Scarica "Storia romana", Geraci, Marcone. e più Sintesi del corso in PDF di Storia Romana solo su Docsity! 396 a.C., Caduta della città di Veio ad opera dei Romani: L’Etruria da allora cominciò a passare sotto il dominio di Roma. Nel mondo etrusco ebbero un enorme sviluppo i riti religiosi. Le divinità del pantheon etrusco sono in gran parte assimilabili a quelle greche: infatti anche la principale divinità etrusca Tinia, sembra subordinata al fato, proprio come Zeus. Nella religiosità etrusca ha un'importanza particolare la concezione dell’aldilà. Gli Etruschi credevano infatti che la vita continuasse nell'aldilà, e la tomba viene di conseguenza concepita come un prolungamento della dimora del vivo. “Aruspicina”: Arte d’interpretare la volontà degli Dei attraverso l'esame delle viscere degli animali sacrificati per scopi religiosi. Molto importante presso gli etruschi. L'alfabeto è un riadattamento da quello greco, anche se la lingua non è di origine indoeuropea. | testi che sono giunti fino a noi sono per lo più costituiti da brevi formule, nelle quali spesso compare il nome del defunto. Pochi sono i testi di una certa estensione. | siti delle città etrusche hanno lasciato una traccia archeologica relativamente modesta, ad eccezione delle necropoli \ Venivano organizzate come vere e proprie abitazioni sotterranee, costruite con varie strutture: a pozzo, a fossa, a camera. Dal punto di vista della tecnica architettonica è notevole il grado di perfezionamento raggiunto dagli Etruschi nell’uso della copertura a volta e dell’arco. Per quanto riguarda le attività economiche, gli Etruschi praticano con successo l'agricoltura (cereali), la metallurgia e l'artigianato artistico, esportando i loro prodotti in ampie zone del Mediterraneo. Gli Etruschi furono abili sia nell’estrazione di minerali, sia nel trattamento dei metalli grezzi in apposite fornaci. 3.Roma | primi storici ad occuparsi dell’Italia meridionale furono greci, e in greco scrissero i primi storici romani (III sec. a.C.), a più di cinque secoli dalla fondazione dell’urbe. Le poche iscrizioni che ci sono pervenute non ci danno grandi informazioni. | primi storici dei quali possiamo tutt'ora leggere le narrazioni di Roma arcaica furono Tito Livio e Dionigi di Alicarnasso, che vissero nel | sec. a.C. La versione più nota delle origini di Roma inserisce la fondazione di Alba Longa e la dinastia dei re Albani tra l’arrivo di Enea e il regno di Romolo. Secondo la leggenda il fondatore e primo re della città, Romolo, è addirittura figlio di Marte e della figlia dell’ultimo di re di Alba Longa 754-509 a.C., PERIODO MONARCHICO (Dalla fondazione all’instaurazione della Repubblica): in questo periodo su Roma avrebbero regnato sette re: Romolo ——__-»-» prime istituzioni politiche Numa Pompilio ——> primi istituti religiosi Tullio Ostilio ———> campagne militari di conquista Anco Marcio —_ fondazione della colonia di Ostia Tarquinio Prisco — importanti opere pubbliche Servio Tullio ——> costruzione delle prime mura della città Tarquinio il Superbo > tratti tipici del tiranno Il problema principale è l'attendibilità di fondo delle fonti che spiegano le origini di Roma, queste erano: - Opere storiche per noi perdute, bene prima di Tito Livio e Dionigi. - La tradizione familiare. - La tradizione orale, soggetta però a forti distorsioni. - | documenti d’archivio. Alcuni elementi possono definirsi sicuramente storici (Ia compresenza di popolazioni diverse, Latini e Sabini, all'origine della storia di Roma, e la fase di predominio Etrusco nel periodo finale della monarchia, da Tarquinio Prisco in poi). La nascita della città dovette essere il risultato di un processo formativo lento e graduale, una sorta di federazione di comunità che già vivevano sparse sui singoli colli. Roma sorgeva sul basso corso del Tevere, in una posizione di confine tra due aree etnicamente differenti: la zona etrusca e il Lazio antico. Nella fondazione di una città un'importanza fondamentale era rivestita dal pomerio, una linea sacra che ne delimitava il perimetro all'altezza delle mura. Il pomerio non sempre coincideva con le mura, in quanto esso era tracciato secondo la procedura religiosa, mentre le mura rispondevano ad esigenze difensive in rapporto al territorio. Alla base dell’organizzazione sociale dei Latini ci fu una struttura in famiglie, alla cui testa stava il pater, che aveva il potere assoluto su tutti i suoi componenti. Tutte le famiglie che riconoscevano di avere un antenato in comune costituivano la gens, che ebbe grande rilievo in età arcaica. La popolazione dello Stato Romano arcaico era divisa in curie, gruppi religiosi e militari che comprendevano tutti gli abitanti del territorio ad eccezione degli schiavi (non sappiamo se fossero organizzate su base territoriale o gentilizia). Durante il periodo di predominio etrusco, lo stato romano si organizzò secondo criteri più precisi: ogni tribù (inizialmente tre, Tities, Ramnes e Luceres), fu divisa in dieci curie e da ogni tribù furono scelti 100 senatori (300 in tutto, che formavano l'assemblea degli anziani. Ognuna delle tre tribù era inoltre tenuta a fornire un contingente di cavalleria (100 uomini) e uno di fanteria (1000 uomini). Monarchia Romana: La sua principale caratteristica era quella di essere elettiva. Inizialmente il re doveva essere affiancato da un consiglio di anziani proveniente dalle più potenti famiglie (patres). Il re era anche supremo capo religioso e nella celebrazione del culto veniva affiancato dai collegi dei sacerdoti. Particolarmente importante fu quello dei pontefici (depositari anche delle norme giuridiche prima della redazione di leggi scritte). Importante divisione sociale fu quella tra PATRIZI e PLEBEI: c'è incertezza sull'origine di questa divisione sociale. Diverse sono le possibilità, ma sembra che la differenziazione tra patrizi e plebei sia il punto d'arrivo di un'evoluzione sociale complessa, dovuta al costante afflusso di persone estranee alla comunità originaria. VI secolo a.C: Dominio Etrusco (Tarquinio Prisco, Servio Tullio, Tarquinio il superbo), che portò ad un rafforzamento della monarchia. E probabile che già in questo periodo la comunità civica fosse organizzata secondo raggruppamenti non più basati su fattori dovuti alla nascita, ma stabiliti sulla base della ricchezza personale. Vennero istituite quattro tribù territoriali (“urbane”), divise da quelle “rustiche”, create a seguito dell'ampliamento del territorio. Roma di dotò di una prima cerchia di mura, che comprendeva al suo interno anche il Celio e l’Esquilino. Famiglia romana: Comprendeva un raggruppamento sociale ben più ampio di quello che siamo abituati ad intendere oggi. A Roma facevano parte della stessa “familia” tutti coloro che ricadevano sotto l'autorità di uno stesso capofamiglia. Si può così dire che il vincolo di fondo della famiglia romana fosse rappresentato dal potere del paterfamilias sulle persone che rispettavano la sua autorità. Era inoltre un’unità economica, religiosa e politica. Importantissima era la religiosità: i riti familiari si trasmettevano di padre in figlio e la loro osservanza era ritenuta assolutamente doverosa. Gli antenati del ramo paterno furono il primo oggetto di culto all’interno della società romana. Un figlio rimaneva sotto l’autorità del padre finchè questi era in vita. Il ruolo della donna aristocratica, che riceveva un'educazione intellettuale, non si esauriva alla sola vita domestica. Anche se l'autorità riconosciuta fu, almeno in Roma arcaica e per un bel pezzo di quella repubblicana, quella dell’uomo, la moglie accompagnava il marito nella vita pubblica e condivideva con lui il compito di educare i figli. Il potere del marito sulla moglie non conosceva però limiti. Il matrimonio era fondamentalmente un'istituzione privata con importanti conseguenze giuridiche, e il ripudio era un fatto semplicissimo da mettere in atto (dai mariti) e spesso utilizzato. AI divorzio consensuale si arriverà col tempo. X-IX sec., regolare trasferimento organizzato del bestiame in altura. Roma sorse su un’area di frontiera: il Tevere era infatti la linea di divisione tra gli Etruschi a nord e i Laziali a sud. La posizione di Roma fu un importante punto d’incontro di vie che andavano in diverse direzioni. L'agricoltura di Roma arcaica era influenzata dalle condizioni poco favorevoli del terreno, cui si aggiungeva iorganizzazione dell'economia pastorale: il passaggio da un regime di seminomadismo ad un la bassa qualità delle tecniche agricole ——> Economia povera o di sussistenza, con varie specie di cereali (farro e orzo). Il soddisfacimento delle necessità alimentari rappresentava per Roma arcaica un serio problema, soprattutto a causa del poco favorevole terreno del Lazio. Anche le difficoltà conosciute da Roma dopo l'installazione della Repubblica, offrono un importante riscontro della povertà di risorse agricole nei pressi della città. La prima forma di proprietà agraria a Roma, sembra risalente addirittura a Romolo, era limitata solo alla casa e all’orto circostante, mentre era esclusa la terra arabile e quella a pascolo. | primi due secoli di Repubblica romana (V-IV a.C.) conobbero un assestamento che fu poi via via modificato quando iniziarono le assegnazioni di terreno conquistato. Le origini di Roma arcaica sono molto confuse, ci sono diverse ipotesi sul suo conto. (Riguarda da pag. 37 a pag. 40). insieme un codice scritto di leggi che ponesse il cittadino al riparo dalle arbitrarie applicazioni delle norme da parte dei pontefici (tutti patrizi). V secolo a.C., mutamento nella struttura dell’esercito: nuovo modello tattico, con fanti in armatura pesante che combattono fianco a fianco in una struttura chiusa (la falange), che eclissa progressivamente il modello di combattimento aristocratico (cavalleria di nobili seguiti da fanti in armamento leggero). La legione era reclutata indifferentemente tra patrizi e plebei: progressiva presa di coscienza della propria importanza da parte della plebe. 494 a.C., INIZIO DEL CONFLITTO TRA | DUE ORDINI: Secessione dell’Aventino v Una sorta di sciopero della plebe che, esasperata dalla crisi economica, lascia la città priva della sua forza lavoro, e indifesa contro le aggressioni esterne. La plebe si diede propri organismi: - un'assemblea generale, che poteva emanare dei provvedimenti (plebiscita), che avevano valore solo per la plebe che li emetteva. - i tribuni della plebe, rappresentanti ed esecutori della volontà dell’assemblea, che avevano il diritto di venire in aiuto di un cittadino contro l’azione di un magistrato, l’inviolabilità personale, e il potere di convocare e presiedere l'assemblea della plebe. La prima secessione portò ad un risultato essenzialmente politico: il riconoscimento da parte dello Stato a guida patrizia dell’organizzazione interna della plebe, con la sua assemblea e i sui rappresentanti. 486 a.C., Spurio Crasso: tentativo di far approvare una legge per la ridistribuzione delle terre. Viene accusato di tirannide ed eliminato. Questo fallimento ci fa capire come la plebe non intendesse giungere ad una rivoluzione dell'assetto economico e istituzionale dello stato, ma aspirava ad una riforma dall’interno dell’ordinamento vigente. 451 a.C.: Viene nominata una commissione di 10 persone (decemvirato), esclusivamente scelti tra il patriziato e incaricati di stendere un codice giuridico. Nel primo anno di attività i decemviri compilarono un complesso di norme che furono poi esposte nel foro. 450 a.C.: Secondo decemvirato, nel quale sarebbe stata rappresentata anche la plebe. | decemviri avrebbero completato la loro opera, portando a 12 le tavole di leggi —», Leggi delle XIl tavole Nelle XII tavole è ravvisabile un'influenza del diritto greco. 445 a.C.: Viene abrogata la legge che proibisce i matrimoni tra patrizi e plebei. Questa legge ebbe come conseguenza di rimuovere la principale obiezione che il patriziato aveva opposto all'accesso dei plebei al consolato: solo i patrizi si ritenevano titolari del diritto di prendere auspici per accettare la volontà degli dei. Da ora in avanti diveniva pertanto difficile escludere un plebeo dagli auspicia, quindi dal consolato. 444 a.C.: Il senato può decidere di anno in anno se alla testa dello Stato debbano esserci due consoli (provenienti esclusivamente dal patriziato) con diritto di prendere gli auspici, o un certo numero di tribuni militari, che potevano anche essere plebei ma non avevano il diritto di prendere auspici. Il tribunato militare doveva già essere, nel V secolo, accessibile ai plebei: tuttavia i patrizi, fino al 401 a.C., riuscirono a far eleggere tribuni provenienti solo dal loro ordine. Nessuna riforma istituzionale riuscì a porre rimedio alle difficoltà economiche della plebe povera. y Nel 387 a.C., il territorio di Veio e Capena, conquistato pochi anni prima, viene suddiviso in piccoli appezzamenti e distribuito ai cittadini romani — > Creazione di 4 nuove tribù territoriali. Il provvedimento non fu sufficiente ad alleviare la crisi economica. Verso il 370 a.C. i tribuni della plebe Caio Licinio Stolone e Lucio Sestio Laterano presentarono un pacchetto di proposte concernenti il problema dei debiti, la distribuzione delle terre statali e l’accesso dei plebei al consolato. | patrizi resistettero, mentre i tribuni non mostrarono alcuna intenzione di cedere. Dopo una fase di anarchia politica fu chiamato alla dittatura Marco Furio Camillo (367 a.C.) per tentare di risolvere la situazione: le proposte di Licinio e Sesto divennero leggi (leges Liciniae Sextiae). Questo compromesso raggiunto fornì l'occasione per precisare il quadro delle magistrature repubblicane: 366 a.C.-—> Due nuove cariche: PRETORE (amministrava la giustizia tra i cittadini romani e poteva essere messo alla guida di un esercito, ma i suoi poteri erano subordinati a quelli dei consoli). Due EDILI CURULI (compito di organizzare i Ludi maximi). Le leggi Licinie Seste del 367 a.C. segnano la fine della fase più acuta della contrapposizione tra patrizi e plebei. Dal 342 a.C. vediamo comparire nei Fasti un console patrizio e uno plebeo. Nei decenni successivi i plebei ebbero progressivamente accesso a tutte le cariche dello Stato, compreso l'ingresso in senato. Nel 326 a.C. viene abolita la servitù per debiti. 312-311 a.C., Censura di Appio Claudio Cieco: Tentativo di accelerare il processo di riforma. Incluse nella lista dei senatori persone che non avevano rivestito alcuna magistratura, e tentò di favorire la plebe urbana nelle tribù. Entrambe le riforme caddero, una nel 311 a.C. e l’altra nel 304 a.C. E’ da attribuire ad Appio Claudio la costruzione di due importantissime opere pubbliche: il primo acquedotto della città e la via Appia (che congiungeva Roma a Capua). 287 a.C.: Punto di arrivo della lotta tra patrizi e plebei. Una legge Ortensia stabilì che i plebisciti votati dall'assemblea della plebe avessero valore per tutta la cittadinanza romana. Si chiuse l’età del dominio esclusivo dei patrizi sullo stato, e si venne formando una nuova aristocrazia (nobilitas), formata dalle famiglie plebee più ricche e da quelle patrizie che si erano meglio adattate alla nuova situazione. Questa aristocrazia si mostrò non meno gelosa dei propri privilegi del vecchio patriziato. 3.La conquista dell’It: Alla caduta della monarchia Roma controllava nel Lazio un territorio che andava dal Tevere alla regione Pontina. I° anno di Repubblica: Trattato romano-cartaginese. | cartaginesi si impegnavano a non attaccare nessuna città del Lazio sotto il controllo di Roma e a cedere ad essa ogni città latina che l’esercito punico avrebbe conquistato. Fine VI-Inizio V sec. a.C.: Buona parte delle città latine conquistate approfittarono dei problemi interni di Roma per affrancarsi dalla sua egemonia. ih latina: i membri condividevano alcuni diritti: iritto di contrarre matrimoni legittimi con membri di altre citta latine. - ius commercii: diritto di siglare accordi commerciali fra cittadini di comunità diverse. - ius connubiî: - ius migrationis: un latino poteva assumere pieni diritti civili in una comunità diversa dalla sua semplicemente prendendone residenza Qualche anno dopo la lega attaccò Roma. Nel 496 a.C., nella Battaglia sul lago Regillo, i Romani sconfissero le forze congiunte della Lega, e fu stipulato un trattato che avrebbe regolato i rapporti tra Roma e i Latini per i 150 anni successivi (493 a.C., trattato Cassiano): le due parti si impegnavano non solo a mantenere tra loro la pace, ma anche a prestarsi aiuto in caso di attacco ricevuto da una delle due parti. Tra gli strumenti più efficaci per consolidare le proprie vittorie militari gli alleati ricorsero a fondazione di colonie sul territorio strappato ai nemici. | cittadini dei nuovi centri provenivano sia da Roma sia da altre città latine. 486 a.C.: Accordo con gli Ernici, che occupavano un territorio circondato da Equi e Volsci, due popoli ostili. V secolo a.C.: Serie interminabili di conflitti tra Roma e le popolazioni stanziate sugli appennini (Volsci, Equi e Sabini). Spesso l’esito fu favorevole a Roma e ai suoi alleati, ma mai si giunse ad una svolta definitiva. VOLSCI: Verso la fine del VI sec a.C. questa popolazione riuscì ad occupare tutta la pianura Pontina e il basso Lazio, strappandola a Roma. Nell'area dei collo Albani l'avanzata dei Volsci si saldò con quella degli EQUI. —> 431 a.C., vittoria dei Romani al passo dell’Algido contro gli eserciti coalizzati di Volsci e Equi. In quello stesso periodo Roma si trovò ad affrontare un avversario assai meglio organizzato di Volsci ed Equi, la città etrusca di Veio, rivale di Roma nel controllo delle vie di comunicazione lungo il basso corso del Tevere. Il contrasto con Veio attraversò tutto il V sec. a.C. e sfociò in tre guerre: - 1° Guerra, 483-474 a.C.: Vittoria dei Veienti. Un esercito di circa 300 soldati romani venne annientato sul fiume Cremera. - II° Guerra, 437-426 a.C.: | Romani vendicarono la sconfitta. Aulio Cornelio Cosso uccise il tiranno di Veio, Lars Tolumnio. - III° Guerra, 405-396 a.C.: | Romani assediarono per 10 anni le mura di Veio. Alla fine la città fu presa e distrutta. Veio pagò il comportamento della altre città Etrusche, che non le prestarono alcun soccorso o addirittura si schierarono coi Romani. La presa di Veio segnò una svolta importante per Roma: il lungo assedio, portando alla prolungata assenza dai campi, rese necessario uno stipendium per i soldati. Inoltre la vittoria fruttò la conquista di un ampio e fertile territorio. Pirro non seppe coglierei frutti del suo successo: il suo tentativo di unirsi agli Etruschi e provocare una ribellione nell'Italia centrale fallì, e il sovrano greco si vide costretto a intavolare trattative di pace. Le richieste di Pirro furono respinte, allora lui mosse verso l’Apulia settentrionale e sconfisse ancora l’esercito romano ad Ascoli Satriano, nel 279 a.C. Pirro aveva così vinto due grandi battaglie, ma non riusciva a concludere la guerra, mentre i rapporti coni suoi alleati Italici si andava deteriorando. E’ per questo motivo che accolse la domanda d’aiuto che gli arrivò da Siracusa, in perenne lotta coi Cartaginesi e non più in grado di portare avanti la guerra da sola: decise di recarsi in Sicilia con parte del suo esercito, lasciando una forte guarnigione a Taranto. Nel 279 a.C. Roma e Cartagine avevano però stretto un'alleanza difensiva contro il comune nemico. In Sicilia Pirro inizialmente sconfisse ripetutamente i Cartaginesi, chiudendoli a Lilibeo. L'assedio a questa fortezza si rivelò infruttuoso, e Pirro cercò di sbloccare la situazione invadendo l'Africa, ma il progetto fallì. Nel frattempo, approfittando dell'assenza del re epirota, i Romani conquistarono posizioni su posizioni, e Pirro decise di abbandonare la Sicilia e tornare in Italia. 275 a.C.: SCONTRO DECISIVO CON IL CONSOLE MANIO CURIO DENTATO A BENEVENTO. Pirro, sconfitto duramente, decise di tornare in Epiro col suo esercito. Morì nel 272 a.C., anno in cui anche Taranto si arrese, entrando nel novero dei socii di Roma. La conquista del mediterraneo 264 a.C.: Roma controllava tutta l’Italia peninsulare, fino allo stretto di Messina. In quest'area entrò per la prima volta in collisione con la vecchia alleata Cartagine. La situazione precipitò a causa dei Mamertini, mercenari di origine Italica che si erano impadroniti di Messina, iniziando a saccheggiare le città vicine. Questa situazione provocò la reazione di Siracusa, che inflisse ai Mamertini una durissima sconfitta e avanzò verso Messina. | mercenari a quel punto accettarono l’aiuto della flotta Cartaginese che stazionava nelle vicinanze. | Siracusani furono sconfitti, ma i Mamertini ben presto si stancarono della tutela di Cartagine e si rivolsero a Roma. v A Roma iniziò un serrato dibattito a favore o contro l'intervento a Messina. Cartagine era al centro di un vasto impero, e poteva mettere in campo grandi eserciti e potentissime flotte. Il non intervento avrebbe significato lasciare a Cartagine il controllo della zona strategica dello stretto, quindi della ricchissima Sicilia: L'assemblea del popolo, cui il senato aveva demandato la questione, votò a favore dell'intervento. Inizio della Prima Guerra Punica (264-241 a.C.) | primi anni di guerra furono decisivi: i Romani riuscirono a respingere da Messina i Cartaginesi con i nuovi alleati Siracusani (che però nel 263 a.C. firmarono una pace con i Romani e si schierarono dalla loro parte). Anche dopo questa sconfitta Cartagine conservava un saldo controllo su molte località costiere: Roma decise per la prima volta di costruire una flotta di quinquiremi, e nel 260 a.C. ottenne una soprendente vittoria a Milazzo. Roma decise a questo punto di invadere l’Africa (256 a.C.): Le prime operazioni furono favorevoli al console Marco Attilio Regolo, che tuttavia non seppe sfruttare i successi, e fu duramente sconfitto nel 255 a.C., dal mercenario spartano Santippo. Nel 249 a.C., a seguito della sconfitta nella battaglia navale di Trapani, Roma era ormai priva di forze navali, ma nemmeno Cartagine seppe approfittare dei suoi vantaggi. 241 a.C.__s. Dopo aver ricostruito la flotta, i Romani sconfissero definitivamente i Cartaginesi al largo delle isole Egadi. Cartagine fu costretta a chiedere la pace, e il successivo trattato la obbligò a lasciare la Sicilia. N La Sicilia divenne la prima provincia Romana. Il periodo tra la prima e la seconda guerra punica (241-218 a.C.) vide il consolidamento delle posizioni dei due avversari. Cartagine dovette affrontare la rivolta dei mercenari (241-237 a.C.), che non era stata in grado di pagare a causa della sconfitta contro Roma. Soffocata a caro prezzo la rivolta da Amilcare Barca, Cartagine organizzò una spedizione per riprendersi la Sardegna, anch’essa in mano a mercenari rivoltosi. Lì si dovettero scontrare con gli interessi dei Romani, e non essendo pronti a un altro conflitto, furono costretti a cedere la Sardegna e la Corsica, che divennero la seconda provincia romana (237 a.C.). Nel frattempo Roma interveniva anche sul versante Adriatico ———> 229 a.C., | Guerra Illirica v Il Regno di Illiria, approfittando del declino dell'Epiro, aveva esteso la sua influenza verso sud. Le scorrerie dei pirati Illiri arrecavano danni considerevoli alle città greche e ai mercanti Italici che frequentavano i loro porti. Davanti a rifiuto della regina degli Illiri, Teuta, di far cessare le azioni dei pirati, Roma le dichiarò guerra, sconfiggendola rapidamente. 219 a.C., Il Guerra Illirica: Roma intervenne nuovamente in Illiria dieci anni dopo, a seguito degli atti ostili intrapresi da Demetrio di Faro, di cui si temeva l’alleanza col ben più potente re di Macedonia Filippo V. Anche la seconda guerra illirica si risolse velocemente a favore di Roma, e Demetrio si rifugiò presso Filippo V. 225-222 a.C., Guerre Galliche: Le due principali popolazioni della Gallia Cisalpina, Boi e Insubri, anche grazie all'appoggio di truppe provenienti dalla Gallia Transalpina (Gesati), riuscirono a penetrare fino in Etruria, ma nel 225 a.C. furono annientati a Telamone. A questo punto Roma si rese conto che la conquista della pianura Padana era possibile, se non necessaria per tenere a distanza le continue incursioni dei Galli. La breve e vittoriosa campagna fu coronata dal successo del 222 a.C. sugli Insubri a Casteggio, e dalla conquista del loro principale centro, Mediolanum. Fondamentale inoltre si rivelò la costruzione di una rete stradale: Via Flaminia (220 a.C. Roma-Rimini), Via Emilia (187 a.C. Rimini-Piacenza) e la via Postumia (148 a.C. Genova-Aquileia). Cartagine cercò, mentre Roma era impegnata nell'Adriatico, di costruire una nuova base per la sua potenza in Spagna: le operazioni furono tutte condotte dalla famiglia Barca (prima Amilcare, poi il genero Asdrubale, in seguito Annibale, figlio di Amilcare). L'avanzata dei Barca allarmò la città di Marsiglia, alleata di Roma che avevi interessi nella Spagna settentrionale. Nel 226 a.C. venne stipulato tra Roma e Cartagine un trattato secondo il quale gli eserciti Cartaginesi non potevano oltrepassare a nord il fiume Ebro. La Il Guerra Punica (218-201 a.C.) La sconfitta del 241 a.C. aveva creato a Cartagine un forte sentimento di rivincita. Nel 218 a.C. Annibale espugna la città di Sagunto, alleata dei Romani, e si decide che l’unico modo per battere Roma sia quello di attaccarla direttamente nel proprio territorio, per dividerla dai suoi alleati Italici. Annibale partì nella primavera del 218 a.C. dall’odierna Cartagena e valicò i Pirenei, evitando astutamente lo scontro con l’esercito romano del console Publio Cornelio Scipione. L'esercito cartaginese raggiunse così le Alpi, trovando immediato sostegno dai Boi e dagli Insubri. Il prima scontro si ebbe sul fiume Trebbia, dove Annibale sconfisse sia Scipione che l’altro console Tiberio Sempronio Longo. Nell'anno seguente l’esercito romano venne annientato sul lago Trasimeno, e Quinto Fabio Massimo venne eletto dittatore per affrontare la difficile situazione. La tattica di quest’ultimo era di non affrontare Annibale in battaglie campali, ma di impedire che gli giungessero rifornimenti dall'Africa o dalla Spagna. La strategia di Fabio Massimo alla lunga avrebbe portato alla vittoria, ma a breve termine significava vedere Annibale spadroneggiare e devastare in Italia. Scaduti i sei mesi di dittatura di Fabio, a Roma si decise di passare di nuovo all'attacco: nel 216 a.C. però Annibale sconfisse un’altra volta entrambi gli eserciti consolari a Canne, in Puglia. 215 a.C.: Nuove alleanze dei Cartaginesi con leronimo, nuovo re di Siracusa, e Filippo V di Macedonia. Gli alleati dell’Italia centrale rimasero fedeli a Roma, mentre Taranto si schierò dalla parte di Annibale. 212 a.C.: | Romani, dopo un lungo assedio, conquistano e saccheggiano Siracusa. 211 a.C.: Capua viene riconquistata dai Romani. Inoltre Roma riuscì a paralizzare le azione di Filippo V creando una coalizione di stati greci a lui ostili, impedendo così che si congiungesse con Annibale. —» PACE DI FENICE con Filippo V (205 a.C.) La svolta decisiva per la guerra si ebbe in Spagna. P. Cornelio Scipione e il fratello Cneo raggiunsero la penisola iberica e riuscirono ad impedire che Annibale ricevesse aiuti, ma furono sconfitti e uccisi nel 211 a.C. | Romani riuscirono comunque a difendere la Spagna settentrionale e nominarono comandante delle truppe l'omonimo figlio di P.C.Scipione, detto l’Africano. Nel 209 a.C. Scipione l’Africano sconfisse il fratello di Annibale, Asdrubale, conquistò la maggiore base cartaginese in Spagna, Nova Carthago, ma non riuscì a impedire che l’esercito di Asdrubale tentasse di portare aiuto a quello di Annibale in Italia. La spedizione cartaginese venne comunque affrontata e distrutta sul fiume Metauro, nel 207 a.C. 205 a.C.: Scipione viene eletto console e prepara l’invasione dell’Africa alleandosi col re dei Numidi Massinissa. 204 a.C.: Invasione dell’Africa. 202 a.C.: Decisiva battaglia di Zama, l’esercito dei Romani sconfisse quello di Annibale. Parte Terza LA CRISI DELLA REPUBBLICA E LE GUERRE CIVILI (Dai Gracchi ad Azio) di Giovanni Geraci 1. Dai Gracchi alla guerra sociale Tradizione storiografica aristocratica: ha identificato nell’età dei Gracchi l'origine della degenerazione dello Stato Romano e l’inizio delle guerre civili. La Il guerra punica aveva attraversato l’Italia e inferto profonde ferite alla sua agricoltura. La conquista del Mediterraneo aveva d'altra parte comportato un enorme afflusso di ricchezze, con conseguente ampliamento delle occasioni di mercato e una consistente massa di schiavi. | Romani e gli Italici si erano cos Varodott nel grande commercio. Avevano fatto fortuna tanti Senatori ed era stata favorita l'ascesa degli Equites. Lo sviluppo di scambi commerciali aveva modificato progressivamente la fisionomia dell’agricoltura italica Il ricorso sempre più massiccio agli schiavi e l'importazione di grandi quantità di grano costituirono una concorrenza sempre più rovinosa per l'agricoltura di sussistenza e per i piccoli proprietari terrieri, che si ritrovarono spesso a dover vendere la loro proprietà. Accelerazione della tendenza ad un'agricoltura incentrata sul commercio e non sull’autoconsumo. Molti dei piccoli coltivatori era costretta ad andare in città in cerca di un'occupazione. Grande aumento della massa urbana g ROMA DIVENTA UNA GRANDE METROPOLI 140-132 a.C. e 104-100 a.C.: Rivolte servili in Sicilia. La prima rivolta, scoppiata ad Enna, si estese a tutta l'isola. Roma fu costretta ad inviare tre consoli, e solo l’ultimo, Publio Rupilio, riuscì a domane l'insurrezione (132 a.C.). In questo periodo i mutamente sociali portarono al delinearsi di due fazioni, entrambe scaturite dalla nobilitas: optimates e populares. Optimates: si richiamavano alla tradizione degli avi, e cercavano di ottenere per la propria politica l'approvazione dei benpensanti. Erano sostenitori dell’autorità del senato. Populares: si consideravano difensori dei diritti del popolo, e propugnavano la necessità di ampie riforme in campo politico e sociale. Le guerre di conquista avevano fatto crescere a dismisura l’ager publicus, terreno di proprietà dello stato che esso concedeva in uso privati dietro pagamento di un canone irrisorio. La crisi progressiva della piccola proprietà fondiaria favorì la concentrazione dell’agro pubblico in mano ai proprietari terrieri ricchi e potenti. Da qui venne la necessità di una serie di norme che mirassero a restringere l'estensione dell’ager che poteva essere occupata da ciascuno. Nel 140 a.C. un primo tentativo di riforma del console Caio Leio venne però ritirato per l'opposizione dei senatori. 133 a.C., Tiberio Gracco diviene tribuno della plebe: tentò subito di operare una riforma che limitasse la quantità di agro pubblico esco Questa proposta di legge fissava un limite di 500 iugeri + 250 per ogni figlio fino a un massimo di 1000 iugeri per famiglia. Un collegio di tribuni (Tiberio, il fratello Caio e Appio Claudio Pulcro) avrebbe poi avuto il compito di recuperare i terreni in eccesso, che sarebbero stati distribuiti ai cittadini più poveri divisi in piccoli lotti. Scopo della legge era quello di reiure un ceto di piccoli proprietari, anche per stabilire una base stabile al reclutamento dell’esercito. L’oligarchia dominante si oppose però al decreto, il giorno del suo voto nei comizi tributi, un altro tribuno, Marco Ottavio, pose il suo veto impedendone l'approvazione: Tiberio Gracco propose all'assemblea di destituirlo perché egli era venuto meno al compito che il popolo gli aveva affidato. Dichiarato decaduto Ottavio la legge agraria venne approvato, ma l’opposizione conservatrice non si placò. Tiberio pensò di candidarsi al tribunato anche l’anno successivo, ma nel corso dei comizi elettorali venne ucciso da un gruppo di senatori. Dopo una serie di proposte riformatrici formulate ma mai andate in porto da diverse personalità (Scipione l’Emiliano, Fulvio Flacco), nel 123 a.C. fu eletto tribuno della plebe il fratello di Tiberio, Caio Gracco: nel corso di due mandati consecutivi egli riprese e ampliò l’opera riformatrice del fratello. -La legge agraria venne ritoccata e perfezionata, e vennero aumentati i poteri della commissione triumvirale. -Una legge frumentaria assicurò ad ogni cittadino residente a Roma una quota mensile di grano a prezzo agevolato. - Caio inoltre, con una legge giudiziaria, volle limitare il potere senatorio in questo campo, integrando un gran numero di cavalieri nel corpo da cui attingere per la formazione degli albi dei giudici: i senatori non sarebbero più stati giudicati da giudici-senatori, ma da rappresentati dell’ ordine equestre. | senatori, i cui i privilegi erano messi in serio pericolo dalle riforme di Caio, si servirono di un altro tribuno della plebe, Druso, per contrastarlo, approfittando dell'assenza di Caio, partito per l'Africa. Al suo ritorno, nel luglio 122 a.C., Caio si rese conto che la situazione politica era profondamente mutata. Candidato ancora per il tribunato nel 121 a.C., non venne rieletto. Scoppiarono allora gravi disordini: il console Lucio Opimio ordinò il massacro dei sostenitori di Caio Gracco, che si fece lui stesso uccidere da un suo schiavo. Le riforme di Caio Gracco però non furono abolite, ne furono solo ridotti gli effetti (soprattutto di quella agraria). Prima del 133 a.C. Roma aveva sei provincie: - Sicilia (241 a.C.) - Sardegna-Corsica (237 a.C.) - Spagna Citeriore e Spagna Ulteriore (197 a.C.) - Macedonia (148 a.C.) - Africa (146 a.C.) Per Roma si trattava di assumere la gestione di un territorio spesso solo in piccole parte assoggettato, mentre larghe zone erano al di fuori del controllo dei romani. Il magistrato affidato alla provincia fissava le linee generali di riferimento: questioni territoriali, statuto delle singole città, regolamenti e condizioni fiscali —— wLex provinciae 133 a.C.: Alla sua morte il re di Pergamo Attalo Ill aveva lasciato il suo regno a Roma, ma Aristonico, assunto il nome di Eumene III, guidò una rivolta che tenne impegnati i Romani per tre anni (129 a.C.), quando la ribellione potè essere piegata e il territorio organizzato dal console Manio Aquilio nella provincia romana d'Asia (126 a.C.). 125 a.C.: Per rispondere alla richiesta d’aiuto di Marsiglia contro le tribù celto-liguri e galliche, fu inviato prima Fluvio Flacco poi Caio Sesto Calvino, che fondò, nel 123 a.C. il centro di Aquae Sextiae (Aix en Provence) e ristabilì l’ordine sulla costa. 123 a.C.: Furono conquistate le Baleari. Nella maggiore di esse, Maiorca, furono fondate le colonie di Palma e Pollenzia. 118 a.C.: Venne fondata la provincia Narbonese, organizzata intorno alla colonia di Narbo Martius (Narbona). Le questioni africani erano state regolate con la costituzione di una piccola ma ricca provincia (la provincia romana d'Africa), in buoni rapporti con le regioni vicine e con Massinissa, re di Numidia. Quando Massinissa morì il figlio Micipsa si era imposto come suo erede. Alla sua morte, nel 118 a.C., il suo regno fu conteso tra i suoi tre figli. Dal conflitto uscì vincitore Giugurta, che prese con la forza la parte del regno assegnata ai fratelli, alleati dei romani. Roma fu costretta ad intervenire in aiuto del suo alleato Aderbale nel 111 a.C. Guerra giugurtina, 111-105 a.C. Le operazione furono condotte fiaccamente fino al 109 a.C., quando al comando dell’esercito fu posto il console Quinto Cecilio Metello, che sconfisse ripetutamente Giugurta, non riuscendo però a concludere vittoriosamente la campagna. In seguito alle proteste dei mercanti del nordafrica, il comando venne affidato a Caio Mario, eletto console nel 107 a.C.: Mario, bisognoso di nuove truppe, aprì per la prima volta l'arruolamento volontario ai capite censi, cioè ai nullatenenti. Con il suo nuovo esercito Mario tornò in Africa, ma gli occorsero quasi tre anni per terminare il nuovo conflitto e catturare Giugurta, che venne consegnato ai romani dal suocero Bocco, re di Mauritania. La Numidia orientale fu assegnata a un nipote di Massinissa, la parte rimanente allo stesso Bocco. Nel frattempo a Roma venne eletto tribuno della plebe Publio Sulpicio Rufo, che si trovò ad affrontare un complessivo impoverimento dello stato romano, dovuto alla guerra sociale e a quella in Oriente contro Mitridate. Dopo aver affrontato questo problema e quello dell'inserimento degli Italici con diversi provvedimenti, fece infine approvare il trasferimento del comando della guerra mitridatica da Silla a Mario. Appresa la notizia della sua destituzione Silla non esitò a marciare su Roma, se ne impadronì e fece nominare i suoi avversari nemici pubblici: Sulpicio fu subito eliminato, mentre Mario riuscì a stento a scappare in Africa. Nell’87 a.C., tornato Silla in oriente, Lucio Cornelio Cinna (uno dei consoli), venne cacciato da Roma e si rifugiò in Campania, dove venne raggiunto da Mario ——> Nuova marcia su Roma Mario viene eletto console nell’86 a.C. e un nuovo corpo d spedizione venne mandato in Oriente in sostituzione di quello Silliano. Alla morte di Mario, L.C.Cinna venne rieletto console tre volte, fino all’84 a.C. Verso la fine di quell’anno, alla notizia dell'imminente ritorno di Silla, Cinna cercò di anticiparlo ammassando le forze ad Ancona, ma fu ucciso da una rivolta dei suoi stessi soldati. Nell'86 a.C. due armate romane di opposte fazioni erano presenti in Grecia: quella di Silla e quella inviata da Cinna agli ordini di Flacco. Esse non si scontrarono mai, ma agirono parallelamente ricacciando Mitridate in Asia. Nell’85 a.C. venne firmata la pace a Dardano. Mitridate conservava il suo regno, ma dovette evacuare il resto dell’Asia ed era obbligato a versare una forte indennità di guerra. Silla tornò in Italia nell’83 a.C., sbarcando a Brindisi carico di bottino. Lì lo raggiunse il giovane Cneo Pompeo con tre legioni. Silla impiegò due anni a sconfiggere i suoi avversari. Nell’81 a.C. si impadronì di Roma e distrusse le ultime resistenze avversarie. Mandò Cneo Pompeo a eliminare gli oppositori rifugiatisi in Africa e in Sicilia. Per rendere definitiva la sua vittoria, Silla introdusse le liste di proscrizione, elenchi in cui vi erano i nomi di avversari politici che chiunque poteva uccidere impunemente. Le proscrizioni continuarono fino all’81 a.C., un certo numero di famiglie scomparve, altre si arricchì a loro spese. 82 a.C., Lex Valeria: nominava Silla “dittatore con l’incarico di redigere leggi e organizzare lo stato”, tale dittatura era a tempo eliminato. Silla fece approvare diverse norme riformatrici: - Ogni proposta di legge avrebbe dovuto ottenere il consenso del senato prima di essere sottoposta al voto popolare. - Il senato fu portato a 600 membri, tra cui suoi numerosi partigiani. - Fu innalzato a otto il numero di pretori - Limitò con leggi apposite le eccessive ostentazioni di ricchezza da parte dell’aristocrazia. - Furono totalmente ridimensionati i poteri dei tribuni della plebe, limitato il loro diritto di veto e annullato quello di fare leggi Nel 79 a.C. Silla, completata la riorganizzazione dello stato, abdicò dalla dittatura. Ritiratosi a vita privata morì l’anno dopo. 78 a.C.: Marco Emilio Lepido tentò subito di ridimensionare l'ordine silliano, marciando su Roma con un contingente di ribelli Etruschi. La rivolta fu stroncata in poco tempo e Lepido fuggì in Sardegna. 77 a.C.: Sertonio, un generale Mariano governatore della Spagna Citeriore, aveva là creato una specie di stato mariano in esilio. Verso la fine del 77 a.C. controllava ormai praticamente tutta la penisola iberica, e fu raggiunto anche dalle truppe superstite di Lepido. Corsero voci a Roma di sue alleanze sia coi pirati che con Mitridate. Il senato decise a questo punto di inviare Pompeo in Spagna. Appena arrivato (76 a.C.) subì diverse sconfitte, ma ottenuti rinforzi nell’74 a.C. la situazione andò lentamente migliorando, mentre la popolarità di Sertonio andava rapidamente calando. Furono orditi diversi complotti verso di lui, finchè un suo generale, Peperna, lo uccise a tradimento nel 72 a.C. Pompeo uccise a sua volta Peperna, e nel 71 a.C. vinse le ultime sacche di resistenza. 73 a.C., Terza rivolta servile (dopo quelle in Sicilia nel Il sec. a.C.): Scoppiata a Capua, in una scuola di gladiatori. | ribelli si erano asserragliati sul Vesuvio, dove furono raggiunti da altri gladiatori e schiavi confluiti dall’Italia meridionale. A capo della rivolta si posero due gladiatori: Spartaco, un trace, e Crisso, un gallo. La rivolta si estese ben presto a tutto il sud Italia, ma mancava tra i ribelli un piano preciso e unitario. Vagarono così per l’Italia spingendosi fino in Cisalpina per poi riscendere verso sud. Il senato affidò un considerevole esercito a Marco Licinio Crasso per sedare la rivolta. Crasso riuscì ad isolare Spartaco e i suoi in Calabria, dove li sconfisse pesantemente nel 71 a.C. Migliaia di prigionieri furono fatti crocifiggere da Crasso sulla via Appia, tra Roma e Capua. 70 a.C.: Pompeo e Crasso vengono eletti consoli-—> Portano a termine lo smantellamento dell'ordine silliano, epurando il senato da 64 membri fedeli a Silla e ripristinando i poteri dei tribuni della plebe. In oriente tra l’80 e il 70 a.C erano riemerse due gravi minacce: i pirati e Mitridate. La pirateria aveva ripreso forza a causa dell’indebolimento delle strutture politiche locali. Le sue basi principali erano disseminate lungo le coste dell’Asia minore, ma si erano spinti ad infestare tutte le rotte, comprese quelle occidentali, rendendo così difficoltoso il trasporto di merci. Nel 74 a.C., dopo diversi tentativi andati a vuoto, fu inviato contro i pirati Marco Antonio, che subì un'umiliante sconfitta a Creta. Le operazioni vennero allora affidate a Quinto Cecilio Metello, che riconquistò completamente Creta (68-67 a.C.), facendola diventare provincia Romana. Mitridate, dopo la pace di Dardano, aveva continuato a covare propositi di rivincita e l'occasione si era presentata nel 74 a.C., alla morte di Nicomede VI di Bitinia: Mitridate decise di invaderla, e contro di lui furono mandati i due consoli Marco Aurelio Cotta e Lucio Licinio Lucullo. Le operazioni furono condotte di successo in successo fino al 71a.C., quando Lucullo occupò il Ponto, costringendo Mitridate a rifugiarsi in Armenia dal genero Tigrane. Il console romano allora invase l’Armenia, conquistandola nel 69 a.C. Da qui si spinse ancora più a nord-est, ma la sua marcia fu fermata dal malcontento dei suoi soldati. Ne approfittarono Mitridate e Tigrane per riprendere le ostilità (67 a.C.). L’anno successivo un tribuno della plebe, Caio Manilio, propose che venisse esteso a Pompeo il comando della guerra contro Mitridate. Pompeo marciò verso il Ponto dove sconfisse e cacciò Mitridate (66 a.C.), che fu costretto a rifugiarsi lungo la sponda orientale del mar Nero, dove nel 63 a.C. si fece uccidere per non cadere in mano ai Romani. Nel frattempo Pompeo continuò la sua spedizione giungendo quasi fino al Mar Caspio, poi passò in Palestina, dove si impadronì di Gerusalemme, che divenne Stato autonomo aggregato alla provincia di Siria. Nel 62 a.C. Pompeo tornò a Roma. Durante l'assenza di Pompeo a Roma si era verificata una grave crisi: Lucio Sergio Catilina, tentò nel 65 a.C. di ottenere il consolato, ma la sua candidatura fu respinta all'ultimo momento per indegnità. Ci riprovò nel 63 a.C., quando invece fu eletto Marco Tullio Cicerone che nella campagna elettorale aveva attaccato la corruzione e la violenza di Catilina. Quest'ultimo mise a punto un’ampia cospirazione che mirava a sopprimere i consoli e prendere il potere con la forza. Venne riunito in Etruria un esercito in gran parte composto da veterani silliani, ma il piano fu scoperto e sventato da Cicerone, che costrinse Catilina ad allontanarsi da Roma. Catilina morì combattendo alla testa dei suoi nei pressi di Pistoia. Egitto, Cipro, Cirenaica ——> Guarda sul libro, pag. 148-149. 3. Dal “primo triumvirato” all marzo 62 a.C., Pompeo sbarca a Bri : convinto di ottenere dai senatori la ratifica degli assetti territoriali da lui decisi in Oriente, fu invece umiliato dai suoi avversari politici. Deluso e amareggiato, Pompeo si riavvicinò a Crasso e al suo emergente alleato Cesare, con i quali strinse un accordo di reciproco sostegno ——__» 60 a.C.: PRIMO TRIUMVIRATO 59 a.C.: Cesare venne eletto console. Egli fece immediatamente votare due leggi agrarie che prevedevano una distribuzione a tutti i veterani di Pompeo di tutto l’agro pubblico italiano, ad eccezione della Campania. Furono poi fatte ratificare tutte le decisioni di Pompeo in oriente. Sul finire del consolato a Cesare venne affidato per cinque anni il proconsolato della Gallia Cisalpina e dell’Illirico. Nel 58 a.C., partendo per le provincie attribuitegli, Cesare (con Pompeo e Crasso), appoggiò al candidatura a tribuno di Publio Clodio Pulcro. Eletto tribuno, Clodio fece approvare una nutrita serie di leggi: - Il potere dei censori di espellere membri del senato fu limitato. - Nessun magistrato avrebbe più potuto interrompere le assemblee pubbliche. - La distribuzione del frumento per i cittadini romani doveva divenire completamente gratuita. 58 a.C., Cesare in Gallia: Quando arrivò era in atto una migrazione degli Elvezi verso occidente, che minacciava le terre degli Edui e la stessa provincia romana. Cesare sconfisse gli Elvezi nel 58 a.C., iniziava così la conquista della Gallia. 58 a.C.: Guerra contro gli Svevi guidati da Ariovisto. Cesare intervenne su richiesta degli Edui, spingendo gli Svevi ad oriente del Reno. Quando le invasioni ripresero i Romani sconfissero definitivamente i barbari in uno scontro in Alsazia superiore, costringendoli a ripassare il Reno. - Estese il diritto di cittadinanza romana agli abitanti della Transpadania. - Il senato fu portato a 900 membri. - Vennero disciolte le associazioni popolari che avevano ai torbidi degli anni precedenti. - Furono confermate le distribuzioni gratuite del grano. - Venne realizzato un vasto programma di colonizzazione e di distribuzione di terre ai veterani di Cesare per decongestionare l’Italia. L’eccessiva concentrazione di poteri e il fatto che ogni carriera politica potesse svolgersi solo con il suo appoggio, finirono con creare allarme, oltre che nei pompeiani superstiti, anche negli stessi sostenitori di Cesare. Venne allora ordinata una congiura nei suoi confronti prima della sua partenza per una campagna nel regno dei Parti (guidata da Marco Giunio Bruto, Caio Cassio Longino e Decimo Bruto). Alle idi di marzo del 44 a.C. Cesare venne ucciso. 4. Agonia della Repubblica Abbattuto Cesare, i congiurati non si erano però preoccupati di eliminare i suoi principali collaboratori: Marco Emilio Lepido e Marco Antonio. Dopo un primo sbandamento, questi cominciarono a riorganizzarsi. Antonio riuscì ad imporre una politica di compromesso, che venne ratificata dal senato e fu eletto console insieme a Publio Cornelio Dolabella. Fu stabilito che dopo il consolato a Pompeo sarebbe toccata la Macedonia, a Dolabella la Siria. La dittatura venne abolita dalle cariche dello stato. Cesare aveva nominato suo erede effettivo per i tre quarti dei beni e suo figlio adottivo suo pronipote Caio Ottavio. Alle idi di Marzo Ottavio si trovava ad Apollonia (al confine con la Macedonia), per attendere il prozio e partire con lui verso il regno dei Parti. Appena saputo del testamento si diresse a Roma dove reclamò ufficialmente l'eredità. Entratone in possesso onorò i lasciti previsti dal testamento, ponendo come caposaldo del suo impegno politico la vendetta per l'uccisione di Cesare. Il senato vide in lui un mezzo per contrastare il potere di Antonio. Questi nel frattempo, per poter controllare più da vicino l’Italia allo scadere del suo consolato, si era fatto assegnare le due provincie della Gallia Cisalpina e della Gallia Comata. Quando Antonio mosse verso la Gallia Cisalpina, il governatore originariamente designato, Decimo Bruto, rifiutò di cedergliela e si rifugiò a Modena 43 a.C., Guerra di Modena: Il senato ordinò ai due consoli Aulo Irzio e Caio Vibio Pansa di muovere in soccorso di Bruto; ad essi venne associato Ottavio. Vicino a Modena Antonio fu battuto e fu costretto a ritirarsi verso la Narbonese. Poiché entrambi i consoli erano morti, Ottavio chiese al senato il consolato per sé e ricompense verso i suoi soldati. AI rifiuto, non esitò a marciare su Roma. Agosto 43 a.C., Ottavio venne eletto console insieme al cugino Quinto Pedio. | due consoli istituirono immediatamente un tribunale speciale per perseguire gli assassini di Cesare. Nel frattempo in Gallia Antonio si era ricongiunto con Lepido. Ottobre 43 a.C.: Ottaviano, Antonio e Lepido si incontrarono nei pressi di Bologna. SECONDO TRIUMVIRATO: Valido fino alla fine del 38 a.C. Antonio conservava il governatorato della Gallia Cisalpina e Comata. Lepido ottenne la Gallia Narborese e le due Spagne. Ottaviano l’Africa, la Sicilia, la Sardegna e la Corsica. Vennero resuscitate le liste di proscrizione, con i nomi degli assassini di Cesare e dei nemici dei Triumviri. Centinaia di senatori e cavalieri furono uccisi e i loro beni confiscati (tra essi Cicerone). | triumviri poterono rivolgere ora le armi verso Oriente, dove i cesaricidi Bruto e Cassio si erano costituiti una solida base di potere. Nel 42 a.C., dopo aver divinizzato Cesare, Antonio e Ottaviano partirono alla volta della Grecia. Lo scontro decisivo ebbe luogo a Filippi, nell'ottobre del 42 a. battuto da Antonio e credendo che anche Bruto fosse stato ucciso, si tolse la vita. Bruto, sconfitto definitivamente, si suicidò a sua volta. : Ottaviano si trovò subito in difficoltà, ma Cassio, Le proscrizioni, le guerre intestine e Filippi avevano decimato spaventosamente l'opposizione senatoria più conservatrice: il loro posto venne preso da una nuova aristocrazia, formata da persone di fiducia dei triumviri. Dallo scontro coi cesaricidi usciva nettamente rafforzato Antonio: egli infatti si riservò il comando su tutto l'Oriente. A Lepido fu assegnata l'Africa, mentre a Ottaviano la Spagna, insieme al compito di sistemare in Italia i veterani delle legioni: questo compito fu particolarmente arduo, perché il agro pubblico sulla penisola era pressochè terminato. Si procedette con l'espropriazione dei terreni nei territori delle 18 città che erano state destinate allo scopo. 41 a.C., le proteste dei proprietari terrieri si trasformò in rivolta aperta. Ottaviano fu costretto ad affrontare gli insorti, che si chiusero a Perugia (inverno 41-40 a.C.); dopo un feroce assedio la città fu espugnata. Molti rivoltosi fuggirono a infoltire le fila di Sesto Pompeo che, impadronitosi della Sardegna e della Corsica, batteva i mari per impedire i rifornimenti dell’Italia e di Roma. Nel frattempo Ottaviano si era appropriato delle Gallie, dov'era morto il legato di Antonio. Ottaviano, attraverso il matrimonio, si avvicinò a Sesto Pompeo e Antonio, allarmato, mosse dall'Oriente verso l’Italia. | due si incontrarono a Brindisi, dove venne stipulato un accordo in base a cui ad Antonio veniva assegnato l'Oriente, mentre ad Ottaviano l'Occidente. Antonio sposò inoltre Ottavia, la sorella di Ottaviano. La situazione venne di nuovo complicata dalle richieste di Sesto Pompeo, che aveva ripreso a bloccare il grano diretto a Roma e nell’accordo di Miseno (39 a.C.), si vide riconosciuto da Ottaviano e Antonio il governo di Sicilia, Sardegna e Corsica. v Nel 38 a.C. Sesto Pompeo riprese le azioni di scorreria verso l’Italia. Quello stesso anno Sesto aveva perso la Sardegna e la Corsica, che un suo luogotenente aveva consegnato ad Ottaviano e divampò presto una lotta anche per il controllo della Sicilia Inizialmente Ottaviano fu sconfitto e fu costretto a concludere un altro accordo, a Taranto nel 37 a.C., con Antonio per ricevere rinforzi. 37 a.C.: Il console Marco Vipsanio Agrippa fece costruire un porto militare a Pozzuoli, e con le flotta che lì aveva allestito sconfisse Sesto Pompeo al largo della costa settentrionale della Sicilia. Sesto fuggì in Oriente, dove fu ucciso l’anno dopo. Lepido, che aveva preso parte con Ottaviano alle operazioni, rivendicò per sé la Sicilia, ma il suo esercito l’abbandonò e per Ottaviano fu facile metterlo in disparte dalla vita politica. 35-34 a.C.: Campagne di Ottaviano contro gli Illiri in Pannonia e Dalmazia. Dopo l'accordo di Taranto, Antonio potè tornare in Oriente e cercò di dare un nuovo assetto ai territori d'Oriente in vista dell'inizio dell'impresa partica. Primavera 36 a.C.: Inizio della spedizione partica. Attraverso l'Armenia Antonio invase il territorio partico a nord, arrivando ad assediare la città di Fraata, che però non riuscì a conquistare. Dovette allora ritirarsi e, dopo la riorganizzazione del 35 a.C., nel 34 a.C. riuscì a conquistare l’Armenia. 35 a.C., definitiva rottura tra Antonio e Ottaviano. 32 a. Antonio in Oriente. Ottaviano ne impedì al senato l'approvazione. Entrambi i consoli e 300 senatori Scadenza naturale del triumvirato. | due consoli chiesero le ratifiche delle decisioni prese da abbandonarono l’Italia e si rifugiarono presso Antonio. Rivelando un testamento in cui Antonio disponeva di essere sepolto ad Alessandria accanto a Cleopatra, attribuendo dei regni ai figli avuti con la regina, Ottaviano ottenne che Antonio venisse privato di tutti i suoi poteri: si presentò dunque con il difensore di Roma dalle mire di un’avida regina. v La dichiarazione di guerra fu infatti contro la sola Cleopatra Settembre 31 a.C., Battaglia di Azio. VITTORIA DI OTTAVIANO, ANTONIO E CLEOPATRA SI RITIRARONO IN EGITTO. Quando Ottaviano penetrò in Egitto con le sue truppe e Prese Alessandria (30 a.C.), prima Antonio e poi Cleopatra si suicidarono. L’Egitto venne proclamato provincia romana. Sotto Augusto il servizio militare nelle legioni fu riservato a volontari, per lo più italici: l’esercito era quindi formato da professionisti, che rimanevano in servizio per 20 anni o più. Si costituì in tal modo una forza permanente effettiva composta da 25 legioni. La flotta stazionava in due porti, Miseno e Ravenna, ed era comandata da un prefetto equestre. Durante il suo regno le acquisizioni territoriali vere e proprie dell’impero furono limitate, malgrado guerre lunghe e impegnative. Augusto preferì affidare alla diplomazia le questioni orientali. In Egitto furono estesi i confini meridionali grazie ad un accordo con gli Etiopi (29-27 a.C.), e venne condotta una spedizione fino allo Yemen per assicurare le vie commerciali con l'oriente (25-24 a.C.). | confini col regno dei Parti vennero stabilizzati attraverso trattative diplomatiche. Si creavano in questo modo alcuni stati cuscinetto nell’ambito dell’egemonia romana, che assolvevano a una funzione di controllo su zone poco urbanizzate al margine del deserto. Il vero teatro degli scontri militari sotto Augusto fu l'Occidente: 27-25 fino al 19 a.C.: Pacificazione della penisola iberica e dell’area alpina occidentale. 21-20. contro le tribù dei Garamanti. 16-15 a. Augusto, Tiberio e Druso. 14-9 a.C.: Occupazione della Pannonia. La successiva acquisizione della Mesia segnò il definitivo Il console L. Cornelio Balbo estese il controllo romano nell’Africa meridionale e sud-occidentale Conquista dell’arco alpino centrale fino all’alto corso del Danubio da parte dei figliastri di consolidamento della frontiera danubiana. Ci fu un unico, importante insuccesso: la mancata sottomissione della Germania, dove le truppe di Quintinio Varo furono pesantemente sconfitte nel 9 a.C. La frontiera rimase dunque il Reno. | particolari poteri che Augusto aveva ricevuto da senato non costituivano una vera carica a cui dopo la sua morte qualcuno potesse succedere. Augusto doveva trovare dunque il modo di far sì che la sua posizione di potere non andasse perduta con la sua morte, senza imporre una svolta apertamente monarchica alle istituzioni. La prima preoccupazione di Augusto fu quella di integrare la propria famiglia nel nuovo sistema politico. L’erede scelto all’interno della gens avrebbe ricevuto non solo il patrimonio privato, ma anche una sorta di prestigio che gli garantiva un accesso privilegiato alla carriera politico-militare. Nel 12 a.C. Agrippa, marito della figlia Giulia e erede designato, morì. Essendo i suoi figli, Caio e Lucio Cesari, minorenni, Augusto si rivolse ai figli della terza moglie Livia: Tiberio e Druso. Tiberio dovette divorziare dalla moglie e sposare Giulia nell’11 a.C., ma successivamente si autoelisiò dalla vita politica sull’isola di Rodi. | figli di Agrippa morirono giovanissimi, nel 2 e nel 4 d.C., allora Tiberio ritornò a Roma e fu costretto ad adottare Germanico, figlio di suo fratello Druso. A sua volta Augusto adottò Tiberio (4 d.C.). Nel 13 d.C. Tiberio celebrò il trionfo sui Germani, e gli venne conferito un imperium pari a quello di Augusto. 2.1G Claudi 14 d.C.: MORTE DI AUGUSTO Tra il 14 e il 68 d.C. il potere rimase all’interno della famiglia Giulio-Claudia. Alla morte di Tiberio, successore di Augusto, gli successe Gaio, detto Caligola. Quando morì Caligola il potere rimase nelle mani di Claudio. L'ultimo esponente della dinastia fu Nerone. TIBERIO, 14-37 d.C. Il suo governo fu sostanzialmente una positiva prosecuzione di quello di Augusto. Durante il suo regno emerge uno dei problemi che si ritroverà in tutta la storia imperiale: quello dei rapporti tra principi e senato. Tiberio fu un amministratore accorto dello Stato, capace di affrontare in modo adeguato delicate congiunture economiche. All’inizio del suo regno si ebbe la stabilizzazione della frontiera renana, ma Tiberio non perseguì ampliamenti territoriali in Germania. Germanico, predestinato alla successione di Tiberio, venne ucciso in circostanze misteriose ad Antiochia, nel 19 d.C. Alla sua morte si aprì a Roma un conflitto politico tra Tiberio e Agrippina: si trattava di affrontare il problema della successione, a cui erano candidati il figlio di Tiberio, Druso minore, e uno dei figli di Germanico e Agrippina. Dal 23 a.C. il prefetto del pretorio Seiano iniziò a crearsi un forte potere personale. Si guadagnò la fiducia di Tiberio, di cui fu fedele collaboratore, e nel 26 d.C., quando l’imperatore decise di ritirarsi a Capri, dominò di fatto la vita politica a Roma. Nel 31 a.C. dichiarò Agrippina nemico pubblico e la imprigionò insieme ai due figli maggiori. Gli ultimi anni del regno di Tiberio non furono felici: scoppiò una grave crisi finanziaria e si acuirono i contrasti col senato. Iniziò un periodo di terrore. Agrippina si suicidò e i suoi due figli maggiori vennero uccisi. Rimanevano come possibili successori Tiberio Gemello, figlio di Druso Minore, e Gaio, detto Caligola, unico figlio sopravvissuto di Germanico e Agrippina. Nel 37 a.C., alla morte di Tiberio, vennero nominati eredi congiunti, ma Caligola fece uccidere Tiberio, ‘ancora minorenne, e divenne unico imperatore. CALIGOLA, 37-41 d.C. Il suo impero viene ricordato soprattutto per le sue stravaganze senza limiti. Gaio fu accolto con grande entusiasmo dall'esercito e dalla plebe. Inaugurò una politica di donativi, grandi spettacoli e ambiziosi piani edilizi che portò all'esaurimento delle risorse finanziarie lasciate da Tiberio. Molto più freddo era l'atteggiamento del senato. In politica estera Caligola si curò di ripristinare in Oriente un sistema di Stati cuscinetto. Ebbe un duro conflitto con gli ebrei, perché volle porre una propria statua nel tempio di Gerusalemme, che la popolazione considerò un gesto sacrilego. Nel 41 a.C. Caligola cadde vittime di una congiura organizzata dai pretoriani. La sua morte ristabilì l'ordine in Giudea e pose fine ai dissidi nelle città orientali. CLAUDIO, 41-54 d.C. Neppure Claudio, zio di Caligola, ebbe dalla sua il favore delle fonti antiche, che lo presentano come un inetto dedito a manie erudite. La necessità di una razionalizzazione del governo dell'Impero indusse Claudio ad una significativa riforma: l’amministrazione centrale fu divisa in quattro grandi uffici, a cui vennero messi a capo dei liberti. Costruì, per far fronte al problema dell’approvvigionamento, il porto di Ostia, un nuovo acquedotto, e bonificò la piana del Fucino, per aumentare la superficie coltivabile in Italia. 49 d.C.: Espulse gli Ebrei da Roma, per prevenire lo scoppio di disordini e tumulti. L'impresa militare più rilevante di Claudio fu la conquista della Britannia meridionale, ridotta a provincia nel 43 d.C. Nel 54 d.C. Agrippina, seconda moglie di Claudio, non esitò ad avvelenarlo per assicurare al figlio la successione al trono. NERONE, 54-68 d.C. All’inizio del suo regno Nerone assecondò l'influenza che esercitavano su di lui Seneca e il prefetto del pretorio Afranio Burro, ma se ne distaccò progressivamente per inclinare verso una idea teocratica e assoluta del potere imperiale. Era un grande ammiratore della Grecia, dell'Oriente e dell’Egitto, ed è sempre stato considerato un imperatore vicino alla plebe che ne apprezzò l’istrionismo e la demagogia. Nel 59 a.C. fece uccidere la madre Agrippina. Da allora cercò di annientare l'opposizione ed eliminare gli ultimi nobili che potevano vantare una lontana forma di parentela con Augusto. Il dispotismo di Nerone (culminato nell’incendio di Roma del 64 d.C.), pose le basi per la sua eliminazione. Nelle provincie, in particolare in Britannia, già nel 60 d.C. vi era stata una grave ribellione delle popolazioni locali. Nel 66 d.C. requisì parte del tesoro del tempio di Gerusalemme, motivo di una rivolta contro i romani, contro cui Nerone aveva inviato Muciano e Vespasiano. Quest'ultimo riuscì a riportare sotto controllo la situazione. Nel 68/69 d.C. iniziarono una serie di sollevazioni da parte dei governatori delle provincie: prima in Gallia, poi in Spagna e in Africa. Nerone fu allora dichiarato nemico pubblico, e venne riconosciuto come nuovo princeps Galba, governatore della Spagna. A Nerone non restò altra via se non quella del suicidio. La sua fine segnò anche quella della dinastia Giulio Claudia. 3. L’anno dei quattro imperatori la 68 d.C. ——> Alla morte di Nerone si vengono a creare le condizioni per una nuova guerra civile, che vide contrapposti senatori, governatori di provincia o comandanti militari, che forti del sostegno dei loro eserciti assunsero il titolo di imperatore. Nel corso di quell’anno e di quello successivo si succedettero quattro imperatori (Galba, Otone, Vitellio, Domiziano), esponenti il primo dell’aristocrazia senatoria, il secondo dei pretoriani e gli ultimi due dell'esercito. La crisi del 68-69 d.C. dimostra come l’asse dell’impero si fosse ormai spostata lontano da Roma. I sec. d.C.: Si impone la figura dell’apostolo Paolo di Tarso. Inizialmente le comunità cristiane si organizzarono in forme diverse nelle singole città, ma dal Il sec d.C. prevalse la struttura di comunità guidate da un singolo responsabile, detto episcopus. Augusto aveva garantito a tutte le comunità ebraiche la possibilità di conservare i propri costumi ancestrali, di praticare il proprio culto e di mantenere legami con il centro di riferimento (il tempio di Gerusalemme). In diverse occasioni però gli Ebrei furono avvertiti come elemento estraneo: sotto Tiberio furono espulsi da Roma, Caligola aveva saccheggiato il tempio mentre Claudio, dopo aver ristabilito la tolleranza inaugurata da Augusto, nel 49 d.C. li espulse anch'egli da Roma. A partire da Nerone diventa evidentemente il contrasto tra l'autorità imperiale e la nuova religione cristiana, considerata sovversiva e pericolosa. Nerone addirittura incolpò i cristiani del grande incendio che distrusse Roma nel 64 d.C., iniziando contro di loro una cruenta persecuzione in cui morirono gli apostoli Pietro e Paolo. Negli ultimi anni di Nerone scoppiarono rivolte in Palestina, che vennero stroncate da Vespasiano e Tito, che distrussero anche il tempio. Sedata la rivolta non furono poste limitazioni al culto, che continuò sia in Palestina che nella diaspora. Ebrei e cristiani subirono invece l'ostilità di Domiziano. 4. Il Il secolo Il Il secolo d.C. è considerato come l’età più prospera dell'Impero romano che potè godere di un notevole sviluppo economico e culturale. NERVA, 96-98 d.C. Il breve principato di Nerva vide la restaurazione delle prerogative del senato e un tentativo di riassetto degli equilibri istituzionali interni. La prima preoccupazione di Nerva fu quella di controllare le reazioni all’uccisione di Domiziano e scongiurare il pericolo dell’anarchia. Garantito l'ordine interno, l’imperatore si volse a un’opera costruttiva di politica finanziaria e sociale a favore di Roma e dell’Italia: fu varata una legge agraria per assegnare lotti di terra ai nullatenenti, e furono concessi dei prestiti da parte dello stato agli agricoltori. 97 a.C.: Sintomi di crisi che minacciarono questa politica di buongoverno. Si trattava di problemi sia economici che politico-militari. Gli sgravi fiscali non rimediavano le difficoltà economiche già emerse sotto Domiziano, mentre sul piano politico i pretoriani chiesero di punire gli assassini di Domiziano. Nerva accettò, ma in questo modo puniva coloro che lo avevano portato al potere, compromettendo il proprio prestigio. L’unico sistema per impedire una nuova disgregazione dell’impero era scegliere un successore che fosse in grado di affermarsi anche militarmente contro i pretoriani. Nerva adottò Marco Ulpio Traiano, un senatore di origine spagnola, che nel 98 d.C., alla sua morte, gli succedette come imperatore. TRAIANO, 98-117 d.C. Quando fu designato imperatore Traiano stava svolgendo le sue funzioni di governatore in Germania meridionale. A Roma si recò nel 99 d.C., dopo aver completato il consolidamento del confine renano. Traiano è stato paragonato a una sorta di generale della Repubblica: tra i suoi programmi un posto di rilievo ha l'espansione territoriale. 101-102 d.C. e 105-106 d.C, Campagne Daciche: Dopo aver sconfitto Decebalo, che Domiziano non era riuscito a battere definitivamente, la Dacia, regione ricca d’oro, fu ridotta a provincia. L’enorme bottino ricavato dalla conquista e l’oro che arrivava a Roma dalle miniere daciche servì per finanziare imprese militari e la costruzione di diverse opere pubbliche. L'imperatore mostrò grande interesse per la frontiera orientale. Istituì la provincia d’Arabia e nel 114 d.C. istituì una grande campagna contro i Parti, durante la quale furono occupate l'Armenia, l’Assiria e la Mesopotamia. Traiano, richiamato a fronteggiare una rivolta degli Ebrei scoppiata in Mesopotamia, decise di abbandonare le nuove conquiste. Morì in Cilicia, sulla via del ritorno verso Roma. Le truppe acclamarono imperatore il governatore della Siria P. Elio Adriano, un parente spagnolo di Traiano. ADRIANO, 117-138 d.C. Adriano, di origine spagnola, aveva percorso la carriera senatoriale romana, probabilmente grazie all’aiuto di Traiano, che dopo la guerra partica gli aveva affidato la provincia della Siria. Per acquisire la pubblica benevolenza, Adriano si preoccupò di alleviare il malessere economico, cancellando i debiti arretrati contratti a Roma e in Italia con la cassa imperiale e facendo distribuzioni al popolo. Fu un amministratore attento e un riformatore della disciplina militare. Fu anche uomo di grande cultura e favorì in ogni modo l’arte e la letteratura. A Roma fece costruire per lui un mausoleo (Castel S.Angelo). Adriano passò gran parte del suo regno viaggiando attraverso le provincie: tra il 121 e il 125 d.C. visitò le provincie renane e danubiane e visitò la Britannia, dove cominciò la costruzione del vallo a difesa della zona meridionale contro le tribù non romanizzate del nord. Passò poi in Gallia, in Spagna, in Africa, e infine in Asia minore e in Grecia (129-134 d.C.) Nel 132 d.C., dopo il suo passaggio, scoppiò in Palestina una gravissima rivolta, provocata dalla volontà di Adriano di assimilare gli Ebrei agli altri popoli dell’Impero. La ribellione fu repressa in maniera spietata. Adriano passò 12 dei 21 anni di regno lontano da Roma: si preoccupò personalmente di dare una forma definitiva alle competenze giurisdizionali dei governatori provinciali e si adoperò per un’efficiente ‘amministrazione della giustizia (l’Italia fu divisa in 4 distretti giudiziari assegnati a senatori di rango consolare). Come successore Adriano scelse il console del 136 a.C., Lucio Elio Cesare, che adottò. Dopo la sua prematura morte la scelta di Adriano cadde verso un senatore della Gallia Narborense, Arrio Antonino. Costui adottò a sua volta Lucio Vero e il futuro Marco Aurelio. ANTONINO PIO, 138-161 d.C. Il regno di Antonino Pio fu all'insegna della continuità con quello precedente. A differenza di Adriano, però, rinunciò ai grandi viaggi. Si tratta di un periodo sostanzialmente privo di avvenimenti: il principe ebbe buoni rapporti con il senato, e fu un parsimonioso amministratore. Durante il suo regno non ci furono minacce per la sicurezza dell'impero. Per sua volontà il vallo di Adriano fu avanzato nella Scozia meridionale. Nell’età di Antonino Pio Roma raggiunse l’apogeo del proprio sviluppo. Le città rappresentavano il segno distintivo della civiltà rispetto alla rozzezza e alla barbarie. Nell’Impero vi era dunque una grande varietà di tipologie cittadine e una grande diversità di statuti. Le città erano organizzate secondo tre tipologie fondamentali: - Città peregrine: quelle preesistenti alla conquista e alla loro riorganizzazione all’interno dell'Impero. A loro volta si possono dividere in tre gruppi in base al loro status giuridico nei confronti di Roma. Le città stipendiate (che pagano un tributo), le città libere, le città libere federate (hanno concluso con Roma un trattato sul piano d’uguaglianza). Agli abitanti di queste città veniva accordato il diritto latino o romano. : Città di nuove fondazione con apporto di coloni che godono della cittadinanza romana su terre sottratte a città o popoli vinti. Le città costituivano il punto di riferimento delle attività economiche e i nuclei della vita culturale. Roma, diffondendo la cultura urbana e promuovendo la crescita e la collaborazione con l’elitàs cittadina, si assicurava in primo luogo il controllo dell’ordine e della stabilità su tutto l'impero. MARCO AURELIO, 161-180 d.C. Come voleva Antonino Pio, inizialmente il potere fu diviso tra Marco Aurelio e il fratello adottivo Lucio Vero. Nel 166 a.C. Vero concluse vittoriosamente la guerra contro i Parti, ma portò a Roma la peste, che si diffuse negli anni successivi, causando lutti e devastazioni nell'Impero. A nord, superato il Danubio, i barbari (Marcomanni e Quadi) invasero la Pannonia, la Rezia e il Norico, giungendo perfino a minacciare l’Italia. Morto Lucio Vero, nel 169 d.C., Marco Aurelio riuscì a ristabilizzare la situazione nel 175 d.C., respingendo i barbari al di là del Danubio. 175 d.C., rivolta del governatore di Sira Avidio Crasso: venne ucciso dai suoi stessi soldati, che prevenirono così il conflitto armato. Marco Aurelio è passato alla storia come l’immagine stessa dell’imperatore-filosofo. Con lui si ritornò alla prassi della successione dinastica. COMMODO, 180-192 d.C. Commodo divenne imperatore a 19 anni. Il suo primo atto fu quello di concludere la pace con le popolazioni che premevano sul Danubio. Le sue inclinazioni dispotiche e le sue stravaganze determinarono la rottura col senato. Dal 182 al 185 d.C. il governo fu di fatto in mano al prefetto del pretorio Tigidio Perenne. Quando questi fu ucciso il suo ruolo fu preso da un liberto, Cleandro, che arrivò nel 189 d.C. ai fastigi dell’ordine equestre. 190 d.C., grave carestia: fece cadere il potere di Creando, offerto come capo espiatorio alle ire della plebe. Tra il 190 e la sua morte, avvenuta nel 192 d.C., Commodo lasciò il potere in mano a un cortigiano, Electo, e al prefetto del pretorio Leto, che completarono il dissesto finanziario e ordinarono la congiura che uccise l’imperatore. Nel 212 d.C. egli dispose la concessione della cittadinanza romana a tutti gli abitanti dell’impero, grazie alla promulgazione della Constitutio Antoniniana (o editto di Caracalla), alla quale contribuirono probabilmente ragioni di carattere fiscale: con tale provvedimento aumentava il numero di contribuenti. Anche Caracalla non si sottrasse all’ambizioso disegno di condurre una campagna in Oriente contro i Parti. Durante questa spedizione, nel 217 d.C., venne assassinato a Carre, senza aver nominato un successore. Imperatore fu allora acclamato il prefetto del pretorio Macrino, uno dei capi della congiura (17-18 d.C.) ELAGABALO, 218-222 d.C. Quando Macrino fu ucciso, la zia di Caracalla Giulia Mesa, fece sì che venisse eletto imperatore suo nipote Vito Avito Bassiano, detto Elegabalo. Elagabalo è ricordato soprattutto per il suo intenso misticismo e per il tentativo di imporre come religione di Stato un culto esotico e stravagante, quello del dio Sole venerato in Siria. Nel 122 d.C. Elagabalo fu assassinato da una congiura di pretoriani, che proclamarono imperatore il cugino Bassiano, che gli successe col nome di Alessandro Severo. ALESSANDRO SEVERO, 222-235 d.C. Il suo regno trasse profitto dal fatto che l’azione di governo fu in mano, almeno nei primi anni, al grande giurista Ulpiano. | rapporti tra imperatore e senato tornarono ad essere improntati a uno spirito di collaborazione. Nel 224 d.C., i Persini scatenarono un'offensiva in Mesopotamia che arrivò a minacciare anche la Siria. L'intervento dell’imperatore in Oriente riuscì a bloccare l'offensiva nemica. Appena rientrato a Roma fu chiamato in Gallia, minacciata a sua volta dalle incursioni di popolazioni barbariche. Nel 235 d.C. fu assassinato a Magonza da una nuova congiura di militari. Con la sua morte finisce la dinastia dei Severi, che aveva accentuato la forza dell'esercito, divenuto il vero padrone dei destini dell’Impero. 235 d.C., Morte di Alessandro Severo REMI) avaro MILITARE FINO AL 284 d.C. Al posto di Alessandro Severo l’esercitò proclamò imperatore un generale di origine Trace, Massimino. Con il suo regno incomincia l'epoca considerata di massima crisi, nel quale si succedono circa venti imperatori, in circa un cinquantennio. Il regno di Massimino il Trace, ottenne delle vittorie nelle sue compagne contro i barbari, ma la durezza del suo regime, che impose una fortissima pressione fiscale, lo fece dichiarare nemico pubblico dal senato. Venne proclamato Gordiano, proconsole in Africa, che si associò il figlio. Scoppiò allora una rivolta repressa dai soldati fedeli a Massimino, e il senato affidò la guida dello Stato a venti consolari al cui interno furono nominati Augusti Pupieno e Balbino. Nel 238 d.C. Massimino mosse alla volta dell’Italia, ma venne assassinato dalle sue stesse truppe presso Aquileia. Nel frattempo a Roma furono uccisi Augusti Pupieno e Balbino dai pretoriani, che proclamarono Augusto il nipote di Gordiano, Gordiano III. Nel 244 d.C., alla morte di Gordiano III, fu acclamato imperatore Filippo detto “l’Arabo”, nel corso di una campagna in Persia. Filippo si affrettò a stipulare una pace col re Persiano. Nel 248 d.C. celebrò con grande enfasi il millenario di Roma. Venne ucciso anche lui, e nel 249 d.C. l’esercito acclamò Augusto Messio Decio. Il suo breve regno è caratterizzato da un tentativo di difendere le frontiere orientali e da un’evidente volontà di rafforzare l'osservanza dei culti tradizionali (infatti discriminò i cristiani). Morì nel 251 d.C. combattendo contro i Goti. La situazione per l'Impero si era fatta pesantissima: sul confine gallico e su quello germanico premevano le popolazioni degli Alamanni e dei Franchi; la frontiera del Basso Danubio era attaccata dai Goti mentre ad Oriente i persiani si stavano impadronendo della Siria. Venne eletto imperatore Valeriano (253-260 d.C.), che associò immediatamente al potere il figlio Gallieno e decentrò il governo dell’Impero: mise infatti Gallieno a difesa delle provincie occidentali e lui tentò una campagna contro i Persiani, che finì tragicamente: venne infatti sconfitto ad Edessa e fatto prigioniero dal re persiano Sapore. Morì in cattività. Gallieno si ritrovò solo a reggere l'Impero tra il 260 e il 268 d.C. Riuscì a bloccare l'avanzata degli Alemanni e dei Goti, anche se fu costretto a rinunciare alla Dacia. Gallieno dovette anche tollerare che all’interno dell'Impero si formassero due regni separatisti: quello delle Gallie, retto da Postumo e quello di Palmira (Siria, Palestina e Mesopotamia), con a capo Odenato. 268 d.C., uc ne di Gallieno. Prende il potere Claudio Il (268-270 d.C.), primo di una serie di imperatore detti “illirici’, perché originari dei quella regione. Claudio ottenne due importanti successi, uno con gli Alemanni e l’altro contro i Goti. Aureliano (270-275 d.C.), portò a termine l’opera del predecessore, riuscendo ad avere ragione delle popolazioni barbariche che erano penetrate di nuovo nella pianura padana. Riuscì anche a sottomettere i due stati autonomi che si erano costituiti negli anni precedenti: nel 272 d.C. si impadronì in Siria della città di Palmira e nel 274 d.C. fu sconfitto l’ultimo sovrano del regno separatista delle Gallie, Tetrico: l’unità dell'Impero risultava così ricostituita. Aureliano ebbe il merito di restituire un certo prestigio alla figura del sovrano, e riorganizzò lo stato in tutti i settori essenziali della vita economica. Ucciso Aureliano nel 275 d.C., ci fu un breve regno dell’imperatore senatorio Tacito (275-276 d.C.). Dopo Tacito governò Probo (276-282 d.C.), che riuscì ad ottenere una serie si successi sui barbari. Nonostante questo fu ucciso in una congiura mentre preparava una campagna contro la Persia. Il suo successore Caro (283 d.C.) condusse felicemente tale campagna, ma anch'egli fu ucciso da una congiura militare. Alla fine solo detentore del potere si ritrovò ad essere l’Illirico Diocleziano, nel 285 d.C. DIOCLEZIANO, 284-305 d.C. Con il regno di Diocleziano si chiuse definitivamente l’età buia che va sotto il nome di “crisi del III secolo”. Il regno di Diocleziano è contraddistinto da una forte volontà restauratrice della stato a tuttii livelli: politico-militare, amministrativo ed economico. Stabilì la propria sede in Oriente, a Nicomedia. L'ideologia conservatrice che ispirò le sue riforme ebbe come esito una serie di misure che riorganizzarono l'Impero su base diverse rispetto a quelle originarie. Diocleziano concepì un sistema di potere in base al quale al vertice dell’Impero c’era un collegio imperiale composto da quattro monarchi: i Tetrarchi, due dei quali, detti Augusti, erano di rango superiore ai secondi, detti Cesari. Questa riforma, che aveva come principale obiettivo quello di fronteggiare meglio le varie crisi regionali attraverso una ripartizione territoriale del potere, fu attuata attraverso tappe graduali. Una delle conseguenze della Tetrarchia fu che ogni Augusto regnava alternativamente sull’Oriente e sull’Occidente. ——> Diocleziano andò a risiedere a Nicomedia, Massimiano scelse Milano. Anche il numero delle province aumentò, riducendo così l'ampiezza dei loro territori. L'esercito fu ulteriormente potenziato e le truppe migliori furono messe a disposizione dei Tetrarchi. Diocleziano si impegnò a fondo anche nella riorganizzazione del sistema economico e fiscale (tassazione sul reddito agricolo, impero diviso in 12 unità regionali, dette diocesi, riforma monetaria). In campo militare, i successi più importanti di Diocleziano riguardano la soppressione di una serie di rivolte scoppiate in Egitto e in Britannia. Nel 303-304 d.C. vennero perseguitati violentemente i cristiani. Le persecuzioni finirono completamente solo dieci anni dopo. Il 1°maggio 305 d.C., Diocleziano e Massimiano abdicarono, e il loro posto fu preso dai due Cesari Costanzo Cloro e Galerio. Il sistema tetrarchico entrò subito in crisi: alla morte di Cloro, a York, l’esercito nominò imperatore il figlio Costantino invece che il Cesare designato, Severo 2. Da Costantino a Teodosio Magno: la Tarda Antichità e la cristianizzazione dell’Impero. Il periodo che inizia con Costantino e arriva fino a Giustiniano viene indicato col termine “Tarda Antichità”. Al suo interno si distingue una fase particolarmente significativa, quella che va dal regno di Costantino alla morte di Teodosio Magno (395 d.C.): esso coincide più o meno col IV secolo e con il definintivo affermarsi del cristianesimo come religione dell'Impero romano. In questo periodo il governo dello Stato è diretto dai detentori delle più alte cariche civili e militari. L'imperatore non risiede più a Roma, il che comporta un distacco dell’aristocrazia senatoria dagli organismi di potere (il senato smette di avere potere reale), e si assiste alla scomparsa dell'ordine equestre, assorbito da quello senatorio. COSTANTINO, 306-337 d.C. Inizialmente Costantino condusse una politica prudente, che conobbe una svolta nel 310 d.C.: a partire da questo momento egli mostra di propendere per una religione di tipo monoteistico. Nel giro di due anni l’intricata situazione politica si semplifica: Costantino ebbe la meglio su Massenzio (figlio di Massimiano, che reclamava il potere) nel 312 d.C., nella battaglia di Ponte Milvio, e potè impadronirsi di Roma. La vittoria fu ottenuta nel segno di Cristo, da un imperatore che aveva abbandonato il paganesimo per il cristianesimo. TT, La conversione di Costantino fu un evento di portata rivoluzionaria, perché significò l'inserimento delle strutture della Chiesa in quelle dello Stato. La conversione di Costantino ebbe probabilmente luogo dopo la vittoria su Massenzio. All’inizio del 313 d.C. Costantino e Licinio si incontrarono a Milano dove si accordarono sulle questioni fondamentali di politica religiosa (“Editto di Milano”). Vi è la perdita da parte dell’Italia della sua posizione privilegiata dal punto di vista fiscale e la sua equiparazione di fatto alle altre provincie (sotto Diocleziano). La frammentazione politica seguita alle invasioni barbariche provocò nel V sec. d.C. la definitiva rottura delle relazioni commerciali all’interno del Mediterraneo, che determinarono un rapido abbassamento delle condizioni di vita e un netto declino demografico. “Tarda Antichità”: Dalla tetrarchia fino all'invasione longobarda dell’Occidente (568 d.C.). Linea di demarcazione tra antichità e Medioevo. Si è venuta consolidando nella storiografia l’idea di Tarda Antichità con caratteri originali e distintivi, un'immagine di un’epoca portatrice di valori positivi. Nell’età tardoantica cambia anche il potere dell’imperatore: il sovrano è colui che si conforma in massimo grado alle leggi e che per conseguenza è il più giusto. Il potere del re è “irresponsabile”, nel senso che non deve render conto a chiccessia. Ma non per questo si sottrae alla legge, proprio perché l’incarna. Il monarca diventa sempre più un riflesso di una divinità in una dimensione sacrale, l’unico intermediario per arrivare al cielo. ——> L'imperatore tardoantico è tale per grazie divina. La Tarda Antichità è un’età di forti contraddizioni, dove sono anche presenti caratteri autoritari e repressivi, che fecero largo uso della tortura, che prima era invece riservata solo agli schiavi. Come spiegazione per il generali inasprimento delle pene si possono invocare fattori di diversa natura, soprattutto politica. 361-363 d.C.: Regno di complesso disegno di riforma della religione pagana tradizionale, che si ispira in maniera abbastanza evidente alla Chiesa cristiana. liano. Tentativo di promuovere il ritorno al paganesimo. Si impegnò in un Parte Sesta LA FINE DELL'IMPERO ROMANO D’OCCIDENTE E BISANZIO di Arnaldo Marcone 1. La fine dell'Impero romano d’Occidente Metà del IV secolo d.C.: | Goti erano la forza predominante nelle regione del Ponto, operando nei due raggruppamenti fondamentali di Ostrogoti e Visigoti. Per buona parte del secolo le relazioni tra Romani e Goti furono condizionate dal trattato di pace di Costantino del 332 d.C., che faceva dei Visigoti uno stato- cliente dei romani. La situazione ebbe una svolta drammatica quando i vari regni gotici entrarono in crisi a loro volta per la pressione esercitata su di loro dagli Unni: nel 376 d.C. i Visigoti fecero richiesta di essere accolti a sud del Danubio, in Tracia, fuori dalla portata degli Unni. Dopo la disfatta di Adrianopoli nel 378 d.C. questa fase critica si chiude nel 382 d.C. con il trattato stipulato da Teodosio, che consentì definitivamente l'insediamento dei Goti entro le frontiere dell’Impero. Da questo momento in poi gli imperatori si appoggiarono sempre più alle tribù germaniche e ai loro capi. L’influsso dei Germani sulla politica interna romana si basa quasi esclusivamente sulla loro posizione guadagnata all’interno della gerarchia militare, non si sa se abbiano occupato cariche anche nell’amministrazione civile. L'Italia settentrionale e centrale nel corso del IV secolo conobbe una serie di accantonamenti di barbari come risultato di una politica mirata e di accordi pacifici: solo eccezionalmente, però, veniva concessa ai barbari la cittadinanza romana, al contrario si cercò di mantenere tra romani e barbari una reciproca estraneità. La chiesa sembra conciliante e disponibile verso i barbari, in quanto ne rileva l'utilità per funzioni di difesa. 395 d.C.: Morte di Teodosio. Momento di svolta decisivo per l'impero romano. Per la prima volta esso fu diviso territorialmente in due parti tra i due figli di Teodosio: ad Arcadio andò l'Oriente, a Onorio l'Occidente. Si crearono due corti, due amministrazioni, due eserciti completamente autonomi. L’esito di tale smembramento risultò particolarmente rovinoso per l'Occidente, minacciato dalle sempre più frequenti invasioni dei barbari, mentre l’Oriente dovette fronteggiare il tradizionale nemico Persiano. Nelle intenzioni di Teodosio in realtà, il principio unitario doveva essere mantenuto dal generale di origine vandalica Silicone, a cui affidò in tutela i due figli. Questo compito fu però impossibile da realizzarsi, a causa del continuo aggravarsi della situazione militare. 398 d.C.: Rivolta in Africa repressa a fatica di Stilicone, ma una serie di invasioni barbariche scosse l'Impero. 402 e 406 d.C.: Invasione dei Goti, guidati da Alarico e da Radagaiso. In entrambi i casi Stilicone riuscì a fermarne l'avanzata, ma alle fine del 406 d.C. la frontiera renana fu travolta da numerose popolazioni germaniche: - Vandali, Alamanni, Burgundi, Franchi, Svevi e Alani dilagarono in Gallia. - La Britannia si staccò definitivamente dall'Impero. - Vandali, Alani e Svevi si stabilirono in Spagna dopo aver varcato i Pirenei. Stilicone venne accusato di intesa con i barbari e messo a morte nel 408 d.C. L'Italia fu di fatto abbandonata alle scorribande di Alarico, che nel 410 d.C. entrò a Roma e la saccheggiò (sacco di Roma, era la prima volta dall’incendio gallico del 390 a.C.). Dopo aver saccheggiato Roma Alarico si diresse verso il sud Italia. La sua morte improvvisa risparmiò ulteriori traversie all’Italia: i Goti si ritirarono in Gallia meridionale, dove dettero vita a uno stato vero e proprio con capitale Tolosa. Poco dopo anche i Burgundi diedero vita a un regno proprio. 423 d.C., Morte di Onorio. Dopo che il potere venne preso per poco tempo da un usurpatore, nell’autunno 425 d.C. venne eletto Valentiniano III. Decenni dalla Spagna in Africa dallo stretto di Gibilterra. L’anno dopo assediarono Ippona, nell'odierna Algeria (nell’assedio morì il vescovo della città, Sant'Agostino). Nel 439 d.C. cadde anche Cartagine e il re vandalo Genserico ottenne dalla corte ravennate il riconoscimento del suo regno. Il regno vandalico non durò a lungo, fu conquistato da Giustiniano del 534 ali del V secolo: | Vandali posero fine alla storia dell’Africa Roma. Nel 429 d.C. essi passarono d.C. e inglobato nell’Impero d'Oriente. Contemporaneamente dalla Pannonia incombevano gli Unni guidati da Attila. In un primo tempo essi si diressero verso Oriente, ma in seguito indirizzarono le loro mire verso Occidente,. Dopo aver invaso la Gallia, gli Unni furono sconfitti da Ezio nel 451 d.C.. Quando Attila mosse alla volta dell’Italia, l'anno successivo, gli Unni lasciarono improvvisamente la penisola dopo aver incontrato una delegazione guidata da Papa Leone I. La morte di Attila provocò la rapida dissoluzione del suo regno. 454 d.C.: Morte di Ezio 455 d.C.: Roma fu saccheggiata per la seconda volta, questa volta da Genserico, re dei Vandali. 457-461 d.C.: Regno di Maggioriano, ultimo imperatore d'Occidente che tentò una riscossa militare. Venne eliminato nel 461 dal generale barbaro Ricimero, che nel 472 d.C. assediò a Roma anche Antemio, l’imperatore voluto da Costantinopoli. 474 d.C.: Zenone, imperatore d’Oriente, nominò imperatore Giulio Nepote, contro il quale si ribellò Oreste. 476 d.C.: Romolo, figlio di Oreste, fu scacciato dal capo barbarico Odoacre. FINE DELL'IMPERO ROMANO D’OCCIDENTE. 2. I regni romano-barbarici Mentre la penisola italica rimaneva per un certo periodo sotto il controllo di Odoacre, l'Imperatore d’Oriente Zenone cecò di porre riparo alla situazione attraverso l'intervento di popolazioni barbariche amiche. —, Nel 488 d.C. Teodorico, re dei Goti, scese in Italia con la missione di eliminare Odoacre, che venne sconfitto e ucciso nel 493 d.C. Iniziava così una sorta di regno ostrogoto dell’Italia. 3. Bisanzio Dal 395 d.C. le vicende dell'Impero d’Oriente risultano del tutto divise da quelle dell'Occidente. Storia Bizantina (330-1453 d.C.) Nella partizione teodosiana l'Oriente era toccato ad Arcadio. Alla morte di Arcadio, nel 408 d.C., gli successe il figlio Teodosio Il (408-450 d.C.). Nel corso del suo regno anche l’Impero d'Oriente dovette fronteggiare il pericolo dei barbari, in particolare quello degli Unni. Anche i Persiani furono tenuti a bada. Teodosio Il è ricordato soprattutto per la sua attività di riordino della giurisprudenza, avendo promulgato la raccolta delle leggi imperiali di Diocleziano (438 d.C.) Il suo successore, Marciano (450-457 d.C.), fu scelto dal senato. A travagliare la vita interna di Bisanzio furono soprattutto i problemi di natura teologica relative alla natura di Cristo, a cui si aggiunsero, sotto i regni di Leone (457-474 d.C.) e Zenone (474-491 d.C.), problemi di natura finanziaria. La situazione ormai divenuta critica fu affrontata con successo da Anastasio (491-518 d.C.), che inoltre riuscì a bloccare le offensive persiane tra il 502 e il 503 d.C. Ad Anastasio successe Giustino (518-527 d.C.), e dopo di lui il nipote Giustiniano, da lui adottato in precedenza. GIUSTINIANO, 527-565 d.C. Il regno di Giustiniano rappresenta per molti aspetti la conclusione nel mondo antico. Il nome di Giustiniano è legato soprattutto alla sua attività di riordinamento della giurisprudenza (Corpus luris Civilis). Di grande rilievo fu anche la sua attività edilizia ( S.Sofia a Costantinopoli, S.Vitale a Ravenna) e il forte impulso dato al commercio e a nuove attività economiche (produzione della seta). Giustiniano non godette del favore degli storici a lui contemporanei. Ebbe grandi difficoltà interne all’inizio del regno: tra queste un posto importante avevano le controversie dottrinali (Ortodossia vs credo monofisita). Giustiniano da una part aveva interesse a cercare un'intesa col papato, però doveva anche tener conto del grande seguito di cui il credo monofisita godeva in Oriente. | problemi interni non distolsero Giustiniano dal suo grande sogno di riconquista dell’Occidente. 533 d.C.: Riconquistò l'Africa del nord, la Sardegna e la Corsica. 535-553 d.C.: Guerra Greco-Gotica. | Goti opposero una grande resistenza all’esercito bizantino. La guerra fu lunga e sanguinosa, ma alla fine Giustiniano ebbe la meglio e l’Italia diventò una delle prefetture del Regno d'Oriente. La restaurazione giustiniana fu interrotta nel 568 d.C., quando arrivarono i Longobardi. Da lì si determina la cesura che dà inizio alla storia del Medioevo in Italia e in Europa. Costantinopoli: Fondata da Costantino nel 330 d.C., già a metà del IV secolo d.C. la nuova capitale contava una popolazione di 100.000 abitanti. In età giustiniana la popolazione contava più di mezzo milione di abitanti. A Costantinopoli il re e la sua corte vivevano all’interno di una cinta muraria, isolati dal resto della città. Società bizantina: Nell'arco di una storia più che millenaria la società bizantina ebbe un'evoluzione complessa, tuttavia si possono indicare alcuni caratteri particolari e permanenti che la contraddistinguono: - Saldo e autonomo apparato burocratico: il governo dell'impero non è più retto da magistrati, ma da burocrati, funzionari con carriere e funzioni specifiche al servizio diretto dell’imperatore. - Figura dell’imperatore: progressivamente si rafforza l’idea che l'investitura dell’imperatore fosse concessa dalla grazia di Dio. Il potere imperiale, in quanto di origine divina, riuniva e legittimava tutti gli altri. - Complesso di simboli che circondavano il potere imperiale l’inaccessibilità della persona dell’imperatore. il palazzo, le vesti color porpora, Nel mondo bizantino un ruolo di grande rilievo fu svolto dalla Chiesa. Tra il IV e il VI secolo d.C. la funzione pubblica dei vescovi e la loro importanza all’interno delle città era una caratteristica distintiva dell'Oriente. | vescovi delle tre principali città dell’Impero: Costantinopoli, Alessandria e Antiochia, presero il nome di Patriarchi, la cui nomina era di stretta competenza dell’imperatore. C'era uno stretto vincolo tra Stato e Chiesa, che recò senza dubbio vantaggi alle due parti, insieme ad alcuni inconvenienti: la chiesa cadde sotto la tutela dello stato, quest’ultimo fu coinvolto nelle varie dispute dottrinali. Due furono le scuole teologiche che si contrapposero maggiormente: quella di Antiochia, più razionalista, e quella mistica di Alessandria. Il regime imperiale creato da Augusto si fondava su un potere personale che cercava il riconoscimento del popolo romano. La crisi del III secolo d.C., con le sue guerre incessanti, trasformò l’imperatore in un soldato professionista. Esso fu riconosciuto dal cristianesimo che ne fece un legato di Dio in terra: l’imperatore era riconosciuto tale per “grazia divina”. In Occidente si realizzarono presto le condizioni per un’organizzazione del tutto nuova dell'economia e della politica: essi favorirono il modello dell'idea Medievale di Stato che si diffuse in Europa attraverso una serie di faticose trasformazioni. java allora una nuova era, che per convenzione chiamiamo Medioevo.