Scarica Tacito: vita e opere e più Sintesi del corso in PDF di Latino solo su Docsity! TACITO Publio (o, secondo alcune testimonianze, Gaio) Cornelio Tacito nacque intorno al 55 d.C., probabilmente nella Gallia Narbonese, da nobile famiglia: qualche studioso ipotizza che la gallica Vasio Iulia Vocontiorum (odierna Vaison-la-Romaine) fosse la sua città natale. Non mancano però testimonianze opposte, se è vero che c'è chi lo vorrebbe originario della Gallia Cisalpina o anche dell'italica Terni; anche alla luce di una testimonianza di Plinio il Giovane si preferisce però crederlo provinciale. Frequentò le scuole di oratoria a Roma e in quegli anni strinse amicizia con Plinio. Il matrimonio con la figlia del prestigioso generale Giulio Agricola diede un notevole impulso alla sua carriera politica che, iniziò sotto Vespasiano, proseguì sotto Tito e non si arrestò neppure sotto la tirannide di Domiziano. In quest'ultimo periodo, però, Tacito operò con grande prudenza, e ciò gli permise di non compromettersi troppo e proseguire così il cursus honorum anche durante il governo di Nerva e Traiano. Tale carriera, ricostruita nel dettaglio grazie alla documentazione epigrafica, ebbe comunque i suoi vertici: ● nel consolato, che egli assunse in qualità di consul suffectus, cioè «supplente», nel 97 d.C. (sotto Nerva); ● nella carica di proconsole della provincia d'Asia, affidatagli nel 112-113 d.C. (sotto Traiano). L'attività oratoria e letteraria: Tacito, com'era tradizione, affiancò all'attività politica quella oratoria e letteraria. Celebre il suo coinvolgimento in coppia con Plinio il Giovane nel processo per corruzione contro Mario Prisco, proconsole d'Asia (100 d.C.), durante il quale difese con successo le ragioni dei provinciali. Per quanto riguarda l'attività letteraria, iniziò a scrivere solo dopo l'avvento al potere di Nerva: infatti nel 98 d.C. pubblicò due monografie, l'Agricola, una sorta di biografia dell'illustre suocero scomparso, e la Germania, breve opera etnografica forse frutto della sua permanenza in quei luoghi. Egli morì infatti intorno al 120 d.C., anche se forse la data più accreditata dagli studiosi è il 117 d.C. Le due monografie e il Dialogus de oratoribus L'Agricola, ovvero la lode di un uomo "perbene" Il titolo completo dell'opera è De vita et moribus Iulii Agricolae (cioè «Vita e costumi di Giulio Agricola») e si tratta di una monografia che Tacito dedica alla figura del suocero, grande uomo politico e valente generale, morto nel 93 d.C. Scritta tra il 97 e il 98 d.C. e probabilmente pubblicata nel 98, l'Agricola esprime tutto il senso di liberazione per la fine della tirannide di Domiziano e tutto l'entusiasmo per il fatto che Nerva e Traiano facessero ritenere possibile la coesistenza di principato e libertà. «Cattivi principi» e «grandi uomini»: Tacito compone per il suocero una sorta di laudatio funebris, che si pone sulla scia delle Vite di uomini illustri prodotte dall'ambiente senatorio di opposizione all'impero. D'altro lato, però, Tacito suggerisce attraverso la figura di Agricola una soluzione non troppo "estremistica" al problema dei rapporti fra aristocrazia e potere imperiale. Giulio Agricola che aveva svolto la sua attività politico-militare sotto il "tiranno" Domiziano, diventava la testimonianza concreta di come anche in circostanze avverse fosse possibile la pratica della virtù: egli, infatti, non si era mai sentito al servizio dell'imperatore, ma solo dei superiori interessi dello Stato. Tra etnografia e politica: La conquista della Britannia da parte di Agricola porta Tacito ad alternare al racconto delle imprese del generale alcune digressioni a carattere etnografico sulle popolazioni locali e sui loro usi e costumi: il più illustre modello di riferimento sono senz'altro i Commentarii de bello Gallico di Cesare. La Germania: descrivere i barbari e pensare a Roma Il trattato De origine et situ Germanorum (cioè «Origine e posizione geografica dei Germani») fu scritto nel 98 d.C. quando Traiano, da poco imperatore, era impegnato sul fronte germanico; la stesura di questa monografia è comunque sicuramente successiva a quella dell'Agricola. Una terra e il suo popolo: L'opera è di impostazione etnografica e inizialmente illustra in modo generale i luoghi, le istituzioni, gli usi e costumi dei Germani, per poi passare in rassegna le singole popolazioni. Come fonti Tacito adoperò alcune preziose informazioni sui Germani contenute nel De bello Gallico di Cesare, nelle Historiae di Sallustio, e soprattutto nei perduti Bella Germaniae di Plinio il Vecchio; l'impressione è però che molte notizie siano state assunte di prima mano dall'autore. Tacito, in molte parti dell'opera, giunge a un'idealizzazione dei Germani, che sono visti in strettissima connessione alla regione che abitano. Ciò non solo perché l'autore ne sostiene l'autoctonia, ma anche perché l'asperità "nordica" della loro terra ne condiziona nettamente gli istituti sociali e i costumi. I barbari e Roma: Questa lode delle popolazioni germaniche va tuttavia letta in chiave comparativa, come una critica alla decadenza civile e morale di Roma, causata dall'instaurazione del principato e aggravata dalla sua recente involuzione autocratica, che ha affossato del tutto le libertà repubblicane. Ad esempio, l'esaltazione delle virtù delle delle Historiae, dove la lotta per la conquista di Roma tra Galba e Otone richiama alcuni par- ticolari delle lotte per la conquista di Troia narrate nel II libro dell'Eneide. Moralismo e pessimismo: Al di là delle singole valutazioni tacitiane su fatti e personaggi, a collegare ulteriormente il nostro autore alla tradizione storiografica romana contribuiscono anche due particolari atteggiamenti nei confronti della realtà, che lo accomunano ai suoi più illustri predecessori: il moralismo - cioè la tendenza a interpretare spesso la storia attraverso le categorie di "vizio e virtù”- e il pessimismo - cioè l'assenza di qualunque prospettiva di risoluzione ai mali descritti. Senza dubbio questa lettura degli eventi moralistica e pessimistica, insieme con le necessità artistiche delle quali si è detto, sembra essere in contrasto con l'esplicita intenzione di raccontare gli eventi sine ira et studio (cioè «senza avversione né simpatia",) e di rifuggire allo stesso modo sia la adulatio sia la malignitas (cioè l'«adulazione» e il «dileggio invidioso», Historiae 1, 1, La parola al testo). Uno storico, un senatore: La risposta non è facile, ma gli studiosi tendono a considerare sostanzialmente credibile il racconto tacitiano, poiché la ricostruzione dei singoli eventi avviene sempre tramite un'accurata collezione delle fonti a sua disposizione. È però necessario ricordare come Tacito - prima che storico - fosse un autorevole membro del senato; pertanto il suo "punto di vista" coincide in larga parte con quello dell'aristocrazia senatoria, per lo più avversa al principato e soprattutto agli imperatori che avevano mostrato ostilità nei confronti del senato, come Nerone o Domiziano. Di conseguenza si può ritenere che Historiae e Annales siano opere storiche attendibili ma non del tutto imparziali, in quanto venate di una coloritura ideologica filosenatoria. L'uso delle fonti: Tacito, quando può, consulta dunque fonti recenti e attendibili, senza dimenticare documenti ufficiali come gli acta senatus (cioè i rendiconti delle sedute del senato) o i cosiddetti acta diurna (rendiconti quotidiani che, dal 59 a.C., segnalavano a Roma e nelle province i più importanti eventi sociali e politici). Peraltro, egli non disdegna lettere, orazioni e memorie private (come quelle di Agrippina, madre di Nerone, e quelle del generale Domizio Corbulone) e non trascura neppure i rumores (cioè i «pettegolezzi, le voci di corridoio»), pur consapevole della loro scarsa affidabilità. Tacito naturalmente consultò anche altre opere storiografiche - mai seguite in modo acritico, ma sempre sottoposte a un rigoroso confronto reciproco, tra cui rientra anche Plinio il Vecchio. Lingua e stile Aspetti formali delle opere "minori" L'Agricola: L'Agricola è opera composita che comprende numerose sezioni storico- narrative e altre - come il proemio - più decisamente retoriche. I modelli stilistici di queste ultime sono Cicerone e Livio, mentre per quanto concerne il racconto storico Tacito si pone sulle orme di Sallustio (che viene considerato il massimo storico romano). La Germania e il Dialogus: Più omogeneo è lo stile della Germania, elaborato e per certi versi un po' manieristico, tanto da far sentire l'eco della prosa di Seneca e delle sue sententiae ad effetto. Già si è detto come le principali cause di dubbio sulla paternità tacitiana del Dialogus siano state la simmetria "ciceroniana" dello stile e una certa "limpidezza" della lingua. In realtà, ne condizionò gli aspetti formali l'appartenenza al genere della trattatistica retorica che aveva avuto proprio in Cicerone e in Quintiliano i suoi modelli. Le opere annalistiche: il vertice della prosa d'arte latina La fama di Tacito come grande artista e modello di stile nei secoli successivi è legata soprattutto alle Historine e agli Annales. Lo stile: inconcinnitas, brevitas, gravitas: Se Cicerone rappresenta il punto più alto di una prosa equilibrata e simmetrica, basata sulla concinnitas, lo stile delle opere storiche di Tacito si caratterizza fortemente per l'inconcinnitas, e cioè per la «mancanza di equilibrio, asimmetria». Il modello sallustiano viene dunque ampiamente superato. Le proposizioni, brevi in sé o comunque tra loro apparentemente slegate, infondono nel lettore un'idea di brevità (brevitas), accentuata dalla preferenza per frasi nominali. L'impressione è che in poche parole siano racchiusi densi concetti, e ciò conferisce alla prosa di Tacito una forte sentenziosità, piuttosto diversa però da quella senecana. Il filosofo mirava infatti a stupire, meravigliare il suo pubblico, frantumando la realtà in minutissimae sententiae (come ha scritto Quintiliano), Tacito invece a colpirlo con la gravità (gravitas) delle sue affermazioni, che gli mostravano i recenti eventi di Roma in tutta la loro crudezza: il suo stile, irregolare e imprevedibile, diventa dunque la miglior fotografia della caotica, convulsa e disarmonica storia che sta raccontando. La lingua tra arcaismi e poetismi: Da Sallustio Tacito desume l'uso abbastanza diffuso di arcaismi linguistici che conferiscono alla prosa solennità e gravità. Dal punto di vista lessicale, egli predilige spesso termini astratti a quelli concreti e non disdegna l'inserimento di qualche parola d'uso abitualmente poetico.