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storia romana. Geraci-Marcone pt. 3, Appunti di Storia Romana

riassunto pt.3 manuale di storia romana Geraci-Marcone

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 13/09/2020

giulio-pennacchioni
giulio-pennacchioni 🇮🇹

4.6

(17)

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Scarica storia romana. Geraci-Marcone pt. 3 e più Appunti in PDF di Storia Romana solo su Docsity! Parte quinta. CRISI E RINNOVAMENTO (III-IV SECOLO D.C.) Capitolo 1. LA CRISI DEL III SECOLO E LE RIFORME DI DIOCLEZIANO La crisi del III secolo e le riforme di Diocleziano Già durante il regno di Marco Aurelio e ancora di più durante quello di Commodo si percepirono dei forti fattori di crisi tanto nella società romana, quanto nel governo romano tali fattori diventarono dei veri e propri elementi di disgregazione. 1) In campo politico, il senato si vide esautorato a vantaggio dei militari; 2) in campo fiscale, la svalutazione della moneta impoverì i ceti medi, portando con sé la decadenza economica delle città de una profonda crisi anche morale. Le componenti decisive in tale processo furono: l’esercito all’interno e i barbari all’esterno. L’accresciuta importanza dell’esercito che si trovò nella condizione di nominare imperatori a suo piacimento, soprattutto nelle province va connessa con l’accentuata pressione dei popoli barbari ai confini. Quindi ai problemi si aggiunse la necessità di finanziare un esercito sempre più esigente che potesse far fronte alle pressioni barbariche. Questo determinò la crescita della pressione fiscale e il fenomeno dell’inflazione: la forte perdita di valore della moneta è una delle calamità che afflissero la popolazione romana in questo periodo. Tendenze assolutistiche È al nuovo ruolo dell’esercito che si deve la trasformazione dell’ideologia del potere imperiale verso forme sempre più assolutistiche Ormai l’imperatore (che secondo l’ideologia del principato augusteo era un princeps rispettoso dell’aristocrazia senatoria) riconosce al Senato solo la funzione di organismo burocratico soggetto alla propria autorità assoluta, che dipende sempre più dall’appoggio dell’esercito. Gli imperatori militari di origine illirica, arrivati al potere attraverso una serie di proclamazioni dei loro eserciti, cercarono di far fronte alla gravità della situazione, ma risultarono totalmente estranei alla tradizione del regime senatorio. L’adozione del culto solare da parte di questi imperatori si spiega con il fatto che questo fosse molto popolare nell’esercito e con il fatto che meglio si adattava al rafforzamento del potere imperiale. Il cristianesimo È proprio la crisi morale accompagnata da una sfiducia nei valori religiosi e civili tradizionali che favorisce il manifestarsi di nuove tendenze religiose per colmare l’emergere di bisogni esistenziali definita «Epoca di angoscia». Il III secolo è, fra l’altro, l’epoca decisiva per il definitivo costruirsi delle strutture primitive della Chiesa Cristiana. Oltretutto si fa più dura ed evidente l’avversione da parte dell’autorità politica: è significativo che proprio in un momento di grande difficoltà, quando verso il 250 d.C. il pericolo barbarico era palese, il potere decise di scatenare per reazione e per paura, la prima grande persecuzione sistematica dei cristiani. La dinastia dei Severi All’uccisione di Commodo (192 d.C.) segue un periodo molto simile con quello dell’anno dei quattro imperatori (68-69 d.C.) periodo di regni effimeri.  Ora, la vera lotta per il potere riguardava chi aveva il controllo delle forze militari più ingenti: la competizione era ristretta fra il legato della Pannonia Superiore, Settimio Severo, il governatore della Siria, Pescennio Nigro, e il governatore della Britannia, Clodio Albino. Settimio Severo (generale africano originario di Leptis Magna attuale Libia), nel 197 d.C. mosse con i suoi soldati alla volta di Roma dando vita ad una dinastia che resse le sorti dell’Impero fino al 235 d.C. con la successione di Caracalla (211-217 d.C.), Elagabalo (218-222 d.C.) e Alessandro Severo (222-235 d.C.). Ha inizio con Settimio Severo quella che viene definitiva una «monarchia militare» nella quale l’autorità dell’imperatore si basa sulla forza degli eserciti. Settimio rivolse subito la sua verso la frontiera orientale, nuovamente minacciata dai Parti. Già nel 198 d.C. era riuscito ad impadronirsi della città nemica (Ctesifonte) che fu rasa al suolo. Dunque egli spostò la frontiera romana al Tigri. Ma egli aveva soprattutto degli scopi propagandistici (come dimostra il titolo da lui assunto di Partico Massimo), infatti, dopo il successo con i Parti prese forma il suo progetto dinastico: l’esercito proclamò Augusto il figlio maggiore di Severo, Antonino, detto Caracalla; il figlio minore Geta, fu al contempo proclamato Cesare. Successivamente rimase a lungo a Roma per amministrare al meglio il suo nuovo regime. Solo nel 208 decise una spedizione in Britannia, dove la situazione era resa precaria dalle incursioni delle tribù dei Caledoni operazione di difesa dei confini, che prevedevano il rafforzamento del vallo di Adriano non si erano ancora concluse quando, nel 211, Severo trovò la morte. La sua filosofia «Andate d’accordo, arricchite i soldati e non preoccupatevi di altro» si realizzò in un accrescimento della paga dei soldati, il soldo, connesso con una serie di privilegi. Fu abolito il divieto per i legionari di contrarre matrimonio sino a quando si trovavano in sevizio. Il carattere assolutistico del regime instaurato da Severo ci viene confermato dall’enorme accrescimento dei suoi beni (res privata), che finirono per non essere più distinguibili da quelli dello Stato. A lui successero i figli, Caracalla (M. Aurelio Antonino, il soprannome proveniva dal cappuccio che indossava) e Geta (elevato anche lui al rango di Augusto): questa diarchia (la seconda, dopo quella di Marco Aurelio e Lucio Vero) ebbe breve durata perché Caracalla, violento e ambizioso, non esitò a far assassinare il fratello. È rimasto legato ad un famoso provvedimento del 212 d.C.: concesse la cittadinanza romana a tutti gli abitanti dell’Impero ad eccezione dei dediticii (coloro che si sono arresi, in riferimento, forse, ai barbari non ancora annessi). - Costituzione Antoniniana (o editto di Caracalla) non solo la legalizzazione di una trasformazione di fatto della società romana (il superamento della distinzione tra italici e provinciali), ma giocarono probabilmente anche ragioni di carattere fiscale con tale politica aumentava il numero dei contribuenti. La politica di forti concessioni ai legionari e ai pretoriani, che Caracalla proseguì, richiedeva la disponibilità di sempre maggiori risorse, come è dimostrato da un altro provvedimento per fronteggiare la forte inflazione: la coniazione dell’antoniniano: moneta con il valore nominale di due denari, pur avendo il valore effettivo di un denario e mezzo. Anche lui volle condurre una grande campagna in Oriente contro i Parti, ma nel 217 d.C. venne assassinato in seguito ad una congiura a Carre, in Siria, senza che avesse provveduto a nominare un successore. Fu acclamato imperatore un prefetto del pretorio, Macrino, uno dei capi della congiura Era la prima volta che un appartenente all’ordine equestre (rivoluzione epocale: i cavalieri non detenevano l’ imperium neanche per delegazione) veniva proclamato imperatore. Questo era un segnale di svolta politica nella formazione dei ceti dirigenti ( sempre meno fiducia nei confronti della vecchia aristocrazia senatoria). La progressiva sfiducia nell’aristocrazia, l’opposizione del senato, la scontentezza dello stesso esercito, fecero in modo che Macrino durasse solo un anno come imperatore (217-8) Durante la dinastia dei Severi un ruolo importante è stato svolto da alcune donne: la moglie di Settimio, Giulia Domna, e la sorella di quest’ultima, Giulia Mesa, che riuscì a fare in modo che, ucciso Macrino, venisse acclamato imperatore un suo nipote, Elagabalo (Vario Avito Bassiano) portò a Roma il suo simulacro (pietra nera di forma conica) su cui fece costruire un tempio sul Palatino. La stessa Giulia Mesa fa associare al governo il cugino Bassiano. Sale quattordicenne al trono e questo corrisponde ad uno dei momenti più oscuri della storia imperiale del III secolo, con lo sperpero di ingenti risorse, il tentativo di imporre un nuovo culto stravagante del dio Sole. Questi comportamenti al quanto strani comportarono l’assassinio di Elagabalo che fu ucciso dai pretoriani, che proclamarono imperatore il cugino Bassiano, che gli successe con il nome di Alessandro Severo. della Bitinia l’Oriente appariva in questo momento economicamente più solido dell’Occidente. Nonostante le linea conservatrice che ispirò le sue riforme, sul piano pratico queste misure riorganizzarono la compagine imperiale su basi diverse rispetto a quelle originarie tra le varie riforme è di particolare importanza quella che riguarda il potere imperiale. Concepì un sistema in base al quale al vertice dell’Impero c’era un collegio imperiale composto da quattro monarchi, detti tetrarchi, due Augusti (di rango superiore rispetto ai secondi) e due Cesari. Questo sistema aveva lo scopo di fronteggiare le crisi regionali attraverso una ripartizione territoriale del potere e di garantire una successione ordinata per evitare le lotte intestine. Veniva introdotto un principio di cooptazione del collegio stesso: i due Augusti cooptavano i due Cesari e così era previsto che facessero a loro volta questi ultimi divenuti Augusti. Questa riforma fu attuata attraverso delle fasi graduali. Nel 285 d.C. Diocleziano nominò Massimiano come Cesare, con il compito di reprimere una rivolta nelle Gallie, e l’anno successivo lo elevò al rango di Augusto. I due Cesari, Costanzo Cloro e Galerio, che invece affiancava Diocleziano in Oriente, furono proclamati solo nel 293 d.C. Ciascun Augusto, affiancato da un Cesare, esercitava il suo governo alternativamente sull’Oriente e sull’Occidente. Roma cessò di essere la residenza dell’imperatore: Diocleziano era a Nicomedia, Massimiano sclese Milano. Lo sforzo nel rinnovamento dell’amministrazione fece crescere la burocrazia statale, consistente in uomini al diretto servizio del sovrano, le cui funzioni erano distinte da quelle militari. L’esercito fu nuovamente potenziato e furono messe a disposizione dei tetrarchi delle truppe da poter dislocare nelle zone di confine che si fossero venute a trovare in difficoltà. Anche il numero delle province, mentre si riduceva l’estensione del loro territorio per evitare che i vari governatori diventassero troppo influenti e potenti in un luogo. Diocleziano si impegnò a fondo anche nella riorganizzazione del sistema economico e nel riordino del sistema fiscale, con una nuova forma di tassazione che si fondava principalmente sul rapporto tra terra coltivabile (iugum) e numero di coltivatori (caput) (Iugatio Capitatio) l’imposta fondamentale era quella che gravava sul reddito agricolo. Per semplificare il calcolo di questo tributo l’Impero fu suddiviso in dodici unità regionali dette «diocesi». Anche l’Italia perse il suo privilegio di non far parte del sistema provinciale e fu equiparata alle altre regioni dell’Impero. Per la riforma monetaria, innanzitutto bisogna considerare che quando arriva Diocleziano il denario era ormai una moneta di bronzo ricoperta da un sottile strato di argento e il valore di tale denario veniva imposto dallo Stato, senza alcuna corrispondenza con la sua consistenza intrinseca. Egli coniò monete d’oro e d’argento di ottima qualità ma queste scomparvero in fretta perché la gente preferiva tesaurizzarle. Diocleziano tentò così la via di imporre un calmiere nel 301 d.C., Edictum de pretiis con il quale si fissava il prezzo massimo che non era consentito superare Altre riforme interessarono la tutela del matrimonio ispirata dal desiderio di ridare vigore ai tradizionali valori romani, la messa al bando della setta dei Manichei, seguaci di una nuova religione di origine persiana. In campo militare soppresse una serie di rivolte in Egitto e in Britannia. Nel 298 d.C., poi, Galerio al termine di una campagna vittoriosa, impose ai Persiani una pace gravosa. Come previsto dal sistema tetrarchico, il primo maggio del 305 d.C. Diocleziano e Massimiano abdicarono e al loro posto subentrarono i due Cesari, Costanzo Cloro per l’Occidente e Galerio per l’Oriente e nominarono a loro volta come nuovi Cesari, Severo e Massimiano Daia. Il sistema tetrarchico entrò subito in crisi. Già nel 306 d.C. alla morte di Costanzo Cloro l’esercito proclamò imperatore il figlio Costantino  Rivincita del principio dinastico su quello di una successione che privilegiasse legami diversi da quelli di sangue. Non a caso il figlio di Massimiano, Massenzio, rivendicò per sé il potere imperiale. Diocleziano aveva promosso un’intensificazione del culto imperiale, facendosi chiamare Iovus, figlio di Giove. La violenta persecuzione scatenata contro i cristiani (303-304 d.C.) sembra trovare motivazione nella volontà di rafforzare l’Impero anche sul piano religioso La Chiesa cristiana aveva ormai consolidato le proprie strutture. In Occidente, specie nelle regioni sottoposte al governo di Costanzo Cloro, questa cessò quasi subito, in Oriente invece fu cruenta e durò diversi anni. La fine delle persecuzioni fu ordinata da Galerio, prossimo a morire nel 311 d.C. Esse però proseguirono nei territori governati da Massimino Daia e possono considerarsi concluse definitivamente solo dopo la vittoria su quest’ultimo da parte di Licinio nel 313 d.C Capitolo 2. DA COSTANTINO A TEODOSIO MAGNO: LA TARDA ANTICHITA’ E LA CRISTIANIZZAZIONE DELL’IMPERO Un’età di rinnovamento e non di decadenza Il periodo che inizia con Costantino e che arriva sino a Giustiniano pare oggi inaccettabile considerarla come un periodo di inarrestabile decadenza. Al termine di “Basso Impero” si preferisce quindi quello di “Tarda Antichità”. Due concetti valgono a esemplificare gli aspetti che, più di altri, sembrano caratterizzare in senso negativo la Tarda Negatività, quelli di “Dominato” e quello di “Stato coercitivo”, con rifornimento a una società in cui la divisione tra poche categorie privilegiate, gli Honestiores, e la grande massa di deboli, gli Humiliores.  Oggi il pregiudizio negativo sulla Tarda Antichità può considerarsi superato, perché si è imposta la coscienza della vitalità e della ricchezza delle esperienze culturali e artistiche di quest’epoca così complessa. All’interno dell’epoca tardoantica si distingue una fase particolarmente significativa che inizia con il regno di Costantino e arriva alla morte di Teodosio I (395 d.C.)  Coincide grosso modo con il IV secolo d.C. e con il definitivo affermarsi del cristianesimo come religione ufficiale dell’Impero romano. Dopo le riforme dioclezianeo-costantiniane, le esigenze dello Stato, per il mantenimento della burocrazia e di un imponente esercito, sono tali da imporre una più forte pressione sulla società. Anche la corte subisce un irrigidimento, e inizia ad organizzarsi secondo un preciso cerimoniale ruotante attorno alla persona dell’imperatore. Il governo dello Stato e diretto dai detentori delle più alte cariche civili e militari secondo rapporti gerarchici. L’imperatore non risiede più a Roma e questo comporta un distacco ulteriore dell’aristocrazia senatoria dagli organismi del potere. Si assiste anche alla scomparsa dell’ordine su cui ricadevano le principali cariche burocratiche, quello dei cavalieri che viene assorbito da quello senatorio i rapporti di forza sono cambiati. L’aristocrazia è impegnata a difendere la propria identità di ceto e i propri interesse, che si concentrano in special modo nell’italia meridionale Il Senato non ha più un potere reale Le tappe della carriera senatoria rimangono (questura, pretura, consolato), ma si tratta di magistrature che non implicano alcuna capacità decisionale. Quanto al consolato, si tratta di un titolo onorifico conferito dall’imperatore. In questo periodo il rapporto con la plebe urbana è delicato: l’organizzazione di giochi costosi e la responsabilità degli approvvigionamenti alimentari ricade sulle principali famiglie senatorie. La carica chiave è la prefettura urbana che rimase appannaggio dell’aristocrazia senatoria. La legislazione che vuole vincolare alla loro condizione o lavoro ampie categorie di persone è un monumento importante alla lotta sostenuta dall’Impero per garantire la sua sopravvivenza è ancora un elemento vitale (nulla a che vedere con organizzazioni pre-feudali, come talvolta si è sostenuto). Vi sono ovviamente rilevanti differenziazioni regionali la pressione fiscale è certamente un fattore negativo patrocinium, il patronato rurale dei grandi proprietari sui lavoratori alle loro dipendenze. La società che si viene così formando non è però immobile perché vi è una possibilità di ascesa sociale (la cultura e la scuola sono canali notevoli in questo senso grande interesse per le possibilità di reclutamento di valorosi collaboratori offerte da questo settore). Costantino Gli anni che seguirono la morte di Costanzo Cloro e che videro la proclamazione imperiale di suo figlio Costantino e del figlio di Massimiano, Massenzio, videro anche il sostanziale fallimento del sistema tetrarchico. Costantino condusse per alcuni anni una politica prudente e poi nel 310 a.C. abbandona ogni legame con i presupposti ideologici della tetrarchia e dimostra di propendere per una religione di tipo solare, monoteistico.  Galerio morì nel 311 d.C.  Costantino ebbe la meglio su Massenzio, nella battaglia di ponte Milvio, nel 312 d.C. e poté impadronirsi di Roma. Questa battaglia assume anche un significato religioso: Costantino dichiara apertamente di essersi convertito al Cristianesimo e di aver condotto questa battaglia in nome di Cristo. Questa conversione significò l’inserimento delle strutture della Chiesa in quelle dello Stato con l’imperatore che si sente abilitato a intervenire nelle questioni dottrinali. Costantino appare più in sintonia con il suo tempo. Probabilmente la sua conversione ebbe luogo subito dopo la vittoria su Massenzio e non prima. Dobbiamo immaginarlo come un uomo dotato di grande ambizione, dominato dal senso imperativo di una missione, per compiere la quale necessitava di una protezione ultraterrena e il monoteismo risultava la forma più conveniente. ( non è mai esistito né il Costantino di Burkhardt, che si convertì al cristianesimo per puro calcolo politico, né il Costantino che ha aspettato solo l’occasione giusta per manifestare i propri sentimenti) 313 d.C. Editto di Milano: Licinio e Costantino si incontrano a Milano e si accordano sulle principali questioni di politica religiosa. I contrasti fra i due, però, cominciarono molto presto e lo scontro finale si ebbe nel 324 d.C. quando Costantino, con la vittoria di Adrianopoli, divenne il solo imperatore. Costantino fu sempre preoccupato di salvaguardare l’unità interna della Chiesa. - 314: Costantino convocò ad Arles un sinodo con 33 vescovi, nel tentativo di sanare il contrasto che si era aperto in Africa tra i rigoristi (detti “donatisti”, dal nome di un vescovo di Cartagine, Donato) e i moderati a proposito dell’atteggiamento da tenere nei confronti di coloro che avevano abiurato nel corso delle persecuzioni diocleziane. Costantino fu sempre preoccupato di salvaguardare l’unità interna della Chiesa, come dimostrato dal fine per cui fu convocato il concilio di Nicea del 325 d.C., che egli presiedette personalmente dopo aver supplicato i contendenti Alessandro ed Ario di trovare un accordo Allo scopo di rendere più efficiente l’amministrazione provinciale, le diocesi, in cui l’Impero era stato suddiviso per mano di Diocleziano, furono raggruppate in quattro prefetture, delle Gallie, di Italia e Africa, dell’Illirico e dell’Oriente, rette ciascuna da un prefetto del pretorio. Riunivano al loro interno un numero più o meno grande di province. Una delle conseguenze della vittoria di Adrianopoli fu la fondazione di Costantinopoli, quale nuova Roma nel 330 d.C., e la motivazione più plausibile riguarda la volontà dell’imperatore di dare vita a una capitale monda da qualsiasi contaminazione con il paganesimo. Va ricordato, inoltre, che dopo la grave crisi del III secolo d.C. era diffusa la consapevolezza della necessità di una diversa dislocazione del potere imperiale. La collocazione di Costantinopoli nel sito dell’antica Bisanzio era importante strategicamente, perché all’ingresso del Mar Nero, ma era anche un riconoscimento all’importanza dell’Oriente all’interno dell’Impero. Costantinopoli fu dotata nel corso degli anni di tutte le strutture che la dovevano equiparare a Roma: un suo senato, composto da 300 membri che presto divennero quasi 2000 tale assemblea non raggiunse mai però il prestigio di quella romana, sia per l’estrazione modesta di molti suoi membri, sia per la mancanza di senso della tradizione. Eusebio di Cesarea, autore di una Storia Ecclesiastica e di una Vita di Costantino, è un vescovo che ci chiarisce le idee in merito all’idea che Costantino aveva della propria funzione rispetto all’Impero. L’Imperatore è presentato come vescovo di «coloro che sono fuori», coloro che si trovano «al di fuori della Chiesa», dunque i laici. Questa posizione ne rese legittima la sepoltura nella basilica di Santa Sofia come isoapostolo ovvero come “uguale agli apostoli”. Intanto in Occidente le cose si complicavano. Ci fu l’usurpazione della Britannia da parte di un ufficiale spagnolo: Magno Massimo quando invase la Gallia, Graziano decise di togliersi la vita, abbandonato dall’esercito. Massimo regnò per qualche anno sulla Gallia, ma la sua invasione dell’Italia, dove regnava Giustina per conto di Valentiniano II, provocò la reazione di Teodosio. La situazione si era appena risolta quando il generale Arbogaste fece assassinare Valentiniano II Arbogaste fece nominare imperatore un retore: Eugenio Teodosio intervenne nuovamente e sconfisse Eugenio. Teodosio manifestò una particolare attenzione per il problema religioso. L’editto del 380 d.C. è fondamentale in quanto viene elevata la religione cristiana al rango di religione ufficiale dell’Impero. Nel 381 Teodosio convocò un concilio ecumenico a Costantinopoli, che ribadì il credo niceno e promulgò una legislazione sempre più severa nei confronti dei seguaci del paganesimo la stessa usurpazione di Eugenio era stata infatti sostenuta da alcuni esponenti pagani, tra i quali si distingueva Flaviano. Venne promulgata anche una legislazione sempre più severe nei confronti dei seguaci del paganesimo. Un protagonista degli ultimi decenni del IV secolo d.C. e del regno di Teodosio, fu il vescovo di Milano, Sant’Ambrogio. Figlio di un prefetto del pretorio, fu dichiarato acclamato vescovo nel 374 d.C., mentre deteneva la carica di governatore dell’Emilia; perfetto esempio di carriera intrecciata tra religione e politica. Non esitò a imporre la propria autorità a Teodosio e affrontò con successo i tentativi di Giustina di ottenere riconoscimenti per la sua confessione. Nel Natale del 390 d.C. Ambrogio impose a Teodosio addirittura una penitenza pubblica per riammetterlo nella comunità cristiana: tale sanzione era dovuta alla strage che l’imperatore aveva ordinato a Tessalonica a seguito di una sommossa popolare. La vittoria del cristianesimo e la risposta pagana La svolta costantiniana a favore del cristianesimo è corroborata dalla legislazione antipagana degli imperatori successivi, che culmina in quella di Teodosio. Il trionfo del Cristianesimo porta con sé novità fondamentali nella politica come nella società: il vescovo, l’uomo santo e la donna diventano i protagonisti di un mondo profondamente rinnovato. La risposta pagana messa in atto soprattutto in una polemica culturale nei confronti della nuova religione da Giuliano, faranno della sua figura quella di un eroe, un santo pagano. La crisi economica Tra il II e il III sec. d.C.  la trasformazione nei sistemi di gestione delle aziende agrarie cui si assiste può essere considerata manifestazione di una crisi in atto. 1) La villa schiavistica aveva ormai esaurito il suo ciclo come centro produttivo autonomo molte ville venivano abbandonate. La produzione tendeva ad essere decentrata su varie unità minori, processo che con il tempo porta a un mercato più limitato, che si indirizza verso una dimensione regionale. 2) Le incursioni barbariche determinarono, con la rottura del limes, la chiusura dei circuiti commerciali mediterranei, a loro volta tendenti a circoscriversi in aree progressivamente più ristrette, rispetto a quelli dell’Europa settentrionale. La graduale sostituzione della Betica con l’Africa settentrionale per il rifornimento oleario fu dovuta probabilmente al nuovo asse che si era venuto creando tra Roma e le province africane in risposta al fabbisogno alimentare della capitale. Le ripercussioni della crisi che si hanno sull’economia nel corso del III secolo d.C. sfortunatamente hanno poco riscontro nelle nostre fonti, che si rarefanno, rendendo arduo il tentativo di ricostruzione storica. Il tipo di Stato che ne emerge alla fine, è caratterizzato da una maggiore pressione coercitiva sulla società, da un irrigidimento a tutti i livelli dell’articolazione sociale. Un dato caratterizzante dell’età tardoantica è l’accresciuto fiscalismo. Nelle campagne compare una figura nuova, almeno sul piano giuridico, quella di un coltivatore – colono – di stato libero ma di fatto vincolato alla sede in cui lavora, e per molti aspetti assomiglia ad uno schiavo. La riforma dello stato romano come risposta alla crisi che aveva travagliato l’Impero per buona parte del III secolo si situa a diversi livelli. Le innovazioni introdotte da Diocleziano sono importanti:  C’è la perdita da parte dell’Italia della sua posizione privilegiata. Conseguenze importanti per l’economia e per la gestione agraria ebbe anche l’istituzione di più capitali.  Roma cessò di essere residenza dell’imperatore quando Massimiano trasferì la sua residenza a Milano e creò in tale città un accresciuto fabbisogno dovuto alla presenza in essa del personale burocratico e dei soldati, diviene la cosiddetta «Italia Annonaria», termine con il quale in epoca tardoantica veniva designata l’Italia settentrionale. Le accentuate esigenze fiscali producevano però distorsioni anche nelle relazioni sociali e non soltanto nel regime economico. La circolazione limitata di beni fu garantita dall’emersione di nuove classi sociali, magistrati e funzionari statali, ecclesiastici e altri, che mantenevano un alto livello di potere d’acquisto. La frammentazione politica seguita alle invasioni barbariche provocò nel V secolo d.C. la definitiva rottura delle relazioni commerciali all’interno del Mediterraneo, che determinarono un abbassamento delle condizioni di vita e un netto declino demografico. Che cosa si intende per “Tarda Antichità” Il limite cronologico tra l’Antichità e il Medioevo è venuto progressivamente indebolendosi mentre hanno avuto sempre maggiore considerazione gli elementi di continuità. Rispetto alla considerazione fortemente negativa di un periodo caratterizzato dall’«eliminazione dei migliori» – per usare una formula di uno storico tedesco – si è consolidata l’idea di una Tarda Antichità con caratteri originali e distintivi, tali da farle meritare una piena autonomia come periodo storico ( già dal nome “Tarda Antichità” e non più “Basso Impero” si riflette l’immagine di un’epoca portatrice di valori positivi.  La terminologia reca in sé il problema della sua origine. Ogni lingua ha poi le sue necessità interne di cui si deve tener conto. La designazione dei secoli finali dell’Impero Romano come “Bas-Empire” fa la sua prima apparizione in un’opera di uno storico francese del Settecento.  Il termine “Tarda Antichità” è molto più recente e fu coniato cent’anni fa a Vienna da uno storico dell’arte (Riegl): il termine ebbe successo e fu impiegato all’inizio del 900 per indicare una nuova fase dell’evoluzione artistica, con un “nuovo senso dello spazio”. Come momento conclusivo dell’età tardoantica si è accettata in genere l’invasione longobarda in Occidente (568 d.C.) e la fine del regno di Giustiniano in Oriente (565 d.C.). Più controversa era la fissazione del momento iniziale. La tetrarchia, il regno di Costantino o, l’età dei Severi, erano visti come spartiacque di due epoche accostabili fra loro. Questo nuovo orientamento valutati è frutto del peculiare clima intellettuale di fine Ottocento, attratto dalla decadenza come sorgente di nuovo esperienze in campo artistico e letterario. L’ideologia dell’imperatore tardoantico Per un sovrano, dopo la crisi del III secolo si trattava di trovare una sorgente di legittimità alternativa al Senato cui ci si potesse appellare per tenere a freno l’esercito. Indebolitasi la necessità di preservare il rapporto con l’élite senatoria, gli imperatori si rivolsero altrove  Il popolo poteva offrire un sostegno diretto ma era necessario trovare uno strumento che fissasse in termini chiari e stabili origini e finalità di chi deteneva il potere. Il cerimoniale riassume in un codice di comportamento quello che il popolo si aspetta dal sovrano ( nella Tarda Antichità forme di potere locale diverse rispetto al passato riuscirono a diventare la interlocutrici privilegiate del governo romano. Con il nuovo regime la tradizionale attività legislativa delle varie assemblee era venuta meno. Secondo le teorie ellenistiche il sovrano, immagine dell’ordine divino sulla terra, governava come «legge vivente», quale incarnazione della perfetta giustizia ( il re è necessariamente colui che si conforma in massimo grado alle leggi e per conseguenza è il più giusto). Il potere è ‘irresponsabile’ nel senso che non deve rendere contro a chicchessia, ma non per questo si sottrae alla legge, proprio perché l’incarna. La sacralizzazione della figura dell’imperatore aveva dietro di sé una lunga storia il trattato ellenistico sulla regalità attribuito a Diotogene evoca addirittura un legame speciale che vincola Dio il re giusto, distinguendolo da quello falso. Il sovrano aveva l’indubbia esigenza di una dimensione sacrale, sanzionata da un’investitura dall’alto il sovrano è l’intermediario unico per arrivare al cielo, è un’ “icona” della divinità.  La sacralizzazione della figura dell’imperatore aveva dietro di sé una lunga storia. Già il Principato augusteo aveva un fondamento carismatico: l’epiteto stesso di Augusto, conferito a Ottaviano, suggerisce l’idea di una persona posta al di sopra.  Tale ricerca di sacralizzazione è uno degli elementi in cui consiste la “rivoluzione costantiniana”: persino la grande superpotenza antagonista dell’Impero romano, il regno di Persia, retto, a partire dalla metà del III secolo d.C., dalla dinastia dei Sasanidi, offre un suggestivo termine di riscontro i sovrani “Sasanidi” si presentarono sempre come rappresentanti della religione di Zaratustra.  L’imperatore tardoantico è tale per «grazia divina». Diocleziano utilizza questo fondamento teologico del potere monarchico per ridare vigore all’Impero romano vacillante. Ecco allora che il volto, l’aspetto stesso dell’imperatore (la fisiognomica), diventa un fatto di primaria importanza. Dominus et Deus; gratia Dei. Un’amministrazione centrale carente, anche se rafforzata, aveva necessariamente bisogno di un certo grado di consenso in sede periferica. La retorica serviva a controllare questo potere, non solo a esaltarlo, perché lo costringeva entro i codici di un discorso formalizzato. Costantino farà propria questa idea della funzione del sovrano. Anzi, i suoi propagandisti l’accentueranno e la sistematizzeranno, anche in virtù della duttilità e consequenzialità della teologia cristiana (Costantino dava peso persino all’elemento della bellezza del monarca). Per quanto riguarda Giuliano, invece, le sue scelte ci aiutano a cogliere il senso profondo della filosofia politica del Tardo Impero. Profilandosi come anti-Costantino, egli non può accettare la de-umanizzazione della figura del sovrano. È un simbolo di battaglia ideologia per le generazioni successive. Primo fra tutti gli elementi, la barba segno di rottura anche visiva con i suoi predecessori, dopo la proclamazione imperiale del 360 d.C. Costantino: una figura controversa La crisi dinastica, conclusasi in un bagno di sangue, avvenuta alla morte di Costantino, rese quanto irrealistico fosse il suo progetto per il governo futuro dell’Impero, che era di nuovo lacerato da conflitti di natura religiosa oltre che politica. Persino la teologia politica elaborata da Eusebio di Cesarea non risultava più attuale. Solo la morte repentina di Costanzo nel 361 aveva pervenuto la guerra aperta tra gli ultimi discendenti della famiglia di Costantino. E il nipote Giuliano moriva nel 363 combattendo contro i persiani. La fortuna successiva di Costantino deve essere subordinata alla prospettiva ideologica e, soprattutto, alla contrapposizione religiosa di qui passa anche la divisione dell’Impero in due parti: quella di cultura latina e quella di cultura greca. La fine della dinastia costantiniana pone in tutta evidenza il problema della non coincidenza del destino dell’Impero con quello della Chiesa il fallimento del disegno politico è oscurato dal merito di aver cristianizzato lo Stato romano. Una soluzione possibile era quella di santificare direttamente Costantino e così avvenne almeno nella Chiesa greca (tuttora commemorati il 21 maggio) + grande attenzione di Eusebio alla sua sepoltura. La Vita di Costantino di Eusebio, contribuì al culto dell’Imperatore ed era inoltre un modo per proteggere la fama di Costantino dalla polemica suscitata contro di essa negli ambienti pagani. In uno scritto satirico, i Cesarii, Giuliano aveva presentato Costantino come un dissoluto e un dissipatore, che colmava di doni gli amici e che cercava nel cristianesimo la religione che gli garantisse il perdono per i suoi peccati, ma soprattutto leggeva la “rivoluzione” costantiniana come un atto eversivo, di rottura con la tradizione che aveva garantito la grandezza dello Stato romano. È stato sostenuto da Santo Mazzarino che la storia del Tardo Impero può essere letta alla luce delle due figure epocali di Costantino e Giuliano. Quest’ultimo divenne subito dopo la sua morte, un «simbolo di battaglia ideologica» agitato da quanti, turbati dal declino per l’Impero, attribuivano al cristianesimo la responsabilità della sua rovina. In un trattatello anonimo Sulle cose della Guerra è presa di mira in termini assai aspri la politica monetaria di Costantino che avrebbe comportato, con l’abbandono del denario argenteo a favore dell’oro, l’ulteriore impoverimento dei ceti più deboli. In Occidente il problema barbarico era sicuramente avvertito in termini assai diversi che non in Oriente. Mentre qui esso aveva forti implicazioni di carattere religioso, in Occidente erano prevalenti i risvolti di carattere politico etnico. Cristianesimo e mondo barbarico In tema di matrimonio, generalmente la Chiesa si limita a sconsigliare i matrimoni misti, sconsigliata solo per motivi di disparità di culto, infatti non sono considerati illegittimi. Lettera di Ambrogio a Virgilio del 385 d.C. (quando era in una fase acuta di contrapposizione nei confronti di Giustina, di fede ariana) assume una posizione particolarmente dura: «Niente è più grave di unirsi con una straniera in cui si assommano gli stimoli alla lussuria e alla discordia e le nefandezze del sacrilegio». L’atteggiamento di Ambrogio muta completamente quando deve trattare con personaggi politici eminenti dei barbari: prescinde completamente dalla fede religiosa. Onorio, figlio e successore di Teodosio in Occidente, tra la fine del IV e l’inizio del V secolo d.C., emana tre leggi che comminano gravi pene a chiunque, libero o schiavo, assuma modi di vestire o di acconciarsi propri dei barbari. La maggior presenza barbarica all’interno dell’Impero romano è d’altra parte, un chiaro effetto degli sviluppi della politica teodosiana. A prescindere dall’atto formale (trattato del 382 d.C.) di sottomissione a Roma, i Goti dovettero continuare a mantenere all’interno dell’impero, la loro struttura tribale. La divisione dell’impero; Stilicone La morte di Teodosio nel 395 d.C. segnò un momento di svolta decisivo nella storia dell’Impero romano tardo. Per la prima volta esso fu di fatto suddiviso territorialmente in due parti tra i due figli di Teodosio, Arcadio a cui toccò l’Oriente e Onorio a cui toccò l’Occidente: due corti, due amministrazioni, due eserciti del tutto autonomi fine dell’ideologia unitaria  Questo smembramento risultò rovinoso per l’Occidente, minacciato dalle sempre più frequenti invasioni barbariche, mentre l’Oriente, superata la crisi gotica del 378 d.C., doveva fronteggiare il tradizionale nemico persiano. Secondo Teodosio il principio unitario doveva essere mantenuto vivo dal generale di origine vandalica Stilicone, cui affidò i due figli, ma ciò risultò impossibile a causa del continuo aggravarsi della situazione militare. Nel 398 Stilicone riuscì a reprimere la rivolta suscitata in Africa dal principe Gildone, ma all’inizio del V secolo d.C. una serie di invasioni barbariche scosse l’impero fin nelle sue fondamenta. Nel 402 e nel 406 d.C. anche l’Italia fu invasa dai Goti, guidati da Alarico e da Radagaiso. In entrambi i casi Stilicone riuscì a fermare la loro avanzata. Ma alla fine del 406 d.C. la frontiera renana fu travolta da numero popolazioni germaniche (Vandali, Alamanni, Burgundi, Franchi, Svevi e Alani, che dilagarono verso la Gallia. Mentre la Britannia si staccava definitivamente dall’Impero, Vandali, Alani e Svevi varcavano i Pirenei e si stabilivano in Spagna. Stilicone cercò una soluzione di compromesso almeno con i Goti che minacciavano direttamente l’Italia. Il suo piano suscitò la violenta reazione di una parte della corte imperiale, che nel frattempo si era trasferita a Ravenna, considerata capitale meglio difendibile di Milano. Lo stesso Onorio si schierò contro Stilicone che, accusato di intesa con i barbari, fu messo a morte a Ravenna nel 408 d.C. Il sacco di Roma (410 d.C.) Le conseguenze di questo atto insensato che fecero perdere a Roma il suo miglior difensore, si percepirono immediatamente. Alarico nel 410 d.C. entrò in Roma e la saccheggiò. Prima volta, dai tempi dell’incendio gallico del 390 d.C., che la città cadeva in mano ai suoi nemici e i pagani ne trassero spunto per attribuire la responsabilità dell’evento ai cristiani. Dopo il Sacco, Alarico si diresse verso sud, portando con sé la sorella dell’imperatore Onorio, Galla Placidia. La morte improvvisa di Alarico (in Calabria) risparmiò ulteriori traversie all’Italia: i Goti, infatti, si ritirarono nella Gallia Meridionale dove dettero vita ad un vero e proprio Stato con capitale Tolosa. Il cognato di Alarico Ataulfo, suo successore, sposò Galla Placidia, che così per un breve periodo divenne regina dei visigoti (poco dopo fu assassinato). Poco dopo anche i Burgundi diedero vita a un regno autonomo. In questo periodo di accentuata disgregazione della compagine imperiale un ruolo importante fu quello del generale Flavio Costanzo che si fece proclamare imperatore nel 421 d.C. (nel 417 sposò Galla Placidia, dopo che Ataulfo morì nel 415) ma morì nello stesso anno. Nell’autunno del 425 d.C. alla testa dell’Impero d’Occidente fu insediato suo figlio Valentiniano III dopo che, alla morte di Onorio nel 423 d.C., il potere era caduto nelle mani di un usurpatore. Era un successo della dinastia teodosiana che ristabiliva in questo modo la sua sovranità su entrambe le parti dell’Impero. In realtà Valentiniano era solo un bambino; a reggere le sorti dell’Impero d’Occidente era sua mamma, Galla Placidia, attraverso un capace generale di nome Ezio e proseguì la stessa politica di utilizzazione dei barbari per la difesa dell’Impero già tentata da Stilicone. Vandali e Unni Due popolazioni che si segnalano per il loro dinamismo ma che non furono capaci di dar vita ad organizzazioni stabili. - I Vandali posero fine alla storia dell’Africa romana: nel 429 d.C. passarono dalla Spagna in Africa (passando per lo stretto di Gibilterra). In breve tempo occuparono un lungo tratto di costa e mentre assediavano la città di Ippona (odierna Algeri), morì il vescovo della città, Sant’Agostino, una delle figure più significative di quest’epoca. Nel 439 d.C. cadde anche Cartagine e il re vandalo Genserico ottenne il riconoscimento del suo regno da parte della corte ravennate. Il regno dei Vandali però, a differenza di quello visigoto e burgundo, fu privo di un’organizzazione interna stabile e fu conquistato da Giustiniano nel 534 d.C. e inglobato nell’Impero d’Oriente. - Dalla Pannonia incombeva invece il pericolo degli Unni guidati da Attila. Si diressero contro l’Oriente penetrando sin nella Grecia centrale, ma in seguito indirizzarono le loro mire verso Occidente dove regnava il debole Valentiniano III. Dopo aver invaso la Gallia, furono primariamente fermati da Ezio, poi mossero verso l’Italia e qui forse anche perché minacciati alle spalle dall’imperatore di Bisanzio Marciano, lasciarono la penisola dopo aver incontrato una delegazione del papa Leone I. La morte di Attila, avvenuta l’anno dopo, provocò la rapida dissoluzione del suo regno. La fine dell’Impero romano d’Occidente Malgrado la fortunata conclusione della crisi unna, la situazione restava estremamente precaria. Anche Ezio, come era avvenuto con Stilicone, fu ucciso nel 454 d.C. Valentiniano III fu assassinato un anno dopo (senza che il mandante dell’omicidio, Petronio Massimo, riuscisse a consolidare il proprio potere). Nel 455 d.C. Roma fu nuovamente saccheggiata per opera del re dei Vandali Genserico con cui, nel 435 d.C., Valentiniano III aveva concluso un trattato che gli riconosceva il diritto di stabilirsi nell’Africa Settentrionale. Petronio, mediante dell’assassinio di Valentiniano, fu ucciso dalla folla e al suo posto fu eletto imperatore un altro senatore di origini galliche, Eparchio Avito, deposto poco dopo e consacrato vescovo di Piacenza. Maggiorano, che fu imperatore dal 457 al 461 d.C., è l’ultimo detentore del potere in Occidente che abbia tentato una riscossa militare. Da questo momento in poi, sul trono di Ravenna si succedettero imperatori sempre più effimeri e privi di un vero e proprio potere. Nel 474 d.C. l’Imperatore d’Oriente, Zenone, nominò imperatore Giulio Nepote. Contro Nepote si ribellò un altro generale, Oreste. Formalmente la fine dell’Impero Romano d’Occidente si ebbe nel 476 d.C., quando Romolo Augustolo, figlio di Oreste fu scacciato da un capo barbarico, lo sciro Odoacre. Quest’ultimo lasciò però al potere Zenone. Cadde così «senza rumore», per usare la felice espressione di Arnaldo Momigliano, l’Impero d’Occidente. Sant’Agostino e il problema della caduta dell’Impero Romano  Si è pensato alla caduta dell’Impero Romano come a un “modello paradigmatico” per ogni fenomeno analogo di decadenza di grandi imperi I tipi di spiegazioni a questo declino sono fondamentalmente due: - una monocausale, che punta ad individuare una ragione fondamentale per la crisi; - una pluricausale che privilegia una ricerca di diversi fattori in parallelo. Il problema della fine dell’Impero romano, in realtà era già avvertito dai contemporanei e avevano avvertito l’aspetto epocale di un evento che veniva interpretato in modo diverso a seconda delle convinzioni filosofiche e religiose.  Il problema della caduta dell’Impero era già avvertita dai contemporanei. L’Africa romana godette ancora di un ventennio di prosperità e di libertà dopo la caduta di Roma nelle mani di Alarico nel 410 d.C. Molti furono i senatori e i nobili romani che decisero di trovarvi scampo. Data la sua posizione di primo piano nella Chiesa locale, in un osservatorio così privilegiato, Agostino, vescovo di Ippona, si trovò nella necessità di rispondere all’attacco frontale recato dai pagani con le loro tesi sulla responsabilità dei cristiani per il sacco di Roma e la crisi dell’Impero. I contemporanei avevano avvertito l’aspetto epocale di un evento che veniva interpretato in modo diverso a seconda delle convinzioni filosofiche e religiose. A Cartagine Agostino chiamato ad un confronto con gli esponenti dell’élite colta africana. Sulla città, trattato di Agostino, 22 libri: - Città terrena - Città celeste  Non identificabili né con Roma né con la Chiesa. L’amore di sé costruisce la città terrestre, mentre il disprezzo di sé quella celeste: critica alla vanagloria terrena che viveva nel confronto con i ricchi africani.  Nella città terrena è immanente la volontà di sopraffazione, di dominio di un uomo su un altro l’Impero Romano in sé è un problema, perché il dominio totale è un disegno divino, non umano.  L’Impero Romano ha ricevuto una sanzione celeste. Le espansioni imperialistiche sono da condannare, inevitabilmente. Capitolo 2. I REGNI ROMANO-BARBARICI Il Regno di Teoderico in Italia Mentre la penisola italica rimaneva sotto il controllo di Odoacre, l’imperatore d’Oriente Zenone cercò riparo alla situazione attraverso l’aiuto di popolazioni barbariche amiche. Il re dei Goti, Teoderico scese in Italia nel 488 d.C. con il titolo ufficiale di patricius (patrizio) e la missione di eliminare Odoacre, che fu sconfitto e ucciso nel 493 d.C. Iniziava così una sorta di regno ostrogoto in Italia, comprendente anche alcune parti della Dalmazia. Gli Ostrogoti sotto il profilo demografico rappresentavano una minoranza ristretta (100.000 persone, di cui 20.000 combattenti) differente peso politico e sociale perché rientravano nel ceto dei possessori Le intenzioni di Teoderico erano volte a cercare una collaborazione tra Roma e i Goti. Egli provava un sincero sentimento di ammirazione per i Romani: - scelse i suoi collaboratori tra i più qualificati esponenti dell’aristocrazia romana. Nel complesso questo regno rappresentò un momento positivo per la penisola italiana; - anche la notevole attività dispiegata in campo edilizio è una prova della sua ammirazione per l’eredità romana (A Ravenna fece costruire S. Apollinare Nuovo) La contiguità tra carriera politica e carriera ecclesiastica appare comprensibile in quest’epoca è il caso di Eparchio Avito, effimero imperatore gallico, deposto e ordinato vescovo di Piacenza. Il genero, Sidonio Apollinare, nominato vescovo di Clermont per quest’ultimo, il momento unificante, poiché passato dalle più alte cariche politiche al soglio episcopale, è l’attività letteraria. Nominato per un “colpo di penna” nel 468, nel 469 pubblicherà i libri delle epistole e dei carmina non ricerca nella sua attività letteraria un modello cristiano, quindi avrà molte affinità con Simmaco, con il quale vuole tenere aperti i canali di comunicazione attraverso la corrispondenza. Non impedirà la presa della sua città da parte di Eurico, ma è significativa l’attività di un uomo che si pone alla guida morale per la difesa. L’integrazione tra Romani e barbari nei nuovi regni L’opera di Sidonio, aristocratico gallo-romano, genero e poeta ufficiale dell’imperatore Avito e nominato prefetto urbano dai Visigoti. Riflette con vibrante vivacità le vicissitudini di coesistenza tra Goti e Romani. Almeno per un periodo della sua vita egli auspicò la fusione tra cultura romana e potenza militare gota appare diviso nei confronti dell’invasore, tra un atteggiamento tradizionalista e l’attrattiva suscitata dalla nuova monarchia. Nel VI secolo d.C. un ruolo decisivo nell’evoluzione dell’idea dei Goti, da nemici del mondo romano a quella più rassicurante di fondatori del «regno gotico d’Italia», è svolta da Cassiodoro, senatore romano e ministro di Teoderico. Egli si sforzò di trasporre l’ideologia romana nelle realtà politiche del regno ostrogotico. Teoderico è presentato come il successore degli imperatori romani e il regno ostrogotico come il prolungamento dell’Impero romano d’Occidente. Nella sua Cronica Cassiodoro equipara con destrezza il re goto agli imperatori romani così da attenuare il trapasso dal regime imperiale al regno gotico in Italia (la rottura rappresentata da Odoacre è minimizzata). Nella Storia dei Goti (perduta, ma in parte nota grazie a Varie) si sforza di dimostrare il carattere romano della nuova comunità politica ed esprime in altri termini l’idea di una ‘nazione’ romano-gotica. Questa decisione di scrivere una Storia dei Goti rappresenta una grande novità rispetto alla tradizionale storiografia latina. Essa implica una doppia apertura: 1) concepire i Goti e il loro passato al di fuori del quadro dell’Impero e della storia romana in cui figuravano come barbari; 2) dall’altra, ci si disponeva a considerarli in termini a essi propri, come una nazione dall’origine lontana nel tempo e nello spazio. Questo significava adattare a un popolo che aveva causato la rovina dell’Impero e il genere storiografico riservato sino ad allora a Roma e all’Impero. Nasceva il nuovo genere letterario della storia nazionale scaturita all’antica storiografia romana Monachesimo Il monachesimo provenzale si caratterizza per una mescolanza tra vita in solitudine e in comunità. - Comunità che vivevano attorno al loro vescovo come quella di Ippona diretta da Sant’Agostino - Il monastero di Lérins – su un’isola della costa della Gallia meridionale – accolse tra le sue mura molti aristocratici gallici in fuga. - San Vittore di Marsiglia.  Entrambi un vivaio di vescovi Attraverso gli sconvolgimenti prodotti dalle invasioni dei barbari sorgeva così un nuovo mondo che presentava aspetti non secondari di continuità con quello precedente. Ebbero anche una funzione importante come centri di cultura. Dato che il sistema scolastico era in crisi, soprattutto tra il V e il VI secolo d.C. si ebbero tentativi di conciliazione tra cultura pagana classica e spiritualità cristiana Bibbia in esametri e una versione metrica degli Atti degli Apostoli (mentre la cultura classica si conservò solo negli ambienti dell’aristocrazia laica). Scomparsa del greco, sopravvisse la lingua latina Nel VI secolo d.C. gli unici centri di vita culturale e di istruzione furono i monasteri. Questa carenza fu affrontata da Cassiodoro (ritiratosi a Vivarium) che aveva cercato di fondare a Roma un centro di alza cultura religiosa e mirava alla costruzione di una sorta di ‘università cristiana’, anche se l’idea non fu realizzata a causa dell’insorgere della guerra goto-bizantina. Riprese il suo progetto nel monastero di Vivarium, dove fece trasportare una parte della sua biblioteca personale e dove dava grande spazio alla grammatica che, con la poesia e la retorica, erano le principali componenti della cultura classica Il programma educativo del monastero, a noi noto grazie a Institutiones. Il monastero di Cassiodoro tuttavia non sopravvisse alla morte del suo fondatore avvenuta nel 583 d.C. All’incirca contemporaneo a Cassiodoro è san Benedetto, il grande fondatore della vita monastica in Occidente. Nell’organizzazione monastica era lasciato spazio alla cultura e questo risulterà una via importante per la trasmissione del sapere, anche se alla base della sua vita ascetica vi era il rifiuto di ogni commistione con lo studio e la letteratura pagana. Scopo trasformare gli uomini che si volevano mettere al servizio di dio. Le trasformazioni delle città alla fine del mondo antico Il cambiamento della struttura urbana nelle città italiche la rete viaria moderna è fossilizzata in quella romana (Nord Italia). (Centro-Italia) campagna che non conserva più tracce di insediamenti rurali cambiamento dovuto al Medioevo Il Foro romano continuò a svolgere la sua funzione di centro economico, ma perse il suo ruolo di direzione politica con il venir meno dei consigli cittadini.  Nel Medioevo si affermano il palazzo regio e la cattedrale Milano (capitale tra la fine del III e l’inizio del V secolo a.C.) Ambrogio la rese anche una capitale cristiana. Tre grandiose basiliche al di fuori delle mura cittadine: Basilica Ambrosiana, San Nazaro, San Simpliciano In generale l’Età tardoantica è caratterizzata dalla costruzione di chiese di notevoli proporzioni non solo nelle capitali – Roma, Milano, Ravenna – ma anche in città minori (a Firenze la costruzione di Santa Reparata) La differenza con l’età altomedievale è sensibile (a livello archeologico, in generale, oggi si tende a vedere in questo periodo un momento di svolta decisa). Le chiese altomedievale si distinguono infatti per le loro piccole dimensioni. Le cattedrali furono probabilmente collocate sin dall’inizio in zone all’interno delle mura L’acquisizione da parte della Chiesa di terreno edificabile non dovette essere però facile  Il ruolo dell’amministrazione imperiale nei processi di acquisizione dei terreni dove era possibile edificare le chiese era fondamentale in quanto era lo Stato a detenere la terra, il fattore decisivo. La costruzione delle mura, in larga misura tra il IV e il V secolo d.C., avviene in un periodo in cui un po’ ovunque, in tutto l’Occidente, si verifica un’intensa costruzione di chiese episcopali. È questo il momento in cui le mura cittadine diventano una componente essenziale dell’iconografia della città. Tra il IV e il V secolo singolare coincidenza. A Treviri la cosiddetta “cattedrale doppia” fu costruita dentro le mura cittadine, quando la città era residenza imperiale. Ad Arles il trasferimento della sede della cattedrale da una zona periferica a un’altra centrale, nei pressi del Foro, va posto proprio in relazione al suo nuovo rango di capitale della Gallia e di residenza occasionale degli imperatori. Un nuovo tipo di alimentazione Ogni regime alimentare presuppone uno stretto rapporto con il sistema produttivo. In Occidente la fine dell’Impero Romano segnò un regresso di tutte le colture che avevano il loro centro di organizzazione nel sistema razionale della villa e che potevano contare su una fitta rete commerciale questa era sorretta da una vivace economia monetaria che abbracciava tutto il Mediterraneo. - Età imperiale  cereali, vite e ulivo - Invasioni barbariche  cereali e ortaggi con prodotti del bosco e della foresta, carne di cacciagione, birra. Chiesa con la sua opera di evangelizzazione diffonde pane e vino. - Dopo la caduta dell’impero -> difficoltà vita urbana -> calo demografico ->restringimento aree sottoposte a coltivazione -> riduzione della policoltura -> zone abbandonate -> insorgere della malaria a causa dei fiumi non più controllati → ritorno all’economia di montagna, silvo-pastorale, transumanza (spazi incolti adatti per il bestiame) - (studi di Massimo Montanari) Sistema silvo-pastorale ai afferma per la crisi politica che investe le strutture produttive più che un’adozione del modello germanico. Il declino demografico favorì l’impaludamento di molte zone costiere e l’allargarsi del territorio incolto. Proprio gli spazi incolti si rivelarono ben presto una risorsa importante di sostentamento i pascoli erano ottimi per il bestiame (stato brado), mentre i querceti erano ottimi per i suini (ghiande). Allevate anche pecore e capre. Animale da carne: maiale L’Italia durante la guerra tra Goti e Bizantini L’età di Teoderico (488-526 d.C.) aveva significato un periodo di relativa ripresa economica per l’Italia dopo le traversie patite nel V secolo d.C. La guerra greco-gotica però vanificò la speranza che questa ripresa si consolidasse. Il periodo più duro della guerra andò dal 541 al 552 d.C. con l’arrivo del generale Narsete l’incertezza nell’esito della guerra induceva gli occupanti del momento, Bizantini o Goti che fossero, a ogni sorta di arbitrio a spese della popolazione locale. La fame determinava un arresto della produzione agricola e una crisi demografica importante. Lo storico bizantino Procopio (VI secolo d.C.) si fa testimone della miseria e della distruzione e di come la fame conducesse gli uomini alla disperazione Capitolo 3. BISANZIO L’Impero d’Oriente fino al regno di Giustiniano Le vicende dell’Impero d’Oriente risultano del tutto distinte da quelle dell’Occidente a partire dal 395 d.C., cioè dal momento della divisione dell’Impero da parte di Teodosio I tra i suoi figli. Nella storiografia moderna si parla infatti di «storia bizantina», il cui inizio e la cui fine (330-1453 d.C.) sono segnati dalla nuova capitale da parte di Costantino e dalla sua presa da parte dei Turchi. Nella partizione teodosiana l’Oriente era toccato ad Arcadio, un ragazzino che trasmetteva i suoi effettivi poteri di governo ad altre persone. Nel 399 una rivolta di Goti capeggiati da Gainas fu repressa dalla stessa popolazione di Costantinopoli. Alla morte di Arcadio, nel 408 d.C., gli successe il figlio Teodosio II, un bambino di solo otto anni, in vece del quale governava il prefetto del pretorio. Il suo regno durò dal 408 al 450 d.C. e anche il regno bizantino dovette fronteggiare il pericolo barbarico, soprattutto gli Unni. Nel complesso riuscirono ad uscire da questa difficile fase senza perdite rilevanti territoriale e riuscirono a tenere a bada anche i Persiani. Teodosio II è ricordato per la sua attività di riordino della giurisprudenza (Codice Teodosiano). L’impero d’Oriente superò senza scosse anche la fase successiva in cui sul trono si succedettero personaggi di estrazione diversa, poiché Teodosio II era morto senza lasciare eredi e il suo successore Marciano fu scelto dal Senato. A travagliare la vita interna di Bisanzio vi erano le controversie di natura religiosa e anche i problemi di natura finanziaria (durante i regni di Leone, il successore di Marciano). La critica situazione interna fu affrontata da Anastasio (491-518 d.C.) che realizzò un’importante opera di riforme delle strutture fiscali. Anastasio, energico e capace, riuscì anche a bloccare un’offensiva lanciata dai Persiani tra il 502. Ad Anastasio succedette un ufficiale già avanti negli anni, Giustino. Alla sua morte del 527 d.C., sul trono pervenne suo nipote Giustiniano da lui adottato in precedenza. Il regno di Giustiniano (527-565 d.C.)  per l’importanza delle riforme e per il suo ambizioso progetto di riunificazione dell’Impero rappresenta per molti aspetti l’estrema conclusione del mondo antico. Anche lui è legato ad un’opera di riordino della giurisprudenza. Nel 528 costituì una commissione (presieduta dal giurista - Importanza dei monasteri, vita ascetica e monastica unica via di ricerca della perfezione cristiana. La letteratura agiografica documenta con molta ricchezza quanto importante fosse l’esempio dei santi- monaci nella società bizantina. - “Uomini Santi” figure carismatiche che facevano da mediatori (in campagna e in città in situazioni difficili e tra mondo soprannaturale e mondo sensibile - Dispute teologiche: 325 d.C. concilio di Nicea (Costantino)  condanna della dottrina ariana che negava la natura divina di Cristo 428 d.C. Concilio di Efeso  scuola di Antiochia (privilegiata la natura umana di Cristo) vs scuola di Alessandria (piena unità della natura divina e umana in Cristo). Nestorio vs Cirillo  prevale quest’ultimo. 451 d.C. concilio di Calcedonia vs Eutiche (scuola di Alessandria)  secondo quest’ultimo promotore di eresia Cristo aveva solo natura divina. L’assistenza verso i poveri nel mondo bizantino Già nei primi secoli dell’Impero bizantino furono create delle specifiche istituzioni assistenziali. In particolare, delega dell’assistenza dallo Stato alla Chiesa → privilegi ai beni ecclesiastici in funzione di questa assistenza - Legislazione giustinianea dà una definizione giuridica della povertà -> pénes (povero come debole nella rete dei rapporti sociali e giudiziari) // ptochòs (povero sprovvisto degli indispensabili mezzi di sostentamento) ricorso al greco della legislazione giustinianea - Afflusso disordinato nelle città crescono i poveri  riflessi sull'ordine pubblico → testo del 539 d.C. in cui i poveri di origine non costantinopolitana rinviati nelle campagne, gli altri impegnati in attività di interesse pubblico. Strutture assistenziali per orfani, anziani, poveri invalidi filantropia. Luoghi di ricovero per anziani, orfanotrofi per gli orfani. Lo Stato legittimò nelle Chiese la costituzione di un patrimonio destinato ai poveri.  I beni della Chiesa non potevano essere confiscati La fine del mondo antico - I contemporanei avvertono la prima cesura con le invasioni barbariche e il sorgere dei primi stati che avevano un debole collegamento con le strutture politiche e le tradizioni dell’impero. (Rutilio che racconta del nobile gallo Namaziano che, nel 415 rientrava in Narbonense passando da Roma) - Figura dell’imperatore: Augusto riconoscimento del popolo romano secondo i meccanismi dell’ordinamento repubblicano. III secolo imperatore diventa soldato professionista, poi riconosciuto dal Cristianesimo che ne fa un delegato di Dio sulla terra. (Sacralizzazione già cominciata con Augusto). La Tarda antichità imperatore riconosciuto per “grazia divina” - La città da urbana diventa prevalentemente rurale e l’economia naturale inizia a prevalere su quella monetaria prototipo del modelle medioevale. - Capi militari dei regni romano-barbarici in mancanza di un’autonoma cultura politica emanano leggi e ricevono titoli in latino (continuità importante per la storia dell’occidente). - Grave frattura nel VII secolo determinata dalle espansioni arabe. Tra la fine del VI e l’inizio del VII Impero bizantino attaccato a Nord dai Barbari, a Oriente dai Persiani e a Sud dagli Arabi spinti dalla forza della religione predicata da Maometto occupano Africa settentrionale e parte del vicino oriente. L’Italia fu occupata stabilmente da una popolazione barbarica, i Longobardi, con i quali fino ad allora i contatti erano stati sporadici - Sempre più gravi le differenze dottrinali tra Costantinopoli e il papato romano fine dell’ultimo elemento di coesione: quello religioso.