Scarica Storia romana - Geraci-Marcone e più Appunti in PDF di Storia Romana solo su Docsity! Appunti di storia romana a.a. 2006/2007 Modulo base prof. Umberto Roberto L’Italia preromana 1)L’Italia dell’età del bronzo e del ferro III – I millennio a.C.1 sviluppo di notevoli dimensioni Si passa da una situazione caratterizzata da una miriade di gruppi umani di piccole dimensioni al sorgere di forme complesse di organizzazione protostatale L’Italia nell’età del bronzo si contraddistingue per la sua uniformità, i siti sono dislocati prevalentemente lungo la dorsale appenninica, tale cultura è denominata perciò appeninica. In quest’età vi è un importante incremento demografico, gli insediamenti si riducono in numero ma aumentano in dimensioni. Tale fenomeno è evidente specialmente nella cultura detta terramaricola, che si sviluppò nella pianura emiliana tra il XVIII e il XII sec a.C. Gli insediamenti consistevano in capanne che poggiavano su impalcature di legno così da creare una difesa naturale contro gli animali e per isolare le capanne dal terreno acquitrinoso. I villaggi avevano forma trapezoidale, erano circondati da un argine e da un fossato ed erano attraversati da due strade perpendicolari tra loro. Nell’età del bronzo recente è documentata un’intensa circolazione di persone e di prodotti, provenienti anche dell’area micenea. All’inizio dell’età del ferro l’Italia presenta una quadro differenziato di culture locali. Un criterio di differenziazione concerne la modalità di sepoltura. Una parte della popolazione ricorre alla cremazione, l’altro all’inumazione. In Etruria e in Emilia emerge una cultura nettamente distinta da quella precedente detta Villanoviana. Molti insediamenti sorgono in zone prima disabitate, mentre ne vengono abbandonati altri prima abitati. Il fatto che l’irradiazione di tale cultura coincida con l’area di diffusione della civiltà etrusca e che alcuni insediamenti villanoviani si svilupperanno più tardi nelle città-stato etrusche ha indotto alcuni studiosi a considerare i Villanoviani i diretti antenati degli Etruschi. La diversità di culture ha un riscontro importante in un quadro linguistico altrettanto variegato. Lingue indoeuropee latino, falisco (Lazio), celtico (pianura padana), messapico ( Puglia) Lingue non indoeuropee etrusco (Toscana) lingua italica umbro-sabino (centro-nordo), osco (centro-sud) Un posto di eccezionale rilievo tra le culture dell’ Italia preromana è rivestito dalle colonie della Magna Grecia fondate nell’Italia meridionale, a partire dalla metà dell’ VIII secolo a.C. da coloni provenienti da varie città greche. PAGE 39 1 Precisamente tra l’età del bronzo medio e la prima età del ferro Un posto a parte in questo composito quadro di culture ha la civiltà dei Sardi, sviluppatasi in Sardegna tra l’età del bronzo e quella del ferro, essa è nota come civiltà nuragica, dalla costruzione tipica che la caratterizza, il nuraghe, cioè una torre a forma di cono che aveva scopi difensivi. Le trasformazioni dell’Italia centrale VII-V secolo a.C. grande espansione delle popolazioni dell’ Appennino centro- Meridionale Apice V-IV secolo a.C. espansionismo dei Sanniti 2) Gli Etruschi Gli Etruschi2 sono la più importante popolazione dell’Italia pre-romana Problema delle origini: La ricerca storica e archeologica moderna propende a spiegare l’origine etnica degli Etruschi, collocata tra VIII-VII secolo, come il punto d’incontro di due tipi di processi. 1) evoluzione della struttura interna delle società e delle economie locali 2) influenze esterne, soprattutto delle colonie greche dell’ Italia meridionale Non vi sono infatti indizi di una cesura nella tipologia di insediamenti rispetto la precedente cultura villanoviana. Fin dalle origini gli Etruschi si organizzarono in città indipendenti governate da sovrani detti “lucumoni”, poi sostituiti da magistrati eletti annualmente, gli “zilath” L’unica forma di aggregazione delle città etrusche conosciuta è la lega delle 12 città principali, che aveva però scopi prevalentemente religiosi. Carattere profondamente aristocratico della società il governo della città era nelle mani di un gruppo ristretto di aristocratici e di proprietari terrieri. Il processo di espansione subì un primo arresto nel 530 a.C. a seguito di una battagli navale con i Focei. Inizio IV secolo a.C. presa della città di Veio da parte dei Romani, 396 a.C. Perdita della Val Padana per mano dei Celti Nel corso del III secolo l’Etruria passo progressivamente in mano romana. Religione e cultura Sviluppo eccezionale dei riti religiosi, ricchezza di culti e scritti sacri bene codificati, accanto a tecniche specifiche con componenti magiche. Le divinità del pantheon etrusco sono in gran parte assimilabili a quelle elleniche, e alcune hanno un nome di evidente origine ellenica.3 Altri dei hanno un nome di origine indigena, anche se hanno caratteristiche simili alle divinità greche. 4 PAGE 39 2 Noti ai Greci come “Tirreni”, sembra chiamassero se stessi “Rasenna” 3 Apulu è Apollo, Charu è Caronte, Artumes è Artemide, Hercle è Eracle. 4 Selvens sta per Silvano L’ ordinamento centuriato prevedeva l’organizzazione della popolazione in classi, a loro volta articolate in centurie. E’ probabile che già in questo periodo la comunità civica fosse organizzata su gruppi basati sul censo e non più su fattori gentilizi. Il censo era anche il criterio con cui si arruolavano i componenti del nuovo esercito serviano. L’istituzione di quattro tribù urbane i sostituzione delle antiche tribù rotulee, a base gentilizia, rispecchia l’evoluzione della società romana. La famiglia. Famiglia romana nozione che comprendeva un raggruppamento sociale assai più ampio di quello che noi intendiamo oggi facevano parte della stessa familia tutti coloro (moglie, figli, schiavi) che ricadevano sotto l’autorità dello stesso paterfailias, al quale spettava anche il controllo sui beni. Il vincolo di fondo non era quello dei legami contratti col matrimonio ma quello esercitato dalla potestas del pater. Della famiglia facevano parte anche i figli adottati. In età arcaica il primo diritto di un padre era quello di rifiutare i figli, anche i figli legittimi entravano nella famiglia tramite un atto formale. Tra i vincoli fondamentali della famiglia primitiva vi era quello religioso. I riti famigliari, sacra privata, erano trasmessi di padre in figlio, e la loro osservanza era assolutamente doverosa. Gli antenati del ramo paterno furono i primi manes, oggetto di culto all’interno della famiglia romana. La donna. in età arcaica e per parte di quella repubblicana il carattere patriarcale della famiglia si riflette nella assoluta supremazia dell’uomo sulla donna. Il potere del marito sulla moglie si chiama manus e non conosce limiti. Lo scopo di norme austere riguardo la castità e la moralità femminile è e legato al concetto di matrimonio finalizzato al solo scopo di avere dei figli legittimi. I Romani si sposavano presto, ma la legge proibiva che le bambine fossero date spose prima dei dodici anni. Il fidanzamento, che avveniva anche quando le bambine erano in tenera età, avveniva con una apposita cerimonia detta sponsalia, tramite una serie di riti. La castità comportava il ripudio e il ritorno alla casa paterna, erano inoltre molte le ragazze che morivano prematuramente di parto. Il matrimonio in età arcaica era un’istituzione più di fatto che di diritto, ma aveva importanti ripercussioni giuridiche. Esistevano forme diverse per contrarre matrimonio. Confarreatio diffusa soprattutto in origine, consisteva nella divisione di una focaccia di farro da parte dei due sposi. Mancipatio una sorta di atto di compravendita Usus quello più comune, la convivenza ininterrotta dei coniugi per un anno PAGE 39 Il ripudio consisteva nella separazione di fatto dei coniugi, al divorzio consensuale, per il quale l’iniziativa potrà essere presa anche dalla donna, si arrivò più tardi. Agricoltura ed alimentazione. L’agricoltura di Roma arcaica era limitata dalle condizioni poco favorevoli del terreno e dalla bassa qualità delle tecniche agricole Lazio arcaico economia di sussistenza documentazione paleobotanica: cereali (farro e orzo) associate con leguminose. Questo cibo era detto farrago.7 Il cereale più usato era il farro, anche se si seminava in quantità superiore e la sua resa era minore del grano. Alla scarsa produttività si accompagnava la modesta estensione del terreno. Per Roma arcaica soddisfare le necessità alimentari era un serio problema. Il farro veniva macinato ed era alla base della mola salsa e della puls (un piatto simile all’odierna polenta), il piatto più popolare nella Roma arcaica. Le attività di agricoltura e pastorizia erano complementari: il bestiame serviva a produrre concime e gli animali aiutavano l’uomo nel lavoro. Nella prima età repubblicana (inizio V secolo) i Volsci invasero il Lazio meridionale. L’agro pontino tornerà ai romani solo dopo un secolo. Ciò è all’origine di una serie di episodi di carestia e di tensione sociale. La Repubblica di Roma dalle origini ai Gracchi. 1) La nascita della Repubblica. Fonti: Tito Livio, Dionigi di Alicarnasso Sesto Tarquinio, figlio dell’ultimo re etrusco di Roma, violenta la giovane aristocratica Lucrezia, il padre e il marito di lei guidano una rivolta che porta alla caduta della monarchia, evento canonicamente fissato al 510 a.C. Il ruolo preminente di un gruppo di aristocratici nella cacciata dei Tarquini e il dominio che il patriziato esercitò nella prima Repubblica inducono a pensare che la fine della monarchia sia da attribuire da una rivolta del patriziato romano contro un regime che aveva evidenziato i suoi caratteri autocratici. L’odio che l’aristocrazia romana ebbe durante l’età repubblicana contro l’istituto monarchico sembra indicare che il mutamento non sia avvenuto in modo graduale e indolore, ma sia stato il risultato di un evento traumatico, una vera rivoluzione. Ciò non significa che alla caduta dei Tarquini sia subito stabilito un regime repubblicano nelle forme canoniche, ma seguì un breve e confuso periodo in cui Roma appare in balia di re e condottieri. La vittoria conseguita dai latini ad Arrunte, presso la città latina di Aricia, inflisse un duro colpo all’influenza politica degli Etruschi sul Lazio. Fu probabilmente grazie a quest’evento che Roma ebbe occasione di dare sviluppo alle sue nuove istituzioni repubblicane. PAGE 39 7 In età più evoluta la farrago sarà usata solo per l’alimentazione animale, tornerà ad essere consumata dall’uomo in età medievale. Il 510 a.C è anche l’anno della cacciata del tiranno Ippia da Atene, poiché si possono rintracciare altre analogie tra la fine dei Tarquini e quella dei Pisistartidi, il dubbio che la cronologia della cacciata dei Tarquini sia stata ritoccata per creare delle analogia con la più celebre Atene non è illegittimo. L’interruzione dei contatti culturali con l’Etruria intorno al 470-450 a.C. , come dimostrato da testimonianze archeologiche, ci induce a ipotizzare che proprio in questi anni avvenne la cacciata dei Tarquini. I supremi magistrati della Repubblica Consules: eletti dai comizi centuriati, a loro spettava: • il comando dell’esercito, • il mantenimento dell’ordine all’interno della città, • l’esercizio della giurisdizione civile e criminale, • il potere di convocare il senato e le assemblee popolari, • la cura del censimento e della compilazione della lista dei senatori I poteri dei consoli erano sottoposti ad alcuni importanti limiti: • annualità della loro carica (erano eletti ogni anno) • collegialità (avevano pari poteri) • provocatio ad popolum8 alcune delle competenze religiose dei precedenti monarchi venenro trasferite ad u sacerdote di nuova istituzione il rex sacrorum questa era una carica esclusivamente religiosa infatti il rex sacrorum non poteva rivestire cariche di natura politica. Al rex sacrorum si affiancarono altri sacerdozi di maggiore peso politico, i pontefici e gli auguri. Altre magistrature. Le crescenti esigenze dello stato indussero alla creazione di nuove magistrature. Questori: originariamente in numero di due, assistevano i consoli nella sfera delle attività finanziare Censori: nel 443 il compito di tenere il censimento sarebbe stato affidato a due magistrati detti Censori, in seguito (IV-III secolo a.C.) gli venne affidata anche la redazione della lista dei membri del senato. Da qui si sviluppo anche la competenza di supervisionare sulla condotta morale dei Cittadini, detta cura morum , che conferiva ai censori ampi poteri su vari aspetti della vita Privata. Venivano eletti ogni 5 anni e rimanevano in carica 18 mesi. La dittatura PAGE 39 8 Possibilità per ogni cittadino di appellarsi al giudizio dell’assemblea popolare contro le condanne capitali inflitte dal console, questo diritto era ritenuto dagli antichi fondamento della libertà repubblicana non meno che il consolato stesso. Questo diritto non ebbe valore fino all’età tardorepubblicana contro il potere dei consoli al di fuori dei limiti del pomerio, né contro l’ autorità della dittatura. 2) Il conflitto tra patrizi e plebei. Nelle fonti a nostra disposizione il periodo che va dalla nascita della Repubblica al 287 a.C. è dominato, oltre che dalle numerose guerre sostenute da Roma, dai conflitti civili che opposero due parti delle popolazioni, il patriziato e la plebe. E’ comunque assolutamente necessario tenere presente che vicende interne ed esterne furono strettamente interconnesse ed ebbero una profonda e reciproca influenza tra di loro. Plebe: elemento composito per origine, prestigio, attività esercitata; le cui rivendicazioni erano di conseguenza molteplici. Esse avevano una duplice natura: economica e politica. Problema economico: • La sconfitta subita dagli etruschi nel 474 a.C. porto al definitivo crollo del dominio etrusco in Campania. Ciò provoco indirettamente un grave danno commerciale anche per Roma che perse il suo ruolo strategico di passaggio dall’Etruria alla Campania. • La vendita del sale raccolto nelle saliere di Ostia soffrì per il protrarsi delle ostilità con i Sabini, che controllavano il percorso noto come via Salaria • Lo stato quasi permanente di guerra tra Roma e i suoi vicini provocò continue razzie e devastazioni dei campi. • Le annate di cattivo raccolto si successero numerose nel corso del V secolo a.C. provocando gravi carestie. • La popolazione, indebolita dalla fame, venne ripetutamente colpita da epidemie. Le richieste delle plebe consistevano in: • una mitigazione delle norme sui debiti (tasso massimo di interessi, le condizioni dei debitori insolventi) • più equa distribuzione dell’ ager pubblicus Problema politico Gli strati più ricchi della plebe erano meno interessati alla crisi economica. • Rivendicavano una parificazione dei diritti politici • Codice scritto di leggi che ponesse i cittadini al riparo dalle applicazioni dei patrizi riuniti nel collegio dei pontefici. Strutture militari Relazione tra diritti politici e doveri militari ha carattere strutturale. PAGE 39 Le centurie erano, oltre ad unità di voto, anche unità di reclutamento dell’esercito, per tutta la prima età repubblicana. Ogni centuria doveva dare un uguale numero di uomini, dunque le centurie delle prime classi di censo che comprendevano un numero limitato di cittadini dovevano sopportare il peso più grande delle guerre. Nel V secolo si afferma un nuovo modello tattico. Il modello di combattimento aristocratico, fondato sulla cavalleria di nobili, viene eclissato dall’uso dei fanti con armatura pesante raggruppati in falange. I fanti sono reclutati tra le classi di censo in grado di sostenere il costo dell’armamento politico, che rimarrà a lungo a carico dei singoli soldati. La legione era reclutata su base censitaria, indifferentemente tra patrizi e plebei . Dunque durante le vittoriose guerre del V e IV secolo si rinsalda la convinzione che agli uomini decisivi sul campo di battaglia non possono essere negati i diritti politici. La prima secessione e il tribunato della plebe il conflitto tra i due ordini si apre nel 494 a.C. la plebe, esasperata dalla crisi economica, ricorse a una sorta di sciopero generale, lasciando la città indifesa e priva della sua forza lavoro. La plebe si ritirò sull’Aventino, così la protesta prese il nome di secessione. In questa occasione la plebe si diede propri organismi: un’assemblea che emanava provvedimenti Detti plebiscita i quali non avevano valore Vincolante per lo Stato ma solo per la Plebe stessa. Vennero scelti come esecutori della volontà Dell’assemblea i tribuni della plebe, inizialmente in numero di due crebbero fino al numero di dieci. Poteri del tribuno della plebe: diritto di venire in soccorso di un cittadino Contro l’intervento di un magistrato ius auxilii Potere di veto contro ogni provvedimento di Un magistrato che andasse a scapito della Plebe ius intercessionis L’inviolabilità personale sacrosantctitas Convocare e presiedere l’assemblea Della plebe e di sottoporre ad essa le Loro proposte ius agendi cum plebe Vennero creati altri due rappresentanti della plebe: edili plebei tarda repubblica organizzazione dei giochi, PAGE 39 sorveglianza dei mercati, controllo delle strade e degli edifici pubblici la loro funzione originaria è tuttavia oscura La prima secessione portò ad un risultato politico: il riconoscimento da parte dello Stato dell’organizzazione interna della plebe. E’ legittimo supporre che il disagio economico della plebe sia stato strumentalizzato Dalle famiglie più facoltose ed influenti per raggiungere le conquiste politiche a cui erano più interessati. Il decemvirato e le leggi delle XII tavole Nel 451 a.C. venne nominata una commissione composta da dieci uomini (decemvirato), scelti tra il patriziato e incaricati di stendere in forma scritta un codice giuridico. Anche se la funzione del decemvirato era legislativa assunse in realtà il completo controllo dello Stato. Le magistrature vennero sospese presumibilmente per impedire che potessero paralizzare l’azione dei decemviri, si decise anche che la commissione non sarebbe stata soggetta al diritto di appello. Nel corso del primo anno compilarono un complesso di norme pubblicate su dieci tavole di legno esposte nel Foro. Nel 450 a.C. venne istituita una seconda commissione che completarono l’opera con altre due tavole, portando il totale a dodici. Tra queste disposizione vi era anche quella, molto criticata, che impediva il matrimonio tra patrizi e plebei. La commissione, sotto la spinta del suo membro più influente Appio Claudio, tentò di prolungare indefinitamente i suoi poteri, rivoluzionando l’assetto dello Stato. Il tentativo si scontrò con l’opposizione della plebe e del patriziato moderato, vi fu una seconda secessione in seguito alla quale i decemviri deposero i propri poteri. La norma che proibiva i matrimoni tra patrizi e plebei venne abrogata nel 445 a.C. Tribuni militari con poteri consolari Riconoscendo i matrimoni tra patrizi e plebei cadde la principale obiezione che il patriziato aveva opposto all’accesso dei plebei al consolato. Solo i patrizi si ritenevano titolari del diritto di prendere gli auspici per accertare la volontà degli dei. Dal 444 a.C. di anno in anno il senato decise se alla testa dello Stato vi debbano essere due consoli, con il diritto di prendere gli auspici e provenienti esclusivamente dal patriziato, oppure un certo numero di tribuni militari con poteri consolari, che possono essere anche plebei ma non hanno il diritto di trarre gli auspici. Il nuovo ordinamento rimase in vigore fino al 367 a.C. Tra le varie spiegazioni proposte una ritiene che in questo periodo i consoli non siano stati sostituiti ma affiancati dai tribuni consolari poiché i loro compiti erano sempre più gravosi. Le leggi Licinie Sestie La crisi tra i due ordini si accelerò dopo che la minaccia dei Galli si era allontanata. PAGE 39 Tra la fine del IV e l’inizio del V secolo a.C. questa faticosa realizzazione rischiò di crollare. Buona parte delle città latine approfittarono delle difficoltà interne di Roma per affrancarsi dalla sua egemonia. Le città latine si strinsero in una lega i cui membri condividevano alcuni diritti: ius connubii diritto di contrarre matrimoni legittimi con membri di altre comunità latine ius commercii diritto di siglare contratti aventi valore legale ius migrationis un latino poteva assumere i pieni diritti civici in un’altra comunità semplicemente prendendovi residenza in una leggendaria battaglia combattuta nel 496 a.C. sul lago Regillo i Romani sconfissero le forze congiunte della Lega. Tra gli esiti dello scontro si ebbe la conclusione di un trattato che avrebbe regolato i rapporti tra Roma e i Latini per i successivi 150 anni. Il trattato, noto come trattato Cassiano, prevedeva un accordo bilaterale tra Roma e la Lega latina. Le due parti si impegnavano a mantenere la pace e a aiutarsi in caso una delle due parti fosse stata attaccata , l’eventuale bottino delle comuni campagne di guerra sarebbe stato diviso equamente. Gli alleati si riconoscevano anche i diritti propri della lega Latina visti in precedenza Fondazione di colonie sul territorio strappato ai nemici: i cittadini provenivano sia da Roma che da altri centri latini, spesso vi venivano inglobati anche gli abitanti originari della località colonizzata che non erano caduti in guerra. I conflitti con i Sabini, gli Equi e i Volsci L’alleanza stretta con la Lega latina e gli Ernici si rivelò d’importanza fondamentale per fronteggiare la minaccia di tre popolazioni che dagli Appennini premevano verso occidente, verso la piana costiera del Lazio: i Sabini, gli Equi e i Volsci. Le fonti riportano per il V secolo a.C., una serie interminabile di conflitti tra Roma e le popolazioni montanare, in particolare gi Equi e i Volsci. Spesso l’esito fu favorevole a Roma e ai suoi alleati, ma mai si giunse ad una svolta definitiva. E’ lecito supporre che non si sia trattato di vere battaglia ma di piccole scaramucce e razzie che videro impegnati pochi armati. Partendo da meridione, il primo popolo che si incontra è quello dei Volsci. Discesa dagli Appennini alla fine del VI secolo a.C., questa popolazione riuscì ad occupare tutta la pianura Pontina e le città latine di Cora, Anzio, Terracina, Circei e Velletri, cioè in pochi anni tutta la parte meridionale del Lazio. Nell’area dei colli Albani l’avanzata dei Volsci si saldò con quella di un popolo a loro affine, gli Equi, i quali avanzarono conquistando la regione dei monti Predestini e almeno due importanti città latine Tivoli e Preneste. I Romani riucirono a bloccare gli Equi e i Volsci al passo dell’Algido teatro di un’importante vittori nel 431 a.C. Ancora più a nord erano i Sabini a minacciare direttamente Roma. PAGE 39 Il conflitto con Veio Roma si trovò a fronteggiare da sola un avversario assai meglio organizzato delle tribù appenniniche, la potente città etrusca di Veio. Veio, situata a 15 km a nord di Roma, era sua rivale nel controllo delle vie di comunicazione lungo il basso corso del Tevere e delle saline che si trovavano alla foce del fiume. Il contrasto tra Veio e Roma attraverso tutto il V secolo a.C. per concludersi solo all’inizio del secolo seguente e sfociò in particolare in tre guerre. 1° guerra: i Veienti riuscirono ad occupare un avamposto sulla riva latina del Tevere, Fidene. 483-474 l’esercito romana composto da 300 soldati della gens Fabia venne annientato sul fiume Cremera, un affluente del Tevere. L’epopea di Cremera deve molto al modello dell’eroica resistenza dei 300 spartani alle Termopili, mostra l’ultimo e più caro esempio di una guerra aristocratica, che allora stava per essere soppiantata dall’ esercito di opliti schierati a falange. 2° guerra: Fidene venne riconquista ed infine distrutta dai romani. 437-426 3° guerra: Veio venne assediata 10 anni dai Romani. 405-396 In Livio il racconto delle operazioni è esemplato dal momento più alto dell’epica antica, la presa di Troia. Alla fine del lungo assedio la città venne presa e distrutta. Veio scontò il particolarismo delle città etrusche che ufficialmente non le prestarono alcun soccorso La presa di Veio segnò una svolta importate per Roma: il lungo assedio aveva tenuto i soldati lontani dai campi per anni, per questo si rese necessaria l’introduzione di una paga, detta stipendium. Venne introdotta inoltre una tassa straordinaria chiamata tributum. Ogni centuria doveva versare la medesima somma perciò il provvedimento gravava in misura maggiore sulle classi di censo più facoltose, che costituivano la maggioranza delle centurie. La conquista di Veio fruttò soprattutto l’acquisizione di un ampio e fertile territorio. L’invasione gallica Nei decenni precedenti diverse tribù galliche si erano insediate nell’Italia settentrionale. L’ultima tribù ad entrare in Italia fu quella dei Senoni, e proprio loro invasero l’Italia centrale e nel 390 a.C. attaccarono Roma in cerca di nuove sedi o più probabilmente per una semplice operazione di razzia. Il loro primo obbiettivo fu la città etrusca di Chiusi, da qui essi si diressero a Roma. L’esercito romano frettolosamente arruolato si dissolse dopo il primo contatto avvenuto sull’Allia, un piccolo affluente del Tevere, e si rifugiò tra le rovine di Veio. Roma, priva di difese, venne presa e saccheggiata. I Galli paghi del bottino raccolto e forse di un riscatto pagato loro dai romani, scomparvero assai rapidamente. PAGE 39 La ripresa Roma si riprese assai rapidamente e un nuovo impulso animò la sua politica estera a partire dal 390 a.C. La conquista e la distribuzione del territorio di Veio, organizzato in quattro nuove tribù nel 387 a.C., si rivelò più decisiva dell’umiliazione subita dai Galli. Negli stessi anni inizio la costruzione delle mura serviane. La cinta muraria si rivelò decisiva negli anni seguenti per scoraggiare ogni tentativo di assedio da parte di invasori come Pirro e Annibale, questa abbracciava un estensione vastissima che dimostra come Roma fosse la città più grande dell’Italia centrale. Nel 381 la città latina di Tuscolo venne annessa al territorio senza perdere la sua autonomia interna e le sue strutture di governo, ma i suoi abitanti acquisirono tutti i diritti e i doveri della cittadinanza romana. Tuscolo divenne in pratica il primo municipium. Nel 358 i Volsci cedettero la pianura Pontina e gli Ernici i loro territori nella valle del fiume Sacco, in entrambi i territori vennero insediati cittadini romani iscritti in due nuove tribù. Il primo confronto con i Sanniti Nel 354 a.C. venne stipulato un trattato con i Sanniti nel quale il confine tra le zone di egemonia delle due potenze venne fissato al fiume Liri. I Sanniti occupavano un’area assai pi vasta di quella controllata in quegli anni da Roma. Dal punto di vista politica il Sannio, privo di strutture urbane, era organizzato in pagi (cantoni), entro i quali si trovavano uno o più villaggi (vici) e che erano governati da un magistrato elettivo chiamato meddiss nella lingua sannita. Più pagi formavano una tribù, chiamata touto, alla testa della quale si trovava un meddis toutiks. La Lega sannitica possedeva un’ assemblea federale e poteva nominare, in caso di guerra , un comandante supremo. Nonostante le affinità etniche si vennero a creare delle ostilità tre i Sanniti e i Campani. Nel 343 a.C. quando i Sanniti attaccarono la Campania settentrionale la Lega campana, incapace di fronteggiare l’offensiva, chiese l’aiuto di Roma. Roma giudicò impedibile l’occasione di impossessarsi della Campania, la regione più fertile d’Italia anche a costo di calpestare i patti. La prima guerra sannitica (343-341) si risolse rapidamente con un parziale successo dei Romani, che però non furono in grado di proseguire energicamente l’offesa a causa di una rivolta dell’esercito in Campania. Dunque nel 341 i Romani acconsentirono alla richiesta di Pace dei Sanniti, a Roma andava la Campania e ai Sanniti la città di Teano. La grande guerra latina Il conflitto (241-338) noto come grande guerra latina fu durissimo. L’andamento delle operazioni appare incerto, ma alla fine il successo arrise ai romani. Gli esiti della guerra si rivelarono decisivi per l’organizzazione di quella che si avviava a diventare l’Italia romana. La Lega latina venne disciolta. PAGE 39 Nelle successive operazioni insediarono una guarnigione a Turi e con un gesto di sfida inviarono una flotta davanti alle acque di Taranto. I Tarantini attaccarono le navi romane, affondandone alcune, poi marciarono su Turi, cacciandone la guarnigione romana e gli aristocratici che la sostenevano. La guerra divenne quindi inevitabile. Taranto si trovò presto ridotta a chiedere l’aiuto di un condottiero della madre-patria greca, questo fu Pirro, re dei Molossi e comandante della Lega epirotica. Con abile mossa politica, il re diede alla sua spedizione il carattere di una crociata in difesa dei Greci d’Occidente, minacciati dai barbari romani procurandosi l’appoggio di tutte le potenze elleniste, felici di liberarsi di un interlocutore scomodo come Pirro. Pirro richiamò la sua discendenza da Achille per giustificare l’attacco contro la “troiana” Roma, primo affermarsi del mito delle origini troiane di Roma. Nel 280 a.C. Pirro sbarcò in Italia con un esercito di 22.000 fanti 3000 cavalieri e 20 elefanti da guerra, contando anche sulle truppe che poteva fornirgli Taranto e le popolazioni italiche. Roma fu costretta per la prima volta ad arruolare i capite censi, nullatenenti fino ad allora esentati dal servizio militare. Nonostante la superiorità numerica i Romani subirono una sanguinosa sconfitta ad Eraclea, in Lucania, dovuta tanto all’abilità tecnica di Pirro quanto al devastante effetto psicologico che i soldati ebbero sui legionari romani. La battaglia di Eraclea mise gravemente in pericolo le posizioni romane nell’Italia meridionale . Ciò nonostante Pirro non seppe cogliere i frutti del suo successo, il suo tentativo di suscitare una ribellione tra gli alleati di Roma nell’Italia meridionale e di collegarsi con gli Etruschi fallì. L’esercito epirota era comunque insufficiente ad assediare Roma protetta dalle sue mura. Pirro dopo aver rafforzato il suo esercito reclutando mercenari mosse verso l’Apulia settentrionale. Lo scontro con l’esercito romano avvenne sulle rive del fiume Ofanto, nel 279 a.C., ancora una volta la vittoria fu di Pirro, ma anche questa volta le perdite furono gravissime. Pirro accolse le domande di aiuto che gli venivano da Siracusa. La città, a caua dei dissensi interni,non era più in grado di sostenere la lotta con i Cartaginesi, per il controllo della Sicilia. Pirro ritenne che il controllo di quella grande e ricchissima isola avrebbe grandemente accresciuto la sua potenza, consentendogli di imprimere una svolta decisiva anche alla guerra contro Roma. Si recò quindi in Sicilia con parte del suo esercito, lasciando però una forte guarnigione a Taranto. La posizione di Pirro era comunque assai precaria, dal momento che nello stesso anno, 279, Roma e Cartagine avevano stretto un’alleanza difensiva. In Sicilia Pirro passò di vittoria in vittoria, tuttavia Lilibeo, ultima fortezza cartginese, poteva essere costantemente rifornita via mare. PAGE 39 Pirro immagino di poter sbloccare la situazione invadendo l’Africa ma il progetto fallì perché le continue richieste di uomini e di denaro gli avevano alienato anche in Sicilia le simpatie degli alleati, alcuni dei quali passarono dalla parte dei cartaginesi. Anche in Italia la situazione stava precipitando: approfittando dell’assenza dell’epirota, i Romani avevano conquistato posizioni su posizioni. Rispondendo all’appello di Sanniti, Lucani e Bruzi, Pirro decise di tornare in Italia, subendo gravi perdite nella traversata ad opera di una flotta cartaginese. Lo scontro decisivo con i Romani avvenne nel 275 a.C. nel luogo dove più tardi sarebbe sorta la colonia latina di Benevento, questa volta in inferiorità numerica le truppe di Pirro furono messe in fuga. Pirro capì la guerra era perduta, lasciò una guarnigione a Taranto, ma decise di tornare in Epiro con il grosso dell’esercito. Taranto, disperando di poter resistere, si arrese, entrando tra i socii di Roma. 14) La conquista del Mediterraneo La prima guerra punica Nel 264 a.C. Roma controllava ormai tutta l’Italia peninsulare, fino allo stretto di Messina. In quest’area di fondamentale importanza economica e strategica gli interessi di Roma entrarono in collisione con quelli di Cartagine. I Mamertini, mercenari italici, dopo essere stati congedati dal re di Siracusa, si impadronirono di Messina, dedicandosi al saccheggio delle vicine città. I Siracusani, guidati dal generale Ierone, inflissero ai Mamertini una dura sconfitta e marciarono su Messina, tuttavia i Cartaginesi, preoccupati dalla possibilità che i Siracusani si impadronissero dello stretto, offrirono aiuto ai Mamertini. I Mamertini si stancarono presto della tutela cartaginese e chiesero aiuto a Roma. Far cedere nel vuoto l’appello dei Mamertini significava • lasciare ai Cartaginesi il controllo della zona strategica dello Stretto • perdere l’occasione per mettere piede nella ricchissima Sicilia Secondo Polibio proprio questa motivazione economica avrebbe indotto l’assemblea popolare, cui il senato aveva demandato la questione, a votare l’invio di un esercito in soccorso dei Mamertini. Questa decisione aprì la lunghissima prima guerra punica (264-241 a.C.) Siracusa decise di schierarsi dalla parte di Roma, ciò si rivelò indispensabile per superare le difficoltà di rifornimento per le truppe impegnate in Sicilia. Nel 262 a.C. cadde in mani romane la grande base cartaginese di Agrigento. Grazie alla superiorità navale, Cartagine conservava il controllo su molte località costiere della Sicilia. PAGE 39 A Roma si decise dunque la creazione di una grande flotta di quinqueremi, contando anche sull’aiuto dei socii navales , in particolare le città greche dell’Italia meridionale , che fornirono buona pare dei comandanti e dei marinai. Nel 260 a.C. Roma ottenne una clamorosa vittoria nelle acque di Milazzo. L’invasione per dare i colpo finale a Cartagine iniziò nel 256 a.C. Le prime operazioni furono favorevoli al consolo Marco Attilio Regolo, che tuttavia non seppe sfruttare i successi. Imponendo trattative durissime, fece fallire le trattative di pace e rafforzò la determinazione dei Cartaginesi. Non riuscì ad approfittare del malcontento che serpeggiava tra Cartagine e i suoi alleati. Nel 255 a.C. Regolo venne duramente battuto dall’esercito cartaginese comandato dal comandabte spartano Santippe. Inoltre la flotta romana incappo in una tempesta e perse buona parte delle sue navi. Nel 249 a.C., a seguito di un’altra sconfitta navale subita a Trapani e ad un altro naufragio, Roma era priva di forze navali e dei mezzi finanziari per costruire una nuova flotta. I Cartaginesi anch’essi esausti non seppero sfruttare la loro superiorità sul mare. Solo dopo qualche anno Roma fu in grado, grazie ad un prestito di guerra dei cittadini più facoltosi di allestire una nuova flotta di 200 quinquiremi. Nel 241 a.C. i Romani sconfissero la flotta cartaginese alle isole Egadi, liberando così le ultime basi cartaginesi nella Sicilia occidentale. Cartagine, non potendo più resistere, domandò così la pace. Le clausole prevedevano lo sgombero dell’intera Sicilia e delle isole tra la Sicilia e l’Italia e il pagamento di un indennizzo di guerra. La prima provincia romana Il sistema con cui Roma integrò questi nuovi possedimenti segnò una svolta nella sua storia istituzionale. Alle comunità un tempo soggette a Cartagine venne imposto il pagamento di un tributo annuale, consistente in una parte del raccolto dei cereali, di cui la Sicilia era grande produttrice. L’amministrazione della giustizia, il mantenimento dell’ordine interno e la difesa dalle aggressioni esterne nei nuovi possedimenti siciliani vennero affidati ad un magistrato inviato annualmente nell’isola. A partire dal 227 a.C. vennero eletti due nuovi pretori. Uno dei due venne inviato in Sicilia, l’altro in Sardegna da poco caduta in potere di Roma. Da questo momento il termine provincia, che originariamente indicava solo la sfera di azione di un magistrato, venne progressivamente ad assumere il significato di territorio soggetto all’autorità di un magistrato romano. Tra le due guerre Il periodo tra il 241 2 il 218 vide un consolidamento delle posizioni delle due avversarie in vista dello scontro decisivo. PAGE 39 L’ex console Quinto Fabio Massimo venne nominato dittatore per fronteggiare la crisi. Secondo la strategia di Fabio Massimo era necessario evitare la battaglie campali e limitarsi a controllare le mosse di Annibale e di impedire che gli giungessero aiuti dalla Spagna o da Cartagine, prima o poi la scarsità di mezzi e uomini lo avrebbe costretto ad arrendersi e a lasciare l’Italia. Per questo Fabio Massimo venne chiamato Cunctator, il temporeggiatore. La strategia di F.M. a breve termini significava che Roma avrebbe dovuto assistere impotente alla devastazione dell’Italia da parte dell’esercito cartaginese che attraversò incontrastato le regioni del Piceno, del Sannio e dell’Apulia. Scaduti sei mesi della dittature di Fabio Massimo si decise di tornare di nuovo all’offensiva. • Nel 216 a.C. Annibale riuscì ad annientare gli eserciti dei consoli Varrone e Paolo nella piana di Canne • La battaglia e considerata tuttora un capolavoro di arte militare, il più riuscito esempio di manovra di accerchiamento compiuta da un esercito numericamente inferiore agli avversari. La guerra pareva ormai perduta per Roma, molte comunità dell’Italia meridionale defezionarono. Nel 215 a.C. i Romani vennero a sapere di un patto di alleanza tra Annibale e Filippo V di Macedonia, il quale aveva ambizioni nell’Adriatico meridionale. Gli alleati dell’Italia centrale rimasero fedeli a Roma e il ritorno alla strategia attendista consentì a Roma di riguadagnare gradualmente le posizioni perdute. Nel frattempo anche negli altri teatri di guerra le cose volgevano al meglio per Roma: • Nel 212 a.C. in Sicilia le forze romane riuscirono,dopo un lungo assedio, a conquistare e saccheggiare Siracusa. • Nell’Adriatico una flotta di 50 quinquiremi fu sufficiente ad impedire ciò che i Romani temevano maggiormente: un congiungimento tra le forze di Annibale e quello di Filippo V di Macedonia In questa prima guerra macedonica le operazioni coinvolsero in misura limitata l’esercito romano. Roma riuscì a paralizzare l’azione del re macedone creando una coalizione di Stati greci a lui ostili. Nel 205 a.C. venne firmato un trattato che lasciava immutato il quadro territoriale. La svolta decisiva della guerra si ebbe però in Spagna. I due fratelli Scipioni riuscirono ad impedire che Annibale ricevesse aiuti dalla Spagna. Nel 211 a.C. tuttavia i due fratelli vennero sconfitti e uccisi. Venne nominato comandante delle truppe in Spagna il figlio omonimo di Publio Cornelio Scipione che sarà noto con il cognomen di Africano. Egli nel 209 a.C. riuscì a conquistare la principale base cartaginese nella penisola iberica, Nova Carthago, e nel 208 a.C. sconfisse Asdrubale, fratello di Annibale nella località di Baecula . Asdrubale riuscì tuttavia a valicare le Alpi e ad entrare in Italia ma il suo esercito venne distrutto nel 207 a.C. sul fiume Metauro, nelle Marche settentrionali , Asdrubale stesso cadde in battaglia. Disperando di poter ricevere aiuto dalla madre patria Annibale fu costretto a ritirarsi nel Brutio. PAGE 39 Nel 205 a.C. Scipione l’Africano, eletto console, iniziò i preparativi per l’invasione dell’Africa. Di importanza fondamentale si rivelò l’alleanza con Massinissa, re della tribù numida dei Massili, in rivolta con Cartagine. La battaglia decisiva si svolse nel 202 a.C. a Zama. Nonostante Annibale diede prova ancora del suo genio la cavalleria numida diede la vittoria ai Romani. Il trattato di pace del 201 a.C. prevedeva: • La consegna di tutta la flotta cartaginese tranne 10 navi • Pagamento di una fortissima indennità • La rinuncia di tutti i possedimenti al di fuori dell’Africa • Riconoscere i confini del potente regno di Numidia • Non era concesso dichiarare guerra senza il permesso di Roma La seconda guerra macedonia La decisone di mettere in piedi una coalizione di Stati greci aveva creato una rete di relazioni che finì per coinvolgere Roma nel complicato scacchiere politico dell’Oriente ellenistico. Causa immediata della guerra fu l’attivismo di Filippo V nell’area dell’Egeo e sulle coste dell’Asia Minore. Egli si scontrò con le maggiori potenze dell’area: il regno di Pergamo e la repubblica di Rodi. Le tensioni sfociarono nel 201 a.C. in una guerra aperta. I coalizzati compresero che da soli non avrebbero potuto respingere l’offensiva macedone così chiesero aiuto a Roma. A Roma, dopo un acceso dibattito, le voci contrarie ad una nuova guerra furono soverchiate da un complesso di fattori cui si mescolavano la paura di una nuova invasione, il desiderio di una parte della classe dirigente romana di trovare in Macedonia terreno di glori e soprattutto la volontà di vendetta verso Filippo V. Alla fine del 200 a.C. l’esercito romano sbarcò nella città amica di Apollonia. I primi due anni di guerra trascorsero senza che vi fossero azioni decisive. Una svolta venne impressa dal nuovo comandante il giovane console Tito Quinto Flaminino. Egli chiese la liberazione della Tessaglia, che era sotto il dominio macedone dai tempi di Filippo II. La richiesta venne respinta ma desto grande impressione, uno ad uno gli Stati della Greci si schierarono dalla parte dei “liberatori”. Alla fine del 198 a.C. Filippo decise di intavolare serie trattative di pace, interrotte da Flaminino e dai suoi alleati. A Cinocefale, in Tessaglia, l’esercito di Filippo V venne annientato. Il re macedone fu costretto ad accettare le condizioni della pace che prevedevano il ritiro delle guarnigioni macedoni dalla Grecia, il pagamento di un indennità e la consegna della flotta tranne cinque navi. Filippo poté tuttavia conservare il suo regno di Macedonia. PAGE 39 Flaminino proclamò l’autonomia e la libertà degli Stati greci, Rma dunque non intendeva assumersi alcuna responsabilità diretta di governo in Grecia. L’esercito romano evacuo la Grecia nel 194 a.C., ma sarebbe tornato entro poco. La guerra siriana Nei medesimi anni in cui Flaminino combatteva in Grecia erano iniziate le trattative con Antioco III, re di Siria. Il quale approfittando della debolezza dell’Egitto e della Macedonia stava estendendo la sua egemonia sulle città greche della costa occidentale dell’Asia Minore. Le proteste di Roma che chiedeva la cessazione degli attacchi contro le città autonome dell’Asia Minore furono respinte da Antico III. Intanto gli Etoli, scontenti di quanto avevano ottenuto in cambio del loro appoggio contro Filippo V, andavano sostenendo che la Grecia aveva cambiato padrone, dalla Macedonia a Roma. La guerra fredda tra Roma e Siria si trascinò fino al 192 a.C., quando la Lega etolica invitò espressamente Antioco III a liberare la Grecia dai suoi falsi liberatori. In grave inferiorità numerica il re di Siria venne battuto dai Romani nel 191 alle Termopili e dovette fuggire in Asia Minore. Nel 190 a.C. il console Lucio Cornelio Scipione, accompagnato dal fratello Publio Cornelio Scipione l’Africano, invase l’Asia Minore via terra, forte del sostegno di Filippo V. La battaglia decisiva si ebbe nei pressi di Magnesia sul Sibilo, l’esercito di Antioco venne disfatto. Nel 188 a.C. venne siglata la pace di Apamea. • Antioco dovette pagare una grande indennità • Affondare tutte le sue navi tranne 10 • Consegnare alcuni nemici, tra cui Annibale I vasti territori strappati ad Antioco non vennero inglobai nello Stato romano ma spartiti tra i due più fedeli alleati di Roma: Pergamo e la repubblica di Rodi. La terza guerra macedonia Sempre più spesso giungevano in senato ambascerie a sostenere le rispettive ragioni delle controversie che opponevano continuamente le une alle altre città greche. Roma adottò nella soluzione di questi contrasti una line ache privilegiava i gruppi aristocratici piuttosto che quelli democratici, legati agli ideali di libertà e autonomia, alienandosi così le simpatia della masse popolari. Nel 179 a.C. morì Filippo V di Macedonia, gli succedette il figlio Perseo. L’elemento democratico e nazionalista all’interno di molte città greche, sempre più insofferente nei confronti delle ingerenze romane, cominciò a volgersi con crescente favore a Perseo. I sospetti contro Perseo vennero alimentati da Eumene di Pergamo, che nel 172 a.C. si presentò a Roma con una lunghissima lista di accuse contro Perseo. Le prime operazioni di guerra si ebbero nel 171 a.C. PAGE 39 Crisi della piccola proprietà fondiaria e inurbamento lo sviluppo degli scambi commerciali modifica progressivamente la fisionomia dell’agricoltura italica. Elementi di concorrenza per la tradizionale agricoltura d’auto-sussistenza: • Massiccio ricorso alla manodopera servile • Importazioni di grandi quantità di grano e di manodopera servile • Spinta verso colture più speculative Concentrazione fondiaria determinata dall’impoverimento dei piccoli contadine, anche a causa degli effetti della seconda guerra punica, accelera la tendenza verso un’agricoltura destinata alla commercializzazione (olio, vino, bestiame). Il modello di proprietà tende a diventare quello della villa rustica cioè Della grande azienda agricola, basata sullo sfruttamento intensivo di Personale schiavile e diretta da schiavi-menager (vilici). Impossibilitati a sostenere la concorrenza un numero sempre crescente si piccoli proprietari è costretto a vendere. Molti affluivano a Roma in cerca di un’occupazione, ciò contribuì a creare una massa urbana sempre più consistente. Roma crebbe di dimensioni (1.000.000 di abitanti alla fine dell’epoca repubblicana) e il problema dell’approvvigionamento si rivelò presto in tutta la sua gravità. Rivolte servili Il moltiplicarsi delle grandi tenute a personale servile e l’uso di affidare i pascoli a schiavi pastori armati crearono i presupposti per il ripetuto esplodere di rivolte servili. Il teatro dei moti servili più gravi è stata la Sicilia, dove più diffusi ed estesi erano i latifondi e i pascoli, in cui masse servili si sollevarono nel 140-132 e nel 104-100 a.C. Optimates e populares Si delinearono due azioni, entrambe scaturite dalla nobilitas: Gli optimates si richiamavano alla tradizione degli avi, ispirata da buoni principi e sollecita del bene Del bene dello Stato, sostenitrice dell’autorità e delle prerogative del senato. I populares si consideravano difensori dei diritti del popolo e propugnavano la necessità di ampie Riforme in campo politico e sociale. La questione dell’ager publicus e il tentativo di riforma agraria di Caio Leio Le guerre di conquista avevano fatto crescere a dismisura l’ager publicus, terreno demaniale di proprietà collettiva dello Stato romano. PAGE 39 Parti di esso erano abitualmente concesse in uso a privati a titolo di occupatio : la proprietà restava sempre dello Stato, che si riservava la facoltà di revocare il possesso a sua discrezione, l’utilizzo era garantito ai detentori dietro pagamento di un canone. La crisi della piccola proprietà fondiaria tendeva a favorire la concentrazione della maggior parte dell’agro pubblico nelle mani dei proprietari terrieri più ricchi e potenti, accentuando i fenomeni descritti in precedenza. Di qui la necessità di una serie di norme che mirassero a restringere l’estensione di agro pubblico che poteva essere legittimamente occupata da ciascuno. L’ultima di tali leggi fu proposta, circa nel 140 a.C., da Caio Leio. Il suo progetto attirò le ire concordi dei senatori così egli vi rinunziò. Tiberio Gracco Egli volle riprendere nell’anno del suo tribunato della plebe (133 a.C.) il tentativo di operare una riforma agraria tramite norme che limitassero la quantità di agro pubblico posseduta. I progetto che egli propose fissava all’occupazione di agro pubblico un limite di 500 iugeri, con l’aggiunta di 250 iugeri per ogni figlio fino a forse un massimo di 1000 iugeri per famiglia. Un collegio di triumviri avrebbe avuto il compito di ripartire i lotti e recuperare i terreni in eccesso. Questi sarebbero stati distribuiti ai cittadini più poveri in piccoli lotti, forse di 30 iugeri per persona e inalienabili. Scopo principale della legge pare essere stata l’esigenza di ricostruire un ceto di piccoli proprietari, che tendenzialmente si andava dissolvendo, anche per garantire una base stabile al reclutamento nell’esercito. I grandi proprietari terrieri si sentirono espropriati di risorse che ormai, seppur ingiustamente, consideravano proprie. L’ oligarchia dominante ritenne dunque di opporsi. La legge agraria venne infine approvata, ma l’opposizione conservatrice non si placò. Tiberio, nel timore si perdere l’inviolabilità personale (sacrosanctitas) e che venisse ad interrompersi l’opera di ridistribuzione delle terre già iniziata, pensò di presentare la sua candidatura al tribunato anche per l’anno successivo. Fu allora facile per gli avversari insinuare che egli ambisse al potere personale. Nel corso dei comizi elettorali un gruppo di senatori e di avversari, lo assalì e lo uccise insieme a molti suoi sostenitori. Da Tiberio a Caio Gracco La morte di Tiberio Gracco non pose fine all’attività della commissione triumvirale, continuamente rinnovata. Si manifestò presto però il malcontento degli alleati latini e italici, che si trovarono a cedere i loro terreni a favore dei nullatenenti romani. PAGE 39 Fulvio Flacco, membro del triumvirato agrario divenuto console nel 125 a.C., propose che tutti gli alleati che ne avessero fatto richiesta potessero ottenere la cittadinanza romana o almeno il diritto di appellarsi al popolo (provocatio) contro eventuali abusi di magistrati romani. L’opposizione alla proposta fu vastissima tanto che non poté essere discussa e Flacco preferì non insistervi.. Caio Gracco Nel 123 a.C. fu eletto tribuno della plebe Caio Gracco, fratello minore di Tiberio. Egli nel corso di due mandati consecutivi riprese ed ampliò l’opera riformatrice del fratello. • La legge agraria fu ritoccata e perfezionata e aumentati i poteri della commissione triumvirale. • Poiché gran parte delle terre erano già state distribuite egli propose l’istituzione di nuove colonie, sia in Italia che nel territorio della distrutta Cartagine. • Una legge frumentaria, mirante ad evitare fenomeni speculativi e a calmierare il mercato, assicurò ad ogni cittadino residente a Roma una quota mensile di grano a prezzo agevolato. • Con una legge giudiziaria Caio volle riservare ai cavalieri il controllo dei tribunali permanenti9, in questo modo i senatori governatori non sarebbero più stati giudicati da giudici-senatori, ma da rappresentanti di quelli stessi cavalieri che gestivano le operazioni commerciali nelle province. Al problema degli alleati Caio rispose con una legge più moderata di quella di Flacco. Propose di concedere ai Latini la cittadinanza romana e la cittadinanza di diritto latino agli Italici, ma anche questo provvedimento suscitò ampie ostilità e non poté essere approvato. Caio partì per l’Africa come membro della commissione per la deduzione della colonia presso Cartagine, al suo ritorno a Roma,nel luglio del 122 a.C., si rese conto che la situazione politica era mutata e la sua popolarità in grave declino. Candidatosi per il tribunato nel 121 non venne rieletto. Si propose che dovesse essere revocato il permesso per la deduzione della colonia nei pressi di Cartagine, ciò provocò lo scoppio di gravi disordini. Il senato dispose così il senatus consultum ultimum, forte di tale provvedimento il console Lucio Opimio ordinò il massacro dei sostenitori di Gracco che avessero opposto resistenza, Flacco morì negli scontri e Caio si fece uccidere da un suo schiavo. Poiché le riforme dei Gracchi rispondevano a problemi reali, gli ottimati non osarono abolirle, ma ne ridussero gli effetti, soprattutto quelli della legge agraria. I lotti distribuiti furono dichiarati alienabili, sicché riprese la loro migrazione nelle mani dei più ricchi e venne posto fine alle operazioni di recupero rassegnazione delle terre, fu infine abolita la commissione agraria. Espansionismo e nuovi mercati PAGE 39 9 A questi erano affidati i processi di concussione e la persecuzione delle estorsioni e delle malversazioni dei magistrati ai danni dei provinciali. Gli accordi di Lucca e la prosecuzione della conquista della Gallia da rivedere Crasso e i Parti Siria 54 a.C. Crasso aveva cercato di inserirsi nella contesa dinastica allora in atto nel regno dei Parti per potersi distinguere in una campagna militare capace di dare anche a lui quella fama di cui godevano Cesare e Pompeo 53 a.C. Invece di invadere il paese da Nord si mise in marcia tra le steppe della Mesopotamia Cosa da tutti era stata sconsigliata. Venuti in contatto con i Parti in una vasta pianura della Mesopotamia nord-occidentale, nei pressi della città di Carre, i Romani furono travolti dalla cavalleria corazzata partica e massacrati dalle frecce scagliate dagli arcieri a cavallo. Fu una delle sconfitte più gravi mai patite da Roma, le aquile di 7 legioni furono prese E la stessa provincia di Siria si trovò minacciata. Mentre si ritirava, Crasso fu preso e ucciso. Pompeo console unico; guerra civile tra Cesare e Pompeo Nel 54 a.C. moriva di parto Giulia, moglie di Pompeo e figlia di Cesare, a cui Pompeo era legato da tenerissimo affetto. A partire da questo momento, per ragioni difficili da cogliere, Pompeo inizio ad accostarsi sempre di più alla fazione ottimate, più accesamente anticesariana. Intanto la violenza e il caos politico dilagavano a Roma. Nel 53 a.C., tra veti e controveti, non si era riusciti ad eleggere in tempo i consoli e fu proposto senza successo di nominare Pompeo dittatore. All’inizio del 52 a.C. l’anarchia giunse al colmo: si affrontarono sulla via Appia le bande di Clodio, che aspirava alla pretura, e di Milone, candidato al consolato. Pompeo venne nominato console senza collega. Egli fece votare immediatamente leggi repressive in materia di violenza (de vi) e di broglio elettorale (de ambitu), che consentirono la condanna di Milone e il ristabilimento di un precario equilibrio. I nemici di Cesare avevano rialzato la testa e non lasciarono intentato alcun mezzo per rimuoverlo in anticipo dalla sua carica e farlo tornare a Roma da privato cittadino. Nello stesso 52 a.C. Pompeo aveva proposto un provvedimento che prescriveva che dovessero trascorrere un intervallo di cinque anni tra una magistratura e l’altra. PAGE 39 La norma mirava a scoraggiare la corruzione e gli arrivisti, ma in pratica costituiva una minaccia anche per Cesare, tanto più che Pompeo si era fatto dispensare da questa regola e prorogare per altri 5 anni il proconsolato di Spagna con diritto di restare a Roma. Nel 50 a.C. per cercare di mettere fine a un moltiplicarsi di colpi di mano e di contese interpretative, un tribuno della plebe, Caio Scribonio Curione, propose che per uscire dalla crisi si dovessero abolire contemporaneamente tutti i comandi straordinari, sia quello di Cesare, sia quello di Pompeo. Il primo dicembre del 50 a.C. il senato si pronunciò a larghissima maggioranza nel senso che ambedue i proconsoli dovessero deporre le loro cariche. All’inizio del 49 a.C. Cesare, dai suoi quartieri invernali vicino Ravenna, inoltrò al Senato una lettera nella quale si dichiarava disposto a deporre il comando se anche Pompeo l’avesse fatto, ma i suoi avversari ottennero invece che si ingiungesse a Cesare di porre fine unilateralmente alle sue cariche. Il senato votò il senatus consultum ultimum affidando ai consoli e a Pompeo il compito di difendere lo Stato. Vennero inoltre nominati i successori di Cesare al governo delle province assegnategli. Appresa questa decisione, Cesare varcò in armi il torrente Rubicone, che segnava il confine tra la Gallia Cisalpina e il territorio civico di Roma, dandò così inizio alla guerra civile. Cesare percorse rapidamente l’Italia travolgendo le scarse resistenze, ma non riuscì a bloccare Pompeo che si imbarcò per la Grecia con lo scopo di bloccare con la sua flotta i rifornimenti di viveri per l’Italia. Cesare affrontò la minaccia occidentale delle truppe spagnole di Pompeo rivolgendogli le sue truppe della Gallia. Cesare assalì e sconfisse i pompeiani presso Llerda, a nord dell’Ebro. Lo scontro decisivo ebbe luogo in Tessaglia, a Farsalo (agosto 48 a.C.), e si tradusse nella disfatta pompeiana. Pompeo , fuggi in Egitto, dove era in corso la contesa dinastica tra Tolomeo XIII e la sorella Cleopatra VII. I consiglieri del re, giudicando compromettente accogliere Pompeo, lo fecero assassinare. Cesare dittatore perpetuo Nel 48 a.C., mentre si trovava in Egitto, fu nominato dittatore per un anno Nel 46 a.C., poco prima di partire per la campagna d’Africa, fu eletto al suo terzo consolato A metà del 46 a.C. fu nominato dittatore per 10 anni, rei pubblicae constituendae Nel 45 a.C. quarto consolato Nel 44 a.C. quinto consolato – a partire da fine febbraio – dittatore a vita Ampia concentrazione di magistrature supreme – serie impressionate di poteri e di cariche Dopo Tapso venne fatto per tre anni praefectus moribus – vigilare sui costumi, controllare le liste dei senatori, cavalieri, cittadini – competenze analoghe a quelle dei censori PAGE 39 L’eccessiva concentrazione di poteri, il moltiplicarsi di onori senza precedenti, il fatto che ogni carriera potesse svolgersi solo con l’appoggio di Cesare, taluni atteggiamenti che parvero indicare una inclinazione verso la regalità, finirono per creare allarme anche tra i sostenitori di Cesare. Alle idi di marzo (15 marzo) del 44 a.C. egli fu assassinato nella curia di Pompeo PAGE 39