Scarica Storia Romana Geraci Marcone e più Prove d'esame in PDF di Storia Romana solo su Docsity! STORIA ROMANA-GERACI INTRODUZIONE Nella penisola italiana tra il III millennio e il I millennio a.C. si assistette a una serie di cambiamenti. Tra l’età del bronzo medio e la prima età del ferro i gruppi umani di piccole dimensioni vennero sostituiti da forme complesse di organizzazioni protostatali così si colmò così il distacco che aveva caratterizzato la cultura dell’Europa rispetto a quella del vicino Oriente e dell’Egitto. In Italia gli insediamenti erano dislocati un po’ ovunque nella penisola, ma soprattutto lungo la dorsale montuosa che percorreva la penisola da nord a sud, questa cultura era chiamata cultura appenninica. In questa età si realizzò un incremento demografico molto evidente nella cultura terramaricola che si sviluppò nella pianura emiliana tra il XVIII e XII a.C. Questa cultura diede vita a insediamenti di capanne che poggiavano su impalcature di legno che avevano lo scopo di difendere dagli animali selvatici e di isolare dal terreno paludoso intorno. Con il termine terramare si definiscono dei tumoli di terra. Nel corso dell’età del bronzo è documentata una notevole circolazione i prodotti e persone provenienti dalla Grecia. Non si può parlare ancora di commercio o colonizzazione, ma questi contatti favorirono il formarsi di aggregazioni più consistenti tra le popolazioni del luogo. Con l’età del ferro sono evidenti delle differenze nelle culture come la sepoltura dei morti, alcune popolazioni ricorreva alla cremazione altre all’inumazione. Si distinguono la cultura di Piemonte e Lombardia chiamata Golasecca, di Padova nota come D’este e in Etruria e in Emilia quella Villanoviana. Molti insediamenti Villanoviani si svilupperanno nelle città stato etrusche. Gli uomini villanoviani erano capaci di fabbricare utensili e armi in ferro e abitavano in insediamenti che avevano assunto la forma di villaggi. Per quanto riguarda le sepolture mettevano le ceneri in delle urne o in delle tombe a pozzo. La diffusione di questa cultura coincide con l’area di diffusione della civiltà etrusca e questo ha portato gli studiosi a considerarli antenati degli etruschi. La diversità delle culture corrisponde a un quadro linguistico variegato riconducibile all’arrivo di gruppi etnici di diversa provenienza, esse possono essere ricondotte a due grandi famiglie, quelle indoeuropee come il latino e il falisco e quelle che non lo sono come l’etrusco. Un posto di eccezionale rilievo tra le culture dell’Italia preromana lo trovano le culture della Magna Grecia fondate nell’Italia meridionale a partire dalla metà dell’VIII secolo a.C. da coloni greci di varia provenienza. Lungo la costa ionica, tirrenica e quella della Sicilia sorsero una serie di città importanti, Taranto, Reggio, Siracusa e Agrigento, ecc. che influenzarono le popolazioni del luogo. In Sicilia è importante anche il ruolo delle colonie dei Fenici. In Sardegna si sviluppò la civiltà Nuragica. I primi frequentatori dell’Italia meridionale Le fonti letterarie e storiografiche ci danno informazioni sulle origine dei popoli italici. Gli storici greci iniziano a scrivere dell’Italia nel V secolo. Lo storico greco Dionigi di Alicarnasso che Quello che suscitò l’ammirazione degli scrittori antichi fu lo sviluppo dei riti religiosi che comprendevano molti culti e scritti sacri. Le divinità etrusche sono assimilabili a quelle greche infatti alcune hanno nomi di origine ellenica. Il primo documento noto in lingua etrusca è il libro di lino di Zagabria che riporta le preghiere, le cerimonie dell’anno liturgico. Importante per gli etruschi è la concezione dell'aldilà, il defunto continua la propria esistenza nella tomba che è il prolungamento della dimora del vivo e quindi qui si trovano simboli e cibo. Gli etruschi interpretavano i segni della volontà divina visibili in terra, l’aruspicina, l’esame delle viscere degli animali sacrificati. L’aruspicina si basa sulla concezione di una unità cosmica secondo cui negli organi si riprodurrebbe l’ordine dell’universo. Nell’analisi degli organi si trovavano risposte alle domande rivolte alle divinità. Lingua L'etrusco è una lingua non indoeuropea e per questo non si hanno materiali a sufficienza. I testi erano costituiti da brevi formule Tecnica e arte Gli etruschi dal punto di vista architettonico raggiunsero il perfezionamento con l'uso della copertura a volta e dell'arco. Le manifestazioni più significative dell'arte etrusca sono collegate all'edilizia sepolcrale. Gli affreschi riproducono scene di vita quotidiana. Gli etruschi praticavano agricoltura, metallurgia e artigianato artistico. Attraverso il commercio i loro oggetti raggiunsero ampie aree del Mediterraneo. ROMA Origini di Roma La storia di Roma arcaica è stata sempre un campo di indagine simile per certi aspetti a quelli del vecchio Testamento. In campo storiografico per molto tempo si realizzò una sorta di coincidenza tra CONSERVATORISMO POLITICO OVVERO OSSERVAZIONE DELLE ISTITUZIONI POLITICHE accettazione acritica della tradizione letteraria sulle origini della città. Il progresso scientifico la liberò dalle ricostruzioni di derivazione religiosa e politica. Con l’opera del danese Niebuhr si pose in evidenza il problema di ricostruire la storia di Roma attraverso la critica delle fonti con un uso esteso dell’analogia storica. Grazie all'archeologia a partire dalla fine dell'800 furono confermati i racconti tradizionali su Roma arcaica. Quindi non sembrò più accettabile negare la tradizione letteraria o ipercritica che caratterizzava il positivismo scientista della fine del XIX sec. De Sanctis, nel libro Storia dei Romani, propose una riconsiderazione meditata delle fonti letterarie contro gli eccessi dell'ipercritica alla luce delle conoscenze archeologiche. L'archeologia ha accertato la precocità e l'importanza dell'influenza greca e orientale su Roma e sul Lazio. Essa si manifesta a partire dall'VIII sec. questa influenza raggiunse il Lazio in modo diretto senza mediazione da parte degli etruschi. Roma sembra ricevere dei prodotti di importazione greca prima di quelli etruschi. Le fonti letterarie Le testimonianze delle fonti letterarie soprattutto storiografiche , rappresentano il primo blocco di informazioni con cui ci si deve confrontare per ricostruire la storia di Roma arcaica. Si tratta di opere che risalgono a epoche molto posteriori agli eventi narrati e hanno spesso elementi leggendari. I primi storici ad occuparsi dell'Italia meridionale furono i greci. E in greco scrissero i primi storici romani Fabio Pittore e Cincio Alimento alla fine del III sec a.C. 5 sec di distanza dalle origini di Roma. La tradizione orale ebbe un ruolo di rilievo nella trasmissione dei ricordi storici. Questo situazione non cambia nell'età repubblicana. Tito Livio contemporaneo dell'imperatore Augusto , nel I sec a.C. scrisse una grande Storia di Roma e della sua fondazione di 142 libri, il primo era dedicato alla Roma monarchica, egli si rendeva conto che le basi della ricostruzione erano fragili almeno fino all’incendio della città da parte dei Galli. Lo storico Dionigi di Alicarnasso scrisse le “Antichità romane” in 20 libri un libro che andavano dalla fondazione di Roma allo scoppio della prima guerra punica nel 264 a.C. Roma non suscitò interesse da parte dei greci fino al IV secolo. A partire da questa data all’emergere di Roma come potenza ci si preoccupò di organizzare le informazioni disponibili. Dionigi voleva dimostrare che i romani erano di origine ellenica. Nel primo libro “Antichità Romane” per sostenere la grecità dei romani confronta usi, costumi, culti e riti. La versione più nota è quella della fondazione di Alba longa e la dinastia dei re albani tra l'arrivo di Enea nel Lazio e il regno di Romolo. Albalonga fu fondata dal figlio di Enea, Ascanio 30 anni fondazione della città alla leggenda di Enea e una indigena nella quale Romolo rappresenta il fondatore autoctono. Ci sono però elementi storici come la compresenza di popolazioni diverse, latini e sabini, (Il ratto delle sabine) all'origine di Roma, e la fase di predominio etrusco nel periodo finale della monarchia. Fondazione di Roma I dati più problematici riguardano la fondazione e soprattutto il fondatore. La nascita della città doveva essere il risultato di un processo formativo lento e graduale quindi si presuppone una sorta di federazione di comunità separate che vivevano sparse sul territorio dei singoli colli. Il nucleo di Roma doveva essere il colle Palatino ( VIII sec a.c ). Roma sorgeva a ridosso del basso Tevere in una posizione di confine tra 2 aree etnicamente differenti separate dal fiume, la zona etrusca e il Lazio antico. Il muro di Romolo Gli scavi fatti sulle pendici del Palatino hanno portato alla luce i resti di una palizzata e di un muro databile all'VIII sec a.C. Nella palizzata si doveva vedere la linea dell'originario solco di confine detto pomerio e nel muro arcaico, il muro di Romolo. Verso la fine dell'VIII sec il re sacerdote Romolo avrebbe celebrato un rito di fondazione tracciando con l'aratro i limiti della città. Il pomerio e i riti di fondazione Il rito di fondazione è descritto da Marco Terenzio Varrone un antiquario attivo nel I sec. a.C. Nella fondazione di una città il pomerio dal punto di vista religioso assumeva molta importanza. Il pomerio era in origine la linea sacra che delimitava il perimetri con le mura. Successivamente il nome servì a designare anche una zona che separava le case dalle mura stesse dove non era permesso fabbricare e seppellire. Il pomerio però non sempre coincideva con le mura. Le mura servivano come difesa. L'area del pomerio era limitata da cippi infissi nel terreno dopo una cerimonia religiosa. Lo stato romano arcaico Alla base dell'organizzazione sociale dei latini ci fu una struttura in famiglie al cui vertice vi era il pater che deteneva il potere assoluto sui componenti della famiglia. La prima forma di aggregazione che si sostituisce al primitivo legame basato sui vincoli di sangue è dunque l’organizzazione familiare. Per quanto riguarda la nozione di famiglia romana comprendeva un raggruppamento sociale assai più ampio di quello che si intende oggi. A Roma facevano parte di una medesima famiglia tutti coloro che ricadevano sotto l'autorità di uno stesso capofamiglia, pater familias al quale spettava anche il controllo sui beni. Il vincolo familiare non era contratto col matrimonio ma dal potere esercitato dal pater sulle persone che rispettavano la sua autorità. Della stessa famiglia facevano parte non solo i figli generati dal matrimonio del capo famiglia ma tutti quelli che adottati sottoponevano alla sua potestà. . La famiglia romana era un'unità economica religiosa e politica. Il fine principale della famiglia era quello della propria perpetuazione e questo aspetto si ritrova nelle norme giuridiche. In età arcaica il primo diritto di un padre rispetto ai figli era quello di rifiutarli alla nascita. Attraverso degli atti formali in pubblico si manifestava l’accoglimento o il rifiuto del bambino. Tra i vincoli fondamentali della famiglia romana c’era quello religioso. I riti familiari si trasmettevano di padre in figlio e la loro osservanza era obbligatoria. Le famiglie con un antenato comune costituivano la gens ovvero un gruppo organizzato politicamente e religiosamente. La popolazione dello stato romano arcaico era divisa in gruppi religiosi e militari detti curie. Le curie comprendevano tutti gli abitanti del territorio ad esclusione degli schiavi. Le curie praticavano riti religiosi e rappresentavano il fondamento della più antica assemblea politica cittadina, quella dei comizi curiati. In epoca più tarda i comizi curiati ebbero funzioni di diritto civile e avevano il compito di votare la lex de imperio che conferiva il potere al magistrato eletto. La creazione delle tribù fu attribuita a Romolo. Originariamente erano 3: tities, ramnes, luceres, forse origine etrusca. Più tardi ogni tribù fu divisa in 10 curie e da ogni tribù furono scelti 100 senatori. Su questo modello si fondò anche l'organizzazione militare Ogni tribù era tenuta a fornire un contingente di cavalleria( 100 uomini) e uno di fanteria (1000 uomini). La legione risultava dunque composta da 3000 fanti e 300 cavalieri detti celeres. La monarchia romana La monarchia romana era elettiva. L'elezione del re era affidata all'assemblea dei rappresentanti delle famiglie più in vista. Originariamente il re doveva essere affiancato da un consiglio di anziani composto dai capi di quelle più nobili e più ricche, patres. Questi uomini rappresentavano il nucleo di quello che sarebbe Il predominio etrusco su Roma portò a un rafforzamento dell'istituto monarchico lo provano le insegne del potere regio, come la corona, il trono, il manto. In questo periodo fu costruito l'edificio sede del re detto regia. Fu definita nella parte nord occidentale del foro l'area riservata all'attività politica del popolo e del senato. L’indagine archeologica ha dimostrato che tra il VII e VI sec a.C fu creato il comitium, luogo dove il popolo si riuniva per deliberare, la sede della vita politica. La tradizione attribuisce a Tarquinio Prisco l'aumento del numero di senatori e a Servio Tullo l'introduzione dell'ordinamento centuriato che prevedeva l'organizzazione della popolazione in classi articolate in unità dette centurie in base alle condizioni economiche. In questo periodo la comunità civica probabilmente era già organizzata in raggruppamenti non più basati su fattori gentilizi ma stabiliti in base al censo, cioè la ricchezza. Il censo era il criterio con cui si arruolavano i componenti dell'esercito che prese il nome di classis. Erano cittadini che si procuravano da se l'armamento pesante. L'infra classem invece erano gli altri soldati armati alla leggera. È attribuita a Servio Tullio anche l'istituzione delle 4 tribù territoriali che poi verranno chiamate urbane e rustiche e contribuirono a rispecchiare l'evoluzione della società romana. Le nuove ripartizioni corrispondevano alle regioni della città della società romane. Roma volle fare una cerchia di mura dette appunto serviane. Tradizione orale e storiografia Per quanto riguarda l’elaborazione storiografica viene considerata la tradizione orale e vengono poste una serie di questioni su chi trasmette, che cosa viene trasmesso e per quale scopo, quanto è passato nella tradizione orale tramite un filtro selezionatore nella tradizione storica. Le tradizioni orali variano a seconda degli usi e degli ambienti sociali che le conserva, le elabora e le trasmette. A Roma la letteratura, la storiografia e il dramma ebbero origine nella seconda metà del III sec a.C. solo da allora ci furono testi scritti. La natura dell'oralità in Roma arcaica non è del tutto al di fuori dell'ambito della congettura razionale. Uno studioso all'inizio del XIX elaborò la teoria secondo la quale le leggende e le tradizioni di Roma arcaica sarebbero state create nei banchetti, carmina convivalia. I canti, le storie ripetute nei banchetti maschili hanno contribuito a creare la memoria comune del gruppo. La memoria comune valorizzava il passato per rafforzare la coesione sociale del presente. Un esempio di elaborazione storiografica: Servio Tullio Questo sovrano opera molte trasformazioni nella città sia a livello monumentale che a livello politico-istituizionale tanto da venire considerato un rifondatore. Le origini di Servio Tullio sono avvolte nell'incertezza. Tuttavia si conosce l'illegalità della presa di potere da parte di Servio Tullio. Servio Tullio era nato schiavo e cresciuto nel palazzo di Tarquinio Prisco. Sposa una delle sue figlie. I figli di Anco Marcio uccisero Tarquinio e Servio prese il potere. Servio costituì l'organizzazione centuriata che implicava la valutazione economica e numerica della popolazione. Prima i cittadini erano distribuiti nelle curie in rapporto alla nascita ora sono divisi secondo livelli di ricchezza. Servio per articolare la cittadinanza creò le tribù territoriali in cui i cittadini venivano iscritti sulla base del loro effettivo domicilio. LA FAMIGLIA La prima forma di aggregazione che si sostituisce al primitivo legame basato sui vincoli di sangue è l’organizzazione familiare. La nozione di famiglia romana comprendeva un raggruppamento sociale assai più ampio di quello che si intende oggi. A Roma facevano parte di una medesima famiglia tutti coloro che ricadevano sotto l'autorità di uno stesso capofamiglia, paterfamilias al quale spettava anche il controllo sui beni. Il vincolo familiare non era contratto col matrimonio ma dal potere esercitato dal pater sulle persone che rispettavano la sua autorità. Della stessa famiglia facevano parte non solo i figli generati dal matrimonio del capo famiglia ma tutti quelli che adottati sottoponevano alla sua potestà. La famiglia romana era un'unità economica religiosa e politica. Il fine principale della famiglia era quello della propria perpetuazione e questo aspetto si ritrova nelle norme giuridiche. In età arcaica il primo diritto di un padre rispetto ai figli era quello di rifiutarli alla nascita. Attraverso degli atti formali in pubblico si manifestava l’accoglimento o il rifiuto del bambino. Tra i vincoli fondamentali della famiglia romana c’era quello religioso. I riti familiari si trasmettevano di padre in figlio e la loro osservanza era obbligatoria. LA DONNA questo caso le fonti letterarie devono essere interpretata criticamente. Per quanto riguarda il mito di Roma Pastorale Varrone scrive che tutti sanno che Faustolo fu la balia che alleò Romolo e Remo e che la festa della fondazione di Roma è legata alla festa della pastorizia. LA PROPRIETÀ DELLA TERRA A ROMA ARCAICA Per quanto riguarda la proprietà agraria a Roma la questione è controversa. La prima forma di proprietà era limitata solo alla casa e all'orto circostante mentre era esclusa la terra arabile e quella a pascolo. Oltre al termine Heredium che significa orto nelle fonti compare sors che si applica alla nozione di proprietà trasmissibile per via ereditaria e a quella di lotto assegnata per sorteggio come avverrà in età repubblicana. La complementarietà tra piccola proprietà individuale e forme di appropriazione collettiva della terra risale alle condizioni ambientali delle aree appenniniche e subappenniniche in contesti silvo-pastorali. Ideologia indoeuropea nei racconti sull'origine di Roma Gli indoeuropei sono una popolazione vissuta in epoca molto remota dal III al IV o al VI millennnio in una regione che si colloca nella grande pianura russa. Tra il III e II millennio a.C per ragioni sconosciute, questi indoeuropei si spostarono in Anatolia, gli Ititt, in Grecia, i Micenei e in Italia. Imposero la loro lingua ai popoli conquistati e adottarono la scrittura. Per gli indoeuropei le cose il mondo e la società vengono classificati secondo ambiti e funzioni quali la potenza del sovrano si manifesta nell'aspetto magico e giuridico, forza fisica del guerriero e la fecondità. La studioso Dumèzil ha rintracciato un'importante eredità indoeuropea nella vicenda del ratto delle Sabine che sarebbe avvenuto nell'epoca di Romolo quando Roma rischiava l'estinzione per mancanza di donne. Nella religione e in Servio Tullio, Dumezil ritrova alcune caratteristiche attribuite alla tradizione romana alla figura di questo re in un mitico sovrano indiano soprattutto per quel che riguarda le modalità di acquisizione della regalità e l'opera di organizzazione del censo. Per lui sono tutti schemi narrativi e scenari ereditati dal sostrato indoeuropeo che ogni cultura ha usato secondo propri parametri. La scopertadi lapis niger Per la storia di Roma arcaica è importante l’archeologia. Come la scoperta dell 'iscrizione contenente la dedica di Valerio Publicola nel santuario di Enea e dei resti del muro palatino attibuibile a Romolo. Una stagione di scavi e ritrovamenti si ebbe nel XIX sec nel foro per opera di Giacomo Boni. Nel 1899 nell'angolo settentrionale del foro fu scoperta la pavimentazione in marmo nero che riporta a una fonte letteraria dove si parla dell'esistenza di una pietra nera del comizio che contrassegnava forse la tomba di Romolo. Sotto al pavimento fu scoperta una piattaforma con un altare con vicino una colonna che riporta un'iscrizione dedicata a un re, un monarca e nella scritta vi è una minaccia di morte a chi avesse violato il luogo. Quindi il fatto che si parla di un re fa capire che è un periodo della Roma arcaica anche se non si tratta Romolo, ma comunque di un monarca. Le origini di Roma secondo un imperatore romano La tradizione sulle origine poneva delle difficoltà anche agli antichi, infatti anche Cicerone riconosceva l’oscurità della Storia romana più arcaica. Conosciamo una parte di questa storia grazie all’imperatore Claudio, appassionato di antichità etrusche che in un discorso nel 48 d.C. per dimostrare l’apertura di Roma verso gli stranieri prese spunto dalle origini della città e parlò di alcuni re. La grande Roma dei Tarquini Nella ricostruzione degli storici antichi il quadro politico del Lazio appare al momento dell’avvento dei Tarquini condizionato dall’espansionismo romano. Già nel corso del VII sec a.C. secondo la tradizione Tullo Ostilio distrutta Alba Longa, la città che aveva preceduto la fondazione della stessa Roma, avrebbe fatto passare sotto il dominio romano tutta la fascia compresa tra Roma e il mare. Queste località, Ficina, Politorium, Tellenae furono prese da Anco Marcio, dopo queste conquiste si impossessò delle saline lungo le coste del Tevere. Un documento molto importante che intercorre tra il regno di Tarquinio Prisco e la cacciata di Tarquinio il Superbo che lo storico Polibio sostiene di aver visto nell’archivio pubblico di Roma. Questo documento è l’accordo tra Roma e Cartagine. PARTE SECONDA- LA REPUBBLICA DI ROMA DALLE ORIGINI AI GRACCHI LA NASCITA DELLA REPUBBLICA La tradizione storiografica sulla nascita della repubblica rappresentata da Tito Livio e Dionigi di Alicarnasso è molto Gli antichi avevano fissato una strana coincidenza cronologica tra storia di Roma e quella di Atene. Il 510 era anche l’anno in cui il tiranno Ippia della famiglia dei Pisistrati era stato cacciato da Atene. Queste analogie creano il sospetto che si è voluto creare un parallelismo con una delle più celebri polis greche. (perché era una grande repubblica). Alcuni studiosi spostano la data della nascita della repubblica dal 510 al 470-450 a.C. quando vi fu un'interruzione dei contatti culturali con l 'Etruria che sarebbe da ricollegare con la cacciata dei Tarquini. Alcuni elementi inducono a ritenere che la datazione tradizionale della creazione della repubblica non sia lontana dalla verità. Un primo argomento a sostegno della datazione tradizionale è dato dalla cerimonia ricordata da Livio; il massimo magistrato della repubblica doveva infliggere un chiodo nel tempio di Giove capitolino ogni anno alle idi di settembre. Il numero di chiodi conficcati nel tempio costituirono un bizzarro riferimento cronologico. Nel 304 l’edile Cneo Flavio durante l’inaugurazione del tempio della Concordia potè datare l’evento al 204 a.C. ed risalire alla date del 508 a.C. un altro eleme proviene dalla Regia nel foro romano che ha la stessa caratteristica di un edificio templare in cui risiedeva il rex sacrorum. I SUPREMI MAGISTRATI DELLA REPUBBLICA, I LORO POTERI E I LORO LIMITI Secondo la tradizione storiografica antica i poteri del re sarebbero passati a 2 consules o meglio praetores, come secondo Livio sarebbero stati chiamati i massimi magistrati della repubblica. Essi erano eletti dai comizi centuriati, ai consoli spettava il comando dell'esercito, mantenere l’ordine all’interno delle città , l'esercizio di giurisdizione civile e criminale, il potere di convocare il senato e le assemblee popolari, la cura del censimento e della compilazione delle liste dei senatori e avevano la funzione epinoma. Le competenze religiose andarono al rex sacrorum, sacerdote che non poteva rivestire cariche di natura politica. Ben presto però gli vennero affiancati altri sacerdozi di maggior peso politico, come i pontefici e gli àuguri. Nella sfera religiosa comunque gli auspici rimasero di competenza dei consoli. I poteri autocratici dei 2 consoli però avevano alcuni limiti: la durata della loro carica era di 1 anno, quindi annualità e il fatto che ciascuno dei magistrati aveva eguali poteri e poteva dunque opporsi all'azione del collega qualora la giudicasse dannosa per lo stato, la collegialità . Ogni cittadino aveva la possibilità di appellarsi al giudizio dell'assemblea popolare contro le condanne inflitte dal console, PROVOCATIO AD POPOLUM la cui costituzione viene fatta risalire a una legge Valeria di P. Valerio Publicola promulgata nel primo anno della repubblica probabilmente duplicazione di un'altra in quanto il diritto di appello era ritenuto fondamento della libertà repubblicana. Alcuni studiosi ritengono che almeno in una prima fase i poteri del re siano stati trasferiti ad un solo magistrato. Solo dal decemvirato del 450 a.C. dalle leggi Licinie Sestie del 367 a.C. sarebbe stata creata la magistratura collegiale del consolato con 2 magistrati dotati di pari poteri. A questa teoria si ricollega la cerimonia dell’infissione del chiodo nel tempio a opera del praetor maximus. ALTRE MAGISTRATURE Per esigenze dello stato furono create nuove magistrature Lo stato aveva diverse esigenze e per questo si crearono nuove magistrature che sollevassero i consoli da alcune delle loro competenze. Anche queste cariche erano annuali e collegiali. Al periodo regio o al primo anno della repubblica risalirebbero i questori, originariamente erano 2 e assistevano i consoli nelle attività finanziarie. Inizialmente venivano scelti dai consoli poi la carica divenne elettiva. Vi erano poi i questores parricidi che istituivano i processi per i delitti di sangue tra parenti. Il reato di tradimento era invece competenza del collegio dei duoviri perduellionis. Nel 443 il censimento fu sottratto ai consoli e affidato a 2 nuovi magistrati detti censori. Tra la fine del IV e inizio III secolo ai censori venne affidata anche la redazione delle liste dei membri del senato. Questi magistrati venivano eletti ogni 5 anni e la loro carica invece di 1 anno durava 18 mesi. DITTATURA In caso di necessità i supremi poteri della repubblica potevano essere affidati a un dittatore . Il dictator non veniva eletto da un'assemblea popolare ma nominato da un console, pretore o un interrex su istituzione del senato. Il dittatore non era affiancato da colleghi con stessi poteri ma assistito da un magister equitum, comandante di cavalleria. Contro il volere del direttore non valeva l’appello del popolo o l’opposizione del veto da parte dei tribuni. La sua durata era di massimo 6 mesi. Questo magistrato veniva nominato soprattutto per fronteggiare crisi militari possesso della cittadinanza. Per quanto riguarda i diritti civili Roma dimostrò rispetto alle città della Grecia un’apertura che secondo Dionigi di Alicarnasso fu importante per il suo successo. Infatti l’accoglienza nel corpo civico di elementi provenienti da altre città latine e non erano fatti eccezionali. Ne abbiamo dimostrazione con l’accoglienza del sabino Appio Claudio insieme ai suoi 5000 familiari e clienti e con i liberti che già nei primi anni della repubblica ottennero i diritti civili. La più antica assemblea di Roma erano i comizi curiati. Durante la repubblica persero di significato. La loro funzione più importante quella di conferire i poteri ai nuovi magistrati si ridusse a una formalità. La lex curiata de impero non venne più votata dalle 30 curie ma dai 30 littori che le rappresentavano. Nella prima età repubblicana l'assemblea più importante erano i comizi centuriati fondati su una ripartizione della cittadinanza in classi di censo e all'interno di queste in centurie. Le risoluzioni non sono prese a maggioranza di voti individuali ma a maggioranza delle unità di voto costituite dalle centurie. Le centurie non avevano tutte lo stesso numero di componenti. La funzione principale dell'assemblea centuriata era quella elettorale. Eleggevano i consoli e altri magistrati superiori. Anziani e ricchi avevano una posizione di vantaggio. Ultimi per data di creazione sono i comizi tributi nel 447 a.C. a loro venne affidata l'elezione dei questori. Qui il popolo votava per tribù cioè a seconda dell'iscrizione a tribù territoriali che erano state istituite da Servio Tullio. Anche qui vi è però disuguaglianza. Il numero delle tribù urbane era di 4 mentre quelle rustiche erano 16 in età regia e divennero 31 nel 241. Così i proprietari terrieri più agiati ebbero nei comizi tributi un peso maggiore rispetto alla popolazione urbana. Anche l'assemblea tributa aveva funzione elettorale sceglieva i magistrati minori e aveva funzione legislativa tranne per le materie di competenza dei comizi centuriati. Le assemblee popolari non potevano autoconvocarsi ne assumere alcuna iniziativa autonoma erano i magistrati che proponevano leggi e l'assemblea poteva accettare o respingere ma non modificare ogni decisione dei comizi prima di divenire vincolante doveva ricevere la sanzione del senato CONFLITTO TRA PATRIZI E PLEBEI 494 -287 AC Dalle fonti che abbiamo a disposizione sappiamo che il periodo che va dalla nascita della Repubblica al 287 è dominato da numerose guerre e da contrasti fra patrizi e plebei . Le vicende interne ed esterne erano comunque collegate e si influenzarono a vicenda. Ma nonostante ciò questo fu il periodo in cui nacque quella Roma che in breve tempo riuscì a conquistare l’egemonia sul Mediterraneo. Per quanto riguarda l’origine dei due ordini bisogna dire che la plebe era definita in senso negativo perché erano i non patrizi. Le rivendicazioni avevano una duplice natura, economica e politica. PROBLEMA ECONOMICO Per quanto riguarda l’aspetto economico, la caduta dei Tarquini e i mutamenti della metà del V sec. ebbero ripercussioni sulla situazione economica di Roma. Gli etruschi furono sconfitti da Ierone di Siracusa nella battaglia di Cuma nel 474 e questo portò al crollo del dominio etrusco in Campania causando indirettamente un danno a Roma che doveva la sua prosperità anche alla sua posizione in quanto era punto di passaggio sul Tevere lungo la via commerciale che conduceva dall'Etruria alle città etrusche della Campania. La vendita di sale soffrì a causa delle ostilità con i sabini che controllavano la via salaria. Ci furono continue razzie e devastazioni. Al quadro esterno fanno riscontro difficoltà interne in particolare le annate di cattivo raccolto carestie ed epidemie. La crisi economica è dimostrata da fonti archeologiche come il minor numero di ceramiche greche che vennero importate che appunto crollò nel corso della prima metà del V sec . Queste disgrazie pesarono di più sui piccoli agricoltori che erano meno pronti a fronteggiare le difficoltà ed iniziarono ad indebitarsi nei confronti di ricchi proprietari terrieri . Il debitore incapace di estinguere il proprio debito era costretto a porsi al servizio del creditore: istituto del nextum. Davanti alla crisi economica la plebe chiedeva delle norme sui debiti in particolare SUL TASSO MINIMO DI INTERESSE e la condizione dei debitori insolventi (quelli che non potevano assolvere il debito) e UNA EQUA DISTRIBUZIONE DEI TERRENI DI PROPRIETA’ DELLO STATO, AGER PUBBLICUS. Per quanto riguarda l’aspetto politico gli strati più ricchi della plebe erano meno interessati dalla crisi economica. Essi però rivendicavano una parificazione dei diritti politici tra i 2 ordini. Il patriziato aveva progressivamente assunto il monopolio della massima magistratura che prima era aperta ai plebei. Rivendicavano poi un codice scritto di leggi che gli tutelasse. ponesse i cittadini al riparo dalle applicazioni delle norme da parte dei patrizi nel collegio dei pontefici. per dare forza concreta ai diritti dei tribuni, accordò loro l'inviolabilità personale ( sacrosanctitas ) chi avesse commesso violenza contro i rappresentanti della plebe sarebbe divenuto sacer e dunque poteva essere ucciso. I tribuni ebbero in fine il potere di convocare e presiedere l'assemblea della plebe e di sottoporre ad essa le proprie proposte. Furono creati gli edili plebei che si occupavano dell'organizzazione dei giochi, sorveglianza e controllo su strade e edifici pubblici. Gli edili plebei originariamente erano custodi del tempio di Cerere libero dove venivano conservate le somme delle multe inflitte a coloro che avevano recato offesa alla plebe. La prima secessione approdò ad un risultato politico, riconoscimento da parte dello stato a guida patrizia dell'organizzazione interna della plebe con la sua assemblea e i suoi rappresentanti. Il problema dei debiti rimase insoluto. Della crisi economica ne approfittò il console del 486 a.C. Spurio Cassio il quale propose una legge per la ridistribuzione delle terre che assomigliava alle proposte di riforma agraria dei Gracchi. Cassio fu accusato di tirannide e fu eliminato. La protesta nata da motivazioni economiche raggiunse un risultato politico. La plebe aspirava ad una riforma dall'interno dell'ordinamento vigente che riservasse il giusto peso a tutte le componenti della cittadinanza. Il DECEMVIRATO E LE LEGGI DELLE XII TAVOLE La plebe continuò ad insistere per avere un codice scritto. Nel 451 a.C. venne nominata UNA COMMISSIONE DI 10 UOMINI DECEMVIRATO, esclusivamente scelti tra i patrizie incaricati di estendere in forma scritta un codice giuridico. Anche se la funzione del decemvirato era legislativa, il nuovo collegio avrebbe assunto il controllo completo dello stato: le magistrature repubblicane in particolare consolato e tribunato della plebe vennero sospese per impedire che con i loro veti potessero paralizzare l'azione dei decemviri. Nel primo anno di attività i decemviri compilarono un complesso di norme che vennero pubblicate su 10 tavole di legno esposte nel foro. Nel 450 a.C. fu eletta una seconda commissione decemvirale nella quale sarebbe stata rappresentata anche la plebe. Vengono fatte altre 2 tavole di leggi, dunque sono 12. Nello stesso anno si impose il divieto di matrimoni misti tra patrizi e plebei. La commissione sotto al membro Appio Claudio cercò di prorogare i propri poteri assoluti. Il tentativo si scontrò con l'opposizione della plebe e degli elementi più moderati del patriziato. La situazione peggiorò con un episodio di violenza Appio Claudio violenta Virginia e provoca una seconda secessione nella quale i decemviri sono costretti a deporre i loro poteri il consolato è ripristinato e i massimi magistrati del 449 a.C. sono Marco Orazio e Lucio Valerio che fanno approvare delle leggi dove si riconosce l'apporto della plebe nella lotta contro il tentativo rivoluzionario dei decemviri. Si ribadisce l'inviolabilità dei rappresentanti della plebe, si proibisce la creazione di magistrature contro le quali non valesse il diritto di appello e si rendono i plebisciti votati dall'assemblea della plebe vincolanti per l'intera cittadinanza. Nel 445 a.C. viene abrogata la legge sul divieto di matrimonio tra patrizi e plebei attraverso un plebiscito di Canuleio che assunse forza di legge. TRIBUNI MILITARI CON POTERI CONSOLARI Il plebiscito fatto votare da Canuleio riconoscendo la legittimità dei matrimoni misti rimosse la principale obiezione che il patriziato aveva opposto all'accesso dei plebei al consolato. Quindi dopo il suo plebiscito patrizi e plebei potevano sposarsi dunque i plebei potevano partecipare al consolato. Il patriziato si sente minacciato e dal 444 a.C. di anno in anno il senato decide se alla testa dello stato vi debbano essere 2 consoli patrizi con il diritto di auspici oppure 3 4 o 6 tribuni militari con poteri consolari che possono anche essere plebei ma non hanno il potere di trarre gli auspici . Questo rimase in vigore fino al 367 a.C. tuttavia con il tribunato consolare accessibile alla plebe i patrizi perdevano il controllo sulla massima magistratura. Cosi dal 444-367 a.C. i consoli non sono più sostituiti ma affiancati dai tribuni consolari: i 2 consoli in possesso degli auspici esclusivamente patrizi vengono assistiti da alcuni dei tribuni militari che avevano il loro stesso potere tranne per gli auspici. Questo tribunato doveva essere già accessibile nel V sec. ai plebei tuttavia i patrizi fino al 401 a.C. riuscirono a riservare i poteri consolari unicamente ai tribuni militari provenienti dal loro ordine. Le difficoltà economiche della plebe povera non erano ancora state risolte. Spurio Melio, ricco plebeo, nel 440 a.C. distribuì a proprie spese un forte quantitativo di grano ai poveri questa fu vista come una mossa per assumere la tirannide e quindi Melio fu ucciso. LE LEGGI LICINIE SESTE La crisi si accelerò dopo che la minaccia dei galli si era allontanata da Roma. Nel 387 a.C. per rispondere al bisogno di terra da parte votanti consentendo loro di iscriversi in una qualsiasi delle unità esistenti. Ma queste riforme caddero nel vuoto. I consoli continuavano a convocare il senato sulla base dei vecchi elenchi. Nel 304 i nuovi censori confinarono ancora una volta la plebe di Roma nelle 4 tribù urbane. Il censo dei cittadini fino ad allora calcolato in base ai terreni, ora fu valutato anche in base al capitale mobile consentendo cosi anche a chi non possedeva attività agricole, di vedersi riconosciuto il proprio peso economico e quindi politico. L'edile Cneo Flavio nel 304 a.C. decise di pubblicare le formule giuridiche da impiegare nei processi e divulgò il calendario con i giorni fasti dove si poteva svolgere l'attività giudiziaria e quelli nefasti dove ogni attività pubblica era interrotta. Alla censura di Appio Claudio si attribuisce anche la costruzione di 2 opere pubbliche; il primo acquedotto della città e la via che congiungeva Roma a Capua, la via appia, importante strategicamente soprattutto nella seconda guerra sannitica. LA LEGGE ORTENSIA La legge ortensia stabilì che i plebisciti votati dall'assemblea della plebe avessero valore per tutta la cittadinanza di Roma. Questa legge equiparò i plebiscita alle leggi votate dai comizi centuriati e dai comizi tributi. Dal 287 a.C. i comizi tributi e l'assemblea della plebe erano accomunati da un eguale sistema di voto per tribù e da eguali poteri. LA NOBILITAS PATRIZIO-PLEBEA Le leggi licinie sestie e le conquiste plebee chiusero il dominio esclusivo dei patrizi sullo stato. Si formò una nuova aristocrazia formata dalle famiglie plebee più ricche e dalle stirpi patrizie che si erano adattate alla nuova situazione. Questa nuova elite si chiama nobilitas patrizio-plebea e designa tutti coloro che avevano raggiunto il consolato o che discendevano da un console. L'accesso alle magistrature superiori era riservato ai membri di poche famiglie. Prima di intraprendere la carriera politica, un giovane romano doveva servire per almeno 10 anni nella cavalleria. Per intraprendere la carriera politica dunque si doveva appartenere necessariamente ad una delle famiglie più facoltose. Per aver successo nelle elezioni era indispensabile ereditare la rete di clientele paterne o godere di patronato politico di un nobile influente. LA CONQUISTA DELL'ITALIA LA SITUAZIONE DEL LAZIO ALLA CADUTA DELLA MONARCHIA Alla caduta della monarchia etrusca Roma controllava nell'antico Lazio un territorio che si estendeva dal Tevere alla regione Pontina a seguito non solo delle conquiste, ma anche dell'accorta politica matrimoniale condotta dai re etruschi. Questo dato è confermato nel primo trattato romano-cartaginese del primo anno della repubblica dove i cartaginesi si impegnavano a non attaccare Ardea, Anzio, Lavinio, Circei e Terracina e ogni altra città del Lazio soggetta a Roma. Per le città latine non soggette a Roma, se l'esercito punico le avesse conquistate avrebbe dovuto consegnarle all'alleato. Tra la fine del IV e inizio V molte città latine approfittarono delle difficoltà interne di Roma per liberarsi della sua egemonia. Le città latine si strinsero in una lega i cui membri condividevano alcuni diritti; ius connubii, diritto di contrarre matrimoni legittimi con cittadini di altre comunità latine, ius commercii, diritto di siglare contratti aventi valore legale fra cittadini appartenenti a comunità diverse usando strumenti informali propri del diritto cittadino e la ius migrationis grazie al quale un latino poteva assumere i pieni diritti civili in una comunità diversa da quella in cui era nato semplicemente prendendovi residenza. LA BATTAGLIA DEL GALLO REGILLO E I FOEDUS CASSIANUM La lega latina sul campo di battaglia sconfisse con Aristodemo di Cuma il figlio di Porsenna Arrunte nella battaglia di Aricia. Qualche anno dopo la lega tentò di affermarsi definitivamente attaccando Roma. Secondo la tradizione la guerra sarebbe stata suscitata da Ottavo Mamilio di Tuscolo con la speranza di ricollocare sul trono di Roma il proprio suocero Tarquinio il superbo. Nella battaglia del 496 a.C. sul lago Regillo i romani sconfissero la lega. Tarquinio uscì di scena e si stipulò un trattato che avrebbe regolato i rapporti tra Roma e i latini per i successivi 150 anni. Il trattato siglato nel 493 a.C DA PARTE ROMANA DAL CONSOLE CASSIO , prevedeva un accordo bilaterale tra Roma e la lega latina; le 2 parti si impegnavano a mantenere tra di loro la pace e a comporre amichevolmente eventuali dispute commerciali , ma anche a prestarsi aiuto in caso di attacco. L'eventuale bottino sarebbe stato equamente suddiviso. Uno degli strumenti più efficaci per consolidare le vittorie fu la fondazione di colonie sul territorio strappato ai nemici. I cittadini delle colonie provenivano sia da Roma che dalle altre comunità latine ma vi erano gli stessi abitanti che non erano stati cacciati o distrutta. Livio nel suo racconto di questi avvenimenti sembra riprodurre la presa di Troia, uno dei momenti più alti dell’epica antica. È presente anche un’atmosfera di fatalità e misticismo che contribuito a disegnare la figura del conquistatore di Veio, Marco Furio Camillo. Le città etrusche non aiutarono Veio, gli unici aiuti le vennero da Capena e Falerii. Il lunghissimo assedio aveva tenuto per molti anni i soldati romani lontani dai loro campi per questo fu introdotta una paga detta stipendium. Per far fronte a queste spese militari fu introdotta la tassa tributum che gravava in misura proporzionale sulle diverse classi censitarie. Ogni centuria doveva versare la stessa somma. La tassazione colpiva più pesantemente le classi di censo più facoltose che erano in maggioranza. A maggior poteri politici corrispondevano maggior obblighi militari e fiscali. La vittoria su Veio portò alla conquista di un ampio e fertile territorio. INVASIONE GALLICA Dopo la vittoria su Veio ci fu una minaccia improvvisa, la tribù dei galli insediò la città. Secondo la cronologia messa più volte in discussioni diverse tribu' galliche nei decenni precedenti si erano insediate nell'Italia settentrionale. L'ultima tribù ad entrare in Italia fu quella dei Senoni che occuparono il territorio più meridionale noto come ager gallicus, la Romagna meridionale e Marche settentrionali. Nel 390 i Senoni, secondo Varrone invasero l'Italia centrale e attaccarono Roma. Il loro primo obiettivo fu la città etrusca di Chiusi e poi andarono verso Roma. L’esercito romano arruolato in fretta per affrontare questo pericolo non riuscì ad affrontarlo e si dissolse già dalla prima battaglia sull’Allia. Roma senza difesa venne viene presa e saccheggiata. Poi i galli o perché ebbero un bottino o perché fu pagato un riscatto scomparvero rapidamente così come erano apparsi. Una parte della storiografia per salvare l’immagine di Roma immaginò che il campidoglio difeso da Manlio Capitolino avesse resistito agli invasori. Manlio Capitolino quando i difensori dopo un lungo assedio avevano deciso a pagare un riscatto lui li cacciò. Un altro episodio racconta che ci fu una sanguinosa battaglia sull’Allia e che ci furono molte vittime, ma le fonti archeologiche non testimoniano i segni di un incendio che i galli avrebbero appiccato alla città. LA RIPRESA Che l’ invasione gallica non fu così disastrosa lo testimonia il fatto che Roma si riprese velocemente. Sul territorio di Veio nel 387 a.C. si organizzarono nuove 4 tribù e nello stesso nello stesso iniziò la costruzione delle mura serviane per scoraggiare i galli e da altri assedi. L’atteggiamento di Roma è improntato su un azione offensiva portata avanti da Camillo, figura dominante di questo periodo. Già dopo pochi anni dal sacco della città da parte dei galli, gli equi vengono annientati. Più lunga fu la lotta contro i volsci che furono appoggiati dai vecchi alleati di Roma, gli ernici e alcune città latine. Nel 381 la città latina di Tuscolo venne annessa al territorio romano la città conservò la sua autonomia interna, ma i suoi abitanti ebbero gli stessi diritti e doveri dei cittadini romani Tuscolo divenne il primo municipium, comunità indipendente incorporata nello stato romano. Nel 358 i volsci cedettero la piana Pontina e gli ernici parte dei loro territori nella valle del fiume sacco, nei loro territori furono insediati da cittadini romani iscritti in 2 nuove tribù. Nel 354 a.C. cessò anche la resistenza delle città latine di Tivoli e Preneste e anche gli etruschi di Tarquinia e Cere minacciati dettero tregua. PRIMO CONFRONTO CON I SANNITI, PRIMA GUERRA SANNITICA La posizione di potere raggiunta da Roma nel Lazio trova espressione nel trattato che nel 354 Roma concluse con i sanniti, nel quale il confine tra le zone di egemonia delle due potenze era il fiume Liri. I sanniti occupavano una vasta zona lungo la catena appenninica centro meridionale montuosa che consentiva lo sfruttamento agricolo, era un territorio incapace di affrontare una forte crescita demografica. Il rimedio alle carestie era migrare verso terre più fertili. Il Sannio era organizzato in pagi, cantoni, dove si trovavano villaggi, vici, governati da un magistrato elettivo chiamato meddis. Più pagi costituivano una tribù chiamata touto. Le 4 tribù, carricini, caudini, pentri e irpini formavano la lega sannitica che aveva un'assemblea federale e poteva nominare in caso di guerra un comandante supremo. Nel V sec. alcune popolazioni si staccarono dai sanniti e occuparono ALCUNE ZONE COSTIERE DELLA CAMPANIA qui sotto l’influenza degli etruschi e dei greci si allontanarono dal punto di vista culturale e politico dai suoi connazionali del Sannio e adottarono l'organizzazione città stato. Alcune di esse si erano riunite in una lega campana che aveva il suo centro a Capua. Ma nonostante ci fossero delle affinità i contrasti tra campani e sanniti sfociarono in una guerra nel 343 quando i sanniti attacarono TEANO IN della seconda guerra sannitica dal 326 al 304 e' da ricercare nelle divisioni interne di Napoli, unica città greca Campana rimasta indipendente, dove si fronteggiavano masse popolari favorevoli ai sanniti e classi più agiate filoromane. I romani sconfissero rapidamente la guarnigione che i Sanniti avevano installato a Napoli, ma il tentativo di penetrare nel Sannio risultò un fallimento. Nel 321 i romani furono costretti alla resa alle forche caudine. Dopo ci qualche anno vi fu un'interruzione nelle operazioni militari, ma non è chiaro se fu una pace o una tregua momentanea. I romani approfittarono di questa pausa rinforzando le proprie posizioni in Campania dove vennero create 2 nuove tribù, nella speranza di isolare e circondare la lega sannitica. Le ostilità si riaccesero nel 316 quando romani attaccarono Saticula ai confini tra Campania e Sannio. Vinsero i sanniti a Lautulae. Tuttavia negli anni successivi Roma recupera il territorio perduto riconquista Saticula e Fregelle, ripristinano la comunicazione con la Campania e la migliorano grazie al trattato tra Roma e Capua della via appia. Alcune colonie iniziarono ad assediare il Sannio. Roma prepara il suo esercito. Lo schieramento a falange non era abbastanza efficace cosi divide la legione in 30 reparti detti manipoli ( unione di 2 centurie). La centuria in questo periodo non corrispondeva a 100 ma a 60 uomini. La legione viene schierata su 3 linee. L‘ordinamento manipolare permetteva maggiore flessibilità. Iniziano ad usare lo scudo rettangolare e il giavellotto. Roma affronta la minaccia su 2 fronti, a sud contro i sanniti a nord contro una coalizione di stati etruschi. Sconfiggono gli etruschi e si concentrarono sui sanniti. Conquistano uno dei centri maggiori dei Sanniti e stipulano la pace nel 304. Il trattato di alleanza tra Roma e Sanniti del 354 fu di nuovo rinnovato e Roma tornç in possesso di Fregelle e Cales. Gli ernici accusati di ribellione furono inglobati nello stato romano come cittadini senza diritto di voto. Gli equi furono sterminati e nel loro territorio fu creata una tribù romana. Le popolazioni osco belliche minori furono costrette a fare trattati di alleanza con Roma. La terza guerra sannitica Lo scontro tra Sanniti e Roma si riaprì nel 298 quando i sanniti attaccarono i lucani. I romani accorsero in loro aiuto. Il comandante dei sanniti Gellio Egnazio, era riuscito a creare una potente coalizione antiromana che comprendeva anche etruschi, galli e umbri. Lo scontro decisivo avvenne nel 295 a.C. a Sentino tra Umbria e Marche. I romani vinsero grazie al potenziale militare. I sanniti vengono battuti ad Aquilona nel 293 e chiesero la pace. A nord l'attacco dei galli e etruschi fu bloccato nel 283 nella battaglia del lago Vadimone. I romani colpirono prima l'Etruria meridionale e poi l'Etruria settentrionale e Umbria. Nel 290 sconfiggono i sabini e i pretuzzi , in Abruzzo settentrionale. In parte del territorio fu fatta la colonia latina di hadria, Atri. Nell'adriatico settentrionale viene annesso il territorio che apparteneva ai Senoni. Nell'ager gallicus nel 268 fu fondata la colonia latina di Rimini che portò Roma ad affacciarsi sulla pianura padana. I piceni, nelle Marche centro meridionali si sentono accerchiati e fanno una guerra contro Roma nel 269, mavengono sconfitti. Alcuni vengono deportati a Salerno altri ricevettero la civitas sine suffragio. Fu creata la colonia latina a Fermo nel 264 a.C. Roma era riuscita a portare sotto al suo controllo la linea che andava dall'Arno a Rimini. Guerra contro Taranto e Pirro Nel mezzogiorno di Italia la situazione era fluida, i Sanniti non erano stati del tutto sconfitti, alcune popolazioni come i lucani e i Bruzzi conservano la loro indipendenza, coma la città sotto la dominazione greca. Secondo un trattato Roma si era impegnata a non oltrepassare con le sue navi da guerra il capo lacinio, a sud di Crotone, e quindi a non penetrare nelle acque del golfo di Taranto. Nel 282 la città greca Turi che sorgeva sulle rive calabresi del golfo minacciata dai lucani chiese l'aiuto di Roma. I romani insediarono una guarnigione nella città e inviarono una flotta davanti alle acque di Taranto. I tarantini minacciati attaccano e affondano alcune navi romane e raggiunsero Turi eliminando la guarnigione romana. Taranto si vede costretta a chiedere aiuto al condottiero della madre patria greca, Pirro re dei molossi, il quale fece una specie di crociata in difesa dei greci d'occidente minacciati dai romani e cartaginesi procurandosi l'appoggio delle potenze ellenistiche. Egli si richiamava alla sua discendenza da Achille per giustificare l’attacco contro la troiana Roma. Pirro era imparentato con Alessandro il grande. Era sposato con la figlia del re di Siracusa Agatocle e con la morte del suocero egli sperava di colmare il vuoto di potere da lui lasciato. Nel 280 a.C. Pirro sbarcò in Italia con un enorme esercito formato da 22000, 3000 cavalieri e 20 elefanti da guerra. Roma si vide costretta ad arruolare per la prima volta capite censi ovvero i nullatenenti esentati dal servizio militare. Nonstante la mamertini, chiesero aiuto a Cartagine, la quale temeva che i siracusani si impadronissero dello stretto e dunque misero una guarnigione cartaginese a Messina. Ierone fu costretto a tornare a Siracusa dove venne proclamato re a seguito delle sue vittorie. I mamertini però si stancarono della tutela cartaginese e decisero di fare appello a Roma. A Roma iniziò un dibattito sulla possibilità di intervenire in loro aiuto perché 1. sostenere i mamertini era contraddittorio visto il comportamento di qualche anno prima a Reggio dove i romani erano intervenuti per cacciare una guarnigione di soldati campani che imitando i mamertini avevano cercato di impadronirsi del governo della città. 2. Un altro motivo di discussione era quello di evitare conflitti con Cartagine e con Siracusa. Roma non poteva sottovalutare l'avversaria Cartagine che aveva un vasto impero che si estendeva dalle coste dell'Africa settentrionale alla Spagna meridionale , dalla Sardegna alla Sicilia. Cartagine era guidata da un regime oligarchico e grazie ai suoi mezzi finanziari aveva grandi eserciti. 3. Non si è in grado di valutare se ci fossero degli accordi tra Cartagine e Roma, infatti si discute circa l’autenticità di una clausola che includeva la Sicilia nella sfera dell’egemonia cartaginese e la penisola italiana sotto l’influenza di Roma. Questa clausola era ricordata dallo storico greco FILINO , ma l’unica testimonianza a riguardo è quella indiretta di Polibio che ne negava l’esistenza in quanto negli archivi di Roma non ce n’è traccia. Nonostante l’opinione di Polibio è probabile che tra le 2 potenze esisteva un accordo per la delimitazione delle rispettive sfere di interesse e quindi la flotta punica davanti alle acque di Taranto nel 272 costituì una violazione dei patti. Non rispondere all’appello dei mamertini significava lasciare a Cartigine la Sicilia, isola molto ricca e secondo Polibio questa motivazione economica convinse Roma a soccorrere i mamertini. Anche se Roma non dichiarò ufficialmente guerra a Cartagine questa decisione aprì la prima guerra punica che va dal 264 al 241. I romani riuscirono a respingere da Messina Cartaginesi e Siracusani che si erano alleate contro Roma e Mamertini. Il re Ierone capì che era pericoloso essere alleato con Cartagine, chiese la pace che lo lasciò in possesso di un ampio territorio della Sicilia orientale e si schierò con Roma. Nel 262 dopo un lungo assedio Agrigento cadde nelle mani di Roma. Cartagine però era superiore nelle forze navali e per questo aveva un controllo su molte località costiere della Sicilia. Roma decise quindi per la prima volta di creare una grande flotta di quinqueremi contando sull'appoggio di socii navales e nel 260 vinse sulla flotta cartaginese nelle ACQUE DI MILAZZO. Attaccò poi Cartagine NEI POSSEDIMENTI IN e la sconfisse a capo Ecnomo, ad est di Agrigento. Il console romano Marco Attilio Regolo non seppe sfruttare i successi e fece fallire le trattative di pace e questo rafforzò la determinazione dei cartaginesi. Regolo venne battuto dai cartaginesi comandati dal mercenario spartano Santippo. I romani persero molte flotte. Nel 249 dopo una SCONFITTA nella battaglia navale di TRAPANI , Roma non aveva più forze navali e mezzi per creare UNA NUOVA FLOTTA . Anche i cartaginesi però erano esausti e non seppero sfruttare la loro superiorità sui mari. Solo dopo qualche anno Roma costruì una nuova flotta che fu mandata a bloccare Trapani e Lilibeo. Sconfissero i cartaginesi alle isole Egadi nel 241. Cartagine chiese la pace e le clausole del trattato prevedevano lo sgombero dell'intera Sicilia e delle isole che si trovavano tra Sicilia e Italia, Lipari e Egadi e il pagamento di un indennizzo di guerra. LA PRIMA PROVINCIA ROMANA Dopo la guerra punica Roma aveva un ampio territorio al di fuori dalla penisola italica, regioni della Sicilia centro occidentale, un tempo sotto dominio di Cartagine. Il sistema con il quale Roma integrò questi possedimenti segnò un svolta nella sua storia istituzionale. In passato nella penisola, città e popolazioni venivano incorporate nello stato romano oppure legate da trattati che prevedevano l'invio di truppe in aiuto alla potenza, ma non era imposto nessun pagamento di denaro e lasciavano ai socii l'autonomia interna. In Sicilia invece la strada intrapresa fu diversa, alle comunità un tempo di Cartagine, venne imposto il pagamento di un tributo annuale consistente in una parte del raccolto di cereali, 1 decimo della produzione, l'amministrazione della giustizia , il mantenimento dell'ordine interno e a difesa dalle aggressioni esterne furono affidati a un magistrato romano inviato annualmente nell'isola, nei primi anni probabilmente uno dei 4 questori della flotta, questores classici che erano stati creati per la prima volta nel 267. Dal 227 vennero eletto 2 NUOVI PRETORI CHE SI AFFIANCARONO AL PRETORE URBANO E AL PRETORE PEREGRINO. Uno dei 2 nuovi magistrati venne inviato in Sicilia, l'altro in Sardegna. Da questo momento il termine provincia che prima indicava solo la sfera di competenza di un magistrato , assume il significato di territorio soggetto all'autorità divenuto censore per collegare i territori dell’ager gallicus da lui recentemente fatti distribuire, nel 187°.C. la via Emilia, da Rimini a Piacenza, nel !48 a.C. la via Postumia, da Genova ad Aquileia. MANTRE ROMA CONQUISTAVA I TERRITORI DELL’ADRIATICO E DELL’ITALIA SETTENTRIONALE , CARTAGINE SI RIPRESE E CERCÒ DI COSTRUIRE UNA BASE IN SPAGNA, QUESTA OPERAZIONE FU CONDOTTA DALLA FAMIGLIA BARCA. La loro avanzata preoccupò la città greca di Marsiglia che in Spagna aveva alcuni insediamenti commerciali, Marsiglia era alleata di Roma. Nel 226 un’ ambasceria del senato concluse un trattato con Asdrubale, genero di Amilcare Barca, secondo il quale gli eserciti cartaginesi non potevano oltrepassare a nord il fiume Ebro. Secondo Livio il fiume venne riconosciuto come confine tra le zone di influenza dei due stati e i romani si impegnarono a non superare l’Ebbro verso sud. Un elemento di contrasto tra Roma e Cartagine era il trattato di alleanza stretto tra Roma e Sagunto, città iberica che si trovava a sud dell'ebro. SECONDA GUERRA PUNICA 218 A.C. Cartagine voleva una rivincita su Roma, la questione di Sagunto fu sfruttata da Annibale, figlio di Asdrubale per far esplodere il conflitto. Alle prime minacce di un attacco cartaginese Sagunto chiese aiuto a Roma ma il senato rispose tardi e Annibale L’AVEVA GiA CONQUISTATA e si avviava a realizzare il suo disegno strategico nel 218. Roma doveva la vittoria nella prima guerra punica al suo enorme potenziale umano dunque il piano era quello di staccare Roma dai suoi alleati italici. Tuttavia a seguito del trattato di pace i cartaginesi avevano un'inferiorità navale e dunque l'invasione doveva avvenire via terra dove Annibale sperava di trovare appoggio dalle tribù galliche sottomesse da Roma. Annibale parti nel 218°.C. da Cartagena con un grosso esercito rafforzato da truppe spagnole. Valicò i Pirenei e riuscì ad evitare lo scontro con l'esercito romano guidato da Publio Cornelio Scipione. I cartaginesi attraversarono le Alpi e trovarono l'appoggio dei Boi e Insubri. Roma e Cartagine si scontrarono sul Ticino e i cartaginesi ebbero la meglio sui romani comandate da Pubblio Scipione. Sul fiume Trebbia poi Annibale sconfisse l'esercito di Scipione e del suo collega nel consolato Tiberio Sempronio Longo. L'anno dopo il generale cartaginese riuscì a eludere gli eserciti romani che tentavano di impedire il passaggio degli Appennini e a sorprendere le truppe e l'esercito romano viene annientato e Flaminio viene ucciso. Roma capisce che per fermare Annibale bisognava ridurre uomini e mezzi a sua disposizione e impedirgli di ricevere aiuti. Quinto Fabio Massimo fu nominato dittatore e la sua strategia prevedeva di evitare le battaglie campali e limitarsi a controllare le mosse di Annibale e impedire che ricevessero aiuti e così si sarebbero alla fine arresi ai romani. Per questo motivo Quinto Fabio Massimo fu chiamato, cunctator, temporeggiatore. La strategia di Fabio Massimo alla lunga avrebbe portato alla vittoria, ma a breve termine significava che Roma avrebbe dovuto assistere impotente alla devastazione dell’Italia da parte dei cartaginesi che attraversarono incontrastati le regione del Piceno, del Sannio e della Puglia. Scaduti i sei mesi della dittatura di Fabio Massimo, Roma decise di passare di nuovo all'offensiva contando di annientare Annibale grazie alla sua superiorità numerica. Ma nel 216 a.C. Annibale annienta i romani nella pianura di Canne, in Puglia. La battaglia è considerata un capolavoro dell’arte militare per le manovre di accerchiamento compiute da un esercito numericamente inferiore agli avversari. Sembrava che ormai Roma avesse perso la guerra. Nel 215 a.C. morì Ierone, alleato di Roma e gli successe il nipote Ieronimo che decise di schierarsi dalla parte dei cartaginesi. Nello stesso anno Roma viene a conoscenza di un patto di alleanza tra Annibale e Filippo V di Macedonia. Gli alleati dell'Italia centrale rimasero fedeli a Roma e Roma che iniziò a riguadagnare posizione nel mezzogiorno. Anche Taranto si schierò con i Cartaginesi ma un piccolo presidio romano continuava a controllare il porto impedendo ad Annibale di ottenere via mare i rinforzi di cui aveva bisgono. Nel 211 a.C. Roma riconquista Capua. In Sicilia, Roma dopo un lungo assedio giudato da Marco Claudio Marcello conquista Siracusa. Nell'adriatico una flotta di 50 quinquiremi si rivelò sufficienti per impedire ciò che i romani temevano maggiormente, cioè l'invasione dell'Italia di Filippo V e il suo ricongiungimento con le forze di Annibale. SECONDA GUERRA MACEDONICA Dopo la guerra contro Cartagine Roma riaprì il conflitto con Filippo V di Macedonia. La decisione di contrastare le ambizioni di Filippo creando una coalizione di stati greci in occasione della prima guerra macedone aveva permesso a Roma di limitare al massimo il suo sforzo militare in oriente e di concentrarsi contro Cartagine. Aveva creato una rete di relazioni con alcuni stati greci tra i quali la lega etolica, il regno di pergamo e Atene che Seleuco I. aveva strappato un secolo prima in occasione dei conflitti fra i successori di Alessandro. Le proteste di Roma che chiedeva la cessazione degli attacchi contro le città autonome dell’Asia minore e l’immediata evacuazione dell’Europa furono respinte da Antioco che da un lato assicurò di non essere ostile nei confronti di Roma, ma dall’altro riaffermò con decisione le pretese sui territori dell’Asia minore e la Tracia. Scipione l’Africano suggeriva di lasciare un presidio in Grecia in vista di un conflitto con Antioco III e anche perché vi aveva trovato rifugio Annibale, nemico di Roma. Ma Flaminino volle mantenere l’impegno preso ai Giochi Ismici. La guerra fredda tra le 2 prosegui sino al 192 a.C. quando la lega etolica invitò Antioco a liberare la Grecia dai falsi liberatori romani. Antioco decise di passare con un piccolo esercito a Demetriade in Tessaglia, non potendo godere di molti aiuti fu sconfitto dai romani alle Termopoli e fuggi in Asia minore. Roma era decisa al allontanare la minaccia siriaca e quindi decise di colpire Antioco nel suo stesso regno. Nel 190 Lucio Cornelio Scipione accompagnato dal fratello Publio Cornelio Scipione si preparò a invadere l'Asia minore per via terrestre attraversando Grecia, Macedonia e Tracia, sorte del sostegno di Filippo V di Macedonia. Nel frattempo i romani sconfissero i siriaci nell'Egeo e a Magnesia sul Sipilo l'esercito di Antiaco, superiore dal punto di vista numerico, ma male organizzato venne completamente disfatto. La pace siglata nella città siriaca di Apamea confermò che Roma non aveva intenzione di impegnarsi direttamente nel mediterraneo. Antioco fu costretto a pagare un’ indennità di guerra, di affondare tutte le navi, tranne 10 e di consegnare i nemici che avevano trovato rifugio tra i quali Annibale che fuggì in Bitinia e qualche anno dopo si uccise, dovette sgomberare i territori da ovest a nord del Tauro, Asia minore. I territori nell'Asia minore sottratti non furono inglobati nello stato romano come provincia ma spartiti fra gli alleati di Roma, Pergamo e Rodi. Le città greche della costa che si erano schierate con Roma ottennero l’autonomia. TRASFORMAZIONI POLITICHE E SOCIALI A seguito delle grandi vittorie ci furono dei cambiamenti nell’assetto politico e sociale. Dopo la pace di Apamea ci furono diversi episodi come il processo degli Scipioni. Il processo degli Scipioni mostra l'acuirsi del contrasto all'interno della classe dirigente romana e i nuovi contrasti politici che si stavano affermando. Nel 187 alcuni tributi della plebe accusarono Scipione di essersi impadronito di parte dell'indennità di guerra come se si trattasse di bottino. Nonostante l’intervento del fratello Scipione L’africano, solo il veto di uno dei tribuni della plebe impedì che Lucio nel 184 fosse condannato a pagare una pesante multa. Lo stesso anno fu attaccato Scipione l'Africano accusato di aver condotto trattative personali con il re di Siria. Scipione rifiutò le accuse ricordando i servigi resi allo stato e si ritirò in esilio in Campania dove morì l’anno successivo. Il processo agli Scipioni è ispirato dalla grande figura emergente di questo periodo Marco Porcio Catone, fu un attacco contro una personalità importante per le cariche che aveva rivestito e per il suo carisma personale. Colpendo Scipione si colpiva la spinta verso l’individualismo che rischiava di mettere in pericolo la gestione collettiva della politica da parte della nobilitas. Non sono da escludere motivi personali. In questo contesto trova ispirazione nel 180 a.C. la legge Villia che introdusse un obbligo di età minima per rivestire le diverse magistrature e un intervallo di un biennio tra una carica e l'altra. Era un tentativo di regolare le competizioni politiche che stava diventando sempre più accese inoltre un'altra disposizione fu quella che proibiva di poter rivestire un secondo consolato entro un decennio dalla prima elezione. Negli stessi anni si diffuse il culto di Bacco e questo fu un segno della tensione religiosa, culturale e sociale in quanto i devoti di Bacco provenivano in buona parte dalle classi sociali inferiori. Il senato reagì duramente con misure drastiche non tanto per le pratiche orgiastiche, ma piuttosto per il fatto che i devoti di bacco, baccanali si fossero dati un'organizzazione interna che poteva configurarsi come una sorta di stato all'interno dello stato romano . La terza guerra macedonica Il re macedone aveva sostenuto Roma nella guerra siriaca, ma dal primo momento le ambizioni di Filippo sulle città della costa Tracia vennero deluse anche su impulso del re di Pergamo Eumene II immedesimato nel suo ruolo di custode degli interessi di Roma in Oriente. Filippo quindi dovette rinunciare alla Tracia, ma inviò il figlio Demetrio che godeva di molte amicizie a Roma per sostenere la sua causa. Secondo Polibio si stava preparando segretamente alla rivincita. In Grecia continuavano a esserci controversie tra le città greche. Roma su suggerimento di Callicrate, un uomo politico della lega achea, adottò come romana. Il suo governatore in caso di necessità poteva intervenire per regolare le questioni della Grecia. Tutte le leghe furono sciolte e furono imposti regimi aristocratici di provata fedeltà. La terza guerra punica Dopo la sconfitta nella 2 guerra punica, Cartagine si era ripresa economicamente e politicamente. Un elemento che poteva turbare la situazione dell'Africa settentrionale erano le dispute di confine tra Numidia di Massinissa e Cartagine. Il re di Numidia nella prima metà del II sec avanzò pretese sempre più ambiziose su territori appartenenti al vicino. Cartagine che secondo il trattato non poteva dichiarare guerra senza il consenso di Roma chiese il permesso che però più volte le fu negato. Così dopo che Massinissa aveva inglobato alcuni territori più ricchi di Cartagine, Cartagine dichiarò guerra, i molti sostenitori che volevano l’accordo e non la guerra vennero banditi e fu inviato un esercito contro Massinissa. La mossa si rivelò disastrosa e l'esercito cartaginese fu annientato e avendo violato la clausola del 201 a.C. molti romani volevano la distruzione di Cartagine, tra i quali il vecchio Catone. La determinazione di distruggere una città che non costituiva più una minaccia per Roma ha suscitato un dibattito acceso tra gli studiosi. Nella decisione ebbe un ruolo importante il timore che Cartagine potesse essere ancora un grave pericolo perchè poteva coalizzare le forze antiromane presenti nel Mediterraneo. Inoltre si pensa che il vero motivo fosse la constatazione che il conquistatore di Cartagine avrebbe acquistato per sé una gloria eterna e invece lo stato romano un bottino immenso e un territorio fertilissimo. Nel 149 a.C. un imponente esercito sbarcò in Africa. I cartaginesi per evitare una guerra persa in partenza consegnarono le armi ma quando l'esercito romano ordinò loro di abbandonare la città, decisero di porre resistenza. Quella che si pensava dovesse essere una rapida azione militare si trasformò in un lungo e difficile assedio. Nel 146 a.C sotto il comandi di Publio Cornelio Scipione Emiliano, figlio di Lucio Emilio Paolo, la città fu saccheggiata e rasa al suolo e fu trasformata in nuova provincia d' Africa. La Spagna Il punto finale della storia di Polibio è il 146 a.C., egli raccontò come Roma aveva saputo conquistare l’egemonia contrasta su tutto il mondo mediterraneo, nello stesso periodo aveva annientato le due potenti monarchie di Macedonia e di Siria, ridotto all’obbedienza tutti gli stati dell’oriente ellenistico e distrutto la grande Cartagine. Ma non era riuscita a venire a capo dalla situazione in Spagna. Dopo la 2 guerra punica i romani si erano stabiliti nella penisola iberica a Cadice e Guadalquivir, in meridione e a settentrione nella zona nord dell’Ebro. Nel 197 a.C. le 2 aree furono organizzate nelle nuove province di Spagna, Citeriore a nord, e Spagna Ulteriore a sud governate da 2 pretori appositamente eletti. Le comunità spagnole soggete a Roma dovevano pagare un tributo detto stipendium e fornire truppe ausiliarie. La penetrazione verso l'interno della Spagna si rilevò difficile tanto che la sottomissione fu completata solo con Augusto. La guerriglia costrinse Roma a lasciare quasi costantemente forti eserciti in Spagna. Subì molte sconfitte e le vittorie non erano mai decisive, sottomessa una tribù altre si ribellavano. Tra i legionari romani e le truppe degli alleati italici vi era il malcontento per una guerra senza gloria, senza bottino e senza fine che sfociò in episodi di renitenza alla leva. I magistrati romani furono molto duri, infatti per risolvere questa situazione, Roma nel 149 creò un tribunale speciale e permanente incaricato di giudicare il reato di concussione. I due governatori delle province spagnole Marco Porcio Catone e Ti Sempronio Gracco assunsero atteggiamenti diversi. Catone avversario degli Scipioni che era stato inviato nella Spagna Citeriore, in qualità' di console, sottomise le tribù della valle dell'Ebro. T. Sempronio Gracco invece era governatore della Spagna Citeriore con il suo atteggiamento cercò di rimuovere le ragioni dell'ostilità verso Roma che assicurarono a Roma qualche di respiro. La sua strategia fu conclusa da trattati di pace con alcune tribù celtibere. Nel 137 a Numanzia si consumò un episodio emblematico delle difficoltà di Roma nella penisola iberica. Il console Caio Ostilio Mancino, sconfitto , per evitare la distruzione del suo esercito fu costretto dai numantini a firmare una pace umiliante per Roma. Il trattato fu disconosciuto dal senato e la guerra numantina fu affidata al comandante romano Scipione Emiliano il quale conquistò e distrusse Numanzia come aveva fatto tredici anni prima con Cartagine. La spietata vendetta su Numanzia non riuscì a cancellare l’umiliazione del 137 a.C. soprattutto di Ostilio Mancino, Tiberio Sempronio Gracco, figlio del governatore della Spagna Citeriore nel 180-178 a.C. destinato a imprimere con il suo tribunato della plebe una svolta nella storia di Roma. organizzate al suo servizio e presto divennero un’arma temibile nelle mani degli agitatori. Le distribuzioni frumentarie ai cittadini romani residenti a Roma dovevano diventare completamente gratuite e questo comportò un aumento dei beneficiari, aumentati dalle immigrazione verso la città e dalla liberazione degli schiavi che potevano partecipare alle assegnazioni. Infine si condannava all'esilio chiunque condannasse a morte un cittadino romano senza concedergli di appellarsi al popolo. Bersaglio evidente era Cicerone che aveva fatto giustiziare i Catilinari, ma prima che la legge fosse votata si era già allontanato da Roma. Cesare in Gallia Quando Cesare arrivò nelle sue province era in atto a nord della narbonese una migrazione di Elvezi, Svizzera, verso occidente che minacciava le terre degli Edui e la stessa provincia romana. Cesare li sconfisse e così ebbe iniziò la conquista cesariana della Gallia. Nel frattempo gli Svevi, Germanici stanziati nel Reno, guidati da Ariovisto erano passato vicino al fiume per aiutare i sequani rivali degli Edui. Gli Edui vengono sconfitti e Ariovisto lascia dei suoi uomini nel territorio dei Sequani, Alsazia. I romani erano intervenuti per convincere il capo germanico a ritirare il suo esercito. Ad Ariovisto era stato riconosciuto il titolo di re amico alleato dei romani. Le migrazioni verso l'Alsazia erano riprese cosi Cesare dopo aver intimato ad Ariovisto di ritirarsi e successivamente tentando un acccordo, lo affrontò e lo sconfisse costringendolo a ripassare il Reno. Conclusa questa campagna Cesare torna in cisalpina lasciando alcune truppe nel Vesonzio. La presenza romana nella Gallia centrale preoccupò i Belgi allarmate dalla vicinanza delle legioni. Cesare riuscì a impadronirsi delle loro piazzaforti. Nel frattempo un legato di Cesare Publio Licino Crasso va verso Normandia e Bretagna sottomettendole. I successi di Cesare erano dovuti alla mancanza di unione delle tribù galliche che non riuscirono a condurre azioni unitarie, ma anche alla grande capacità di cesare di adattare la sua tattica al tipo di combattimento che di volta in volta esigeva e dalla sua abitudine di condividere le fatiche con i suoi soldati. Alla fine del 57 a.C. la Gallia poteva dirsi pacificata. Gli accordi di Lucca e la prosecuzione della conquista della Gallia Finito l'anno da tribuno, Clodio torna privato cittadino, ma comunque non aveva smesso di usare le sue bande come strumento di pressione. Non potendo opprre il proprio veto, i suoi avversari cercarono di imporre il ritorno di Cicerone e si accordarono con un tribuno della plebe, Tito Annio Milone. Uno dei bersagli preferiti di Clodio era Pompeo che preoccupato per i crescenti successi di Cesare in Gallia aveva appoggiato i sostenitori del richiamo di Cicerone. Nel 57 a.C. Cicerone può ritornare a Roma. Pompeo, si trovava in una situazione di grave stallo politico. Egli non si impegnava apertamente nei conflitti per paura di ricevere critiche da Clodio e le sue bande di fedeli. Venire allo scoperto significava esporsi al pericolo di fallire e di veder diminuita la sua autorità, ma allo stesso non far nulla comportava lo stesso un pericolo in quanto rischiava di perdere il suo prestigio. Per questo fu lieto di accettare l'incarico, caldeggiato da cicerone, che gli conferiva poteri straordinari della durata di 5 anni per provvedere all'approvvigionamento della città, cura annonae, questo mandato era necessario perché la popolazione di Roma era nell’ultimo secolo raddoppiata e le distribuzioni frumentarie gratuite di Clodio avevano contribuito ad aumentare le esigenze della distribuzione. Contro Cesare veniva chiesto che si revocasse la legge sull’agro campano e uno dei candidati alle elezioni consolari del 55 a.C. Lucio Domizio Enobarbo lasciò intendere che se eletto avrebbe proposto la revoca del proconsolato di Cesare in Gallia. A questo punto Cesare incontra Crasso a Ravenna e poi si riunì con lui e Pompeo a Lucca dove i 3 si accordarono sul fatto che il comando di Cesare in Gallia sarebbe stato prorogato per altri 5 anni con l'aumento a 10 delle legioni a sua disposizione. I 3 si sarebbero impegnati per far eleggere Pompeo e Crasso consoli per il 55 a.C. e dopo il consolato avrebbero ricevuto come province per 5 anni Pompeo le 2 spagne e Crasso la Siria. Tornato in Gallia, Cesare trovò la Bretagna in rivolta, Cesare fece costruire piccoli battelli agili e veloci ed ebbe la meglio. Rivolse allora la propria attenzione sul fronte del Reno, qui le 2 tribù germaniche Usipeti e Tencteri avevano attraversato il fiume spingendosi verso Treverie. Cesare li annientò. Nel 54 Cesare va in Britannia e sottomise parecchie tribù della costa. La grande crisi scoppiò nel 52 nella Gallia centro occidentale guidata da Vercingetorige, re degli Arverni, furono sterminati i romani e italici residenti a Orleans e la sollevazione rapidamente nel territorio tra la Loira e la Garonna. Cesare cercò di bloccare l'assedio ma fu respinto. Cesare fu costretto a dirigersi a nord per ricongiungersi alle forze del suo legato Tito Labieno e insieme iniziarono a inseguire Vercingetorige che si rifiutò di combattere e si nascose ad Alesia in attesa di rinforzi. Cesare un provvedimento che prescriveva che dovesse trascorrere un intervallo di 5 anni tra una magistratura e una promagistratura. La norma mirava a scoraggiare la corruzione ma costituiva in pratica una minaccia per Cesare che anche se fosse riuscito a diventare console, allo spirare della carica sarebbe divenuto privato cittadino. Pompeo si era fatto dispensare da questa regola e aveva prorogato per altri 5 anni, fino al 47 il proconsolato di Spagna con il diritto di restare a Roma. Gli era stato associato allora un collega ed era ripresa la regolare nomina di coppia consolare. Una seconda legge aveva fatto obbligo a tutti di presentare le proprie candidature di persona, era stata fatta eccezione per Cesare. Dal 51 però iniziarono le discussioni sul termine dei poteri di Cesare e cominciò una lotta a colpi di cavilli e di espedienti giuridici e interpretativi tesa a raggiungere, da parte di Cesare l’estensione del suo comando fino al 49 per potersi candidare al consolato del 48 “in assenza”. I suoi oppositori invece lo volevano sostituire già dal 50 a.C. con la nuova procedura veniva più facile rimpiazzarlo, grazie ad essa il successore di Cesare poteva essere scelto in ogni momento fra quelle persone che avessero occupato una magistratura. Con le vecchie norme che risalivano a Caio Gracco la provincia di Cesare avrebbe potuto essere dichiarata consolare prima dell’elezione a console di chi era destinato a subentrargli e costui avrebbe poi dovuto esercitare a Roma il suo anno consolare e dopo averlo finito avrebbe potuto assumere il comando della provincia; nel frattempo cesare avrebbe conservato per proroga il suo posto. Un tribuno della plebe Caio Scribonio Curione, nel 50 propose che si dovessero abolire contemporaneamente tutti i comandi straordinari, sia quello di Cesare che quello di Pompeo, il senato approvò ed entrambi i proconsoli dovettero deporre le loro cariche. All'inizio del 49 Cesare fu disposto a deporre le cariche solo se anche Pompeo lo avesse fatto, ma i suoi avversari ottennero che si intimasse a Cesare di deporre alle sue cariche. Minacciato dal veto di due tribuni dopo averli cacciati con la violenza il senato votò il senatus consultum ultimatum affidando ai consoli il compito di difendere lo stato. Pompeo ebbe l'incarico di difendere lo stato. Vennero nominati i successori di Cesare al governo delle province assegnategli. Cesare appresa la notizia varcò il Rubicone che segnava il confine tra Gallia cisalpina e territorio civico romano e diede iniziò a una guerra civile. Pompeo abbandonò la città per andare a Brindisi per imbarcarsi verso l'Oriente. Cesare adducendo come propria giustificazione la tutela dei diritti del popolo, violati dai suoi tribuni percorse rapidamente l’Italia, ma non riuscì a fermare in tempo il piano di Pompeo di trasferirsi in Grecia, bloccare con le sue flotte i rifornimenti e di affamare l’Italia. Cesare rivolse le proprie forze verso le truppe di Pompeo in Spagna e li sconfisse. Cesare negli ultimi giorni del 49 tornò a Roma e rivestì la carica che il pretore Marco Lepido gli aveva fatto conferire in assenza, di dittatore al solo scopo di convocare i comizi elettorali. I comizi lo elessero console per l'anno 48 a.C. Nel frattempo Pompeo aveva posto il suo quartiere generale a Tessalonica mentre le sue navi erano nell'Adriatico per impedire eventuali sbarchi di Cesare. Cesare però compiendo la traversata in pieno inverno riuscì a traghettare 7 legioni e ad assediare Durazzo. L'esercito di Pompeo però era numeroso e respinse Cesare. Lo scontro decisivo si ebbe in Tessaglia nel 48 a.C. Pompeo fu sconfitto e fuggì in Egitto dove trovò rifugio presso i figli del re Tolemeo Xii Aulete che egli aveva aiutato a recuperare il trono. Ma in Egitto era in corso una contesa dinastica tra Tolemeo XIII e la sorella Cleopatra VII che il padre aveva destinato a succedergli, e i consiglieri del re giudicando compromettente accogliere Pompeo, lo fecero assassinare. Anche Cesare andò in Egitto dove si trattenne dal 48 al 47 a.C. allo scopo di dirimere le lotte fra i due fratelli e per ottenere l'appoggio di questo regno ricchissimo. Assediato dai partigiani di Tolomeo ad Alessandria, fu costretto ad attendere rinforzi prima di affrontare in battaglia il re che, sconfittò morì. Cleopatra fu confermata regina d'Egitto insieme al fratello minore Tolemeo XIV, partito Cesare diede alla luce un figlio da lui e lo chiamò Tolemeo Cesare che costituiva una garanzia della protezione di colui che si avviava a divenire il primo cittadino di Roma. Nel frattempo il figlio di Mitridate, Farnace aveva tentato di approfittare della situazione per recuperare i territori paterni. Cesare lo sconfisse. Nel 47 Cesare va in Africa dove si erano rifugiati i pompeiani che si erano assicurati l'appoggio del re di Numidia, Giuba. Superate le difficoltà iniziali Cesare li sconfisse a Tapso, Tunisia e il regno di Giuba divenne provincia romana col nome di Africa Nova. L'esercito di Pompeo infine fu annientato in Spagna. Cesare dittatore perpetuo In Egitto, nel 48 Cesare era stato nominato dittatore per un anno e poi prima di partire per la campagna di africa fu eletto al suo terzo consolato per il 46 a.C. A metà del 46 gli venne conferita la Dolabella la Siria. Antonio si fece consegnare le carte private di Cesare. Fu tuttavia abolita la dittatura dalle cariche dello stato. Antonio approfittò del possesso di queste carte per far passare progetti di legge che egli sostenne di avervi trovato. Alla lettura del testamento si scopri che Cesare aveva nominato suo erede per i ¾ dei beni Caio Ottavio, pronipote, il resto andava a Lucio Pinario e Quinto Pedio. Alle idi di marzo Ottavio si trova ad Apollinea. Saputo del testamento Ottavio giunge a Roma e reclamò l'eredità e concentrò su di se l'appoggio dei cesariani. Antonio per controllare più da vicino l'Italia allo scadere del suo consolato si era fatto assegnare dai comizi al posto della Macedonia 2 province della Gallia cisalpina e della Gallia comata, territori gallici conquistati da Cesare, per la durata di 5 anni conservando il diritto di trasferire in Gallia anche le legioni macedoni. Quando però Antonio andò verso la cisalpina Decimo Bruto, governatore, rifiutò di cedergliela e si rinchiuse a Modena assediata da Antonio. Iniziò la guerra di Modena 43 a.C. Mentre Cicerone attaccava Antonio per via della sua condotta prevaricatrice, il senato ordinò ai consoli Aulo Irzio e Caio Vibio Pansa di aiutare Decimo Bruto. Antonio viene battuto e fu costretto a ritirarsi verso la narborese. Il triumvirato costituente, secondo triumvirato. Le proscrizioni, filippi Poiché entrambi i consoli erano scomparsi Ottavio chiese al senato il consolato. Al rifiuto marciò su Roma. Nel 43 viene eletto console con Quinto Pedio. I 2 revocarono tutte le misure di amnistia e istituirono un tribunale per perseguire gli uccisori di Cesare. Ottavio si fece chiamare Caio Giulio Cesare Ottaviano. In Gallia Antonio si era congiunto con Lepido. Decimo bruto fu ucciso. Fu annullato il provvedimento che aveva dichiarato Antonio nemico pubblico. Ottaviano Antonio e Lepido a Bologna stipularono la lex tria e istituirono un triumvirato per la riorganizzazione dello stato che divenne una magistratura ordinaria, triumvirato costituente detto secondo triumvirato, dalla durata di 5 anni fino al 38. Essa dava il diritto di convocare il senato e il popolo e di fare editti e designare i candidati alle magistrature. Antonio avrebbe governato Gallia Cisalpina e Gallia comata, Lepido avrebbe ottenuto la Gallia narborese e le 2 Spagne e Ottaviano Africa, Sicilia, Sardegna e Corsica. Ad Ottaviano era toccata la parte peggiore della Sicilia e Sardegna, infatti erano minacciate da sesto Pompeo. Vennero fatte le liste di proscrizione con i nomi degli assassini di Cesare e nemici del triumvirato. I triumviri puntarono all'oriente dove c'erano i cesaricidi Bruto e Cassio. Cesare fu divinizzato e Ottaviano divenne divi filius. Antonio e Ottaviano partono per la Grecia. Lo scontro si ebbe a filippi in macedonia nel 42. Cassio e Bruto vengono sconfitti e si suicidarono. Le proscrizioni e le guerre avevano decimato l'opposizione senatoria più conservatrice. Il loro posto fu preso da un'aristocrazia composta da membri delle classi dirigenti municipali italiche e da persone di fiducia. Si verificò un mutamento nella composizione e nelle mentalità delle elites di governo più inclini a rapporti di dipendenza politica e personale. Ottaviano in occidente. Guerra di Perugia, Sesto Pompeo. Gli accordi di Brindisi. Miseno e Taranto. Nauloco Antonio ottiene una posizione di forza e prese il comando su tutto l'oriente. A Lepido fu assegnata l'Africa e Ottaviano ebbe le Spagne, il compito di assegnare terre ai veterani e vedersela con Sesto Pompeo. L'assegnazione delle terre era il compito più difficile poichè non c'era più agro pubblico da assegnare e quindi bisognava espropriare terreni nelle 18 città di Italia destinate allo scopo. Vennero colpiti soprattutto gli interessi dei piccoli e medi proprietari terrieri scoppiarono proteste e Ottaviano fu costretto ad affrontarli. Gli insorti si chiusero a Perugia, guerra di Perugia 41\40 a.C. la città fu liberata. Antonio voleva appropriarsi delle Gallie. Si avvicinò a Sesto Pompeo sposando la sorella del suocero di Pompeo. Preoccupato, Antonio arrivò a Brindisi e incontrò Ottaviano. I 2 strinsero un accordo, accordo di brindisi 40 a.C. in cui ad Antonio veniva assegnato l'oriente e ad Ottaviano l'occidente tranne Africa che era di Lepido. Sesto Pompeo continuava a rivendicare le sue terre. Deluso di non essere stato preso in considerazione a Brindisi iniziò a bloccare le forniture di grano a Roma. Antonio tornò in Grecia per presenziare con Ottaviano all'accordo di Miseno 39 a.C. cosi Sesto Pompeo si vide riconosciuto il governo di Sicilia, Sardegna, Corsica e Peloponneso. L'equilibrio durò poco. Di fronte a difficoltà di Antonio a consegnare il Peloponneso, Sesto Pompeo riprese le scorrerie contro l'Italia. Ottaviano allora divorzia. Nel frattempo Sesto aveva perso Sardegna e Corsica che erano passate ad Ottaviano. Scoppiò la guerra per la Sicilia. Ottaviano Azio e la cesura tra storia repubblicana e storia del principato Nel 31 Ottaviano aveva vinto ad Azio contro Antonio e Cleopatra e diventò padrone assoluto dello stato romano. Alla fine delle guerre civili rimaneva aperta la questione di quale potere personale riconoscere legalmente al vincitore. L'ipotesi di un regime monarchico che sostituisse la repubblica era stata progettata da Cesare ma con la sua morte fallì. Le soluzioni adottate da Ottaviano furono no restauratrici nella forma , ma innovative nella sostanza e gradualmente segnarono una frattura fondamentale nella storia romana. E’ un errore ritenere che il disegno emerso nel lungo periodo di preminenza di O.A: sia stato frutto di un progetto politico pensato a tavolino, ma neanche frutto di tentativi, non rapportabile a un piano complessivo. E’ invece apparso evidente che sia stato frutto di continue aggiustamenti e ripensamenti connessi a una logica di fondo. Se si considerano i risultati raggiunti da O. si tiene conto solo dell’esito finale trascurando l’arco di tempo impiegato per ottenerli e puo apparire un atto rivoluzionario per i posteri ma da chi lo ha vissuto è un adattamento naturale e graduale. L’impero non è stato concepitoin un solo momento ma in diverse tappe. Per convezione con il 31 a.C. si fa iniziare il principato , un regime istituzionale incentrato su un'unica figura, il principes, reggitore unico del potere,. Il problema di una nuova sistemazione dei rapporti tra Roma Italia e mediterraneo aveva segnato l'ultimo secolo della repubblica. La razzionalizzazione dell'amministrazione attuata da Augusto e la progressiva integrazione in senato delle elites delle diverse regioni dell'impero e il ruolo politico e sociale degli eserciti nelle province, fanno si che la storia romana a partire da augusto divenga sempre più storia dell'impero intesa come storia del rapporto e integrazione di territori e popolazioni rispetto al centro del potere. l rapporto con gli organismi repubblicani e il potere del principe la restaurazione della repubblica del 27 ac Il 29 a.C. Ottaviano torna in italia, e questo suo rientro e' celebrato da 3 trionfi, le campagne dalmatiche del 35-33 ac, per la vittoria di Azio del 31 e per la vittoria sull'Egitto del 30 ac. Dal 31 al 23 Ottaviano venne senza interruzione nominato console condividendo la carica con dei membri fidati della sua fazione. Essere console significava ricoprire la più alta carica dello stato. Il progetto di riconoscimento giuridico della nuova forma istituzionale iniziò in realta' nel 27 a.c. quando Ottaviano entrò' nel suo settimo consolato avendo come collega e fedele collaboratore Agrippa. Nella seduta del senato il 13 gennaio, Ottaviano rinunciò a tutti i suoi poteri straordinari tranne l'imperium proconsolare per 10 anni sulle province non pacificate: Spagna, Gallia, Siria, Cilicia, Cipro e Egitto. Il senato qualche giorno dopo lo proclamo' “augusto“, un epiteto che lo sottraeva alla sfera politica per proiettarlo in una dimensione sacrale. Augusto va ricollegato al verbo latino augere che significa innalzare. Gli fu concessa una corona di foglie di quercia e uno scudo d’oro su cui erano elencate le virtù di Augusto, clemenza, giustizia, pietà verso gli dei e la patria. Nelle Res Gestae, Augusto racconta le sue imprese. È un testamento politico redatto alla fine della sua esistenza e che fece affiggere nelle varie città dell’impero. Adottò una politica ispirata alla prudenza e al compromesso, la sua politica traeva esperienza dalle guerre civili e non si poteva più immaginare che il potere fosse nelle mani di un solo individuo. La nuova organizzazione dello stato rappresentava il definitivo superamento delle istituzioni ormai non piu adeguate, della città stato. Il principe si poneva come punto di riferimento e di equilibrio fra le componenti della nuova realtà, che ormai era imperiale e l’ esercito, le province, il senato e la plebe urbana. La crisi del 23 ac Tra il 27 e 25 il regime non era ancora stabilizzato, Augusto va in Gallia e poi Spagna dove combattè contro gli Asturi e Cantabri che non si erano sottomessi al dominio romano. Negli anni successivi Augusto alternerà periodi di circa triennali di permanenza nelle province a periodi di circa due anni di permanenza a Roma. Nel 23 si verificò una crisi in Spagna Augusto si era seriamente ammalato. Uno degli aspetti più delicati del principato augusteo riguardava la successione del principe. Il regime presupponeva che alla testa dello stato ci fosse una sola persona ma non vi era una prassi nella successione. Vi era il pericolo di un vuoto di potere. Nel 23 a.C. l morte di augusto avrebbe potuto riaprire il flagello delle guerre civili. La morte prematura di Augusto in mancanza di figli maschi portò a pensare al genero Marcello che aveva sposato la figlia Giulia. Ma Marcello morì e Giulia fu data in sposa ad Agrippa il grande e repubblicana e quella specifica del principes. Il senato aveva visto aumentare i suoi membri da 600 a più di 1000. Augusto fece dei provvedimenti che miravano a ripristinare la dignita' e il prestigio dell'assemblea senatoria favorendo l'accesso delle elites provinciali più romanizzate (gallia meridionale e spagna). Queste misure furono adottate soprattutto nel 29/28 a.C. e nel 18 A.C. Nel 29 si fece conferire, come console, la potesta' censoria e procedette alla lectio senatus ovvero alla revisione delle liste dei senatori espellendo dall'assemblea gli indegni, queeli la cui origine eil censo non corrispondevano agli standard normalmente previsti. Nel 18 a.C. grazie alla potestà censoria riportò il numero dei senatori a 600 e rese la dignità senatoria una prerogativa ereditaria. Durante la repubblica chi aveva un censo di 40.000 sesterzi e aveva caratteristiche come nascita libera , esercizio di professioni non disonorevoli, apparteneva al ceto equestre. Quindi prima di accedere alla questura anche i figli dei senatori erano cavalieri. I senatori si distinguevano dagli equites solo per aver intrapreso una carriera politica che assicurava loro l'ingresso in senato. Indossavano poi il laticlavio una striscia porpora sulla toga come riconoscimento. Molti però ne abusavano senza averne diritto cosi Augusto proibì il laticlavio ai figli dei cavalieri e infine innalzò il censo minimo per entrare in senato a un milione di sesterzi. A volte Augusto concedeva l'ingresso in senato a chi non apparteneva ad una famiglia senatoria ovviamente era necessario rivestire una magistratura. In questo modo realizzo' una distinzione netta tra ordo equester e senatus creando un vero e proprio ordo senatorius non vincolato alla partecipazione effettiva al senato ma formato da famiglie senatorie. I senatori detenevano tutte le più importanti magistrature a Roma e le maggiori posizioni di comando civile e militare in provincia. Poiche' il loro numero non era sufficiente vennero impiegati anche dei membri dell'ordine equestre in ambito giudiziario, appalti pubblici in campo militare e in cariche amministrative. Roma, l'Italia e le Province Per quanto riguarda Roma l’azione di Augusto si può valutare su due piani, quello monumentale e quello della razionalizzazione dei servizi. Egli accanto alla sua casa sul Palatino fece costruire un tempio ad Apollo e completò i programmi edilizi di Cesare nel foro romano. Nel vecchio foro fece costruire un tempio per Cesare. Restauro' la sede del senato e costruì un nuovo foro, il forum Augusti con al centro il tempio di Marte. Edificò poi il pantheon e il suo mausoleo nel campo Marzio. Furono costruiti o restaurati molti edifici pubblici, acquedotti, terme e mercati e organizzò servizi per l'approvvigionamento alimentare e idrico. La carestia che colpì Roma nel 22 indusse Augusto a fronteggiare l'emergenza forse distribuendo grano gratuitamente. Nell'8 d.C. dopo un'altra crisi, Augusto istituì un servizio stabile che doveva provvedere al rifornimento granario delle province con a capo un prefetto di ordine equestre, il praefectus annonae. Alla morte di Agrippa la cura dell'approvvigionamento idrico, il mantenimento degli edifici pubblici e sacri e la cura delle strade passò a collegi di senatori. Per gli incendi Augusto creò un corpo di vigili del fuoco sempre a capo di un prefetto di ordine equestre. Augusto divise l'Italia in 11 regione che servivano per il censimento delle persone e delle proprietà. I più importanti provvedimenti riguardavano l'organizzazione di un sistema di strade e un servizio di comunicazioni affidato a magistrati municipali e organizzato da un praefectus vehiculorum equestre. L'amministrazione delle province vide un cambiamento di natura politica che rifletteva la duplicità di sfere delle competenze, da un lato il princeps e dall’altro il senato. Le province che ricadevano sotto la responsabilità diretta di Augusto erano quelle in cui si trovavano una o più legioni. Queste province non pacificate ovvero di frontiera o di recente conquista, da 5 diventarono alla fine del suo principato 13. Queste province venivano governate da legati detti legati augusti pro preatore scelti tra ex consoli ed ex pretori. Essi erano subordinati all'imperium di tipo preconsolare detenuto da Augusto. I legati avevano il governo della provincia e il comando delle legioni ma non il potere di riscuotere tasse la cui organizzazione era affidata a procuratori equestri. Nelle altre province, quelle di competenza del popolo romano, che erano prive di legioni al loro interno, i governatori erano sempre senatori ma in questo caso erano scelti a sorte tra i magistrati che avevano ricoperto la pretura o il consolato. Restavano in carica 1 anno ed erano assistiti da questori. L'Egitto invece era stato assegnato a un prefetto di rango equestre nominato da Augusto. Questo comandava le legioni li installate ed era responsabile dell'amministrazione e della giustizia. L'Egitto infatti era l'unica grande provincia governata da un prefetto equestre. Vi furono anche regioni rette da cavalieri ma si trattava spesso di piccoli territori. Augusto stabilì nuovi criteri per