Scarica STURBUKS A MILANO E L'EFFETTO DONCHISCIOTTE di GIANPIERO VINCENZO e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia Dei Processi Culturali solo su Docsity! STARBUCKS A MILANO Il primo Store della Starbucks ha aperto a Milano il 6 settembre 2018. L’Italia era rimasta esclusa dall’azione di colonizzazione di una multinazionale che conta circa 30.000 caffetterie in 64 paesi. Una data epocale dal punto di vista simbolico. L’azienda americana non vende solo caffè, ma la filosofia di un “posto di ritrovo” moderno, accogliente e rilassante, per alcuni aspetti simile a quella di un buon bar italiano. Starbucks è soprattutto un brand che vorrebbe rappresentare un modo di concepire la vita in modo nuovo e compatibile con i dettami della versione più aggiornata del consumismo, quello della capillarità “ecosostenibile”. Non deve essere stato semplice decidere di aprire in Italia. I locali da ritrovo per bere caffè sono molto antichi. In Europa sembrano risalire al XVII secolo, quando dopo l’assedio di Vienna si aprirono alcuni locali dove si consumava il caffè lasciato dai turchi nel loro accampamento dopo la fine dell’assedio. In Italia l’arte del caffè è ancora precedente, collegata all’oriente, dove si era diffusa da quando i Sufi avevano scoperto che i chicchi di caffè provenienti dall’Etiopia aiutavano a rimanere svegli. Il caffè ha cominciato a essere bevuto come sostanza modernamente eccitante collegata alla vita in comune e alle veglie notturne. Per quanto l’etimologia del termine “Bar” sia incerta, sembra che sia stato Alessandro Maranesi, un imprenditore italiano, ad aprire a Firenze nel 1898 il primo “Bar” inteso come acronimo di “Banco A Ristoro”. Da allora il bar è diventato un elemento inconfondibile di italianità, di uno stile di vita caratterizzato da quelle pause dalla “frenesia della vita moderna”, rappresentante dall’andare a prendere un caffè. L’apertura di Starbucks a Milano corrisponde alla piena possibilità del mondo del consumo di sovvertire e convertire anche agli stili di vita più radicati nella memoria di un popolo. Starbucks significa apertura di caffetterie “a grappolo”. Quando l’azienda decide di aprire i battenti in una nuova città è perché ha già messo a punto una nuova strategia che mira alla realizzazione di una ragnatela di nuovi Starbucks, disposti a entrare in concorrenza fra loro pur di rendere impossibile la sopravvivenza di caffetterie indipendenti. Mentre i piccoli si fanno la guerra, la casa madre trae profitto dal volume di affari generale. L’uomo moderno non ha molte radici ed è quindi costretto ad andare alla ricerca di elementi simbolici con cui rispecchiarsi e identificarsi. L’ordine rituale che si viene a costruire rappresenta per ogni persona o società rispettivamente la sua identità o il suo orizzonte culturale. L’avvento di Starbucks in Italia può essere visto come il punto di arrivo di un capitalismo neoliberista in grado di estendere la sua cultura consumistica in ogni angolo della terra e contesto culturale. Nel mondo della propaganda neoliberista anche la sostenibilità è diventata parte del business con tanto di figura professionale dedicata, il sustenaibiliy analist, incaricato di studiare e presentare i processi produttivi delle aziende in modo da avere una buona immagine pubblica facendo trapelare i dati relativi ai loro processi “virtuosi”. In questo modo le multinazionali cercano di nascondere le loro reali responsabilità nei confronti dell’ambiente. Starbucks non dice che i suoi 4 miliardi di tazze vendute ogni anno non sono biodegradabili. La maturità che il consumismo ha raggiunto nel XXI secolo apre a scenari del tutto nuovi e si lega alle possibilità tecnologiche di una completa rivisitazione del concetto di “realtà”, che va a essere di molto “aumentata” rispetto a quello che finora è considerata la “semplice” esperienza quotidiana. Nell’agosto del 2018 la Magic Leap, ha lanciato i suoi primi occhiali a realtà “mista”, i Magic Leap One Creative Edition. Gli One Creative rappresentano un passo avanti rispetto agli Holo Lens distribuiti dalla Microsoft dal 2016. In pratica non funzionano come uno schermo ma come un proiettore retinico, il cui fascio di luce va a sovrapporsi a quello della realtà fisica. L’occhio non vede uno schermo distinto ma un unico flusso luminoso. Di sicuro, molti centri commerciali saranno presto convertiti in centri “esperienziali” nei quali condurre prove “emozionali” dei prodotti da acquistare successivamente on line. Le innovazioni tecnologiche si affermano nella misura in cui riescono a essere il tramite di nuovi stili di vita, lo strumento per la realizzazione di un ordine rituale sociale. 1-OMAGGIO A CASSIRER Con rituali sociali non intendiamo le abitudini o i semplici comportamenti ripetitivi e istintivi, ma le azioni dotate di un carattere simbolico, implicito o esplicito. Il rituale infatti è un simbolo agito, messo in atto un’azione dotata di carattere simbolico. Differisce delle abitudini perché queste sono invece schemi di comportamento automatico e utilitario. I rituali invece ruotano attorno a elementi rappresentativi complessi, hanno un carattere mimetico che consente l’apprendimento e l’introiezione di elementi simbolici. Il simbolo, come ricordava l’antropologo Victor Turner, è l’elemento minimo del rituale. Siamo stati educati al presupposto che l’uomo sia un animale razionale con facoltà spiccatamente logiche e deduttive. L’uomo quindi per la filosofia illuminista era uomo razionale. Tutto ciò è stato messo in discussione a partire dalla metà del XX secolo. centro della città e di conseguenza strutture urbanistiche centripete o centrifughe a seconda del particolare rapporto con il centro. Esempio di struttura centrifuga sono le periferie “degradate” ma possono anche esserci proiezioni del centro e periferia che vanno a costituire dei centri secondari: ogni chiesa è in qualche modo la proiezione del duomo centrale e attorno a essa ruota il quartiere che riprende gli elementi del centro. L’uomo è un animale simbolico e quando viene privato dei simboli e delle norme rituali incorre in una particolare sindrome, l’anomia. Il termine, introdotto in sociologia particolarmente da Durkheim, indica letteralmente la mancanza di “nomos”, “norme”. Per Durkheim l’anomia è una delle più comuni cause di suicidio e l’uomo privato del suo universo simbolico. L’uomo simbolico non nega la natura sociale dell’uomo affermata da Aristotele in poi. I rapporti sociali sono significativi nella misura in cui hanno uno spessore, una densità simbolica. (Starbucks dimostra la possibilità di manipolazione di vari significati simbolici). Nel momento in cui i simboli religiosi sono stati accantonati, il nostro universo simbolico, per ovviare al vuoto anomico, si è arricchito di altri simboli. C’è uno spostamento tra almeno tre grandi universi simbolici che si sono articolati negli ultimi due secoli: religioso, razionalista, del consumo. Credere in Dio, credere nella Patria, credere nel Denaro. Tre diverse fedi si sono succedute e intrecciate nell’ultimo secolo. Attorno alla centralità del denaro si è costruita una mitologia del mondo del consumo. La tensione verso la crescita costante, la ricerca del profitto a ogni costo, rappresentano le dirette conseguenze delle logiche interne del denaro e dei suoi contenuti simbolici. Il denaro misura infatti la “fortuna” delle persone, il loro rapporto con il “destino” e quindi con la divinità. Se un’azione umana non mira ad accrescere il denaro, a generare profitti, non è un’azione degna. La stessa ricerca intellettuale si è ormai assoggettata a questa prospettiva. Uno studio teorico che accresca il sapere umano, ma non generi nuovi profitti non è considerato credibile e utile. La rivoluzione digitale va di pari passo con quella del denaro. Il nuovo mondo digitale cresce nella misura in cui dimostra di poter generare denaro dal nulla. Lo sviluppo di internet è punteggiato da effervescenze e bolle speculative. Come le antiche divinità avevano i loro ex voto, così il Dio Denaro ha la pubblicità. Se può ospitare la pubblicità, uno spazio è tecnologicamente moderno e compatibile con il consumo. L’abbuffata di simboli consumistici può condurre alla estraneità\alienazione. Un esempio di alienazione simbolica è il detenuto: la vita in carcere è piena di simboli del potere e rituali di rieducazione ma chi sconta la pena raramente è in sintonia con essi: è un alienato. Lo stesso dicasi per le dittature. Le masse alienate non sanno da cosa si allontanano e verso cosa si dirigono. 3-GLI IDOLI MODERNI Nell’ambito simbolico ogni differenza tra reale e virtuale appare sbiadita e impropria. L’azione rituale messa in atto attraverso il simbolo è reale per i partecipanti e poco importa in questi casi parlare di realtà “oggettiva”: chi si identifica completamente con il simbolo, con un eroe, diventa veramente quell’eroe o la realtà rappresentata dal simbolo. La natura simbolica dell’uomo lo induce a por “fede” in ambiti che sono più o meno lontani dalla realtà sensibile o che la condizionano significativamente. Sotto questo punto di vista scienza e magia sono più prossime di quanto razionalmente non si ritenga. Come lo scienziato usa la moderna tecnologia per le sue ricerche, così la magia opera attraverso specifici simboli e azioni rituali. L’analogia tra magia e scienza è stata notata già da antropologi come James George Frazer. Come sottolineato da Frazer, la magia è una disciplina empirica - (Fondato sui dati dell'esperienza immediata e della pratica, quindi estraneo al rigore scientifico e per questo generalmente sconsigliabile)- che, a differenza della scienza, non si basa sulle connessioni causali materiali, ma sui legami simbolici. Il presupposto è quello che i legami simbolici sono reali e quindi si può operare tramite essi. I rituali sono processi mimetici tramite cui gli uomini possono arrivare a identificarsi con altri uomini, con altre realtà e con altri mondi. La mancanza di comprensione del simbolo innesca un processo di reificazione, di identificazione con oggetti e realtà materiali, che consiste in definitiva in un’azione magica. McLuhan e altri hanno da tempo riconosciuto la natura magica della comunicazione pubblicitaria moderna. In passato i rituali magici non erano esclusivo appannaggio degli stregoni e potevano essere operati anche da un qualsiasi membro della comunità che si trovasse in particolari condizioni. Per esempio, per il “pioggiaiolo” vestirsi di nero faceva parte di un più complesso rituale magico volto ad attirare le nuvole nere della pioggia così come levare fumo nero al cielo. Per allontanare le nuvole, era necessario operare una serie di azioni “simpatiche” come gettare bianca cenere calda al vento: in questo caso anche gli abiti sarebbero stati prevalentemente bianchi. Allo stesso modo, in virtù del matrimonio, le pratiche magiche potevano obbligare la moglie a comportarsi in modo da favorire e non nuocere al marito lontano. Se questi era in guerra, per evitare che il marito scivolasse, o dallo stare troppo seduta affinché non le si informicolassero le gambe, altrimenti il marito avrebbe avuto difficoltà a fuggire dai nemici. Durante le partite di caccia le mogli dei Daiachi del Sarawak non potevano coprirsi il viso, altrimenti anche ai mariti si sarebbe offuscata la vista e non avrebbero trovato la strada nella giungla. Il carattere magico di molti aspetti del comunismo moderno è stato sottolineato da Marshall McLuhan già alla metà del XX secolo, in particolare nell’articolo The Age of Advertising, il cui sottotitolo era particolarmente eloquente: “Le pubblicità sono una forma di magia venuta a dominare una nuova civiltà”. La pubblicità si basa su associazioni simboliche e sul “potere” delle immagini tecniche, spesso proiettate in sequenze ad alta velocità. L’oggetto di consumo viene associato a una vasta gamma di immagini in modo che nella mente dello spettatore si possa creare un legame tra oggetto e mondi reali o immaginari. I marchi delle multinazionali non sono semplici indicazioni di provenienza dei prodotti, ma una sorta di “istituzione totemica”. Dall’altra parte il successo dell’advertising americano risiede in buona parte nell’aver capito molto presto che il consumismo non si basa sul consumo di oggetti ma sulla diffusione di nuovi simboli (reificati). Charles Revson, co-fondatore nel 1932 di una delle prime moderne aziende di cosmetici la Revlon, ha affermato, infatti, che: “In fabbrica produciamo cosmetici, in negozio vendiamo speranza”. Uno dei 7 principi della strategia vincente di Steve Jobs sarebbe stato “vendi sogni non prodotti\ sell dreams not products”. Tramite l’oggetto di consumo si entra a far parte di un clan, di una comunità, oppure si può entrare in un sogno, coltivare speranze e qualità particolari. Basta un bicchiere di whisky scozzese per sentirsi eleganti e sognare di stimolare l’accoppiamento nelle persone dell’altro sesso. L’automobile è stata per decenni il punto di riferimento del consumismo ed è tutt’ora al centro di una fitta rete di relazioni simboliche con l’ambiente circostante. In uno spot televisivo della Citroen DS4 le immagini dell’auto che esce da un parcheggio sotterraneo sono messe in collegamento con tre rappidissime serie di immagini evocative. La durata dello spot è quello dei classici 30 secondi, tanto che l’intera sequenza, può essere analizzata solo a rallentatore. A velocità normale, lo spot assume l’aspetto di un rituale in cui ogni immagine corrisponde all’evocazione di una forza, di un potere. Dal bisonte simbolo dell’America delle origini, all’erotismo trasgressivo, alla rottura della schiavitù della poltrona davanti alla TV…L’automobile acquista un potere “liberatorio”, come nei rituali in cui un uomo o un oggetto sono “liberati” dalle forze negative e rimessi nelle condizioni di trarre beneficio da quelle positive. L’esorcismo è un classico esempio di scientificamente il suicidio, aveva scoperto che una delle principali cause di suicidio era l’anomia. Le categorie di persone che Émile Durkheim all’epoca aveva individuato come maggiormente a rischio suicidio erano i divorziati. Nel divorzio vengono meno una serie di norme, certamente si rompe un vincolo giuridico. Col divorzio ciò che si spezza sono i rituali quotidiani, le forme simboliche che danno senso ai comportamenti concreti. L’inizio del giorno e il momento del risveglio sono importanti e hanno carattere rituale in tutte le culture. Secondo un aforisma di Hegel la lettura del giornale ha sostituito la preghiera del mattino. Ancora una volta torna il tema dell’identità. Ciascuno prega ciò con cui si sente in rapporto. Se un prodotto di consumo si insedia all’interno di una catena rituale è come se fosse protetto da una fortezza che lo mantiene al sicuro dagli attacchi della concorrenza (cit. Vincenzo). 5-LA SCOPERTA DEI RITUALI Benjamin è stato tra i primi a rilevare che la fotografia ha cambiato totalmente lo statuto delle immagini. Prima dell’avvento della fotografia le immagini erano realizzate da artisti. Essi cercavano prima di comprendere le forme simboliche, poi di rielaborarle e riconcettualizzarle e infine di realizzare tramite esse nuove immagini, suoni, movimenti. La fotografia, per dirla come Flusser è la prima delle immagini tecniche introdotte dalla rivoluzione tecnologica. Quando si pensa alla fotografia, bisogna pensare più in generale alla grande famiglia delle immagini tecniche di cui è la capostipite. Vediamo le differenze fondamentali delle diverse immagini. Nel caso di quelle tradizionali, l’immagine è il frutto di un processo artistico, nel caso di quelle tecniche l’immagine è una rappresentazione ordinaria di un flusso disordinato di dati. L’immagine tecnica perde “l’aura” simbolica presente in quella artistica. Secondo Benjamin le immagini tecniche non hanno il valore rituale che avevano le immagini artistiche ma hanno un valore piuttosto “espositivo”. L’immagine artistica ha un contenuto simbolico intrinseco mentre le immagini tecniche hanno eventualmente un contenuto simbolico estrinseco, non inerente alla loro natura ma che può essere attribuito loro dall’esterno. Anche nel cinema d’autore la difficoltà di effettuare una rappresentazione “simbolica” è evidente. Benjamin non si riferisce al rituale in senso strettamente liturgico, religioso. Anche il passaggio dal culto della bellezza alla celebrazione simbolica dei musei non è ancora un cambiamento radicale. Il culto va inteso come forma rituale, più specificamente diretta alla venerazione religiosa. Il concetto di rito permette invece di considerare anche azioni simboliche che non si pongono come atti di culto. L’arte cultuale è soprattutto arte votiva, mentre l’arte rituale come la intendeva Benjamin implica una pluralità di aspetti estetici e sociali che l’arte cultuale rischia di escludere. Senza aura, senza valore “rituale”, le immagini tecniche che tendono ad avere un valore meramente espositivo si pongono come simboli reificati. Il loro carattere simbolico è surrettizio (che nasconde), perché tendono piuttosto al decorativo, all’accessorio. Sono piuttosto gli utilizzatori, gli spettatori della performance tecnologica ad attribuirle un significato simbolico attraverso la ritualizzazione della performance stessa. Se nei rituali tradizionali il simbolo esiste prima del rituale, nei rituali reificati il simbolo viene evocato parallelamente, successivamente all’associazione mimetica del rituale. Parafrasando Flusser, si può dire che le superfici tecniche siano affette da una congenita superficialità di significato. Le immagini tradizionali, sono come chiavi simboliche per l’interpretazione del mondo e della realtà. Quelle tecniche, invece, usano il mondo e le sue forme simboliche per rimandare a loro stesse. La reificazione simbolica spiega la sintonia che si è creata immediatamente tra immagini tecniche e il consumismo. Il consumismo è l’ideologia del capitalismo moderno, un’ideologia capace di ricreare immagini simboliche a partire da oggetti di consumo. La rivoluzione d’Ottobbre nasce nel 1917, il fascismo nasce ufficialmente nel 1919. Il consumismo è un loro coetaneo. Il primo supermercato apre nel 1930, ma la filosofia salvifica del consumismo si afferma già prima. All’inizio degli anni ’20, una delle prime pubblicità della Listerin, racconta la storia patetica di una bella fanciulla condannata a non sposarsi perché ha l’alitosi e non usa il colluttorio. Il consumismo differisce dalle altre ideologie proprio per la sua capacità di incidere sui comportamenti quotidiani della popolazione. Pasolini definiva il consumismo come il nuovo fascismo. Dal punto di vista del consumo, il fascismo assumeva i contorni di un male necessario, di un passaggio utile a “ripulire” le società dalle usanze popolari dai rituali tradizionali, dalle autonomie delle sterminate “periferie” sociali, ponendo le premesse per lo sviluppo del consumismo. In America Latina, regimi fascisti sarebbero stati imposti con la forza e sarebbero durati a lungo, mentre le forme simboliche del consumismo venivano fatte penetrare sempre più a fondo nella vita delle popolazioni. Intellettuali e artisti “disorganici” sono stati in molti casi le punte di diamante dell’opposizione tanto al fascismo quanto al consumismo. Gli artisti soprattutto hanno praticato modi per il reincanto degli oggetti e delle immagini, per ridare senso simbolico alle forme visive e uditive. Non è un caso che molti pubblicitari studino con particolare attenzione le strategie degli artisti. Il loro scopo è quello di fornire senso e stimolare rituali partendo da oggetti di consumo. La Biennale di Venezia è uno degli eventi più significativi del sistema dell’arte, con un forte carattere simbolico e con pratiche altamente ritualizzate. Rappresenta infatti uno degli appuntamenti globali di un mondo che altrimenti ha un carattere disperso e nomadico. Spesso le Biennali usano strategie diverse: è il bello dell’arte. La Biennale del 2017 è stata la Biennale dell’ottimismo, si intitolava Viva Arte Viva, diretta dalla curatrice del Centre Pompidour du Paris. La Biennale precedente si interrogava su Tutti i futuri del mondo mettendo in discussione il senso del positivismo e dell’occidentalismo. La 57° Biennale ha visto la realizzazione di Tavola aperta che permetteva ai visitatori di condividere con gli artisti uno dei rituali più antichi di sempre, il pasto in comune. 6-BIANCO E NERO Il film Inferno diretto da Ron Howard e basato sul romanzo omonimo di Dan Brown, fonda la sua forza evocativa sulle immagini di architetture simboliche. Le immagini di Firenze, Venezia ed Istanbul bastano da sole a nobilitare la pellicola, su tutte gli interni degli Uffizi dove si sviluppa buona parte della trama. La trama è quella di molti film d’azione dove i cattivi vogliono distruggere il mondo e i buoni cercano di salvarlo, riuscendoci: un rituale di salvezza e purificazione che non corrisponde alla realtà. La morte del transumano per esempio in Blade Runner con i simboli della Pasqua, quando il protagonista “cattivo”, muore liberando una colomba che serrava in pugno e pronunciando un “sermone” memorabile. Nell’ultimo capitolo della famosa trilogia dei fratelli Wachowski, Matrix Revolutions, il protagonista Neo incontra la divinità degli automi e dell’informatica: quando muore viene portato dalle macchine in una sorta di processione con simboli cristici. Ho già ricordato come lo scrittore Gibson, a partire da Neuromante 1984 avesse anticipato gli aspetti della società della rete, come nel concetto di cyberspazio e l’intreccio tra intelligenza umana e artificiale. Nella cinematografia più recente i simboli sono usati in maniera sempre più radicale. Nel mondo digitale molte profezie si auto avverano, vale a dire si realizzano per il solo fatto di essere state espresse. Le intuizioni e visioni di artisti e scrittori sono quindi direttamente utilizzate per lo sviluppo tecnologico della società dei consumi. Se non si fosse basata su simboli e rituali la pubblicità di frigoriferi li collocavano nel salotto. Successivamente il posto centrale in salotto è stato preso dalla televisione e dal divano di fronte di essa. Infine lo spazio stesso si è disintegrato in un open-space nel quale più che le persone sono i dispositivi tecnici a potersi muovere liberamente. In questo processo lo spazio pubblico risulta completamente collassato, non esiste più, viene tenuto in vita artificialmente. Il consumismo sta definendo un mondo governato da processi informatici e automatici in cui gli oggetti e i loro simulacri determinano sempre più non solo i comportamenti umani ma anche lo stesso pensiero. Il tecno-consumismo attuale è la forma cui il consumismo tende fin dalle sue origini e che si manifesta ora in maniera più definita. La maggior parte degli apparati tecnici è stata programmata fin dall’inizio per il consumo e quindi prosegue automaticamente in tal senso in un ambiente programmato in senso più generale per produrre maggior profitto. Molte iniziative artistiche del XX e del XXI secolo hanno cercato di rallentare il processo del consumo, cercando talvolta di creare una realtà parallela a quella consumistica, per esempio il movimento Fluxus (nasce nei primi anni ‘60). Da tempo, però, il consumismo guarda anche oltre il mondo fisico e brucia le energie del pianeta per produrre mondi alternativi, nuove forme simboliche verso le quali orientare i rituali quotidiani. 8-TELEVISIONE, CINEMA E TABLET La televisione è stata per lungo tempo la regina dei dispositivi tecnici ed è destinata a rimanere un dispositivo tecnologico fondamentale ancora a lungo. All’inizio la televisione non ha trovato subito la sua strada come medium. Invece la televisione delle origini si è mossa in maniera timorosa e si è volta verso il teatro, di cui ha mantenuto a lungo la struttura scenografica aperta sul lato dello spettatore. L’idea della televisione è comunque del tutto diversa dal teatro. Il teatro borghese svolgeva una funzione analoga a quella che avrebbe rivestito il “salotto”, la piccola “sala” in cui prendevano forma le rappresentazioni domestiche. La televisione invece, frantuma la struttura rappresentativa. Va ad aprire una finestra sulla parete del salotto e da questa finestra si collega al mondo esterno. Le aperture sono sempre state importanti all’interno delle abitazioni e la loro collocazione riveste un significato simbolico. Le primitive capanne avevano un’apertura apicale, al centro del tetto. Non aveva solo il significato pratico di permettere lo scarico dei fumi. Consentiva anche uno sguardo verso il Cielo. La casa mediterranea con le stanze aperte sul cortile centrale è molto più articolata, ma è simbolicamente più vicina alla capanna primitiva di quanto lo sia alla casa moderna. Non solo il cortile è aperto sul cielo, ma la vasca, pozzo o fontana che si trova solitamente al centro del cortile è uno specchio di riflessione del cielo stesso. Il rapporto con il cielo si interrompe dopo il Medioevo, quando le aperture apicali si riducono fino a sparire mentre aumenta quella delle finestre orizzontali. Durante tutto il Rinascimento non è più il cielo ma la città a rappresentare lo specchio privilegiato della contemplazione. Dopo la rivoluzione industriale l’urbanistica si allontana sempre più dal simbolismo del Bello e le case moderne consentono una vista solo su di un esterno che, a parte le case dei quartieri più centrali e lussuosi, si proietta sul nulla dei lunghi e anonimi viali e delle periferie senza volto. Secondo Flusser la televisione è nata per permettere a tutti di avere una nuova finestra sul mondo, sugli avvenimenti più importanti, su di un mondo in grado di riacquistare senso. Flusser pone il supermercato in relazione con il cinema, ma a nostro avviso è la televisione a essere in relazione con il primo tempio del consumismo. Non a caso la televisione appare un decennio dopo l’apertura del primo supermercato con lo scopo di ricoprire una funzione educativa relativa al consumismo. In America la televisione viene subito messa al servizio dell’educazione ai rituali di consumo. Con la televisione lo spazio di discussione che si era aperto nel salotto della casa borghese si restringe e diventa uno spazio di passivo raccoglimento. Quello che rende la televisione un dispositivo irrinunciabile all’epoca attuale è la sua capacità di sviluppare una programmazione completa della scansione temporale e rituale della giornata. La scansione del tempo ha sempre rivestito un significato simbolico in tutte le civiltà. La sequela dei mattutini e dei vespri scandiva la giornata cristiana, così come le cinque preghiere quotidiane di quella islamica. La programmazione televisiva ha assunto oggi quella stessa funzione. I telefilm di ultima generazione sono prodotti molto sofisticati, ormai analoghi a quelli cinematografici per investimenti e cura nella realizzazione. Col cinema la dimensione mistica delle immagini tecniche e quindi del tecno-consumismo assume una valenza paradigmatica. A differenza della televisione, il cinema non rimanda alla realtà quotidiana, ma presenta un “altro mondo”, costituisce un rituale di distacco dalla quotidianità, un rito di passaggio nel quale ci si separa dall’ordinario e si ci proietta nello straordinario. Le persone sono perfettamente consapevoli del fatto che esiste un mondo reale, ma proprio per questo si rifugiano nel ventre caldo e rassicurante della mistica cinematografica. Fin dall’inizio della cinematografia è stato osservato lo stato di trance in cui entra lo spettatore davanti alle immagini che scorrono sullo schermo, al punto da consolidare l’immagine del cinema come arte “ipnotica”. Proprio per questo carattere di alterità dalla vita ordinaria il cinema è per un lungo tempo stato considerato anche sotto un carattere “rivoluzionario”. D’altra parte il cinema è anche uno straordinario strumento di propaganda utilizzato in senso consumistico. Diversi dalla televisione e dal cinema sono gli schemi digitali dei tablet e degli smartphone. Il successo dello smartphone risiede nella capacità di raccogliere e trasformare un’antica eredità simbolica. Il tablet e lo smartphone hanno assunto così il carattere di “schermo interiore”, le persone cercano gli elementi simbolici con cui costruire la propria identità: una sorta di “specchio dell’anima”. Lo schermo del telefonino inebria e istruisce. L’ancoraggio simbolico del Tablet è il libro che ha svolto una funzione immaginale (per il lettore) come adesso stanno facendo lo smartphon e il tablet. 9-LA GUERRA E LA PERSONALITÀ AUTORITARIA Dead Birds è un documentario sulla guerra rituale presso le popolazioni Dani in Nuova Guinea, girato dall’antropologo Robert Gardner. Per loro la guerra riveste una forma chiaramente rituale. I combattenti vestono abiti tradizionali e si impegnano in atteggiamenti che mirano a incutere timore, a soggiogare l’avversario prima che avvenga un vero combattimento. I due schieramenti si affrontano con grida, finti attacchi e contro finte. Le danze di guerra messe in scena di fronte al nemico sono forme di combattimento rituale. La famosa haka della nazionale neozelandese di rugby è un esempio delle danze rituali polinesiane. Come anche nelle antiche sfide cavalleresche occidentali, la possibilità di uccidere è in qualche modo un effetto marginale, secondario, della performance rituale. Tra gli eschimesi Inuit il diverbio e la vendetta vengono trasposti in un “duello di canti”, una sfida a canzoni motteggi in cui sono gli anziani e il resto della comunità a decidere, a volte dopo mesi, chi è il vincitore. In arabo esistono due parole per indicare la guerra, il primo ha una valenza rituale ed esprime la guerra santa, jihad, il secondo indica invece il conflitto di basso livello, harb, la macelleria senza regole e senza onore. Anche in Occidente i militari incarnano un “codice d’onore” e solo dall’Ottocento cadono le regole militari e i conflitti coinvolgono anche i civili. A partire dal Della Guerra di Carl von Clausewitz la pratica militare non comporta più una dimensione simbolica, ma è ridotta a un processo bestiale: famosa l’affermazione del generale prussiano secondo il quale “la guerra è moderno ha adottato la massima razionalità formale della condotta economica, fondando l’impresa sul calcolo delle conseguenze di questa. La società digitale non è che l’estremizzazione e la globalizzazione dell’ordine capitalistico. Come i processi informatici, anche quelli capitalistici costituiscono un sistema dotato di una dinamica propria che automaticamente ne controlla il funzionamento. Questo sistema è fondato su un elevato grado di impersonalità, che contrasta con ogni forma spontanea di rapporto umano. In tal senso si assiste alla convergenza tra le intuizioni di Weber e quelle di Flusser, per i quali la sorgente delle informazioni del sistema fascista della comunicazione digitale potrebbe non essere più umana, nel senso che la dimensione automatica della tecnologia implica la creazione di un sistema in cui l’apporto umano si limita al semplice funzionamento degli apparati tecnici: il mondo digitale è un mondo di funzionari. Anche gli scritti di Lev Manovich vanno in tale si rese conto che le attività capitalistiche erano sorrette da una visione morale, da un codice etico. Per Weber si trattava di comprendere da cosa dipendesse un tale orientamento. La risposta sarebbe stata trovata in una cosmologia calvinista che si trova già in Benjamin Franklin che sostiene: “il tempo è denaro, il credito è denaro, il denaro ha natura feconda e fruttuosa…” Alla salvezza o dannazione dell’anima si sostituiscono il succcesso o il fallimento del mondo. Tornando alle debolezze individuate dai creatori delle reti socialià Gli psicologi potrebbero intraprendere più strade per spiegare la dipendenza che like e commenti innescano negli utenti attuali. La globalizzazione della cultura capitalistica ha innescato bisogni psicologici e simbolici, e una ricerca di nuovi rituali sociali. Il comportamento dei creatori dei social, parte dalla possibilità di modellare il rapporto tra Individuo e Mondo sulla stessa base di quello ritenuto esistere tra Dio e Mondo. Per il capitalista l’onnipotenza è una qualità che concretamente si manifesta attraverso la sua azione imprenditoriale. Il capitalista è infatti il campione dell’individualismo, propensione che trova il solo limite nei doveri giuridici che scaturiscono dalle stesse leggi che garantiscono il libero mercato. In questo si coglie la convergenza tra la “Personalità autoritaria” indicata da Adorno e l’organizzazione “fascista” proposta da Flusser. Se il capitalismo terrà in vita una parvenza di scena pubblica, i suoi attori, i suoi simulacri, incarneranno sempre di più la “personalità autoritaria”. Paggi nel testo Le sette protestanti e lo spirito del Capitalismo parla dei comportamenti dei membri delle sette che sono costretti a costante sorveglianza, alla ricerca di “segni” che possano testimoniare della grazia o della perversione e che possano definire una gerarchia di successo spirituale. La particolare struttura delle sette protestanti è divenuta un modello di organizzazione aziendale. Il comportamento settario dei socialmedia diventa evidente nella creazione delle echo camber (casse di risonanza): l’utente social si muove in un ambiente chiuso in cui rientrano solo i contenuti che già condivide. Filtri e algoritmi garantiscono la tenuta degli ambienti e amplificano la risonanza delle notizie (che non ha importanza siano vere o false) che vi rimbalzano dentro. È stato dimostrato che gli utenti non si distaccano dai contenuti fake anche quando la loro effettiva natura è stata “smascherata”. I followers degli influencer della rete hanno un comportamento di tipo settario. Anche il film The Circle si incentra sul carattere settario delle nuove multinazionali. Le vicende dei giovani impiegati di un’azienda informatica mettono in rilievo i comportamenti settari che si celano dietro il velo della comunicazione social. Il film mostra come la cultura capitalistica e i suoi rituali sociali abbiano costruito una visione del mondo funzionale alla passività innescata dalle immagini tecniche dei nuovi e vecchi media 11-LA RIVOLUZIONE DEL TEMPO L’identità tra tempo e denaro suggerisce anche qualcos’altro: quanto più aumenta il ritmo del denaro, della produzione di ricchezza, tanto più il tempo accelera. L’accelerazione del tempo nel corso della storia è stata notata già in passato. Alla fine del Medioevo vi doveva essere già la consapevolezza che qualcosa fosse cambiato nello scorrere del tempo. In epoca moderna la percezione del collasso temporale si è generalizzata. Non si tratta solo di un effetto dell'età. Si tratta di una percezione che investe tutto l’ambito sociale. Il tempo dimostra evidentemente di non essere una grandezza definita una volta per tutte, e mostra una sua dimensione qualitativa oltre che quantitativa. Sylvie Droit-Volet, docente di Psicologia sociale a Clermont-Ferrand in un’intervista a “Le Monde” afferma che non esiste un solo tempo, ma vi sono molteplici livelli temporali con i quali l’uomo deve fare i conti e adattarsi di conseguenza. Dobbiamo prendere in considerazione almeno tre livelli del tempo: il tempo del mondo, il tempo sociale e il tempo soggettivo. Ma la vita sociale si modella intorno ai rituali religiosi e a quelli sociali che scandiscono il tempo storico, il tempo che precede l’azione rituale e quello del quale l’azione partecipa. La tripartizione dei riti di passaggio di Fun Gennep in azioni preliminari, liminari e post liminari trova una sua applicazione anche nell’ambito del tempo. Preliminare è tempo lento, dilatato e dell’attesa, Liminare è un tempo proiettato fuori dall’ordinario, post- liminare è invece il tempo del rientro, della stabilità. Con la perdita di significato simbolico anche il tempo si appiattisce. Con l’epoca moderna il tempo è del tutto uscito dai suoi cardini, in particolare il tempo sociale che si è frammentato in una molteplicità di tempi differenti, spesso in contrasto tra loro. Il consumismo ha maturato il distacco sempre più netto del tempo sociale da quello naturale, un distacco che diventa completo con il tecno- consumismo. La scansione del tempo della rete ormai non ha più nessuna relazione con il tempo dell’uomo e quello della natura. La competizione capitalista, vale a dire la continua ricerca di nuovi margini di profitto, rappresenta il primo dei due principali motori dell’accelerazione. Il tempo accelera di pari passo con la competizione globale. Il secondo motore consiste invece nel carattere esperienziale della filosofia vitalistica moderna. La vita viene vista come la possibilità di accumulare il maggior numero di esperienze. L’accumulo di capitale per le imprese corrisponde insomma a quello esperienziale sul piano umano. Tramite l’accumulo delle esperienze si manifesta la promessa di vita eterna della società consumistica. Vivere la vita in tutti i suoi aspetti, in tutte le sue possibilità, rappresenta la forma di una moderna tecnologia, che si accompagna e completa con l’accumulo di capitale. “Le esperienze rimarranno eternamente”: questo sembra essere il credo della società dei consumi. Il consumismo se ha risvegliato un ordine simbolico che sembrava sopito nella fase anomica dell’epoca moderna, ha fatto per contro collassare il tempo. In un mondo “ordinato”, simboli e rituali sono strutturati per rendere durature le strutture sociali, per creare relazioni profonde tra le persone. Il tecno-consumismo utilizza invece il ritmo simbolico per stravolgere continuamente l’ordine sociale. L’accelerazione delle differenze sociali si è accentuata dalla fine dell’epoca “moderna” e con l’inizio del tecno-consumismo postmoderno. L’accelerazione delle diseguaglianze economiche e sociali è un’ulteriore riprova sull’influenza del capitalismo moderno nella percezione del tempo. Solo il denaro resta un punto di riferimento fisso. La rivoluzione digitale del XXI secolo è anche la rivoluzione del tempo. 12-LA MAGIA DEGLI OGGETTI Il potere delle cose sull’uomo vien in genere trascurato eppure oggetti di magia sono strettamente connessi storicamente. Negli oggetti vi è un potere più o meno grande, in relazione alla “potenza” che vi è stata impressa all’atto della creazione. Il rapporto con gli oggetti muta rappresentazione sociale della Sicilia attraverso l’elaborazione di nuovi codici simbolici e nuovi comportamenti rituali. Il suo universo narrativo si è emancipato da una visione legata alla criminalità organizzata e si è calato all’interno di una visione della vita allo stesso tempo più moderna e più vicina ad antiche tradizioni mediterranee. Il personaggio di Salvo Montalbano ostenta il disinteresse per il successo e la carriera, un altrettanto forte distacco dalle autorità pubbliche, e manifesta allo stesso tempo una profonda ammirazione per le virtù umane e un altrettanto viscerale ricerca della verità. La ricerca della felicità passa attraverso un distacco non tanto dal mondo in quanto tale ma dalle deformazioni apportate ad esso alla vita sociale (stoicismo). Il recupero delle piccole cose estranee al flusso incessante delle rappresentazioni della cultura egemone, diventa parte integrante di un processo di rigenerazione dell’esistenza. Sempre restando nell’ambito dell’opera di Camilleri, il personaggio di Catarella riprende i temi dello sciocco/saggio della tradizione popolare sufi, cristallizzata intorno alla figura di Giufà dall’arabo Djuha (stolto) che incarna semplicità e follia. Come Catarella Giufà prende tutto alla lettera senza conoscere le metafore del linguaggio. Anche i rapporti tra Montalbano e gli altri suoi sottoposti escono dai canoni dei rapporti di lavoro. Quello tra Montalbano e l’ispettore Fazio, per esempio, si presenta come una relazione maestro/discepolo. La Sicilia di Camilleri riscopre così il suo carattere di culla delle civiltà, di luogo magico in cui le diverse culture si sono confrontate e sedimentate, per lo più senza combattersi, ma fondendosi insieme. Il distacco dal mondo di Montalbano si manifesta anche in relazione al potere costituito, al Sig. Questore, mentre mostra la più viva umanità per le persone semplici, così come si appassiona al significato simbolico degli atti più elementari. Secondo Flusser i rivoluzionari moderni devono avere una scarsa visibilità altrimenti non potrebbero sviluppare la loro azione. Il loro operato si fonda sulla conoscenza della natura del tecno-consumismo e si manifesta attraverso la capacità di manipolazione simbolica, di riprogrammazione culturale. Anche Bill Viola, uno dei più importanti video-artisti del XX secolo, fonda sul rallentamento delle immagini e sul recupero di una iconografia “classica” buona parte della sua estetica. Una sorta di stoicismo applicato all’arte. La filosofia stoica rappresenta una valida alternativa a quella consumistica. L’analisi delle prospettive simboliche espresse dalle nuove rappresentazioni sociali della Sicilia e la fortuna che queste hanno avuto anche in molti altri paesi, consente anche di analizzare lo sviluppo e la penetrazione di elementi culturali mediterranei all’interno di alcuni dei maggiori paesi occidentali. Le città un tempo sono state sedi di grandi strutture corporative, di grandi gilde di artigiani. Il capitalismo moderno ha prima combattuto le gilde, disgregandole, quindi ha preso possesso delle città, ricreandole come nodi all’interno dei fasci di informazioni mediatiche e digitali. Le grandi metropoli sono il luogo in cui si è affermata la cultura capitalista egemone, ma anche il luogo in cui si può partire per rimetterla in discussione. Vi è nel commissariato di Vigata qualcosa dell’antica gilda cittadina: un’organizzazione votata al bene collettivo, alla giustizia, lontana dagli interessi economici, dalla strumentalizzazione politica, dalla concorrenza con le altre istituzioni. Una boccata di ossigeno nei confronti di una cultura dominante che ha invece improntato i rapporti umani alle regole della competizione commerciale. Camilleri però va anche contro un altro luogo comune, quello del sentimentalismo. La maggior parte delle produzioni audiovisive moderne sono espressioni emblematiche di questa tendenza dilagante. Il sentimentalismo corrisponde a un simbolismo dell’amore e della famiglia diminuiti a vaga eco sentimentale e moraleggiante. La produzione cinematografica hollywoodiana riserva solitamente le scene finali dei film di cassetta a tematiche di questo tipo: un modo per iniettare un minimo di “messaggio” in pellicole spesso basate soprattutto sulla frenesia delle immagini. Montalbano, al contrario, vive un legame complesso con la sua eterna “fidanzata”, Livia. Il loro rapporto è puntualmente interrotto dalle indagini del commissario che lo portano altrove. Mimì Augello il vice commissario, ama la bellezza e le donne a dispetto del suo lavoro e dei suoi legami familiari. Egli rappresenta la forma focosa e passionale dell’amore ma ugualmente si sottrae ai luoghi comuni del sentimentalismo. 15-RITUALI DEL BENESSERE Nel 1977 un gruppo di psicologi del Centro per lo studio della famiglia di Milano, pubblicava un articolo in cui si illustravano i vantaggi della comprensione dei rituali familiari all’interno della terapia di famiglia. Il caso di studio verteva su di una giovane adolescente, Nora, afflitta da anoressia, che dopo un primo trattamento inefficace era arrivata a tentare il suicidio. Dopo questo episodio gli psicologi avevano messo a punto una terapia innovativa. La famiglia della giovane era di antiche origini contadine, con molti rami collaterali, e si era trasferita in blocco in città, riuscendo a raggiungere una certa agiatezza. All’interno della famiglia allargata le tradizioni erano state accuratamente salvaguardate, divenendo il luogo di una vera e propria mitologia incentrata sulla solidarietà, l’aiuto reciproco e l’equa ripartizione delle risorse collettive. Le eventuali deviazioni dal mito erano accuratamente ignorate e bandite dal discorso collettivo. I problemi di Nora mettevano alla prova il mito stesso della “famiglia perfetta”, che era stato creato e gelosamente salvaguardato per resistere alle tensioni dell’ambiente cittadino. In un primo tempo, i terapeuti avevano cercato di demistificare il racconto di famiglia ma gli effetti erano stati controproducenti. La stessa paziente aveva finto la guarigione per non mettere a repentaglio la tradizione familiare, con la conseguenza però di peggiorare nel giro di poche settimane e di tentare il suicidio. Allora gli psicologi avevano cercato di assecondare i comportamenti rituali della famiglia ristretta della paziente di avviare un confronto fortemente ritualizzato ogni sera, in occasione della cena in comune. Il confronto aveva così permesso di mettere in luce le tensioni all’interno di quella allargata. Nora, infatti, per la sua bellezza, era diventata oggetto delle gelosie di zie e cugine, gelosie che avevano rotto l’armonia familiare e delle quali la piccola Nora si sentiva direttamente responsabile. I terapisti concludevano che la prescrizione del rituale aveva permesso loro di intervenire nella situazione familiare evitando ogni intervento verbale che potesse mettere in discussione l’equilibrio complessivo. I nuovi contenuti simbolici e rituali avevano semplicemente e silenziosamente preso il posto delle vecchie forme simboliche. L’importanza dei rituali familiari per la stabilità psicologica dei membri di una famiglia è ormai una realtà comprovata da una lunga e coerente tradizione di studi. Quando sono presenti alti livelli di ritualizzazione, ci sono più coesione e maggiori aspettative per il futuro. Questo benessere si riflette in una migliore qualità della vita anche nei casi di malattie gravi, come il cancro, che mettono a dura prova per lunghi periodi l’intera famiglia. Anche nelle famiglie con figli asmatici si è riscontrato che i rituali familiari proteggono i figli asmatici si è riscontrato che i rituali familiari proteggono i figli dall’ansia legata alla loro condizione. Recentemente è stato anche osservato come il rituale della cena abbia un ruolo protettivo nei confronti delle famiglie con un elevato stress dovuto a bassi livelli di reddito. La stabilità familiare sembra, invece, essere messa fortemente alla prova dalla nuova cultura digitale. È stata infatti riscontrata una relazione tra tempo di utilizzo dei nuovi media tra gli adolescenti americani e insorgenza di disturbi psicologici, con picchi anche dei casi di suicidio, soprattutto per quanto riguarda le femmine. A partire dal 2010, infatti, vale a dire da quando lo smartphone si è affermato come