, dopo le idi di marzo, Marco Emilio Lepido, che aveva fatto eleggere Cesare dittatore ed era già indirizzato alle province di Gallia Narbonese e Spagna Citeriore, e Marco Antonio (luogotenente di Cesare). I congiurati si limitarono a ribadire di aver salvato la Repubblica, ma erano privi di un programma politico valido: l’accoglienza a Roma fu fredda. Così questi si limitarono a convalidare gli atti di Cesare, ognuno alla sua provincia, a Decimo Bruto la Gallia Cisalpina, e a Marco Antonio la Macedonia, dove l’esercito si stava concentrando per l’attacco ai Parti. Antonio uso il pretesto delle carte private di Cesare per far passare numerosi provvedimenti che incrementarono la sua popolarità: venne visto come l’interprete politico e spirituale di Cesare. Il testamento di Cesare però concedeva ¾ dei suoi beni al suo giovane pronipote, decretandolo figlio adottivo, Caio Ottavio. arrivato a Roma e celebrati gli onori funebri, Ottaviano venne sostenuto dai cesariani e dai veterani dello zio, mentre il Senato vedeva in lui la carta per arginare lo strapotere di Antonio. Quest’ultimo si era fatto designare al posto della Macedonia (attraverso i comizi) la Gallia Cisalpina e Comata: la prima era in possesso di Decimo Bruto e questo, rifiutato di consegnare, si rinchiuse a Modena, assediata da Antonio. La guerra di Modena (43 a.C.) venne risolta dall’intervento dei consoli a sostegno di Decimo: Antonio così fuggì in Narbonese dove contava sull’appoggio di Lepido. Ottaviano chiese il consolato per sé, ed al rifiuto dal Senato, marciò su Roma: ottenuta insieme a Quinto Pedio (43 a.C.) fece istituire un tribunale speciale per perseguire i cesaricidi. Fece anche ratificare ai comizi la sua adozione a Giulio Cesare, fregiandosi del nome di Caio Giulio Cesare (Ottaviano, poco usato). Antonio nel frattempo si era congiunto con Lepido ed aveva attirato dalla sua parte altri governatori tra Gallia e Spagna. I tre (Ottaviano, Marco Antonio e Lepido) si incontrarono nei pressi di Bologna e fondarono il “secondo triumvirato” con il nome di rei publicae constituendae: sarebbe durato 5 anni (38 a.C.) ed avrebbe riconosciuto cariche ordinarie, assegnando ad Antonio la Gallia Cisalpina e Comata, a Lepido la Narbonese e le Spagne ed a Ottaviano l’Africa, Sicilia e Sardegna-Corsica. Queste ultime due provincie erano minacciate da Sesto Pompeo (il figlio superstite di Pompeo) al quale il Senato aveva conferito il comando navale nel periodo di confusione prima di Modena , che ormai gestiva indipendente dominando il Mediterraneo, nelle sue file politici sbandati e successivamente esuli dalle liste di prescrizione. Vennero inoltre confermate le liste di proscrizione: numerosi senatori e cavalieri vennero uccisi, tra i quali Cicerone, che aveva attaccato duramente Antonio (le filippiche). L'Oriente era in mano ai cesaricidi Bruto e Cassio che avevano costruito una forte esercito. Nel 42 a.C. avvenne la divinizzazione di Cesare, proclamando Ottaviano divi filius. Antonio ed Ottaviano allora partirono per la Grecia: la battaglia di Filippi (ottobre) si concluse con la sconfitta di Bruto e Cassio. Le epurazioni senatorie avevano portato alla dissoluzione di famiglie storiche aristocratiche: questo portò ad una nuova aristocrazia (composta da membri delle classi dirigenti italiche ed esponenti delle comunità locali) legati personalmente alle figure di potere, il che avrebbe precorso l'instaurarsi dell'Impero. A conclusione della guerra Antonio si trovava al comando delle Gallie (dal 42 a.C. la Cisalpina non era più provincia) e di tutto l’Oriente (quest’ultimo a patto che muovesse guerra ai Parti). Lepido dominava l’Africa, mentre ad Ottaviano spettavano le due Spagne e l’onere di arginare le azioni di Sesto Pompeo, che controllava ormai la Sicilia. La politica di assegnazione delle terre ai veterani andava a discapito dei piccoli proprietari terrieri. Quando Ottaviano ci provò provocò una rivolta (41 a.C.), al quale partecipò la moglie di Antonio e suo fratello Lucio Antonio console. La battaglia di Perugia (inverno 41-40 a.C.) portò la moglie a rifugiarsi da Antonio in Grecia e molti sconfitti ad infoltire le fila di Sesto Pompeo, che controllava ora la Sardegna e Corsica ed impediva gli approvvigionamenti all’Italia e Roma; Ottaviano si riprese le Gallie a seguito della morte del legato di Antonio. Ottaviano ed Antonio si incontrarono a Brindisi nel 40, dopo che Ottaviano aveva sposato una parente di Sesto, ed Antonio si era legato personalmente a Cleopatra . L’Oriente sarebbe andato ad Antonio, mentre l’Occidente a Ottaviano (meno l’Africa di Lepido), inoltre Antonio aveva sposato la sorella di Ottaviano. Nel 39 a.C. avvenne l’accordo di Miseno: a Sesto veniva riconosciuto il comando della Sicilia e Sardegna e di parte del Peloponneso (di Antonio). Alla resistenze nel consegnare la regione Sesto riprese le scorrerie contro l’Italia (38 a.C.). Ottaviano sposò Livia Drusilla (madre del futuro imperatore Tiberio) mentre Sesto aveva perduto il controllo della Sardegna, per merito dal luogotenente di Ottaviano, Agrippa. Cominciò nel 37 a.C. l’attacco alla Sicilia: Ottaviano chiese l’aiuto di Antonio rinnovando il triumvirato: Antonio dava 120 navi in cambio di 20.000 legionari per la campagna partica. Marco Vipsanio Agrippa console nel 37 a.C. aveva inferto a Sesto la sconfitta a Milazzo e Nauloco (36 a.C.); Sesto fuggì in Oriente e morì l’anno dopo (35 a.C.) Lepido fu decaduto da triumviro e la sua provincia passò sotto il comando di Ottaviano: conservò la carica a pontefice massimo e morì nel 12 a.C. presso il Circeo. Proseguirono sotto Agrippa le campagne contro gli Illiri ed in Pannonia (35 34 a.C.) venendo ricoperto di gloria militare e della inviolabilità tipica dei tribuni. Antonio si concentrò a creare solide alleanze coi potenti regni orientali: il più ricco era l’Egitto (sotto il comando di Cleopatra VII° e di suo figlio Tolomeo Cesare). Antonio rimase nel regno tra il 41 40 a.C. Nella primavera del 40 a.C. i Parti invasero la Siria ed entrarono in Asia Minore: dopo il patto di Brindisi (Ottobre) insieme alla moglie Ottavia, Antonio partì per Atene. Intanto il generale Publio Ventidio Basso ricacciò i Parti al di là dell’Eufrate nel 38 a.C., facendo precipitare il regno in una crisi dinastica. Tornato in Egitto nel 37 a.C. e lasciata Ottavia in Italia, riconobbe i due gemelli avuti da Cleopatra come figli: la politica di assegnazione territoriale a principi locali di territori romani (quali la Cilicia, Cipro, la Fenicia) fu un elemento determinante nella campagna diffamatoria condotta da Ottaviano. Nel 36 a.C. cominciò l’attacco ai Parti, che si concluse con la conquista dell'Armenia e la detronizzazione del loro re (34 a.C.): determinante fu la mossa di Ottaviano di restituire 70 navi e la sorella con 2.000 uomini (contrariamente a quanto pattuito). In risposta Antonio celebrò la conquista dell'Armenia ad Alessandria (34 a.C.) confermando a Cleopatra e Tolomeo Cesare (ribadendo che fosse il solo vero figlio naturale di Cesare, umiliando Ottaviano) l’Egitto, Cipro, la Celesiria ed altri ai figli avuti con la regina Nel 32 a.C. (anno di scadenza del triumvirato) i due consoli antoniani chiesero la ratifica delle decisioni prese da Antonio in Oriente: Ottaviano si oppose, scatenando la fuga di 300 senatori e dei due consoli presso l’Oriente. Rivelando un testamento (forse falso) in cui Antonio disponeva di essere sepolto ad Alessandria ed attribuendo i regni ai figli, Ottaviano si presentò come il difensore di Roma (facendo decadere la carica consolare di Antonio del 31 a.C., da molto pattuita). Ottenuta la fedeltà dall’Italia e dalle province d’Occidente, si impegnò in una guerra contro l’Oriente, prendendo di mira la sola Cleopatra (accusata di aver corrotto l’animo romano di Antonio). La battaglia avvenne dinanzi alle acque di Azio (31 settembre a.C.) vinta da Agrippa per Ottaviano: Cleopatra ed Antonio si rifugiarono ad Alessandria, ma Ottaviano, ormai egemone del Mediterraneo, prese la città (1 agosto 30 a.C.) inducendo al suicidio i due: anche Tolomeo Cesare venne eliminato. L’Egitto era diventato una provincia romana. FONTI ● Testamento di Cesare Svetonio “Vita di Cesare” ● Ottaviano ed il senato (Cicerone) contro Antonio Plutarco “Vita di Antonio” ● Accordi di Modena, il triumvirato costituente (43 a.C.) e le proscrizioni Appiano “Le guerre civili” ● Laudatio Turiae Inscriptiones Latinae Selectae n. 8393 ● Ribellioni contro Ottaviano per la distribuzione terriera Cassio Dione “Storia Romana’ ● Epigrafi di Afrodisia di Caria (39 38 a.C.) legami con Ottaviano ● Dossier epigrafico dà Rhosos (Alessandretta Turchia-Siria) da Ottaviano ad un navarco fedele ● Senatori e cavalieri ad costretti ad imbarcarsi ad Azio con Ottaviano Cassio Dione “Storia romana” ● Azio Virgilio “Eneide “ ● Iscrizione latina commemorativo di Azio (Nicopoli in Epiro) ● Provvedimenti di ordine pubblico di Ottaviano Cassio Dione “Storia romana” ● Fine della Repubblica Orosio “Storie contro i pagani” L’Impero Augusto: Nel 31 a.C. Ottaviano era padrone dello Stato romano, portando così a compimento quel processo di personificazione che nella tarda repubblica aveva fatto spiccare individui sopra le masse. Si fa iniziare in questo anno il Principato (figura di unico reggitore, il Principes). Il ritorno in Italia (29 a.C.) di Ottaviano è accompagnato dai tre trionfi (Dalmazia, Azio ed Egitto), ma solo nel 27 a.C. rinunciò alla carica di consolato per accettare un imperium speciale proconsolare per riappacificare le provincie di Spagna, Gallia, Siria e Cilicia, Cipro ed Egitto. Venne denominato “Augusto” (augure: innalzare”) facendo rientrare la sua persona in una dimensione sacrale, facendo diventare il Principes la figura essenziale e di equilibrio all’interno dello Stato romano. Tra il 27 ed il 25 a.C. combattè contro gli Asturi e Cantabri in Spagna e Gallia, rafforzando il suo legame con l’esercito e veterani che stavano nelle provincie (punto di forza del suo Impero). Il 23 a.C. tuttavia Ottaviano si ammalò gravemente in Spagna, senza aver designato un erede al suo Impero (rischiando di riaprire così una stagione di guerre civili). La sua persona era costellata di imperium straordinari: uno era quello del proconsolato nelle provincie ma, per avere influenza anche nella politica di Roma, venne investito del potere di tribuno della plebe (a vita, ma rinnovabile annualmente). Diventa così anche protettore della plebe, con potere di convocare il Senato. Le elezioni si svolgevano attraverso due procedure: la “nominatio”(accettazione del candidato) o “commendatio” (raccomandazione imperiale). Nel 22 a.C. rinunciò alla carica di dittatore ma si assunse il compito della cura annonae; nel 19 a.C. ebbe accesso anche ai poteri del censore (tra cui le insegne, ovvero i fasci littori). Tra il 22 ed il 19 riprese dopo trattativa diplomatica le insegne di Crasso e Marco Antonio conquistate dai Parti, definendo la pacificazione dell’Oriente. Nel 18 a.C. venne prorogato il suo imperium proconsolare, mentre Agrippa era sempre più il numero due dell’Impero. Quest’ultimo (sposato con Giulia la sorella di Augusto) ebbe due figli (Lucio Cesare e Caio) che vennero adottati da Ottaviano. Quando nel 12 a.C. morì Lepido, Augusto acquisì anche la carica di pontifex massimo, arrivando al 2 d.C. ad essere nominato pater patrie dall’intera comunità romana. sotto Claudio): la prima ammette al Senato dei notabili i comati, la seconda la cittadinanza ad alcune popolazioni alpine di recente sottomissione. Sotto Vespasiano invece importante è la tavola bronzea con su scritto la lex de imperio vespasiani (con su scritti i poteri dell’Imperatore) o la lex Flavia municipalis (che ci dà uno spaccato della organizzazione municipale e provinciale in questo periodo). I documenti papiracei rappresentano spesso intermezzi di vita quotidiana (come quello rinvenuto in Egitto). Le biografie più importanti sono quelle di Svetonio, ma anche la Storia romana di Cassio Dione è importante (poichè rappresentò nella ricostruzione storica bizantina la base per il periodo romano); tuttavia va ricordata l’opera di annalistica di Tacito (dalla morte di Augusto al suicidio di Nerone, anche se ci è pervenuto solo Tiberio) e le sue opere, Storie (dal 69 al 96, conosciuti solo 69/70), Vita di Agricola e la Germania. Conosciamo le azioni compiute da Caligola contro gli Ebrei in Palestina da due autori: Filone e Flavio Giuseppe (Guerra giudaica racconta delle tensioni che si ebbero nella regine tra 66-70). Tra gli autori letterati va ricordato Seneca nel La clemenza e I benefici nonchè un pamphlet politico contro Claudio nel Apocolocyntosis. Nel 79 d.C. abbiamo la morte di Plinio il Vecchio testimoniata dal nipote Plinio il Giovane. FONTI ● Azio Tacito “Annali Strabone “Geografia” ● Repubblica del 27 a.C. Res Gestae Fasti Prenestini, 13 Gennaio Iscrizione di Arles ● Crisi del 23 a.C. e ruolo di preminenza di Augusto Svetonio “Vita di Augusto” Velleio Patercolo “Storia romana” Fasti Prenestini Cassio Dione “Storia romana” ● Senatori ed equites ed il loro ruolo Cassio Dione “Storia romana” Iscrizione di Castelvecchio Subequo (storia di Quinto Ottavio Sagitta) Iscrizione di Historium Iscrizione a Paquio Sceva Iscrizioni dal Mons Claudianus (tempio di Pan) Iscrizione di Volsinii (Lucio Seio Strabone) Iscrizione di Preneste (a Tito Flavio Germano) ● Roma, Italia Res Gestae (restauro urbano e Campo Marzio) (Praetura annue) Iscrizione dell’Arco di Augusto a Rimini (strade) Plinio il Vecchio “Storia naturale” (regioni italiane) Strabone “Geografia” (Mausoleo di Augusto e gesta Agrippa) ● Provincie Cassio Dione “Storia romana” (prefettura d’Egitto) Strabone “Geografia” (divisione province) Iscrizione e di Apamea (tributi in Siria sotto prefetto Quinto Emilio Secondo) Digesto (censimento raccontati da Igino Gromatico e Ulpiano) ● Esercito Cassio Dione “Storia Romana” (5 d.C.) Svetonio “Vita di Augusto” (coorti pretorie e flotta) ● Espansione d’Egitto ed Africa Svetonio “Vita di Augusto” Iscrizione di File (repressione Sud Egitto dà Cornelio Gallo e pax augusta) Plinio il Vecchio “Storia naturale” (espansione Africa) Fasti trionfali incisi nell’Arco augusteo a Roma (Cornelio Balbo) ● Spagna Alpi e Germania Tropaeum Alpium presso principato di Monaco (celebrare Tiberio e Druso nelle Alpi) Monumento funerario di legionario a Bologna (sepolto a Bonn, Teutoburgo) Orosio “Le storie contro i pagani” (chiusura tempio di Giano) ● Successione Tacito “Annali” (carisma di Augusto) Epigrafi di Pisa per il funerale di Lucio Cesare (2 d.C.) e Druso Cesare (4 d.C.) La dinastia Giulio-Claudia Augusto morì il 14 d.C. in Campania, ed a Tiberio vennero delegati i poteri del padre adottivo (su richiesta del Senato, impossibilitato al ritorno ad una Repubblica). Così dal 14 al 68 al potere stette la dinastia dei Giulio Claudi (Giulio Cesare e Tiberio Claudio Nerone, primo marito di Livia e ultima moglie di Augusto (da cui adotto Tiberio e Druso). Tiberio (14-37 d.C.) Studi recenti lo hanno abilitato a uomo attento nella gestione dello Stato. Compiette il passaggio dal metodo di voto dai comizi centuriati (popolari) al voto senatorio, dovendo fronteggiare tuttavia una fazione senatoria che chiedeva l’autonomia. Tiberio stabilizzò la frontiera renana, dopo che Germanico uscì vincitore contro Arminio nel 16 d.C. Il vittorioso generale intendeva espandersi ulteriormente in Germania,cosa che gli avrebbe portato gloria e popolarità, col rischio di eclissare Tiberio. Per evitare ciò fu spedito in Siria presso il prefetto Cneo Pisone: qui venne ucciso misteriosamente nel 19 d.C. La morte di Germanico, che godeva di ampia popolarità ed era un “predestinato” all’Impero, suscitò un grande processo del Senato contro Pisone (redatto in una copia bronzea rinvenuta a Siviglia). Alla sua morte, i dissidi tra Tiberio ed Agrippina (vedova di Germanico) si acuirono, a causa dello sconto sulla successione voluta per Druso minore (figlio di Tiberio che morì nel 23 d.C.) o uno dei tre figli di Agrippina. La figura di Seiano fu la svolta del regno tiberiano. Quest’ultimo era comandante delle truppe pretoriane a Roma, si guadagnò la fiducia di Tiberio al punto da governare la città in sue veci (mentre l’Imperatore stava a Capri a villa Iovis). Acquistò sempre maggior potere personale, al punto da chiedere in moglie Lavillina, vedova di Druso (figlio di Tiberio) per aspirare alla successione imperiale. Antonia (madre di Germanico) fece svegliare Tiberio, che fece giustiziare Seiano. La fase finale del suo Impero fu teso: imperversò una crisi finanziaria ed un periodo di esecuzioni, anche contro i nemici del regime. Agrippina e la maggior parte dei suoi figli rimasero uccisi. Al trono rimanevano Tiberio Gemello (figlio di Druso minore) e Gaio detto Caligola (unico sopravvissuto dei figli di Germanico). Il Senato fece designare nel 37 come successore Caligola, mentre Gemello fu adottato ma eliminato ancora prima di essere maggiorenne. Caligola (37 41 d.C.) Fu accolto con molto entusiasmo, grazie all'influenza della personalità del padre Germanico. Cercò l’appoggio nella plebe grazie ad una politica di spettacoli ed operazioni edili dispendiose, che presto esauriranno le finanze lasciategli da Tiberio. Il Senato era molto più distaccato: Svetonio lo accusò di deviazionismo orientale, di impostazione dispotica del potere (tradizionalmente la storiografia faceva ereditare dalla gens di Antonio, nemico di Ottaviano). All'estero, Caligola si preoccupò di ripristinare in Oriente gli Stati cuscinetto sfruttando le sue conoscenze familiari (da Antonio, attraverso la nonna); ma la sua politica autoritaria si scontrò con le realtà locali. Alla sua volontà di porre una propria statua nel tempio di Gerusalemme risvegliò i conflitti tra gli ebrei ed i greci. Fu ucciso nel 41 per evitare che scoppiasse una guerra civile in Giudea. Claudio (41 54 d.C.) Claudio è spesso elogiato per le sue riforme amministrative e giuridiche. Ha migliorato l'infrastruttura di Roma, ristrutturato l'apparato giudiziario e cercato di limitare la corruzione nel governo . Anche se non godeva del pieno appoggio del Senato fece riformare l’amministrazione centrale. Venne creato una segreteria generale più 3 segreterie (una per le finanze, una per le suppliche ed una per i processi al quale doveva presiedere l’imperatore); al loro comando Claudio pose dei liberti. Nella sua carica costruì il porto di Ostia, per permettere l'attracco delle navi cariche di grano per Roma (organizzazione al prefetto annue). Bonificò anche la piana del Fucino. La sua politica di integrazione nella cittadinanza romana viene bene esemplata da due documenti epigrafici: la prima e una tavola di bronzo di Lione contenente l’orazione per l’integrazione della Gallia Comata al Senato, la seconda Tabula Clesiana contiene numerosi nomi di colonie fondate da Claudio durante il suo regno. Nel suo mandato affrontò anche il problema della Mauritania che venne ridotta a due province equestri, nonché la conquista della Britannia meridionale nel 43 d.C. (ad opera di Agricola, genero di Tacito). Vennero tutelati i privilegi delle comunità ebraiche, ma vennero comunque espulsi nel 49 da Roma per non rischiare insurrezioni e disordini. Dalla terza moglie, Messalina, aveva avuto come figlio Britannico, ma la moglie venne messa a morte accusata di cospirare contro Claudio (48). Allora si risposò con la nipote Agrippina minore, la quale fece adottare il figlio avuto in un precedente matrimonio. Nel 54 Claudio venne avvelenato dalla moglie per assicurare il comando al figlio Nerone (54 68 d.C.) Nel De Clementia scritto dal precettore di Nerone, Seneca, riconosce che da dopo Augusto la res publica è in mano ad una sola personalità, a cui viene concessa dagli dei. Nerone era un appassionato d’arte, e questa sua vena lo portò ad avvicinarsi alla cultura orientale e greca, dove la figura dell’imperatore doveva tendere ad una autorità assoluta, trovando oppositori nel Senato e nelle antiche famiglie repubblicane. Tuttavia era amato dalla plebe, che apprezzava la demagogia e la sua propaganda autoritaria. Fece assassinare il fratellastro Britannico e la madre Agrippina (59) perché si oppone al divorzio voluto dall'imperatore con Ottavia (figlia di Claudio). Nel 62 sposò Poppea e intavolò processi a lesa maestà contro numerosi senatori, nell'intento di eliminare l’opposizione. Con l’incendio di Roma nel 64 d.C. uccise numerosi senatori. Tentò di incolpare dell’accaduto i cristiani: le conseguenze furono tali da alimentare tensioni tra il senato e le plebi di Roma e provincie (sopratutto a causa degli onerosi costi di riparazione della città e della costruzione della domus aurea). Nel 60 scoppiò una ribellione in Britannia e una nel 66 in Giudea, a causa delle dure condizioni degli esattori fiscali e della confisca del tesoro di Gerusalemme (ed a Roma ai danni delle aristocrazie): nel 65 venne minacciato dalla “congiura dei Pisoni” (capo Calpurnio Pisone). Vennero eliminati Seneca e Fenio Rufo (pretorio), al quale Nerone rispose con i processi a lesa maestà. Nel 66 Domizio Corbulone riporto il Regno d’Armenia sotto influenza romana, così che Nerone potette partecipare ai giochi agoni nelle poleis greche. La situazione precipitò: tra il 67/68 il legato di Siria Vespasiano riportò l’ordine in Giudea, ma al contempo si sollevarono altre provincie (Gallia, Spagna di Galba, Africa e sul Reno) contro l’imperatore: il Senato lo dichiarò nemico dello Stato e Nerone si suicidò. Cittadini, schiavi e liberti: La società imperiale era rigidamente impostata sullo status giuridico delle persone, entro il quale l’individuo poteva ambire alla scalata sociale. La stragrande maggioranza degli schiavi in epoca imperiale erano “domestici” ovvero impiegati nell’educazione, gestione della domus o delle finanze del padrone. Esempio importante sono gli schiavi imperiali (familia Caesaris), che gestivano le finanze del patrimonio imperiale. Tuttavia lo schiavo che riusciva ad acquistare o guadagnare la libertà era comunque limitato nella società libera (niente accesso alle cariche pubbliche), ma rappresentavano comunque una componente estremamente attiva nel tessuto economico (es. liberti). ebbe successo, mentre la seconda si concluse con una pace imposta a causa della rivolta provocata dal legato di Germania Superiore, Saturnino. Sedata la rivolta dal legato di Germania Inferiore, Domiziano si recò sul luogo e impose una dura punizione ai rivoltosi. Da quel momento si inaugurò un periodo di sospetti ed eliminazione di presunti avversari politici o religiosi quali ebrei o cristiani (si fece chiamare “signore e Dio”). A seguito di tale comportamento, Domiziano venne eliminato nel 96 a seguito di una congiura ed il Senato proclamò la damnatio memoriae (cancellazione di qualsiasi traccia riguardante una determinata persona, come se essa non fosse mai esistita ). Il Cristianesimo: La versione primitiva del cristianesimo si muoveva all'interno del giudaismo quando gli Ebrei erano già soggetti a dominazione romana (dal 63 a.C.). Tra gli altri gruppi religiosi interni al giudaismo troviamo i movimenti aristocratici (sadducei) e popolari (i farisei) ed una corrente rivoluzionaria antiromana (zeloti) : un documento importante per comprendere queste sette religiose è il manoscritto dei “rotoli del mar Morto”. Due grandi rivolte imperverono in Giudea: la prima 66-70, con la caduta del tempio di Gerusalemme, e quella del 132-135 che portò alla distruzione di Gerusalemme. Per la la maggioranza ebraica si trattava di scegliere tra farisei e cristianesimo: i primi osservavano la Legge di Mosè, i secondi fondavano la fede in Cristo. Nel I sec. d.C. Paolo di Tarso fu il predicatore piu conosciuto del cristianesimo, incarnando la missione della Chiesa rivolta alla conversione dell'umanità; dal II sec. le singole comunità venivano guidate da un individuo chiamato episcopos. La tolleranza religiosa inaugurata da Augusto, che permise alle comunità ebraiche di conservare fede e costumi, non portò tuttavia ad una integrazione sociale per le comunità ebraiche. I dissensi interni al giudaismo portarono Tiberio ad espellere gli Ebrei da Roma, i quali si stavano agitando a causa di un certo Chrestus. A cominciare da Nerone il cristianesimo venne avvertito come minaccia: il regno di Dio minava la legittimità del regno terreno dell’imperatore; così vennero incolpati del grande incendio di Roma del 64 d.C., seguitò una persecuzione dove morirono tra gli altri gli apostoli Pietro e Paolo. Sotto Vespasiano e Tito i Cristiani (una volta sedata la rivolta e distrutto il Tempio) non subirono limitazioni, ma trovarono l'ostilità di Domiziano, che voleva ristabilire la figura del Princeps come rappresentante di Giove. Domiziano coniò il termine “ateismo” inteso come qualunque religione discostante dà quella ufficiale pagana, tanto che nel 95 d.C. Flavio Clemente (nipote e console) venne accusato di questo poiché seguiva costumi giudaici. La mossa venne letta come tentativo di riacquistare la fiducia del Senato. La situazione cambiò ancora sotto Traiano: Plinio il Giovane (nel 111 d.C. governatore della Bitinia) chiese come trattare le comunità cristiane molto diffuse nella regione. L’imperatore disse che andavano a essere ricercati, ma puniti solo se espressamente denunciati (se avessero dimostrato sacrificando agli dei sarebbero stati liberi). Durante il II secolo il cristianesimo continua ad espandersi, fino a raggiungere reazioni cruente nelle località (es. i martiri di Lione sotto Marco Aurelio). FONTI ● Vespasiano Iscrizione su tavola bronze Musei Capitolini (poteri del Princeps) Svetonio “Vita di Vespasiano” Arco di Tito a Roma (repressione cominciata da Vespasiano in Giudea) Flavio Giuseppe “La guerra giudaica” (discorso di Eleazar capo della resistenza) ● Tito Plinio il Giovane “Lettere” (eruzione Vesuvio narrando della morte di P. il Vecchio) ● Domiziano Svetonio “Vita di Domiziano” (carattere dispotico, dominus e deus) Iscrizione che delega i poteri dei liberti agli equites Papiro con lista dei contribuenti (in Egitto e in Giudea, gli ebrei versavano a Giove Capitolino) Tacito “Vita di Agricola “ (Britannia) Cassio Dione “Storia romana” (pace comprata con i Daci) ● Cristianesimo Flavio Giuseppe “Guerra giudaica” “Antichità giudaiche” (primo testimone non Vangelo) Plinio il Giovane “Lettere” (Bitinia) Tertulliano “Apologia del cristianesimo” (critica alla risposta di Traiano) Gli imperatori per adozione Nerva (96-98 d.C) Si fece giurare fedeltà dalle truppe provinciali, richiamo gli esiliati e revocò la damnatio memoriae di Domiziano. Impose una legge agraria per distribuire terreni ai nullatenenti favorendo prestiti dallo Stato agli agricoltori, che ne beneficiavano ipotecando i terreni. L’interesse di ipoteca veniva versato presso il municipium locale e devoluto a sostegno degli orfani. Inoltre fece convergere il cursus publicus (cassa per mantenimento stradale) a carico delle finanze imperiali e riorganizzò il sistema idrico di Roma. Nel 97 la crisi, a causa della sua politica sociale, si accentuava, mentre acconsentì alla richiesta di esecuzione degli assassini di Domiziano avanzata dai pretoriani, compromettendosi. Era necessario perciò un erede forte anche militarmente: tra questi venne scelto M. Ulpio Traiano, governatore della Germania. Nel Gennaio 98 Nerva e sali Traiano, che fece giustiziare il prefetto del pretorio. Nasce così il sistema degli imperatori per adozione, che assicurerà leader preparati fino a Marco Aurelio, che scardinerà il sistema eleggendo il proprio figlio, Commodo. Traiano, l’optimum princeps (98-117 d.C: governo affidato al migliore) L’opinione pubblica lo definiva optimus princeps, per la sua vicinanza con Augusto, ed è stato definito anche “generale” della Repubblica. Tra il suo programma importante era l’espansione dei confini (es. campagna dacica sostenuta dal Senato). Decebalo (sovrano della Dacia) rappresentava una minaccia per i limes danubiani, ulteriore pretesto per l’invasione era l’enorme ricchezza derivata dalle miniere d’oro. Le guerre del 101-102 e 105-106 portarono la Dacia ad essere ridotta a provincia, venendo colonizzata da coloni provenienti da tutto l’Impero. Le miniere servirono alla stabilizzazione della moneta romana ed alla conseguente ripresa economica. La provincia d’Arabia (regione del Sinai e Giordania) venne creata a seguito della sconfitta della popolazione dei Nabatei, permettendo l’accesso ad importanti centri commerciali quali Petra (e quindi accesso al mare indiano) Altra campagna rilevante fu quella condotta contro i Parti (114): vennero annessi Armenia, Mesopotamia e Assiria, distruggendo la capitale Ctesifonte. Solo la Dacia resistette come provincia. Traiano fu però richiamato a sedare una rivolta ebraica scoppiata in Mosopotamia, quindi dovette abbandonare le nuove conquiste. Morì in Cilicia dopo averla sedata. Le truppe acclamarono come successore un suo parente, legato di Siria: Elio Adriano (fonti dicono che l’adozione fu portata a compimento grazie alla moglie Plotina, tenendo segreta la morte dell’imperatore). Traiano fu capace di portare a compimento l'iniziativa sociale iniziata da Nerva. Adriano (117 138 d.C.) Adriano veniva da una famiglia italiana emigrata in Betica; divenne un importante aristocratico della città di Italica. Era stato al fianco di Traiano nella guerra dacica, percorrendo il cursus magistrale, gli era stato affidato l’esercito del defunto princeps per fronteggiare la rivolta ebraica in Mesopotamia. Pacificate le province, decise di affidare a sovrani clienti le località orientali: la decisione portò dissenso, intuibile dalla condanna di quattro ex consoli e fedeli collaboratori di Traiano. Cercò di mediare al malessere economico cancellando i debiti arretrati e fece distribuzioni al popolo sfruttando la cassa imperiale e proseguendo il programma traiano. Fu un disciplinatore dell’esercito, tenendolo allenato come alla guerra: favorì il reclutamento provinciale e creò i “numeri” (ovvero truppe addestrate tradizionalmente e non romane). Favorì la cultura ellenica ed il culto delle tradizioni. Si fece costruire un mausoleo (oggi Castel S. Angelo) ed a Tivoli la sua villa (125 133), e volle restaurare lo splendore di Atene e le altre poleis, promuovendo le élites orientali nel senato romano. Viaggiò spesso per l’impero: sull’istmo Tyne-Solway fece costruire un grande Vallo (Vallo di Adriano, Scozia) mentre in Africa costituì il fossatum Africae (volto al controllo delle carovane nomadi). Nel 132 in Palestina scoppiò una grave ribellione guidata da Simone Bar Kochba, che si sviluppò in azioni di guerriglia: la rivolta era nata dalla volontà di Adriano di annettere gli Ebrei alle altre popolazioni (romanizzate) con la deduzione della colonia di Aelia Capitolina (sul sito di Gerusalemme) ed una costruzione di un tempio a Giove. La repressione fu violenta. Adriano si fece carico di una ricostruzione sociale e giurisdizionale dell’Impero: il giurista Salvio Giuliano fu incaricato di pubblicare l’editto del pretore (competenze dei governatori provinciali), e riorganizzò il gruppo di consiglieri amministrativi dell'imperatore, ribadendo le competenze amministrative e di giustizia loro competenti. Per una efficiente amministrazione della giustizia l’Italia fu quindi divisa in quattro regioni. Distinse le carriere civili ed equestri, introducendo questi ultimi all'amministrazione del patrimonio imperiale, delle proprietà fondiarie e dell’apparato burocratico centrale. Nel 136 la scelta dell’erede cadde su Lucio Elio Cesare, ma morì prematuramente, così venne scelto Attio Antonino. Antonino Pio (138 161 d.C.) Periodo di transizione, con una amministrazione coscienziosa: solo la Mauritania tento la ribellione. Il Vallo di Adriano fu esteso in Scozia meridionale (Vallo di Antonino). Marco Aurelio (161-180 d.C.) Divise il comando dell’Impero con il fratello adottivo Lucio Vero. La guerra contro i Parti, dopo una ripresa di questi fu vittoriosa (166). L’esercito al rientro portò con sé la peste, con gravi conseguenze sulla demografia imperiale. A seguito dello sfollamento del limes settentrionale, i barbari (Marcomanni e Quadi) superarono il Danubio e dilagarono in Pannonia, Rezia e Norico. Venne creata di urgenza la “praetentura Italiae et Alpium”, una linea di difesa avanzata. Vero morì nel 169 mentre tornava dall’Illiria, Aurelio riuscì a respingerli al di là del fiume solo nel 175. Nello stesso anno il governatore di Siria Avidio Cassio si autoproclamò imperatore, ma venne ucciso dalle sue stesse truppe. Seguace della dottrina stoica , fu definito anche imperatore-filosofo, con un alto dovere morale per il suo ruolo. Decise di ritornare alla prassi della successione dinastica, eleggendo ad imperatore il suo stesso figlio, Commodo. Un episodio nero del suo impero e sicuramente la vicenda dei “martiri di Lione” (durante i giochi gladiatori i magistrati locali condannarono a morte dei cristiani, straziati da belve. Commodo(180-192 d.C.) Di inclinazione dispotica, la rottura con il Senato fu immediata (determinato anche da una pace con le popolazioni oltre il Danubio, rinunciando anche alle regioni che stavano al Nord). Dal 182 al 185 il comando fu affidato al prefetto pretoriano Tigidio Perenne; quando questo venne ucciso, il suo ruolo venne preso dal liberto Cleandro (fu preso ad esempio del potere del Palazzo imperiale rispetto allo Stato). Cleandro approfittò del disinteresse di Commodo alla vita politica per vendere titoli magistrali, portando anche liberti al Senato ed intraprendendo confische ai danni dei cavalieri e senatori per rimpinguare le casse dello Stato (usati per lusso e giochi). Vennero anche colpite le finanze all'esercito e le istituzioni alimentari. Una grave crisi (190) fece cadere Cleandro, usato Il periodo successivo alla morte di Commodo vide un susseguirsi di imperatori effimeri: Pertinace tentò una soluzione filosenatoria, mentre Didio Giuliano cercò l’appoggio dei pretoriani. La competizione si svolgeva su chi aveva l’esercito più influente: il governatore di Pannonia Settimio Severo, il governatore di Siria Pescennio Nigro e di Britannia Clodio Albino. Settimo Severo (di Leptis Magna) nel 197 d.C. sconfisse gli altri due ed impossessatosi di Roma diede vita alla “dinastia dei Severi” (fino 235), ovvero una “monarchia militare”. La dinastia dei Severi Come di consueto l’attenzione in oriente fu rivolta contro i Parti: conquistata la loro capitale Ctesifonte (198), venne spostata la frontiera sul Tigri (per fini propagandistici). Il figlio maggiore Antonino detto Caracalla fu proclamato dall’esercito “Augusto”, mentre il minore Geta “Cesare”. Nel 208 decise per una spedizione in Britannia, a causa delle pressioni dei Caledoni: trovò la morte a York nel 211. La sua politica aveva di fatto aumentato la paga dei soldati insieme ai privilegi loro concessi (nonché un enorme patrimonio personale “res privata”). A Settimio Severo susseguì quindi Caracalla (Aurelio Antonino) e Geta: questa diarchia durò poco tempo perché Caracalla fece assassinare il fratello. Nel 212 dispose la Constitutio Antoniniana, ovvero la cittadinanza romana a tutti gli abitanti dell’Impero (ad eccezione dei dediticii “coloro che si sono arresi”): alla base del provvedimento c’erano le finanze (aumenta il numero dei contribuenti ed arruolabili). Nel 217 intraprese un’altra campagna contro i Parti: fu assassinato in Siria senza designare un successore, per questo venne acclamato prefetto del pretorio (capo dei pretoriani) Macrino, uno dei congiurati. Macrino fu il primo Princeps equestre, anche se la pace coi Parti e l'avversione dell’aristocrazia senatoria lo fecero deporre l’anno dopo la carica (218). Importante ruolo hanno le donne severiane: la moglie di Settimio Giulia Domna e la sorella Giulia Mesa. Quest’ultima fece acclamare dall’esercito suo nipote Eliogabalo. Il ragazzino 14enne fece vivere il periodo peggiore all’Impero. La sua politica si concentrò sul tentare di imporre come religione di Stato un culto esotico, ovvero quello del dio-Sole venerato in Siria (fece erigere un tempio sul Palatino). Nel 222 Eliogabalo venne assassinato dai pretoriani che proclamarono il cugino Bassiano, noto come Severo Alessandro. La guida di governo fu per i primi anni al prefetto di pretorio Ulpiano (a causa della gioventù dell’Imperatore), ristabilendo un rapporto tra Senato e Principes. Nel 224 in Persia la dinastia degli Ascaridi era stata sostituita da quella dei Sasanidi: animati dà un forte nazionalismo lanciarono un'offensiva alla Mesopotamia romana e minacciando la provincia di Siria. Ma Severo riuscì a bloccarli. In Gallia intanto aumentavano le pressioni dei barbari: l’imperatore fu assassinato a Magonza da una congiura di militari. Finì così la dinastia dei severi, che avevano accentuato la forza militare a discapito della classe dirigente, portando alla crisi l’Impero. Gli anni dell’anarchia militare (235-284) Comincia nel periodo successivo alla morte di Alessandro Severo, dove l'esercito, lo stesso che aveva portato al potere i Severi, faceva già da padrone. L'esercito proclamò imperatore Massimino il trace: con la sua nomina comincia un periodo di successione di circa venti imperatori. Massimino ottenne dei successi sui barbari, imponendo una forte pressione fiscale, la quale unì il Senato contro di lui e lo proclamò nemico dello Stato. Il Senato proclamò il vecchio Gordiano, associato al figlio: l’esercito fedele a Massimino però uccise i due imperatori e si decise per un governo di 20 consoli. Massimino si mosse verso Roma, ma fu assassinato dai suoi stessi soldati ad Aquileia nel 238 (fu il primo imperatore a non recarsi a Roma). I pretoriani proclamarono “Augusto” il giovane nipote di Gordiano, Gordiano III: l’Impero venne retto fino al 243 dal valoroso prefetto pretoriano Timisteo, finché nel 244 Gordiano morì in Persia. Fu nominato al suo posto Filippo (l’Arabo) che si affretto a trovare una pace con i sasanidi guidati da Sapore; nel 248 Roma celebrò il millennio di storia. L’Esercito però proclamò imperatore Messio Decio, che era stato mandato a combattere sul Danubio. L’Impero di Decio fu tradizionalista, cercando nei culti una coesione interna: i cristiani così subirono una forte persecuzione tra il 250/251(chi non sacrificava agli Dei o non giurava o al Genio, veniva sentenziato). Decio morì nei Balcani nel 251 mentre affrontava i Goti. In questo periodo l’impero era minacciato in Gallia-Germania da Alamanni e Franchi, sul basso Danubio dai Goti ed a Oriente i Persiani. Tra il 251 e 253 si susseguirono una serie di imperatori militari, finché si impose Valeriano (253-260) un anziano senatore. Il primo atto fu quello di associare al comando il figlio Gallieno, al quale fu affidata la difesa delle provincie occidentali. Valeriano guidò la campagna orientale, ma fu fatto prigioniero ad Edessa (fece molto scalpore che un Imperatore morisse in cattività). Gallieno (260 268) riuscì a bloccare Alamanni e Goti, ma dovette cedere la Dacia. Al fine di ottenere la pace dovette tollerare la creazione di due regni interni all’Impero e anche separatisti. L’impero si era spaccato, vi era un regno che partiva dalle Gallie e si estendeva in Spagna e Britannia, retto da Postumo. Mentre ad Oriente stava il regno di Palmira che comprendeva Siria, Mesopotamia e Palestina, retto da Odenato. Per evitare continui comandi militari di estrazione senatoria, Gallieno tolse il comando alle legioni a questi e lo pose agli equites. (approfondire, spiegare meglio) La dinastia degli illiri Essa nacque dal successore di Gallieno, Claudio II (comandante della cavalleria). Ottenne due successi, contro gli Alamanni (che erano in pianura padana) e Goti (giunti ad Atene) prima di morire di peste nel 270. La sua opera fu completata da Aureliano (270 275): ebbe la meglio sui barbari e fece cingere Roma di mura, segno evidente del grave momento che stava vivendo l’impero. Aureliano riuscì a sottomettere i due regni separatisti: nel 272 si impadronì di Palmira (dopo aver sconfitto la moglie Zenobia) e la distrusse; mentre nel 274 sconfisse il sovrano delle Gallie, Tetrico. Promosse una riorganizzazione del settore economico e promesse la figura divina del monarca: introdusse una moneta nuova (ancora chiamata antoniniana) e introdusse ufficialmente il culto di Sol Invictus (Mitra, importante per i soldati). Ucciso Aureliano gli succedette per un anno Tacito, poi Probo (276 282), che fu ucciso mentre preparava una campagna contro la Persia. il prefetto del pretorio che lo succedette, Caro, conquistò la loro capitale ma rimase ucciso da una congiura militare. Rimase il solo Diocleziano al comando (proclamato dall’esercito). Fonti: Cassio Dione è testimone oculare dell’epoca severiana, anche se la sua opera “Storia Romana” ci è giunta solo attraverso il riassunto di un monaco bizantino dell’XI secolo. Poco affidabili sono anche le biografie della Storia Augusta che conclude la sua trattazione con i figli dell’imperatore Caro; e Storia dell’Impero dopo Marco Aurelio (che copre dal 180 con la morte di Aurelio fino al 238 con la morte di Massimino il Trace). Possiamo rilevare anche l’opera di Aurelio Vitore, I Cesari (ritratti da Augusto a Costanzo II) e del greco Zosimo in Storia nuova (da Augusto a Diocleziano). Per la storia della Chiesa importante e l’opera di Eusebio di Cesarea nella Storia ecclesiastica, menttre di parte sono le opere di Lattanzio (La morte dei persecutori) e di Orosio (Storie contro pagani). Importante sottolinare che i gradii padri della Chiesa furono testimoni diretti degli avvenimenti di quei tempi (III secolo): basti citare i nomi di Clemente di Alessandria, Tertulliano o di Cipriano vescovo di Cartagine. Le persecuzioni imbandite da Decio nel biennio 250-251 sono testimoniate anche da papiri egiziani (Libelli della prsecuzione deciana). Le fonti giuridiche piu importanti sono il Codex Teodosiano (organizzato da Teodosio 2* a Costantinopoli verso la meta del 5* secolo) ed il Codex Giustiniano (meta del 6* secolo). Per le fonti epigrafiche importanti sono importanti l’Edictum de pretis (calmiere dei prezzi intrdotto da Diockeziano nel 301) ed il Res Gestae divi Saporis (iscrizoe trilingue in cui il re partico Sapore celebrava la vittoria sull’imperatore Valeriano). FONTI ● Vendita titoli Cassio Dione “Storia romana” (pretorio di Didio Giuliano) ● Settimio Severo Storia Augusta “Vita di Settimio Severo” (proscrizione per necessità economica; riabilitazione di Commodo) ● Caracalla e Constitutio Antoniniana Papyrus Ginnesis 40 Cassio Dione “Storia romana” (motivazione dell’editto di Caracalla) Erodiano “St. dell’Impero romano dopo Aurelio” (sulle orme di Alessandro Magno) ● Eliogabalo Storia Augusta “Vita di Elagabalo” (Stravaganze ed influenza della nonna Giulia Mesa) ● Severo Alessandro Erodiano “St. dell’Impero romano dopo Aurelio” (riavv. al Senato e tradizione religiosa) ● Massimino il Trace Erodiano “St. dell’Impero romano dopo Aurelio” (primo imperatore-soldato, fonti ostili) ● Vittoria di Sapore su Valeriano Iscrizione di Persepoli (medio persiano, partico e geco) (celebrazione vittoria) ● Crisi dell’Impero Cipriano vescovo di Cartagine “A Demetriano” (risposta contro accuse ai cristiani di decadenza) Diocleziano (284-305) Con il suo regno si chiude il periodo di crisi del III sec. In favpre di uno ricco di novità e riforme, viene definito “Dominato” non più “Principato” , dando inizio alla Tarda Antichità, era di grandi innovazioni per l’Impero romano. Diocleziano stabilì la propria sede a Nicomedia, perché l’Oriente era più stabile economicamente dell’Occidente. Al vertice del potere, Diocleziano concepiva la coesistenza di quattro monarchi (detti tetrarchi), due Augusti e due Cesari: ognuno di loro aveva una competenza territoriale. I due Augusti cooptavano i due Cesari, che gli sarebbero succeduti ed a loro volta avrebbero designato due Cesari. Nel 285 Diocleziano nominò Massimiano come Cesare con il compito di reprimere le rivolte in Gallia. L’anno successivo venne elevato ad Augusto. I due Cesari (Costanzo Cloro con Massimiano in Occidente e Galerio con Diocleziano in Oriente) furono proclamati nel 293. Massimino scelse Milano come capitale. Nella riforma amministrativa aumentò la burocrazia, mentre l’esercito fu ulteriormente potenziato (i migliori messi a disposizione dei Tetrarchi, che potevano dislocare dove preferivano lasciando però sguarniti i confini). Aumentò anche il numero di province, in modo che i governatori locali non diventassero troppo influenti. Venne introdotta una nuova tassazione, basata sul reddito agricolo, teneva conto della terra coltivabile ed il numero di coltivatori, realizzabile solo grazie a un censimento ferreo. Per questo motivo l’Impero venne diviso in 12 unità regionali (tra cui anche l’Italia, che perse il suo status privilegiato). Il valore della moneta venne imposto dallo Stato, però il tentativo di Diocleziano di coniare monete d’oro ed argento fallì (la popolazione preferiva testurizzata). Nel 301 venne introdotto un calmiere, ovvero una raccolta dei prezzi massimi con il quale un prodotto poteva essere venduto. Infine il tradizionalismo (tra cui anche la tutela del matrimonio), venne messo al bando la setta dei Manichei. Durante il suo comando, dovette sopprimere varie rivolte in Egitto e Britannia; Galerio impose una pace rovinosa ai Parti (298). Come previsto dal programma tetrarchico, il 1 Maggio Diocleziano e Massimiano abdicarono e subentrano i due Cesari. Quando nel 306 Cloro morì a York, l’esercito proclamò imperatore suo figlio Costantino. Diocleziano aveva imposto anche una mistificazione dell’imperatore, tanto che si faceva chiamare Jovius (figlio di Giove). Scatenò una FONTI ● Costantino Panegerici Latini (figlio di Costanzo Cloro discendente di Claudio II, vincitore dei Goti) Iscrizione dell’arco trionfale dal Senato (ispirazione divina, non specificata) Eusebio di Cesarea “Vita di Costantino” (concilio di Nicea e condanna di arianesimo) Iscrizione di Spello (tempio alla sua gens, tolleranza) Zosimo “Storia nuova” (divisione in prefetture) Codice Teodosiano (avidità dei governatori locali) Zosimo “Storia nuova” (figli di Costantino, sopratutto Costanzo che elimino Dalmazio ed Annib.) ● Costanzo Costantino II e Costante Codice Teodosiano (combatterono il paganesimo) ● Giuliano Giuliano “Epistole” (istruzioni per riforma del paganesimo al sacerdote in Galizia) Giuliano “Misopogon” (scritto autoironico contro i cristiani di Antiochia) Dopo il breve periodo di comando di Gioviano, che stipulò una pace coi Persiani (364) fu acclamato dalle legioni il pannonico Valentiniano, il quale si associò col fratello Valente (controllo Oriente). Per fronteggiare al meglio la pressione barbarica sul Reno, Valentiniano decise di risiedere a Treviri. Tra il 365 ed il 375 Valentiniano riuscì a fronteggiare sul Reno-Danubio gli Alamanni, i Franchi e i Burgundi ed a stabilizzare le frontiere con fortificazioni; represse anche la rivolta di Firmo, capo di una tribù maura in Africa. Gli successe, alla sua morte naturale, il figlio Graziano e venne nominato “Augusto” Valentiniano II (entrambi molto giovani). L’Europa centro-orientale era sconvolta dall’arrivo degli Unni, che premevano molto sulle popolazioni barbare, tra cui i Goti. Falliti tentativi di inclusione pacifica, Valente li affrontò e morì durante la battaglia di Adrianopoli del 378 (fu un tema di dibattito per il declino dell’esercito e la sua progressiva barbarizzazione, anche della società). Graziano chiamò in aiuto al comando il generale spagnolo Teodosio: questo concluse con il capo goto Fritigerno una pace nel 382, con i quali i Goti ricevevano terre romane (Illiria) ed erano indipendenti, diventando federati, e tenuti quindi a fornire contingenti all'esercito. (da capire, meglio con uno schema o linea del tempo, troppi imperatori che si intrecciano, approfondire) Nel 383 l'usurpatore Magno Massimo si impossessò della Britannia ed invase la Gallia, inducendo Graziano al suicidio. Governò per un po la Gallia prima di decidersi a invadere l’Italia. La penisola era governata da Giustina, reggente per Valentiniano II, troppo giovane. L’invasione fu fermata Teodosio che sconfisse l’usurpatore nel 388. Nel 392 il franco Arbogaste assassinò Valentiniano II (sotto la sua tutela) e fece nominare imperatore Eugenio. Questo venne però sconfitto nuovamente da Teodosio a Carnia nel 394. L’editto di Teodosio del 380 elevò il Cristianesimo a religione di stato; nel 381, a seguito del concilio di Costantinopoli, si presero provvedimento sempre più austeri contro i pagani. Questo provocò una reazione da parte del senato romano (che aveva in parte sostenuto Eugenio). Importante a tal proposito la figura di Ambrogio, vescovo di Milano (374) e governatore dell'Emilia. Impose la propria autorità anche a Teodosio, accusandolo di doversi pentire delle sue gesta (tra cui la strage di Tessalonica per reprimere una sommossa). Graziano aveva già rinunciato alla carica di pontefice massimo e l’editto di Teodosio celebrano il trionfo del cristianesimo sul paganesimo: il centro di rivolta fu l’aristocrazia romana (sopratutto per tutelare la sua identità politica e tradizionale), che santificò Giuliano come eroe pagano. (cosa ? Chi è Giuliano ?) La produzione economica tendeva ora ad essere decentrata su centri minori, entrando in un mercato più limitato. Le cause furono la rottura dei limes, la chiusura dei circuiti commerciali mediterranei ed una società coercitiva che tendeva a far aumentare il fiscalismo. Un colono libero diventava così dipendente al territorio che lavorava (quasi come schiavo). Con Diocleziano anche l’Italia perderà i suoi privilegi fiscali, introducendoun tributo. Roma stessa perde di valore, poiché la capitale della tarda antichità era Milano (alla quale convergono le ricchezze sopratutto dell'Italia Annonaria” (settentrionale). FONTI ● Valentiniano e Valente (364-375) Ammiano Marcellino “Storie” (condivisione del potere) ● Valente contro i Goti (378) Ammiano Marcellino (Goti nella Tracia e battaglia di Adrianopoli) ● Teodosio Panegirico Latino; Temistio “Orazioni” (lungimiranza di questa manovra politica) Codice Teodosiano (cristianesimo religione di Stato 380) Simmaco “Relazione” (richiesta della Vittoria in Senato a S.Ambrogio, che nego) ● Usurpazione di Massimo ed Eugenio Orosio “Le storie contro i pagani” (vittoria di Teodosio grazie a Dio) La Tardo Antichità è stata delineata come lo spartiacque tra l'Antichità ed il Medioevo. In Francia venne coniato il termine “Bas-Empire”, mentre un critico d’arte viennese, Riegl, nel ‘900 usò “tardoantico” per definire dei tessuti. Come momento conclusivo della Tardo Antichità si accetta l’invasione longobarda dell'Italia (568) e la caduta di Giustiniano (restauratio imperi) in Oriente (565) (contemporaneamente viene meno ogni elemento di arte classica). Come punto d’inizio si individua Costantino o i “severiani”. L’imperatore tardo antico doveva legittimare il suo potere con qualcos’altro rispetto al Senato. Il popolo rappresentava un sostegno diretto del comandante, che si legittimava attraverso il cerimoniale. I giuristi addirittura ricercavano falsi documenti che legittimavano il sovrano in virtù della delega dal popolo. Le assemblee perdettero di valore legislativo, poiché (poggiando anche su teorie ellenistiche) il sovrano rappresenta la “legge vivente”: il buon sovrano era tenuto ad incrementare la morale nei suoi cittadini (presentandosi come intermediario tra Dio e gli uomini; Ecfanto). La sola denominazione di “Augusto” porta l’idea di una persona posta al di sopra. Un esempio lampante di teologia e sovranità sta nella dinastia dei Sasanidi: il fondatore della dinastia, Ardashir, dice che la religione e la regalità sono gemelle (i sovrani devono scacciare le false credenze). Diocleziano stesso utilizzo questo fondamento teologico per ridare vigore all’Impero romano Altro fattore importante legato alla teologia è la parvenza del sovrano: la sua bellezza e la sua estetica erano determinanti (Giuliano, che si definiva anti-Costantino, quando fu imperatore nel 360 aveva la barba, al contrario degli altri) La fine della dinastia costantiniana evidenzia la discordanza tra il destino dell’Impero e quello della Chiesa: il fallimento politico è oscurato dalla cristianizzazione dello Stato romano. La figura di Costantino, per salvaguardarla dagli ambienti pagani di critica, fu santificata il 21 Maggio. Uno di questi pagani dissidenti era sicuramente Giuliano, che considerava la riforma costantiniana come rottura con la tradizione e la grandezza di Roma. Giuliano era sicuramente un simbolo della battaglia ideologica di quanti attribuivano le colpe della decadenza di Roma al cristianesimo (prendendo di mira anche la riforma monetaria di Costantino). La società tardoantica fu sicuramente una società repressiva: la pratica di torture su chi praticasse magia o tradimento ne sono un esempio. A Costantino si fa risalire la costituzione del 316 che estendeva le pratiche di tortura anche alle élite provinciali, o la pena detentiva venne estesa a reati solitamente estinguibili con multe o esili. Il trapasso da regime repubblicano a monarchico ha portato anche difficoltà della gestione centrale amministrativa, quindi alla mancanza di limiti nel sistema giudiziario. Solo alcuni esempi isolati di cristiani o stoici tentato un approccio più “moderato” (es. S.Ambrogio chiede più clemenza ai detenuti, senza mettere in discussione il sistema). FONTI ● Ideologia imperiale tardo antico Sinesio “Orazione prima della regalità” (isolamento dell’imperatore) Temisto “Orazioni” (imperatore come legge vivente) ● Alimentazione di Roma Simmaco “Relazione” (prefetto dell’Urbe a Valentiniano II) ● Esercito, Codice Teodosiano (Teodosio, Graziano e Valentiniano II, fermare la corruzione degli ufficiali di reclutamento, gli stessi tre attestano la pratica della auto amputazione delle dita) Simmaco “Epistole” (fa evitare ad un amico di dover ospitare l’esercito in casa sua) De rebus bellicis (riduzione della ferma, così i giovani congedati diventano contadini, ponendo gli ex soldati sul confine, risultando una buona riserva) Vegezio “L’arte della guerra romana” (decadenza esercito a corruzione ufficiali, renitenza alla leva ed avanzi carriera ingiusti; barbarizzazione dell’armamentario legionario) ● Chiesa IV secolo Atti del concilio di Nicea (325) (nomina vescovi; Roma Cost. Antiochia e Gerus.; lotta contro ariani) Gregorio Taumaturgo “Ringr. a Origene” (una divinità abbia collegato lui ed Origene, padre della Chiesa Orientale) Apophtegmata Patrum (interazione tra asceti e società) Palladio “St. lausiaca” (monachesimo fu organizzato nel 4* secolo, dall’Egitto, grazie a Pacomio e vescovo di Cesarea Basilio La caduta dell’Impero romano d’Occidente Alla metà del V secolo i Goti erano la forza predominante nel Ponto, almento patto tra Roma ed i Goti voluto da Costantino nel 33, che ha portato allo status di stato-cliente i Goti Tervingi (diventando i primi soldati barbari al servizio di Roma). Sempre più barbari pressano il confine sul Reno, in particolare coloro che sono stati scacciati dalle proprie terre dagli Unni. Si tenta di farli passare un po per volta, ma è un’immigrazione caotica e soggetta a corruzione. Le trattative per una accoglienza pacifica nel 376 falliscono, quindi si incorre nella sconfitta di Adrianopoli, con conseguente stipulazione di un trattato di pace (382) nel quale ai Goti viene concesso di stanziarsi in Tracia (con contropartita di tasse e soldati). Durante il V secolo cambiò profondamente la politica di reclutamento e la carriera militare in generale, le popolazioni barbare costituivano ormai il grosso dell’esercito(esempio di accampamenti loro si hanno sopratutto il Italia Sett.). Solo eccezionalmente veniva concessa la cittadinanza, la spaccatura tra romani e barbari era grande, due culture estranee, ci si limitava a un rapporto di coltivazione terriera e reclutamento nell’esercito. In Oriente invece l’approccio ai barbari non era etnico-politico, ma prettamente teologico. La Chiesa non si pose invece il problema etnico, limitandosi a sconsigliare i matrimoni misti. Un esempio è offerto da S.Ambrogio il quale, durante un periodo di tensione con Giustina (madre di Valentiniano II), sfrutta difensivamente i barbari. Esemplari sono le tre leggi emanate dal figlio di Teodosio, Onorio, a cavallo del V sec, che condannavano chiunque assumesse comportamenti o costumi barbari. Così come l'accordo tra Goti e Teodosio nel 382 che permise l'ingresso dei barbari in Mesia e Tracia, ma li costrinse a mantenere la propria struttura tribale. Quello dei Franchi fu il più importante tra i regni barbarici. Determinante fu Clodoveo (re nel 481), fondatore della dinastia Merovingia: la sua conversione al cristianesimo favorì i rapporti di cooperazione con l’aristocrazia gallo-romana così che alla metà del 500 l’intera Gallia passò sotto dominio franco (venne stabilito il Regno dalla sconfitta degli Arabi a Poitiers nel 734 sotto Carlo Martello). Le azioni di pirateria nel mar del Nord e l’emigrazione dal continente verso la Britannia portò le popolazioni barbare ad insediarsi in domini romanizzati: nasceva così nella costa sud-orientale la Britannia anglosassone (Popolazione degli Angli e dei Sassoni). Nel caso della Britannia si trattò di una semplice conquista, mentre in Italia Gallia,Spagna o Africa si tratta di un atto giuridico che riconosce il dominio barbaro; così anche l’atteggiamento di cooperazione non era sempre presente. Uno dei principali motivi di discordia tra la cristianità dei ceti aristocratici un tempo romani e la fede ariana professata dalla maggior parte delle popolazioni barbare (a eccezione dei Franchi). La Gallia si trovava così divisa nel 480: a Nord i Franchi, a Sud-Ovest i Visigoti ed i Burgundi nella valle del Reno, mentre gli Alamanni erano dispersi un po ovunque. La soluzione che l'aristocrazia aveva intrapreso era quella dell’ascetismo, trovando una risposta alla crisi ideologica nella religiosità (la cultura era comunque un arma per limitare l’influenza barbara, che rimanevano impressionati da questa élite colta). Esistono vari esempi di risposta a questa crisi, come esempi di carriera ecclesiastica che si immette in quella politica. Sidonio e Cassiodoro sono due esponenti della tendenza a vedere una collaborazione propositiva tra la forza gota e la cultura romana. Un fenomeno diffuso nel V secolo e quindi il monachesimo: i più importanti furono quelli di Lerins e san Vittore di Marsiglia, che divennero veri e propri centri di cultura (una mescolanza di vita solitaria e comunitaria per la dottrina ascetica). I monasteri erano gli unici centri culturali (in lingua latina) che esistevano: un esempio è il monastero di Vivarium fondato da Cassiodoro, il quale vi fece trasportare la sua biblioteca e lasciò molto spazio all'insegnamento della grammatica e della retorica. Anche se il monastero non sopravvisse, lo spirito di educazione degli adepti rimase nella storia del monachesimo (esempio è la dottrina di S. Benedetto, un patriarca della religione occidentale). L’Italia era già fortemente urbanizzata (Nord con la Via Emilia, a Sud con insediamenti). A Roma la vita politica che ricopriva il Foro venne assorbita dal palazzo regio e la cattedrale (rimase solo come centro del mercato). Diversa era la situazione di Milano, caratterizzata nella tarda antichità dalla costruzione di Chiese, sopratutto fuori dalla città (Ambrogio ne fonda 3). La situazione cambia nel medioevo quando la Chiesa edifica basiliche nel centro cittadino, acquisendo terreni dallo Stato e privati; per questo motivo all’ondata di costruzione muraria delle città si accompagna la costruzione delle Chiese episcopali (es. Treviri). La fine dell'età imperiale porta anche alla decadenza di quelle villae le quali puntavano su un largo mercato Mediterraneo, comportando anche il cambio di alimentazione. In età romana predominavano olio, vino, grano e formaggi (spesso importati), mentre nelle popolazioni barbariche la carne di selvaggina era predominante (i cereali venivano impiegati nella birra). Storia di propaganda e quella del pane, dovuta alla Chiesa. La chiusura del bacino mediterraneo di mercato porto anche all’abbandono di quelle terre un tempo adibite alla policoltura (favorendo paludi e malaria) con un ritorno all’allevamento silvo-pastorale. Proprio questi sfruttano gli spazi lasciati incolti: sopratutto suini, capre e pecore (bovini ed equini scarsi, perché impiegati come mezzi di trasporto e lavoro) L'Età di Teodorico (488 526) fu segnato da una ripresa economica dell’Italia, portando vitalità nei centri urbani. La guerra greco-gotica (541 552) col generale Narsete, bloccò questa rinascita: le città con presenza gota vennero distrutte e la popolazione ridotta alla fame calò drasticamente. FONTI ● Gallia invasa dai barbari Paolino di Pella “Rendimento di grazie” (mutamento delle sue fortune e tentativo di intesa coi Goti) ● Vandali in Spagna ed Africa Idazio “Cont. delle cronache di Girolamo” (vicende dei Vandali da Andalusia all’Africa a Sacco di Roma 455) Salviano di Marsiglia “Sul governo di Dio” (purezza dei Vandali contrapposto alla corruzione di Roma) Vittore di Vita “St. della pers. vandalica in Africa” (persecuzioni a danno di cristiani in Africa) Procopio “Storie segrete” (Giustiniano di Bisanzio incolpati dello spopolamento delle coste africane, imponendo limiti oggettivi alla conquista di Bisanzio dell’Occidente) ● Franchi Sidonio Apollinare vesc. di Clermont “Panegirico per Valerio Maiorano (descrizione e un protagonista del ponte tra barbari ed aristocrazia romano-gallica) ● Burgundi Sidonio Apollinare “Epistolare” (descrizione di Sigimero, re) ● Teodorico Giordane “Storia dei Goti” (ascesa di Teodorico al trono degli Ostrogoti) Anonimo Valesiano (ritratto di Teodorico, da collaborazione attraverso gli aiutanti romani, a restrizioni per i romani cattolici) Cassiodoro “Varie” (scrive per Teodorico ad Anastasio, in tono ossequioso) (convivenza tra goti e romani, secondo due giurisdizioni diverse ed una convivenza dettata dalla forza militare dei primi e la cultura dei secondi) (da guerra gotica la nascita di Venezia) Epigrafe di Posta di Mesa (risanamento del Decennovio, intorno alla via Appia). Bisanzio (330 1453; fondazione di Costantinopoli fino alla presa turca) Dai figli di Teodosio la parte orientale dell’Impero era toccata ad Arcadio: durante il suo regno fu repressa duramente una rivolta gota dal prefetto Antemio (399). Alla morte dell’imperatore gli succedette il figlio Teodosio II, in veci del quale comandò Antemio. Il suo regno (408-450) dovette affrontare la minaccia degli Unni, mantenendo a bada anche i Persiani grazie alla forte compattezza interna dello Stato (es. la promugazione del Codex Diocleziano, che divenne Codex Teodosiano nel 438). I problemi nel quale incorreva lo stato erano principalmente teologici, sulla natura del Cristo; inoltre durante i regni di Leone (457-474) e Zenone (474-491) si aggravò la crisi finanziaria, che sarebbe stata affrontata solo da Anastasio (491 518), il quale bloccò anche una avanzata persiana tra il 502/503. Col regno di Giustiniano (527-565) si conclude l’epoca antica: nel 528 venne istituita una commissione incaricata di predisporre nuove costituzioni imperiali (533 50 libri detti Digesto); fece costruire la basilica di S.Vitale a Ravenna e S. Sofia a Costantinopoli e la nuova frontiera economica era rappresentata dalla seta. Ruolo importante ha avuto anche la controversia teologica: dal concilio di Calcedonia (451) era stata ribadita la differenza tra l’ortodossia ed il credo monofisita; Giustiniano cercò di trovare una soluzione col papato (dal quale legame scaturì la necessita di chiudere ogni sede di insegnamento pagano, tra i quali la scuola di Atene). Nel 533 il generale Belisario sconfisse l’ultimo sovrano vandalico Gelimero, portando l’Africa la Sardegna e la Corsica sotto il controllo bizantino. La guerra greco-gotica per la conquista d’Italia (535 553) si dimostrò complicata anche per la compresente minaccia ad Oriente dei persiani; la svolta si ebbe con il generale Narsete che sconfisse gli oppositori in Campania. Successivamente si ebbe l’estensione del Codex Teodosiano anche alla prefettura d‘Italia, anche se sarebbe stata ritirata da lì a poco per l’arrivo dei Longobardi (568, anno d’inizio del Medioevo in Europa ed Italia) La corte imperiale viveva divisa dalla vita della città (Costantinopoli era già una grande megalopoli, con mezzo milione di abitanti). La vita del sovrano doveva mantenersi entro una dettata liturgia comportamentale, volta a sottolineare la sacralità della sua figura (esposto solo a S.Sofia o ai giochi, sopratutto di carri). Il passaggio dallo Stato romano a quello bizantino fu dettato dall’instaurarsi della burocrazia, ovvero di funzionari adibiti a specifici ruoli ed alle dirette dipendenze dell'imperatore; giuramento di fedeltà a lui dal VIII secolo. L’Imperatore, all’inizio, conserva i connotati del capo scelto per volontà popolare e con l'esercito indipendente dalle sue volontà, ma con l’avanzare del tempo la sua legittimazione assume basi sempre più nel divino (con la collaborazione della Chiesa). Uno dei simboli più chiari di questa legittimazione ed esclusività sta nell’uso della porpora nelle vesti reali, ma anche nello stesso palazzo imperiale o l’ippodromo (centro di rappresentazioni solenni e cerimonie, o le corse dei carri). Gli abitanti, così distanti dal loro capo statuale, sono sudditi e non cittadini. Solo alcuni avevano la possibilità anche solo di vedere l’imperatore, pratica di chiara influenza araba o sasanide, per la pratica della proskynema/genuflessione solenne. La regola che vigeva nella società bizantina era quella della taxis (ordine) immutabile e legittimata dall’ordine cosmico divino, accompagnata dalla concezione della mimesis (imitazione) di modelli da perseguire (imperatore/Gesù). Tale ideologia dà fondamento quindi alla tradizione, nella quale si immette anche la letteratura bizantina, volta alla conservazione dei tratti del mondo bizantino. In greco esistono due termini per indicare il povero: penes (in senso giuridico) e ptochos (sprovvisto di mezzi di sostentamento). La legislazione allora si occupò del problema della povertà in quanto potesse influenzare anche l’ordine pubblico (es. afflusso di indigenti dalle campagne alle città). Tra i provvedimenti di interesse c’è quello del 539, che spediva i contadini non costantinopolitani in campagna, mentre quelli appartenenti alla città in lavori socialmente utili. I poveri invalidi o i vecchi erano spesso ad uso della filantropia imperiale o aristocratica, che costruivano asili di ricovero o orfanotrofi. La legge favorì anche la costituzione presso le istituzioni ecclesiastiche di un patrimonio per i poveri, così come di costruzioni a fondo sociale. FONTI ● Giustiniano Giustiniano “Novelle” (rapporto tra Stato e Chiesa); Procopio di Cesarea “Guerra vandalica” (riconquista dell'Africa); Procopio “Gli edifici” (attivita edilizia, politica estera, sia religione); Procopio “Storie segrete” (amministrazione della giustizia, compromessa da corruzione) (rivolta contro Giustiniano “Nika” nata dalle fazioni tifoserie delle corse); Procopio “Guerra gotica” (testimonianza diretta della condizione italiana durante la guerra greco- gotica) (controffensiva gotica di Totila e povertà della città); Programmatica sanzione (legislazione giustinianea in Italia: accettate quelle precedenti meno Totila) Gregorio Magno “Dialoghi” (morte di Giustiniano ed invasione dei Longobardi del 568 come segno della fine del mondo) ● Religione Atti di conf. a Cartagine (contro il donatismo come politica sociale) Concilio di Calcedonia 451 (ufficialità del monofisismo) Valentiniano III “Novelle” (riconoscimento Chiesa di Roma nel 5* secolo ad opera di Leone 1* e sanciti dalla autorità imperiale; quando questa svanisce Chiesa orientale ed occidentale cominciano ad allontanarsi) Girolamo “Epistole” 403 (a Roma il “potere” si sposta dalle istituzioni romane e pagane alle realtà ecclesiastiche