Scarica STORIA ROMANA- GERACI MARCONE e più Appunti in PDF di Storia Romana solo su Docsity! L’ITALIA PREROMANA L’ITALIA DELL’ETÀ DEL BRONZO E DELL’ETÀ DEL FERRO Nella penisola italiana si assiste tra il III e I secolo a.C. a uno sviluppo di notevoli proporzioni. Dalla presenza di piccoli gruppi umani divisi in tribù, si passa a un’organizzazione protostatale. Così si colmò il distacco che si era creato con l’Oriente, il quale era progredito più velocemente. Questo provocò anche un importante incremento demografico e una nuova forma di abitazione, ovvero insediamenti di capanne che poggiavano sopra un’impalcatura di legno che serviva a proteggersi dagli attacchi di animali; intorno al villaggio c’erano un argine e un fossato. Sono stati ritrovati oggetti provenienti dall’area micenea che sono stati fatti risalire l’Età del bronzo, ci fa intuire che Grecia e Oriente erano più avanzati rispetto alle regioni italiche. Con l’inizio dell’Età del ferro l’Italia presenta un quadro differente, con uno sviluppo, soprattutto per quanto riguarda le modalità di sepoltura: cremazione e inumazione. ITALIA MERIDIONALE e CENTRALE Le fonti letterarie e storiografiche ci danno un quadro di come potesse essere l’Italia prima dell’avvento di Roma. Lo storico Dionigi di Alicarnasso che scrive durante l’età di Augusto ci dà un sintetico quadro sulle popolazioni dell’epoca. Sappiamo che gli Arcadi si stanziarono in Italia sotto il re Enotro, in una regione chiamata Enotria dove si dedicò con il suo popolo all’allevamento del bestiame e alla coltivazione delle terre. Questa testimonianza non si sa se può essere considerata vera ma una delle testimonianze veritiere che ci lascia è il fatto che in questo periodo iniziano i commerci marittimi nel Mediterraneo da parte degli orientali. I rapporti tra le popolazioni indigene dell’Italia meridionale e i Micenei non erano esclusivamente commerciali, in quanto sappiamo che gli artigiani egei si stabilirono nei villaggi dell’Italia meridionale diffondendo l’uso della ceramica che era più elevata rispetto a quella locale. Ci fu una disastrosa crisi di quattro secoli in cui il mondo miceneo si indebolì e gli scambi nel mediterraneo erano diminuiti, ci fu una ripresa delle importazioni delle ceramiche nel VIII secolo a.C. e questa svolta dell’interesse dei greci nell’Italia meridionale si tramuterà in una vera e propria colonizzazione Magna Grecia. Nell’Italia centrale assistiamo a un grande fenomeno espansionistico nell’Appenino centro- meridionale. Per quanto riguarda il versante tirrenico abbiamo i Sabini che si intromettono nella Roma dei Latini e altri gruppi etnici come quelli degli Equi, Ernici e Volsci. DAL CONFLITTO CON VEIO AGLI SCONTRI CON I SANNITI CONFLITTO CON VEIO Veio era una città situata a 15 km a nord di Roma e il contrasto tra le due città durò per tutto il V secolo a.C. sfociando in 3 guerre a causa della rivalità sul controllo del Tevere e delle saline. La prima guerra va dal 483-474 a.C. e finisce in favore di Veio che acquistano Fidene. La Gens Fabia tentò con i suoi 300 uomini un tentativo di rivalsa ma venne annientato. Nella seconda guerra, 437- 426 a.C., i romani vincendo riacquistarono Fidene distruggendola. Nella terza guerra, 405-396, Veio venne assediata per dieci anni e con Furio Camillo la città venne presto distrutta. La battaglia con Veio aveva tenuto gli eserciti lontani da Roma per molto tempo e per questo fu necessario intromettere due particolari condizioni nella società romana: stipedium e tributum, per far fronte alle accresciute spese militari. Lo stipendium era necessario per favorire un sostentamento ai soldati, mentre il tributum era necessario per risarcire le spese sostenute dallo Stato attraverso il pagamento di una tassa a seconda del censo. CONFLITTI CON I SANNITI Tra Roma e i Sanniti venne stretto un patto nel 354 a.C. che sanciva la presenza di Roma nel Lazio meridionale. I Sanniti si trovavano egli Appennini centro-meridionali. Nel V secolo a.C. i Sanniti avevano occupato le regioni costiere della Campania in cui c’erano le città stato greche ed etrusche, le quali si erano riunite sotto la Lega Campana con sede a Capua. Le tensioni tra Sanniti e Campania sfociarono in guerra nel 343 a.C. quando i Sanniti occuparono la città di Teano, la quale si rivolse a Capua che a sua volta chiese aiuto ai romani tramite un atto formale chiamato deditio. La prima guerra sannitica, 343-341 a.C. si risolse rapidamente con un successo dei romani, i quali acconsentirono a richieste di pace avanzate e rinnovarono l’alleanza nel 354 a.C. riconoscendo a Roma la Campania e ai Sanniti Teano. GUERRA LATINA L’accordo del 341 a.C. portò Roma, sostenuta dai Sanniti a fronteggiare i vecchi alleati: Latini, Campani, a cui si aggiunsero i Volsci. L’insoddisfazione dei popoli portò allo scoppio della guerra latina tra il 341 e il 338 che portò i romani al successo. La lega latina si disciolse e le città vennero inglobate nel territorio romano. La causa concreta della seconda guerra sannitica, 326-304 a.C. è da ricercare nelle divisioni interne di Napoli, dove si fronteggiavano fazioni favorevoli ai Sanniti e altre favorevoli ai romani. I romani riuscirono a distruggere la guarnigione sannita che era a Napoli ma il tentativo di sprofondare nel Sannio fu un disastro che culminò con la sconfitta delle Forche Caudine nel 321 a.C. a causa di un esercito poco organizzato per un territorio impervio come quello degli Appennini. Ci fu quindi una ristrutturazione dell’esercito con la legione che veniva schierate su tre linee ciascuna composta da 10 manipoli in cui vi erano i princeps, gli hastati e i triarii. Con questa nuova divisione i romani riuscirono a fronteggiare due minacce: i Sanniti a Sud e gli Etruschi a nord. Dopo aver domato gli Etruschi, i romani conquistarono Boviano nel 34 a.C. sconfiggendo i Sanniti e stringendo un altro trattato di alleanza. Lo scontro decisivo si riaprì nel 298 a.C. quando i Sanniti attaccarono i Lucani e i romani corsero in aiuto di quest’ultimi. Il comandante dei Sanniti mise in piedi una coalizione con Etruschi, Galli e Umbri e lo sconto decisivo ci fu nel 295 a.C. a Sentino e finì con la vittoria dei romani. Nel 293 a.C. i Sanniti vennero battuti in un’altra battaglia ad Aquilonia e nel 290 a.C. si videro obbligati a chiedere la pace. Nel 283 a.C. Galli e Etruschi vennero sconfitti sul Lago Vadimone. in guerra ma Metello sconfisse le alleanze. La Macedonia venne ridotta a provincia con a capo un governatore. LA TERZA GUERRA PUNICA Cartagine si era ripresa dopo la sconfitta della seconda guerra punica, nonostante i tributi da pagare e i carichi di frumento da mandare a Roma. Un elemento che poteva creare problemi erano le dispute tra Massinissa e Cartagine, il re voleva espandere i suoi territori e Cartagine non poteva dichiarare guerra secondo il trattato di pace del 201 a.C. Nel 151 a.C. dopo che Massinissa aveva inglobato altri territori cartaginesi, Cartagine decise di intervenire militarmente ma l’esercito venne fatto a pezzi. Nel 149 a.C. l’esercito romano sbarcò in Africa e nel 146 a.C. Publio Cornelio Scipione Emiliano saccheggiò e rase al suolo la città creando la nuova provincia d’Africa. I GIULIO CLAUDI Tra il 14 e il 68 d.C. la dinastia della famiglia Giulio Claudia presiede al potere. Ci sono i discendenti degli Iulii ovvero della famiglia di Giulio Cesare e dei Claudii, ovvero la famiglia di Tiberio Claudio Nerone, primo marito di Livia, la quale era stata l’ultima moglie di Augusto e che aveva portato al princeps i due figli avuti da Nerone: Tiberio e Druso. Alla morte di Tiberio si aprì il problema della successione in quanto i due possibili discendenti, Germanico e Druso minore, morirono rispettivamente il 19 d.C. e il 23 d.C. Caligola venne favorito per questo compito anche se non era stato adottato da Tiberio. Alla morte di Caligola subentrò Nerone, figlio di un aristocratico estraneo alla famiglia di Augusto. TIBERIO 14-37 d.C. Sin dalle prime fonti emerge come il contrasto tra Tiberio e Senato fosse evidente. Infatti, si trovò a fronteggiare la libertas del senato. Con lui vediamo la stabilizzazione della frontiera sul Reno e nel 16 d.C. ottiene successi territoriali in Germania. La morte di Germanico può essere considerata un delitto politico. Tiberio lo mandò in Siria dove dovette condividere il comando dell’esercito con un proconsole, Pisone, con il quale entrò in conflitto e durante uno scontro rimase ucciso anche se sono stati trovati segni di avvelenamento. Con la morte di Germanico si aprì un contrasto politico tra Tiberio e Agrippina, la moglie di Germanico. Infatti, si era aperto un problema legato alla successione, in quanto i destinati al trono erano Druso Minore, figlio di Tiberio, e uno dei tre figli di Germanico e Agrippina. Gli ultimi anni di regno di Tiberio furono caratterizzati da periodi di terrore in cui si amplificarono i contrasti con il senato e ci furono molti delitti, suicidi e accuse che ricaddero anche sulle famiglie dirigenti, tanto che morirono molti possibili successori e senatori. Tiberio morì nel 37 d.C. CALIGOLA 37-41 d.C. Venne accolto da subito con grande esuberanza dalla plebe e dai pretoriani anche se poi il favore nei suoi confronti scomparve. Inaugurò una politica di donativi, spettacoli e nuovi piani edilizi che lo portarono ad avere un atteggiamento di diffidenza da parte del Senato. Per quanto riguarda la politica estera, volva far uccidere l’ultimo discendente della famiglia di Antonio, ovvero un nipote di Cleopatra, il re Tolomeo di Mauretania. Questo diede inizio nel 40 a una guerra. Inoltre, si preoccupò di ripristinare in Oriente un sistema di stati cuscinetto, con i cui sovrani aveva relazioni di amicizia. Con gli Ebrei nacque una situazione di conflitto poiché l’imperatore voleva porre una propria statua nel tempio di Gerusalemme e questo riaccese i dissapori tra ebrei e greci. Nel gennaio del 41 d.C. Caligola rimase vittima di una congiura organizzata dai pretoriani che fece terminare anche le piccole rivolte che si erano accese con le richieste della statua nel tempio. CLAUDIO 41-54 d.C. Fece azioni efficienti in politica interna e estera. Per quanto riguarda l’amministrazione interna, venne divisa in quattro grandi uffici, un segretario generale e altri tre per le finanze, le suppliche e i processi che si dovevano tenere di fronte all’imperatore. Istituì nuove soluzioni per l’approvvigionamento granario e idrico, costruendo il porto di Ostia e un nuovo acquedotto, bonificando anche molte zone dell’Abruzzo per avere più terreni coltivabili. La sua politica di integrazione è attestata agli enormi provvedimenti che prese nella fondazione di nuove colonie in Britannia, Germania e Mauretania. Per quanto riguarda la politica estera, affrontò la guerra in Mauretania, la quale venne divisa in due province. Nel 49 espulse gli ebrei da Roma e nel 43 la Britannia venne conquistata e ridotta a provincia. Sposò la nipote Agrippina, la quale non esitò nel 54 ad avvelenarlo per favorire la successione al proprio figlio, Nerone. NERONE 54-68 d.C. Il suo programma di governo venne chiamato “De Clementia” e proponeva una visione di governare lontana da quella di Augusto. Virtus e clementia erano alla base delle sue azioni. Iniziò la sua politica attuando una serie di esenzioni fiscali ai greci, ma questa nomina da buon imperatore si macchiò con una serie di delitti, nel 59 d.C. fece assassinare sua madre e il suo fratellastro. Nel 62 iniziarono i processi di lesa maestà e nel 64 un incendio a Roma fece culminare il suo dispotismo. Di questo incendio furono incolpati i cristiani e i costi per la ricostruzione furono talmente elevati da creare un forte malcontento e una perdita di consenso. Allo stesso anno risale un provvedimento riguardante il peso delle monete che venne ridotto per poterne creare di più e far fronte alla grave crisi finanziaria. Nel 66 ci fu la requisizione del tesoro nel Tempio di Gerusalemme. In politica estera ottenne successi sul fronte orientale riuscendo ad avere la meglio sui Parti e l’Armenia. Nerone partì per la Grecia per una tourneé artistica e durante i giochi di Corinto proclamò libertà alle città greche. Intanto in Giudea era scoppiata una ribellione e Nerone aveva mandato Vespasiano a sedarla che riuscì a riportare sotto controllo la situazione. I pretoriani abbandonarono Nerone e il senato lo proclamò nemico pubblico. Nerone decise di suicidarsi e con la sua morte troviamo anche la fine della dinastia Giulio Claudia. L’ANNO DEI QUATTRO IMPERATORI E DEI FLAVI L’ANNO DEI QUATTRO IMPERATORI 68/69 d.C. Si erano create, con la morte di Nerone, le condizioni per una nuova guerra civile. La crisi del 69 è attraversata dalla proclamazione di 4 imperatori, proclamazione avvenuta tramite l’acclamazione degli eserciti e anche fuori Roma. Galba, Otone, Vitellio e Vespasiano si succedono e quest’ultimo vince sugli altri. Erano esponenti dell’aristocrazia senatoria, pretoriani o uomini d’armi. Si inaugura la DINASTIA FLAVIA 69-96 che comprende Vespasiano stesso e i figli Tito e Domiziano. VESPASIANO 69-79 d.C. Proveniva da una famiglia italica ed è un uomo d’armi. Nel 71 si associa il figlio Tito a cui è attribuito il titolo di Cesare. Questo significava che voleva imporre una rigida successione dinastica. L’autorità del nuovo princeps era scritta nella Lex De Imperio Vespasiani, documento approvato dai comizi. In questo decreto si elencano tutti i poteri del princeps con tutte le prerogative. Vespasiano dovette fronteggiare il grave deficit del bilancio provocato dalla politica di Nerone e dalla guerra civile. Estese la cittadinanza ai provinciali e reclutò legionari nelle province. Ricostruì il Campidoglio e iniziò la costruzione del Colosseo e del Foro della Pace. Per quanto riguarda la politica esterna nel 70 d.C. Tito si impadronì di Gerusalemme e distrusse il Tempio. Nel 73/74 venne annientata Masada. In Britannia ci fu una politica di estensione dei confini settentrionali e orientali. In Germania annetté l’area del Reno e Danubio che servirono a Domiziano per costruire il limes germanico. TITO 79-81 d.C. Il suo regno fu decisamente breve e tormentato anche a causa dei disastri ambientali e atmosferici, come l’eruzione del Vesuvio che distrusse Pompei e Ercolano. Venne chiamato “amore e delizia del genere umano”. DOMIZIANO 81-96 d.C. Ebbe una forma di governo autocratico che cercò di reprimere gli abusi dei governatori precedenti e cercò di promuovere i compiti burocratici del ceto equestre. Nell’83 in Germania ci fu una battaglia e Domiziano costruì accampamenti fortificati nella linea esterna di confine con il Reno. Questo serviva per difendere i confini e la parola limes assunse il significato di frontiera artificiale, in cui le strade limitanee servivano a collegare tra loro gli accampamenti e separare l’Impero dai territori esterni. Nel caso del vallo di Adriano e del vallo di Antonino in Britannia, il limes era costituito da una serie di castra fortificati. Nell’85 si andò profilando il problema della Dacia con il re Decebalo (Romania) in cui il re venne sedato con un foedus. Poi ci fu anche il problema delle ribellioni in Germania in cui Domiziano dovette affrontare Saturnino, governatore della Germania Superiore e tra i due alla fine ci fu un accordo di pace. Uno stile così autocratico da parte di Domiziano costò caro all’imperatore perché si faceva chiamare “signore e dio”. Nel 96 cadde in una congiura e venne condannato alla damnatio memoriae. IL II SECOLO NERVA 96-98 d.C. Il suo breve principato venne favorito dal Senato, il quale voleva restaurare un equilibrio interno. Si preoccupò di abolire le azioni più impopolari di Domiziano, portando la damnatio memoriae. Per quanto riguarda l’ordine sociale interno, si rivolse all’Italia e a Roma con una legge agraria che assegnava lotti di terreno ai nullatenenti e istituì una serie di prestiti concessi dallo Stato stesso per quanto riguarda gli agricoltori e i giovani bisognosi. Nel 97 iniziarono i primi sintomi di crisi dovuti a problemi economici e politico-militari. Nerva si associò un senatore di origine spagnola che era governatore della Germania Superiore, Traiano. Nel 98 gli succedette come imperatore. TRAIANO 98-117 d.C. Nominato imperatore nel 98, si recò a Roma nell’anno successivo in quanto stava svolgendo un’opera di consolidamento sul confine renano. In lui erano presente due prerogative: esperienza militare e senso di appartenenza al senato. Questo lo resero optimus princeps. Traiano operò un’espansione territoriale con le campagne daciche arrivando poi ai territori dei Parti e in Arabia dove attuò un controllo dei territori. Infatti, Decebalo costituiva ancora una minaccia. La Dacia venne trasformata in provincia e Traiano ne trasse molte ricchezze grazie alle miniere d’oro. Traiano mostrò interesse anche per l’Oriente e fece costituire la provincia d’Arabia con la quale si inaugurava una grande via commerciale. Poi fece una campagna contro i Parti occupando la poiché provenienti da quella regione. Tra questi troviamo Aureliano che riorganizzò lo stato da un punto di vista economico e diede impulso alla divinizzazione del monarca, inoltre introdusse una riforma monetaria con la diffusione di una nuova moneta. Venne ucciso nel 275 e poi ci fu un decennio di imperatori che si susseguirono uno dopo l’altro. Nel 285 ne uscì vittorioso Diocleziano che riorganizzò lo Stato. DIOCLEZIANO 284-305 Il suo periodo si caratterizza di riforme e novità con una diversa organizzazione del periodo imperiale e si conclude l’era del principato e inizia quella del Dominato. Il regno è contraddistinto da una forte volontà restauratrice dello Stato a livello politico, militare, amministrativo ed economico. Diocleziano stabilì la propria sede in Oriente a Nicomedia. Concepì un sistema nel quale c’erano quattro monarchi alla guida dello stato, due dei quali chiamati Augusti erano di grado superiore rispetto agli altri due chiamati Cesari. Questa ripartizione territoriale serviva anche a un miglior controllo del territorio. Nel 285 Diocleziano nominò Massimiano come Cesare e lo elevò al rango superiore di Augusto l’anno successivo. I due Cesari, Costanzo Cloro e Galerio vennero nominati nel 293, il primo affiancava Massimiano a Occidente e l’altro Diocleziano in Oriente. In questo modo aumentò anche il numero delle province e l’Impero vene diviso in diocesi, ovvero dodici unità regionali. Inoltre, nel 301 emise un editto in cui venivano stilati i prezzi massimi a cui si potevano vendere le merci. Il 1° maggio del 305 Massimiano e Diocleziano abdicarono lasciando posto ai due Cesari che divennero Augusti e nominarono Severo e Massimino Daia. Il sistema entrò in crisi subito a causa della morte di Costanzo Cloro l’anno successivo e gli eserciti nominarono il figlio Costantino come successore. Anche il figlio di Massimiano, Massenzio, rivendicò la sua presenza. Diocleziano aveva promosso un’intensa azione del culto imperiale facendosi chiamare Iovius. Iniziarono persecuzioni cristiane che però Galerio ordinò di far cessare nel 311, esse però continuarono con Massimino. DA COSTANTINO A TEODOSIO COSTANTINO e I SUOI SUCCESSORI Gli anni seguenti la morte di Costanzo Cloro seguirono tranquilli ma nel 310 Costantino eliminò ogni pensiero sulla tetrarchia e dopo la morte di Galerio nel 311, eliminò Massenzio nel 312 con la Battaglia di Ponte Milvio sul Tevere. Questa vittoria secondo Costantino venne ottenuta nel segno di Cristo. Questa conversione significò l’inserimento delle strutture della chiesa in quelle già esistenti. Nel 313 Costantino e Licinio si incontrarono a Milano per stipulare un editto per accordarsi sulle questioni fondamentali della vita religiosa. L’anno successivo convocò ad Arles un concilio di vescovi e nel 325 ci fu il Consiglio di Nicea per salvaguardare l’unità interna della Chiesa. Tra i due ci fu uno scontro in quanto Licinio attuò una persecuzione cristiana che si concluse nel 324 con la Battaglia di Adrianopoli, dove Costantino fondò Costantinopoli, la capitale cristiana dell’impero. Tra le riforme più importanti di Costantino abbiamo la creazione di un grande esercito mobile detto comitatus che accompagnava l’imperatore. I soldati, chiamati limitanei, venivano posti direttamente sulla frontiera erano di second’ordine e questo creò malcontento. Poi il problema della minaccia barbarica lo Stato lo fronteggiò con una politica di assorbimento. In letto di morte Costantino ricevette il battesimo. Dopo alcuni anni incerti ci fu la nomina di Valentiniano nel 364, il quale si associò il fratello Valente a cui designò l’Oriente. Valentiniano seguì una politica dedicata alla tolleranza religiosa e alla difesa del confine sul Reno e Danubio. Alla sua morte gli successe il figlio Graziano. Intanto Valente perdeva ad Adrianopoli nel 378 a causa dei Goti e questo è uno dei fatti che portò alla distruzione dell’Impero. Graziano era inesperto e chiamò Teodosio, un generale spagnolo, per far fronte alla situazione in Oriente. Teodosio consapevole di non poter combattere le popolazioni barbare, nel 382 adottò la politica di inglobamento, facendo diventare i Goti federati. Nel 380 con un editto, la religione cristiana venne proclamata religione di stato e l’anno seguente venne convocato un concilio a Costantinopoli. L’IMPERO ROMANO E I BARBARI I Goti erano la forza predominante e i rapporti tra i romani e i goti erano mediati da un trattato di pace del 332. Successivamente i regni gotici entrarono in crisi a causa delle pressioni degli Unni sui loro confini. Oltre a un fattore politico, questa integrazione dei Goti portava anche ricadute sociali, come possiamo vedere sin da Marco Aurelio, quando i barbari venivano usati come coloni. I barbari erano anche impiegati per reclutare soldati per l’esercito. Si cercò di mantenere le distanze tra barbari e romani con delle leggi che vedevano sanzioni salate per chi le trasgrediva. LA DIVISIONE DELL’IMPERO E IL SACCO DI ROMA La morte di Teodosio nel 395 d.C. segnò un momento di svolta in quanto l’impero venne diviso tra i suoi due figli: Arcadio ad Oriente e Onorio a Occidente. Si crearono così due corti imperiali, due amministrazioni e due eserciti autonomi. L’Occidente stava subendo un esito rovinoso in quanto vi erano continue incursioni barbariche, mentre l’Oriente dopo aver superato le minacce gotiche, nel 378 iniziò a fronteggiare il nemico persiano. Nelle intenzioni di Teodosio, l’unità doveva esser mantenuta da Stilicone, che aveva preso in affido i due figli di Teodosio. Soppresse continue rivolte in Africa e nonostante i primi successi nel 402 e 406 l’Italia venne invasa dai Goti guidati da Alarico. Alla fine del 406 la frontiera renana fu travolta da numerose popolazioni germaniche: Vandali, Alamanni, Svevi ecc. In Spagna i Goti vennero inglobati nel territorio con un’azione di Stilicone e questo provocò una violenta ripercussione a corte. Lo stesso Onorio si schierò contro Stilicone, il quale venne accusato di adfectatio regni e condannato a morte nel 408. La caduta di una delle colonne portanti per la sicurezza ad Occidente provocò danni immediati. Nel 410 Alarico scese a Roma e la saccheggiò. Era l’episodio più disastroso dall’incendio gallico di Roma del 390 a.C. I pagani questo “sacco di Roma” lo attribuirono ai cristiani e al fatto che avessero allontanato gli Dei da Roma rompendo così la pax deorum. I Goti si ritirarono nella Gallia meridionale costruendo un loro stato. Nel 425 dopo la morte di Onorio venne insediato al comando Valentino III, il quale era ancora un bambino (venne assassinato dopo il ’50) e la mancanza di un controllo forte portò a un secondo sacco nel 455 a opera del re dei Vandali. Nel corso del tempo si susseguirono poi sempre imperatori più effimeri come Zenone, Giulio Nepote e Oreste. Formalmente la fine dell’Impero romano d’Occidente si ebbe nel 476 d.C. quando Romolo, chiamato scherzosamente Augustolo per la sua giovane età, il figlio che Oreste aveva insediato sul trono imperiale, venne scacciato da un capo barbarico chiamato Odoacre. Quest’ultimo però non rivendicò per sé il titolo di imperatore, ma si diede il titolo del re del suo popolo. Cadde così “senza rumore”, come dice Arnaldo Momigliano, l’Impero Romano d’Occidente.